Un sacco di buone notizie
Abbiamo bisogno di buone notizie
“Il solito incidente del sabato sera: al ritorno dalla discoteca una macchina con cinque ragazzi a bordo si è schiantata contro un albero: tutti morti.”
“La ‘Concordia’ per una azzardata e inutile manovra affonda sugli scogli dell’isola del Giglio”.
“L’economia italiana ad un passo dal tracollo”
“Uccide la moglie e i figli dopo una futile discussione”
“Si trasferisce all’estero un'altra fabbrica: in ottocento perdono il posto di lavoro”.
E…. Basta!
E’ vero che al mondo ci sono tante cattive notizie.
E’ vero che non possiamo bendarci gli occhi con la pelle di salame per non vederle…
Ma vorremmo vedere qualcosa di positivo e di positivo sul serio: non solo notiziole del tipo: “A Tizio è andata bene… Caio se l’è cavata”. Vorremmo vedere qualche buona notizia che ci aiuti a trovare senso al nostro vivere…
E qui arriva don Franco ad augurarmi : “Buona Pasqua!”
Ma Pasqua ha ancora la carica di Buona Notizia o non è forse una festa omologata come il Natale, in abitudini , riti, consumi, in fondo, una scadenza nello scorrere monotono di un anno?
Sst… te lo dico sottovoce perché sia più il cuore piuttosto che le orecchie a sentire: Se vuoi Pasqua E’ UNA BOMBA DI BUONA NOTIZIA! Bisogna crederci, bisogna innescarla, bisogna lasciarla esplodere, essa infatti parla di liberazione, di tomba vuota, di vittoria sul peccato e sulla morte, di firma di Dio su Gesù… Ma su questo ci torneremo, per intanto un piccolo avviso: le pagine con la candela sono pagine extra, stelloncini, riflessioni mie o altrui, spunti… usali come vuoi.
In queste piccole paginette troverai argomenti a favore del modo di pensare della Chiesa cattolica. Non aspettarti però “prove” matematiche, chiare e precise che ti costringano a credere. In religione le prove matematiche non hanno senso. Difatti se riuscissimo a provare con sicurezza matematica che Gesù è risorto e oltre ad essere un vero uomo è anche un vero Dio, non avremmo nessun merito a fidarci di Lui, non potremmo avere fede. La fede esige sempre qualcosa di oscuro: non si crede nella luce del sole in un bel giorno d’estate; non si crede perché si vede. Un grande matematico e filosofo francese, Blaise Pascal (1623-1662), diceva che la fede deve essere “saggia e folle”: “saggia” perché vi devono essere dei buoni motivi per credere; “folle” perché questi motivi non devono essere sufficienti per portarci, da soli, a credere. Così qui: abbiamo dei fortissimi indizi a favore della risurrezione e della divinità di Gesù, per cui se crediamo non siamo dei creduloni; però questi indizi non ci costringono a credere: perché ci sia la vera fede ci vuole un salto nel buio, un atto di fiducia in Gesù. E così la fede resta un atto libero e coraggioso; un atto rispettoso dell’uomo. Ed anche bello! Già Platone, un grandissimo filosofo greco (vissuto almeno un 300 anni prima di Cristo), diceva che il rischio è bello! Non è forse bello fidarsi di un amico saggio e buono, di un amico simpatico ed eccezionale come Gesù?
“Se non avessi conosciuto il Cristo, Dio sarebbe stato per me un vocabolo vuoto di senso. Il dio dei filosofi e degli eruditi non avrebbe occupato nessun posto nella mia vita morale. Era necessario che Dio si immergesse nell’umanità e che in un preciso momento della storia, sopra un determinato punto del globo, un essere umano fatto carne e sangue, pronunciasse certe parole, compisse certi atti, perché io mi mettessi in ginocchio”. (Francois Mauriac)
SE GESU’ E’ DIO, E’ BUONA LA NOTIZIA DI UN DIO CHE E’ VENUTO A TROVARMI E SALVARMI.
Sono tante le strade per avvicinarci alla divinità di Gesù. Partiamo da alcune parole che Lui dice:
Gesù sostiene di essere vivo prima ancora che il mondo fosse:
“E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse”. (Gv. 17,5)
dice di essere disceso da cielo:
“Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gv. 6,51)
“Nessuno è mai salito al cielo se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo” (Gv.3,13)
dice di aver visto Dio:
“Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa” (Gv. 3,35)
dichiara:
“Senza di me voi non potete nulla” (Gv. 15,5)
“Chiunque vive e crede in me non morirà in eterno” (Gv. 11,25)
“Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt. 28,18)
promette cose inaudite:
“Chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv. 8,12)
“Io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv. 6,55).
Vanta pretese mai sentite:
“Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli , i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può esser mio discepolo” (Lc. 14,26)
Al colmo dei colmi, Gesù cambia perfino la Sacra Scrittura:
“Avete inteso che fu detto…. Ma io vi dico…”(Mt.5,21ss.)
perdona i peccati:
vedi il racconto del paralitico sceso dal tetto (Mc. 2,1-12)
si identifica al Padre:
“Chi disprezza me disprezza Colui che mi ha mandato” (Lc.10,16)
“Chi ha visto me ha visto il Padre (Gv. 14,9)
“Io sono nel Padre e il Padre è in me”. (Gv. 14,11)
Che dire di queste sbalorditive affermazioni di Gesù? O ci troviamo davanti alle parole di un pazzo, oppure chi dice tali cose nasconde una misteriosa verità. Da che parte propenderemo? Dalla parte della pazzia o del mistero? Se Gesù ci avesse lasciato dei sospetti sulla sua serietà umana, avremmo tutti i diritti per dubitare delle sconcertanti dichiarazioni sulla sua divinità. Ma un Gesù tanto equilibrato, schietto, sincero, intelligente, non può truffarci in affermazioni così decisive sulla sua persona. Non c’è un doppio Cristo: uno serio e credibile quando dice, ad esempio, che l’uomo vale più del sabato (Mc. 2,27) e un altro infingardo quando davanti al sommo sacerdote Caifa che gli fa ufficialmente la domanda: “Ti scongiuro perché ci dica se sei il Figlio di Dio” risponde con solennità: “Tu l’hai detto! Anzi, d’ora in poi vedrete il figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo” (Mt.26,62-64). Uno come Gesù, così innamorato della verità, e così deciso contro ogni forma di ipocrisia (Mt. 23,13-28) non può mentire neanche una sola volta. Ecco dunque un primo forte indizio che ci spinge a dire che Gesù doveva nascondere qualcosa di misterioso in sé.
