ISTRUZIONI PER L'USO

Europa, Europa!

F.Di Salvo - G. Decliva - T. Caputo



L'Ue (Unione europea) è un unico mercato dal 1993, da quando è stata definitivamente stabilita la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali all'interno dei Quindici. Ciò vuol dire che ogni cittadino di uno Stato membro ha il diritto di studiare, lavorare, stabilire la propria residenza, acquistare beni e servizi, esercitare una professione e avere l'assistenza sanitaria per sé e i familiari in un qualsiasi Paese dell'Ue.

L'Uem (Unione monetaria europea) è l'impegno che oggi richiede i maggiori sforzi da parte degli Stati che hanno deciso di aderirvi. L'introduzione dell'euro non è un semplice cambio di moneta, ma un cambiamento strutturale che richiede la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali, politici ed economici di un Paese. Questo cambiamento, che non è solo un ideale espresso dai "padri fondatori" della Cee, ma ne è anche una concretizzazione tangibile, sta per realizzarsi dopo 40 anni di percorsi decisionali, non sempre facili e non sempre condivisi da tutti. Da un punto di vista strettamente economico, ci sono Paesi che potranno aderire subito all'Uem, e altri che all'atto della firma del Trattato di Maastricht hanno chiesto di farne parte in una seconda fase.

Al di là di ogni dibattito istituzionale, politico o filosofico, i passi da compiere e i problemi da risolvere nel breve periodo sono ancora molti, tanto che le istituzioni europee se ne occupano prioritariamente per portarli a soluzione: riguardano il rispetto dei diritti dei cittadini, l'occupazione, l'ambiente, la trasparenza delle istituzioni, la sicurezza interna, la solidarietà, la tutela delle diversità culturali, ecc.

L'avventura della moneta

Tutti i testi di economia politica hanno definizioni analoghe del termine "moneta": «E' moneta tutto ciò che viene comunemente accettato, in un certo ambito geografico, come mezzo di scambio e di pagamento e come unità di misura del valore dei beni». Le monete sono dunque documenti rilevanti della storia degli Stati. L'analisi comparata dei sistemi monetari fa emergere la fittissima rete di rapporti che hanno legato i vari Paesi dalle epoche più antiche, consentendo di conoscere la quantità e la qualità dei commerci fra le diverse aree geografiche e di leggere le strategie adottate da ciascun Paese nei confronti del mondo esterno.

Ci fu un momento in cui, nel mondo antico, la moneta assunse valore storico emblematico. A metà dell'età di Silla, la classe dirigente di Roma aveva attribuito all'emissione di moneta aurea non solo un valore economico, ma anche un preciso significato di adesione a un sistema di governo. Scelte politiche e capacità economica dei singoli erano messe in connessione diretta e la moneta era un fattore di pressione, capace di influire sui comportamenti popolari. Con Augusto, la presenza sulla moneta dell'effigie dell'imperatore o di un membro della sua famiglia segna una rottura rispetto all'età repubblicana, quando nessuno, prima di Cesare, aveva mai pensato di caratterizzare con la propria immagine un'emissione di Stato. Più tardi, nel IV e V secolo, Costantino avrebbe coniato una sua moneta d'oro, il solidus, che divenne la moneta universale dell'Impero romano-bizantino e l'emblema stesso del suo potere.

Diversamente dall'età repubblicana, in cui si coniava moneta aurea unicamente in tempi di crisi, il solidus rappresentava una costante del sistema monetario, anche per l'alto livello di purezza dell'oro impiegato, e tale rimase, pur nella progressiva frammentazione dell'Impero, ancora per diversi secoli. A Bisanzio, nel cuore dell'Impero d'Oriente, la moneta costantiniana continuava ad affermare la sua qualità, per divenire poi modello delle monete d'oro arabe e, in seguito, dell'augustale di Federico II.

