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(Articolo di Marina Forti su il manifesto del 04/03/1999)

Fa discutere l'imminente vendita di alcune tonnellate di zanne degli elefanti africani autorizzata dalla Cites (Convenzione internazionale sul commercio di specie minacciate), l'organismo che ha sede a Ginevra e riunisce 138 paesi nel quadro del Programma delle Nazioni unite per l'ambiente. Era stata la Cites ha porre l'embargo sulla vendita di avorio, nel 1989, di fronte alla constatazione che gli elefanti avevano subìto un'ecatombe. Ora è lo stesso organismo ad autorizzare due paesi, la Namibia e lo Zimbabwe, a vendere poco più di 30 tonnellate di "oro bianco". Un terzo paese, il Botswana, ha chiesto di poter vendere le zanne attualmente nei suoi magazzini, ma dovrà prima soddisfare alcuni criteri di protezione dettati dalla Cites. Quanto all'acquirente, è unico: il Giappone. 
La decisione della Cites non dovrebbe preludere a nessuna ripresa della caccia all'elefante: l'autorizzazione concessa il 10 febbraio si riferisce a zanne di pachidermi già custodite nei magazzini degli stati in questione. Il principio era stato discusso durante l'ultimo vertice dei paesi firmatari della Cites, a Harare, nel giugno 1997. Alla fine aveva prevalso l'opinione positiva: permettere a paesi che faticano a quadrare i bilanci di far entrare dei soldi in cassa. Nell'immediato, lo Zimbabwe fornirà al Giappone 20 tonnellate d'avorio dai suoi stock; poi la Namibia seguirà con 13,8 tonnellate. 

Ma la vendita di avorio, pur limitata e controllata, suscita polemiche. E' pur vero che l'elefante africano oggi non sembra sull'orlo dell'estinzione, come era nel 1989: allora si contavano in Africa circa 75.000 pachidermi, contro un 1,3 milioni di 10 anni prima. Nei soli tre anni dall'86 all'89 ne erano stati uccisi 300: illegalmente, poiché la caccia era già ovunque vietata. E' ben per quello che era intervenuta la Cites, trattato internazionale basato sull'idea che vietare il commercio di animali o parti di essi sia uno strumento in più contro la caccia illegale. Eppure, non è chiaro se il bando sul commercio abbia davvero aiutato a sconfiggere il bracconaggio. E' noto invece che gli elefanti africani oggi tendono piuttosto alla sovrappopolazione. E ciò soprattutto in Africa australe, all'avanguardia in materia di ecoturismo e protezione naturale. Il responsabile del Wwf in Africa del sud, Ian MacDonald, lo conferma: "La loro sovrappopolazione mette in pericolo altre specie, come il rinoceronte nero e le piccole antilopi, che non trovano più cibo". Per non parlare del conflitto con le popolazioni rurali, perché gli elefanti sconfinano nelle zone coltivate e devastano campi e raccolti. Il Wwf era tra le voci favorevoli alla vendita limitata di avorio, anche perché "L'Africa è un continente povero: gli elefanti sono una risorsa che deve andare a beneficio delle popolazioni locali, che così saranno le prime a fermare il bracconaggio". Altre organizzazioni ambientaliste erano contrarie. E' ben vero, dicono, che si parla solo di elefanti già uccisi: ma chi distinguerà tra l'avorio "legale" e quello di contrabbando?


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