BREVIARIO

 
     
     

OTTOBRE

 

1

SENTIRSI COLLABORATORI DI DIO

 Prometeo volle rubare il fuoco agli dèi, e, col fuoco, una scintilla del loro smisurato potere. E ci riuscì. È vero che la pagò cara, perché Giove, una volta accortosi del furto, lo fece incatenare su una roccia del Caucaso. Ma nella fantasia popolare e rimasto come il simbolo della fierezza e dell'audacia. L'eroe glorioso della stirpe umana. Il promotore inquieto delle rivendicazioni terrene, che ha saputo contrastare con successo l'egemonia dei signori del cielo. Prometeo, insomma, è passato nell'immaginario della gente come colui che ha avuto il coraggio di sottrarre agli dèi il segreto di una insopportabile onnipotenza obbligandoli, in un certo senso, a fare i conti con i miseri mortali.

Basterebbe questa leggenda mitologica per misurare l'abissale contrasto che divide la concezione pagana dal messaggio biblico. Anzi, tra le verità più splendide della fede cristiana, non ce n'è una che emerga come questa: il nostro Dio non soffre di gelosia.
Non considera l'uomo come suo rivale. Ma come partner che collabora con lui nel cantiere sempre aperto della creazione. Come socio, cioè, dì pari dignità, nella sua cooperativa di lavoro. Non si macera nel timore che l'uomo un giorno o l'altro debba truffargli i brevetti delle sue invenzioni. Ma gli concede i poteri delegati su tutte le ricchezze dell'universo.
Non nasconde i suoi segreti nella cassaforte del mistero. Ma li squaderna sotto gli occhi dell'uomo. Perché non ne teme la concorrenza, anzi, ne sollecita la collaborazione.
«Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani» (Sal 8,7).
Se non sapessimo che è il versetto di un Salmo altamente lirico, ci sembrerebbe la stesura di un verbale di consegna. O forse, meglio, ci parrebbe il passaggio solenne di un rogito notarile con cui si prende ufficialmente atto dell'incoronazione dell'uomo a viceré dell'universo.
In realtà con queste parole bibliche veniamo messi a conoscenza, come se ce ne fosse ancora bisogno, dei nostri diritti regali su tutto il creato. La qual cosa non può non accentuare la dimensione strettamente personale del nostro rapporto con Dio.  DON TONINO BELLO

 

2

ADOZIONI

"Ascoltatemi ancora, si dice infatti che dalla bocca dei bambini viene la verità:
se sono un bambino, sfuggito dal carnaio notturno, trattenuto da un filo d'amore lanciato da chissà dove.
Se sono un bambino caduto dal nido, abbandonato da padre e madre, rapiti o mortalmente feriti alle sbarre della loro gabbia.
Se sono un bambino nudo, senza panni d'amore, o con panni imprestati, ma col diritto di vivere, perché sono vivo.
E se nello stesso istante persone innamorate piangono davanti a una culla vuota, consumandosi nel desiderio di accarezzare un bambino.
Se sono ricchi d'amore che ritengono sprecato, e vogliono gratuitamente donarlo, perché cresca e fiorisca ciò che non hanno piantato.
Allora voglio che vengano silenziosamente a chiedermi se io desidero adottarli come miei genitori del cuore. Ma non voglio dei fanatici del bambino, come collezionisti d'arte che cercano febbrilmente il pezzo raro che manca alla loro vetrina. Non voglio clienti che hanno fatto l'ordinazione e, pagata la fattura, reclamano il loro bebè prefabbricato. Perché non sono fatto per salvare genitori dalle membra amputate, ma loro sono stati fatti, misterioso percorso, magnifico progetto, per salvare dei bambini dal cuore malato, forse anche condannato.
E sarà come addormentarci l'un l'altro.
Io berrò il latte di cui ignoravo il sapore, ascolterò musiche sconosciute, imparerò nuove canzoni sulle vostre dita, sulle vostre labbra genitori adottati, decifrerò lentamente l'alfabeto della tenerezza. E l'amore sconosciuto per me prenderà volto alla luce dei vostri occhi.
Voi innesterete le vostre vite sulla mia crescita selvatica e grazie a voi io rinascerò una seconda volta. Così sarò ricco di quattro genitori, due lo saranno della mia carne e due del mio cuore e della mia carne cresciuta.
Voi non giudicherete i miei genitori sconosciuti, li ringrazierete e mi aiuterete a rispettarli.
Perché dovrò riuscire lo so, ad amarli nell'ombra, se un giorno vorrò poterli amare nella luce.
E se in una sera di tempesta, adolescente focoso, impacciato di me stesso, io vi rimprovererò di avermi accolto, non vi addolorate, ma amatemi ancor di più: lo sapete, perché un innesto prenda ci vuole una ferita e, chiusa la ferita, rimane la cicatrice.
Ma io sogno. Io sogno perché non sono che un bambino in viaggio, lontano dalla terra ferma, la mia parola è muta e il mio canto senza musica.
Ciò che vi dico piano non potrò dirlo ad alta voce, se non il giorno in cui, avendomi voi adottato, mi avrete messo in cuore tanto amore e autentica libertà, sulle mie labbra parole sufficienti, perché possa dire: papà, mamma, io vi scelgo e vi adotto allora saprete che il vostro amore è dono, e che è riuscito"      MICHEL QUOIST

 

3

IN CONTATTO

 Buon Dio, ti ringrazio per questo nuovo giorno.

Non mi sento ancora del tutto sveglio per affrontare tutto ciò che mi sarà richiesto di fare oggi.

Confido però che tu stenda su di me la tua mano protettrice e mi dia lo slancio necessario

per il nuovo giorno.

Restami vicino, oggi, affinché compia i passi giusti.

Affinché capisca che cosa mi è d’aiuto oggi e come posso impegnarmi per la vita.

Aprimi la vita.

