La storia di Morolo



Il territorio Morolano è stato abitato sin dall’antichità.
Il popolo di cui abbiamo testimonianze, che ha colonizzato l’area, è quello romano: sono infatti stati rinvenuti resti di ville rustiche e, in aperta campagna, canali di adduzione delle acque, basse mura, un cippo funerario, sicure testimonianze della presenza umana che ha utilizzato questo territorio per la produzione agricola e l’allevamento. La caduta dell’Impero Romano, ha condotto alla trasformazione del territorio: molte terre sono state abbandonate e si sono reinforestate, le ville rustiche sono scomparse. Gli uomini vivono sparsi, nascosti, aggregati dal nascente ordinamento religioso cristiano che costruisce piccole chiese sparse nel territorio ( chiesa di S. Pietro, chiesa della Madonna delle Grazie ). In epoca carolingia, questo territorio è stato iscritto negli ordinamenti pubblici territoriali, e legato alla diocesi di Anagni. L’origine di Morolo, è avvenuta con il cosiddetto incastellamento, cioè con il lento ammassarsi degli uomini in località più elevate, con la protezione da parte dei “signori”.
A metà fra i paesi e le sommità si collocano alcuni eremi: SS. Angelo e Martino a Morolo e, più in basso esistono ancora attività sparse di coltivazione e allevamento a cui fanno riferimento gli insediamenti chiesastici di S. Pietro e Madonna delle Grazie ( questi ultimi spariranno del tutto: S.Pietro sarà portato in paese e, la Chiesa dedicata alla Madonna diventerà una cona rurale ). Da questi pochi indizi si deduce che la popolazione era piuttosto densa per l’epoca e che era salita fino alla sommità dei monti dove sfruttava questi territori cercando di costruirvi anche insediamenti stabili. Forse a Morolo devono aver tentato di costruire un abitato in aree montane, altrimenti non si spiegano il successivo addensamento di persone sul Faito o al Lontro, la notizia che attorno all’eremo di SS. Angelo e Martino vivevano otto famiglie nel 1094 e la torre montana; in seguito queste genti hanno ripiegato dentro il castello, a popolarlo.
Il castello dei Colonna Una delle caratteristiche maggiori dell’abitato di Morolo è la sua costruzione sopra un piccolo rialzo ai fianchi della montagna posto a sbarramento della Valle Civita; lo spazio appare ridotto, tanto che nel 1216 la popolazione crebbe ulteriormente e si dovette allargare il paese costruendo nuovi edifici. In seguito, in età moderna sono sorti veri e propri palazzi urbani ed il paese si estende a cerchi concentrici formando un abitato a cupola.
La forma concentrica del paese
Morolo appare nei documenti a partire dal 1088, quando viene elencato tra i centri sottoposti al vescovo di Anagni. Nel 1216 Morolo è attaccato, per rappresaglia, da Giovanni de Ceccano e accade una carneficina: 424 abitanti vengono uccisi. Terminata questa battaglia, si è dovuto por mano ai lavori di ristrutturazione della cinta muraria. Per non avere più noie, Tommaso di Morolo, questo il nome del signore della terra, si commenda al potente Giovanni de Ceccano, signore di molti feudi a cavallo dei Lepini e nella Valle dell’Amaseno. Tommaso di Morolo apparteneva al ramo dei Ceccanesi diventati signori di Supino e di Morolo, che rimarranno signori della terra per tutto il Trecento: dopo saranno sostituiti dai Colonna, i quali manterranno il dominio di Morolo fino all’inizio del XIX secolo. Il quartiere sorto intorno a S. Pietro era anche denominato “Giudea”; si trarrebbe così la convinzione della presenza di ebrei a Morolo; anche in questo caso non abbiamo una testimonianza documentale, ma nel Quattrocento, dopo le espulsioni dal Regno di Napoli, se ebrei abitavano a Patrica, è possibile che qualcuno si sia spinto a Morolo. Esisteva una organizzazione politico-amministrativa della curia signorile, comprendente un governatore, che svolgeva anche funzioni giudiziarie, ed organi esecutivi; i loro compiti erano stabiliti dallo statuto che vigeva in quel tempo. C’era anche un’organizzazione politico-amministrativa comunale che era presieduta da tre comestabili con carica semestrale, nominavano i viali ( guardiani delle strade ), gli apprezzatori ( stimatori e valutatori di beni economici ), i pacieri ( persone incaricate di far