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                     …in

                     cammino…

 

 

                                                                                              NATALE 2010

 

 

 

 

Carissimi,

anche quest’anno, ho lasciato correre il mio pensiero tra il tanto materiale raccolto nel cammino. Ho pensato a me, a voi, al Dio che ci ama e, senza pretese sono venute fuori questi paginette che vi offro con la gioia di vivere ogni istante come un dono meraviglioso che ci avvicina sempre più a Colui che non ha mai smesso di camminare con noi. Don Franco

 

 

 

UN AUGURIO PER L’ANNO NUOVO

Io ti auguro non tutti i possibili regali. Io ti auguro solo quello che la maggior parte della gente non ha. Io ti auguro del tempo per gioire e per ridere, e quando lo usi puoi cambiare qualcosa là fuori. Io ti auguro del tempo per il tuo fare, per il tuo pensare, non solo per te stesso, ma anche per regalarlo. Io ti auguro del tempo per non avere fretta e per correre, ma il tempo per poter essere soddisfatto. Io ti auguro del tempo non solo così per poterlo sprecare. Io ti auguro che ti possa restare del tempo per stupirti, e del tempo per avere fiducia, invece che guardare come passa il tempo nell'orologio. Io ti auguro del tempo per poter afferrare le stelle e tempo per crescere, cioè per maturare. Io ti auguro del tempo per sperare di nuovo e per amare, non ha senso rinviare questo tempo. Io ti auguro del tempo per trovare te stesso, ogni giorno, ogni ora per trovare la felicità. Io ti auguro del tempo anche per perdonare gli altri.
Io ti auguro di avere tempo per vivere.

 

 

 

DI CHI LA COLPA

In una giornata estiva molto calda, un bracciante agricolo ricevette l'ordine di vangare il giardino del suo padrone. Si mise al lavo­ro di malavoglia, e cominciò ad inveire contro Adamo che, a suo parere, era l'unico responsabile di ogni sfruttamento. Le sue bestemmie e imprecazioni giunsero all'orecchio del padrone. Il quale gli si avvicinò e gli disse: “Ma perché inveisci contro Adamo? Scommetto che al suo posto avresti fatto la stessa cosa”. “No di certo”, rispose il bracciante, “io avrei resistito alla tentazione!”.  “Vedremo!” disse il padrone e lo invitò a pranzo. All'ora stabilita, il badilante si presentò in casa del padrone e questi lo introdusse in una saletta dove c'era una tavola imbandita con ogni ben di Dio. “Puoi mangiare tutto quanto vuoi” disse l'uomo al suo dipendente. “Soltanto la zuppiera coperta al centro della tavola non la devi toccare finché non torno”. Il badilante non aspettò neppure un minuto: si sedette al tavolo e con il suo formidabile appetito cominciò ad assaggiare una dopo l'altra le leccornie che gli venivano servite. Alla fine il suo sguardo fu magnetizzato dalla zuppiera. La curiosità lo fece quasi ammattire, tanto che alla fine non resistette più e, con la mas­sima circospezione, sollevò appena appena il coperchio che copriva la zuppiera. Saltò fuori un sorcio. Il badilante fece l'atto di ac­ciuffarlo, ma il topo gli sgusciò di mano. Ini­ziò la caccia, mentre il giovane rovesciava tavoli e sedie. Il gran baccano richiamò il padrone. “Hai visto?” chiese, e ridendo lo minacciò: “Al tuo posto, in futuro, non imprecherei più a voce alta contro Adamo e il suo errore!”.

 

La colpa è sempre di qualcun altro: Io e te abbiamo litigato? Per forza! Con il carattere che ti ritrovi! La ditta sta chiudendo? “E’ chiaro – dice l’imprenditore, con il costo della mano d’opera e  con gli operai che hanno solo più diritti e non doveri!”.  “I padroni vogliono solo far soldi e sfruttare il nostro lavoro.” – rispondono gli operai. Il mondo non  funziona? “Se fossero tutti onesti come me il mondo andrebbe meglio!” Mi fermo e penso: Ma io ho fatto di tutto per non litigare e per volere il vero bene dell’altro? Io che insisto sui miei diritti, sono anche disposto a vedere e mettere in pratica i miei doveri? Che cosa ho fatto di concreto perché il mondo vada meglio?

 

Una volta un cammello incontrò un dromedario e cominciò a prenderlo in giro: "E' la prima volta che vedo un cammello sbagliato! Invece di avere due gobbe ne ha una sola!". Il dromedario capì e rispose al cammello sghignazzando ancor più: "Che meraviglia mi tocca vedere: un dromedario con due gobbe!". L'uomo del deserto loro padrone, presente a queste battute cattive, li interruppe e sentenziò: "Siete sbagliati tutti e due: non nella gobba, ma nel cuore!".

 

Un uomo cadde in un pozzo da cui non riusciva a uscire. Una persona di buon cuore che passava di là disse: "Mi dispiace davvero tanto per te. Partecipo al tuo dolore". Un politico impegnato nel sociale che passava di là disse: "Era logico che, prima o poi, qualcuno ci sarebbe finito dentro". Un pio disse: "Solo i cattivi cadono nei pozzi". Uno scienziato calcolò come aveva fatto l'uomo a cadere nel pozzo. Un politico dell'opposizione si impegnò a fare un esposto contro il governo. Un giornalista promise un articolo polemico sul giornale della domenica dopo. Un uomo pratico gli chiese se erano alte le tasse per il pozzo. Una persona triste disse: "Il mio pozzo è peggio!". Un umorista sghignazzò: "Prendi un caffè che ti tira su!". Un ottimista disse: "Potresti star peggio". Un pessimista disse: "Scivolerai ancora più giù". Gesù, vedendo l'uomo, lo prese per mano e lo tirò fuori dal pozzo.