Fammi entrare in contatto con la vita, con me stesso, ma anche con le persone che incontro.

Togli il velo che talvolta copre la mia vita, facendomi vegetare.

Voglio vivere da sveglio, con tutti i sensi.

Voglio gustare la bellezza della vita.

Voglio contribuire a far sì che per i miei amici oggi sia un giorno più bello, colorato e allegro.

Benedicimi, perché oggi possa essere una benedizione per gli altri.    ANSELM GRÜN

 

4

SIA DOLCE IL NOSTRO AUTUNNO

Signore, che il nostro autunno sia dolce e remissivo,
come di alberi che cedono le foglie, dolcemente, alla terra;
e restano in attesa dell'estate:
la grande estate senza fine della tua gloria, della tua luce, del tuo amore.
Come un fuoco acceso
con pannocchie di grano,
che nessun vento può spegnere.   ADRIANA ZARRI

 

5

LA SOFFERENZA E LA CROCE DI GESU'

Vittima del suo amore, nel vero senso della parola, Gesù sulla croce dice al padre Suo: "Nelle tue mani rimetto l'anima mia", la sua anima carica di questa tragica messe: i peccati degli uomini: ecco Padre, ne prendo la responsabilità e per essi Te ne domando perdono, "cancellali", le sofferenze degli uomini con le mie sofferenza, la loro morte e la mia morte, Te li offro in "penitenza" e il Padre Gli ha ridato la VITA: ecco il mistero della Redenzione.
La madre accetta di soffrire i dolori del parto, perché dalla sua sofferenza deve nascere la vita.
Ma ciò che è odioso per l'uomo, ciò che egli non può sopportare, è di soffrire per nulla.
Se vuoi che le tue sofferenze e quelle del mondo siano "recuperate" e siano utili, devi guardare, incontrare e unirti a Gesù Cristo sulla croce.
Per mezzo di Gesù Cristo Redentore, la sofferenza inutile, assurda, odiosa, diventa materia prima di redenzione. Non è la sofferenza in se stessa che riscatta, ma l'amore che, in Gesù Cristo, illumina il dono di questa sofferenza.
Non puoi amare la sofferenza, essa rimane un male anche dopo la venuta di Gesù Cristo, ma tu puoi amare l'occasione che essa ti porge per offrire e ricuperare: il tuo mal di testa di oggi,
la stanchezza di tutto il corpo oppresso dalla fatica, la lancinante sofferenza che morde la tua carne e non ti lascia riposare, l'immobilità dolorosa, l'infermità, la sofferenza morale, piccola o grande, passeggera o permanente: lavoro penoso o monotono, impegno sindacale o politico che assorbe o strazia, sensibilità urtata, fallimento dei tuoi sforzi, caduta umiliante...
Tutte le tue sofferenze: il Cristo le ha già sofferte, offerte, il Padre le ha ricevute dalle mani del Figlio Suo come penitenza dei peccati, per mezzo dell'amore di Gesù Cristo esse hanno già riscattato il mondo.
Non ti resta altro che raggiungere il Salvatore nel profondo di ciascuna di esse; guardale in faccia, vedrai che Egli ti dirà di sì e allora: liberamente portale con Lui, liberamente offrile con Lui, liberamente salverai il mondo con Lui.
Tutte le sofferenze dell'Umanità distribuiscono nel tempo la passione di Gesù Cristo.
La Via della Croce passa per tutti i campi di battaglia del mondo, per tutti i tuguri, gli ospedali, gli ambienti di lavoro, le vie della tua città o del tuo villaggio... La via della Croce passa per tutte le strade degli uomini, ma se incontri e segui Gesù Cristo, la Via Crucis ti condurrà alla Resurrezione.
Il Salvatore non ha inventato o scelto la sua croce. Ha preso quella che i Giudei e tutti gli uomini gli hanno messo sulle spalle. Prima di cercare da solo delle penitenze, accetta le sofferenze di ogni giorno. Scegli una croce fatta in serie e non una croce su misura, altrimenti ti crederai più forte e migliore degli altri.
Se poti l'albero per il piacere di tagliarne i rami, Se interri il seme per la gioia di sapere che marcisce, Se percuoti il fanciullo per il piacere di vederlo soffrire, sei un disgraziato e un pericoloso squilibrato, perché la ferita inferta dal potatore è per la bellezza del frutto,
il seme interrato per il turgore della spiga, La punizione del fanciullo perché in lui maturi l'uomo. Allo stesso modo la penitenza cristiana non è mai una sofferenza "per nulla", ma sempre una rinuncia ai frutti selvatici o ai frutti marci per un bel raccolto.
La sofferenza è nel mondo il segno sensibile del peccato.
La sofferenza accettata ed offerta è nel Cristo, il segno sensibile della Redenzione.
Non c'è peccato riscattato senza sofferenza offerta da Gesù Salvatore.
Le tue sofferenze quotidiane, pienamente accettate e offerte al Padre, sono le più efficaci delle tue azioni apostoliche.
Non fare della croce un gingillo, un attrezzo di allenamento sportivo, un accessorio da teatro per farti notare, l'ostacolo deprecato sulla tua strada giornaliera, essa è lo strumento quotidiano di chi vuole, con Gesù Cristo e con amore, salvare l'uomo e il Mondo.
MICHEL QUOIST

 

6

LE CROCI

 Miei cari fratelli,

mi era venuta in mente l’idea di intitolare questa lettera così: “L’Internazionale della Croce”. Ma poi l’ho scartata. 

Prima di tutto, perché poteva apparire solo una bella frase ad effetto. E poi perché temevo che evocasse spettri di chi sa quali contaminazioni. La frase, però, mi sarebbe servita tantissimo per far comprendere una verità fondamentale: che non c’è solo la Croce mia, la sofferenza tua, il dolore di Angela, la tragedia di Franco, l’agonia dei singoli. C’è anche una croce collettiva.

