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TAGLI LA DUNA, ARRIVA IL PORTO

(Articolo di Franco Carlini su il manifesto del 08/01/1999)

Una lunga duna di sabbia chiara, da un lato un mare pescoso - l'oceano Indiano - dall'altro un lago a meandri, l'Ambavarano, che si addentra per chilometri verso nord, circondato da una vecchia e preziosa foresta pluviale. In lontananza, 17 chilometri a ovest, la cittadina di Port Dauphin (Taolagnaro). Verso est l'incontaminata penisola di Lokaro, sette spiagge da paradiso e una piscina naturale tra le rocce, formato olimpico. 
Siamo alla punta sud del Madagascar, dove è ancora possibile un ecoturismo ragionevole, a prezzi contenuti e in luoghi ricchi di biodiversità. Evatra, il villaggio di pescatori immediatamente a monte della duna, fa 1500 abitanti. Sono famiglie numerosissime (il 50 per cento della popolazione del Madagascar ha meno di 15 anni) e abitano minuscole casette in legno, miracolosamente adagiate in una valle, sì che da lontano nemmeno te ne accorgi. Vita di sussistenza, ma la scuola c'è e le radio svolgono ottimamente il loro ruolo di tenere i contatti con il mondo, le sue voci e i suoi suoni. 

Bene, affrettatevi a visitare questo posto, prima che il governo malgascio (attraverso l'"Office Militaire National pour les Industries Strategiques"), insieme alla compagnia mineraria Rio Tinto facciano i loro danni. I quali dipendono dal fatto che sotto i primi metri di terreno, sotto quel pezzo di foresta e di dune, c'è buona abbondanza di un minerale chiamato ilmenite, il quale a sua volta contiene buone dosi di ferro ma soprattutto di biossido di Titanio, un componente usato come pigmento in molti prodotti, dalle pitture alla pasta dentifricia. L'idea, che risale al 1995, è dunque di aprire tre scavi in Madagascar e il primo proprio in questo estuario. Significa tagliare via la foresta, ovviamente, e grattare via il terreno superficiale. Chi volesse vedere cosa comporta può dare un'occhiata a un analogo impianto che opera a Richards Bay in Sud Africa, con tecnologia australiana. E' quello che si dice pelare il terreno e farne un deserto. Significa anche sfondare quella duna e i meandri del lago per renderlo navigabile alle navi da trasporto che dovranno attraccare in un porto tutto nuovo, a ridosso della miniera a cielo aperto. Alla fine dello scavo, promettono quelli dell'industria mineraria, verrebbe gettato nuovo terreno fertile e sarebbero piantati alberi da coltivazione e da taglio. E' il progresso? Certo il Madagascar, paese tra i più poveri, in questo modo potrebbe attrarre investimenti stranieri, ma quanto ne resta in casa? Quei 1500 pescatori di Evatra ne avranno un vero beneficio? C'è da dubitarne. Nello stesso tempo continuerebbe quella storica operazione che ha trasformato questa isola meravigliosa, che fu coperta di foreste, in "isola rossa", largamente pelata, se non fosse per alcuni "spot" di biodiversità infine trasformati in riserve naturali. Quelli dove sopravvivono i famosi lemuri (scimmiette singolari, solo qui esistenti) e una miriade di piante endemiche preziose per l'umanità.


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