 

 

 

IDEALI

C’era un uomo che aveva un pezzetto di legno che bruciava sempre e non si consumava mai. Quell’uomo lo teneva ben nascosto, perché temeva che la gente lo deridesse. Ora avvenne che i fiumi strariparono, e venne l’inondazione. L’uomo stava per annegare: tuttavia non si separò da quel pezzetto di legno che bruciava sempre e non si consumava mai: andò a fondo, poi riuscì con un guizzo a tornare a galla e quindi ad arrivare alla terra asciutta; si accorse allora che l’acqua non aveva spento quel pezzetto di legno che bruciava sempre e non si consumava mai. Dopo molti anni egli s’era formato una fortuna, quando scoppiò un incendio nella notte, e perse tutti i suoi beni; ma egli si riprese subito e ricuperò ogni cosa perché, anche in quell’occasione, non aveva lasciato che si confondesse con le fiamme della sua rovina quel pezzetto di legno che bruciava sempre e non si consumava mai. Al momento di morire consegnò il pezzetto di legno a suo figlio, e costui a sua volta lo consegnò al suo erede. E così via. Anche oggi chissà dove c’è in giro un pezzetto di legno che brucia sempre e non si consuma mai. Che cos’è? È l’ideale:per suo mezzo, ognuno può ricuperare le forze dopo le inondazioni o gli incendi, e riprendere il cammino...

 

Ma oggi esistono ancora gli ideali? Quando parlando con un ragazzo ti senti dire che il suo maggior desiderio è l’ultimo modello di telefonino o la Play Station vattelapesca, quando per un adulto l’ideale è avere tanti soldi per potersi divertire da “sballo”, quando una coppia prima di un figlio sceglie la carriera, la casa bella, quando per una ragazza conta solo l’apparire, il trucco, la moda, quando vedi migliaia di persone perdersi dietro a certi stucchevoli, falsi, ipocriti “reality” televisivi allora viene il dubbio che gli ideali non esistano più. Ma poi ti guardi attorno con più attenzione e scopri che ci sono ancora tante persone che non si lasciano affascinare dagli specchietti del facile successo, del denaro, del potere ma vivono la vita con semplicità sapendo distinguere tra contentezza e gioia; quando vedo volontari offrirsi per essere segno di aiuto, quando vedo nascere spontanea la solidarietà davanti alle difficoltà allora scopro che qualcuno crede ancora nel pezzetto di legno che brucia sempre e non si consuma mai.

Per stare in tono ecco delle storie che spiegano questa storia.

 

 

 

FELICITA’ DI COPPIA

“Prima del matrimonio eravamo così innamorati che non avremmo neppur potuto immaginare una crisi di coppia. Ma dopo il matrimonio ci accorgemmo che non combinavamo in niente… Giungemmo sull’orlo della separazione. Ma un giorno alcuni amici ci fecero capire che noi non ci eravamo mai amati, ma soltanto eravamo stati molto innamorati. Cominciammo ad amarci volendo, ciascuno, il vero bene dell’altro a costo del proprio sacrificio. Adesso siamo una coppia felice”.

 

 

 

DENARO

 

Anni fa ho conosciuto in ospedale un uomo ricco che mi confessava di aver fondato la sua esistenza sul denaro. Mi diceva: “Padre, adesso che sono vicino alla morte mi accorgo di quanto ho sbagliato a mettere il denaro al primo posto nella mia vita”. E questo pover’uomo mi raccontava delle fatiche fatte per moltiplicare i suoi capitali, per comperare sempre nuovi beni. Il ricco non vive felice. Quest’uomo mi diceva: “Vede, anche adesso che sono qui ammalato grave, sono preoccupato delle mie proprietà e di come finirà la mia eredità”. Gli ho detto: “Ma non ha fatto testamento?”. Sì, l’ho fatto, ma i miei figli li ho educati come sono io e sono sicuro che finiranno per bisticciare quando si divideranno l’eredità”.  (P. GHEDDO)

 

 

 

CONTENTEZZA E FELICITA’

“Un bel giorno Dio prese forma umana e venne sulla terra, perché si rese conto che molta gente non era felice ed egli voleva comunicare a tutti la felicità che lui stesso possedeva da sempre. Disceso sulla terra, vide che effettivamente poca gente era felice, ma si sorprese quando si accorse che ben pochi cercavano realmente la felicità. La maggioranza delle persone si divideva in due gruppi: quelli che erano “contenti” e quelli che non lo erano.

Coloro che erano contenti erano riusciti a soddisfare i loro desideri principali. Guadagnavano molto denaro, vivevano tra gli agi, si prendevano quanti piaceri e vizi volevano. Alcuni avevano successo, influenza o potere... Ma non sembrava che interessasse loro essere felici, né che si domandassero seriamente se lo erano e in che cosa consistesse la felicità... Gli scontenti non erano riusciti a soddisfare tutti i loro desideri e aspiravano continuamente a vivere come la gente che era contenta. Ma nemmeno loro cercavano la felicità, a loro bastava essere contenti... Gli uni e gli altri erano sordi al mes­saggio della felicità. Dio si rese conto, allora, che finché i suoi figli uomini cercavano soltanto la loro “contentezza” non avrebbero potuto trovare la vera felicità. Allora si dedicò a predicare ai contenti e agli scontenti intorno alla felicità e alla vera beatitudine, cercando di interessarli per toglierli dalla cecità della loro “contentezza”. Molta gente lo ascoltò, raggiunse la felicità e dette meno importanza al fatto di essere o no contenta”.

