MARZO
1
IL BAMBINO AL CONCERTO DI PADEREWSKI
Volendo
incoraggiare il proprio bambino a fare progressi nel suonare il pianoforte, una
madre portò il proprio piccolo ad un concerto di Paderewski.
Dopo essersi seduta, la madre vide un’amica nella platea ed andò a salutarla. Il
piccolo, stanco di aspettare, si alzò, attraversò la sala ed arrivò davanti ad
una porta su cui c’era scritto: “Vietato entrare.”
Quando le luci
si attenuarono e il concerto stava per iniziare, la madre ritornò al suo posto e
vide che suo figlio non era più là. All’improvviso il sipario si aprì e le luci
furono puntate sul grande pianoforte al centro del palcoscenico.
Sgomenta, la madre vide suo figlio seduto tranquillamente davanti al pianoforte
mentre suonava il motivetto: “Mambrù andò alla guerra.”
A quel punto,
il grande maestro fece la sua entrata, si recò velocemente al piano e sussurrò
all’orecchio del bambino: “Non smettere, continua pure a suonare.”
Quindi Paderewski stese la mano sinistra e cominciò a suonare la parte del
basso.
Poi pose la mano destra vicina a quella del bambino e vi aggiunse un bell’accompagnamento musicale. Entrambi, il vecchio maestro e il piccolo apprendista, trasformarono così una situazione imbarazzante in un evento fortemente creativo. Il pubblico ascoltò emozionato.
2
IL BAMBINO CHE SCRIVEVA SULLA SABBIA
Un bambino
tutti i giorni si recava in spiaggia e scriveva sulla sabbia: “Mamma ti amo!”;
poi guardava il mare cancellare la scritta e correva via sorridendo.
Un vecchio triste, passeggiava tutti i giorni su quel litorale e lo vedeva
giorno dopo giorno scrivere la stessa frase, e guardare felice il mare
portargliela via. Fra sé e sé pensava: “Questi bambini, sono così stupidi ed
effimeri.”
Un giorno si decise ad avvicinare il bambino, non avrà avuto più di dieci anni,
e gli chiese:
“Ma che senso ha che tu scriva “Mamma ti amo!” sulla sabbia che poi il mare te
la porta via. Diglielo tu che le vuoi bene.”
Il bambino si alzò, e guardando l’ennesima scritta cancellata dall’acqua salata
disse al vecchio:
“Io non ce l’ho la mamma! Me l’ha portata via Dio, come fa il mare con le mie
scritte.
Eppure, torno
qui ogni giorni a ricordare alla mamma e a Dio che non si può cancellare l’amore
di un figlio per la propria madre.”
Il vecchio si inginocchiò, e con le lacrime agli occhi scrisse: “Nora. Ti amo!”
era il nome della moglie appena morta.
Poi prese il bimbo per mano e assieme guardarono la scritta sparire.
ALESSANDRO BON
3
IL BAMBINO CHE SPOSTÒ UN ARMADIO CON UN DITO
Seduto e in
silenzio, Gesù guardava con tenerezza un bambino che cercava di spostare un
grosso armadio, molto pesante, di casa sua.
Spingeva da un lato, poi spingeva da un altro, sbuffando e stringendo i denti,
ma niente… il grosso armadio non si spostava neanche di un millimetro.
Il bambino voleva spostare l’armadio per fare contenti i suoi genitori.
Loro avevano molto bisogno di spostare l’armadio, ma non trovavano mai il tempo
e la voglia di farlo. Certo, poveretti, tornavano a casa sempre stanchi del
lavoro! Questo il bambino lo capiva. Quello che non capiva era perché litigavano
sempre per colpa di quell’armadio.
La mamma rimproverava il papà di non fare assolutamente nulla per spostarlo.
Il papà accusava la mamma di non volere togliere tutta la roba che era dentro
l’armadio per renderlo più leggero e permettergli di spostarlo.
In casa c’era sempre tensione e sembrava che andasse sempre peggio.
Così il bambino si sforzava di spostare l’armadio, e ci provava in tutti i modi.
Niente! L’armadio era sempre al suo posto. Il bambino era tutto sudato e anche
molto stanco.
Ci aveva messo tutta la sua forza.
“Hai usato proprio tutte le tue forze?” gli chiese Gesù con un tono di voce
molto delicato.
“Si!” rispose il bambino, cercando di riprendere fiato.
“Non mi sembra,” ribatté Gesù, “anzi, direi proprio di no…
Pensaci bene.
Hai fatto
proprio tutto quello che potevi fare per spostarlo?”
“Si!” rispose deluso e convinto il bambino.
“Guarda che non hai ancora usato la tua forza più grande!” disse Gesù con un
bellissimo sorriso.
“Quale forza?” domandò il bambino con gli occhi spalancati per la meraviglia.
“Non mi hai chiesto di aiutarti.” disse dolcemente Gesù, “Io sono la tua forza
più grande!”
Il bambino cominciò a pregare, e pregare, e pregare. L’armadio non si spostò.
Ma il papà una sera, rientrando a casa, sembrava più sereno. E, senza dire una
parola, si mise a svuotare i cassetti dell’armadio. La mamma lo vide e, dopo un
po’, andò da lui dicendo: “Aspetta che ti aiuto!” Insieme vuotarono l’armadio
cominciando a ridere di tutti gli episodi che quelle cose gli ricordavano. Poi
insieme spinsero l’armadio fuori della loro stanza da letto.
Insieme prepararono la cena, e insieme andarono a riposarsi sul divano,
abbracciati l’uno all’altro. Il bambino si tuffò felice in mezzo a loro. Da quel
giorno imparò non a spingere gli armadi, ma a spingere i suoi genitori ad andare
insieme a Messa la domenica, perché anche loro potessero ricevere la forza di
Gesù.
Passò ancora un po’ di tempo.
I genitori ed il bambino cominciarono a sentire il bisogno e il gusto di pregare
insieme.
Ci si sentiva un po’ strani all’inizio su quel divano con la televisione spenta,
ma poi era diventato il momento più bello della giornata. Ci si sentiva uno
dentro l’altro. Ci si sentiva stanchi ma contenti, in una semplice e dolce pace.
Una colomba aveva preso l’abitudine di posarsi sul davanzale della loro finestra
proprio mentre pregavano, chissà perché…
E fu così che, dopo qualche anno, in quella casa, gli armadi si spostavano con
un solo dito.
4
IL BAMBINO DA SOLO IN STAZIONE
Nel grande
atrio della stazione, piena di gente che andava e veniva, improvvisamente, un
bambino scoppiò in un pianto disperato! Nessuno resiste al pianto di un bambino
e molta gente si fermò e gli si avvicinò per consolarlo ed aiutarlo.
“Che cos’hai bimbo?” chiesero alcuni, “Ti possiamo aiutare? Che cosa ti è
capitato?”