I metalli

L'Europa medioevale e rinascimentale conobbe solo la moneta metallica, nei suoi multipli e sottomultipli. Oro, argento e rame erano i tre metalli impiegati, ciascuno con una specifica funzione. L'oro era riservato ai prìncipi, ai grandi mercanti, alla Chiesa; l'argento alle transazioni ordinarie; il rame, detto anche "moneta nera", alle operazioni di minimo valore, appannaggio dei comuni mortali e soprattutto dei poveri.

Nella storia della moneta si è fatto spesso ricorso al bimetallismo oro-argento perché, essendo la disponibilità di questi metalli irregolare e poco elastica, succedeva spesso che uno dei due fosse relativamente più abbondante dell'altro.

Da queste alternanze di valore intrinseco sono derivate in certi casi perturbazioni e catastrofi e, più spesso, dinamiche negative di lungo periodo, che hanno costituito un carattere permanente degli antichi regimi monetari. Forse per questo si era soliti dire: «L'oro e l'argento sono fratelli nemici».

La banca

Il mercato delle monete e la stessa nascita dell'economia politica risalgono ai secoli XV e XVI, che videro gli albori del capitalismo in forma mercantile. Già a partire dalle Crociate, all'economia naturale delle epoche precedenti si sostituì progressivamente un'economia monetaria che, dall'Italia centrale e settentrionale, (in primo luogo dalle Repubbliche marinare e, più tardi, dai Comuni), si diffuse in tutta l'Europa, attraverso la Germania meridionale, la Francia e l'Olanda. Per estendere i commerci a lunga distanza e finanziare il trasporto delle merci, si fondano compagnie commerciali a partecipazione di capitale, che aprono anche agenzie all'estero.

La banca trae origine dal banco di cambio, (in senso stretto, dalla "tavola del cambiavalute"), invenzione italiana affermatasi grazie all'istituto, nato in quel tempo, della cambiale. Nel XIII e XIV secolo sorgono banche a Genova, Firenze (per iniziativa delle famiglie Bardi, Strozzi e, soprattutto, Medici, nel 1400), ad Augusta, ad Anversa. Il banchiere-mercante crea proprie imprese per l'esportazione di merci (essenzialmente tessitura e lavorazione dei metalli), prodotte solitamente da artigiani a domicilio.

La moneta di conto in Francia

L'esperienza monetaria della Francia, molto vasta e complessa, incomincia dai Carolingi, alla fine del secolo VIII. Fra il 781 e il 795, Carlo Magno mise a punto la riforma, iniziata dal padre, Pipino, che stabiliva il monometallismo argenteo con un'unica moneta legale, il denaro. In assenza del sistema decimale, il peso era ricavato in base alla regola che, da una lega prefissata al 950/1000, si ottenessero 240 denari. Poco meno di quattro secoli più tardi, un nuovo sistema monetario venne istituito da Luigi IX (1266-70). Dopo qualche decennio, però, la moneta francese tornò ad essere oggetto di convulse svalutazioni e rivalutazioni. I francesi diedero vita anche ad una "moneta di conto", ossia a una moneta "immaginaria", che serviva esclusivamente a contare, a calcolare il valore delle varie monete e a tenere una contabilità commerciale: la lira tornese. Questa moneta di conto fu oggetto di continue svalutazioni e rivalutazioni, che durarono fino a che, nel 1726, il governo di Luigi XIV ricollegò la lira all'oro. Da quel momento il sistema divenne stabile.

Grandezza e decadenza della Spagna

Ancora nella metà del XV secolo la Spagna era divisa in quattro Reami: Castiglia, Aragona, Regno del Portogallo e Regno di Navarra.

La fulminea espansione transoceanica, con la scoperta di ricchi giacimenti di metalli preziosi nelle Americhe, ebbe ripercussioni straordinarie nell'economia della Spagna. Ai giacimenti d'oro scoperti inizialmente, si aggiunsero gli eccezionali giacimenti d'argento di Potosí e Zacatacai, e infine i ricchi giacimenti di mercurio in Perù. Ai tempi di Carlo V (1500-1558) e del figlio Filippo, nella sola Castiglia operavano otto zecche, mentre altre erano attive nel resto del Regno e nei possedimenti spagnoli delle Americhe.