 

 

 

LE SETTE GIARE D’ORO

Un barbiere stava passando sotto un albero infestato dagli spiriti quando udì una voce dire: "Ti piacerebbe avere le sette giare d'oro?". Si guardò intorno e non vide nessuno. Ma la sua avidità era stata solleticata, così rispose ansiosamente: "Sì, certo". "Allora va' subito a casa", disse la voce. "Le troverai là". Il barbiere fece tutta la strada di corsa. Infatti c'erano le sette giare... tutte piene d'oro, tranne una che era piena solo a metà. Il barbiere non poteva tollerare il pensiero di avere una giara piena a metà. Si sentiva violentemente spinto a riempirla, altrimenti non avrebbe potuto essere felice. Fece fondere tutti i gioielli della famiglia in monete d'oro e le versò nella giara mezza piena. Ma la giara rimase piena a metà proprio com'era prima. Era esasperante! Comincio a risparmiare e a far economia e a fare la fame lui e la sua famiglia. Invano. Per quanto oro mettesse nella giara, quella rimaneva piena a metà. Così un giorno pregò il re di aumentargli lo stipendio. Lo stipendio gli fu raddoppiato. E riprese la lotta per riempire la giara. Iniziò persino a mendicare. La giara divorava ogni moneta d'oro che veniva gettata in essa e rimaneva cocciutamente piena a metà. Il re notò l'aspetto miserevole ed affamato del barbiere. "Che c'è che non va?", gli chiese. "Eri così felice e contento quando il tuo stipendio era più basso. Ora ti è stato raddoppiato e tu sei lacero ed avvilito. Non sarà che hai con te le sette giare d'oro?". Il barbiere rimase sbalordito: "Chi ve l'ha detto, maestà?", domandò. Il re rise. "Ma questi sono ovviamente i sintomi della persona a cui lo spirito offre le sette giare. Una volta le ha offerte a me. lo chiesi se il denaro si poteva spendere o se doveva sol essere accumulato. Egli svanì senza una parola. Quel denaro non si può spendere.

 

 

 

L’AVARO

Vedi soltanto l’oro, pensi soltanto all’oro: è il tuo sogno quando dormi, è la tua occupazione quando sei sveglio. Preferisci veder l’oro piuttosto del sole, vorresti che tutto si trasformasse in oro: ogni tuo pensiero, ogni tuo affetto è orientato ad esso. Il frumento diventa per te oro, il vino si trasforma in oro, la lana si cambia in oro, ogni occupazione, ogni affare, ti procura oro. Non sarai mai sazio e la tua ingordigia non cesserà mai. (S. Basilio Magno, Omelia 6,4)

 

 

 

GIOIA AVVELENATA

Prima di giustizia e prima ancora di verità, gli uomini di oggi e di sempre vogliono un po’ di gioia, e, non trovando nessuno che gliela offra bene, lottano ferocemente per una gioia che finisce nel tossico. (Primo Mazzolari)

 

 

 

FELICITA’ O INFELICITA’ ?

Tu credi di essere infelice perché non hai questo, ti manca quest’altro, oppure perché sei ammalato, abbandonato, senza lavoro, senza amici. In realtà ho conosciuto ricchi disperati, sapienti amareggiati, potenti nevrotici. E per contro ho conosciuto morenti sereni, reclusi pacificati, poveri felici. Come la mettiamo dunque? Quando ti deciderai a capire che la felicità non può venire dall’esterno ma nasce di dentro? Quando la smetterai di illuderti che essere felici è un diritto senza far nulla per seminare nel tuo cuore il tuo dovere di felicità? La felicità non te la dà nessuno e nessuna cosa, se prima non sei tu a voler essere felice per mezzo di te stesso, chiunque tu sia, intelligente o ignorante, cavaliere o mendicante. La felicità e l’infelicità nascono dal cuore. (Anonimo inglese del XIII secolo)

 

 

 

"SARANNO LIETI COLORO CHE HANNO FIDUCIA IN DIO".

Cerchi la felicità? Cercare la felicità è normale, ma dove vai per trovarla? La gente solitamente la cerca nelle cose e nei posti sbagliati: nei divertimenti, nel guadagnare e nello spendere soldi, nello sport o fra gli amici. Tutto ciò non è necessariamente un male, si capisce. Ma sono cose passeggera e che finiscono, il più delle volte, col deludere. Non soddisfano perché sono basate sulla fiducia negli altri. Anche l'amore più " vero " può deludere. Il lavoro non rende tutto quello che promette. Gli amici non sempre sono fedeli e fidati. Chi può essere felice, allora? Il salmista ci ricorda che sono lieti quelli che hanno fiducia in Dio, l'unico amico fidato e fedele. Solo Dio mantiene sempre ogni promessa. Solo Dio non delude mai. Conosci la volontà del tuo Dio? Leggi la sua parola? È l'unico modo per conoscere sempre meglio questo Dio fedele. (Sal. 5,11 )

 

 

 

ALLA RICERCA DI DIO 

"Scusa", disse un pesce dell'oceano ad un altro, "tu sei più vecchio e più esperto di me, e probabilmente potrai aiutarmi. Dimmi: dove posso trovare quella cosa che chiamano oceano? L'ho cercato dappertutto inutilmente". "L'oceano", disse il pesce più vecchio, “è quello in cui stai nuotando adesso”. "Oh, questo? Ma questo à solo acqua. Quello che sto cercando è l'oceano", disse il giovane pesce e, deluso, nuotò via per cercare altrove.

 

“Mio Dio, dove sei? E’ una vita che ti cerco! A volte mi sembra di intravederti al fondo di libri di filosofi ma poi nascono i dubbi. Essi dicono tante cose, molte contraddittorie. Ti ho cercato nelle religioni ma molte sembrano più interessate a raccontate se stesse, a rafforzare il proprio potere e anche religioni bellissime sono state manipolate per propri fini dal potere. Ti ho cercato nella testimonianza di coloro che si dicono credenti, ma spesso ho trovato degli esaltati che hanno reso la propria fede disumana, altre volte non riesco a comprendere se la loro fede è in te o in se stessi, nella esaltazione di una presunta santità. Sono andato dietro a tanti “guru” della moderna religiosità, ma pur trovando cose affascinanti, non riesco a scoprire il tuo volto…” “Ma tu cerchi Me o l’idea che ti sei fatto di me? Tu, creatura vuoi capire per filo e per segno il tuo Creatore, vuoi incasellarlo nei tuoi piccoli schemi, vuoi che Egli sia a tua immagine e somiglianza? Tu cerchi Dio e vuoi appropriartene ma non ci riuscirai mai: è più grosso, più santo, più bello, più giusto di te e non ti accorgi che è Lui che cerca Te, che ti ha trovato, che ti ama come un padre, che ti ha reso figlio nel Figlio, che ti fa tempio della sua presenza, che si dona a te come pane del cammino, che ti parla attraverso i suoi segni, la sua natura, la sua parola, la tua coscienza…e tu dici: “tutto qui?” e ti volgi a cercare altrove il mio simulacro?”

