Legge 30 addio

Superare la legge 30, o legge Maroni, purché non la si chiami legge Biagi (come chiese anni fa in un'intervista Luciano Gallino). Mettere ordine nel mercato del lavoro, ricucire le smagliature della precarietà, tessere una rete di protezione sociale per tutti i lavoratori, e soprattutto per gli atipici. Facile a dirsi, molto meno a farsi. Ma è l'imperativo dell'Unione. Il cuore del programma di governo del centrosinistra. Sul quale iniziano a circolare prime indicazioni concrete, seppure sotto forma di bozza, in vista del documento ufficiale che sarà il frutto di ovvie e complicate mediazioni tra le componenti della coalizione guidata da Romano Prodi.

Se il centrosinistra vincerà le elezioni, sembra intenzionato a cancellare gli aspetti precarizzanti della legge 30, ossia - come si legge nella bozza - le tipologie di lavoro a chiamata, staff leasing e contratto d'inserimento introdotte dal centrodestra. Punto forte del programma sono l'estensione a tutti i lavoratori delle tutele sociali (malattia, infortunio, maternità, diritti sindacali), il diritto alla formazione permanente, l'assicurazione della copertura pensionistica presente e futura (attraverso la totalizzazione del contributi e la copertura figurativa dei periodi senza lavoro). C'è poi la riforma degli ammortizzatori sociali, che riprende l'idea della Carta dei diritti lanciata alcuni anni fa dall'opposizione, con la quale si mira a incrementare l'indennità di disoccupazione e ad estenderla a tutti i lavoratori, così come la cassa integrazione dovrebbe essere estesa anche ai dipendenti delle piccole imprese, terziario compreso. Alla voce "diritti delle donne" l'Unione prevede asili nidi sul territorio, possibilità di lavoro a tempo parziale, congedi retribuiti, incentivi per il reinserimento al lavoro. E' infine menzionata a chiare lettere la necessità di combattere il lavoro nero e promuovere la sicurezza nei luoghi di lavoro, una vera e propria emergenza in un paese che conta 1400 morti sul lavoro all'anno (solo fra i "dichiarati").

Un programma impegnativo sul piano della spesa. Ma, come scrive Tiziano Treu oggi sul Corriere della Sera, "si tratta di priorità sociali. La nostra allocazione delle risorse sarà conseguente. Già due anni fa - spiega il senatore della Margherita - in sede di legge finanziaria abbiamo proposto di finanziare questi interventi destinandogli 6 miliardi di euro inutilmente sprecati dal governo per ridurre le tasse ai redditi medio alti. Altre risorse si potranno recuperare combattendo l'evasione fiscale, avallata da questo governo, portando la tassazione delle rendite finanziarie ai livelli europei. In questo senso Prodi indica la necessità di porre meno tasse sul lavoro e più sulle rendite". Treu accusa il centrodestra di aver creato "un clima di incertezza che colpisce soprattutto i gruppi di persone più deboli: i giovani, le donne e i lavoratori del Mezzogiorno". E spiega che nell'Unione "sul tema lavoro l'elaborazione comune è arrivata a conclusioni largamente condivise". "Un obiettivo del nostro programma - scrive il senatore - è promuovere la continuità dei rapporti di lavoro. Questo non significa garantire il posto fisso, obiettivo impossibile, ma sostenere il lavoro a tempo indeterminato come forma normale di occupazione. "Quanto alla riforma della contrattazione collettiva - conclude il responsabile Lavoro della Margherita -, il programma dell' Unione non si esprime in modo specifico, perché si tratta di materia di competenza delle parti sociali su cui le istituzioni possono operare solo indirettamente".

Spunti sul programma dell'Unione si possono ricavare anche da una recente intervista a Rassegna del responsabile Lavoro Ds, Cesare Damiano, il quale, sulla legge 30, ha chiarito: "non pensiamo di abrogarla ma di sostituirla con una nuova legislazione (...) cancellando le forme d’impiego più precarizzanti". "Noi non abbiamo mai detto no alla buona flessibilità - spiega Damiano -, (...) ma un conto è consentire che un’impresa, come del resto si fa abitualmente con la contrattazione, possa avere a disposizione lavoratori aggiuntivi e a termine per far fronte a una domanda di mercato non programmabile, altra cosa è assumere la precarietà come regola dell’organizzazione del lavoro e come elemento fondamentale per il successo dell’impresa medesima. Una quota di flessibilità definita dalla contrattazione è tollerabile ma non deve diventare il modello".