C’è una seconda spia della divinità di Gesù e sono i suoi gesti straordinari.
Un giorno un lebbroso gli si avvicina e gli chiede la guarigione. Gesù lo tocca e gli ordina di guarire, ed il lebbroso immediatamente guarisce. (Mt. 8,3)
Sempre nello stesso giorno un centurione gli domanda di guarirgli il servo. Gesù lo esaudisce e il servo guarisce senza neanche che Gesù si sia recato a casa dell’ammalato. (Mt. 8,5-13)
Ad un uomo di nome Giairo muore una figlia di appena 12 anni. Gesù le ridà la vita. (Mc. 5,21-23.35-43). La stessa cosa fa quando incontra il funerale del figlio di una povera vedova: dopo aver fatto fermare coloro che portavano il morto, tocca la bara e dice: “Ragazzo, dico a te, alzati!” Il morto si levò a sedere e cominciò a parlare. Ed Egli lo ridiede a sua madre (Lc. 17,11-15)
Muore Lazzaro, il suo amico e lo seppelliscono. Arriva Gesù e ordina: “Togliete la pietra”. Gli dice Marta, la sorella del defunto: “Signore già puzza infatti è di quattro giorni”. Gesù le risponde: “Non ti ho detto che se credi vedrai la gloria di Dio?”. Levarono dunque la pietra. E Gesù a gran voce gridò: “Lazzaro, vieni fuori”. Lazzaro uscì con le mani ed i piedi legati con bende, ed il volto coperto da un velo”. Gesù comandò: “Scioglietelo e lasciatelo andare”. (Gv. 11,1-44)
Una volta una terribile tempesta investe il lago di Tiberiade e mette in pericolo la sua vita e quella dei discepoli. Gesù con una parola placa la tempesta. (Mc. 4,35-41)
Questo, come tanti altri, sono gesti inauditi, straordinari che lasciano esterrefatti. Chi è mai costui che guarisce i malati e risuscita i morti? “Chi è mai costui a cui i venti e il mare obbediscono?” (Mt. 8,27) Può un uomo arrivare a tanto? Quel Gesù non nasconde uno sconfinato mistero?
Ma vi è ancora ben altro che lascia stupiti quando si parla di Gesù. Vi è il suo stile di vita. Gesù viveva sempre al massimo: al massimo della bontà, della generosità. Ovunque passava suscitava un’ondata di freschezza, di serenità, d’entusiasmo. Le sue parole avevano un’energia capace di scuotere menti e cuore. Un giorno vede un esattore delle tasse, un pubblico peccatore esecrato e temuto da tutti. Lo guarda e gli dice semplicemente: “Seguimi!” Quell’uomo lascia tutto e segue Gesù (Mt. 19,9): una parola sola che nascondeva una potenza sovraumana, lo fa partire per un’avventura straordinaria.
Ancora.
Gesù era di una tenerezza infinita. Insegnava che l’amore val più dell’intelligenza. Amava tutto, tranne il peccato. Si lasciava divorare da tutti. Frequentava la gente perduta; la perdonava, restituiva loro dignità. I ciechi vedono, gli zoppi si mettono a saltellare e a correre, i lebbrosi sono guariti, i sordi odono, la gioia e la felicità tornano a brillare sul viso dei poveri. Gli abbandonati, le prostitute, i peccatori sono riammessi nel consorzio umano; le malattie sono curate, la natura non è più una minaccia, i peccatori vengono perdonati, i deboli sono accolti senza essere condannati, la giustizia è proclamata, la verità è annunciata, la sincerità è stimata, le barriere cadono, gli uomini si riuniscono, un soffio d’amore rinfresca la vita, le ossa aride riprendono a vivere. Gesù fu davvero un uomo straordinario. Visse appieno ogni momento della sua vita. Pilato non ha trovato motivo per condannarlo (Mc. 15,14). Uno dei ladroni crocifissi con lui lo ha dovuto ammettere chiaramente: “Noi riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male” (Lc. 23,41). Perfino i demoni lo definivano “Il santo di Dio” e gridavano terrorizzati: “Sei venuto a rovinarci” (Mc. 1,24) Doveva colpire particolarmente quando pregava, se una volta gli apostoli lo scongiurano: “Signore, insegnaci a pregare” (Lc.11,1). Ma Gesù era santo soprattutto perché non voleva far altro che la volontà e gli interessi di Dio. Le prime parole che l’evangelista mette sulla bocca di Gesù ancora ragazzo sono: “Non sapete che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49). E le ultime parole sulla croce sono ancora un’accettazione della volontà divina: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc. 24,46). Fare la volontà di Dio era il suo lavoro, la sua fatica, la sua gioia. L’evangelista Giovanni paragona il desiderio di Gesù di adempiere il volere del Padre al mangiare: “Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato”. (Gv 4,34) Dopo aver esaminato attentamente i vangeli, Karl Adam, un serio studioso di Gesù si domandava: “Chi è mai questo Gesù che prega con tanta santità, che vive con tanta confidenza con Dio, che sa morire con tanta innocenza: Tutte le misure umane non bastano in questo caso”. Ecco ancora un altro segno a favore della divinità di Gesù: è il fatto del come Gesù ci parla di Dio. Gesù ci dà informazioni così dettagliate su Dio da far nascere spontanea la domanda: uno sincero come Gesù può dire tante cose su Dio se Lui stesso non è Dio?
