Archivio

 
     
     

SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI
DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

http://digilander.libero.it/don_franco_web

a cura di: don_franco_locci@libero.it

MAGGIO 2009

 

VENERDI’ 1 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: San Giuseppe lavoratore; Santa Berta; Santa Fiorina; Santa Grata.

Una scheggia di preghiera:

 

OGNI ORA DI VITA E’ UN DONO DEL TUO AMORE.

 

Saggezza popolare: Se non fumi e non bevi, morirai sano. (Prov. Russo)

Hanno detto: La Vergine Maria è stata sollevata in alto perché non pesava di orgoglio. (Pedron)

Un aneddoto: S. Giovanni Maria Vianney entrava ad Ars, parrocchia da tempo trascurata. Gli dissero: Qui non c’è più niente da fare! Egli disse: Quindi qui c’è tutto da fare!

Parola di Dio nella festa di San Giuseppe Lavoratore: Gn. 1,26-2,3; opp. Col.3,14-15.17.23-24 Sal 89; Mt. 13,54-58

 

Col 3,14-15.17.23-24

Dalla lettera ai Colossesi

Fratelli, al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti! E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre. Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l'eredità. Servite a Cristo Signore. Parola di Dio

 

“QUALUNQUE COSA FACCIATE FATELA DI CUORE COME PER IL SIGNORE E NON PER GLI UOMINI”. (Col.3,23)

Mi sembra che questa parola di Dio si adatta molto bene alla festa di oggi in onore di Giuseppe, il lavoratore. Infatti Giuseppe tutto accetta con serenità dal Signore e nell’umiltà e nel nascondimento da senso a tutte le cose grandi o piccole, belle e meravigliose o difficili della sua vita. Forse proprio perché sono stato fortunato e faccio volentieri il mio “mestiere” di prete, spesso mi sono chiesto quanto debba essere difficile fare un lavoro che non piace o a cui non si è trovata una motivazione. Eppure mai come in questi giorni di chiusura di tante ditte si capisce il valore di un posto di lavoro. E allora perché sprecare o vivere malamente tante ore della mia vita? Non vale la pena dare un senso anche alle cose più banali, più abituali del nostro vivere? La fabbrica la si può subire o la si può vivere, l’andare a far la spesa e il far da mangiare può essere la cosa più noiosa o può diventare un arte d’amore, persino il letto di un ospedale o la presunta inutilità di un vecchio può trovare un suo significato profondo.  Perché lasciarci scippare tanto tempo della nostra vita senza viverlo?

 

 

SABATO 2 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: Sant’ Atanasio; Santa Mafalda di Portogallo.

Una scheggia di preghiera:

 

TU SOLO HAI PAROLE DI VITA ETERNA.

 

Saggezza popolare: Senza sofferenza non c'è scienza. (Prov. Russo)

Hanno detto: C’è una cosa più importante della tua azione: la preghiera; c’è una forza più efficace della tua parola: l’amore. (C. Carretto).

Un aneddoto: Due giovani si amavano; in attesa del matrimonio pregavano così: Signore, ci piacerebbe tanto che anche tu fossi presente alla nostra festa! E Gli inviarono il biglietto di partecipazione. E Dio fu presente alle nozze, che con lui divennero più belle. Due sposi si amavano e pregavano così: Signore ci piacerebbe tanto che tu fossi sempre presente nel nostro amore, ospite gradito nella nostra casa, primo amico dei nostri figli. E il Signore fu presente, fu ospite gradito, primo amico dei figli. Due coniugi si amavano e pregavano così: Signore ci piacerebbe tanto che tu accompagnassi i nostri figli nella vita e noi due nella nostra vecchiaia. E il Signore guidò i figli come amico, accompagnò i vecchi genitori nella sera della vita. E quando fu l’ora li invitò con gioia al banchetto eterno del suo amore.

Parola di Dio: At 9, 31-42 / Sal 115 / Gv 6, 60-69

 

Vangelo Gv 6, 60-69

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, molti tra i discepoli di Gesù, dissero: “Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?”. Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: “Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? E’ lo Spirito che da  la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono”. Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E continuò: “Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio”. Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?”. Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. Parola del Signore

 

“DA ALLORA MOLTI DEI SUOI DISCEPOLI SI TIRARONO INDIETRO E NON ANDAVANO PIU' CON LUI”. (Gv. 6,66)

Negli anni della mia vita da prete ho fatto tante esperienze diverse: ho condiviso la gioia di chi, magari per la prima volta scopriva la bellezza del vangelo, di chi la viveva con gran fede, ma sono anche stato dispiaciuto perché spesso ho visto cadere la Parola del Signore in persone, che almeno a prima vista, la lasciavano morire in un cuore inaridito da ritualità, indifferenze, vacuità. Ma una delle esperienze più brutte è vedere delle persone allontanarsi da Gesù per dei motivi che riguardano poco Gesù. Quanta gente ha confuso o confonde il proprio parroco con Gesù e per un prete che si comporta malamente si butta via il prete, i preti e Gesù Cristo. Quanta gente confonde la chiesa (e l’ho scritto minuscolo apposta) con Gesù o vorrebbe vedere subito una Chiesa che, trionfante, sia senza peccato (dimenticando che la Chiesa è formata anche da me piccolo peccatore). Spesso succede come in quel proverbio che dice di far attenzione a non buttar via con l’acqua anche il bambino. Chi sa perché, però, con gli anni mi sono convinto che spesso si dice di lasciare la chiesa, di lasciare Gesù, ma si abbandona una figura che noi ci eravamo fatto di essa o di Lui che non corrispondeva alla realtà. Che cosa ne dite di questo pensiero?

 

 

DOMENICA 3 MAGGIO IV DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA ANNO B

Tra i santi ricordati oggi: Santi Filippo e Giacomo; Sant’Alessandro I, Papa.

Una scheggia di preghiera:

 

PARLA, SIGNORE, PERCHE’ VOGLIO ASCOLTARTI.

 

Saggezza popolare: Una goccia di catrame rovina una botte di miele. (Prov. Russo)

Hanno detto: L’apostolato e la propaganda non hanno nulla in comune. Il vero apostolato testimonia per mezzo della vita e questa testimonianza attira al pari della gioia. (J. Saliège)

Un aneddoto: Vi era una volta un uomo e una donna che si amavano. Lei si chiamava Nora, lui Teoroi. Vivevano insieme, felici, nello splendore di Taiti. Siccome non avevano figli, pensano di adottarne uno ma in questo stesso anno Nora s’ammala. Ha la lebbra! Teoroi, un povero carpentiere, fa di tutto per guadagnare qualcosa, per curarla. I parenti cercano di scoraggiarlo. La lebbra progredisce. Passano quattro anni. Teoroi ha tentato di tutto, ha venduto tutto. Nora, la sua amata, la sua vita, deve essere rinchiusa nel lebbrosario; lui deve rimanere fuori. Gli si fanno altre proposte di matrimonio, ma Teoroi le rifiuta tutte: non può vivere senza Nora.

Nora nel lebbrosario si aggrava: guarda sempre la porta d’entrata, aspetta sempre che arrivi. Perché è sicura che arriverà. E Teoroi un giorno venne! Vinte tutte le difficoltà amministrative e burocratiche, è venuto a vivere con Nora. Lui è sano. Nora con lui quasi ringiovanisce. Adottano nel lebbrosario un piccolo ammalato. Teoroi poco per volta si fabbrica la sua casetta. Possono vivere ancora felici, con il bimbo che gioca.

Parola di Dio: At 4, 8-12 / Sal 117 / 1 Gv 3, 1-2 / Gv 10, 11-18

 

Vangelo Gv 10, 11-18

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù disse: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio”. Parola del Signore

 

“IO SONO IL BUON PASTORE” (Gv. 10,11)

Nella quarta domenica di Pasqua Gesù si presenta come il pastore buono che offre la vita per il gregge, noi siamo invitati a fare nostri i sentimenti e gli atteggiamenti del buon pastore: la disponibilità al dono di sé e al sacrificio per gli altri; la capacità di costruire relazioni umane; l’apertura missionaria nei confronti di chi non ha ancora maturato una scelta di fede. Oggi la Chiesa celebra la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni: si prega perché ci sia chi continui, generosamente, ad assumere il dono del ministero pastorale nella Chiesa. Ma attenzione che non diventi una preghiera che riguarda “altri”. Sia invece una preghiera affinché ogni cristiano possa prendere la sua parte di responsabilità nella comunità cui appartiene: come mi posso impegnare all’interno della mia parrocchia? Di che cosa c’è bisogno? Quale servizio posso assumere per il bene della comunità? Come posso offrire il mio contributo? Il Signore chiama tutti a costruire il suo Regno!

 

LUNEDI’ 4 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: San Floriano, San Gottardo; San Silvano

Una scheggia di preghiera:

 

SEI TU IL BUON PASTORE CHE CI GUIDA.

 

Saggezza popolare: Per un uomo povero prepararsi per un viaggio significa cingere sé stesso con una cintura. (Prov. Russo)

Hanno detto: Considero la fede come un dono soprannaturale di Dio, ma non ho mai trascurato alcun mezzo per rafforzarla in me sempre di più e per cacciare ogni dubbio che la potesse insidiare. (A. Volta)

Un aneddoto: Mons. Sarto era stato consacrato Vescovo e, prima di raggiungere il seggio pontificale di Mantova, volle recarsi al pae­se natio per salutare la vecchia mamma di 82 anni; la sua mamma che, giorno e notte, pregava per il figlio sacerdote. Non appena essa lo vide, in abito episcopale, varcare la soglia della modesta dimora, il suo cuore di mamma esultò di gioia e provò, insieme, un senso di profondo rispetto. Durante l’affettuoso colloquio, il Vescovo le mostrò l’anello pastorale e, scherzando, le disse: Guarda, mamma cara, che bell’anello mi ha regalato il buon Dio! Sua madre lo contemplò rispettosamente e poi, indicando il sottile cerchietto d’oro che recava alla mano incallita, ricordo e simbolo del suo matrimonio, gli disse: Non porteresti, ora, l’anello episcopale se tua madre non avesse portato, prima, questa ‘fede’. Commosso il Vescovo cadde in ginocchio e baciò rispettosamente la dolce mano materna, mentre una lacrima cadeva sull’anello della mamma.