Il bambino non
ascoltava le domande. E, più la gente cercava di aiutarlo, più lui piangeva!
Finalmente gli si avvicinò un poliziotto. Si chinò e prese il bambino in
braccio!
“Bene
giovanotto!” disse il poliziotto con bontà, “Non mi vuoi dire cosa c’è?
Perché stai piangendo? Hai perso la mamma?”
Per un momento il bimbo trattenne il respiro. Poi gridò con tutto il fiato che
aveva: “No! Io non ho perso la mamma! È la mamma, che ha perso me!”
5
IL BAMBINO E IL CUCCIOLO ZOPPO
Il padrone di
un negozio stava esponendo sulla porta un cartello con la scritta:
“Si vendono cuccioli.”
Questo genere di annuncio attira sempre i bambini e difatti di lì a poco un
ragazzino si presentò nel negozio chiedendo: “Quanto costano i cagnolini?”
Il padrone rispose: “Tra i 30 e i 50 euro.”
Il bambino mise la mano in tasca ed estrasse alcune monete:
“Ho solo 2,37 euro. Posso vederli?”
L’uomo sorrise
e fece un fischio.
Dal retrobottega entrò correndo il suo cane seguito da cinque cuccioli. Uno di
questi però era rimasto molto indietro rispetto agli altri. Il ragazzino subito
indicò il cagnolino rimasto indietro che stava zoppicando: “Cosa gli è
successo?” domandò.
L’uomo gli spiegò che, quando era nato il veterinario gli aveva detto che quel
cucciolo aveva un’anca difettosa e che sarebbe rimasto zoppo per sempre. Il
bambino si commosse a quelle parole ed esclamò: “Questo è il cagnolino che
voglio comprare!”
Ma l’uomo gli
rispose: “No, non comprarlo! Se lo vuoi veramente, te lo regalo!”
Il bambino rimase molto male e guardando l’uomo diritto negli occhi gli disse:
“Non voglio che lei me lo regali: vale tanto come gli altri cagnolini e io le
pagherò il prezzo intero.
Se è d’accordo, le darò subito i miei 2,37 euro e un po’ ogni mese fino a quando
lo avrò pagato completamente.”
L’uomo rispose:
“Non vorrai davvero comprare questo cagnolino, ragazzo. Non sarà mai in grado di
correre, di saltare e di giocare come gli altri cagnolini!”
Allora il bambino si piegò ed estrasse dai pantaloncini la sua gamba sinistra,
malformata e imprigionata in un pesante apparecchio metallico.
Guardò di nuovo l’uomo e gli disse: “Questo non importa: anch’io non posso
correre e il cagnolino avrà bisogno di qualcuno che lo capisca.”
L’uomo si stava mordendo le labbra e i suoi occhi si riempivano di lacrime,
sorrise e disse:
“Ragazzo, io mi auguro e lo spero davvero che ciascuno di questi cuccioli trovi
un padrone come te.”
6
IL BAMBINO E LA CAMERIERA
La famiglia si
accomodò ad un tavolo del ristorante.
La cameriera raccolse prima le ordinazioni degli adulti e poi si rivolse al
piccolo di sette anni.
“Tu che cosa prendi?” gli domandò.
Il bambino si
guardò intorno timidamente e disse: “Vorrei un panino con la salsiccia.”
La cameriera non aveva ancora iniziato a scrivere, quando la madre del piccolo
la fermò.
“Macché
panino,” disse, “gli porti una bistecca con carote e purè di patate!”
La cameriera non le fece caso e chiese al bambino: “Come lo vuoi il panino, col
ketchup o con la senape?”
“Ketchup, grazie.” rispose il bambino.
“Arrivo fra un minuto.” disse la cameriera, mentre ritornava in cucina.
A tavola erano tutti ammutoliti per lo stupore. Alla fine, il bambino fissò i presenti a uno a uno ed esclamò: “Ehi! Lei crede che io esista davvero!”
7
“UN BAMBINO E LA PROPRIA OMBRA”
In un paesino
di campagna, un bambino camminava verso la scuola, di buon mattino, accompagnato
dalla mamma. Il bambino era completamente assorbito dai lunghi passi della sua
enorme ombra proiettata dal sole del mattino, che lo faceva sembrare e sentire
un gigante alto trenta metri. Improvvisamente la madre si fermò. Guardò il
figlio dritto negli occhi e disse:
“Figlio mio, non guardare la tua ombra di mattina, guardala a mezzogiorno!”
8
IL BAMBINO E LO SCULTORE
Uno scultore
stava lavorando col suo martello e il suo scalpello su un grande blocco di
marmo.
Un ragazzino, che passeggiava leccando il gelato, si fermò davanti alla porta
spalancata del laboratorio. Il ragazzino fissò affascinato la pioggia di polvere
bianca, di schegge di marmo piccole e grandi che ricadevano a destra e a
sinistra. Non aveva idea di ciò che stava accadendo: quell’uomo che picchiava
come un forsennato la grande pietra gli sembrava un po’ strano. Qualche
settimana dopo, il ragazzino ripassò davanti allo studio e con sua grande
sorpresa vide un grande e possente leone nel posto dove prima c’era il blocco di
marmo.
Entusiasta, il bambino corse dallo scultore e gli disse: “Come hai fatto a
sapere che c’era un leone nella pietra?”
La tua vita è come un blocco di pietra di marmo bianco. Tocca a te scolpirla e farla diventare un capolavoro. E, anche se a qualcuno puoi sembrare solo un inutile blocco di pietra, non lasciarti condizionare. Dentro di te c’è un leone.
9
“LA BAMBINA E L’ABBRACCIO”
Una volta una
bambina domandò alla mamma: “Mamma, chi è Dio?”
La mamma rimase sbalordita da quella domanda così ardita.
D’altra parte, era contenta che proprio la sua bambina le avesse fatto quella
domanda tanto importante. Allora, come per ringraziarla, se la prese tra le
braccia e se la strinse forte al petto e la baciò.
In quel momento, le venne la risposta: “Cara bambina mia, Dio è quello che provi
ora con me!”
10
IL BAMBINO, IL MEDICO ED IL SAGGIO
Un vecchio
saggio fu invitato a parlare in una parrocchia sulla fiducia in Dio. La chiesa
era affollata di adulti, molto attenti. In prima fila, seduto sulle ginocchia
della nonna, c’era un bambino che giocava con un pezzo di carta in mano. La sua
presenza ispirò al vecchio saggio un paragone e disse: “Vedete questo bambino?
Questo bambino, come del resto tutti noi, ha paura del medico e dei suoi
interventi che spesso sono dolorosi!”
A sostegno della sua tesi si rivolse verso il bambino e disse: “Come ti chiami?”
“Riccardo!”
disse il bimbo.
“Riccardo, quanti anni hai?” proseguì allora il saggio.
