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UNA PASSERELLA SOPRA LA FORESTA

(Articolo di Franco Carlini su il manifesto del 07/09/2000)

Il Kakum National Park è una foresta tropicale nell'interno del Ghana. Ci si arriva abbandonando la costa, che nei secoli scorsi fu il luogo più importante del commercio degli schiavi, e dirigendosi a nord, verso l'antica (e attuale) capitale del regno Ashanti, Kumasi. Per fortuna non tutto il territorio è stato trasformato in piantagioni di cacao: le monoculture, si sa, non sono mai una cosa saggia, nemmeno quando sembrano ricche e promettenti; infatti può bastare, ad esempio, un'improvvida decisione della comunità europea per far cadere la domanda di una mercanzia, buttando sul lastrico mezzo paese. Con il cacao è andata proprio così, dopo la delibera dell'Ue dei mesi scorsi che permette di chiamare cioccolata anche i dolci che contengono altri componenti oltre al cacao, allo zucchero e al latte. 
In Ghana dunque restano ancora un po' di foreste tropicali, che solo più a settentrione lasceranno il passo alla savana. A 20 chilometri dalla costa si incontra il parco nazionale, voluto nel 1991 dal governo e citato un po' da tutti come un importante progetto di conservazione e di ecoturismo. Anche una recente corrispondenza su Internet, dedicata all'incontro tenutosi in California a fine agosto con il titolo "Sfidare la fine della natura", propone le immagini di Kakum come quelle di un esempio da imitare. Effettivamente il parco appare interessante: è stato visitato da più di 100 mila turisti e ha incassato finora circa 500 mila dollari; se in assoluto possono sembrare cifre piccole, non lo sono per un paese dove il turismo è ancora poca cosa e dove il reddito nazionale è comunque basso. 
Dal punto di vista della conservazione il parco è servito da freno a una progressiva frammentazione della foresta, provocata dall'agricoltura; la foresta che oggi si vede, e che copre soltanto 60 chilometri quadrati, una volta era un continuum dalla Guinea al Ghana. Per attrarre più visitatori c'è stata anche una qualche concessione alla spettacolarizzazione della natura, trasformando quello che di solito è uno strumento dei ricercatori in un itinerario mozzafiato. Nelle foreste tropicali uno degli habitat meno studiati è la volta degli alberi (la canopia), perché irraggiungibile a chiunque non sia dotato di ali; è un mondo a parte, con insetti e animali assolutamente specifici. I botanici periodicamente installano delle piattaforme aeree sulla canopia, utilizzando reti, funi da alpinisti, qualche volta elicotteri. Nel caso del parco di Kakum, con un investimento di capitali nordamericani, è stato così realizzato un itinerario aereo composto da sette passerelle sottilissime e ondeggianti, all'altezza di una quarantina di metri. Infinite volte fotografato, è un percorso da brivido, ma da ricordare, anche se il suo significato naturalistico è piuttosto basso. 
Più interessante semmai è il coinvolgimento della popolazione locale nella gestione del parco. Le quote di reddito sottratte all'agricoltura vengono più che compensate dai posti di lavoro nel parco: gli accompagnatori sono tutti locali, esperti e in ordinate divise da ranger, e volentieri si perdonerà loro qualche eccesso di burocrazia. Il centro dei visitatori, poi, è semplice quanto gradevolmente didattico: si capisce benissimo (e si apprezza) il fatto che sia stato evidentemente pensato non solo per il turista americano, quanto per i visitatori locali, fatto specialmente di scolaresche. Anche in un paese come questo, dove il contatto con gli ambienti naturali è ovviamente molto più intenso che da noi, non deve stupire dunque che i creatori dei pannelli si preoccupino di spiegare quali sono i prodotti della foresta, come possono essere usati in maniera sostenibile, e quali sono le cure di cui la natura ha comunque bisogno per continuare a custodire la sua biodiversità. 
E' la filosofia di intervento discussa appunto nella conferenza californiana di fine agosto ( www.defyingnaturesend.com ); tra gli obiettivi proposti, infatti, c'è quello di creare una rete per la protezione della biodiversità locale, basandosi su iniziative decentrate, autogestite e autosufficienti.


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