fare la pace tra i terrazzani ). L’allevamento più diffuso, fino a buona parte del Settecento, era quello dei maiali che venivano allevati in branchi e condotti nei boschi dai porcari; altri animali allevati erano capre, pecore, asini, tori, oche, galline. Si coltivavano olivi, frumento, uva, gelsi, fieno, querce, canapa, lupini, alberi da frutta, fave, miglio, legumi. Nel 1656 gli abitanti di Morolo sono 1086. Si scende a 1050 nel 1701, per passare a 1473 nel 1736 e a 1769 nel 1769; a fine secolo XVIII e per i primi decenni dell’Ottocento gli abitanti di Morolo censiti salgono a 1936. L’ascesa demografica è troppo lenta rispetto ai tempi dell’avvento di novità culturali; ne troviamo in campo religioso dove si fa strada un concetto di decenza, applicato abbastanza rigidamente a partire dai primi decenni del Settecento; per questo motivo a Morolo il vescovo di Anagni, mons. Rubini, sospende dal culto di S. Sebastiano, sequestra le rendite di S. Croce ( antica chiesa fatta di pietre e situata nella zona più alta del paese, oggi in gran parte diroccata ) e di S. Angelo. La stessa porta del campanile di S. Maria da tre anni non si ripara e le ossa dei morti che vi si trovano sono portate in piazza dai cani. Solo nel 1735 si arriverà a costruire un cimitero. In quell’epoca, Morolo, registrava la presenza di undici preti e l’esistenza di due ospedali, di cui uno riservato ai preti pellegrini, il secondo ai pellegrini secolari. Entrambi sono mal gestiti: la stanza dei pellegrini è un deposito di fieno. Le abitazioni cambiano; da tempo non ci sono più le case-capanne ma edifici sempre più robusti; nel corso del Sei-Settecento nascono molti palazzotti mentre la casa privata del contadino comincia a strutturarsi su tre piani: uno per la stalla ed il magazzino, l’altro cucina-abitazione, il terzo spesso un sottotetto-deposito e stanza da letto per i garzoni ed i figli più grandi. Solo nell’Ottocento le cose cominciano a cambiare: innanzitutto si nota una notevole attività nell’attrezzare il territorio con la costruzione di fontane e vasche per uomini e animali. Laddove non c’era acqua sorgiva si ricorreva ai pozzi. Si costruisce una nuova strada d’accesso e, dopo l’Unità, anche un primo acquedotto d’acqua potabile dalla sorgente S. Antone. Si ricostruisce la chiesa di S. Rocco e nell’agro sorge una chiesa a servizio dei minatori; addirittura c’è il tentativo di un privato di costruire una cappella rurale dedicata a S. Antonio di Padova, ma non si giunge a compimento. Nel XIX secolo si vengono a costruire vere e proprie fattorie e a bonificare i terreni acquitrinosi lungo il fiume. Qui nascono alcune aziende agricole moderne e, sulle colline che fanno da confine con Ferentino e Anagni, si aprono cave per fornire ai cantieri romani calce e pietrisco. La storia del Novecento è essenzialmente questa: il progressivo abbandono del paese da parte di molti che emigrano a Roma, verso l’estero fino a quando l’industrializzazione della Ciociaria ha fermato il drenaggio demico; allora c’è stata una progressiva crescita dell’urbanizzazione: scompaiono le aree agricole, sostituite da consistenti insediamenti urbani, formati da estesi caseggiati. Il paese inizia a “scendere” sempre più a valle, anche perché qui è più facile costruire per cui si vengono ad edificare i moderni servizi collettivi: campo sportivo, piscina comunale, attività commerciali, artigianali e di piccola industria.
In alto la scuola media ''Ernesto Biondi'',in basso il campo sportivo ''Nando Marocco''Il centro storico viene “aggiornato” con la costruzione di nuovi edifici per i servizi: scuola elementare e media; la stessa via Roma, il salotto cittadino, è ristrutturato secondo i nuovi canoni estetici e diventa anche isola pedonale. Avvenimenti cruciali dei due secoli XIX e XX sono stati i fatti risorgimentali, la figura di Ernesto Biondi, scultore, la Prima Guerra Mondiale, soprattutto la Seconda che ha portato morte e distruzione sin dentro il paese. Con ciò Morolo ha seguito nel bene e nel male la comunità nazionale. Però il paesaggio che si gode dai suoi balconi, e soprattutto dalla Croce posta in cima alla montagna a 1328 m., rimane sicuramente uno dei più suggestivi della Ciociaria.