Fu in quell'epoca che comparve una moneta d'argento, il Real de ocho, del peso di 29 grammi, con una lega di circa 930 millesimi, che sarebbe divenuta la moneta di gran lunga più importante nella circolazione dei secoli XVI e XVII. Di fatto, fu la moneta che allargò gli scambi commerciali fino all'India e alla Cina. Nel corso del 1600 l'afflusso di metalli preziosi dalle Americhe diminuì drasticamente per una serie di fattori concomitanti: un certo ristagno nella produzione mineraria delle colonie, la loro accresciuta indipendenza, la pirateria olandese, francese e inglese. In realtà, alla Spagna del '600 fece difetto anche un certo spirito imprenditoriale, tanto che il Paese sprofondò in una drammatica decadenza.

Il sistema inglese

Sul finire del XV secolo l'Inghilterra era ancora un "Paese sottosviluppato", almeno in relazione allo standard dell'Italia, dei Paesi Bassi, della Francia e della Germania meridionale. Ma produceva già la miglior lana d'Europa ed eccellenti manufatti, tanto che fra il 1500 e il 1550 era già il maggior esportatore d'Europa. Il commercio transoceanico, unito alla pirateria istituzionalizzata, consolidò lo sviluppo mercantilistico dell'Inghilterra, peraltro sostenuto dalla politica economica del governo. Drastici dazi si applicarono alle importazioni di manifatture estere e, soprattutto, di prodotti di lusso.

Di particolare importanza furono gli "Atti di Navigazione" che conferirono alle navi inglesi un ruolo sempre più importante nei trasporti per navi delle merci, sia in entrata che in uscita. Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo Londra emerse come la città dove più stabilmente si era insediato un sistema economico e finanziario all'altezza dei tempi. Una supremazia che doveva durare fino agli inizi del XX secolo.

Le monete primitive

Non sempre e non dappertutto lo scambio delle merci è avvenuto attraverso monete metalliche. Nelle società primitive, le funzioni di moneta sono assolte dalla merce più abbondante o più desiderata. Così il sale è servito come denaro nei Regni dell'Alto Senegal, dell'Alto Niger e in Etiopia. Le tele di cotone hanno rivestito lo stesso ruolo nel Golfo di Guinea, dove anche i braccialetti di rame, l'oro in polvere e i cavalli costituivano moneta. Altro mezzo di pagamento in vigore nelle fasce costiere dell'Africa erano le conchiglie. In Islanda, con disposizioni emanate nel 1420, fu stabilita una lista di merci che, per secoli, furono pagate con pesce secco. In Alaska, come nella Russia di Pietro il Grande, funzionavano da moneta le pellicce. Gli indiani dell'America del Nord usavano conchiglie legate a rosario: i wampum, che restarono sul mercato almeno fino al 1720. In Virginia, intorno al 1620, si utilizzava come moneta il tabacco, e nel Maryland il riso. Nel Congo erano "tarate" persino le conchiglie, e le pezze di stoffa che si barattavano con merci erano dimensionate al valore degli acquisti.

La scelta del dollaro

Subito dopo l'indipendenza dall'Inghilterra, le 13 ex colonie americane decisero di adottare una moneta propria e uguale per tutti gli States: il dollaro. La decisione fu subito sancita dal "Coinage Act", del 1792. Nel nuovo mondo e per volontà dei suoi cittadini, nasceva così una moneta destinata a diventare la principale valuta del mondo e che unisce oggi il più vasto mercato interno del pianeta, con 260 milioni di persone in 50 States. Il corso del dollaro fu segnato, per oltre un secolo, da molteplici traversie. Nella Guerra di Secessione, il Nord e il Sud mantennero monete separate finché, alla fine del conflitto, la moneta del Sud perdette ogni valore. I dollari del Nord erano chiamati dorsi verdi, perché tale era il colore di un lato delle banconote. Benché lo Stato federale ne avesse garantito la convertibilità in oro, operazioni del genere non furono possibili se non nel 1879.