C’è anche una sofferenza comune. C’è anche un dolore di classi. C’è anche una tragedia di popoli. C’è anche un’agonia di gruppi umani ben definiti.

E per poco che uno, da un terrazzo del Calvario, si metta a contemplare il panorama sottostante, gli è dato sentire non solo l’affanno dei malati, il pianto dei delusi, il gemito degli sfortunati che arrancano sui tornanti del Golgota.

Ma gli toccherà giù, alle pendici del colle, Croci enormi che ondeggiano sospinte da folle sterminate di oppressi. Lì c’è la Croce dei paesi del Quarto Mondo condannati allo sterminio per fame. Accanto, avanza la croce sostenuta da una turba, incredibilmente privata dei diritti fondamentali dell’uomo, su cui grava la congiura del silenzio. Più in fondo si intravede il patibolo di intere popolazioni considerate marginali dalle grandi potenze, e destinate cinicamente al genocidio.

Ecco lì la croce dei “desaparecidos”. 

Ecco quella degli abitanti di Haiti. 

Ecco quella dei massacrati del Guatemala. 

Ecco la croce che schiaccia la schiena delle popolazioni afgane. 

Ecco quella trascinata dalle tribù violente dell’Iran. 

Più in là la croce dei dissidenti dell’Est, che copre, con la sua ombra, interminabili campi di concentramento, squallide prigioni e lontanissime terre di esilio. 

Poi sotto gli occhi, ecco la croce delle grandi masse di tutta la Terra discriminate dalle leggi razziali del mercato. 

Condannate dalle centrali del Capitalismo mondiale, a non risollevarsi mai, a rimanere sempre subalterne, a diventare sempre più schiave, sempre più umiliate, sempre più offese.

Miei cari fratelli, non fate lo sbaglio di dire che il vostro Vescovo sta facendo politica solo perchè cerca di distogliervi da un certo “uso intimistico” della Croce, o da una visione “formato personale” della via del Calvario. Non accusatelo d’inquinare l’atmosfera quaresimale con ingredienti poco ascetici sol perché tenta di sottrarvi al consumo troppo domestico della Passione di Gesù. Se è vero che ogni cristiano deve accogliere la sua croce, ma deve anche staccare tutti coloro che vi sono appesi, noi oggi siamo chiamati ad un compito della portata storica senza precedenti: “Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi”.

Pertanto, non solo dobbiamo lasciare “il belvedere” delle nostre competizioni panoramiche e correre in aiuto del fratello che geme sotto la sua croce personale, ma dobbiamo anche individuare con coraggio ed intelligenza, le botteghe dove si fabbricano le croci collettive.

In oscure centrali della terra ci sono dei Cagliostri che con alchimie macabre di potere confezionano per noi croci sintetiche che addossano poi sulle masse sterminate di poveri.

Per noi, oggi, essere fedeli alla Croce di Gesù Cristo, nostro indistruttibile amore, significa disintegrare queste fucine di morte e distruggere tutte le agenzie periferiche di questi arsenali di giustizia planetaria. E forse non c’è bisogno di andare troppo lontano per scovarle. Perchè piccole succursali di queste botteghe, veramente oscure, dove si confezionano croci collettive, esistono anche nelle nostre città.

Con grande Speranza. Vostro.    DON TONINO BELLO

 

7

TI OFFRO

….Signore questa sera ti offro, per tutte le persone che non ti conoscono, o per tutte quelle che non pensano a pregare, questa biancheria candida, più morbida, più vaporosa, questa biancheria che profuma dell’amore delle mamme e di quello delle spose.
Ti offro tutti questi gesti quotidiani che, ripetuti mille volte, intessono nell’ ombra belle vite,
vite meravigliose di umili che sanno che amare significa resistere, ben al di là delle fatiche.
(Risponde il Signore)
“Figliola, te l’ho mai detto?
Te lo dico, e tu dillo ai tuoi fratelli: il Regno dei Cieli assomiglia ad una donna che, per tutta la vita, della biancheria sporca fa biancheria pulita, e non per il potere del detersivo miracoloso,
ma col miracolo dell’amore,
Ogni giorno silenziosamente donato”.   MICHEL QUOIST

 

8

IL MONDO SENZA VOCE

Madre,
la Provvidenza mi ha fatto incontrare una statua nella quale tu resti perfetta e bella
ma tuo figlio è senza testa.
Mi si è consigliato di toglierla dalla vista del pubblico.
Hanno perfino avuto il cattivo gusto di suggerirmi di far scolpire una testa per il bambino.
Non hanno capito, che, in questa statua, ricevevo un simbolo perfetto di Nostra Signora del terzo mondo, di Nostra Signora del mondo senza voce...
Non è forse esattamente così che ho incontrato ad ogni istante tuo figlio e nostro fratello,
il Cristo?
Quando vedo i bambini del mio popolo, atrofizzati, il ventre gonfio, la testa enorme, e molto spesso vuota, arretrata, come se mancasse, incontro il Cristo!...
Conserverò la statua con il bambino deformata come nella vita, come nel nostro mondo, dove l'egoismo genera mostri, dove il ricco è sempre più ricco e il povero sempre più povero,
dove le torture e gli arresti arbitrari continuano, dove la violenza di destra e di sinistra, ferisce la giustizia e impedisce la pace, dove l'uomo continua a decapitare l'uomo. HELDER CAMARA

 