Il Dio di Gesù è il Dio di tutti:
“Fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, fa piovere sopra i giusti e gli ingiusti” (Mt.5,45).
Il Dio di Gesù non fa preferenze di persona. Nella sua casa c’è posto per tutti:
“Quando offri un banchetto invita poveri, storpi, zoppi, ciechi”. (Lc. 14,16-24).
Il Dio di Gesù è un Dio allegro, ama far festa:
“Il regno dei cieli è simile ad un re che fece una festa di nozze per il figlio…” (Mt. 22,1-14)
“Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione” (Lc. 15,7).
“Bisognava far festa e rallegrarsi perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc. 15,23).
Il Dio di Gesù, quando ci facciamo trovare dalla sua misericordia ci evita perfino la fatica del viaggio del ritorno a casa:
“Quando l’ha trovata, pieno di gioia, la carica sulle spalle, va a casa e chiama gli amici e i vicini e dice loro: Rallegratevi con me perché ho ritrovato la mia pecora, quella che si era perduta”. (Lc. 15,6).
Il Dio di Gesù è un Dio vicino: sa ciò di cui abbiamo bisogno:
“Il Padre vostro celeste sa ciò di cui avete bisogno” (Mt. 6,8-32)
Nessuno può essere cancellato dalla sua memoria:
“Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati”. (Mt.10,30)
Ma la cosa più sorprendente è che il Dio di Gesù è un Dio Padre (Mt. 6,9ss). Nessuno aveva mai osato rivolgersi a Dio chiamandolo: “Abbà: padre”. Abbà era il termine casalingo che i bambini giudei usavano per rivolgersi al loro padre, più o meno l’equivalente di “babbo”. A nessuno passava per la mente di usare questa espressione familiare e banale per Dio. Sarebbe stato violare il senso del rispetto verso Jahvè e scandalizzare le persone pie. Eppure Gesù, in tutte le preghiere che sono arrivate fino a noi, si dirige a Dio con questa espressione: “Babbo caro”. Pensate che i Vangeli collocano questa espressione sulle labbra di Gesù per ben 170 volte. Quindi il Dio di Gesù non è un dio meschino o un dio strapotente di cui aver terrore, ma un Dio-Amore. Un Dio che ha pazienza per tutti, sia per il figlio che per una falsa ricerca di libertà è finito a ghiande sia per quello che sta in casa e non ha capito granché del Padre (Lc. 15,11-32), un Dio che ama talmente amare che si mette in cerca anche di un solo bisognoso (Mt. 18,10-14)
Purtroppo nel leggere la carta di identità del Dio di Gesù si corre il rischio di non imparare la grande lezione: se una persona, così seria e credibile come Gesù ci dice tante e tali cose su Dio, non può che essere tutt’uno con Dio!
GESU’ – IO SONO
Quando Dio manda Mosè dal Faraone per liberare il popolo, Mosè gli chiede il nome, cioè l’autorità con cui presentarsi al popolo e al faraone:
“Dio disse a Mosè: Io sono Colui che sono! Dirai agli Israeliti: Io sono mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione”. (Es. 3,14-15)
Ora se noi facciamo scorrere il Vangelo di Giovanni notiamo che Gesù dà spesso l’autodefinizione di sé modellata proprio sull’ Io sono con cui Dio si era presentato nelle steppe del Sinai. Ecco qualche esempio di quelle frasi:
“Io sono il pane che dà la vita”. (6,35)
“Io sono la luce del mondo”. (8,12)
“Io sono: se non credete questo andrete in rovina per i vostri peccati”. (8,24)
“Quando innalzerete il figlio dell’uomo vi accorgerete che Io sono”. (8,28)
“Io ve lo dichiaro solennemente: prima che Abramo nascesse, Io sono”. (8,58)
“Io sono il buon pastore” (10,11)
“Io sono la risurrezione e la vita”. (11,25)
“Ve lo dico ora, prima che accada; così quando accadrà, voi crederete che Io sono”. (13,19)
“Io sono la via, la verità e la vita.” (14,6)
“Io sono la vera vite”. (15,5)
Ma la scena dell’orto degli ulivi è per Giovanni la più significativa dove Gesù unisce all’autodefinizione un gesto di potenza dove sembra quasi che tutti piombino a terra in adorazione. Gesù perciò si proclama uguale a Dio:
“Gesù si fece avanti e disse: Chi cercate? Risposero: Gesù di Nazareth! Egli dichiarò: Io sono. Appena Gesù disse: Io sono, quelli fecero un passo indietro e caddero a terra. Gesù domandò una seconda volta: Chi cercate? Quelli risposero: Gesù di Nazareth! Gesù disse: Vi ho detto che io sono”. (18,4-8).
Ma c’è ancora un ultimo indizio, quello più importante e che ci riguarda da vicino anche per il senso di questa paginette ed è la Firma che Dio mette sull’operato di Gesù facendolo risorgere dai morti. Sulla tomba di Napoleone, di Giulio Cesare e su tutte le altre tombe di illustri o meno illustri uomini si può scrivere: “qui giace”. Gesù scoperchia la tomba e risorge. “E’ risorto, non è qui.”