Accanto alle banconote emesse dal governo federale, circolavano anche monete d'oro e d'argento, certificati che garantivano pagamenti nei due metalli, biglietti di banca emessi da istituti abilitati dallo Stato federale. Enormi operazioni speculative su terreni, merci, ferrovie, furono finanziate da una molteplicità di banche, che nascevano e fallivano con rapidità sorprendente. Nel biennio 1873-74 chiusero 98 banche; 83 fallirono nel 1892 e 496 l'anno successivo. Fra il 1907 e il 1908 ne scomparvero 246. Finché il governo decise di istituire il Sistema della Riserva Federale, con compiti di sistema bancario centrale degli Usa. Da quel momento ha avuto corso ufficiale un'unica moneta nazionale, di cui la Fed è la sola emittente. L'uso di monete d'oro fu tuttavia consentito fino al 1934, quando il sistema aureo fu di fatto abbandonato.

Il Gold Standard o parità aurea

Il vero nodo dei sistemi monetari in epoca moderna è stato il riferimento all'oro. Un sistema monetario poteva definirsi aureo quando l'oro era utilizzato come "numerario monetario", (ossia come unità di misura del valore delle monete), da un certo Paese e/o quando gli altri strumenti usati come numerario monetario - cambiali dello Stato o delle banche - erano convertibili in oro a richiesta dei creditori. L'adozione permanente di un sistema monetario aureo si fondava sul pensiero classico. David Ricardo (1772-1823) aveva considerato un meccanismo di equilibrio internazionale basato sulle dinamiche dei prezzi assoluti e relativi. Fattore decisivo di questo equilibrio erano i movimenti dell'oro fra i vari Paesi. Come egli affermava, l'oro si sposta quando si verifichino cambiamenti nelle funzioni di produzione dei beni in un Paese rispetto agli altri. Seguendo una teoria quantitativa molto rigida, Ricardo riteneva che l'afflusso dell'oro facesse crescere i prezzi nel Paese d'arrivo e che questo ristabilisse automaticamente l'equilibrio iniziale. Fino ai primi decenni del nostro secolo si è pensato che fosse la parità aurea a garantire l'equilibrio delle relazioni economiche a livello internazionale. Tale convinzione fu messa in crisi, praticamente in modo definitivo, dal caos monetario seguito al conflitto 1914-1918.

XX secolo

Pochi inizi di secolo furono festeggiati come quello XX. Erano passati alcuni decenni dall'ultimo conflitto europeo e dall'ultima perturbazione sociale, la Comune di Parigi. La scienza aveva compiuto eccezionali scoperte e promosso quell'innovazione tecnologica che portò alla seconda rivoluzione industriale. Il sistema liberale sembrava garantire l'efficienza dei sistemi economici, allargando contemporaneamente la sfera dei diritti politici. "Progresso" era la parola più in voga e che meglio esprimeva lo spirito del tempo.

Negli anni a cavallo dei due secoli, Parigi si affermò come capitale dell'arte e della cultura. La costruzione della Tour Eiffel e l'Esposizione universale del 1900 ne sancirono il ruolo d'avanguardia. Nello stesso tempo, a Vienna e a Costantinopoli, le civiltà absburgica e ottomana si consumavano fra la consapevolezza del proprio declino e la più spensierata leggerezza. In questo contesto, la società europea viveva in uno stato di euforia, compiaciuta di un benessere che sembrava ormai alla portata di tutti. Né fu turbata dalle agitazioni di massa del 1905, culminate nei moti rivoluzionari russi.

Perché l'Europa si risvegliasse bruscamente, ci vollero i colpi di rivoltella di Gavrilo Princip, il nazionalista serbo che, a Sarajevo, assassinò l'Arciduca Francesco Ferdinando d'Austria, erede al trono absburgico. Era il 24 giugno 1914. L'Europa non sarebbe stata mai più la stessa.

Germania 1923

Dopo la fine della prima guerra mondiale, il maggior desiderio di tutti era di "tornare alla normalità" e di ristabilire le condizioni economiche anteriori alla guerra. "Tornare all'oro", cioè alla parità aurea, predicavano le autorità monetarie. Ma i guasti prodotti dalla guerra erano profondi.