La posizione della Cgil

La battaglia contro la precarizzazione del mercato del lavoro, e contro la legge 30, è stata condotta fino a oggi soprattutto dalla Cgil (il percorso di link nella colonna a sinistra dà una seppur minima idea della mole di lavoro prodotta dalla confederazione in questi anni). Quando il programma del centrosinistra sarà ufficializzato, il sindacato potrà esprimere il suo giudizio, ma la Cgil ha già messo sul tavolo le sue proposte al centrosinistra per superare la legge 30. L'ha fatto in un convegno, esattamente un anno fa, e ha posto il tema del diritto a "un'occupazione solida e stabile" al centro del suo documento congressuale (è la Quinta tesi su cui discuterà il XV congresso nazionale tra un mese).

"Andare oltre la legge 30 - si legge nel documento della confederazione - significa ribaltarne l’intera filosofia: vanno infatti cancellate tutte le norme che precarizzano il rapporto di lavoro e favoriscono la destrutturazione e l’impoverimento dell’impresa; vanno cancellate le norme che indeboliscono la contrattazione collettiva; vanno cancellate le norme che alimentano ulteriori forme di svantaggio. Questo significa per noi cancellare la legge 30 e sostituirla con un sistema di norme e diritti complessivamente alternativo". Per questo la Cgil propone "un concetto allargato della dipendenza economica come fondamento dei diritti, delle tutele e dei costi cui deve far fronte l’impresa, attraverso una ridefinizione di lavoratore 'economicamente dipendente' cui far corrispondere l’equiparazione dei diritti e dei costi". Questo vuol dire, per il sindacato, "fare del contratto subordinato a tempo indeterminato la normale forma di lavoro e di assunzione per l’ordinaria attività di impresa, e quindi limitare i contratti cosiddetti flessibili a una mera eccezione. Vuol dire ridurre le tipologie non a tempo indeterminato, non solo attraverso interventi legislativi e contrattuali che puntino anche a una loro progressiva stabilizzazione, ma anche attraverso un aggravamento del loro costo unitario".

Le posizioni sono in campo. Non resta che aspettare i risultati.

 

Superare la legge 30, o legge Maroni, purché non la si chiami legge Biagi (come chiese anni fa in un'intervista Luciano Gallino). Mettere ordine nel mercato del lavoro, ricucire le smagliature della precarietà, tessere una rete di protezione sociale per tutti i lavoratori, e soprattutto per gli atipici. Facile a dirsi, molto meno a farsi. Ma è l'imperativo dell'Unione. Il cuore del programma di governo del centrosinistra. Sul quale iniziano a circolare prime indicazioni concrete, seppure sotto forma di bozza, in vista del documento ufficiale che sarà il frutto di ovvie e complicate mediazioni tra le componenti della coalizione guidata da Romano Prodi.

Se il centrosinistra vincerà le elezioni, sembra intenzionato a cancellare gli aspetti precarizzanti della legge 30, ossia - come si legge nella bozza - le tipologie di lavoro a chiamata, staff leasing e contratto d'inserimento introdotte dal centrodestra. Punto forte del programma sono l'estensione a tutti i lavoratori delle tutele sociali (malattia, infortunio, maternità, diritti sindacali), il diritto alla formazione permanente, l'assicurazione della copertura pensionistica presente e futura (attraverso la totalizzazione del contributi e la copertura figurativa dei periodi senza lavoro). C'è poi la riforma degli ammortizzatori sociali, che riprende l'idea della Carta dei diritti lanciata alcuni anni fa dall'opposizione, con la quale si mira a incrementare l'indennità di disoccupazione e ad estenderla a tutti i lavoratori, così come la cassa integrazione dovrebbe essere estesa anche ai dipendenti delle piccole imprese, terziario compreso. Alla voce "diritti delle donne" l'Unione prevede asili nidi sul territorio, possibilità di lavoro a tempo parziale, congedi retribuiti, incentivi per il reinserimento al lavoro. E' infine menzionata a chiare lettere la necessità di combattere il lavoro nero e promuovere la sicurezza nei luoghi di lavoro, una vera e propria emergenza in un paese che conta 1400 morti sul lavoro all'anno (solo fra i "dichiarati").