Parola di Dio: At 11, 1-18 / Sal 41 / Gv 10, 1-10

 

Vangelo Gv 10, 1-10

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, disse Gesù: “In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei”. Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: “In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza”. Parola del Signore

 

“CHI NON ENTRA NEL RECINTO DELLE PECORE DALLA PORTA MA VI SALE DA UN’ALTRA PARTE, E’ UN LADRO E UN BRIGANTE”. (Gv.10,1)

Cristo può dire a voce alta di essere il pastore buono, non un “mercenario”. Egli sta con le pecore “non per lo stipendio”, ma per farle vivere e farle crescere. Ci sta perché le conosce e le ama. Pastore è Gesù, ma anche chi ne segue responsabilmente le orme: il papa, il vescovo, il sacerdote, come anche il genitore, il maestro, l’imprenditore, il politico, il capo ufficio, ognuno che ha una responsabilità sociale. S’impone perciò una domanda: “Sono buono o mercenario?”.Sono mercenario se nel ruolo che occupo prevale il mio interesse e non quello altrui; il mio stipendio sul servizio da offrire; la mia carriera sul bisogno del prossimo; crescere a scapito degli altri, soddisfare se stessi anziché gli altri; vivere “sugli altri” e non “per gli altri”; salire sulle spalle dei poveri anziché caricarseli sulle proprie spalle; impostare la vita sul prendere e sull’avere anziché sul donare. Mercenario è anche colui che impedisce che gli altri crescano così da non spartire con nessuno lo spazio che occupiamo; è anche lasciare che “crepi il mondo pur di salvare se stessi”.

 

 

MARTEDI’ 5 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: Sant’Angelo, monaco; Santa Irene da Lecce.

Una scheggia di preghiera:

 

LA TUA PAROLA, SIGNORE E’ PAROLA DI VITA ETERNA.

 

Saggezza popolare: Il gatto timido fa il topo coraggioso. (Prov. Scozzese)

Hanno detto: Portate sempre la gioia. Il bene va fatto con gioia: se siete tristi, non potete parlare di Dio a nessuno, perché Dio è felice (Madre Teresa di Calcutta).

Un aneddoto: Quando a Roma i cristiani ebbero costruito le loro chiese, s’accorse San Giovanni che il Verbo era senza chiesa e andò da Gesù per farglielo notare. Hai ragione, disse Gesù. E chiamò Simon Pietro, che era gran costruttore, e gli ordinò di cominciare. Si rallegrò Simon Pietro, ma subito si spaventò, perché s’accorse di non sapere con che cosa l’avrebbe fatta. Chiamò allora San Matteo e San Matteo gli portò le pietre. Il resto, gli disse domandalo a San Marco. San Marco gli portò la calce. Non ha altro da darmi? Il resto domandalo a San Luca e San Giovanni. San Luca gli portò le colonne per le navate e San Giovanni i marmi per l’altare e l’oro pel tabernacolo. Vide d’aver il più bel materiale che mai si fosse veduto al mondo e si mise tutto allegro all’opera Simone Pietro. Ma il tempo passava, le forze gli mancavano e ne aveva gettate appena le prime fondamenta. Allora si rivolse al Cristo Gesù, Signore, dammi vita a poter continuare. Lascia ogni cosa così come sta e vieni su a raggiungermi gli rispose Gesù. Sappi infatti che ciascun uomo che passi accanto a questa chiesa, aggiungerà la sua pietra al muro e il suo mestolo di calce, e ciascuna generazione d’uomini solleverà la sua colonna. (M. POMILIO, Il Quinto Evangelio)

Parola di Dio: At 11, 19-26 / Sal 86 / Gv 10, 22-30

 

Vangelo Gv 10, 22-30

Dal vangelo secondo Giovanni.

Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno. Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: “Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente”. Gesù rispose loro: “Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; ma voi non credete, perché non siete mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola”. Parola del Signore

 

“LE MIE PECORE ASCOLTANO LA MIA VOCE E IO LE CONOSCO ED ESSE MI SEGUONO”. (Gv. 10,27)

Su questo “essere conosciuti” e “riconoscere” si basa un rapporto che è il fondamento del cristianesimo. Dal rapporto con Cristo, che è fatto di ascolto e di risposta, di ricerca e di scoperta, di domande e di risposte, nasce una fede autentica, che si misura poi con l’impegno quotidiano, con le sfide di questo tempo. Dal rapporto con Cristo il discepolo attinge la forza per andare avanti e affrontare anche i sentieri ripidi e nello stesso tempo in esso trova quella misericordia smisurata che rialza ogni volta che si è caduti e si è sperimentata la propria fragilità. Dal rapporto con Cristo vengono la luce e la speranza necessarie per vivere in spirito di servizio e prendere ogni giorno la propria croce, seguendo il proprio Signore. E’ a questo rapporto che le giovani generazioni domandano di essere avviate, accompagnate. E attendono adulti, innanzitutto genitori, che si richiamano non alla tradizione e neppure ai riti, ma alla loro esperienza personale di Gesù Cristo e arrischiano una parola che nasce dalla ...vita.

 

 

MERCOLEDI’ 6 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: San Domenico Savio, Sant’Evodio di Antiochia.

Una scheggia di preghiera:

 

TU MI SOLLEVI DAL PECCATO, DIO DI MISERICORDIA.

 

Saggezza popolare: L'albero che è nato storto non raddrizzerà mai il tronco. (Prov. Spagnolo)

Hanno detto: O uomini, è inutile che cerchiate in voi stessi il rimedio per le vostre miserie. Tutto il vostro lume può soltanto arrivare a capire che in voi non troverete la soluzione. (B. Pascal)

Un aneddoto: San Francesco amava tutti, ma le sue predilezioni erano per i poveri. Nei suoi conventi i poveri avevano diritto all’ospitalità. Diceva: Chi maltratta un povero, maltratta Gesù. Quando faceva elemosina, lo faceva con un garbo tale da sembrare lui il beneficato. Ai poveri aveva dato tutto; per loro amore si era fatto simile a Gesù povero e umiliato. Un giorno giunse alla porta del convento la madre di un frate a chiedere l’elemosina; ma purtroppo non vi era più niente in casa, neppure un pezzo di pane. Allora Francesco, non sapendo cosa di utile donarle, vide che in convento c’era il libro più prezioso per i frati: il manoscritto del Nuovo Testamento. Lo prese, lo consegnò alla donna, dicendole: sorella, vendi questo libro e possa così tu avere denaro per le tue necessità! Così l’Ordine dei Francescani perse la prima copia del Nuovo Testamento, che sarebbe potuto diventare un documento storico di grandissimo valore; ma ne conservò così la sostanza, impressa nei cuori.

Parola di Dio: At 12, 24 - 13, 5a / sal 66 / Gv 12, 44-50

 

Vangelo Gv 12, 44-50

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù gridò a gran voce: “Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me”. Parola del Signore

 

“NON SONO VENUTO PER CONDANNARE IL MONDO, MA PER SALVARE IL MONDO”. (Gv. 12,47)

Dio non è un nemico, un antagonista. Dio non è contrario alla ragione, Lui ce l’ha data perché la usiamo, non è contrario alla gioia, anzi ci parla di buone notizie per la vita terrena e per quella eterna. Dio non è sempre lì con il suo occhio indagatore a scrutare la nostra vita, pronto a cogliere il minimo fallo per avere la gioia sadica di poterci mandare all’inferno, se no che senso avrebbe tutta la storia della salvezza? Gesù non è venuto sulla terra perché i peccatori vengano condannati, ma Lui stesso si è fatto peccato perché i pec­catori siano salvi: “C’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte che non per novantanove giusti che perseverano”. Dio, Gesù, ti sono favorevoli, alleati, ti vogliono salvo, gioioso.

 

 

GIOVEDI’ 7 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: Sant’Epifanio di Costanza; San Flavio, martire; Santa Gisella.

Una scheggia di preghiera:

 

TUTTO SIA NEL NOME DEL PADRE, DEL FIGLIO E DELLO SPIRITO SANTO.

 

Saggezza popolare:

Chi perde la ricchezza, perde molto; chi perde gli amici, perde ancora di più: ma chi perde il proprio spirito, perde tutto. (Prov. Spagnolo)

Hanno detto: La felicità non è in noi, né fuori di noi. La felicità è in Dio: sia fuori che dentro di noi. (B. Pascal)

Un aneddoto: Un giorno mezzo disperato, Albert Schweitzer, si lasciò cadere stanco su una sedia del suo ambulatorio dell’ospedale che aveva costruito con tanta fatica a Lambaréné, per il bene degli indigeni dell’Africa Equatoriale Francese. Si lasciò sfuggire dal cuore questo lamento: che matto sono stato a venire qui in Africa a curare negri selvaggi come questi! Al che Giuseppe, che fungeva d’aiutante, rispose pacatamente: sì, dottore, qui sulla terra lei è un matto; ma in cielo, no!