“Quattro e mezzo!” rispose fiero agitando la manina.
“È vero che tu hai paura del medico?” domandò allora il saggio.
“No! Io non ho paura del medico!” esclamò il bambino.
Sorpreso dalla risposta, il vecchio saggio insistette: “Ma come! Non hai paura
del medico quando ti prescrive le medicine amare, quando ti fa la puntura…
insomma quando ti fa male?
Non hai paura del medico?”
“No! No! Io non ho paura del medico!” rispose il bambino con maggior forza.
Nel frattempo la nonna osservava preoccupata le repliche del nipotino. Dopo
qualche tentativo andato a vuoto, il vecchio saggio piacevolmente meravigliato
dalla reazione del bambino disse: “Senti, Riccardo. Saresti contento di venire
qui al microfono e dire a me e a tutta questa gente, perché tu non hai paura del
medico?”
Riccardo scese dalle ginocchia della nonna, prese il microfono e ad alta voce
disse:
“Io non ho paura del medico perché il medico è mio papà!”
Una sonora e gioiosa sorpresa da parte dei presenti accolse l’inattesa risposta.
E la nonna rasserenata confermò: “Sì, sì. Suo papà fa il medico!”
È il vecchio saggio compiaciuto, rivolgendosi all’assemblea replicò: “Devo
aggiungere altro?
Ora sapete cosa è la fiducia in Dio!”
11
IL BARATTO
Un uomo dovendo
andare via per un lungo viaggio, lasciò come consegna alla moglie di vivere
durante la sua assenza senza denaro, barattando solo con i frutti della loro
terra.
Questo perché la donna non aveva dimestichezza con il denaro dato che era tarda
a comprendere regole e valore. Durante la sua assenza passò per la loro fattoria
un venditore ambulante di pentole e propose alla donna l’acquisto della sua
mercanzia.
Questa dimostrò interesse per un piccolo pentolino di rame, ma spiegò che non
aveva denaro e che avrebbe semplicemente potuto fare un baratto.
Il commerciante
disse: “Cosa mi propone in cambio?”
La donna replicò: “Mio marito conserva del metallo sotto il letto che io temo
possa attirare i fulmini; può andar bene?”
“Mostramelo!” rispose lui.
Il commerciante
sbalordito vide che erano tante monete d’oro e d’argento e le disse:
“Per questo metallo ti lascio tutto il carretto con le pentole e pure l’asino!”
La donna chiese: “Cosa ne faccio di tutte queste pentole!”
“Mettile
rovesciate sopra i pali della recinzione a mo’ di capello, così se piove non
marciscono e farai felice tuo marito!”
Al ritorno l’uomo vide da lontano la sua proprietà adornata di pentole e
allarmato chiese spiegazione alla moglie che spiegò: “Ho fatto come mi hai
comandato; con il tuo metallo che avevi sotto il letto ho barattato tutte queste
pentole mettendo in salvo i nostri pali!”
Grande e inconsolabile fu la disperazione dell’uomo che dovette tenersi moglie e
pentole.
DINO DE LUCCHI
12
IL BIMBO CHE CURAVA IL PADRE
Il signor
Cesare era molto abitudinario. Ogni domenica mattina si alzava tardi, girellava
per casa in pigiama e alle undici si radeva la barba, lasciando aperta la porta
del bagno.
Quello era il momento atteso da Francesco, che aveva solo sei anni, ma mostrava
già molta inclinazione per la medicina e la chirurgia. Francesco prendeva il
pacchetto del cotone idrofilo, la bottiglietta dell’alcool denaturato, la busta
dei cerotti, entrava in bagno e si sedeva sullo sgabello ad aspettare.
“Che c’è?” domandava il signor Cesare, insaponandosi la faccia.
Gli altri
giorni della settimana si radeva col rasoio elettrico, ma la domenica usava
ancora, come una volta, il sapone e le lamette. “Che c’è?”
Francesco si torceva sul seggiolino, serio serio, senza rispondere.
“Dunque?” chiedeva ancora il padre.
“Beh,” diceva Francesco, “può darsi che ti tagli; e io ti farò la medicazione!”
“Già!” diceva il signor Cesare.
“Ma non
tagliarti apposta come domenica scorsa,” diceva Francesco, severamente,
“altrimenti non vale!”
“Sicuro!” diceva il signor Cesare.
Ma a tagliarsi senza farlo apposta non ci riusciva. Tentava di sbagliare senza
volerlo, ma è difficile e quasi impossibile. Faceva di tutto per essere
disattento, ma non poteva.
Finalmente, qui
o là, il taglietto arrivava e Francesco poteva entrare in azione.
Asciugava la stilla di sangue, disinfettava, attaccava il cerotto.
Così ogni domenica il signor Cesare regalava una stilla di sangue a suo figlio,
e Francesco era sempre più convinto di avere un padre distratto. MARGHERITA
CHIARUGI E SERGIO ANICHINI
13
IL BIMBO E L’UOMO AUSTERO
Viveva un tempo un uomo molto austero, il quale aveva fatto voto di non toccare né cibo né bevanda fino al tramonto del sole. L’uomo sapeva che il suo sacrificio era gradito al Cielo, perché tutte le sere sulla montagna più alta della valle si accendeva una stella luminosa, visibile a tutti.
Un giorno
l’uomo decise di salire sulla montagna e un ragazzino del villaggio insistette
per andare con lui. Per il caldo e la fatica, presto i due ebbero sete.
L’uomo incoraggiò il bambino a bere, ma quello rispose: “Lo farò solo se bevi
anche tu!”
Il poveretto era in un grave imbarazzo: non voleva rompere il suo voto, ma neppure voleva far soffrire la sete al piccolo. Alla fine, bevve e il bambino fece lo stesso.
Quella sera,
l’uomo non osava guardare in cielo, per paura che la stella fosse scomparsa.
Si può quindi immaginare la sua sorpresa quando, dopo un po’, alzò gli occhi e
vide che sulla montagna splendevano due stelle lucenti.
14
IL BISCOTTO, LA NONNA ED IL BIMBO
Un bimbo raccontava alla sua nonna che tutto andava male: la scuola, problemi con la famiglia, malattie, ecc. Intanto, la nonna preparava un biscotto.
Dopo averlo
ascoltato, la nonnina gli disse: “Vuoi fare merenda?”
Il bimbo rispose: “Certamente!”
“Prendi, eccoti un poco di olio da cucinare!” esclamò la nonna.
“Mmm, ma non è buono da mangiare da solo!” replicò il bimbo.
“Cosa diresti
di un paio di uova crude?” continuò la nonna.
“Mamma mia, che disgustose saranno, nonna!” rispose il bambino.
“Allora gradisci un po’ di farina di grano, o magari un po’ di lievito?” domandò
la nonna.
“Nonna, sei diventata matta, tutto questo è immangiabile!” disse il bambino.