 

 

 

IL NASCONDIGLIO DI DIO

Un giorno Dio stanco di essere confuso con le potenze della terra, con gli idoli fatti dalle mani dell’uomo, con le confusioni delle religioni decise di nascondersi all’uomo. Convocò i suoi angeli per chiedere loro quale fosse il posto migliore per nascondersi. Qualcuno propose un alto monte ma Dio disse no perché sa che ci sono uomini che amano le altezze alcuni sinceri, altri presuntuosi ma sa anche che ci sono altri che non potrebbero mai arrivarci. Un altro angelo propose le profondità del mare ma Dio disse di no perché nella sua scienza vide che un giorno alcuni uomini sarebbero scesi nelle profondità del mare con i loro batiscafi e la scienza e la tecnica avrebbero fatto di  se stesse l’immagine di Dio. Dopo molte proposte un angioletto piccolo piccolo propose a Dio: “Nasconditi nel cuore dell’uomo, la cosa più alta e più profonda che ci sia” E Dio accettò e lì pose la sua dimora. I superbi lo cercano altrove, per loro il cuore è inaffidabile, la scienza al massimo arriva a trapiantare il cuore come si cambia un rubinetto difettoso e gli umili e i semplici, le persone che hanno capito l’amore insegnato da Gesù sanno trovarlo lì, nel proprio cuore e in quello dei fratelli.

 

“Io penso che tu forse, o Signore, ne abbia abbastanza della gente che sempre parla di servirti col piglio da condot­tiero, di conoscerti con aria da professore, di raggiungerti con regole sportive, di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato. Un giorno in cui avevi voglia di un po’ d’altro, hai inventato san Francesco, e ne hai fatto il tuo giullare. Lascia che noi inventiamo qualcosa per essere gente allegra e danziamo la vita con te”.

(Madeleine Delbrel)

 

Alcuni dicono: “Dio non esiste perché non posso vederlo”. Ma ci sono molte cose nella vita di ogni giorno che noi non possiamo vedere, eppure sappiamo che esistono. Per esempio non possiamo vedere il vento. Però sappiamo che c’è perché possiamo sentirlo e vederlo soffiare sulla chioma degli alberi e spazzare via le foglie. (Norman Warren)

 

 

 

IL CUORE VEDE OLTRE

La tragedia dell’oggi è che l’uomo non sa più di avere un cuore. Ubriaco di conoscenza, ha chiuso gli occhi dell’anima, i soli che sanno vedere l’oltre delle cose e degli eventi. Così è sommerso da mille miraggi e da mille illusioni. Rincorre la libertà, ma ignora che la sola libertà è nel cuore. Chi è libero dentro è sovrano. Rincorre la gioia, ma ignora che la gioia autentica è nel cuore. Chi ha nel cuore la gioia vede l’universo sorridergli. Rincorre la pace, ma ignora che la vera pace è nel cuore. Chi ha la pace nel cuore non solo è perfetto nella pace ma è l’unico che la dispensi realmente a piene mani. (W. Reich)

 

E’ meglio e più utile essere semplici e sapere poche cose e vivere l’amore in comunione con Dio piuttosto che presumere di sapere molte cose e di avere molta esperienza ma bestemmiare il proprio Dio. E’ meglio non cercare di sapere altro che Gesù Cristo, Figlio di Dio, crocifisso per noi, piuttosto che cadere nell’empietà, attraverso sottili questioni e minuzie di parole. (S. Ireneo di Lione, Contro le eresie, 2)

 

 

 

DIO TI AMA DA SEMPRE

Si, Dio ti ama!

Forse, per capire Dio, bisogna essere innamorati.

Innamorati di una persona,innamorati di tante persone,del mondo, della vita e anche di se stessi. Bisogna sapere cioè cosa significa amare e poi fare una moltiplicazione all'infinito: è cosi che Dio ci ama e ancora di più! Ma non ama cosi solo qualcuno oppure noi tutti insieme: no, ama cosi te, proprio te, cosi come sei, con quella faccia, con quel cuore. Dio ti ama tanto che non ha potuto fare a meno di te , di te proprio cosi come sei, e ti ha creato. Per farti cosi, ha inventato miliardi di combinazioni, di situazioni, di occasioni... Dio ti vedeva e ti amava cosi da sempre, da tutta l'eternità! Ma tu vivi dal momento in cui Dio ti ha amato. Da sempre. E da sempre puoi essere felice. Ma allora, come mai spesso non lo sei ? Sono tutte fantasie queste? o l'amore che Dio ha per te non può bastare a farti felice? L'amore non basta, se Dio non ti basta. Ma perché possa bastarti, devi imparare a conoscerlo, ad amarlo di più, a seguirlo. Devi lasciarti trasformare a poco a poco in quel che già sei,devi diventare quello che sei : un figlio del Padre. E tutto questo può avvenire se preghi,se sei disposto a vivere con Lui più intensamente, se gli permetti di dirti  che ti ama Dio non aspetta altro che riempire il tuo cuore di Sè e con se stesso vuole metterti il mondo tra le mani.

 

 

 

IL CANTO DEI NAVAJOS

Con un vuoto di fame in me, io cammino: il pane non potrà riempirlo. Con un vuoto di libertà in me, io cammino: nessuno potrà soffocarlo. Con un vuoto d’amore in me, io cammino: niente riesce a saziarlo. Con un vuoto di vita in me, io cammino: la morte non lo colmerà. Per sempre solo, per sempre triste, io cammino: per sempre vuoto, per sempre affamato, io cammino... Ora però con un Dio io cammino: ora però con un Dio io cammino! Io sono una preghiera in cammino: mai solo, mai piangente, mai vuoto. Un Dio grande ora è con me: con lui io ora, felice, cammino!