La risurrezione ci dice che Gesù portava dentro di sé la forza di Dio. Il male si era accanito contro di lui attraverso i poteri religiosi e civili di questa terra, aveva cantato vittoria quando quella pietra frettolosamente aveva chiuso la tomba, ma ora Cristo è vivo più che mai. Cristo è la vita che vince la morte; la Luce che schiaccia le tenebre, la gioia che sconfigge la tristezza. Senza risurrezione non vi sarebbe che delusione. La risurrezione di Cristo è il grande punto fermo del cristianesimo, l’evento da cui dipende la nostra fede. E’ il più grande di tutti i miracoli perché conferma tutti gli altri miracoli. E’ più grande di tutte le parole perché le autentica tutte. Per i discepoli tutto era andato a finire male. Le loro aspettative di un Messia forte, liberatore dal giogo romano, restauratore della vera religione, erano cadute dopo l’arresto, dopo che Gesù non aveva fatto nulla per impedire la propria condanna, per di più erano terrorizzati all’idea che le autorità li rintracciassero e li condannassero a loro volta, a morte. Ma poi venne l’indimenticabile domenica che li avrebbe totalmente cambiati. Fin dagli inizi della vita della chiesa la risurrezione ebbe un posto vitale nel messaggio annunciato dagli apostoli. Nel primo giorno della vita della comunità, Pietro parlò ad una grande folla radunata a Gerusalemme:
“Gesù di Nazareth, voi l’avete crocifisso.
Ora Dio lo ha risuscitato liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere”. (At. 2,13-24).
Paolo, scrivendo ai Corinzi che avevano dei dubbi sulla risurrezione dice:
“Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede.” (1Cor.15,14)
LA PASQUA
La pasqua ebraica e l’Eucaristia cristiana sono intimamente legate. Nella notte della loro liberazione dalla schiavitù di Egitto, ogni famiglia degli Israeliti uccise un agnello senza difetti e cosparse col suo sangue gli stipiti e l’architrave delle case. Quella notte l’angelo Sterminatore passò per il paese d’Egitto e fece morire i primogeniti degli Egiziani. Ma quando vedeva il sangue sulle porte degli Israeliti, passava oltre. Così essi sfuggirono al flagello di sterminio che era caduto sul paese. La Cena pasquale divenne un evento annuale per le famiglie degli Ebrei. E lo è tuttora. Quando Gesù venne su questa terra, presentò se stesso come l’ Agnello pasquale. La sua vita offerta liberamente sarebbe stata il sacrificio perfetto per il peccato e il mezzo attraverso il quale sarebbe avvenuto un nuovo esodo. Il primo esodo era stato dalla schiavitù d’Egitto alla libertà nella terra promessa. Il nuovo esodo ha liberato l’umanità dalla prigione del peccato e della morte e ha portato una vita nuova nella famiglia di Dio.
MA GESU’ E’ VERAMENTE RISORTO DAI MORTI?
Molte prove possono essere presentate a sostegno della risurrezione di Gesù. Ma se cominciamo col credere che sia impossibile risorgere dai morti, troveremo sicuramente altri modi per spiegare ciò che è accaduto. Solo se riteniamo che possano verificarsi eventi soprannaturali, saremo in grado di considerare le prove con mente più aperta. Esaminando le prove che il Nuovo Testamento ci dà dobbiamo valutare se la risurrezione è una spiegazione ragionevole dell’accaduto. I Vangeli non possono darci una prova concreta della risurrezione, ma possiamo chiederci se ci danno buone ragioni per credere in essa. Dal giorno in cui i discepoli proclamarono la risurrezione di Cristo fino ad oggi, la gente ha dubitato sull’autenticità di questo evento per molte ragioni. Vediamo obiezioni e risposte.
Qualcun altro fu crocifisso.
E’ un’antica interpretazione che appare perfino nel Corano. Nella confusione che doveva regnare in quei momenti sul Calvario, qualcuno fu scambiato per il prigioniero condannato e fu crocifisso al posto di Gesù. La vittima più probabile di questo scambio sarebbe Simone il Cireneo. Luca dice:
“Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù.” (Lc. 23,26)
E’ però difficile, anzi, puerile immaginare che i soldati romani abbiano preso un altro uomo al posto di quello che era stato loro consegnato da crocifiggere, che sicuramente recava i segni della flagellazione e delle percosse ricevute al mattino. Il Vangelo di Giovanni poi dice che molti dei seguaci di Gesù, compresa la madre, erano così vicini alla croce da udire le sue parole. E’ difficile credere che tutta la gente che aveva osannato Gesù la domenica precedente abbia impunemente accettato di vedere un altro morire sulla croce senza dir niente. Altro piccolo particolare: i soldati tirarono a sorte la tunica di Gesù perché era intessuta in sol pezzo: non si arriva dalla campagna con il vestito da festa!
Gesù non morì realmente.
Una teoria sostiene che Gesù svenne sulla croce e fu erroneamente dichiarato morto. Dopo essere stato deposto nel sepolcro, si sarebbe riavuto e avrebbe raggiunto i discepoli presentandosi loro come risorto. Ma questa teoria solleva più problemi di quelli che risolve. Gesù morì in fretta, ma questo non fece che attirare maggiormente l’attenzione su di Lui. Le autorità infatti si preoccuparono di accertare che la morte fosse veramente avvenuta. Marco dice:
“Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo.
Informato dal centurione, concesse la salma Giuseppe”. (Mc. 15,44-45)
Il racconto di Giovanni aggiunge un ulteriore dettaglio: per affrettare la morte i soldati spesso spezzavano le gambe ai crocifissi. Appesi solo per le braccia sarebbero presto morti soffocati. Ma quando, dopo aver fatto ciò agli altri due, vennero a Gesù per fare la stessa cosa, lo trovarono già morto. Giovanni dice che uno dei soldati volle assicurarsi della sua morte:
“Uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua”. (Gv. 19,34)
Al di là di queste circostanze, l’ipotesi che Gesù fosse ancora vivo è comunque molto improbabile. Dopo essere stato flagellato e appeso alla croce per ore, come avrebbe potuto spostare la pesante pietra del sepolcro, sfuggire alle guardie armate e tornare dai suoi discepoli fingendo di essere il glorioso vincitore della morte?
