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ECO-IMPRENDITORI DI RAPINA

(Articolo di Fulvio Gioanetto su il manifesto del 06/09/2000)

Sulla costa atlantica del Nicaragua un impresario greco è riuscito a unificare tutte le fazioni politiche, dai sandinisti ai liberali, le varie chiese e sette protestanti e molte delle correnti etniche dei leader locali delle regioni autonome del sud e del nord della costa Atlantica contro il suo progetto di ecoturismo. Popolazioni Miskito, negre Garifunas, immigranti nicaraguensi, fra loro acerrime nemiche durante la guerra civile che dissanguò queste terre, da mesi si stanno mobilitando per bloccare legalmente quello che definiscono "un insulto ed un oltraggio ai nostri territori e alle leggi di autonomia regionale dei Cayos Miskitos". La più grande riserva marina dei Caraibi, composta da atolli, boschi di mangrovie, isole e banchi sottomarini sta scomparendo grazie all'industria peschiera transnazionale e a quello che si definisce abusivamente come ecoturismo. 
Peter Tsokos ha comprato i paradisiaci atolli corallini de Los Cayos de Perlas per costruirvi capanne, ristoranti e un centro acquatico per turisti, approfittando delle complicità con funzionari statali del ministero nicaraguense delle risorse naturali e dell'ambiente. Riuscendo inoltre a far promulgare un regolamento che non solamente impedisce l'accesso ai pescatori locali, ma addirittura impone un carissimo biglietto a tutti coloro che attraccano agli atolli. Distruggendo così non solo la pesca e l'artigianato marino della gente del posto, ma anche l'attività dei pescatori che facevano da guida con le barche ai turisti stranieri. 
Grazie alla recente restaurazione neoliberalista il potenziale economico e turistico delle risorse naturali del Nicaragua viene svenduto alle compagnie straniere o ai prestanome locali. I centri ecoturistici di San Juan, nella riserva ecologica Indio-Maíz, sono gestiti da anziende europee e nordamericane, le nuove linee di battelli del lago Nicaragua da una franco-canadese; le visite eco-archeologiche ai vulcani Momotombo e alla conca del Xolotlàn sono esempi dello sfruttamento del marketing ecoturistico. 
Sono anni che sulla costa Atlantica nicaraguense tutte le risorse naturali acquatiche e terrestri (legname tropicale, gamberi, aragoste e risorse ittiche, piantagioni di banani, piante medicinali e fauna silvestre) sono depredate ed impacchettate dai capitali coreani, taiwanesi e giapponesi, che hanno sostituito le transnazionali nordamericane. Nei mercati di Bluefields e Puerto Cabezas si trova solamente carne di tartaruga e di squalo, manioca e riso, e qualche alimento di base importato e venduto a carissimo prezzo alla gente della zona. Le produzioni ortofrutticole delle poche piantagioni locali sono esportate dai contadini direttamente in Honduras. Agli abitanti resta l'immigrazione, la sopravvivenza con il contrabbando di droga, la pesca illegale di tartarughe e di corallo nero, la forzata schiavitù nelle segherie coreane e nelle fabbriche di crostacei taiwanesi che hanno espropriato le loro terre. 
E poi c'è la questione dei diritti territoriali. Nella laguna di Perlas, per esempio, si tratta di terre ancestrali legalizzate da un decreto britannico del 1905, che le assegnava al reame Miskito. Durante la guerra civile alcune famiglie locali poi rifugiate in Miami riuscirono ad ottenere abusivi titoli di proprietà da Somoza sugli atolli Cayo, Willd Cane, Water Cay, Babon e Crow, adesso svenduti all'impresario greco. 
In Nicaragua, che si tratti di piccole proprietá o di cooperative, tutti i diritti alla terra conseguiti dai campesinos poveri durante il sandinismo sono sistematicamente annullati da deliberazioni giuridiche in favore dei "legittimi" proprietari, latifondisti scappati negli Usa durante la guerra civile e ora ritornati in patria. Centinaia di famiglie, ex contras o sandiniste, sono spinte al nord del paese per disboscare le riserve tropicali di Bosawas, aprendo, come le chiama il governo liberale, le "nuove zone di colonizzazione", nella speranza di non essere scacciate anche da queste aree vergini.


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