 

Un sacerdote aveva appena terminato una predica tutta incentrata sulla conversione dai peccati, quando un uomo lo raggiunse dicendo: " Lei parla del carico del peccato. Io non lo sento. Quanto pesa? Venti chili, cento chili?" "Mi dica, se lei posasse un carico di cento chili sul petto di un morto, questi lo sentirebbe?" "No, poiché è morto", rispose il giovane. Il sacerdote riprese: " Ebbene, l'uomo che non sente il carico del proprio peccato è morto moralmente".

 

“Ma basta con questo peccato: il senso del peccato è stato creato dalle religioni perché col peccato c’è bisogno del perdono, il perdono lo può dare solo Dio, e le religioni che dicono di parlare a nome di Dio ci marciano alla grande!” “Non parliamo di peccato… al massimo si può parlare di errori” “Sapesse quante persone, turbate, avvilite. ‘disturbate’ a volte anche gravemente per falsi sensi di colpa - diceva uno psichiatra – quante vite rovinate da paure causate  da una cattiva comprensione del peccato e dal timore della sua punizione” Abbiamo fatto di tutto per cancellare il peccato, ma le conseguenze del peccato ci sono sotto gli occhi tutti i giorni. Apri un giornale e scopri dove l’egoismo di una persona, di un popolo, di governanti può portare: per il mio orgoglio offeso arrivo ad uccidere, per un pezzo di terra ambito si crea una guerra con tutte le sue conseguenze di lutti, di sofferenze, di divisioni e di odi che covano e fanno nascere altre vendette, paure. Guarda nel tuo cuore e mentre gioisci nel trovarci onestà, gioia di vivere, capacità di amare vi trovi anche egoismo, incapacità di perdono, discriminazioni, avversioni, voglia di vendetta… No! Non è questione di vedere il peccato dappertutto, non è neppure questione di servirsi del peccato per creare sensi di colpa inutili o paure su cui far leva per tener buona la gente. E’ questione di vedere il quadro né tutto nero né tutto bianco perché sia il nero che il bianco a modo loro annullano i colori. Impariamo a riconoscere le cose per quello che sono e a chiamarle con il loro nome giusto. L’errore è errore, il peccato è peccato, le conseguenze del peccato ci sono e rimangono, il perdono è perdono e la misericordia è misericordia!

 

 

 

PUNTI DI VISTA

Un giorno un professore di filosofia sale in cattedra e, prima di iniziare la lezione, toglie dalla cartella un grande foglio bianco con una piccola macchia di inchiostro nel mezzo. Rivolto agli studenti, domanda: “Che cosa vedete qui?” “Una macchia di inchiostro”, risponde qualcuno. “Bene, continua il professore così sono gli uomini: vedono soltanto le macchie, anche le più piccole, e non il grande, stupendo foglio bianco che è la vita!”. Guarda la vita con gli occhi dello Spi­rito e vedrai ancora le macchie ma sul grande foglio dell’amore.

 

 

 

PECCATO

Non è agevole oggi parlare di peccato. Occorre superare una moda, rompere la congiura del silenzio a cui tutti sembriamo legati. E ancor più occorre tener conto di molti studi fatti in campo di sociologia e di psicologia, studi che han rilevato la povertà, il condizionamento della nostra libertà. Ma forse il motivo della difficoltà sta più a fondo. Sta nel fatto che non ci si sopporta, quando ci si guarda dentro per constatare ciò che si è. Ci impauriamo, ci indispettiamo con noi stessi quando vengono a galla le nostre vigliaccherie e le ricacciamo giù, nel vano tentativo di evitare il problema. Uno non si accetta se non sa di essere accettato da un Altro che lo conosce e non lo condanna. Ecco il problema sta proprio qui. Inizio a sapere me stesso quando mi metto in ginocchio di fronte a Dio che mi sa, e non si stupisce di me, e non mi rifiuta, e mi perdona; e io gli chiedo chi sono ed egli me lo dice con l’assoluzione: va in pace.

(S. Maggiolini, Scommettere su Dio, Piemme.)

 

 

 

PECCATO

Perché falliscono matrimoni, perché si incrinano le amicizie, perché ci sono incomprensioni e fossati fra genitori e figli, tra sposi e suoceri, fra insegnanti e alunni...?  Una delle cause è il fatto che non sappiamo accettare l'altro per quello che è, ma vogliamo tutti i costi provare a cambiarlo secondo i nostri parametri. Ciò ci fa sentire i migliori degli altri e ci fa dimenticare che siamo tutti, nessuno escluso  sotto il dominio del peccato. Perciò non abbiamo il diritto di sentirci migliori degli altri né di giudicarli ma dobbiamo, invece, amarli come noi stessi. Consideriamo ora il comportamento di Dio nei nostri riguardi: egli ci ha amati non per quello che avevamo fatto, non perché fossimo buoni e amabili, ma per quello che siamo, così come siamo. È paziente con noi, conosce la nostra pochezza, non si aspetta che cambiamo carattere, non guarda all'apparenza, ma al cuore, e, conoscendo i nostri limiti, ci ha amati per primo, ci ha liberati dal dominio del peccato che sia dato il dono della vita eterna, per mezzo della fede in Cristo, senza che noi lo meritassimo.

 

 

 

PECCATO IMPERDONABILE

C’è al mondo un peccato che sia irremissibile? Un peccato di fronte al quale Dio si arresti come impotente a concedere la sua misericordia?… Se si vuole ce n’è uno. E’ quello di chi si rifiuta di inginocchiarsi e di domandare serenamente perdono a Dio. In questo caso Dio non può nulla: non forza le porte, non impone l’assoluzione. Al di là di questa paura di essere perdonati, non esiste ostacolo all’amore invadente di Dio. (S. Maggiolini Scommettere su Dio Piemme)

 

 

 

NASCONDERSI DAVANTI AL PECCATO

Si legge nelle “rivelazioni” di Giuliana di Norwich:

“Spesso, quando ci troviamo davanti al nostro peccato e alla nostra miseria, ci prende una paura così forte e una vergogna così grande che quasi non sappiamo più dove andare a nasconderci. Ma allora Gesù, la nostra madre cortese, non vuole che noi fuggiamo, perché niente gli dispiacerebbe di più: egli vuole invece che noi ci mettiamo nella situa­zione del bambino. Quando il bambino è inquieto e ha paura, corre in fretta da sua madre, e se non può far altro grida con tutte le sue forze perché sua madre lo aiuti. E le dolci mani graziose della nostra madre sono pronte e diligenti nel curarsi di noi, perché Gesù esercita proprio l’ufficio di una gentile nutrice, che non ha altro da fare se non occuparsi della salvezza del suo bambino”.