Un programma impegnativo sul piano della spesa. Ma, come scrive Tiziano Treu oggi sul Corriere della Sera, "si tratta di priorità sociali. La nostra allocazione delle risorse sarà conseguente. Già due anni fa - spiega il senatore della Margherita - in sede di legge finanziaria abbiamo proposto di finanziare questi interventi destinandogli 6 miliardi di euro inutilmente sprecati dal governo per ridurre le tasse ai redditi medio alti. Altre risorse si potranno recuperare combattendo l'evasione fiscale, avallata da questo governo, portando la tassazione delle rendite finanziarie ai livelli europei. In questo senso Prodi indica la necessità di porre meno tasse sul lavoro e più sulle rendite". Treu accusa il centrodestra di aver creato "un clima di incertezza che colpisce soprattutto i gruppi di persone più deboli: i giovani, le donne e i lavoratori del Mezzogiorno". E spiega che nell'Unione "sul tema lavoro l'elaborazione comune è arrivata a conclusioni largamente condivise". "Un obiettivo del nostro programma - scrive il senatore - è promuovere la continuità dei rapporti di lavoro. Questo non significa garantire il posto fisso, obiettivo impossibile, ma sostenere il lavoro a tempo indeterminato come forma normale di occupazione. "Quanto alla riforma della contrattazione collettiva - conclude il responsabile Lavoro della Margherita -, il programma dell' Unione non si esprime in modo specifico, perché si tratta di materia di competenza delle parti sociali su cui le istituzioni possono operare solo indirettamente".

Spunti sul programma dell'Unione si possono ricavare anche da una recente intervista a Rassegna del responsabile Lavoro Ds, Cesare Damiano, il quale, sulla legge 30, ha chiarito: "non pensiamo di abrogarla ma di sostituirla con una nuova legislazione (...) cancellando le forme d’impiego più precarizzanti". "Noi non abbiamo mai detto no alla buona flessibilità - spiega Damiano -, (...) ma un conto è consentire che un’impresa, come del resto si fa abitualmente con la contrattazione, possa avere a disposizione lavoratori aggiuntivi e a termine per far fronte a una domanda di mercato non programmabile, altra cosa è assumere la precarietà come regola dell’organizzazione del lavoro e come elemento fondamentale per il successo dell’impresa medesima. Una quota di flessibilità definita dalla contrattazione è tollerabile ma non deve diventare il modello".


La posizione della Cgil

La battaglia contro la precarizzazione del mercato del lavoro, e contro la legge 30, è stata condotta fino a oggi soprattutto dalla Cgil (il percorso di link nella colonna a sinistra dà una seppur minima idea della mole di lavoro prodotta dalla confederazione in questi anni). Quando il programma del centrosinistra sarà ufficializzato, il sindacato potrà esprimere il suo giudizio, ma la Cgil ha già messo sul tavolo le sue proposte al centrosinistra per superare la legge 30. L'ha fatto in un convegno, esattamente un anno fa, e ha posto il tema del diritto a "un'occupazione solida e stabile" al centro del suo documento congressuale (è la Quinta tesi su cui discuterà il XV congresso nazionale tra un mese).

"Andare oltre la legge 30 - si legge nel documento della confederazione - significa ribaltarne l’intera filosofia: vanno infatti cancellate tutte le norme che precarizzano il rapporto di lavoro e favoriscono la destrutturazione e l’impoverimento dell’impresa; vanno cancellate le norme che indeboliscono la contrattazione collettiva; vanno cancellate le norme che alimentano ulteriori forme di svantaggio. Questo significa per noi cancellare la legge 30 e sostituirla con un sistema di norme e diritti complessivamente alternativo". Per questo la Cgil propone "un concetto allargato della dipendenza economica come fondamento dei diritti, delle tutele e dei costi cui deve far fronte l’impresa, attraverso una ridefinizione di lavoratore 'economicamente dipendente' cui far corrispondere l’equiparazione dei diritti e dei costi". Questo vuol dire, per il sindacato, "fare del contratto subordinato a tempo indeterminato la normale forma di lavoro e di assunzione per l’ordinaria attività di impresa, e quindi limitare i contratti cosiddetti flessibili a una mera eccezione. Vuol dire ridurre le tipologie non a tempo indeterminato, non solo attraverso interventi legislativi e contrattuali che puntino anche a una loro progressiva stabilizzazione, ma anche attraverso un aggravamento del loro costo unitario".

Le posizioni sono in campo. Non resta che aspettare i risultati.