9

AL DI LA' DELLE COSE

Quando partii per il deserto avevo lasciato tutto com'è l'invito di Gesù: situazione, famiglia, denaro, casa. Tutto avevo lasciato meno... le mie idee che avevo su Dio e tenevo ben strette riassunte in qualche grosso libro di teologia che avevo trascinato con me laggiù. E là sulla sabbia continuavo a leggerle, a rileggerle, come se Dio fosse contenuto in un'idea e avendo belle idee su di Lui potessi comunicare con Lui. Il mio maestro di noviziato continuava a dirmi: "Fratel Carlo, lascia stare quei libri. Mettiti povero e nudo davanti all'Eucaristia. Svuotati, disintellettualizzati, cerca di amare...contempla...". Ma io non capivo un bel nulla di ciò che volesse dirmi. Restavo ben ancorato alle mie idee. Per farmi capire, per aiutarmi nello svuotamento mi mandava a lavorare. Mamma mia! Lavorare nell'oasi con un caldo infernale non è facile! Mi sentivo distrutto. Quando tornavo in fraternità non ne potevo più. Mi buttavo sulla stuoia nella cappella davanti al Sacramento con la schiena spezzata e la testa che mi faceva male. Le idee si volatilizzavano come uccelli fuggiti dalla gabbia aperta. Non sapevo più come cominciare a pregare. Arido, vuoto, sfinito: dalla bocca usciva solo qualche lamento. L'unica cosa positiva che provavo e che cominciavo a capire era la solidarietà con i poveri, i veri poveri. Mi sentivo con chi era alla catena di montaggio o schiacciato dal peso del giogo quotidiano. Pensavo alla preghiera di mia madre con cinque figli tra i piedi e ai contadini obbligati a lavorare dodici ore al giorno d'estate. Se per pregare era necessario un po' di riposo, quei poveri non avrebbero mai potuto pregare. La preghiera, quindi, quella preghiera che avevo con abbondanza praticato fino ad allora, era la preghiera dei ricchi, della gente comoda e ben pasciuta, che è padrona del suo tempo, che può disporre del suo orario. Non capivo più niente o, meglio, incominciavo a capire le cose vere. Piangevo! E fu proprio in quello stato di autentica povertà che io dovevo fare la scoperta più importante della mia vita di preghiera. Volete conoscerla?
La preghiera passa per il cuore, non per la testa. Sentii come se una vena si aprisse nel cuore e per la prima volta sperimentai una dimensione nuova dell'unione con Dio. Che avventura straordinaria mi stava capitando. Non dimenticherò mai quell'istante. Ero come un'oliva schiacciata dal torchio. Al di là della "sofferenza", che dolcezza indicibile mi inondava tutta la realtà in cui vivevo. La pace era totale. Il dolore accettato per amore era come una porta che mi aveva fatto transitare al di là delle cose. Ho intuito la stabilità di Dio. Ho sempre pensato, dopo di allora, che quella era la preghiera contemplativa.     CARLO CARRETTO

 

10

GIOVANNI BATTISTA

Un uomo abbandona la vita mondana e si trasforma in eremita. Lontano dal centro delle decisioni politiche della sua epoca, trascorre diversi anni della propria vita tentando di preparare il cammino per il Messia. Si definisce come "Voce di uno che grida nel deserto".

In un primo momento, possiamo pensare che quell'uomo - Giovanni Battista - non abbia avuto alcuna influenza nella sua epoca. Ma la storia ci dimostra esattamente il contrario: la sua presenza fu fondamentale nella vita di Gesù.

Quante volte ci sentiamo come delle voci che gridano nel deserto? Le nostre parole sembrano perdersi nel vento, i nostri gesti apparentemente non destano alcuna reazione. Giovanni persistette. A noi tocca fare la stessa cosa. Le voci che gridano nel deserto sono quelle che scrivono la storia del loro tempo.   PAOLO COLHELO

 

11

RINASCITA

Esiste qualcosa di più grande e più puro rispetto a ciò che la bocca pronuncia.
Il silenzio illumina l’anima, sussurra ai cuori e li unisce.

Il silenzio ci porta lontano da noi stessi, ci fa veleggiare nel firmamento dello spirito, ci avvicina la cielo; ci fa sentire che il corpo è nulla più che una prigione, e questo mondo è un luogo d’esilio.
Se un uomo non nasce una seconda volta, la sua vita rimane come un foglio bianco
nel libro dell’esistenza. Gli affetti del cuore sono come i rami del cedro; se l’albero perde un ramo robusto, soffre, ma non muore. Riversa tutta la vitalità. Nel ramo accanto, perché possa crescere e riempire il posto vuoto,     KALIL GIBRAN

 

12

IL VINO DELLA GIOIA

Se tu bevi quel vino che Dio stesso ti offre, sei nella gioia. Non è detto che tale gioia sia sempre facile, libera dal dolore e dalle lacrime, ma è gioia. Ti può capitare di bere quel vino della volontà di Dio nelle contraddizioni e nelle amarezze della vita, ma senti la gioia. Dio è gioia anche se sei crocifisso. Dio è gioia sempre. Dio è gioia perché sa trasformare l'acqua della nostra povertà nel vino della Risurrezione. E la gioia è la nostra riconoscente risposta. Sì, il discepolo di Gesù deve vivere nella gioia, deve diffondere la gioia, deve "ubriacarsi" di gioia. E questo sarà sempre il suo vero apostolato.

 

13

GRAZIE

 Signore, ti ringrazio perché mi hai messo al mondo: aiutami perché la mia vita possa impegnarla per dare gloria a te e ai miei fratelli.

Ti ringrazio per avermi concesso questo privilegio: perché tra gli operai scelti, tu hai preso proprio me.

Mi hai chiamato per nome perché io collabori con la tua opera di salvezza.

Grazie perché il mio letto di dolore è fontana di carità, è sorgente di amore.

Di amore per te, anche di amore per tutti i fratelli.

Signore, io seguo te più da vicino, in modo più stretto.

Voglio vivere in un legame più forte per poter essere più pronto a darti una mano,

più agile perché i miei piedi che annunciano la pace sui monti possano essere salutati da chi sta a valle.

Concedimi il gaudio di lavorare in comunione e inondami di tristezza ogni volta che, isolandomi dagli altri, pretendo di fare la mia corsa da solo.

Salvami, Signore, dalla presunzione di sapere tutto.