 

 

 

RICEVERE IL PERDONO DI DIO

Una delle più grandi provocazioni della vita spirituale è ricevere il perdono di Dio. C'è qualcosa in noi, esseri umani, che ci tiene tenacemente aggrappati ai nostri peccati e non ci permette di lasciare che Dio cancelli il nostro passato e ci offra un inizio completamente nuovo. Qualche volta sembra persino che io voglia dimostrare a Dio che le mie tenebre sono troppo grandi per essere dissolte. Mentre Dio vuole restituirmi la piena dignità della condizione di figlio, continuo a insistere che mi sistemerò come garzone. Ma voglio davvero essere restituito alla piena responsabilità di figlio? Voglio davvero essere totalmente perdonato in modo che sia possibile una vita del tutto nuova? Ho fiducia in me stesso e in una redenzione così radicale? Voglio rompere con la mia ribellione profondamente radicata contro Dio e arrendermi in modo così assoluto al suo amore da far emergere una persona nuova? Ricevere il perdono esige la volontà totale di lasciare che Dio sia Dio e compia ogni risanamento, reintegrazione e rinnovamento. (Henry J.M. Nouwen, L'abbraccio benedicente)

 

 

 

MISERICORDIA DI DIO

Poteva esserci misericordia verso di noi infelici maggiore di quella che indusse il Creatore del cielo a scendere dal cielo e il Creatore della terra a rivestirsi di un corpo mortale? ...Quella stessa misericordia indusse il Signore del mondo a rivestirsi della natura di servo, di modo che pur essendo pane avesse fame, pur essendo la sazietà piena avesse sete, pur essendo la potenza divenisse debole, pur essendo la salvezza venisse ferito, pur essendo vita potesse morire. E tutto questo per saziare la nostra fame, alleviare la nostra arsura, rafforzare la nostra debolezza, cancellare la nostra iniquità, accendere la nostra carità.

 

 

 

PICCOLE COSE

Il piccolo stagno sonnecchiava perfettamente immobile nella calura estiva. Pigramente seduto su una foglia di ninfea, un ranocchio teneva d'occhio un insetto dalle lunghe zampe che stava spensieratamente pattinando sull'acqua. Presto sarebbe stato a tiro e il ranocchio ne avrebbe fatto un solo boccone, senza tanta fatica. Poco più in là, un altro minuscolo insetto acquatico, un ditisco, guardava in modo struggente una graziosa ditisca. Non aveva il coraggio di dichiararle il suo amore e si accontentava di ammirarla da lontano. Sulla riva a pochi millimetri dall'acqua un fiore piccolissimo, quasi invisibile, stava morendo di sete. Proprio non riusciva a raggiungere l'acqua, che pure era così vicina. Le sue radici si erano esaurite nello sforzo. Un moscerino invece stava annegando; era finito in acqua per distrazione. Ora le sue piccole ali erano appesantite e non riusciva a risollevarsi, e l'acqua lo stava inghiottendo. Un pruno selvatico allungava i suoi rami sullo stagno. Sulla estremità del ramo più lungo, che si spingeva quasi al centro dello stagno, una bacca scura e grinzosa, giunta a piena maturazione, si staccò e piombò nello stagno. Si udì un "pluf!" sordo, quasi indistinto, nel gran ronzio degli insetti. Ma dal punto in cui la bacca era caduta in acqua, solenne e imperioso, come un fiore che sboccia, si allargò il primo cerchio nell'acqua, lo seguì il secondo, il terzo, il quarto... L'insetto dalle lunghe zampe fu carpito dalla piccola onda e messo fuori portata dalla lingua del ranocchio. Il ditisco fu spinto verso la ditisca e la urtò: si chiesero scusa e si innamorarono. Il primo cerchio sciabordò sulla riva e un fiotto d'acqua scura raggiunse il piccolo fiore che riprese a vivere. Il secondo cerchio sollevò il moscerino e lo depositò su un filo d'erba della riva, dove le sue ali poterono asciugare. Quante vite cambiate per qualche insignificante cerchio nell'acqua.

 

Tutti conosciamo la storia di quella contadina che andava al mercato portando sul capo in una cesta diverse dozzine d’uova e nel frattempo pensava: “Venderò le uova e con il ricavato comprerò una coppia di conigli: Questi fanno in fretta a filiare. Con la vendita dei conigli comprerò una coppia di maialini. I maiali rendono e presto potrò comprare mucche e toro e poi…finalmente avrò una fattoria tutta mia!” E nello sfregare le mani approvò con la testa e la cesta cadde e le uova si ruppero. Due piccole cose: un po’ di uova possono aprire a grandi progetti e un inconsulto gesto del capo può distruggere una valanga di cose. Ci hanno educati alla teoria dell’eroe, di quello che fa cose mirabolanti. Noi lo ammiriamo ma non siamo capaci di fare altrettanto e allora o restiamo delusi o addirittura ci consideriamo degli incapaci, invece sono le piccole cose quelle che contano.

 

"Sappiamo bene, noi diceva Madre Teresa, che ciò che facciamo non è che una goccia nell'oceano. Ma, se questa goccia non fosse nell'oceano, vi mancherebbe. Se non avessimo le nostre scuole nei quartieri poveri — non sono che delle piccole scuole primarie, in cui insegniamo ai bambini ad amare il lavoro, a tenersi puliti — se non avessimo queste piccole scuole, queste migliaia di bambini sarebbero lasciati alla strada. Non abbiamo scelta, tra il prenderli e dar loro quel poco che possiamo o lasciarli alla strada. E' lo stesso per il nostro ricovero per moribondi. Se non avessimo questo ricovero, quelli che abbiamo raccolto sarebbero morti nella strada. Penso che valeva la pena avere questo ricovero, anche per questi soli pochi uomini, perché morissero in bellezza, nella pace di Dio.".

