MOVIMENTI PROG

Scarno, minimale, malinconico: l'ottimo esordio di Erik Ursich

Libertà di espressione, ricerca e sperimentazione sonora, sana follia: questi gli ingredienti delle produzioni Vacca Stracca, un ricco quanto bizzarro catalogo di cui l'album “Kanashi” è degno prodotto.

“Kanashi” è il progetto dietro il quale si cela il musicista Erik Ursich. Erik è il fondatore di questa etichetta, vera e propria “turris eburnea” nella quale si è rifugiato per non cedere alle lusinghe del mondo ed elaborare in totale libertà la propria materia sonora.

Egli è un grande amante del rock progressivo (Balletto Di Bronzo in particolare) ma la sua musica è molto distante dalla grandeur a cui siamo abituati. Il suo disco è infatti votato ad un minimalismo carico di suggestioni e simbologie difficilmente interpretabili.

Frutto della collaborazione con l'attiva Punch Records, il disco è uscito in vinile grigio, davvero affascinante, anche perché è più grande la foto della ragazza - malinconica e misteriosa come la musica di Erik. Ricordiamo che il progetto prevede l'uscita di altri tre dischi: una trilogia dedita al recupero di vecchi brani dell'autore (incisi tra il 1993 e il 2000), che si è dato da fare con uno stressante “labor limae” per eliminare il fruscio presente.

Minimalismo, dicevamo. Ma carico di una sorprendente passione: a molti “Umbra praeteritum” e “Senso di…” non sembreranno altro che ripetizioni, in realtà – secondo principi ben noti – la reiterazione di una cellula sonora diventa avvolgente ed estraniante. Tale musica è il prodotto di un fenomenale studio, un laboratorio/antro infernale/fucina di suoni in cui Erik è circondato da strumenti analogici (synhts, piano elettrico e altro), come visibile dal sito. Infatti “Ripetizione non attiva di moduli di agitazione” e “Through pluriverse” risentono della scrittura dei “Corrieri cosmici” tedeschi.

Erik ci ipnotizza con “Synthetic sandess” e “Il premio della vita: la morte”, ci propone un singolare loop nella lunare “In morte veritas”. Non cogliamo ironia nei pezzi – a differenza di una certa goliardia che anima le produzioni Vacca Stracca; essi sono ricchi di spleen ma talvolta dei lievi cenni melodici sorprendono; non freddi come potrebbe apparire, essi coinvolgono grazie all'impianto analogico utilizzato, con un sound meno piatto e più corposo, spesso morbido.

Erik si conferma promettente erede di grandi musicisti italiani come Roberto Cacciapaglia e Luciano Basso. Lo accostiamo anche al collega genovese Federico Fasce ma non solo: il suo “Kanashi” entra di diritto in quella scarna ma struggente discografia italiana “cosmica” con Sangiuliano, Baffo Banfi e pochi altri “illuminati”.
Un esordio davvero interessante.

Voto medio: 7

 

Review by Donato Zoppo , November 2004