Allora la nonna
rispose: “Sì, tutte queste cose sembrano ripugnanti, se le consideri separate.
Però se le metti tutte insieme in maniera adeguata, formano un meraviglioso e
delizioso biscotto!
Funziona così anche nella nostra vita.
Se ricordi (e prendi) solo le cose brutte, non riuscirai mai a vedere quelle
belle.”
15
IL BOSCAIOLO
C’era una volta
un boscaiolo che si presentò a lavorare in una segheria.
Il salario era buono e le condizioni di lavoro ancora migliori, per cui il
boscaiolo volle fare bella figura. Il primo giorno si presentò al caporeparto,
il quale gli diede un’ascia e gli assegnò una zona del bosco. L’uomo, pieno di
entusiasmo, andò nel bosco a fare legna. In una sola giornata abbatté diciotto
alberi.
“Complimenti!” gli disse il caporeparto, “Va’ avanti così.”
Incitato da
quelle parole, il boscaiolo decise di migliorare il proprio rendimento il giorno
dopo.
Così quella sera andò a letto presto. La mattina dopo si alzò prima degli altri
e andò nel bosco.
Ma nonostante l’impegno, non riuscì ad abbattere più di quindici alberi.
“Devo essere
stanco!” pensò. E decise di andare a dormire al tramonto.
All’alba si alzò deciso a battere il record dei diciotto alberi. Invece quel
giorno non riuscì ad abbatterne neppure la metà. Il giorno dopo furono sette,
poi cinque, e l’ultimo giorno passò l’intero pomeriggio tentando di segare il
suo secondo albero. Preoccupato per quello che avrebbe pensato il caporeparto,
il boscaiolo andò a raccontargli quello che era successo, e giurava e
spergiurava che si stava sforzando ai limiti dello sfinimento.
Il caporeparto
gli chiese: “Quando è stata l’ultima volta che hai affilato la tua ascia?”.
“Affilare?
Non ho avuto il tempo di affilarla: ero troppo occupato ad abbattere alberi!”
JORGE BUCAY
16
IL BRUCO E LA FARFALLA
Un piccolo
bruco camminava verso un’alta montagna.
Lungo la strada incontrò un grillo che gli domandò: “Dove vai?”
Senza arrestare il suo passo, il bruco rispose: “Ieri sera ho fatto un sogno nel
quale mi trovavo sulla cima di una montagna e da lì potevo vedere tutta la
valle. Oggi voglio realizzare il mio sogno.”
Alquanto sorpreso il grillo disse al bruco: “Devi essere pazzo! Come farai ad
arrivare fin là? Tu, un piccolo bruco, ahahahah… Per te, una pietra sarà una
montagna, una piccola pozzanghera sarà un mare, e qualsiasi ramo sarà una
barriera impossibile da oltrepassare.”
Ma il piccolo bruco era già lontano e non lo sentì nemmeno. I suoi tanti e
piccoli piedi non si arrestarono. Incontrò poi uno scarafaggio: “Dove vai con
tanto sforzo?”
Il piccolo bruco ripeté quanto aveva già detto al grillo: “Ieri sera ho fatto un
sogno…”
Allora anche lo
scarafaggio si mise a ridere, e disse: “Nemmeno io, con le mie grandi zampe e
con i miei grandi salti potrei affrontare un’impresa simile.”
E continuando a ridere rimase ad osservare il piccolo bruco mentre continuava
imperturbabile il suo percorso. La stessa cosa gli fu ripetuta dagli altri
animali che incontrò lungo la strada: talpa, ragno, rana e fiore. Tutti gli
consigliarono di desistere e di fermarsi, dicendogli: “Non arriverai mai!” Ma il
piccolo bruco continuò a camminare, perché dentro di sé sentiva che doveva
assolutamente farlo. Stanco e senza forze, decise di fermarsi per riposare.
Con un ultimo sforzo si preparò un posto per dormire. “Così mi sentirò meglio!”
pensò tra sé.
Ma quella notte
morì. Per giorni e giorni, gli animali vennero a vedere i suoi resti.
Lì giaceva l’animale più pazzo del mondo, lì c’era l’ultimo rifugio di un
piccolo bruco morto per inseguire un sogno. All’improvviso però tutti ebbero
modo di assistere ad un grande miracolo.
Quel bocciolo grigiastro, senza vita, cominciò a rompersi; comparvero un paio di
occhi, due antenne e due bellissime ali dai colori stupendi.
Era una farfalla! In un istante la meravigliosa creatura prese il volo e
raggiunse la cima della montagna. Il sogno del bruco, per il quale aveva
vissuto, per il quale aveva lottato era finalmente diventato realtà. Tutti si
erano sbagliati, solo il bruco no…
Aveva creduto e lottato, con fermezza e coraggio, per realizzare il suo sogno!
17
IL CAGNOLINO SENZA BIGLIETTO
C’era una volta
una signora che voleva far viaggiare senza biglietto il suo cagnolino, ma arrivò
il controllore e le disse: “Cara signora, deve pagare anche l’altro biglietto!”
E lei di rimando: “Ma è così piccolo, io non pago!”
Dopo una
animata discussione nella quale la signora e il controllore portavano le loro
ragioni, per forza contrastanti, il controllore approfittò del fatto che il
treno stava rallentando per afferrare il cagnolino per la collottola e sporgerlo
fuori dal finestrino, lasciandolo lentamente cadere nel vuoto.
La signora era disperata e chiedeva conforto agli altri passeggeri. C’era chi le
dava ragione e chi le suggeriva di rivolgersi alla “Protezione degli animali.”
Il controllore era ormai pentito di quello che aveva fatto e si stava
allontanando dallo scompartimento quando la signora, molto infuriata, gli
strappò dalle mani la pipa e la scaraventò fuori del treno. Alla stazione
successiva scesero tutti i due inferociti: lui per l’affronto fatto alla pipa,
lei per l’offesa al cane.
Non ebbero il tempo di scambiarsi altre parole perché cominciò un battimani dei
compagni di viaggio: stava arrivando il cagnolino con la pipa del controllore in
bocca.
Poco mancò che
i due contendenti si abbracciassero.
E tutto finì per il meglio.
18
IL CAVALLO A DONDOLO
C’era una volta un cavallo a dondolo. Era il più bello di tutti i giocattoli di Olta, perché era il più amato. E lui lo sapeva.
Ma un giorno si
stancò di dondolare. “Se mi vuoi bene,” disse alla sua padroncina, “portami
fuori, dove sono gli altri cavalli!”
Olta si sentì molto triste, ma prese il suo cavallo e lo portò in un campo,
oltre la staccionata.
Lo salutò con un bacio sulla fronte e poi ripartì, col cuore in gola. Il cavallo
a dondolo sentì gli altri cavalli nitrire. Provò a nitrire anche lui, ma non ci
riuscì. Poi vide gli altri che correvano e si rincorrevano. Tentò anche lui, ma
non poté muoversi.
