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Via alla pagina principale Quinta Giornata, Novella ottava

Di cacce infernali i testi medievali sono ricchissimi (es: Passavanti, Dante,…).

Autori, questi, nei quali il topos, il luogo comune dell’inseguimento e dello sbranamento del peccatore viene utilizzato a fini didattici, è presentato come un exemplum che deve incutere paura della punizione ultraterrena ed indurre ravvedimento nell’ascoltatore o nel lettore.

Sandro Botticelli, La Novella di Nastagio degli Onesti, Charlbury, Collezione Walney

Anche Boccaccio utilizza questa “situazione” tipicamente medievale, ma per modificarne profondamente lo spirito, anzi per capovolgerlo  e quindi questa novella ci può aiutare a caratterizzare meglio Boccaccia stesso. Mentre infatti negli autori medievali il peccato era l’abbandonarsi all’amore, con lui il peccato è il non abbandonarvisi, e la donna è condannata alla caccia infernale proprio perché non è stata arrendevole al costante amore di Nastagio.

Si tratta, rispetto al passato, di un capovolgimento di valori, di una visione tutta terrena e laica, di un’etica profondamente diversa da quella religiosa tradizionale.

Boccaccio ha sistemato in una struttura unitaria, compatta, la fabula ricomposta, e attraverso questa struttura ha fatto parlare la propria ideologia.

Ecco qui alcune analogie ed altre differenze tra Boccaccio e Passavanti: entrambi i racconti presentano una “storia portante” che funge per così dire da supporto alla storia dei Personaggi protagonisti della visione. Nel Boccaccio, tuttavia, la storia portante non è solo pretesto alla visione, come è più o meno nel Passavanti, ma è invece una storia d’amore complessa.

Nell’exemplum del Passavanti, Giuffredi spiega al conte e al carbonaio il senso della visione solo dopo che la stessa si è manifestata più volte agli occhi dell’ignaro carbonaio, proprio a conclusione del racconto;viceversa nella novella di Boccaccio, la spiegazione del senso, da parte di Guido, cade dopo, anzi durante la prima visione ed è subito rivolta a Nastagio, destinatario consapevole, che metterà a frutto tempestivamente l’informazione.

Boccaccio talvolta sottolinea dei dettagli, fa alcune osservazioni psicologiche (per meglio rappresentare l’innamorato assorto nei suoi pensieri) o le variazioni di stato d’animo dei personaggi:questo sottolinea una diversa concezione della funzionalità degli elementi narrativi rispetto al Passavanti.

Bisogna però sottolineare anche un altro aspetto, assai caro a Boccaccio: la considerazione che si ha delle donne.

La nobile Traversari viene definita “crudele”, allora termine tecnico della lirica cortese che  genericamente e metaforicamente indicava l’ amata che non ricambiava l’amore.

In questo non c’è nulla di misogino ma nel termine della novella è presente uno stereotipo:dopo questo avvenimento le donne ravennati si mostrano disposte anche a relazioni extraconiugali, colpevoli per la morale corrente.

Si potrebbe evitare una relazione tematica con questa frase: “Amor ch’a nullo amato amar perdona” (v 103, canto V, Inferno, Divina Commedia); però Boccaccia ribalta il messaggio.

La mentalità cortese tramandava infatti che se un uomo ama una donna, questa è obbligata ad amarlo, perché l’amore è fortissimo;secondo Boccaccia invece l’amore non è condizione ineluttabile:infatti la nobile Traversari rifiuta Nastagio poiché non appartiene alla medesima classe sociale, ed infine si mostra disponibile a tutto( sarà infatti Nastagio a proporre il matrimonio) solamente per paura.

Analizzando altri aspetti, invece, emerge un ulteriore somiglianza riguardante un’altra novella dello stesso Boccaccia:Federigo degli Alberghi. I temi delle novelle infatti possono ritenersi simili, anche se i personaggi, soprattutto quelli femminili, sono differenti.

L’unica analogia sicura è senz'altro il confronto nobili-borghesi.