L'impoverimento generale, i problemi della riconversione all'economia di pace, le disastrose condizioni sociali e le complicazioni politiche impedivano non solo un ritorno alla normalità, ma anche il ristabilimento di qualunque parità di cambio. L'inflazione spazzò il continente, toccando vertici spettacolari in Austria, Ungheria, Polonia e soprattutto in Germania.

Subito dopo la guerra, Berlino si trovò di fronte due problemi: un debito pubblico impossibile da onorare e aggravato dai risarcimenti esorbitanti pretesi dai vincitori (132 milioni di marchi oro prebellici), e un'inflazione crescente, col conseguente panico dei risparmiatori. Nel 1919 i prezzi triplicarono e continuarono a salire fino al '20. Nel 1921, in coincidenza con la depressione americana, si stabilizzarono a un livello di circa 14 volte superiore a prima della guerra. Nel '21 ricominciarono a salire, passando da 14 a 35 volte. Alla fine del '22 erano aumentati di 1.475 volte. Nel '23 il rapporto era di 1.422.900.000.000 marchi per un marco prebellico. Il denaro per la spesa era portato in carriole o carrozzine per bambini, mentre le tipografie stampavano banconote a ritmo incalzante. Il 20 novembre 1923 si decretò che la moneta stampata per fronteggiare l'inflazione, il Reichsmark, non aveva più corso legale, e fu messa in circolazione una nuova moneta, il Rentenmark. L'inflazione cessò abbastanza rapidamente, ma fu solo negli anni successivi che i prezzi si stabilizzarono in Inghilterra - dove fu ristabilita la parità aurea a livello prebellico - , in Italia e in Francia.

La Grande Depressione

Per gli americani è stata forse l'avvenimento che ha lasciato tracce più profonde nella memoria del secolo. Dopo la guerra mondiale, la congiuntura favorevole degli anni '20 aveva contribuito ad aumentare i profitti degli imprenditori e i redditi dei ceti più abbienti. Fra il '23 e il '29 le aziende investivano, i ricchi spendevano, le abitazioni di lusso si moltiplicavano, i consumi di radio e autoveicoli crescevano a livelli assolutamente imparagonabili a quelli dei Paesi europei. Ai tempi del "grande Gatsby", nel 1926, negli Usa erano registrati 22.053.000 autoveicoli; in Gran Bretagna, in Francia e in Germania, rispettivamente, 1.042.000, 891.000 e 319.000. L'espansione del credito e la speculazione in Borsa ressero fino al '29, quando avvenne il grande crash a New York. Di seguito, gli investimenti si contrassero, gli interessi sui titoli si appesantirono, la spesa in beni di consumo durevoli si ridusse drammaticamente. In questo clima la Borsa influì decisivamente sul crollo degli affari, dei prezzi e delle importazioni. Alla spirale deflazionistica si aggiunse la grave crisi delle banche che, fra il '29 e il '31, fallirono a migliaia. Solo nel '32, con l'avvento alla presidenza di Franklin D. Roosevelt, fu sospesa la possibilità di tramutare banconote e depositi in oro e, sebbene molto oro fosse stato già prelevato, ciò permise di mantenere riserve auree ancora cospicue. Fra il '33 e il '35 il Sistema della Riserva Federale si trasformò in Federal Deposit Insurance Corporation, che garantiva i depositi bancari con fondi di assicurazione governativi. Lo stillicidio dei fallimenti decrebbe: 62 nel '34, uno solo nel '35.

Fine del Gold Standard

Uno dei maggiori economisti, comunque il più influente di questo secolo, fu Keynes (1883-1946). Nel gennaio '19 aveva partecipato come rappresentante del Tesoro inglese ai negoziati che portarono al trattato di pace con la Germania. Subito dopo, in The Economic Consequences of the Peace, muoveva al trattato tutta una serie di critiche.

Secondo l'economista, sarebbe stato giusto e conveniente che i termini di pace fossero ispirati a magnanimità: le riparazioni richieste alla Germania, impossibili da onorare, avrebbero costretto i tedeschi a inadempienze cariche di conseguenze; i problemi della riconversione a un'economia di pace erano, infine, molto più importanti delle questioni politiche di confine. Sotto il profilo economico, il punto più rilevante era l'ultimo.