Dall’arroganza di chi non ammette dubbi.

Dalla durezza di chi non tollera i ritardi.

Dal rigore di chi non perdona le debolezze.

Dall’ipocrisia di chi salva i principi e uccide le persone.

Toccami il cuore e rendimi trasparente la vita, perché le parole, quando veicolano la tua,

non suonino false sulle mie labbra.    DON TONINO BELLO

 

14

L'AMORE NON È GIA' FATTO: SI FA

Non è un vestito già confezionato, ma stoffa da tagliare, preparare e cucire.
Non è un appartamento chiavi in mano, ma una casa da concepire, costruire, conservare e, spesso, riparare.
Non è una vetta conquistata, ma scalate appassionanti e cadute dolorose.
Non è un solido ancoraggio nel porto della felicità, ma è un levar l'ancora, è un viaggio in pieno mare.
Non è un sì trionfale che si segna fra i sorrisi e gli applausi, ma è una moltitudine di "sì" che punteggiano la vita, tra una moltitudine di "no" che si cancellano strada facendo.
Non è l'apparizione improvvisa di una nuova vita, perfetta fin dalla nascita, ma sgorgare di sorgente e lungo tragitto di fiume dai molteplici meandri, qualche volte in secca,
altre volte traboccante, ma sempre in cammino verso il mare infinito.  MICHEL QUOIST

 

15

INVECCHIARE

Caro albero, insegnami il segreto per restare giovani.
Albero centenario, mi piace vederti pieno di getti e di germogli come se fossi un adolescente.
Insegnami il segreto di invecchiare così: aperto alla vita, alla giovinezza, ai sogni come chi sa
che gioventù e vecchiaia non sono che gradini verso l'eternità. HELDER CAMARA

 

16

VIVERE DA FRATELLI

Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l’arte di vivere come fratelli.

La vera misura di un uomo non si vede nei suoi momenti di comodità e convenienza bensì tutte quelle volte in cui affronta le controversie e le sfide.   MARTIN LUTHER KING

 

17

IO AMO I BAMBINI

Io amo i bambini, dice Dio. Voglio che rassomigliate loro.
Non amo i vecchi, dice Dio, a meno che siano ancora dei bambini.
Così non voglio che bambini nel mio Regno, è stabilito dall'eternità.
Bambini storpi, bambini gobbi, bambini rugosi, bambini dalla
barba bianca, ogni specie di bimbi che credete, ma bambini, solo bambini.
Non c'è da discutere, è decretato, non v'è posto per gli altri.
Amo i bambini piccoli, dice Dio, perché la Mia immagine in essi non è ancora offuscata.
Non hanno sabotato la Mia somiglianza, sono nuovi, puri, senza cancellatura, senza raschiatura. Così, quando dolcemente Mi chino su loro, Mi ritrovo in essi.
Amo i bambini perché stanno ancora crescendo, perché stanno ancora formandosi.
Sono per strada, sulla strada.
Dai grandi invece, dice Dio, non si può più cavar nulla. Non cresceranno più, non si formeranno più. Sono bloccati. Sono un disastro i grandi, dice Dio, si credono degli arrivati.
Amo i bambini alti, dice Dio, perché stanno ancora lottando, perché commettono ancora peccati.
Non perché li commettono, dice Dio, Mi capite, ma perché sanno di commetterli, e lo dicono, e si sforzano di non commetterli più.
Ma i grandi, dice Dio, non li amo, non hanno mai fatto male ad alcuno, non hanno nulla da rimproverarsi. Non posso perdonare loro nulla, non hanno nulla da farsi perdonare.
È penoso, dice Dio. Penoso perché non è vero.
Ma soprattutto, dice Dio, oh! Soprattutto!  amo i bambini per il loro sguardo. Lì leggo la loro età.
Nel mio Cielo non vi saranno che occhi di cinque anni, perché non conosco nulla di più bello di uno sguardo puro di bimbo.
Non deve stupire, dice Dio. Io abito in essi e Io mi affaccio alle finestre della loro anima.
Quando vi trovate dinanzi a uno sguardo puro, Io vi sorrido attraverso la materia.
Invece, dice Dio, non conosco nulla di più triste di occhi spenti in una figura di bimbo.
Le finestre sono aperte, ma la casa è vuota.
Restano due fori neri, ma non più Luce; due occhi, ma non più sguardo.
E io sto triste alla porta, e ho freddo, attendo e busso. Ho fretta di entrare.
E l'altro è solo: il bimbo. Si ottunde, si irrigidisce, si dissecca, invecchia. Povero vecchio,
dice Dio!
Alleluia, Alleluia, dice Dio, aprite tutti, piccoli vecchi. Il vostro Dio, l'Eterno risorto viene a risuscitare in voi il bimbo! Affrettatevi, è tempo, sono pronto a rifarvi un bel viso di bimbo, un sereno sguardo di bimbo…Infatti Io amo i bambini, dice Dio, e voglio che rassomigliate loro.  MICHEL QUOIST

 

18

LA GRAZIA PER SUPERARE LE PROVE

Il monaco cistercense Marcos García, che vive a Burgos, in Spagna, diceva: «A volte Dio toglie una certa benedizione perché la persona possa comprenderlo al di là dei favori e delle richieste. Egli sa fino a che punto può mettere alla prova un'anima - e non si spinge mai oltre».

«In questi momenti, non dobbiamo mai dire: "Dio mi ha abbandonato". Lui non ci abbandona mai. Siamo noi che, a volte, possiamo abbandonarlo. Se il Signore ci pone di fronte a una grande prova, ci dà sempre anche la grazia sufficiente - più che sufficiente, direi - per superarla».