Quando lo stalliere venne a spazzolare i puledri, il cavallo a dondolo volle lo
stesso trattamento. Ma, quando anche lui fu lavato, si accorse che il manto di
legno aveva perso il suo bel colore. Il giorno dopo, Olta ripassò dal campo
perché aveva nostalgia del suo cavallo.
“Se mi vuoi bene,” le disse lui, “riportami a casa, dove mi hai insegnato a
dondolare!”
Olta lo baciò
sulla fronte e lo riprese con sé. Il cavallo a dondolo, pieno di graffi e
sbucciature, non luccicava più come una volta e scricchiolava al minimo
movimento. Ma adesso sapeva che ogni suo dondolio cullava un sogno di Olta.
E per lui questo sogno era più bello dei campi verdissimi oltre la staccionata.
19
IL CAVALLO E IL SAGGIO
Si racconta che
il bel cavallo di un saggio un giorno sfondò la porta della stalla e fuggì via.
Ai vicini di casa che andarono da lui per compatirlo rispose con un dolce
sorriso: “Magari è un bene.”
Sei mesi dopo il cavallo fece ritorno insieme a dieci cavalli selvaggi che lo avevano eletto a capo branco. Quando i vicini di casa accorsero a congratularsi con lui, il saggio rispose:
“Magari è un male.”
Il figlio del saggio cercò di domare uno di quei cavalli. Ma il cavallo indomito lo scaraventò per terra. Il giovane si ruppe una gamba e rimase zoppo per tutta la vita.
Il saggio disse
ai vicini venuti a consolarlo: “Magari è un bene.”
Scoppiò la guerra e tutti i ragazzi del villaggio furono costretti ad arruolarsi
nell’esercito, tutti tranne il figlio del saggio, perché era zoppo. STORIA
ZEN
20
IL CAVALLO E L’ASINO
C’era una volta
un uomo che possedeva un asino ed un cavallo. Un giorno, mentre stavano
viaggiando, l’asino si lamentò con il cavallo: “Non ce la faccio più! Prendi un
po’ del mio carico, se non vuoi vedermi morto!”
Ma il cavallo non ne volle sapere. E così l’asino stramazzò e morì. Allora il
padrone passò sul dorso del cavallo tutto il carico ed in più anche la pelle
dell’asino!
Il cavallo non osò rivoltarsi, ma tra sé pensò e disse: “Povero disgraziato! Per aver rifiutato di portare un po’ del peso dell’asino, adesso sono costretto a portarlo tutto e, in più, anche la pelle del somaro!” PINO PELLEGRINO
21
IL CAVALLO ED IL MAIALE
Qualche tempo
fa, un cavallo, preso da una depressione profonda, decise di sdraiarsi a terra
senza volersi più rialzare. Il proprietario, disperato, dopo innumerevoli
tentativi di spronarlo ad alzarsi, chiamò il veterinario. Visitato l’animale,
disse: “Casi così, sono molto gravi; l’unico rimedio è provare per un paio di
giorni a dargli queste pillole: se non reagirà sarà necessario abbatterlo.”
Appena tutti se ne andarono, il maiale, che aveva sentito tutto, corse dal
cavallo: “Alzati, alzati, altrimenti butta male!”
Ma il cavallo
non reagì e girò la testa di lato.
Il secondo giorno il veterinario tornò e somministrò al cavallo nuovamente le
pillole, dicendo poi al proprietario: “Non reagisce: aspettiamo ancora un po’,
ma credo non ci sia alcunché da fare.”
Il maiale che aveva nuovamente sentito tutto, tornò dal cavallo: “Dai, amico!
Devi reagire! Guarda che altrimenti sono guai!”
Ma il cavallo non diede segni di risposta.
Il terzo giorno
il veterinario verificò per l’ennesima volta l’assenza di progressi.
Si allontanò dal cavallo e, rivolto al contadino, disse: “Dammi la carabina: è
ora di abbattere quella povera bestia.”
Il maiale ritornò disperato dal cavallo: “Devi reagire, è l’ultima occasione, ti
prego, stanno per ammazzarti!”
Il cavallo allora si alzò di scatto e cominciò a correre, saltare gli ostacoli
ed accennare passi di danza. Il contadino, vedendo il cavallo tornato in forma,
si sentii felicissimo.
Rivolto al
veterinario gli disse: “Grazie, dottore, grazie! Lei è un medico meraviglioso,
ha compiuto un miracolo!
Dobbiamo assolutamente organizzare una grande festa: su, presto, ammazziamo il
maiale!”
22
IL CIGNO E LA RANA VANITOSA
C’era una
volta, in un verde stagno, una verde ranocchia convinta di essere l’animale più
bello tra tutti gli animali. Tutto il giorno stava a pavoneggiarsi e gonfiava il
petto orgogliosa del suo aspetto. Un giorno nello stagno le si avvicinò un
cigno, dal collo lungo e dalle piume candide come la neve. La rana impertinente
gli disse: “Spostati! Che mi fai ombra e non riesco a vedere la mia suprema
bellezza riflessa nello stagno!”
Il cigno, un po’ perplesso si spostò un po’ più in là e si mise ad osservare
cosa facesse la ranocchia. Questa stava tutto il tempo a rimirare la sua
immagine riflessa nell’acqua e a dire:
“Sono bella, sono bellissima, sono la più bella creatura del creato, e sono
verde, verdissima, la più verde delle creature e guarda come si gonfia il mio
petto!”
Il cigno davvero incredulo le si avvicinò un’altra volta e le chiese con molta cortesia:
“Scusami rana,
ma credo che tu stia un pochino esagerando; certo sei bella tra le rane, ma di
sicuro non sei la più bella tra le creature del creato.”
La rana indispettita sfidò il cigno: “Credi questo? Pensi di essere più bello di
me?
Allora faremo una gara di bellezza e vedremo chi è il più bello tra noi due!”
Il cigno cercò in ogni modo di rifiutare, persino chiese scusa alla rana, certo
non intendeva offenderla, ma tanto insistette la creatura vanitosa che al fine
il cigno cedette.
Così chiamarono a raccolta tutti gli animali dello stagno e d iniziarono ad
interrogarli:
“Chi è il più bello tra noi due?”
Naturalmente
tutti dicevano che più bello era il cigno, ma la rana non potendo accettare la
sconfitta continuava a gonfiare il petto, credendo di apparire più bella.
Si gonfiò tanto, ma tanto che alla fine esplose!
Il cigno che era buono e che mai avrebbe voluto concludere a quel modo la gara
decise allora di seppellire il povero animale straziato e sulla sua tomba
scrisse:
“Qui giace la rana più bella che io abbia mai visto.” BRUNO FERRERO
23
IL CONTADINO AVIDO
Un contadino
possedeva un misero campicello, nel quale produceva un raccolto magro e
stentato! Non c’era giorno che, moglie e figli, non gli rinfacciassero la sua
pochezza.