Parola di Dio: At 13, 13-25 / Sal 88 / Gv 13, 16-20

 

Vangelo Gv 13, 16-20

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù disse loro: “In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno. Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”. Parola del Signore

 

“CHI ACCOGLIE COLUI CHE IO MANDERO’ ACCOGLIE ME; E CHI ACCOGLIE ME, ACCOGLIE COLUI CHE MI HA MANDATO”. (Gv. 13,20)

A prima vista può sembrare un po’ complicata e astrusa questa frase di Gesù. Secondo me è semplicemente la definizione della Trinità nella sua vita intima e nel suo rapporto con noi. Cominciamo ad esaminarla dal fondo: “Chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”. L’uomo cerca ciò che lo può rendere felice, ciò che può dare senso al suo vivere; e, se siamo onesti, nella nostra ricerca non c’è umanamente nulla di così definitivo da appagare in pieno questo desiderio. Solo Dio può essere il ‘riposo’ del desiderio del nostro cuore. Noi vogliamo dunque accogliere Dio. Ma non un Dio tappabuchi che risponda solo alle nostre esigenze, ma un Dio così com’è. E chi può darcelo se non suo Figlio che con Lui è ‘uno’? Ecco, allora, il senso delle parole di Gesù: se accogliamo Lui, accogliamo il Padre, ma anche, come ci ricorda ancora Gesù, ‘Colui che Lui manderà’. E chi è Colui che Lui manderà? Gesù ha promesso lo Spirito Santo. Quindi, Colui che viene nel nome di Gesù è il suo Spirito. Ma c’è anche qualcun altro che Gesù manda: “Io avevo fame e tu mi hai dato da mangiare…” Allora i poveri, i piccoli, i diseredati, i malati, gli extracomunitari, sono coloro che Gesù manda nel suo nome, insieme allo Spirito Santo che ci dà la grazia di riconoscerLo in essi. Accogliere Gesù e il suo Spirito è accogliere il prossimo. Ma facciamo ancora un’ultima riflessione: anch’io, per gli altri sono prossimo, anch’io sono l’incarnazione di Gesù! Gesù è in me e attraverso me si presenta al mio prossimo. San Paolo arriva a dire: “Non son più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. Chissà, se con la mia vita, riesco a far conoscere il vero volto di Cristo a chi mi incontra?

 

 

VENERDI’ 8 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: Sant’Acacio di Bisanzio; San Vittore, martire.

Una scheggia di preghiera:

 

OGNI GIORNO, SIGNORE, CI DONI LA VITA: RENDICENE DEGNI.

 

Saggezza popolare: Un dolore condiviso è un dolore dimezzato. Una gioia condivisa è una gioia raddoppiata. (Prov. Svedese)

Hanno detto: Non appoggiarti all’uomo: deve morire: Non appoggiarti all’albero: deve seccare. Non appoggiarti al muro: deve crollare. Appoggiati a Dio, a Dio soltanto. Lui rimane sempre! (S. Francesco d’Assisi, a S. Chiara).

Un aneddoto: Il Card. Dechamps, famoso arcivescovo di Malines, raccontò così la storia della sua conversione al seguito di Gesù. “Ero fanciullo. Assistevo all’ingresso trionfale del re del Belgio nel giorno della sua incoronazione. Da una finestra vedevo tutto il meraviglioso corteo regale, tra una folla di popolo in festa. Passato il re, a poco a poco, il viale tornò deserto. Allora così ragionai nel mio piccolo cuore: questo è un re che passa! È meglio mettersi con un re, che non ‘passa’ mai! E mi feci prete”.

Parola di Dio: At 13, 26-33 / Sal 2 / Gv 14, 1-6

 

Vangelo Gv 14, 1-6

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”. Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. Parola del Signore

 

“IO SONO LA VIA, LA VERITA' E LA VITA”. (Gv. 14,6)

Perché Gesù può dire di sé: “Io sono... la vita”? Perché egli è diverso da noi: noi riceviamo la vita da altri, mentre Gesù la possiede in se stesso. Il Cristo, infatti, è Dio; è eternamente nel Padre e il Padre è in lui. Perché Gesù possiede la vita, è la vita, la può dare anche a noi: può parteciparci quella vita che non verrà meno neanche quando incorreremo nella morte fisica. La vita che Gesù dà al cristiano non è un dono solo per il futuro, per l'aldilà, ma anche per il presente. C'è per essa sin d'ora, nel cristiano, qualcosa che non muore. Il cristiano può cogliere questa vita in sé mediante la fede, intesa come adesione totale del suo essere a Cristo. Gesù infatti ha detto: “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna”. Oggi, l'uomo vorrebbe illudersi che il benessere materiale, il consumismo, il materialismo ateo, la cultura, la scienza sono sufficienti e soddisfare le sue esigenze. Ma non è così , e lo sappiamo e lo sperimentiamo ogni giorno. Occorre, allora, anzitutto, essere sinceri con noi stessi e con gli altri e riconoscere che necessita ben altro per riempire il nostro cuore. Poi, far vivere in noi questa vita, credendo in Cristo, con tutto il nostro cuore, scegliendolo come ideale, come leader del nostro cammino terreno, assimilando le sue parole ad una ad una con amore immenso, finché diventano norma d'agire e, infine, alimentandoci a questa vita che Cristo ci offre con l'Eucaristia. Proveremo così  in noi stessi come essa sia la sola che dà il vero senso alla nostra esistenza e risponde ad ogni nostro “perché” esistenziale.

 

 

SABATO 9 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: Santa Luminosa di Pavia, San Pacomio il grande, monaco.

Una scheggia di preghiera:

 

GESU’ DONAMI OCCHI E CUORE PER VEDERTI E INCONTRARTI.

 

Saggezza popolare: L'amicizia fondata sul vino, dura, come il vino, solo una notte. (Prov. Tedesco)

Hanno detto: La morte dovrebbe essere la cosa più bella, se noi amassimo veramente Dio (P. Claudel).

Un aneddoto: Un giorno Mons. Loris Capovilla, già segretario di Papa Giovanni XXIII, quando era vescovo di Chieti, fece una visita improvvisa in un paesino. Andò nella scuola elementare per salutare i ragazzi. Parlò anche della vocazione sacerdotale, commentando la frase di Gesù: “Vi farò pescatori di uomini...”. Nell’intervallo un alunno estrasse il sacchetto della colazione e gli disse: Signor Vescovo, vuole una trota, che ho pescato io? Commosso il prelato accettò. Dopo qualche giorno, gli giunse in episcopio una lettera. Era firmata dallo scolaro. Diceva: vorrei incontrarmi ancora con voi, perché mi trovo bene, come con mia madre. Ho capito che voi siete un grande pescatore di anime e io... un piccolo pescatore di trote. Per questo ci capiamo.

Parola di Dio: At 13, 44-52 / Sal 97 / Gv 14, 7-14

 

Vangelo Gv 14, 7-14

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò”. Parola del Signore

 

“DA TANTO TEMPO SONO CON VOI E TU NON MI HAI CONOSCIUTO?” (Gv. 14,9)

E’ il rischio che corriamo noi cristiani quello di essere tutto fuorché cristiani. Abbiamo una morale, abbiamo una gerarchia, abbiamo perfino un codice di diritto canonico, ma quale Cristo abbiamo? Ecco come un autore, Albanese, scriveva già parecchi anni fa: “Chiamano Cristo un grande, e non sanno che così lo impiccioliscono; lo chiamano un profeta, e non sanno che così lo abbassano; lo chiamano un martire, e così lo riducono; lo chiamano un saggio, e così lo sistemano; lo chiamano un iniziato, un riformatore, un filantropo, e non sanno che così lo squalificano. Cristo non è un sapiente, ma è la Sapienza; non è un grande, ma è la Maestà incarnata; non è un martire, ma e la Vittima degli uomini; non è un filantropo o un riformatore, ma è il Salvatore dell'umanità. Egli non è soltanto un uomo, ma è Dio umanato. Non è solo un personaggio storico ma l'Eterno vivente; non è una grande memoria ma l'Unico sempre attuale. Ma ancor oggi Egli può ripetere a molti di noi l'antico lamento: "Io sono la luce e voi non mi vedete; Io sono la via e voi non mi seguite; Io sono la verità e voi non mi credete; Io sono la vita e voi non mi cercate; Io sono il maestro e voi non mi ascoltate; Io sono il capo e voi non mi obbedite; Io sono il vostro Dio e voi non mi pregate; Io sono il vostro amico e voi non mi amate. Se dunque siete infelici, non mi rimproverate”.

 

 

DOMENICA 10 MAGGIO: V DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA ANNO B

Tra i santi ricordati oggi: Sant’Alfio, martire; San Cataldo, vescovo; Santa Solange

Una scheggia di preghiera:

 

IN TE LE MIE RADICI, GESU’, CON TE I MIEI FRUTTI.

 

Saggezza popolare: Dove si pialla cadono i trucioli. (Prov. Tedesco)

Hanno detto: La bontà vigilante, paziente e longanime arriva ben più in là e più rapidamente che non il rigore e il frustino. Non soffro neanche illusioni o dubbi su questo punto (Beato Giovanni XXIII, papa)

Un aneddoto: Per l’apertura dell’Anno Santo del 1775 ad Osimo, nelle Marche, si era organizzata una magnifica processione. In testa procedeva la Croce, ai lati due chierichetti con bei candelieri d’argento. Questi due inservienti, uno si chiamava Annibale della Genga, l’altro Francesco Saverio dei Castiglioni, non si sa perché, ad un certo punto si misero a litigare, con tale vivacità che dalle parole si passò ai fatti, dinanzi a tutto il corteo. I due rivali, in mancanza d’altro, duellarono con i …candelieri. Nonostante il pronto soccorso della gente il povero Annibale ricevette un colpo così forte sulla testa, da essere messo subito fuori combattimento. Cinquant’anni dopo, guarda caso, Annibale della Genga, diventato Papa Leone XII riceve dal cardinale Gran Penitenziere Francesco Saverio dei Castiglioni, il martello d’argento con il quale dà il primo colpo per l’atterramento della porta di S. Pietro in Vaticano, che segna l’apertura dell’Anno Santo 1825. Il Papa, guardandolo e sorridendo, gli disse: Signor Cardinale, cinquant’anni fa, in un’occasione simile mi offriste con minor grazia un altro strumento d’argento! Me lo ricordo bene, Santo padre, rispose il cardinale tutto confuso, ma spero che Vostra Santità mi abbia da tempo perdonato! Cinque anni più tardi, Leone XII moriva piamente; e gli succedeva come papa il card. Francesco Saverio dei Castiglioni, con il nome di Pio VIII. Sono veramente belli gli scherzi della Provvidenza’!