«Quando ci sentiamo lontani dal suo volto, dobbiamo domandarci: "Siamo in grado di saper approfittare di ciò che egli ha messo nel nostro cammino?"»  PAOLO COLHELO

 

19

RESTITUISCO

Accogli, Signore, l’intera mia libertà. Accetta l’offerta della mia memoria, del mio intelletto, e di ogni mia volontà. Tutto ciò che io sono, ho e possiedo, tu me l’hai dato: tutto io ti restituisco, e mi consegno pienamente alla tua volontà.

Dammi solo il tuo amore, con la tua grazia, e io mi sento ricco abbastanza, e non ti domando altro.

SANT' IGNAZIO DI LOYOLA

 

20

TUTTO

Questa sera, o Signore, ho paura. Ho paura, perché il tuo Vangelo è tremendo. È facile sentirlo annunziare, ma è ben difficile viverlo. Ho paura di sbagliarmi, o Signore. Ho paura di essere soddisfatto della mia piccola vita discreta; ho paura di quello che do, che mi nasconde quello che non dono. Ho paura, o Signore, perché c'è gente più povera di me, meno istruita di me, meno evoluta, meno alloggiata, meno riscaldata, meno pagata, meno nutrita, meno accarezzata, meno amata. Ho paura, o Signore, perché non faccio abbastanza per loro. Non faccio tutto per loro. Bisognerebbe che io dessi tutto, fino a cancellare ogni sofferenza, ogni miseria, ogni peccato dal Mondo. Allora, o Signore, bisognerebbe che io dessi tutto, tutto il mio tempo. Bisognerebbe che io dessi la vita. Eppure, non è vero, Signore, non è vero per tutti, io esagero, bisogna essere ragionevoli.
Figliolo, non v'è che un comandamento, per tutti: "Amerai con TUTTO il cuore, con TUTTA l'anima, con TUTTE le forze".     MICHEL QUOIST

 

21

PENSANDO UN PO' ALLA MORTE

Credo che questo testo si potrà leggere in circa tre minuti. Ebbene, in questo lasso di tempo, moriranno 300 persone e ne nasceranno altre 620.

Forse io impiegherò mezz'ora per scriverlo: sono concentrato sul mio computer, sui libri accanto a me, sulle idee che mi vengono, sulle macchine che passano là fuori.

Tutto sembra assolutamente normale intorno a me. Invece, durante questi trenta minuti, sono morte 3.000 persone, e 6.200 hanno appena visto, per la prima volta, la luce del mondo.

Dove saranno queste migliaia di famiglie che hanno cominciato a piangere per la perdita di qualcuno, o a ridere per l'arrivo di un figlio, di un nipote, di un fratello?

Mi fermo e rifletto: forse molte di queste morti arrivano al termine di una lunga e dolorosa malattia, e certe persone saranno sollevate dall'Angelo che è venuto a prenderle. Inoltre, centinaia di questi bambini che sono appena nati quasi sicuramente saranno abbandonati nel prossimo minuto ed entreranno nelle statistiche di morte prima che io abbia finito questo testo.

Pensate. Ho appena dato uno sguardo a una semplice statistica e tutt'a un tratto inizio ad avvertire il senso di queste perdite e questi incontri, questi sorrisi e queste lacrime. Quanti staranno lasciando questa vita da soli, nelle loro stanze, senza che nessuno si renda conto di ciò che sta accadendo? Quanti nasceranno nascostamente e saranno abbandonati davanti alla porta di qualche ricovero o di qualche convento?

Rifletto: ho già fatto parte della statistica delle nascite e, un giorno, sarò incluso nel numero dei morti. Che bello: io sono pienamente consapevole che morirò. Da quando ho fatto il cammino di Santiago, ho capito che - anche se la vita continua e siamo tutti eterni - un giorno questa esistenza si concluderà.

Le persone pensano molto poco alla morte. Passano la vita preoccupandosi di vere e proprie assurdità, rimandano cose, tralasciano momenti importanti. Non rischiano, perché pensano sia pericoloso. Si lamentano molto, ma diventano codarde quando è il momento di prendere provvedimenti. Vogliono che tutto cambi, ma loro si rifiutano di cambiare.

Se pensassero un po' di più alla morte, non tralascerebbero mai di fare quella telefonata che manca. Sarebbero un po' più folli. Non avrebbero paura della fine di questa incarnazione - perché non si può temere qualcosa che accadrà comunque.

Gli Indios dicono: "Oggi è un giorno buono come qualsiasi altro per lasciare questo mondo". E uno stregone commentò una volta: "Che la morte sia sempre seduta al tuo fianco. Così, quando avrai bisogno di fare qualcosa di importante, essa ti darà la forza e il coraggio necessari".

Spero che tu, lettore, abbia letto fin qui. Sarebbe una stupidaggine spaventarsi per il titolo, perché tutti noi, prima o poi, moriremo. E solo chi accetta questo è pronto per la vita.

PAOLO COLHELO

 

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LE COSE CHE HO IMPARATO DALLA VITA

Ecco alcune delle cose che ho imparato nella vita:

Che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà. E per questo, bisognerà che tu la perdoni.

Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.

Che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.

Che le circostanze e l'ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo responsabili di noi stessi.

Che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi controlleranno te.

Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era necessario fare, affrontandone le conseguenze.

Che la pazienza richiede molta pratica.

Che ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.

Che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.

Che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non significa che non ti ami con tutto sé stesso.

Che non si deve mai dire a un bambino che i sogni sono sciocchezze: sarebbe una tragedia se lo credesse.

Che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno. Nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.

Che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.

Forse Dio vuole che incontriamo un po' di gente sbagliata prima di incontrare quella giusta, così quando finalmente la incontriamo, sapremo come essere riconoscenti per quel regalo.

Quando la porta della felicità si chiude, un'altra si apre, ma tante volte guardiamo così a lungo quella chiusa, che non vediamo quella che è stata aperta per noi.

La miglior specie d'amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico e camminarci insieme, senza dire un parola, e quando vai via senti come se è stata la miglior conversazione mai avuta.

È vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.