Si nota che Boccaccio ammira maggiormente la classe borghese;soprattutto nella novella di Federigo è evidente il decadimento della classe nobiliare, che non è attiva e non è in grado di produrre nulla, ma solo di sperperare. In Nastagio degli Onesti è infatti la borghesia che trionfa, poiché anche per Boccaccio (e qui si richiamano temi stilnovistici) è più importante essere nobili d’animo che di sangue ed inoltre Boccaccio ammira le persone attive e che amano il proprio lavoro.

Anche il linguaggio cortese, l’aggettivazione e gli atteggiamenti dei personaggi non sono fine a se stessi, ma fanno tutti parte degli strumenti che Boccaccio utilizza per trasmettere il messaggio ai lettori. (Maria Chiara Rignanese)

Questa novella riprende il tema della “caccia infernale”, trattato anche da Dante nell’Inferno, svolto sia nell’episodio di Pier della Vigne (XIII, 109-129) quando appaiono, nel bosco delle Arpie, due scialacquatori inseguiti da cani che li fanno a pezzi, sia nel brano di Jacopo Passivanti. In questo testo la storia riguarda due amanti adulteri, puniti nell’Aldilà attraverso una feroce caccia. La donna, infatti, ha ucciso suo marito per non avere più ostacoli al suo amore, ma sia lei che il suo amante si sono pentiti del peccato commesso, e per questo si ritrovano nel Purgatorio e non nell’Inferno. La pena che devono scontare ha tutta la durezza del contrappasso dantesco: il piacere e l’amore sono trasformati in sofferenza e odio reciproco; come la donna per amore aveva ucciso, ora è condannata ad essere uccisa proprio dall’amante. La morale insegna che il pentimento può far evitare l’Inferno, ma non la durezza della pena. Occorre, quindi, non commettere peccati, perché la punizione sarà terribile. Boccaccio assume questo topos ma ne rovescia il senso: la donna viene punita non perché ha amato, ma perché ha rifiutato l’amore. La situazione e la morale sono invertite. Inoltre, nel brano di Passivanti, il tema della caccia infernale assume un tono religioso, mentre in Boccaccia un tono più terreno e materiale, che si lega al tema economico. I riferimenti a Dante nella novella sono molteplici. I Traversari erano una mobilissima famiglia ravennate di parte guelfa, amministratrice dei beni ecclesiastici e assai potente. Dante nel Purgatorio la cita insieme alla rivale ghibellina degli Anastagi, cui appartiene il protagonista della visione, Guido. Peraltro il clima che connota tutta la descrizione rinvia alla selva dantesca, in cui non a caso, sono puniti anche degli scialacquatori: ”Ed ecco due dalla sinistra costa/ nudi e graffiati, fuggendo si forte che dalla selva rompieno ogni rosta” (Inf. XIII, 115:117). Nella pena inflitta alla donna, si può ravvisare l’applicazione della legge dantesca del contrappasso: ella viene ferita e punita proprio “nel cuore duro e freddo, nel quale mai né amor né pietà potranno mai entrare” come scrisse proprio Dante, per il suo negarsi all’amore.

A questo punto si potrebbe anche fare un parallelo tra Nastagio e Federigo degli Alberghi, in quanto le novelle sono collegate tra loro del tema economico: entrambi i protagonisti, infatti, spendono tutti i loro soldi invano, per mostrarsi degni dell’amore della donna. Nonostante questa somiglianza Boccaccio vuole sottolineare anche delle precise differenze: per la borghesia il denaro è il fine della vita e quindi non bisognerebbe sperperarlo, mentre per la nobiltà è secondario quasi fosse un tabù di cui sarebbe disonorevole parlare. I borghese lavorano tutta la vita, per guadagnarsi i soldi e quindi devono tenerseli ben stretti, ma per i nobili è forse irrilevante perdere un po’ di denaro, poiché abituati a possederne molto. Forse Boccaccio, con l’esempio di Nastagio, ci vuol comunicare la nascita di una nuova società in cui il denaro ha un suo giusto peso. Da questo parallelismo possiamo evidenziare alcuni aspetti autobiografici dell’autore che compie due importanti esperienze di vita come quella cortese napoletana e quella comunale fiorentina. Sul piano letterario, invece, riflette e illumina la società borghese e cerca di conciliare la nostalgia per i valori cortesi con i nuovi costumi e valori laici della nuova borghesia mercantile. (Giorgia Previati)