I discepoli si recarono alla tomba sbagliata.
Un’altra spiegazione dei fatti presentati dai Vangeli consiste nell’asserire che la tomba vuota trovata dai discepoli non era quella di Gesù. Nei dintorni di Gerusalemme ci dovevano essere moltissime tombe uguali a quella in cui fu deposto Gesù, per cui un errore del genere avrebbe potuto essere possibile. Tale teoria potrebbe spiegare un sepolcro vuoto ma non la scomparsa del corpo di Gesù. Se i discepoli avessero cominciato a predicare la risurrezione di Gesù portando come prova il fatto che la sua tomba era vuota, le autorità non avrebbero dovuto far altro che andare al sepolcro giusto e mostrare il suo corpo. Esse conoscevano sicuramente il luogo esatto in cui si trovava il sepolcro eppure non mostrarono il corpo di Gesù per stroncare i discorsi sulla risurrezione.
I discepoli rubarono il corpo di Gesù.
Secondo i primi cristiani questa teoria fu inventata dai sommi sacerdoti e dagli anziani. Si tratta perciò dell’obiezione più antica alla fede della risurrezione. Matteo dice che i soldati che avevano fatto la guardia alla tomba andarono dai sommi sacerdoti:
“Questi si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: dichiarate che i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato mentre noi dormivamo”. (Mt. 28,12-13)
La storia era credibile (a parte il fatto che se i soldati dormivano come avrebbero potuto affermare il furto e specificando anche i discepoli come ladri?). I discepoli avevano buoni motivi per rubare il corpo di Gesù: avrebbero poi potuto dire che era risorto come aveva loro promesso. Le autorità non sarebbero state in grado di confutare le loro affermazioni, non potendo mostrare come prova il cadavere di Gesù. Ma la domanda è: perché i discepoli avrebbero rubato il corpo? Il Vangelo di Giovanni riporta un piccolo ma importante dettaglio:
“Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che Egli cioè doveva risuscitare dai morti”. (Gv.20,9).
Anche se Gesù aveva predetto le sue sofferenze, la sua morte e risurrezione, i discepoli non avevano ricordato e capito le sue parole o forse erano rimasti talmente sconvolti dalla predizione inattesa della sua morte, che non avevano neppure udito il preannuncio della sua risurrezione. In ogni caso i discepoli erano confusi e abbattuti, si nascondevano, chiusi a chiave, per la paura di fare la stessa fine del loro maestro. E quando Gesù apparve loro furono lenti a credere a quello che vedevano. Se anche avessero inventato loro questa storia, sarebbero stati pronti a morire per sostenerla? Molti discepoli morirono per la loro fede in Gesù e nessuno di loro negò mai la risurrezione.
Le autorità portarono via il corpo.
Un’altra spiegazione possibile dei fatti è che le autorità ebraiche abbiano rimosso il corpo di Gesù per evitare che i discepoli lo portassero via dalla tomba. Matteo dice che c’era una preoccupazione simile fra i capi ebraici: benché i discepoli avessero dimenticato la predizione della risurrezione di Gesù, essi senz’altro non l’avevano dimenticata.
“Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Ponzio Pilato, i sommi sacerdoti e i Farisei, dicendo: Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risusciterò. Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, poiché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: è risuscitato dai morti. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima. (Mt. 27,62-64)
Con una vigilanza del genere sarebbe stato superfluo trasportare altrove il cadavere. Comunque il punto debole di questa teoria sta nel fatto che le autorità non mostrarono il corpo di Gesù quando i discepoli cominciarono ad affermare che Gesù era risuscitato. Questa sarebbe stata la prova decisiva che la risurrezione era un fatto inventato.
Il vero miracolo di Pasqua
Alcuni di coloro che negano la realtà della risurrezione di Gesù hanno detto che il vero miracolo di Pasqua è la trasformazione avvenuta nei discepoli quando cominciarono a credere in Gesù risorto. Senza dubbio il cambiamento dei discepoli è notevole, ma cosa avrebbe potuto causare una trasformazione così eccezionale? I racconti evangelici forniscono una spiegazione attendibile: una straordinaria serie di incontri con Gesù risorto. Se Gesù non fosse risorto, che cosa avrebbe trasformato i discepoli?
Allucinazioni
Una spiegazione abbastanza comune è che i discepoli ebbero una visione o un’allucinazione quando “videro” Gesù risorto: nell’intensità dell’angoscia causata dalla morte del loro capo, ebbero un’esperienza mistica che li convinse che Gesù era ancora vivo. Ma questa ipotesi lascia insoluti alcuni problemi. Non si spiega il mistero del sepolcro vuoto. Perché mancava il corpo? Inoltre il racconto delle apparizioni del risorto mette in luce alcuni aspetti molto concreti, cosa che normalmente non avviene quando si tratta di allucinazioni. Gesù mangiò del pesce, spezzò il pane, lasciò che un discepolo scettico toccasse le sue ferite e preparò un pasto per tutti. I racconti dei vangeli non danno motivo di pensare ad un fenomeno di isteria di massa. Gesù apparve a singoli individui come ai discepoli radunati insieme e si ebbero resoconti indipendenti della stessa esperienza.