Parola di Dio: At 9, 26-31 / Sal 21 / 1 Gv 3, 18-24 / Gv 15, 1-8

 

Vangelo Gv 15, 1-8

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”. Parola del Signore

 

“IO SONO LA VITE E VOI I TRALCI”. (Gv. 15,5)

La Bibbia è un libro pieno di viti. Perché è pieno di uomini di cui Dio si prende cura, e dai quali si aspetta un ...vino di gioia. Per ogni contadino la vigna è il preferito tra i campi. Noi siamo la piantagione preferita di Dio. Ma mentre nell’ Antico Testamento Dio era il padrone della vigna, custode buono e operoso, ma altra cosa rispetto alle viti, ora Gesù afferma qualcosa di assolutamente nuovo: Io sono la vite, voi siete i tralci. Il vignaiolo si è fatto vite; il creatore si è fatto creatura. Gesù dice di essere la vite che il Padre, come vignaiolo, ha piantato nel campo. Gli apostoli e, anche, ogni singolo cristiano sono i tralci di questa vite. Il tralcio non ha vita autonoma. Nasce dalla vite, è alimentato dalla vite, produce l’uva secondo la natura e la specie della vite. Non è il tralcio che dona qualcosa alla vite, ma la vite che dona linfa al tralcio. Condizione essenziale affinché il tralcio porti frutto è che resti attaccato alla vite. Gesù stesso spiega il senso di questa immagine e ciò rivela l’importanza che essa ha per tutti noi. Anche quando fa le potature!  Essere cristiani non è un fatto etnico o culturale, non è una tradizione o un’etichetta. è un fatto che ci coinvolge dal di dentro. Essere cristiani significa restare con Cristo, come lui resta con noi. Lui e noi siamo una sola cosa, un solo corpo.

 

 

LUNEDI’ 11 MAGGIO:

Tra i santi ricordati oggi: Santa Bertilla; Sant’Ignazio da Laconi, Sant’Illuminato, monaco

Una scheggia di preghiera:

 

SPIRITO DI GESU’ VIVI IN NOI.

 

Saggezza popolare: L'imbecille cade sulla schiena e si sbuccia il naso. (Prov. Yiddish)

Hanno detto: Ho imparato mediante amare esperienze una lezione suprema: a preservare la mia rabbia; e come il calore che non si disperde si converte in energia, così la nostra rabbia dominata può trasformarsi in una forza capace di muovere il mondo (Gandhi).

Un aneddoto: In un ospedale di missione, in India, ci sono delle suore infermiere. Una di esse scrive: Un tubercoloso mi ha chiamata accanto al suo letto, e dopo avermi guardata fissamente, mi chiese: Vergine bianca, tu hai ancora la mamma?

— Sì, e sta bene per grazia di Dio.

— Hai anche delle sorelle?

— Ne avevo quattro, ma la più vecchia è morta poco tempo fa.

— Hai anche dei fratelli, vero?

— Sì.

— E anche molti parenti che ti vogliono bene?...

— Molti...; ma perché ti affatichi tanto a chiedermi tutto questo?

— Perché, vedi, io mi commuovo, vedendoti lavorare così, una signora... Come! Tu hai una mamma, delle sorelle, dei fratelli e tanti amici. La tua vita sarebbe stata così dolce al tuo paese... Dimmi, dunque: Perché hai abbandonato la gioia per venire qui a soffrire? Dimmelo

— Su, su, calmati... Vedi a parlare ti fa male il petto. Più tardi ti dirò il nome di Colui che mi ha detto di venire a curarti... E lo baciò in fronte.

Parola di Dio: At 14, 5-18 / Sal 113B / Gv 14, 21-26

 

Vangelo Gv 14, 21-26

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui”. Gli disse Giuda, non l'Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?”. Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. Parola del Signore

 

“IL CONSOLATORE, LO SPIRITO SANTO CHE IL PADRE MANDERÀ NEL MIO NOME, EGLI VI INSEGNERÀ OGNI COSA E VI RICORDERÀ TUTTO CIÒ CHE VI HO DETTO”.(Gv. 14,26)

Siamo nel mese di Maggio. Guardiamo a Maria per comprendere questa promessa di Gesù. Maria è la “piena di grazia” cioè piena di Spirito Santo. E’ lo stesso Spirito che “stende la sua ombra su di Lei e le fa generare Gesù. Davanti al suo stupore è ancora lo Spirito che le ricorda che “nulla è impossibile a Dio”. E’ la pienezza dello Spirito che la fa esultare nel suo cantico di lode. E’ lo Spirito che l’aiuta a “conservare e meditare” le vicende straordinarie della sua vita. Sarà lo Spirito che le darà la forza di sopportare e di vivere la Passione di suo Figlio e di accettare di diventare Madre di coloro che lo hanno messo in croce. La Pentecoste dello Spirito la troverà pronta a dar vigore alla Chiesa nascente. Ebbene, le stesse cose fa lo Spirito in noi se lo accogliamo. Ci fa generare Gesù nella nostra vita, ci aiuta a meditare e a comprendere il Vangelo, ci fa esultare nella preghiera e nella lode, ci rende forti nelle tribolazioni, non ci lascia orfani nella prova, ci fa Chiesa.

 

 

MARTEDI’ 12 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: Santi Nereo e Achilleo; San Pancrazio; San Leopoldo Mandic.

Una scheggia di preghiera:

 

IN TE, SIGNORE, TROVIAMO LA VERA PACE.

 

Saggezza popolare: Se hai soldi in tasca, sei bello, intelligente e canti anche bene. (Prov. Yiddish)

Hanno detto:

Quando l’ossessione economica ha afferrato un uomo, non c’è più nulla di sacro, neanche la famiglia, neanche la religione. (P. Mazzolari)  

Un aneddoto: Padre Damiano de Veuster (1840-1889) era missionario nelle isole Sandwich. Lì sentì parlare dell’ “Isola maledetta”, Molokai, dove venivano segregati e abbandonati alla morte i lebbrosi. Aveva allora 33 anni, era sano e faceva ovunque un mucchio di bene. Ma volle rinchiudersi in quell’isola del dolore e condividere in tutto la vita di 800 lebbrosi. A forza di sacrifici, di solidarietà e d’amore trasformò quell’inferno di morte in un sereno angolo di pace e di rassegnazione. Ma l’imitazione di Gesù gli costò la vita: morì lebbroso tra i suoi lebbrosi.

Parola di Dio: At 14, 19-28 / Sal 144 / Gv 14, 27-31a

 

Vangelo Lc 14, 27-31

Dal vangelo secondo Luca.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato”. Parola del Signore

 

“VI LASCIO LA PACE, VI DO' LA MIA PACE, NON COME LA DA’ IL MONDO, IO LA DO’ A VOI”. (Gv.14,27)

Ogni popolo, ogni persona avverte un profondo anelito alla pace, alla concordia, all’unità. Eppure, nonostante gli sforzi e la buona volontà, dopo millenni di storia ci ritroviamo incapaci di pace stabile e duratura. E cosa ha fatto Gesù per donarci la "sua" pace? Ha pagato di persona. Proprio mentre ci prometteva pace, veniva tradito da uno dei suoi amici, consegnato nelle mani dei nemici, condannato ad una morte crudele e ignominiosa. Si è messo in mezzo ai contendenti, si è fatto carico degli odi e delle separazioni, ha abbattuto i muri che separavano i popoli. Morendo sulla croce, dopo aver sperimentato per amore nostro l’abbandono del Padre, ha riunito gli uomini a Dio e tra di loro, portando sulla terra la fraternità universale. Sì, ognuno mi è fratello e sorella. La pace inizia proprio qui, dal rapporto che so instaurare con ogni mio prossimo. "Il male nasce dal cuore dell’uomo", scriveva Igino Giordani, e "per rimuovere il pericolo della guerra occorre rimuovere lo spirito di aggressione e sfruttamento ed egoismo dal quale la guerra viene: occorre ricostruire una coscienza."

 

 

MERCOLEDI’ 13 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: Santa Agnese di Poitiers; San Sergio, confessore.

Una scheggia di preghiera:

 

BENEDETTO IL SIGNORE, FONTE DELLA GIOIA.

 

Saggezza popolare: Sulla porta del successo troverai due scritte: ENTRATA e USCITA. (Prov. Yiddish)

Hanno detto: Si può essere superbi anche nel bene. E più si è buoni, più è alle porte la tentazione della superbia (G. De Luca).  

Un aneddoto: Un giorno nel collegio delle Clarisse di Lovere, sul lago d’Iseo, una saggia maestra chiamò accanto a sé le sue scolarette e fece loro questa originale proposta: Chi di voi vuol diventare santa? Tutte assentirono in coro. Allora la maestra, quasi per gioco, disse: Voi tutte dite di sì, ma è meglio tirare a sorte. Ecco nella mia mano ci sono tante pagliuzze, scegliete quella più lunga! Sapete a chi capitò la pagliuzza più lunga? A Bartolomea Capitanio! Voleva diventar santa, presto santa e grande santa! Morì a 26 anni, nel 1833, dopo aver fondato la congregazione religiosa delle Suore di Carità per l’assistenza ai poveri e agli ammalati. Ed è diventata santa Bartolomea Capitanio.

Parola di Dio: At 15, 1-6 / Sal 121 / Gv 15, 1-8

 

Vangelo Gv 15, 1-8

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete gia mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”. Parola del Signore

 

“IO SONO LA VITE E VOI I TRALCI. CHI RIMANE IN ME E IO IN LUI FA MOLTO FRUTTO, PERCHE’ SENZA DI ME NON POTETE FAR NULLA”.

(Gv. 15,5)

Gesù ci invita a “portare frutto”. Portare frutto non è un lusso del tralcio. E’ la sua ragion d’essere. Il frutto non è l’ornamento della vigna. Ne costituisce il “dovere” più elementare. Per portare frutto bisogna però “rimanere in Lui”.

