L’ "aggressione" a Fassino

19 marzo 2004 - Articolo di Pierluigi Sullo, tratto da: www.carta.org


Metto le mani avanti. Chi legge questo sito, si presume, conosce il lavoro di Carta e, in particolare, l'impegno che mettiamo nella promozione della nonviolenza. Nell’Almanacco di Carta per il 20 marzo, tuttora in edicola, pubblichiamo il saggio di Marco Revelli su "Marxismo, violenza e nonviolenza", ultimo atto di una lunghissima serie di altre iniziative di questo tipo. Di questo impegno fa parte integrante la critica di certi atteggiamenti di piazza (come il 4 ottobre al vertice europeo, ad esempio), di una certa concezione concorrenziale dell’azione politica, della separatezza dei "ceti politici", e così via. Ciò che ci ha procurato alcune radicate antipatie. Dunque, credo che abbiamo il credito per dire che nonviolenza, per noi, è anche prudenza nei giudizi e attenzione alla verità dei fatti.

Ora, capisco bene, perché è anche la mia, l’amarezza nel constatare che un fatto straordinario come la manifestazione per la pace sia ridotta su giornali e televisioni all’"aggressione" subita dal segretario dei Ds, tutti dicono dai Disobbedienti. Un fatto dato per scontato, a cui è seguito un "dibattito" incredibile. Il direttore del Corriere della Sera, Stefano Folli, è arrivato a paragonare quel che è avvenuto sabato alla cacciata di Lama dall’università, nel ’77. E ha aggiunto che vi è "un soffio di cupa violenza" tra "gli ingenui pacifisti": ossia, oggi come allora, il ventre del movimento sta generando il terrorismo. La tentazione di dare la colpa di tutto questo ai Disobbedienti è perciò molto forte.
Ma siamo proprio sicuri che le cose siano andate così?

Invito tutti a un esercizio spirituale che, controvoglia, noi abbiamo compiuto domenica mattina, e che documenteremo sul prossimo numero di Carta: la lettura, dettagliata e comparata, di editoriali e cronache, a proposito della "aggressione", sui principali quotidiani. La conclusione cui siamo arrivati è che, a leggere con mente sgombra, a trombonate come quelle di Folli non corrisponde alcuna realtà. E lo affermo non sulla base delle numerose testimonianze di persone di nostra fiducia - nessuna delle quali fa parte degli "sconsiderati" che avrebbero "aggredito" Fassino - ma grazie proprio alle cronache dei giornali, da cui si ricava questa successione dei fatti:

a) Fassino si presenta, circondato da un numeroso (e nervoso) servizio d'ordine, mentre su via Cavour sta transitando lo spezzone dei Disobbedienti (il loro camion, per la precisione, è in quel momento fermo all'imbocco di via Amendola, la via da cui Fassino proviene);

b) Fassino viene variamente insultato e fischiato, mentre è fermo in via Amendola, da persone sparse (io non condivido affatto l'epiteto di "assassino", ma fischiare e gridare "Kosovo" non mi pare qualificabile come "violenza", a meno di non sancire la fine del diritto di critica);

c) i Disobbedienti schierano un po' di gente, "incordonata" ma del tutto "disarmata", per impedire il passo al servizio d'ordine di Fassino, cioè per evitare che piombi in mezzo ai loro e, soprattutto, agli "antagonisti" che gli stanno davanti e al "Campo antimperialista" che gli sta dietro, eventualità le cui conseguenze potevano essere molto gravi, anche perché nel frattempo, come fa notare l'Unità, il cordone della Cgil non c’è più;

d) appena arriva all'altezza di via Amendola lo spezzone dei Ds, che era in coda (come da accordi con gli organizzatori), i Disobbedienti sciolgono il blocco, e Fassino, dicono tutti i giornali, può entrare in via Cavour, mentre dai marciapiede (dice la Repubblica) gente sparsa continua a gridargli cose come "vai a casa";

e) tra questi contestatori, vi è un gruppo di ricercatori precari in camice bianco e cappio al collo (protestano contro Letizia Moratti, e vogliono dire che la ministra "sta strangolando noi e l'università", e non "vogliamo impiccare Fassino", come fa intendere l'Unità), uno dei quali si avvicina troppo e il servizio d'ordine di Fassino lo allontana "con forza" (l'Unità), così che altri suoi compagni accorrono a difenderlo e, dicono in questo caso diversi testimoni, vengono presi a pugni e calci;

f) a quel punto, Disobbedienti e altri sparsi risalgono il corteo per affrontare le guardie del corpo di Fassino, le quali, valutata la situazione, decidono di andarsene in tutta fretta per una strada laterale, non senza aver invitato i carabinieri a caricare;

g) a fare le spese di tutto restano i diessini inermi, che vengono bersagliati per qualche istante con arance, aste di bandiera di plastica, bottigliette di plastica, lattine accartocciate e (pare) anche qualche bottiglia di vetro: sono i Disobbedienti, una volta compreso che il servizio d'ordine di Fassino se n'è andato, a far cessare il lancio, mentre il segretario romano dei Ds, Zingaretti, invita con grande responsabilità i carabinieri a stare tranquilli.

Ripeto: tutto (o quasi tutto) questo racconto è ricavabile dalle cronache degli stessi giornali che negli editoriali di domenica, e ancora lunedì in un diluvio di interviste (a Fassino, principalmente), danno per assodato che i Disobbedienti abbiano "aggredito" il segretario dei Ds. Né le immagini dei telegiornali documentano l’"aggressione". Non arriverò al punto da dire che i Ds abbiano cercato questo incidente, come qualcuno sostiene: molto probabilmente è stato tutto assai casuale, oltre che mal gestito dalla "sicurezza" del segretario diessino.

D'altra parte, non solo il comunicato dei Disobbedienti (abituati, come si sa, a firmare sempre quel che fanno, buono o cattivo che sia), dice secondo me, tra le righe, che vi era un accordo per lasciar passare Fassino (come anche scrive l’Unità), ma nel momento e nel luogo giusti, e che la loro è stata una reazione all'atteggiamento aggressivo del servizio d'ordine diessino. Ma anche uno come Paolo Flores D’Arcais, che non è certo un Disobbediente, fa nel sito dei Girotondi una ricostruzione simile.

In conclusione. La discussione sull’autonomia, sui modi di relazione, sugli scopi e i metodi nel movimento per la pace, o altermondialista, o come lo si voglia chiamare, è necessaria e urgente, soprattutto dopo quel che è accaduto in Spagna e dopo l’enorme successo del 20 marzo, in Italia e in molti altri luoghi nel mondo, ciò che, secondo noi, dà sostanza al titolo apparentemente un po’ folle del libro di John Holloway: "Cambiare il mondo senza prendere il potere". E’ per questo che bisogna liberarsi di ogni tipo di vecchiume. Ma questa discussione va fatta a partire dal rispetto per la verità.

Infine: se il movimento dipendesse dai media, sarebbe morto appena nato, ad esempio dopo Genova, quando si cercò di attribuirgli la paternità dei "black bloc". Invece capita che un milione di persone, o non so quante, ha partecipato a quella straordinaria cosa che è stata la manifestazione di sabato, nonostante l’attivo boicottaggio, la diffamazione e altre slealtà dei media: prima della manifestazione, non solamente dopo. In Italia si vendono ogni giorno meno di cinque milioni di copie di quotidiani. Con quante persone parleranno, una volta tornate a casa, tutte quelle che sono venute a Roma il 20 marzo?





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