"Gli arcobaleni d'altri mondi hanno colori che non so
lungo i ruscelli d'altri mondi nascono fiori che non ho"
11 gennaio 1999
Sono già passati cinque anni da quando Fabrizio De André ci ha lasciati.
Rimarrà nella storia come un grande cantautore, forse quello che in Italia ha aperto la strada a molti altri.
E' grazie al successo delle sue canzoni, realizzato senza pubblicità, senza passaggi televisivi, senza partecipare alle grandi manifestazioni canore e ai festivals, infatti, che il mercato della musica ha aperto le porte a un buon numero di artisti che negli anni successivi si sono affermati come cantautori.
Ma rimmarrà nel cuore di molta gente soprattutto come l'artista sensibile che ha dato voce agli emarginati, agli oppressi, agli esclusi dalla nostra società del consumo. Fabrizio De André ha cantato le prostitute, i drogati, gli zingari, i matti, i carcerati, i poveri, gli sconfitti, i suicidi, i senza dio e i senza patria.
Ha denunciato nelle sue canzoni i mali della nostra società, l'emarginazione, il razzismo, l'egoismo. Ha combattuto, nel suo piccolo, con quel poco che può fare la parola espressa sotto forma di canzone, il potere dei padroni della guerra e delle nazioni, di chi considera più importante il denaro che le persone,
di chi considera più importanti le merci che le persone, di chi considera più importante il potere di decidere delle sorti degli altri che la possibilità di fare qualcosa per gli altri.
L'11 gennaio 1999 non se n'è andato soltanto un maestro della canzone, se n'è andato un maestro di vita. Ma come tutti i grandi maestri non è stato, non è e non sarà dimenticato.
Grazie Fabrizio
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