Ci vuole solo un minuto per offendere qualcuno, un'ora per piacergli, e un giorno per amarlo, ma ci vuole un vita per dimenticarlo.

Non cercare le apparenze, possono ingannare.

Non cercare la salute, anche quella può affievolirsi.

Cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché ci vuole solo un sorriso per far sembrare brillante un giornataccia.

Trova quello che fa sorridere il tuo cuore. Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!

Sogna ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere, perché hai solo una vita e una possibilità di fare le cose che vuoi fare.

Puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce, difficoltà a sufficienza da renderti forte, dolore abbastanza da renderti umano, speranza sufficiente a renderti felice.

Mettiti sempre nei panni degli altri. Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così.

Le più felici delle persone, non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.

La felicità è ingannevole per quelli che piangono, quelli che fanno male, quelli che hanno provato, solo così possono apprezzare l'importanza delle persone che hanno toccato le loro vite.

Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato, non puoi andare bene nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e i tuoi dolori.

Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano. Vivi la tua vita in modo che, quando morirai, tu sia l'unico che sorride e ognuno intorno a te pianga.  PAOLO COLHELO

 

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COSCIENZA

La vigliaccheria chiede: è sicuro?
L’opportunità chiede: è conveniente?
La vana gloria chiede: è popolare?
Ma la coscienza chiede: è giusto?
Prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare; ma bisogna prenderla, perché è giusta. MARTIN LUTHER KING

 

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SPIRITO DI SCONFINATA APERTURA

 Spirito di Dio, vieni ad aprire sull'infinito le porte del nostro spirito e del nostro cuore. 

Aprile definitivamente e non permettere che noi tentiamo di richiuderle. 
Aprile al mistero di Dio e all'immensità dell'universo.

Apri il nostro intelletto agli stupendi orizzonti della Divina Sapienza.
Apri il nostro modo di pensare perché sia pronto ad accogliere i molteplici punti di vista diversi dai nostri.
Apri la nostra simpatia alla diversità dei temperamenti e delle personalità che ci circondano.
Apri il nostro affetto a tutti quelli che sono privi di amore, a quanti chiedono conforto.
Apri la nostra carità ai problemi del mondo, a tutti i bisogni della umanità.
Apri la nostra mente alla collaborazione con tutti coloro che si adoperano per un medesimo fine.     JEAN GALOT

 

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PIANGERE COME BAMBINI

Dice il maestro: "Se devi piangere, piangi come un bambino. Una volta sei stato un bambino, e una delle prime cose che hai imparato nella vita fu piangere, perché il pianto fa parte della vita. Non dimenticare di essere libero, e che mostrare le tue emozioni non è vergognoso. Urla, singhiozza forte, fai il chiasso che vuoi. Perché così è come piangono bambini, e loro conoscono il modo più veloce per confortare i loro cuori. Hai mai notato come i bambini smettono di piangere? Smettono perché qualcosa li distrae. Qualcosa li chiama alla prossima avventura. I bambini smettono di piangere velocemente. E così sarà per te. Ma solo se riesci a piangere come fanno i bambini".  PAOLO COLHELO

 

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DIO, MANDACI DEI FOLLI

Mandaci, o Dio, dei folli, quelli che si impegnano a fondo, che amano sinceramente, non a parole, e che veramente sanno sacrificarsi sino alla fine.
Abbiamo bisogno di folli che accettino di perdersi per servire Cristo.
Amanti di una vita semplice, alieni da ogni compromesso, decisi a non tradire,
pronti a una abnegazione totale,
capaci di accettare qualsiasi compito,
liberi e sottomessi al tempo stesso, spontanei e tenaci, dolci e forti. MADELEINE DELBREL

 

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NON VIOLENZA

Restituire violenza alla violenza moltiplica la violenza, aggiungendo una più profonda oscurità a una notte ch’è già priva di stelle.
L’oscurità non può allontanare l’odio; solo l’amore può farlo.
Il mio sogno è che i miei quattro bambini possano vivere un giorno in una nazione dove non saranno giudicati dal colore della loro pelle ma dal contenuto del loro carattere.

Con la violenza puoi uccidere colui che odia, ma non uccidi l’odio.
La violenza aumenta l’odio e nient’altro.  MARTIN LUTHER KING

 

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MOMENTI DI DEPRESSIONE

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Improvvisamente un'immensa pesantezza è caduta su di me, e non so dove fuggire. Non ho più voglia di vivere.

Dove sei Signore?

Trascinato senza vita, verso un deserto immobile, soltanto ombre circondano le mie frontiere.

Come posso uscirne?

Pietà di me, mio Dio...

Come una città assediata, mi circondano, mi opprimono, mi soffocano l'angoscia, la tristezza, l'amarezza, l'agonia.

Come si chiama tutto questo?

Nausea? Tedio della vita?

Non ti dimentico, Gesù, Figlio di Dio e servo del Padre, che là, nel Getsemani, il tedio e l'agonia ti oppressero fino a farti versare lacrime e sangue.

Una pesante tristezza di morte inondò la tua anima, come un mare amaro... Ma tutto passò!

Io so, che anche la mia notte passerà.

So che squarcerai queste tenebre, mio Dio,

e domani spunterà la consolazione.

Cadranno le grosse mura e di nuovo potrò respirare.

La mia anima sarà visitata e tornerà a vivere.

Grazie, mio Dio, perché tutto è stato un incubo,

soltanto l'incubo di una notte che è già passata.

Adesso donami pazienza e speranza.

E si compia in me, la Tua volontà, mio Dio. Amen.