Un giorno, finalmente, ebbe un insperato colpo di fortuna. Mentre era intento a
sgobbare nel suo campicello, vide sulla strada un cavallo imbizzarrito che stava
per rovesciare il calesse di un gran possidente della zona e, coraggiosamente,
lo bloccò.
Il ricco
proprietario terriero, per sdebitarsi, gli disse: “Ti regalerò tutta la terra
che riuscirai a contornare camminando dall’alba al tramonto! L’unica condizione
è che ti dovrai trovare al tramonto nel punto esatto da cui eri partito al
mattino!”
Il contadino fu sopraffatto della gioia: “Ho chiuso con i giorni degli stenti e
della miseria!
Avrò tanta terra e sarò ricco!”
Il mattino dopo fissò il punto di partenza sull’alto di una collinetta verde e
cominciò a camminare allegramente, senza fretta, con un passo tranquillo.
“Qui costruirò
la mia fattoria. Quello è il posto adatto ad una stalla. In questa bella piana
coltiverò frumento e laggiù seminerò legumi e patate!”
Camminando però, gli venne in mente che quella era la sua unica occasione e
cominciò a correre. Il sole stava rapidamente percorrendo il suo cammino in
cielo. Più terra avrebbe inglobato nel suo possedimento più sarebbe stato ricco.
Era al limite della resistenza ma c’erano ancora un laghetto, un prato verde e
un bosco folto. Il sole declinava sull’orizzonte.
Accelerò il ritmo della corsa. Sudato, ansante e allo stremo delle forze giunse
al traguardo.
Crollò esausto! Il suo cuore cessò di battere per lo sforzo eccessivo nell’istante in cui il sole tramontava. Ora possiede tutto il terreno che gli serve: il piccolo lembo di terra in cui è sepolto!
24
IL CONTADINO ED IL DIAVOLO SCIOCCO
C’era una volta
un contadino così povero che non aveva neanche un pezzo di terra tutto suo.
Un bel giorno trovò un campo abbandonato, lo arò ben bene e cominciò a seminare
il grano.
Quel campo apparteneva al diavolo, che era uno sciocco ma si credeva furbo.
Il diavolo andò dal contadino e gli disse: “Semina pure il campo, ma a una
condizione: faremo due parti con il raccolto. Tu prenderai quello che esce fuori
dalla terra e io prenderò ciò che rimane sottoterra.”
“Non ho nulla in contrario!” rispose il contadino.
Passò del tempo
e il diavolo vedendo che il contadino sudava e lavorava la terra, lo prendeva in
giro. “Lavora sciocco, che io raccoglierò il frutto delle tue fatiche!” gli
diceva.
Giunse il tempo della mietitura. Il contadino tagliò il grano, raccolse le
spighe in fasci e da esse ottenne cento sacchi di grano colmi colmi. Il diavolo
invece raccoglieva quello che era rimasto interrato: solo radici!
Al mercato il grano del contadino fu pagato molto bene, mentre il diavolo fu
preso a calci:
quando mai si erano vendute quelle radici?
“Mi hai imbrogliato!” urlò il diavolo infuriato.
“Io ti ho
imbrogliato?” ribatté il contadino “Io ho rispettato il contratto che mi hai
imposto:
io il sopra e tu il sotto!”
“Bene bene,” disse il diavolo “non ne parliamo più. Però dal prossimo raccolto
io prenderò ciò che sbuca fuori e tu ti terrai quello che c’è sotto!” Anche
questa volta il contadino arò e lavorò ben bene la terra, ma invece di grano
piantò patate. Il diavolo lo guardava faticare e, come la prima volta rideva di
lui. Quando le patate furono cresciute e pronte per la raccolta, il diavolo
prese le pianticelle che sbucavano fuori dalla terra, mentre il contadino gli
andava dietro estraendo dalla terra tante patate grosse grosse.
Tutti e due poi andarono al mercato a vendere i loro prodotti.
“Patate!
Patate! Belle patate!” gridava il contadino al mercato e la gente si affollava
intorno a lui perché tutti volevano comprarne.
“Foglie! Foglie! Belle foglie verdi!” gridava il diavolo, ma la gente, invece di
avvicinarsi, si faceva beffe di lui.
Il diavolo si arrabbiò tanto che finì per essere preso a bastonate dalla gente e
dovette fuggire per sempre. Il contadino rimase padrone del campo e visse allora
felice e contento.
25
IL CONTADINO E LA TRAPPOLA PER TOPI
Un topo stava
guardando attraverso un buco nella parete, spiando quello che il contadino e sua
moglie stavano facendo. Avevano appena ricevuto un pacco e lo stavano scartando
tutti contenti.
“Sicuramente conterrà del cibo!” pensò il topo.
Ma quando il pacco fu aperto il piccolo roditore rimase senza fiato. Quella che
il contadino teneva in mano non era roba da mangiare, era una trappola per topi!
Spaventato, il
topo cominciò a correre per la fattoria gridando: “State attenti! C’è una
trappola per topi in casa! C’è una trappola per topi in casa!”
La gallina, che stava scavando per terra alla ricerca di semi e vermetti, alzò
la testa e disse:
“Mi scusi, signor Topo, capisco che questo può costituire per lei un grande
problema, ma una trappola per topi non mi riguarda assolutamente. Sinceramente
non mi sento coinvolta nella sua paura.”
E, detto questo, si rimise al lavoro per procurarsi il pranzo.
Il topo
continuò a correre gridando: “State tutti attenti! C’è una trappola per topi in
casa! C’è una trappola per topi in casa!”
Casualmente incontrò il maiale che gli disse con aria accattivante: “Sono
veramente dispiaciuto per lei, signor Topo, veramente dispiaciuto, mi creda, ma
non c’è assolutamente nulla che io possa fare.”
Ma il topo aveva già ripreso a correre verso la stalla dove una placida mucca
ruminava, sonnecchiando, il suo fieno. “Una trappola per topi?” gli disse “E lei
crede che costituisca per me un grave pericolo?” Fece una risata e riprese a
mangiare tranquillamente.
Il topo, triste
e sconsolato, ritornò alla sua tana preparandosi a dover affrontare la trappola
tutto da solo.
Proprio quella notte, in tutta la casa si sentì un fortissimo rumore, proprio il
suono della trappola che aveva catturato la sua preda. La moglie del contadino
schizzò fuori dal letto per vedere cosa c’era nella trappola ma, a causa
dell’oscurità, non si accorse che nella trappola era stato preso un grosso
serpente velenoso. Il serpente la morse.
Subito il contadino, svegliato dalle urla di lei, la caricò sulla macchina e la
portò all’ospedale dove venne sottoposta alle prime cure.
