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L’epitaffio di Villon
( Ballata degl’impiccati )
Fratelli umani, che vivete ancora,
Non siate contro noi duri di cuore,
Ché, se pietà di nostra sorte avrete,
Più largo sarà Dio del suo perdono.
Qui appesi ci vedete, cinque, sei.
La carne, che troppo abbiam nutrita,
Da tempo è divorata e imputridita.
Le nostra ossa saran presto cenere.
Della sventura nostra non ridete,
Ma Dio pregate che assolva tutti noi!
Se vi chiamiam fratelli, disdegno
Non ne abbiate, se pure per giustizia
Fummo uccisi. Voi sapete però
Che di sagacia non tutti son forniti.
Per noi , che trapassammo ormai
Pregate il figlio della Vergine Maria
Che non s’inaridisca la sua grazia,
Ma dalla furia infernale ci preservi.
Morti noi siamo, ingiuria non ci fate,
Ma Dio pregate che assolva tutti noi!
La pioggia ci ha lavato e dilavato
E il sole resi bruni e rinsecchiti.
Le gazze e i corvi gli occhi ci han cavato
E strappato la barba e fin le ciglia.
Non un solo momento abbiamo pace.
Di qua, di là, come si muta , il vento
A suo piacer ci mena senza posa.
Beccati degli uccelli più che anelli.
Di nostra compagnia non fate parte!
Ma Dio pregate che assolva tutti noi!
Gesù Signore, che su tutti hai potere,
Fa' che l’Inferno non ci abbia in suo volere:
Non vogliamo con lui nulla a che fare.
Uomini, non c’è qui scherzo né celia.
Ma Dio pregate che assolva tutti noi!
Trad. Alessandro Natucci
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Pisanello, San Giorgio e la principessa
(dettaglio
)
Verona, Chiesa di Sant'Anastasia.
Il particolare dell'affresco,
trasportato su tela,
fa parte dello sfondo, ove sono rappresentati alcuni palazzi signorili:
esternamente, rispetto alla cinta muraria, si erge il patibolo degli
impiccati, monito di una giustizia umana in grado di controllare unicamente
gli avvenimenti legati alla microstoria degli individui, incapace invece di
trovare rimedio rispetto alle forze del male rappresentate dal drago, che
solo il santo è riuscito a debellare.
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