IGNACIO LARRAÑAGA

 

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GENTILEZZA

Il monastero sulla sponda del fiume Piedra è circondato da una splendida vegetazione, è una vera oasi all'interno dei campi sterili di quella parte della Spagna. Là, il piccolo fiume diventa una magnifica corrente, e si divide in dozzine di cascate. L'errante sta camminando nei dintorni, ascoltando la musica dell'acqua. Improvvisamente, una grotta - dietro una cascata - cattura la sua attenzione. Studia le rocce, consumate dal tempo, e guarda attentamente le amabili forme create pazientemente dalla natura. E trova un verso di R. Tagore scritto su una placca: "Non è stato un martello a rendere le rocce così perfette, ma l'acqua, con la sua dolcezza, la sua danza e il suo suono". Dove la forza può solo distruggere, la gentilezza può scolpire.  PAOLO COLHELO

 

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LOTTARE CON LA SOFFERENZA

La redenzione non è soltanto lotta e vittoria sul peccato, lo è pure sulla sofferenza e morte che Cristo ha saputo affrontare, prendere su di sé e "dinamizzare", riversandovi il suo amore infinito. Tutto ciò che abbiamo detto sul riconoscere i propri errori e sul farne dono al Padre in Cristo salvatore, non sarebbe valido se non partecipassimo anche noi a quest’altro combattimento, che è poi il secondo aspetto dell’atto unico della nostra salvezza.

Ma prima di accogliere la sofferenza e di offrirla, il cristiano deve lottare contro di essa. È un dovere assoluto.

Altrimenti il cristiano sarebbe quel "rassegnato" che abbiamo risolutamente condannato perché è diametralmente opposto alla dignità radicale dell’uomo voluta da Dio.

Non ripeteremo mai abbastanza che la sofferenza è un male, e che bisogna fare di tutto per ridurre il suo dominio. È questo un aspetto dell’impegno dell’uomo nel creato: il corpo a corpo doloroso e tragico della creatura cosciente con il mondo e l’universo progressivamente conquistati e dominati; lotta individuale e collettiva, dall’azione diretta sulla materia bruta e sulla vita fino all’azione sul mondo e sull’umanità già trasformati.

È il lavoro umano, la tecnica, la scienza, tutte le scienze.

È l’impegno nell’organizzazione politica, economica, sociale dell’umanità.

È la presenza attiva in questo immenso "cantiere di costruzione del mondo" in cui tutti si ritrovano, in cui quelli che soffrono e muoiono sono i soldati caduti in una guerra giusta, e in cui i progressi si acquistano a prezzo di insuccessi parziali, di ferite e di sofferenze, che consentono però la marcia in avanti di tutta l’umanità.

La sofferenza in sé è un male. Non posso ammettere che per tentar di spiegarla, di "trovare delle scuse a Dio", si cerchi di convincersi che è un bene. Credo che sia un’imperfezione e tale rimarrà sempre. Nel "cielo nuovo e terra nuova", non ci saranno più sofferenza né morte. Dio "pianterà la sua tenda tra gli uomini, essi saranno il suo popolo, e Dio sarà per loro il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dei loro occhi, e non ci sarà più né morte, né lutto, né grido di dolore, perché la condizione di prima sarà superata" (Ap 21,34).

Io non credo che Dio "mandi la sofferenza" all’uomo, "per punirlo, o "per il suo bene". Non riesco ad ammettere un Dio-Amore che tortura l’uomo per farlo diventare migliore. La punizione del suo peccato è l’uomo stesso che se la assegna. Sconvolgendo il creato l’uomo infligge a sé stesso e ai suoi fratelli delle pene molto pesanti. Dio non ha bisogno di aggiungerne altre.

Quando un fanciullo nella strada sfugge alla mano di suo papà, corre, cade e si fa male, il padre molto spesso lo raggiunge e lo sculaccia. Questo sovrappiù di sofferenza è inutile per il bambino; il suo capitombolo gli basta, è la sua punizione. Il padre si è adirato, ha perso le staffe. È un’imperfezione. Dio non perde le staffe verso il figlio prodigo, non lo picchia. Al contrario, invece di abbatterlo, lo aiuta a portare la sua sofferenza.

Io non riesco a capire quei cristiani prostrati che nelle loro sofferenze "benedicono la volontà di Dio". Non abbiamo bisogno di rassegnati ma di uomini in piedi che lottano contro la sofferenza e quando questa non vuole cedere – essa che è un male e che un male rimane – la utilizzano, grazie a Gesù Cristo e con lui, per cavarne un bene. Così gli scarti irrecuperabili, gettati nel fuoco diventano colore e luce.

La sofferenza è un male. Una sconfitta. È un segno che l’uomo non è ancora riuscito ad impadronirsi dell’universo ed a svilupparlo per metterlo al servizio di tutti. È anche il segno che l’umanità non è ancora comunità nell’amore finalmente trionfante.

Agli uomini che così spesso vengono a parlarmi delle loro sofferenze non devo in un primo tempo, col pretesto della fede, parlare di offerta. Devo prima di tutto far loro sentire il richiamo alla lotta che risuona nel cuore di ogni dolore. Poi, posso invitarli ad unirsi a Gesù Cristo per soffrire ed offrire con lui. Non è la sofferenza di Gesù Cristo che ha salvato il mondo, ma l’amore col quale ha portato ed offerto questa sofferenza, come non è il legno morto che illumina e riscalda, ma il fuoco che consuma il legno. Solo l’amore genera la vita.

MICHEL QUOIST

 

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COMPRENSIONE

Dobbiamo avere comprensione di questa umanità che va verso un precipizio. Il precipizio della morte, della fine, della perdita di tutti i valori, anche semplicemente umani, del senso della vita; una umanità che ha perduto la ragione di vivere. Noi dobbiamo chiedere per l’umanità il ritorno a Dio. Ma potremmo pregare perché l’umanità si senta bisognosa della misericordia divina se noi, che siamo parte dell’umanità non sentiamo egualmente il bisogno di questa misericordia infinita? Signore, fa che comprendiamo che cosa siamo senza di te, scopri la nostra vergogna; fa che comprendiamo che cosa siamo nella tua luce.  D. BARSOTTI

     
     
 

BREVIARIO