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(Articolo di Fulvio Gioanetto su il manifesto del 06/09/2000)

Un nuovo parco nazionale è stato appena aperto in Madagascar: sono 31.160 ettari, con 40 chilometri di sentieri per le escursioni e quattro zone per il campeggio. Si trova a Andringitra, una zona che contiene già due altri parchi assai noti, quelli di Ranomafana e di Isalo. La flora è molto varia, dato che si passa dalla foresta umida di tipo tropicale alle praterie di montagna; e la fauna contiene specie che non esistono in alcuna altra parte del mondo. Il Madagascar, come noto, si staccò dalla piattaforma africana 50 milioni di anni fa e questo ha permesso l'evoluzione per isolamento di piante e animali unici. Ma l'aspetto forse più interessante del nuovo parco è il coinvolgimento diretto delle popolazioni locali. Nell'area ci sono 196 villaggi, dove vivono 15 mila persone delle comunità Betsileo, Bara e Tanala. Fin dall'inizio, nel 1993, il parco è stato progettato dalle autorità nazionali e dal Wwf prevedendo la partecipazione degli abitanti nelle scelte di conservazione e nella gestione. Già negli altri parchi, del resto, le guide e i naturalisti sono tutti dei locali; ne traggono lavoro, ma anche portano la loro conoscenza della natura. 
La scelta di puntare sull'ecoturismo come importante risorsa economica del paese è divenuta una politica nazionale, anche correggendo scelte precedenti che avevano trasformato le isolette del nord in orribili stazioni balneari. Quanto al Wwf, da tempo ha scelto in Africa di puntare sulla gente locale, anche di fronte al fallimento sociale di altre esperienze dove le riserve chiuse e segregate (talora persino protette da guardie armate) le aveva rese oggettivamente e soggettivamente nemiche delle popolazioni: un branco di elefanti che attraversa un campo di mais può distruggere il lavoro di un anno e se quei simpatici animali non possono nemmeno essere allontanati, è inevitabile che vengano percepiti come una minaccia e un'ingiustizia, a solo consumo dei turisti occidentali. 

Ancora in Madagascar, segnala l'Environment News Service, è intanto partita una battuta di "caccia" a una specie di lemuri assai rara. Nella foresta di Mahatsinjo, a sud della capitale Antananarivo, i ricercatori della Duke university stanno cercando di recuperare cinque lèmuri che si trovano in una zona soggetta a tagli e coltivazioni. Si tratta di sifakas con il diadema, il più grande lèmure vivente, caratterizzato da un pelo lussureggiante di colori: giallo, arancio, grigio, bianco e nero. Il Centro di quella università ospita il maggior numero al mondo di primati minacciati di estinzione. Per molti di loro l'unica speranza di sopravvivenza è di realizzare, temporaneamente, un allevamento in cattività, che rialzi il numero degli individui. Proprio questo è lo scopo della "caccia" ai sifaka, nella speranza che tra i cinque ci sia almeno una ragazza che potrebbe trovare gradevole la compagnia di Romeo, un sifaka maschio che vive nel centro oramai da sei anni, ma senza avere avuto sinora alcuna possibilità di diventare padre.


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