Secondo Keynes, la causa principale del disordine economico e delle crisi politiche che si erano succedute in Europa, era l'impossibilità di rispettare le regole del Gold Standard: «Se il nostro proposito deliberato è l'impoverimento dell'Europa centrale, oso prevedere che la ritorsione non tarderà. Nulla potrà ritardare, allora, quella guerra civile fra le forze della reazione e i disperati tentativi dei rivoluzionari, davanti alla quale gli orrori della recente guerra sembreranno cosa da poco e che distruggerà, quale che sia il vincitore, la civiltà e il progresso della nostra generazione».

Bretton Woods

Nell'autunno '41, in piena seconda guerra mondiale, Keynes si dedicò alla stesura di un documento che si intitolava Clearing Union, (noto in Italia come "Sistema di compensazione"), le cui finalità erano così illustrate: «Abbiamo bisogno di uno strumento monetario internazionale [...] per dotare ogni Paese, dopo la guerra, di una scorta di riserva [...] così che ogni Stato sia in grado, senza indebite ingerenze, di mettere ordine in casa propria durante la fase di passaggio a condizioni complete di pace». Nei primi mesi del '43, il Dipartimento di Stato americano si avvicinò notevolmente alla proposta di Keynes, adottando un progetto di Harry D. White, sottosegretario al Tesoro, in cui - per la prima volta in un documento ufficiale - gli Usa dichiaravano di accettare in pieno le loro responsabilità quando si fosse verificato uno squilibrio fondamentale negli scambi con i Paesi debitori.

Nel luglio '44 i rappresentanti di 44 nazioni si incontrarono a Bretton Woods, nel New Hampshire, per individuare le soluzioni necessarie alla ripresa economica dopo la fine della guerra. Gli accordi portarono a ristabilire la parità dei cambi rispetto al dollaro e all'oro. Fu istituito il Fondo monetario internazionale, con l'organizzazione in parallelo della Banca mondiale per la ricostruzione e lo sviluppo (Bird). Furono questi alcuni fra gli strumenti più efficaci per la ricostruzione del sistema economico mondiale. Ma Keynes non arrivò a vederne gli effetti: malato di cuore e affaticato dalle logoranti negoziazioni della conferenza, morì un anno e mezzo dopo.

I Trattati di Roma

La firma dei Trattati istitutivi della Cee e dell'Euratom avvenne in Campidoglio, nella Sala degli Orazi e Curiazi, il 25 marzo 1957. I Paesi firmatari (sei: Belgio, Francia, Germania Federale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) si proponevano di creare uno spazio economico integrato dove i fattori produttivi - persone, merci, servizi, capitali - potessero circolare liberamente come in un mercato interno. Si parla per questo delle quattro libertà. In alcuni settori, in primo luogo nell'agricoltura, politiche comuni dovevano garantire la realizzazione di questo obiettivo. Il fine implicito era che il confronto e il coordinamento creassero le condizioni perché dall'integrazione economica scaturisse col tempo quella politica. Il sistema istituzionale Cee è del tutto originale, in quanto deve operare una sintesi dinamica fra interesse collettivo e interesse degli Stati. Le sue istituzioni principali sono quattro: la Commissione europea, organo indipendente, che rappresenta l'interesse comune, ha il monopolio del diritto di proposta e progetta, prima, e poi cura l'esecuzione delle decisioni comunitarie, rispondendo del suo operato al Parlamento europeo; il Consiglio dei Ministri, che rappresenta l'interesse degli Stati, è organo di decisione finale e di legislazione, ed esercita il potere legislativo in associazione col Parlamento europeo; il Parlamento europeo, eletto a suffragio universale nel '79, che rappresenta la sovranità popolare e detiene in molti campi un potere di legislazione, è - insieme al Consiglio dei Ministri - l'autorità di bilancio, e può con voto di fiducia obbligare la Commissione a dimettersi; la Corte di Giustizia, supremo tribunale della Comunità, che assicura il rispetto del diritto comunitario, cui può attingere anche un singolo cittadino.

