Caratteristiche
Una delle peculiarità della religio dei romani è che essa è inscindibilmente
legata alla sfera civile, familiare e socio-politica. Il culto verso gli dei era
un dovere morale e civico ad un tempo, in quanto solamente la pietas, vale a
dire il rispetto per il sacro e l'adempimento dei riti, poteva assicurare la pax
deorum per il bene della città, della famiglia e dell'individuo. Altre due
caratteristiche salienti della religione romana possono essere individuate nel
politeismo e nell'estrema tolleranza verso altre realtà religiose.
La ricchezza del pantheon romano è dovuta non solo al grande numero di divinità,
siano esse antropomorfe o concetti astratti, ma anche al fatto che alcune figure
divine fossero moltiplicate in relazione alle funzioni loro attribuite, come nel
caso di Giunone. Una costante della religione romana fu anche la capacità di
assimilazione nei confronti di altre religioni. Contestualmente all'espansione
dell'Impero il pantheon romano si andò arricchendo grazie all'importazione di
divinità venerate dai popoli con i quali Roma entrava in contatto (vedi
seductio).
Evoluzione
Lo sviluppo storico della religione romana passò per quattro fasi: una prima
protostorica, una seconda fase dal VIII secolo a.C. al VI secolo a.C.,
contrassegnata dall'influenza delle religioni autoctone; una terza
contraddistinta dall'assimilazione di idee e pratiche religiose etrusche e
greche; una quarta, durante la quale si affermò il culto dell'imperatore e si
diffusero le religioni misteriche di provenienza orientale.
Età protostorica
Nel età protostorica ancora prima della fondazione di Roma, quando nel
territorio laziale c'erano solo tribù, nel territorio dei colli si credeva
nell'intervenire nella vita di tutti i giorni di forze sopprannaturali
tipicamente magico-pagane. Queste forze non erano tuttavia personificate in
divinità ma ancora indistinte e solo col rafforzarsi dei contatti con altre
popolazioni, tra cui i Greci (nell'VIII secolo a.C. poi nel IV-III secolo a.C.),
i Sabini e gli Etruschi, tali forze cominceranno a essere personificate in
oggetti e solo in Repubblica inoltrata in soggetti antropomorfi. Sino ad allora
erano viste come forze chiamate numen o al femminile numina, grandi in numero e
ciascuna avente il suo compito nella vita di tutti i giorni.
Età arcaica
La fase arcaica fu caratterizzata da una tradizione religiosa legata soprattutto
all'ambito agreste, tipica dei culti indigeni mediterranei, sulla quale si
inserì il nucleo di origine indoeuropea.
Gli dei principali e più antichi venerati nel periodo arcaico erano Giove, Marte
(Mars) e Quirino, che Georges Dumézil definisce “triade indoeuropea” [1].
Proprio a Iupiter Feretrius (garante dei giuramenti) è dedicato il santuario
cittadino di più antica consacrazione: stando a Tito Livio era stato proprio
Romolo a fondarlo sul colle Capitolino[2], così come fu responsabile della
creazione del culto di Iupiter Stator (che arresta la fuga dai combattimenti)
[3].
Tra le divinità maschili troviamo Liber Pater, Fauno, Giano (Ianus),Saturno,
Silvano, Robigus, Consus (il dio del silo in cui si racchiude il frumento),
Nettuno (in origine dio delle acque dolci, solo dopo l’apporto ellenizzante dio
del mare[4]), Fons (dio delle sorgenti e dei pozzi, [5]), Vulcano (Volcanus, dio
del fuoco devastatore [6]).
In questa fase primitiva della religione romana è riscontrabile la venerazione
di numerose divinità femminili: Giunone (Iuno) in diversi e specifici aspetti
(Iuno Pronuba, Iuno Lucina, Iuno Caprotina, Iuno Moneta)[7], Bellona, Tellus e
Cerere (Ceres), Flora, Ops (l’abbondanza personificata), Pales (dea delle
greggi), Vesta, Anna Perenna, Diana Nemorensis (Diana dei boschi, dea italica e
quindi straniera, introdotta secondo la tradizione da Servio Tullio come dea
lunare[8]), Fortuna (portata in città da Servio Tullio, con vari culti entro il
pomoerium), la Dea Dia (la dea “luminosa” del cielo chiaro [9]).
Frequenti sono le coppie di divinità legate alla fertilità poiché essa era
ritenuta per natura duplice: se in natura esistono maschio e femmina dovevano
esserci anche maschio e femmina per ogni aspetto della fertilità divina. Ecco
così Tellus e Tellumo, Caeres e Cerus, Pomona e Pomo, Liber Pater e Libera. In
queste coppie il secondo termine rimane sempre una figura secondaria, minore,
una creazione artificiale dovuta ai sacerdoti teologi più che alla reale
devozione [10].
Il periodo delle origini è caratterizzato anche dalla presenza di numina,
divinità indeterminate, come i Lari ed i Penati.
Età repubblicana
La mancanza di un "pantheon" definito favorì l'assorbimento delle divinità
etrusche, come Venere (Turan), e soprattutto greche. A causa della grande
tolleranza e capacità di assimilazione, tipiche della religione romana, alcuni
dèi romani furono assimilati a quelli greci, acquisendone l'aspetto, la
personalità ed i tratti distintivi, come nel caso di Giunone assimilata ad Era;
altre divinità, invece, furono importate ex novo, come nel caso di Apollo o dei
Dioscuri. Il controllo dello stato sulla religione, infatti, non proibiva
l'introduzione di culti stranieri, anzi tendeva a favorirla, a condizione che
questi non costituissero un pericolo sociale e politico. Nel II secolo a.C.
furono ad esempio proibiti i Baccanali ed il culto dionisiaco fu represso con la
forza.
Età imperiale
La crisi della religione romana, iniziata nella tarda età repubblicana,
s'intensificò in età imperiale. Le cause del lento degrado della religione
pubblica furono molteplici. Già da qualche tempo vari culti misterici di
provenienza medio-orientale, quali quelli di Cibele, Iside e Mitra, erano
entrati a far parte del ricco patrimonio religioso romano. Col tempo le nuove
religioni assunsero sempre più importanza per le loro caratteristiche
escatologiche e soteriologiche in risposta alle insorgenti esigenze della
religiosità dell'individuo, al quale la vecchia religione non offriva che riti
vuoti di significato. La critica alla religione tradizionale veniva anche dalle
correnti filosofiche dell'Ellenismo, che fornivano risposte intorno a temi
propri della sfera religiosa, come la concezione dell'anima e la natura degli
dei. Un'altra caratteristica tipica del periodo fu quella del culto imperiale.
Dalla divinizzazione post-mortem di Gaio Giulio Cesare e di Ottaviano Augusto si
arrivò alla assimilazione del culto dell'imperatore con quello del Sole ed alla
teocrazia dioclezianea. Nella congerie sincretistica dell'impero durante il III
secolo, permeata da dottrine neoplatoniche, gnostiche ed orfiche, fece la sua
comparsa il cristianesimo. La nuova religione lentamente andò affermandosi quale
religione di stato, decretando la fine del paganesimo romano, sancito, nel IV e
V secolo, dalla chiusura dei templi e dalla proibizione, sotto pena capitale, di
professare religioni diverse da quella cristiana.
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