Le donne e gli altri
Se le storie della risurrezione sono state inventate,non si capisce perché i loro autori vi abbiano introdotto alcuni episodi molto strani e perfino alcuni dettagli controproducenti, che mettono in cattiva luce il comportamento dei discepoli. Pensiamo prima di tutto al ruolo svolto dalle donne. Al tempo di Gesù le donne non erano considerate persone. Sedevano lontane dagli uomini nella sinagoga, non potevano testimoniare nei processi e le loro parole erano considerate alla stregua di pettegolezzi. Ma fra tutti i personaggi dei racconti della risurrezione, furono le donne a mostrarsi più disposte a credere. L’unica persona che compare in tutti e quattro gli evangeli è Maria Maddalena. Alle donne fu affidato l’importante compito di portare agli apostoli la lieta notizia. Nel mondo maschilista di allora nessun autore avrebbe citato questo fatto se non fosse realmente accaduto. Gli uomini, invece, non ne escono con molto onore. Mentre le donne vanno a preparare gli unguenti per ungere il corpo di Gesù, gli uomini stanno rinchiusi nel cenacolo temendo per la propria vita. Come reagirono quando fu riferito loro l’evento che doveva diventare una delle verità più importanti di tutto il cristianesimo?
“Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non cedettero ad esse”. (Lc. 24,11)
I racconti sono verosimili?
Gli evangelisti non si proposero di fornire ai loro lettori la prova che Gesù era vivo. Scrissero per raccontare i dettagli dell’accaduto affinché i lettori avessero buone ragioni per credere nella risurrezione. I cristiani credono che le prove che abbiamo della risurrezione di Gesù sarebbero abbastanza concrete da poter essere presentate nel corso di un processo. Se pensiamo, dopo aver considerato le prove, che l’episodio sia verosimile, allora dobbiamo chiederci se siamo disposti a credere che è davvero risorto dai morti.
ANTICO INNO PASQUALE
Con la morte Cristo ha vinto la morte.
Dalla sua morte la nostra immortalità.
Dalla sua morte la nostra vita.
Dalla sua piaga la nostra guarigione.
Dalla sua caduta la nostra risurrezione.
Dalla sua discesa la nostra risalita.
FAR PASQUA
Far Pasqua è essere un Alleluia dalla testa ai piedi.
Far Pasqua è avere una fede lieta.
Far Pasqua è nascere nuovo ogni mattina.
Far Pasqua è uscire dal letargo e darsi un fremito di vita.
Far Pasqua è temere di meno e sperare di più.
Far Pasqua è venir fuori da tutto ciò che lega e seppellisce.
Far Pasqua è pensare che la vita non va alla deriva.
Far Pasqua è non perdere la voglia di rifiorire.
Far Pasqua è pensare: la morte passa, la vita resta.
Far Pasqua è organizzare la risurrezione del mondo.
Quanto più farò Pasqua, tanto più annuncerò la grande verità:
il nostro Gesù è risorto perché il nostro Gesù è Dio. E’ Pasqua.
Via i pensieri vestiti a lutto!
Il semaforo non diventa sempre rosso solo al mio passaggio.
Non solo il tetto della mia casa ha una tegola rotta.
Oggi i filosofi parlano di pensiero “debole” per contrapporlo a quello “forte” di ieri.
Perché non introdurre il pensiero “gioioso”?
Un medico giapponese ha inserito le risate nel trattamento dei pazienti.
L’esito sembra quanto mai positivo.
Dunque abbiamo un cortisone a portata di mano, perché lo usiamo così raramente?
Quali sono allora le “Buone Notizie della risurrezione di Gesù?
GESU’ E’ LA PRIMIZIA DEI RISORTI
Già durante la sua vita Gesù ha anticipato la sua e la nostra risurrezione, riportando alla vita alcuni: la figlia di Giairo (Mc. 5,21-42); il figlio della vedova di Naim. (Lc. 7,11-17); il suo amico Lazzaro (Gv. 11)
Gesù ha preannunziato più volte che il “figlio dell’uomo” deve morire e risuscitare il terzo giorno (Mc. 8,31; 9,31; 10,34); questo è il segno di Giona (Mt.12,40), è il segno del tempio (Gv. 2,19; Mt.26,61)
C’E’ UNA TOMBA DIVERSA DALLE ALTRE
i racconti della tomba vuota: Mt. 28,1-8; Mc. 16,1-8; Lc. 24,1-12
GESU’ VIVO APPARE DOPO LA MORTE
Alla Maddalena (Gv. 20,11-18)
Gli apostoli lo vedono e lo toccano (Lc. 24,36-40; Gv. 20,19-29)
Gli apostoli mangiano con Lui (Lc. 24,29.41; Gv. 21,9-13; Atti 10,41)
Gesù non è un fantasma (Mt. 28,9; Lc. 24,37ss; Gv. 20,20-27)
Gesù ha un corpo glorioso (Gv. 20,19)
compie gli stessi gesti e i segni che compiva in vita (Lc. 24,30; Gv. 21,6-12)
DIO CON LA RISURREZIONE HA CONFERMATO GESU’ (At. 2,22; Rom 8,11; Gv. 17,1)
Gesù è Figlio di Dio (Rom. 1,4; Atti 13,33)
Gesù è Signore e Cristo (At. 2,36)
Gesù è capo e salvatore (At. 5,31)
Gesù è giudice dei vivi e dei morti (At. 19,42; Rom 14,9)
GESU’ E’ LUI STESSO RISURREZIONE E VITA
“Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno”. (Gv. 11,25)
NOI SIAMO PARTECIPI DELLA SUA MORTE E RISURREZIONE
“Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”. (Rom 6,4)
“Con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti”. (Col. 2,12)
LA VITA CRISTIANA PUO’ ESSERE RISURREZIONE ANTICIPATA
“Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio”. (Col 3,1)
CRISTO RISORTO E’ LA NOSTRA LIBERAZIONE DAL MALE
“Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria. Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.” Col. 3,3-4) “E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti,abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”. (Rom. 8,11 cfr. 1cor. 6,14)
RISURREZIONE: RIVELAZIONE DELL’UOMO