Dalle monete nazionali alla moneta unica

Il percorso verso l'Uem rappresenta la realizzazione di un progetto che non ha precedenti. Gli Stati nazionali indipendenti dell'Ue hanno deciso di adottare un unico mezzo di pagamento: l'euro.

Nel giugno '88 il Consiglio europeo di Hannover istituisce il Comitato per lo studio dell'Unione economica e monetaria. E' guidato da Jacques Delors, presidente della Commissione europea. Il documento che viene prodotto - il "Rapporto Delors" - conquisterà una notevole fama, diventando la pietra miliare sulla quale poggia la costruzione dell'Uem. Il Rapporto è infatti la base sulla quale il Consiglio europeo di Madrid del giugno '89 decide di avviare l'unione monetaria.

Il Trattato di Maastricht, firmato nella cittadina olandese il 7 febbraio 1992, definisce nei dettagli le condizioni per la piena realizzazione dell'Uem e per l'adozione della moneta unica. Entro la fine del secolo l'Europa, con i suoi 370 milioni di abitanti, avrà nell'euro una delle monete più stabili del mondo. E' un'ulteriore conquista del processo di integrazione, che prelude a politiche sociale, estera e di sicurezza comuni. E' deciso anche il calendario delle transizioni, che si articolerà in tre fasi principali:

1998: i capi di governo decideranno quali Paesi parteciperanno dall'inizio alla moneta unica, in base a criteri di convergenza. Si costituirà la Bce (Banca centrale europea) e nascerà il Sistema europeo di banche centrali (Sebc), responsabili della politica monetaria unica;

1999: all'inizio dell'anno entreranno in vigore cambi irrevocabilmente fissi tra le valute dei Paesi partecipanti e tra queste e l'euro, che sarà una moneta a pieno titolo. Dal primo gennaio '99 al 31 dicembre 2001 l'euro potrà essere utilizzato per qualunque operazione (assegni, bonifici, ecc.), tranne quelle che prevedono pagamenti in contanti. Le banconote e le monete nazionali continueranno ad avere corso legale;

2002: dal primo gennaio inizierà l'introduzione, da parte delle Banche centrali nazionali, delle banconote e delle monete in euro, che sostituiranno quelle nazionali. Queste perderanno valore legale il primo luglio 2002, ma potranno ancora essere cambiate presso le Banche centrali nazionali. Inizia la piena ed esclusiva età dell'euro.

I tre pilastri

L'Unione europea ha individuato gli sforzi da compiere e gli obiettivi da raggiungere per preparare l'Europa del XXI secolo. Il progetto di architettura europea prevede tre pilastri.

Il primo riguarda i compiti, le responsabilità, le politiche già messe in atto dalla Comunità, e quindi la Politica agricola (Pac), le strategie per lo sviluppo delle regioni in ritardo economico, la politica della pesca, le politiche nel campo della sanità e della sicurezza sociale, la lotta contro la disoccupazione, la politica ambientale, la politica dei trasporti, l'azione nell'ambito della cultura.

Il secondo è costituito dalla Politica estera e della sicurezza comune (Pesc), e comprende tutte le questioni relative alla politica estera e alla sicurezza esterna dell'Unione europea.

Il terzo, infine, riguarda gli Affari interni e giudiziari (Aig), comprende i diritti dei cittadini ad accedere al lavoro, allo studio, e ad avere libera circolazione nell'area comunitaria, le politiche relative ai problemi dell'immigrazione, le misure contro il traffico di droghe e la criminalità organizzata.

Chi decide nell'Unione Europea

Germania

10

Francia

10

Spagna

8

Belgio

5

Paesi Bassi

5

Portogallo

5

Austria

4

Svezia

4

Danimarca

3

Irlanda

3

Finlandia

3

Lussemburgo

2

Regno Unito

10

Italia

10

Grecia

5

TOTALE

87

Voti necessari per le deliberazioni dell'Unione monetaria europea: 62