Questo strettissimo legame fra la vite e i tralci, tra noi e Cristo, ci obbliga a porci delle domande assai importanti e decisive. Quanta linfa di Cristo circola in me? Quanto le mie parole e le mie azioni sono azioni e parole di Cristo? Sono un tralcio attaccato alla vite, oppure sono stato tagliato a causa del peccato che è dentro di me? Sono interrogativi presenti nella nostra coscienza. Non possiamo eluderli. Sarebbe come mettere la testa sotto la sabbia per non vedere. Sarebbe un’imperdonabile sceneggiata. Verifichiamo il nostro stato di peso, di salute, di lavoro. Ma quando mai ci viene in mente di verificare se siamo “uniti” a Gesù Cristo?

 

 

GIOVEDI’ 14 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: San Mattia; San Michele Garicoits; San Pasquale I, Papa; Santa Maria Mazzarello.

Una scheggia di preghiera:

 

LONTANO DA ME TRISTEZZA E MALINCONIA: DIO MI AMA.

 

Hanno detto: Perdiamo molte battaglie, perché preghiamo poco. (Giovanni Paolo I, papa).

Saggezza popolare: L’albero abbattuto dal vento aveva più rami che radici. (Prov. Francese)

Un aneddoto: Era la festa di S. Giovanni Battista, il patrono di Campodolcino. Luigino Guanella era sceso in paese e il marito di sua sorella gli aveva comprato un cartoccetto di caramelle. Era l’ora della Messa e il ragazzino, non volendo entrare in chiesa con quei dolciumi, pensò di nasconderli sotto un ammasso di legna. Non c’è anima viva intorno, eppure si sente battere le mani, come a voler destare attenzione. Luigino leva gli occhi: un vecchietto gli stende timidamente il palmo aperto, quasi a chiedere l’elemosina... Forse gli fanno gola quelle caramelle! Egli allora istintivamente si stringe a sé il cartoccio, lo guarda e lo difende... Quando rialza gli occhi, il misterioso vecchietto non c’è più. E lui prova una pena indicibile, quasi un senso di colpa e di rimorso d’essere stato così poco generoso. Dite quel che volete, commentava, raccontando spesso il fatto, il beato Luigi Guanella, credete o non credete a questo mio misterioso ricordo di quando avevo cinque anni, questo è stato per me un segno della mia missione di beneficare i poveri, alla quale fin d’allora già mi sentivo chiamato.

Parola di Dio nella festa di San Mattia: At. 1,15-17.20-26; Sal. 112; Gv. 15,9-17

 

Vangelo Gv 15, 9-17

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri". Parola del Signore

 

“QUESTO VI HO DETTO PERCHE’ LA MIA GIOIA SIA IN VOI E LA VOSTRA GIOIA SIA PIENA”.(Gv. 15,11)

Se analizziamo i momenti di gioia della nostra vita scopriamo che essi hanno tutti un qualcosa in comune. La gioia nasce dalla consapevolezza di essere amati e di poter amare. Se so di essere amato, stimato, provo gioia e forza e sono contento se vedo questa gioia allargarsi attorno a me. Se divento cosciente dell’amore che Dio ha per me, della sua stima, del suo perdono, della fiducia che ripone in me, non posso non aver gioia: Dio, il Creatore, il Sapiente, l’Unico, mi ama di un amore totale e personale, e me lo ha dimostrato e dimostra attraverso suo Figlio Gesù. Posso ancora essere pessimista, triste, posso ancora sentirmi solo? E se io sono amato così, posso temermelo per me solo o non devo sprizzare gioia da tutti i pori? Il mondo ha bisogno della mia gioia. Nel mondo c’è il grande contagio del possedere, della tristezza, io ho l’antidoto della gioia e ce l’ho in abbondanza; perché non regalarlo? Se farò così scoprirò un’altra meraviglia: donare gioia non ci impoverisce di essa, anzi, ce la moltiplica.

 

 

VENERDI’ 15 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: Sant’Isidoro, l’Agricoltore, San Liberatore; Santa Sofia di Roma.

Una scheggia di preghiera:

 

SOLO GUARDANDO, O GESU’, IMPARO AD AMARE.

 

Saggezza popolare: E’ attraverso gli occhi degli altri che si possono vedere i propri difetti. (Prov. Francese)

Hanno detto: Per fare del bene non ho mai avuto bisogno di polemizzare con nessuno. (Dionigi l’Aeropagita)

Un aneddoto: Verso la fine del secolo scorso una grave crisi economica travagliava il nostro paese, che aveva raggiunto da poco l’unità nazionale. Migliaia di italiani erano costretti ad emigrare, in cerca di lavoro. Cominciava una difficile avventura, che per molti è anche oggi una realtà amara: il distacco dalla patria e dai familiari, l’arrivo in una terra straniera, senza conoscere la lingua, con usi e costumi tanto diversi. Attenta a questi gravi problemi umani e sociali, Francesca Cabrini, una maestra lombarda, decise di dedicare la vita a servizio dei migranti, non solo con buone parole, ma con un’opera di carità attiva, energica e volenterosa. A 39 anni, nel 1889, si fece lei pure emigrante. Attraversò l’oceano più di trenta volte, per stare vicino a quei fratelli; li seguì nei quartieri poveri, ai margini delle metropoli dell’America, li visitava nelle fabbriche e nelle miniere. Con altre giovani fondò una famiglia religiosa: le Suore Missionarie del Sacro Cuore, per essere d’aiuto ai migranti con scuole, istituti e ospedali. Madre Cabrini e le sue consorelle si preoccupavano di favorire in ogni modo la giustizia sociale, perché migliorassero le condizioni di vita di quei lavoratori e delle loro famiglie. Madre Cabrini è morta a 67 anni, nel 1917, consumata da un ideale, che potrebbe riassumersi così: “La prima espressione dell’amore cristiano è la giustizia sociale!”. E’ proprio vero che più uno ama Dio, più ama l’uomo!

Parola di Dio: At 15, 22-31 / Sal 56 / Gv 15, 12-17

 

Vangelo Gv 15, 12-17

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri”.  Parola del Signore

 

“QUESTO E’ IL MIO COMANDAMENTO: CHE VI AMIATE GLI UNI GLI ALTRI”. (Gv.15,12)

Ancora una volta sentiamo che Gesù ci dice di amarci a vicenda  Non di pregare di più. Non di andare a messa anche nei giorni feriali. Non di accendere candele. Non di pellegrinare per santuari. Niente di tutto questo, ma: “Amatevi gli uni gli altri”. La nostra reazione a queste parole? “Ma è scontato!”. È davvero così scontato che la gente che prega, che va a messa, che va sempre con la corona in mano... si ama? Una volta dei cristiani dicevano: “Guardate come si amano!”. Dicono così anche di noi, oggi? Oggi ci definiscono: “Quelli che vanno a messa”. Se prendiamo sul serio il comandamento di Gesù, questo non è un bel modo di lasciarci identificare. Meditiamo! Ma cosa intende Gesù con “Amatevi”? Via ogni interpretazione sentimentale e pia. Per Gesù, amare significa dare la vita per i propri amici. Che sono tutti, anche coloro che non conosciamo, che non ci sono simpatici. Anche coloro che ci crocifiggono. L’amore che Gesù ci chiede è quello del samaritano. Che vede, ha compassione, si fa vicino. Che interviene subito in prima persona. Questo ci comanda Gesù. Con tutti. Ogni giorno. Dovunque. Ma allora la preghiera, la messa, i pellegrinaggi, le chiese, le parrocchie... non servono a niente? Servono se sono un mezzo per ottenere da Dio l’aiuto ad amarci tra di noi come Gesù ci chiede. Allora la gioia di Gesù sarà in noi, e la nostra gioia sarà piena. E la nostra fede sarà vera.

 

 

SABATO 16 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: Sant’Andrea Bobola, martire; Sant’Ubaldo, vescovo.

Una scheggia di preghiera:

 

LIBERACI, SIGNORE DALL’ IPOCRISIA DEL VOLER APPARIRE SENZA ESSERE.

 

Saggezza popolare: Ciò che è vero ieri è vero anche oggi, ma ciò che è bene oggi potrà non esserlo domani. (Prov. Francese)

Hanno detto: Per me la predicazione più efficace del sacerdote è sempre stata la sua vita. Un buon prete non ha nulla da dirmi: io lo guardo e ciò mi basta (F. Mauriac).

Un aneddoto: Madre Teresa di Calcutta, premio Nobel per la pace 1979, racchiude tutto il sogno della sua vita dedicata ai poveri e ai moribondi e la storia della sua vocazione in un aneddoto. Scriveva in una lettera da Calcutta: “Nei primi giorni della mia attività tra la poverissima gente della periferia, fui colpita da febbre altissima. Nel delirio mi ritrovai davanti a S. Pietro, ma lui non voleva lasciarmi entrare in paradiso. Diceva: E’ impossibile che uno della bidonville possa entrare in cielo. Non ci sono bassifondi in paradiso! Io gli risposi arrabbiata: E’ proprio così? Allora io farò di tutto per riempire il paradiso con gente dei bassifondi della città e allora sarai costretto a lasciar passare anche me! Povero S. Pietro! Da allora le Sorelle e i Fratelli non gli danno pace, perché c’è sempre uno stuolo della nostra gente che s’è assicurata un posto in paradiso con le sue sofferenze!