La risurrezione di Gesù riguarda soprattutto lui. Ma riguarda anche noi e tutta la vicenda umana. Nel risorto intravediamo la meta del nostro cammino. E chi intravede la meta finale è in grado di leggere anche il significato della vicenda umana, personale, collettiva, storica. Nel risorto “contempliamo una vita di uomo riuscito, quale Dio l’aveva sognata per noi il mattino della Genesi: un uomo che esiste nella trasparenza totale con se stesso, che esiste totalmente verso gli altri, senza limitazioni, in comunione con tutti gli esseri e con l’intero universo poiché il suo corpo spiritualizzato non è più limitazione ma mezzo di comunicazione con tutti, perché è assorbito nella gloria di Dio” (E. Charpentier). Innanzitutto la morte e la sofferenza umana cessano di essere un assurdo. Quell’assurdo avvertito, tra gli altri, da Cesare Pavese che nel suo diario annota: “Ma la grande, tremenda verità è questa: soffrire non serve a niente”. E più avanti: “Nulla può consolare della morte”. Pavese ha però forse intravisto qualcosa degli orizzonti della fede, anche se il suo sguardo è solcato dal dubbio: “Forse è tutto qui: in questo tremito del “se fosse vero”. Se davvero fosse vero.” Il Cristo risorto ci assicura che è vero e ce lo attestano innumerevoli persone che hanno camminato e continuano a camminare nella luce della risurrezione. Don Franco Delpiano (1930-1972), un prete impegnato con i giovani del terzo mondo, un mese prima di morire fulminato dalla leucemia, scrive nel suo testamento: “Se, nonostante tutto siamo ottimisti, è perché Cristo è risorto! Se spero in un mondo migliore è perché Cristo è risorto! Se non mi spavento di me stesso è perché Cristo è risorto!”. Theillard de Chardin era così penetrato nel senso della risurrezione da desiderare di morire il giorno di Pasqua. Il suo desiderio sarà esaudito il giorno di Pasqua del 1955. Il pastore luterano Dietrich Bonhoeffer, impiccato dai nazisti il 9 aprile 1945, si congedò dai compagni di prigionia con questa frase: “Questa è la fine”. Poi, prontamente aggiunse “Per me è l’inizio della vita”.
RISURREZIONE DI CRISTO: SPERANZA E IMPEGNO PER LA RISURREZIONE DELL’UOMO
La risurrezione fonda la speranza per il credente. Attendiamo da Cristo il compimento e la pienezza di quanto vediamo anticipato nella sua risurrezione gloriosa.
La speranza non è attesa passiva. E’ impegno attivo per trasformare tutto ciò che è opaco rispetto alla risurrezione definitiva. “Colui che spera, si rende segno attivo della speranza nella vita”(W. Kasper). La risurrezione dischiude queste possibilità inedite. Lo ha riconosciuto anche un non credente che però nutre molta simpatia verso Gesù: “Cristo è venuto per aprire una breccia a tutti i nostri limiti… ciascuno dei miei atti liberatori e creatori, implica il postulato della risurrezione. E’ più di ogni altro atto rivoluzionario” (Roger Garaudy).
Credere in Cristo risorto implica non solo l’accettazione di un fatto passato (Cristo risorto) e di un avvenimento futuro (anche noi risorgeremo), essa concerne il presente. Con la risurrezione è entrata nel mondo la forza stessa di Dio che fa nascere la vita dalla morte. Il Risorto cammina con noi lungo le strade del mondo, per infrangere tutte le barriere che impediscono la vita e soffocano la speranza. “La risurrezione è l’espressione permanente dell’impegno irrevocabile di Dio con noi… Pertanto credere alla risurrezione non è credere a una cosa… ma credere a Qualcuno che opera in noi e per noi con potere immenso, capace di far uscire la vita dalla morte, di far diventare nuovo quello che è vecchio, orientandoci verso un futuro di dimensioni smisurate.” (Carl Mesters).
“Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?
Egli che non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?
Chi accuserà gli eletti di Dio?
Dio giustifica.
Chi condannerà?
Gesù Cristo che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi?
Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo?
Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?
Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati”. (Rom. 8,31-35.37)
CRISTO RISORTO VIVE NELLA SUA CHIESA
Dove possiamo incontrare oggi il Cristo risorto? Il risorto è presente dove la vita trionfa sulla morte, dove l’amore vince l’odio. Ma il luogo privilegiato della sua presenza è la comunità dei credenti, la Chiesa. La Chiesa nasce con la morte e risurrezione di Gesù. Il risorto raduna nuovamente i discepoli dispersi, dona loro lo Spirito, offre i sacramenti, fonda la missione e i ministeri.
“Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo…Ecco, io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. (Mt. 28,19-20)
Luca, nel racconto dei discepoli di Emmaus (24,13-35) indica come concretamente avviene l’incontro con il Cristo risorto: nel fratello che cammina al nostro fianco, nella parola di Dio contenuta nelle Scritture, nello spezzare il pane, cioè nell’Eucaristia. E’ lì la fonte dove sgorga o dovrebbe sgorgare l’acqua nuova che irriga l’albero della vita e lo rende capace di dare frutti. Questa convivenza intorno alla mensa apre gli occhi (Lc. 24,21) e fa sentire la voce di Cristo sia nelle parole della Bibbia sia in quelle del compagno anonimo che cammina con me lungo le strade della vita. La comunità cristiana che crede in Cristo risorto è debitrice agli uomini di un enorme potenziale di speranza e di significato. Di fronte alle domande, alle paure, ai conflitti, alle attese e alla rassegnazione del nostro tempo, la Chiesa è responsabile della speranza. Essa può indicare nel Cristo crocifisso e risorto una forza creatrice di futuro, liberatrice dagli idoli, dai totalitarismi, dalle oppressioni e dalle ideologie dal respiro troppo corto. Veramente la Chiesa che vive della fede in Cristo risorto potrebbe rappresentare il progetto di una umanità alternativa, liberata da alienazioni e paure, riconciliata nella capacità di vivere fraternamente.