Quando ritornò a casa, qualche giorno dopo, stava meglio ma aveva la febbre
alta.
Ora tutti sanno
che, quando uno ha la febbre non c’è niente di meglio che un buon brodo di
gallina. E così il contadino andò nel pollaio e uccise la gallina trasformandola
nell’ingrediente principale del suo brodo. La donna non si ristabiliva e la
notizia del suo stato si diffuse presso i parenti che la vennero a trovare e a
farle compagnia. Allora il contadino pensò che, per dare da mangiare a tutti,
avrebbe fatto meglio a macellare il suo maiale. E così fece.
Finalmente la donna guarì e il marito, pieno di gioia, organizzò una grande
festa a base di vino novello e bistecche cotte sul barbecue. Inutile dire quale
animale fornì la materia prima.
La prossima volta che sentirete qualcuno che si trova davanti ad un problema e
penserete che in fin dei conti la cosa non vi riguarda, ricordatevi che, quando
c’è una trappola per topi in casa tutta la fattoria è in pericolo.
26
IL CONTADINO ED IL POETA
Un contadino
stanco della solita routine quotidiana, tra campi e duro lavoro, decise di
vendere la sua tenuta. Dovendo scrivere il cartello per la vendita decise di
chiedere aiuto al suo vicino che possedeva delle doti poetiche innate. Il
romantico vicino accettò volentieri e scrisse per lui un cartello che diceva:
“Vendo un pezzettino di cielo, adornato da bellissimi fiori e verdi alberi, con
un fiume, dall’acqua così pura e dal colore più cristallino, più bello di quelli
che abbiate mai visto fino ad ora.”
Fatto ciò, il poeta dovette assentarsi per un po’ di tempo, al suo rientro però,
decise di andare a conoscere il suo nuovo vicino. La sua sorpresa fu immensa nel
vedere il solito contadino,
impegnato nei suoi lavori agricoli. Il poeta domandò quindi: “Amico non sei andato via dalla tenuta?”
Il contadino rispose sorridendo: “No, mio caro vicino, dopo aver letto il cartello che avevi scritto, ho capito che possedevo il pezzo più bello della terra e che non ne avrei trovato un altro migliore.”
Non aspettare che arrivi un poeta per farti un cartello che ti dica quanto è meravigliosa la tua vita, la tua casa, la tua famiglia e tutto ciò che possiedi…
27
IL CUORE PIÙ BELLO DEL MONDO
C’era una volta
un giovane in mezzo a una piazza gremita di persone che diceva di avere il cuore
più bello del mondo. Tutti quanti glielo ammiravano, era davvero perfetto, senza
alcun minimo difetto. Erano tutti concordi nell’ammettere che quello era proprio
il cuore più bello che avessero mai visto in vita loro, e più lo dicevano più il
giovane si vantava di quel suo cuore meraviglioso. All’improvviso spuntò fuori
dal nulla un vecchio, che emergendo dalla folla disse:
“Beh, a dire il vero… il tuo cuore è molto meno bello del mio!”
Quando lo mostrò, aveva puntati addosso gli occhi di tutti. Certo, quel cuore
batteva forte, ma era ricoperto di cicatrici. C’erano zone dalle quali erano
stati asportati dei pezzi e rimpiazzati con altri, ma non combaciavano bene,
così il cuore risultava tutto bitorzoluto ed era anche pieno di grossi buchi
dove mancavano interi pezzi. Così tutti quanti osservavano il vecchio colmi di
perplessità, domandandosi come potesse affermare che il suo cuore fosse il più
bello.
Il giovane guardò com’era ridotto quel vecchio e scoppiò a ridere: “Starai
scherzando!” disse. “Confronta il tuo cuore col mio, il mio è perfetto, mentre
il tuo è un rattoppo di ferite e lacrime.”
“E’ vero!” ammise il vecchio.
“Il tuo ha un
aspetto assolutamente perfetto, ma non farei mai cambio col mio. Vedi, nel mio
ciascuna ferita rappresenta una persona alla quale ho donato il mio amore, alla
quale ho dato un pezzo del mio cuore, e spesso, ne ho ricevuto in cambio un
pezzo del loro a colmare il vuoto lasciato nel mio cuore. Ma certo ciò che dai
non è mai esattamente uguale a ciò che ricevi e così ho qualche bitorzolo, a cui
però sono affezionato, ciascuno mi ricorda l’amore che ho condiviso. Altre volte
invece ho dato via pezzi del mio cuore a persone che non mi hanno corrisposto e
questo ti spiega le voragini.
Amare è rischioso ma per quanto dolorose siano queste voragini che rimangono
aperte nel mio cuore, mi ricordano sempre l’amore che ho provato anche per
queste persone. E chissà! Forse un giorno ritorneranno e magari colmeranno lo
spazio che ho riservato per loro. Comprendi adesso che cosa sia il vero amore?”
Il giovane era
rimasto senza parole e lacrime copiose gli rigavano il volto. Allora prese un
pezzo del proprio cuore, andò incontro al vecchio, e gliel’offrì con le mani che
gli tremavano.
Il vecchio lo accettò, lo mise nel suo cuore, poi ne prese un pezzo rattoppato e
con esso colmò la ferita rimasta aperta nel cuore del giovane.
Ci entrava ma non combaciava perfettamente, faceva un piccolo bitorzolo.
Poi il vecchio aggiunse: “Se la nota musicale dicesse che non è la nota che fa
la musica…
Non ci sarebbero le sinfonie.
Se la parola dicesse che non è una parola che può fare una pagina… Non ci
sarebbero i libri.
Se la pietra dicesse che non è una pietra che può alzare un muro…Non ci
sarebbero case.
Se la goccia
d’acqua dicesse che non è una goccia d’acqua che può fare un fiume… Non ci
sarebbero gli oceani.
Se l’uomo dicesse che non è un gesto d’amore che può rendere felici e cambiare
il destino del mondo… Non ci sarebbero mai né giustizia, né pace, né felicità
sulla terra per gli uomini!”
Dopo aver ascoltato, il giovane guardò il suo cuore, che non era più “il cuore
più bello del mondo”, eppure lo trovava più meraviglioso che mai perché l’amore
del vecchio ora scorreva dentro di lui.
Ogni persona con il suo cuore, con i suoi bitorzoli, con i suoi vuoti e con
tutto ciò che nel corso degli anni si è donato e si è ricevuto.
Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota, come il libro ha bisogno di ogni
parola, come la casa ha bisogno di ogni pietra, come l’oceano ha bisogno di ogni
goccia d’acqua, così il mondo ha bisogno di NOI, ha bisogno del nostro amore,
perché siamo unici ed insostituibili.
28
L'IMITAZIONE
In un centro di raccolta per barboni, un alcolizzato di nome Giovanni, considerato un ubriacone irrecuperabile, fu colpito dalla generosità dei volontari del centro e cambiò completamente. Divenne la persona più servizievole che i collaboratori e i frequentatori del centro avessero mai conosciuto. Giorno e notte, Giovanni si dava da fare instancabile.