Parola di Dio: At 16, 1-10 / Sal 99 / Gv 15, 18-21

 

Vangelo Gv 15, 18-21

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato”. Parola del Signore

 

“SE IL MONDO VI ODIA, SAPPIATE CHE PRIMA DI VOI HA ODIATO ME. (Gv.15,18)

Se ripercorro la storia della Chiesa comprendo quanto siano vere queste parole di Gesù. Il male, l’egoismo, il materialismo e l’idolatria si sono sempre accanite contro il Bene, il Giusto, il Vero che le smascherava. I primi cristiani, come Gesù, furono perseguitati, molti morirono martiri, ma in quel momento, anche grazie alle loro prove e al  loro sangue la fede trovò una enorme diffusione. Quando invece, la Chiesa e i cristiani scesero a compromesso con i vari poteri, accettando le loro logiche, i loro soldi, scimmiottando il loro modo di comportarsi e usando la forza per garantirsi e imporsi, il cristianesimo ha perso il suo mordente, la sua missionarietà, e lo Spirito Santo ha dovuto cercare altre strade, altri sbocchi, per continuare a garantire la Chiesa di Gesù. Oggi, però, normalmente e apertamente il mondo, i poteri terreni non osteggiano più apertamente la Chiesa, anzi sembrano blandirla, pur non accettandola e considerando con superiorità le sue idee e i suoi modi di comportarsi. Tutto questo sarà frutto di: “viviamo e lasciamo vivere”, di ‘strategie di convergenze’ o piuttosto sarà perché i cristiani hanno perso la carica delle proprie proposte, il senso dei valori cristiani, perché hanno addormentato il tutto nell’abitudine, nel rito e nel compromesso. Non è questione di augurarsi la persecuzione per poter dire la validità della testimonianza cristiana, ma è vero che il pensiero di Gesù sull’amore, sul sacrificio, sul perdono non può andar d’accordo col mondo che proclama il materialismo, l’egoismo, il godimento. Senza essere né integralisti, né fanatici, dovremmo semplicemente diventare più seri nel conoscere e praticare la nostra fede, nello scegliere i suoi valori, nel non aver paura di andare controcorrente, nel non spaventarci davanti a certi sorrisi di ironia, nel manifestare concretamente il nostro amore per il Signore.

 

 

DOMENICA 17 MAGGIO: VI DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA ANNO B

Tra i santi ricordati oggi: San Pasquale Baylon; Santa Restituta Matrono.

Una scheggia di preghiera:

 

IN TE E’ LA MIA GIOIA.

 

Saggezza popolare: E’ facile catturare un tigrotto. Però bisogna entrare nell’antro della tigre. (Prov. Francese)

Hanno detto: Gli uomini cercano un posto per Cristo nella storia, invece è la storia che deve cercare il suo posto in Cristo (G. Papini).

Un aneddoto: Francesco Olgiati era seminarista, quando s’ammalò gravemente di tisi. Allora sua madre fece un voto: Se Dio mi concede la grazia di veder mio figlio sacerdote, prometto di non lamentarmi mai di qualsiasi sofferenza mi possa capitare! Il debole seminarista divenne prete, e, con Necchi e Gemelli, fondò l’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove insegnò fino a settant’anni, con immenso frutto apostolico. Però, dopo tre mesi dalla prima Messa, sua madre, colpita da un tumore alla gola, in mezzo a strazianti dolori, non si lamentò mai e morì sorridendo.

Parola di Dio: At. 10, 25-26. 34-35. 44-48 / Sal 97 / 1 Gv 4, 7-10 / Gv 15, 9-17

 

Vangelo Gv 15, 9-17

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri”. Parola del Signore

 

“RIMANETE NEL MIO AMORE” (Gv.15,9)

Ogni persona umana per la sua vita ricerca continuamente e con un desiderio profondo la gioia vera, autentica. Gesù desidera offrire ai suoi “amici” il dono della gioia, di una gioia piena e perfetta. Perché la sua gioia sia la nostra, e questa gioia sia piena, è necessario vivere il dono di Dio. “Rimanete nel mio amore”. Questa la condizione unica e essenziale. Il cristiano è costantemente chiamato a scoprire Dio che lo ama, ad entrare nel dinamismo dell’amore. Rimane nell’amore un uomo e una donna che lottano per mantenere vivo ogni giorno il proprio amore. Rimane chi non permette allo scorrere dei giorni di corrodere la fiducia riposta nel proprio coniuge. Rimane chi ha il coraggio di continuare a mettere legna sul fuoco dell’entusiasmo nei rapporti interpersonali. Rimane un padre e una madre che continuano ad essere coerenti, pur conoscendo la fatica di educare. Rimane un genitore che accetta l’allontanarsi del figlio, convinto dell’importanza del rispetto e della libertà. Ma chi rimane stabile nell’amore sperimenta la gioia. Una gioia che si ritrova ogni giorno, una gioia figlia dello stupore che nasce quando ci si accorge che l’amore che ci unisce è più grande di noi, è qualcosa che è dentro di noi, ma che ci sorpassa e, mentre noi ci impegniamo per custodire l’amore, l’amore custodisce noi.

 

 

LUNEDI’ 18 MAGGIO:

Tra i santi ricordati oggi: San Giovanni I; San Felice di Cantalice.

Una scheggia di preghiera:

 

RESTA CON NOI, SIGNORE LA SERA.

 

Saggezza popolare: Scegliete un lavoro che amate e non lavorerete un solo giorno di vita. (Prov. Francese)

Hanno detto: Se la vita interiore è nulla, per quanto si abbia zelo, buone intenzioni e tanto lavoro… i frutti sono nulli. (C. De Foucauld).  

Un aneddoto: Il celebre cardinal Pie, arcivescovo di Poitiers, parlò un giorno ad un gruppo di collaboratrici del seminario così: Gentili signore, permettetemi un esempio. Io ho conosciuto bene, anzi molto bene, un povero ragazzo, nato in un villaggio vicino a Chartres, che aveva un gran desiderio di diventar prete. Ma i suoi genitori non avevano soldi per mantenerlo in seminario, anzi lo lasciarono orfano in tenera età. Un giorno, era l’Epifania!, quel povero ragazzino, uscì in pianto dalla cattedrale di Poitiers. Aveva contemplato la magnificenza del servizio liturgico, purtroppo precluso alla sua povertà. Però sulla piazza lo vide una gentile donnetta, venditrice di fiori, che gli chiese: Perché piangi, piccolo mio? Vorrei essere sacerdote; ma sono povero; non ho né genitori, né soldi per i miei studi. Ti aiuterò io! disse la gentile fioraia e fu di parola. La povera donna dovette lavorare per quattro; passava le notti a cucire e a pensare come aiutare il suo ‘pretino’ ... Gentili Signore, concludeva il card. Pie, con le lacrime agli occhi, la povera donna, la gentile fioraia Madame Manette, ora è morta; ma quel bimbo per la sua opera, divenne sacerdote, fu vescovo e cardinale. Quel povero bimbo... sono io, che vi parlo; sono io il vostro cardinale!

Parola di Dio: At 16, 11-15 / Sal 149 / Gv 15, 26 - 16, 4a

 

Vangelo Gv 15, 26 - 16,4

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio. Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato”. Parola del Signore

 

“CHIUNQUE VI UCCIDERA’, CREDERA’ DI RENDERE CULTO A DIO”. (Gv. 16,2)

Gesù nel Vangelo di oggi ci mette in guardia. E come se ci dicesse: “Guardate che si può travisare la religione fino al punto di giustificare la persecuzione in nome di Dio”. E questo puntualmente si è verificato lungo la storia e si verifica ancora oggi quando ci si dimentica che Dio è proposta di amore per ogni uomo ed è invito ad amarci a vicenda. Quando si diventa talmente “religiosi” dal pensare che siamo noi a dover difendere Dio, i suoi diritti, i suoi dogmi, noi abbiamo già rinunciato al vero Dio che se ci ha dato delle norme non è stato per imporre se stesso ma per offrirci la possibilità di dare un senso pieno alla nostra vita, al vero Dio che è Padre misericordioso, al Dio che è Signore del sabato, al Dio che prima dei “doveri del tempio” mette in evidenza il Samaritano che cura il ferito incontrato lungo la strada. Dio non è da difendere con le sante Inquisizioni o con le norme dei tribunali ecclesiastici, impariamo piuttosto a difendere il povero, l’ultimo, il peccatore in cui Dio ha scelto di abitare. Se siamo veri cristiani, certamente incontreremo la persecuzione. Gesù ci ha avvertito! Ci ha però anche detto che non dobbiamo assumere atteggiamenti di difesa e di “legittima” difesa come aggrapparci alla guerra di religione, o addirittura alla guerra santa, per difendere i diritti del Dio morto indifeso sulla croce. Gesù però ci assicura che in quel momento non ci lascerà soli, ma ci darà il suo Spirito, il Consolatore che ci suggerirà parole e testimonianza e soprattutto ci darà quel coraggio che così sovente ci manca.

 

 

MARTEDI’ 19 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: San Celestino V, Papa; Sant’Ivo.

Una scheggia di preghiera:

 

TU SEI LA MIA VITA, ALTRO IO NON HO.

 

Saggezza popolare: "Non si getta via il proprio naso anche se è sporco di moccio". (Prov. Sango)

Hanno detto: Il dono più grande non è fatto di cose, ma di noi stessi: allora anche l’ultima creatura ha qualcosa da donare. (P. Mazzolari).

Un aneddoto: C’era una volta in un luogo solitario una piccola capanna. Nella capanna viveva una piccola famiglia: c’era il vecchio nonno, un suo figlio sposato che si chiamava Niceforo, e il figlio ancora piccolo di Niceforo. Il nonno era debole e stanco; camminava già tutto curvo, con la testa tremolante che sembrava cosparsa di latte; e non aveva più assolutamente la forza di lavorare. A Niceforo questo dava fastidio; lui avrebbe voluto che il padre facesse qualcosa. Ci pensò ben bene, poi disse tra sé: “Mi disfo di mio padre! E vecchio ormai. La mia vita è già dura abbastanza, a stento mi procuro di che mangiare ”. Venne l’inverno. Niceforo tirò giù dalla soffitta un cestone di tiglio lungo e largo e, preso suo figlio, disse al vecchio padre: “Babbo, dobbiamo andare al campo; tu hai vissuto abbastanza! Così non tormenterai più né te stesso, né noi ”. A sentire quelle parole il nonno cominciò a piangere amaramente in silenzio. Niceforo portò il vecchio fino a un profondissimo precipizio, lo mise nel cestone che aveva portato con sé, lo spinse proprio sull’orlo dicendo: “E adesso addio, babbo! Dimentica la nostra cattiveria” e... e già stava per tornarsene a casa, quando il nipotino di quel nonno disse al padre: “ Babbo, riprendi il cestone!”. “A che serve? Lascia che resti lì”. “Certo che serve! Quando anche tu sarai vecchio come il nonno, io ti ci metterò dentro e ti butterò giù”. Allora Niceforo cominciò a strapparsi i capelli, versando lacrime dì rimorso e di vergogna.