Il Risorto le assicura che tutto è possibile:
“Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre E ho il potere sopra la morte e gli inferi”. (Ap.1,17-18)
E per finire una preghiera veramente Pasquale di A. Pronzato:
C’E’ ANCORA RELIGIONE
Ti ringrazio, Signore, perché ogni giorno faccio la scoperta tra lo stupito e l’incredulo, che c’è ancora religione. Sì, c’è ancora religione.
Anche fuori di chiesa e Tu lo sai meglio di me pur senza aver letto nessun rapporto in merito.
Ma io sono sicuro che Tu quotidianamente ricevi “buone notizie” dalla terra.
Un medico schivo, stamattina passerà sorridente nell’anticamera del suo studio come al solito straripante. Rimarrà fino a notte ad ascoltare, cercare di capire, aggiustare, per quanto possibile tante storie penose. Non gli interessano i soldi, gli basta impossessarsi del dolore della povera gente. Non guarda né orologio, né il calendario, né i propri guai. Anche quest’anno non è riuscito a fare le vacanze per il semplice motivo che i malanni di tanti poveracci, almeno dalle sue parti, non hanno l’abitudine di andare in vacanza.
Ti ringrazio, Signore perché guardando a lui e ad altri come lui scopro che c’è ancora religione.
Anche oggi quella suora vestita di bianco continuerà a parlare, a sorridere, a mostrare tutta la sua tenerezza verso esseri sordi, ciechi, muti e col cervello disattivato, ma che pare registrino tutto in un punto misterioso e sensibilissimo del cuore. Sì, c’è ancora religione!
La mia amica Graziella, sono sicuro, non appena il sole si sarà levato, spingerà la sua carrozzella – dove è inchiodata da troppi anni – sulla grande e fiorita terrazza che si affaccia sulla strada per regalare il suo sorriso e il suo saluto a tutti i passanti.
E un’altra suora con la gioia spalmata in volto (l’unica crema che si concede) affronterà ingenua, quasi fosse la prima volta, quelle ragazze un po’ difficili con i loro bambini, anche se tutti sentenziano che da “quelle” non c’è da aspettarsi nulla di buono. Lei però ha imparato a non mietere ma a seminare nella gioia.
Pino, laggiù in Tanzania, pure oggi monterà in groppa all’infernale trattore, deciso a sfidare perfino le terribili formiche “scafu”. C’è chi pubblica libri, lui si accontenta di scrivere la vita per l’utilità altrui. Grazie, Signore, perché c’è ancora religione…
Anche quest’anno, non ci sono dubbi, il baffuto Edo, non troppo simpatico a certe persone devote, chiuderà per diverse settimane il suo studio elegante di specialista affermato e andrà a cacciarsi in un miserabile ospedale africano dove è atteso e accolto con simpatia da migliaia di individui – non so se devoti – che gli affidano i loro occhi tormentati pagandolo con un grazie pronunciato a denti bianchissimi. Lui non ha la pretesa di ridare la vista ai ciechi. Ha scommesso semplicemente con se stesso che non chiuderà mai i suoi occhi di fronte alle realtà più tragiche. Sì, c’è ancora religione (anche se certi devoti non se ne sono ancora accorti).
Il mio amico don P. anche stasera entrerà nella grande chiesa popolata da ben sette vecchiette (età compresa tra i settanta e i novanta). Come al solito spiegherà con chiarezza e calore, dopo essersi preparato a dovere, una pagina della Bibbia, come fosse di fronte ad una folla imponente, e metterà su quelle mani dalla pelle grinza il Pane spezzato, con la soddisfazione e la delicatezza di una prima Comunione. Vorrei dire, senza ironia: c’è ancora religione… perfino tra i preti.
Una madre si alza sollecita, senza un lamento, per l’ennesima volta, nel cuore della notte, perché il piccolo piange (e ieri è stata la stessa cosa; l’altra notte invece era il secondo che strillava).
Un vecchio, al ricovero, si impone di non guardare indietro.
Due sposi stabiliscono, tenendosi allacciati con gli occhi, che bisogna tener duro, nonostante tutto.
Una persona si rialza regolarmente dopo una serie incredibile di colpi che avrebbero stroncato chiunque.
Un operaio, anche questo mese, sfilerà dalla busta paga i cinquanta euro per dirottarli verso chi sa soltanto lui.
Una donna non nega una carezza a chi fa di tutto per non meritarla.
Un inguaribile affamato e assetato di giustizia si è imposto di alzare la voce, anche se…
Un individuo qualsiasi si asciuga in fretta le lacrime e decide di ricominciare da capo.
Un modesto impiegato si impegna ad assicurare un piccolo spazio di pulito in un ambiente corrotto e impossibile.
Un missionario, in Brasile, ha replicato il proposito di non rassegnarsi.
Un giovane si è detto che neppure oggi cederà.
Ti ringrazio, Signore, perché c’è ancora religione.
C’è tanta religione nascosta, segreta, fatta di numerose piccole “pratiche” poco appariscenti e per nulla rumorose.
E’ una religione bellissima anche se non si vede (o forse è stupenda proprio perché non si fa vedere).
Esistono tanti modesti protagonisti, capaci di fedeltà, dedizione, generosità, abnegazione, sacrifici accompagnati dal sorriso, che non si danno arie da salvatori del mondo.
Grazie a loro riusciremo a non sentirci abusivi su questa terra.
Ti lodo, Signore, perché molti (più di quanti pensiamo) continuano imperterriti e silenziosi a praticare dignitosamente il vecchio ma insostituibile mestiere di uomini.
Che è sempre un bel mestiere. Anche perché ce l’hai assegnato Tu.
Pasqua 2012
Pro manuscripto - Stampato in proprio