 

 

 

UN SOLO GIORNO

Ognuno può portare il suo fardello, per quanto pesante, fino al cader della notte. Ognuno può compiere il suo lavoro, per quanto pesante, per un giorno.

Ognuno può vivere ed essere dolce, paziente, amorevole, puro fino a che il sole tramonti. E questo è l’intero significato della vita. (Robert L. Stevenson)

 

 

 

QUANDO LA VITA È UNA FESTA

Ciascun atto docile ci fa ricevere pienamente Dio e dare pienamente Dio in una grande libertà di spirito. Allora la vita è una festa. Ogni piccola azione è un avvenimento immenso nel quale ci viene dato il paradiso. Non importa che cosa dobbiamo fare: tenere in mano una scopa o una penna, parlare o tacere, rammendare o fare una conferenza, curare un malato o usare il computer. Tutto ciò non è che la scorza della realtà splendida: l'incontro dell'anima con Dio rinnovata ad ogni minuto,  che ad ogni minuto si accresce in grazia, sempre più bella per il suo Dio. Suonano? Presto, andiamo ad aprire: è Dio che viene ad amarci. Un'informazione?...Eccola: è Dio che viene ad amarci. È l'ora di metterci a tavola? Andiamoci: è Dio che viene ad amarci.  (Madeleine Delbrel)

 

 

 

COME LA TERRA...

L'umiltà non è, come talvolta si è portati a pensare , lo sforzo, talora goffo, di chi ha la pretesa di convincersi che è peggiore di tutti gli altri e si ostina a convincere anche gli altri attraverso un comportamento per lo meno poco naturale. L'umiltà è la condizione della terra. La terra è sempre lì. Nessuno se ne meraviglia. Nessuno le bada. Tutti la calpestano. La terra è il luogo che accoglie ogni sorta di avanzi, di rifiuti. E' lì, silenziosa: accetta tutto e trasforma in ricchezza nuova tutti questi detriti in decomposizione. Riesce a trasformare addirittura la corruzione stessa in fermento di vita nuova, recettiva al sole, recettiva alla pioggia, pronta a ricevere qualsiasi seme... (Anthony Bloom)

 

 

 

OGGI

Credere, amare, obbedire, servire, oggi. Essere contento di ciò che ho, oggi. Fare un piacere ai miei amici, rendere un servizio, oggi. Accettare il mio lavoro, il mio dovere, oggi. Accettare la mia debolezza, la mia sofferenza, oggi. Manifestare maggior pazienza, oggi Essere fedele, oggi. Oggi è la mia eternità felice. (Andrè Liengme)

 

 

 

DALLE CREATURE AL CREATORE

IL CAMMELLO E LA SABBIA

Il cammello passava attraverso il deserto; le sue zampe calpestavano i granellini di sabbia ed egli, superbo e trionfante, diceva: Vi schiaccio, vi schiaccio!

I granellini si lasciavano schiacciare, ma si alzò il vento, il terribile ‘simoun’. Su, granellini, disse, unitevi, fate corpo insieme a me; flagelleremo insieme il bestiame e lo seppelliremo sotto montagne di sabbia! Questo racconto preso dal libro “Illustrissimi” che ancor patriarca aveva scritto Albino Luciani prima di diventare il papa dei 33 giorni, Giovanni Paolo I, ci invita a guardar le cose non con il senso del possesso o della superbia, ma con gli occhi della curiosità, della meraviglia, del voler cogliere i segni.

 

Anche dal filo d’erba imparo: calpestato si solleva e guarda il cielo come una cosa sua. Anche dalla goccia imparo: racchiude tutti i coloro dell’arcobaleno. Anche dall’ olivo imparo: ne ha passate tante eppure continua a prodigare oli e bagliori di argento. Imparo dall'alba che continua a nascere anche se nessuno assiste allo spettacolo. Imparo dalle piante che sanno morire in piedi. Osservo e imparo dalla candela: Ogni luce ha il suo prezzo: consuma chi la offre. Ogni luce ha la sua gioia: illumina un cammino. Ogni luce ha il suo futuro, abitua all’eternità

 

Anche i colori urlano: li guardo, li sfioro, li odoro, li sento. Anche i colori urlano: Bianca liturgia di mughetto, liturgia rossa di papavero, gialla liturgia di ginestra. Leggo le sue impronte digitali. Leggo… e adoro.

 

Non è il poeta a far la poesia, ma la poesia nascosta in ogni cosa a fare il poeta. Non è il musicista a far la musica ma è la musica diffusa in tutte le briciole del mondo che cattura il musicista. Non è lo scienziato a fare le leggi dell’universo, ma sono le leggi che si lasciano scoprire dallo scienziato. Ecco: l’uomo non crea niente, chiede semplicemente qualcosa, come il povero.

 

Non sprechiamo i bambini! Sono tutti musicali. Sono carichi di futuro. Hanno occhi da estasi. Non sprechiamo i bambini! Il silenzio dei bimbi fa nascere la notte, fa scendere il freddo. Che cosa succederebbe se tutti i bambini sparissero dal mondo? Non sprechiamo i bambini sono l’unica cosa innocente che ci è rimasta, le sole facce sveglie della creazione, i soli visi pieni d’anima, il solo vero volto di Dio.

