LA SELVATA
Domenica 12 novembre, stupenda giornata di sole, dopo pranzo sono andato sul Monte Zugna per godermi gli splendidi colori dell'autunno e respirare un po' d'aria buona.
Lasciata l'automobile alla chiesetta mi sono incamminato verso le vasche e l' ex ospedale militare. Di lì ho proseguito per il cimitero e poi ho imboccato la strada che porta a Passo Buole per ammirare lo splendido panorama sulla Val d'Adige, sul Baldo e sullo Stivo con l'occhio che arriva fino alle lontane Dolomiti di Brenta e all' Adamello.
Con passo tranquillo sono arrivato fino alla croce alla selletta di Coni Zugna, punto estremo delle mie solite passeggiate, dal quale poi ritorno.
Ma questa volta mi son detto: - son molti anni che non vado in Selvata, potrei farci una capatina! - Detto fatto, in meno di mezz'ora sono arrivato alla mia meta. La località Selvata si trova a 1708 m sul .l.m a circa metà strada fra Coni Zugna e Passo Buole. E' la montagna di S. Anna e delle sue frazioni. Fino ai primissimi anni del dopo guerra la gente ci saliva d'estate e ci rimaneva settimane a falciare l'erba con il falcetto, la "zesola".
Era un'erba magra e dura, i miei nonni la chiamavano "barba de bec ", cresceva sui ripidi pendii del versante verso Ala. Vi erano una decina di poveri "baiti" in sasso con tetto di lamiere recuperate dalle baracche militari della prima guerra mondiale. Un filo d'acciaio partiva da Selvata e arrivava fino alle Ute, sopra il paese di Aste. Appesi ad esso venivano fatti scendere i carichi di fieno. Sistemati su una grossa slitta " el slite", proseguivano attraverso il "tovo" verso le Aste o verso Staineri per il sentiero delle Rautele.
Circa trent'anni fa, assieme ad altri giovani di Staineri, Fontana, S. Anna, Aste, sono salito più volte a Selvata quando ormai essa era stata abbandonata. Partivamo da Aste, percorrevamo il sentiero che passando dal Loner si congiungeva al sentiero proveniente da Cuneghi e arrivavamo a Passo Buole. Di lì proseguivamo lungo la strada militare fino a Selvata. Alcune volte qualche gruppo si è fermato la notte a dormire; dalla piazza di S. Anna vedevamo le loro segnalazioni luminose.
Già allora tutti i baiti erano diroccati, a parte quello di mio nonno Fortunato Maraner di Staineri. Ora il bosco, i mughi, si stanno prendendo anche quei pochi prati che c'erano.
In questa foto si vede, in corrispondenza della mia ombra, la traccia della strada militare. Il sentiero che sale sulla destra verso lo spartiacque, verso Selvata si distingue appena.
Anche oggi, l'unico baito rimasto è quello di mio nonno e di Davide Maraner. Una volta era diviso in due ma ora è uno spazio interno unico. I muri sono fatti quasi a secco; la poca malta usata era fatta con sabbia del Leno trasportata fin lassù a spalla.
Il focolare all'interno è quello di una volta, non c'è camino, il fumo usciva dalla porta e dalle aperture nei muri. Anche noi, da giovani, ci abbiamo cotto la polenta. L'acqua la prendevamo dal pozzo della baita diroccata sul versante nord di Selvata di mio bisnonno materno Francesco Maraner.
Si vedono ancora i resti di altre baite ormai inghiottite dal bosco.
C' è ancora uno " stol ", cavità scavata nella roccia in cui trovavano rifugio gli attrezzi e anche le persone che non avevano una baita a disposizione.
Davanti alla baita di mio nonno c'è uno sperone di roccia al quale è legato il cavo d' acciaio della teleferica. Resiste agli anni, alle intemperie, alla neve e non ha ceduto anche se ormai nella parte a valle poggia sugli alberi.
Questa breve escursione ha fatto riaffiorare nella mia mente molti ricordi, molte emozioni. Sulla strada del ritorno un senso di tristezza mi ha accompagnato; un pezzo della nostra storia sta sparendo, un angolo di montagna tenacemente coltivato e vissuto da generazioni di nostri avi sta per essere ripreso dalla natura che lentamente ma inesorabilmente sta cancellando le tracce del lavoro dell'uomo.
Mauro Maraner
15 novembre 2006.
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