Nessun lavoro era troppo umile per lui. Sia che si trattasse di ripulire una stanza in cui qualche alcolizzato si era sentito male, o di strofinare i gabinetti insudiciati, Giovanni faceva quanto gli veniva chiesto col sorriso sulle labbra e con apparente gratitudine, perché aveva la possibilità di essere d'aiuto. Si poteva contare su di lui quando c'era da dare da mangiare a uomini sfiniti dalla debolezza, o quando bisognava spogliare e mettere a letto persone incapaci di farcela da sole.
Una sera, il cappellano del centro parlava alla solita folla seduta in silenzio nella sala e sottolineava la necessità di chiedere a Dio di cambiare. Improvvisamente un uomo si alzò, percorse il corridoio fino all'altare, si buttò in ginocchio e cominciò a gridare: "Oh Dio! Fammi diventare come Giovanni! Fammi diventare come Giovanni!". Il cappellano si chinò verso di lui e gli disse: "Figliolo, credo che sarebbe meglio chiedere: Fammi diventare come Gesù!". L'uomo guardò il cappellano con aria interrogativa e gli chiese: "Perché, Gesù è come Giovanni?".
29
L'ANGELO E LA FAVOLA
Degli angeli che calarono a frotte dal più alto dei cieli a cantare il “Gloria” sulla capanna dove nacque Gesù Bambino, uno si perse. Era un angelo distratto, sempre assorto nei suoi pensieri. Fu così che, quando scese sulla terra in quella notte fatale, l’angelo favolista vide, poco discosto da Betlemme, un gruppo di ragazzini che, dopo aver anch’essi fatto visita a Gesù, se ne tornavano a casa. Quale magnifica occasione. Sceso accanto a loro in veste di pellegrino dalla barba bianca, incominciò uno dei suoi racconti. Ed era l’alba quando i bambini furono costretti dalle grida delle mamme a tornare a casa, con la fantasia ed il cuore accesi da decine di meravigliose fiabe che l’anziano pellegrino aveva raccontato loro.
Il sole stava sorgendo e per Gesù iniziava la prima giornata terrestre. L’angelo pellegrino era in ritardo, molto in ritardo. E per di più non ricordava più, assolutamente, come si facesse a ridiventare angelo: una formula? ma quali parole? un pensiero chiave? ma quale?
L’unica soluzione era andare da Gesù, chiedergli scusa e raccontargli tutto. Ma Gesù ora non era che un bimbetto in fasce, un bimbo di donna. E il Bimbo e la Donna, alle parole del pellegrino, non seppero proprio cosa rispondere: il Bimbo perché sorrideva soltanto e non sapeva ancora parlare; la Donna perché non conosceva che il Mistero che portava stretto al petto.
Fu così che l’angelo—pellegrino cominciò il suo girovagare terreno. E tanto gli piacque narrar favole ai bambini di quaggiù che il Signore, quando fu tornato nei Cieli e lo vide attorniato da bambini con gli occhi spalancati e la bocca aperta per la meraviglia, ce lo lasciò.
Ancor oggi di tanto in tanto appare. È talmente invecchiato che la sua veste umana gli si è logorata completamente. Ma ben lo conoscono le mamme, quando suggerisce loro le più belle favole; ben lo conoscono i poeti, quando sussurra al loro cuore i versi più ricchi di fantasia e di colore; ed anche qualche prete, quando sente nel cuore un certo pizzicorino che lo spinge a dire — finalmente — cose meravigliose. Ma tutti lo conosceremo, se saremo stati buoni, nel momento del nostro volo verso il cielo.
Quel momento buio sarà illuminato dalla Favola più bella ch’egli solo sa raccontare così bene perché così bene egli solo la conosce.
Ci ricorderemo d’invocarlo, almeno allora? PIERO GRIBAUDI
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IL GIOVANE ED IL VECCHIO
Un uomo di 75
anni viaggiava in treno leggendo un libro durante il tragitto. Al suo fianco
viaggiava un giovane universitario che leggeva anche lui un voluminoso libro di
scienze.
Improvvisamente, il giovane capì che il libro che stava leggendo il vecchio era
una Bibbia e, senza troppe cerimonie, gli chiese: “Credi ancora in quel libro
pieno di favole e storie?
“Sì, certo!” rispose il vecchio, “Ma questo non è un libro di fiabe, né delle
favole, è la Parola di Dio! Voi pensate che mi stia sbagliando nel farlo?”
Il giovane
rispose: “Certo che ha torto… Penso che lei, signore, dovrebbe dedicarsi allo
studio della scienza e della storia del mondo!” Dovreste vedere come la
rivoluzione francese, avvenuta più di cento anni fa, ha mostrato la miopia, la
stupidità e le bugie della religione.
Solo persone senza cultura o fanatici, credono ancora in queste sciocchezze.
Dovreste sapere un po’ di più cosa dicono gli scienziati di queste cose!”
Il signore
anziano con molta calma gli disse: “E dimmi, giovane. È questo che dicono i
nostri scienziati della Bibbia?”
Il giovane gli rispose: “Guarda, dovrei scendere alla prossima stazione, non ho
tempo di spiegarti, ma lasciami il tuo nome con il tuo indirizzo, così posso
inviarti del materiale scientifico per posta, in modo da illuminarti un po’
sulle questioni che contano davvero per il mondo!”
Il vecchio allora, con molta pazienza, aprì con cura la tasca del cappotto e
diede al giovane universitario il suo biglietto da visita…
Il giovane prese il biglietto, e leggendo chi fosse la persona con cui aveva
interloquito, uscì con la testa bassa e gli occhi persi, sentendosi peggio di
un’ebete!
Sulla carta c’era scritto:
Professor
Dottor Louis Pasteur,
Direttore generale dell’Istituto nazionale di ricerca scientifica
dell’Università nazionale francese.
31
IL GRANDE GUERRIERO E LA MONETA
Un grande
guerriero giapponese alla testa di un esercito di numero molto inferiore a
quello del nemico, decise di attaccare nonostante i suoi soldati fossero
dubbiosi sull’esito positivo della battaglia. Si fermò durante la marcia davanti
a un tempio scintoista e dopo aver visitato il tempio disse ai suoi uomini:
“Lancerò una moneta e se esce testa, vinceremo, se esce croce perderemo. Siamo
nelle mani del destino!”
Pregò in silenzio, poi gettò la moneta e venne “Testa!” I suoi soldati fiduciosi
si lanciarono in battaglia e vinsero senza difficoltà.
“Nessuno può
cambiare il destino!” disse uno dei suoi soldati.
“No, davvero!” rispose il grande guerriero, mostrandogli una moneta con la testa
su entrambe le facce. STORIA ZEN