Parola di Dio: At 16, 22-34 / Sal 137 / Gv 16, 5-11

 

1^ Lettura At 16, 22-34

Dagli Atti degli Apostoli.

In quei giorni, la folla degli abitanti di Filippi insorse contro Paolo e Sila, mentre i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e dopo averli caricati di colpi, li gettarono in prigione e ordinarono al carceriere di far buona guardia. Egli, ricevuto quest'ordine, li gettò nella cella più interna della prigione e strinse i loro piedi nei ceppi. Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli. D'improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti.  Il carceriere si svegliò e vedendo aperte le porte della prigione, tirò fuori la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gli gridò forte: “Non farti del male, siamo tutti qui”. Quegli allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: “Signori, cosa devo fare per esser salvato?”. Risposero: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia”. E annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. Egli li prese allora in disparte a quella medesima ora della notte, ne lavò le piaghe e subito si fece battezzare con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio. Parola di Dio 

 

“SIGNORI, COSA DEVO FARE PER ESSERE SALVATO?”. (At. 16,30)

Il carceriere di Paolo e Sila, stupito davanti alla liberazione miracolosa dei due, chiede loro che cosa debba fare per essere salvato. Anche noi vorremmo delle risposte chiare a questa domanda. Se ci dicessero che per essere salvati bisogna fare un pellegrinaggio, saremmo disposti a partire; se ci dicessero che bisogna fare determinate cose, magari contrattando, saremmo disposti a farle. A questa domanda si cerca in vari modi di rispondere: "Prega", "Ricevi i sacramenti", "Fai i primi nove venerdì del mese", "Dedicati agli altri", "Dimentica te stesso". La risposta di Paolo e Sila è la più semplice ma la più decisa e comprensiva di tutto: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia”. Credere in Gesù non è solo un atto intellettivo, un atto della volontà o del sentimento: è aver incontrato una persona, è aver fiducia in Lui, Figlio di Dio, unico Salvatore, è decidere di giocare la nostra vita su Lui, con Lui, per i suoi valori. Tutto il resto: la preghiera, l’impegno sono una conseguenza.

 

 

MERCOLEDI’ 20 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: San Bernardino da Siena; San Teodoro di Pavia.

Una scheggia di preghiera:

 

IL TUO NOME, SIGNORE, SIA CONOSCIUTO E BENEDETTO DA TUTTI I POPOLI.

 

Saggezza popolare: Dio s'appoggia su te stesso per aiutarti. (Prov. Africano)

Hanno detto: Chi ha fede, sa attendere. (P. Mazzolari).

Un aneddoto: La lepre e il rospo se ne andavano a zonzo per la campagna, chiacchierando. Strada facendo si avvicinò loro una faina. Le comari fecero appena in tempo a udire “Che orribile bestia!” prima di veder saettare via l’insolente animale. La lepre, colpita, rimase pensierosa: “Sono brutta, è vero, ma non ne ho colpa...” concluse umilmente. Dal canto suo il rospo sbirciava in silenzio la compagna: “ La faina ha ragione: la lepre è mostruosa!” Poco più avanti le due bestie si imbatterono in uno scoiattolo linguacciuto. “... Mi ripugni!!”  esclamò questi in una smorfia. La lepre quasi arrossì di vergogna: “Bisogna che non esca più dalla mia tana, decise. E terribile disgustare il prossimo... ” Il rospo rise soddisfatto: “Non si può certo dire che la mia compagna abbia del fascino!” Vennero infine raggiunti da una volpe. “Lepre carissima, disse cortese, ti trovo in splendida forma. Quello che non capisco è come tu, così aggraziata e pulita, possa tollerare la compagnia di quell’orrenda creatura!” La lepre chinò il capo confusa, e nella sua modestia si convinse che la volpe di certo esagerava. Si era mai vista una volpe sincera? Il rospo, del resto, era del tutto d’accordo; quella bestiaccia aveva di certo affermato il contrario di ciò che pensava, magari per dispetto. Così tronfio e pieno di sé, nemmeno una volta il dubbio lo aveva sfiorato che fosse davvero lui l’oggetto di tanti schemi. (Favola catalana)

Parola di Dio: At 17, 15. 22 - 18, 1 / Sal 148 / Gv 16, 12-15

 

1^ Lettura At 17, 15-22 - 18, 1

Dagli Atti degli Apostoli.

In quel tempo, quelli che scortavano Paolo lo accompagnarono fino ad Atene e se ne ripartirono con l'ordine per Sila e Timòteo di raggiungerlo al più presto. Mentre Paolo li attendeva ad Atene, fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli. Discuteva frattanto nella sinagoga con i Giudei e i pagani credenti in Dio e ogni giorno sulla piazza principale con quelli che incontrava. Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui e alcuni dicevano: “Che cosa vorrà mai insegnare questo ciarlatano?”. E altri: “Sembra essere un annunziatore di divinità straniere”; poiché annunziava Gesù e la risurrezione. Presolo con sé, lo condussero sull'Areòpago e dissero: “Possiamo dunque sapere qual è questa nuova dottrina predicata da te? Cose strane per vero ci metti negli orecchi; desideriamo dunque conoscere di che cosa si tratta”. Tutti gli Ateniesi infatti e gli stranieri colà residenti non avevano passatempo più gradito che parlare e sentir parlare. Allora Paolo, alzatosi in mezzo all'Areòpago, disse: “Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dei. Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che da  a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Poiché di lui stirpe noi siamo. Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e dell'immaginazione umana. Dopo esser passato sopra ai tempi dell'ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi, poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti”. Quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: “Ti sentiremo su questo un'altra volta”. Così Paolo uscì da quella riunione. Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche Dionigi membro dell'Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro. Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. Parola di Dio

 

“QUELLO CHE VOI ADORATE SENZA CONOSCERE, IO VE LO ANNUNCIO”. (At. 17,23)

Gli Atti degli Apostoli, raccontandoci le vicende di Paolo, ci suggeriscono il modo di predicare il Vangelo usato dall’Apostolo. Paolo parte dalla realtà dei suoi uditori: è passato per Atene, ha visto altari dedicati a tutti gli dèi, ce n’era perfino uno dedicato “al Dio ignoto”. E’ l’occasione per annunciare Gesù. La nostra predicazione e testimonianza cristiana dovrebbe partire proprio dalla realtà di tutti i giorni. Non è il caso di fermare le persone per strada ma quante occasioni per parlare di Dio e testimoniarlo! Il nostro mondo secolarizzato ha un profondo bisogno di spiritualità; spesso dietro la scorza di indifferenza e di autosufficienza si nascondono povertà e desiderio di buono e di bello. Una parola di incoraggiamento, un richiamo discreto al Vangelo, una testimonianza di solidarietà possono far sbocciare la fede. E non è neppur importante vedere subito i frutti, l’importante è seminare, fidandosi del seme buono e dello Spirito Santo che a tempo opportuno farà fruttificare anche il più piccolo seme di bene.

 

 

GIOVEDI’ 21 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: San Costantino; San Vittorio, martire.

Una scheggia di preghiera:

 

AIUTACI, SIGNORE A TRASFORMARE IL MALE IN BENE.

 

Saggezza popolare: Un anziano che muore è una biblioteca che brucia. (Prov. Africano)

Hanno detto: L’ateismo, col suo odio contro Dio, può essere più vicino alla fede che non l’indifferenza del mondo occidentale, che non è né caldo né freddo e che quindi verrà vomitato dalla bocca di Dio. (F. Sheen).

Un aneddoto: Un giorno in teatro il retropalco prese fuoco. Il comico s’affacciò alla ribalta per avvertire il pubblico. Si pensò che facesse dello spirito e l’applaudirono. Insistette, le risate raddoppiarono. E così, pensò che perirà il mondo: nell’allegria generale della brava gente che crederà a una farsa.

Parola di Dio: At 18, 1-8 / Sal 97 / Gv 16, 16-20

 

Vangelo Gv 16, 16-20

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Ancora un poco e non mi vedrete; un po’ ancora e mi vedrete”. Dissero allora alcuni dei suoi discepoli tra loro: “Che cos'è questo che ci dice: Ancora un poco e non mi vedrete, e un po’ ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?”. Dicevano perciò: “Che cos'è mai questo "un poco" di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire”. Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: “Andate indagando tra voi perché ho detto: Ancora un poco e non mi vedrete e un po’ ancora e mi vedrete? In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia. Parola del Signore

 

“VOI SARETE AFFLITTI, MA LA VOSTRA AFFLIZIONE SI CAMBIERA’ IN GIOIA”. (Gv. 16,20)

Davanti alla croce di Gesù ci sono atteggiamenti diversi. C’è il dolore, intenso, compartecipe di sua Madre che vede il proprio Figlio e il Salvatore del mondo, morire. C’è l’ammirazione del centurione che lo porta all’atto di fede: “Costui è veramente il Figlio di Dio”. C’è il pianto accorato delle donne, il dolore pieno di rimorsi e di speranze deluse degli apostoli. E c’è la gioia degli scribi e dei farisei che finalmente pensano di essere riusciti a far fuori colui che dava tanto fastidio, e poi c’è l’indifferenza di tanti che passano, giudicano e non solo non si accorgono di un Dio in croce, ma neanche della sofferenza di un uomo. E oggi, non succede la stessa cosa? C’è tanta gente che vede nella croce il segno della salvezza e chi si beffa della croce, chi la croce vuole abolirla non solo dai tribunali, dalle scuole, dagli ospedali ma soprattutto dal cuore degli uomini. Gesù e Maria ci ricordano che la  sofferenza, non va vissuta come un iniquità contro di noi o come noncuranza di Dio nei nostri confronti, ma quale intrinseco fardello da portare coraggiosamente. L’importante è sapere che ha un senso, che è una soglia da superare per entrare nella gioia piena e definitiva. Soprattutto e importante sapere che Cristo è sempre con noi: domani nella nostra gioia, anzi come causa della stessa, oggi come pellegrino e fratello che vive nella nostra stessa afflizione.