 

A pensarci, tutti i nostri gesti sono importanti, tutti vengono conservati nella grande memoria dell’eternità e finiscono così per avere un valore infinito nel tempo. Non esistono atti insignificanti, così come non esistono uomini insignificanti. Falsa è la filosofia che oggi sostiene il contrario e predica l’inutilità delle cose, l’inutilità degli uomini. Nulla dev’essere buttato via, niente dev’essere considerato precario. Se è nella natura dell’ uomo lavorare per l’infinito, come si può gettar via qualcosa? (Ermanno Olmi)

 

 

La preghiera dei “come”

Fammi tenero come la leccata della capra madre, verticale come il canto del gallo, delicato come il guscio dell’uovo. Fammi dritto come la palma, esatto come la luna, benigno come l’ombra dell’albero. Fammi libero come l’aria, compiuto come tela di ragno, vergine come miele. Fammi profondo come il cielo, profumato come fragola di prato, pietoso come pioggia sul deserto. Fammi pulito come l’inverno, colorito come la primavera, ardente come l’estate, mansueto come l’autunno. Fammi immenso come la tua creazione, pieno di te come il biscotto inzuppato di vino. (Pino Pellegrino)

 

Gli alberelli, i cespugli e i fiori devono soffrire quando mi vedono passare frettoloso e senza lo sguardo per la festa che mi preparano, per la gioia che mi offrono. Rinascono per me. Si vestono di foglie e di fiori per me, profondono sul mattino i loro profumi, tra il bacio della rugiada e quello del sole, per me: vale a dire per uno che passa distratto e non li saluta neanche: neanche un inchino, neanche un sorriso…come se i fiori del mio giardino non fossero libri più belli di quelli che tengo sul tavolo. (Don Primo Mazzolari)

 

Quante cose si possono fare in un giorno! Mantenere una promessa. Dimenticare uno sgarbo. Riparare un torto. Eliminare un rancore. Trovare tempo, anche un pizzico soltanto per un importuno. Salutare un bambino. Canticchiare senza ragione. Alzare gli occhi al cielo, non importa che sia giorno o notte, che sia azzurro o grigio: è sempre cielo. Cercare il sole. Parlare alle stelle. Raccogliere un fiore. Pensare un attimo a Dio!” (G. Bonetto)

 

Abbiamo imparato a nuotare come i pesci. Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, abbiamo imparato a solcare gli spazi come meteore. Quando impareremo a camminare sulla terra come uomini?

 

Ero triste come il gabbiano che ha perso il mare; ero inutile come un orologio senza lancette; ero ripugnante come una cicca umida; ero freddo come gli occhi del barbagianni; ero noioso come una goccia che cade dal rubinetto; ero chiuso come un riccio appallottolato, ero povero come un albero di fico sotto la neve, ero vuoto come un giardino senza profumi…. Ho imparato ad amare e sono diventato nuovo come il cielo dopo il temporale; allegro come un’albicocca sotto il sole di luglio; dolce come un biscotto inzuppato di zabaglione; delicato come il nido nella tana del coniglio; fiammante come i fiori rossi, buono come il mare che regge chi si abbandona.

 

Perché arrivi lo stupore abbiamo bisogno di una pedagogia dei sensi. Bisogno di assaporare la mora di siepe; bisogno di udire la cicala e il grillo, il tonfo della castagne e il rumore del mare, Bisogno di toccare la neve e le foglie; bisogno di sentire la docilità della terra battuta, la sassosità dei lastroni di pietra; bisogno di odorare le caldarroste… Ecco abbiamo bisogno di riprendere contatto con la natura; bisogno di rompere le scatole che ci comprimono ed asfissiano. Scatole è l’automobile, il telefono , la televisione, l’ascensore…Tutte le volte che possiamo andiamo a piedi e fermiamoci ad ammirare. Quante le occasioni mancate del nostro stupore! Perché arrivi lo stupore occorre intenerire il cuore. Quando diciamo queste cose il pensiero corre a quello spirito pieno di incanto che fu il grande Papa Paolo VI. Ecco con quali accenni si esprimeva nel suo testamento: “Questo mondo immenso, misterioso, magnifico, questo universo dalle mille forse, dalle mille leggi, dalle mille bellezze, dalle mille profondità. E’ un panorama incantevole. Pare prodigalità senza misura. Assale a questo sguardo retrospettivo il rammarico di non averlo ammirato abbastanza, questo quadro, di non aver osservato quanto meritavano, le meraviglie della natura, le ricchezze sorprendenti del macrocosmo e del microcosmo. Perché non ho studiato abbastanza, esplorato, ammirato la stanza nella quale la vita si svolge? Quale imperdonabile distrazione, quale riprovevole superficialità!”

 

Non uccidiamo l’incanto! Quando guardi una cosa non dire il solito: “Chissà quanto vale?”, ma anche Quanto è bella!” Coltivare lo stupore è educare la parte più delicata dell’uomo. Chi si stupisce ama senza cupidigia. Chi si stupisce ringrazia nella forma più delicata. Chi si stupisce è in pace con sé e con il creato. Chi si stupisce ad un certo momento si inginocchia.

 

Fa’. O Signore che non perda mai il senso del sorprendente. Concedimi il dono dello stupore! Donami occhi rispettosi del tuo creato, occhi attenti, occhi riconoscenti. Signore insegnami a fermarmi: l’anima vive di pause; insegnami a tacere: solo nel silenzio si può capire ciò che è stato concepito in silenzio.

Ovunque hai scritto lettere: fa’ che sappia leggere la tua firma dolce nell’erba dell’aiuola pettinata,la tua firma forte nell’acqua del mare agitata. Hai lasciato le tue impronte digitali: fa che sappia vederle nei puntini delle coccinelle, nel brillio delle stelle. Tutto è tempio, tutto è altare! Rendimi, Signore, disponibile alle sorprese:  comprenderò la liturgia pura del sole, la liturgia mite del fiore; sentirò che c’è un Filo conduttore in tutte le cose… e salirà il voltaggio dell’anima. Amen. (Pino Pellegrino)

 

 

 

AUGURIO FINALE                        

Auguri a tutti di essere: Abbastanza giovani per essere sempre allegri. Abbastanza adulti per fare le cose seriamente. Abbastanza forti per non essere subito stanchi. Abbastanza saggi per sapersi moderare. Abbastanza sereni per riconoscere i propri limiti. Abbastanza impegnati per cercare di superarli. Abbastanza spiritosi per non prendersi troppo sul serio. Abbastanza generosi per prendere sul serio gli altri!

     
 

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