 

 

VENERDI’ 22 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: Santa Rita da Cascia;Santa Caterina da Genova; Santa Giulia, vergine e martire.

Una scheggia di preghiera:

 

IN TE, SIGNORE SONO LA MIA PACE E LA MIA GIOIA.

 

Saggezza popolare: Se non hai la gioia, va a comprarla: Si vende alla bottega del sacrificio. (Prov. Africano)

Hanno detto: L’egoismo è la causa di molte malattie; l’altruismo, l’amorevolezza, il perdono e l’autodisciplina ne sono la cura (F. Sheen).

Un aneddoto: Al termine dell’esistenza, il Gran Visir partiva in battaglia disarmato, lanciandosi nella mischia come un ossesso. Senza corazza, a torso nudo, a petto proteso, irrompeva nella fitta schiera di armigeri. Gli dicevano tutti: “ O Padre dei Profeti, Leone che sgomina gli eserciti, Principe dei destrieri, non conosci tu il Messaggio di Dio: “Non gettate voi stessi nella distruzione”? Perché dunque ti slanci così nello sterminio del Campo di Battaglia? Quando eri giovane e forte, non avresti fronteggiato il nemico senza una cotta di maglia. Ora che gli anni ti hanno reso curvo ed infermo, ti comporti con estrema trascuratezza. Incurante del pericolo, ti scontri disarmato con lance e spade. Ma le armi non hanno rispetto per l’età. Come potrebbero riconoscere la tua sovranità?” “Quando ero giovane e forte”, replicò il Principe, “credevo che il congedo da questo mondo fosse la morte. E come può un uomo andare incontro alla morte con appassionato fervore? Ma ora, illuminato dalla luce divina, ho compreso che la morte non è il termine, bensì l’inizio della vera vita. Io non sono più suddito di questa città transitoria. Al di là del mondo dei sensi, scorgo il Campo del Re, rigurgitante di milizie celesti. Sia lode a Lui che mi ha destato dal sonno in cui mi tratteneva la mia gioventù”. (Tradizione Araba)

Parola di Dio: At 18, 9-18 / Sal 46 / Gv 16, 20-23a

 

Vangelo Gv 16, 20-23

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia”. Parola del Signore

 

“NESSUNO VI POTRA’ TOGLIERE LA VOSTRA GIOIA”. (Gv. 16,23)

La gioia che Dio ci può dare non è come le piccole felicità del mondo che sono legate alle cose e al tempo, essa non conosce tramonto, non teme intrighi, non corre alcun rischio: è al sicuro. Perché non legata a beni che da un momento all'altro possono spa­rire, essere rubati o liquidati, corrotti o appassiti, bensì prodotta dalla presenza divina, che nes­suno e nessuna cosa potrà mai toglierci: Egli è sempre e dovunque. E, se  lo vogliamo, è sempre con noi. Né la malattia, né la vecchiaia, né un dolore, né una disavventura o contrarietà ce lo potrà mai strappare dal cuore. Le prove potranno farci gemere, potranno anche farci versar delle lacrime, ma non potranno mai estirpare la gioia che solo Dio può accendere nel cuore. Potremmo nella vita incontrare dei ricchi disperati o trovare dei giovani nauseati e dei dotti smarriti, ma non capiterà mai di incontrare  un solo santo malinconico o disperato. Perché il santo sa che tutto può essergli tolto, che le prove della vita possono farlo soffrire e anche condurlo alla morte ma mai potrà essere tolto loro il Signore.

 

 

SABATO 23 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: San Desiderio; San Mercuriale.

Una scheggia di preghiera:

 

TU NON SEI UN DIO LONTANO, TU ABITI NEL MIO CUORE.

 

Saggezza popolare: Non è conveniente che parli male delle fibre della palma colui il quale riposa su una stuoia. (Prov. Africano)

Hanno detto: Prima di testimoniare, bisogna essere. Quando si è veramente, allora la testimonianza viene da sé, in maniera spontanea. La testimonianza si irradia in modo del tutto naturale da un essere che vive in pienezza. (L. M. de Saint-Joseph).

Un aneddoto: Mentre papà navigava lontano nei mari del sud, il signorino faceva i capricci. Si ribellava a sua madre, e, il cuore duro, rideva persino delle sue parole. Punizioni, privazioni, collere e scappellotti, non avevano alcun effetto su di lui. Una sera, stanca di tanta insolenza, la mamma lo spinse fuori dalla porta dicendogli: “Tornerai quando mi avrai portato le due perle più luminose, che non costano nulla, ma per me valgono più di tutto”. Il signorino se ne andò scrollando le spalle, e cominciò a cercare. “Eccole!” pensò soddisfatto scorgendo due luci su un muro. Si avvicinò, le perle scomparvero: era un gatto! “ Eccone altre, ma sono troppo in alto!” pensò vedendo un lampione, “e queste troppo in basso!” davanti allo spettacolo delle stelle riflesse nel lago. Ne vide altre nell’erba e si chinò a raccoglierle; ma erano solo lucciole. Cominciava a sentir freddo, e, scoraggiato, smarrito, vide le luci della sua casa. Finalmente non resistette più, tornò indietro col cuore in gola. La mamma aprì la porta, si chinò verso di lui ed esclamò: “No! non mi sto sbagliando! Eccole qui le due perle preziose ”. Dove? Chiese il signorino sbalordito. Qui, sulle tue gote. Sono le tue prime Lacrime.

Parola di Dio: At 18, 23-28 / Sal 46 / Gv 16, 23b-28

 

Vangelo Gv 16, 23-28

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena. Queste cose vi ho dette in similitudini; ma verrà l'ora in cui non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e io non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete amato, e avete creduto che io sono venuto da Dio. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre”. Parola del Signore

 

“CHIEDETE E OTTERRETE, PERCHÉ LA VOSTRA GIOIA SIA PIENA”. (Gv. 16,24)

Gesù ci dice che la preghiera può essere la fonte della gioia. Se è vero che non sempre tutte le cose che chiediamo ci vengono date, perché Dio vedendo più lontano di noi, sa ciò che è il nostro vero bene, è anche vero che se la preghiera è un rapportarci con Dio dovrebbe sempre, in ogni caso, essere un rinnovare la certezza che Dio ci ascolta, ci è vicino, ci è Padre. Se io, dunque, parlo con il Padre misericordioso, attraverso suo Figlio che mi ama fino a dare la sua vita per me, nello Spirito che è l’Amore che crea ogni cosa, non posso che essere contento, protetto, amato. Quanto è lontano questo modo di vedere la preghiera, dal nostro abituale intendere quando diciamo: “devo pregare”, “devo andare a Messa”, quasi che la preghiera sia un obbligo oneroso da adempiere. Con un amico ci sto bene insieme. E questo nostro amico è nientemeno che il Dio della vita e della gioia!

 

 

DOMENICA 24 MAGGIO: ASCENSIONE DEL SIGNORE

Tra i santi ricordati oggi: Festa di Maria Ausiliatrice. San Patrizio; San Vincenzo di Lerins.

Una scheggia di preghiera:

 

LA TUA, SIGNORE, E’ LA PRESENZA DI UN AMICO.

 

Saggezza popolare: Coloro che si aiutano a vicenda portano a casa un elefante. (Prov. Africano)

Hanno detto: L’umiltà è la virtù più indispensabile nella ricerca della verità. (S. Weil).

Un aneddoto: Un illustre fabbricante di campane, dalla lunga barba e assolutamente ateo, ricevette un giorno la visita di due clienti. Erano vestiti di nero, molto seri, e avevano un rigonfiamento sulle spalle, per cui l’ateo pensò che lì potevano esserci le ali, come si dice che usino gli angeli; ma non vi fece caso, perché non era conciliabile con le sue convinzioni. I due signori gli commissionarono una campana di grandi dimensioni, il maestro non ne aveva mai fatte di simili, e di una lega metallica che non aveva mai usato; i due signori spiegarono che la campana avrebbe prodotto un suono particolare, assolutamente diverso da quello di qualsiasi altra campana. Al momento di congedarsi, i due signori spiegarono, non senza un punto di imbarazzo, che la campana doveva servire per il Giudizio Universale, che era ormai imminente. Il maestro delle campane rise amichevolmente, e disse che non ci sarebbe mai stato Giudizio Universale, e comunque avrebbe fatto la campana nel modo indicato e nel tempo stabilito. Il maestro portò a termine la più grande campana della sua vita, e si accorse di esserne orgoglioso, e nel segreto dei sogni gli parve di desiderare che una campana così bella, unica al mondo, fosse usata in occasione del Giudizio Universale. Quando la campana era già finita e montata su un gran trespolo di legno, i due signori ricomparvero; guardarono la campana con ammirazione, e insieme con profonda malinconia. Sospirarono. Finalmente, quello dei due che sembrava più autorevole, si rivolse al maestro e gli disse a bassa voce, quasi con vergogna: “Aveva ragione lei, caro maestro; non ci sarà, né ora né mai, nessun Giudizio Universale. E stato un terribile errore”. Il maestro guardò i due signori, anch’egli con una certa malinconia, ma benevola e felice. “Troppo tardi, miei signori ”, disse, con voce sommessa e ferma; e diede mano alla corda, e la grande campana ondeggiò e suonò, suonò forte e alta e, come doveva essere, i Cieli si aprirono. (Giorgio Manganelli)

Parola di Dio: At. 1, 1-11 / Sal 46 / Ef 1, 17-23 / Mc 16, 15-20

 

Vangelo Mc 16, 15-20

Dal vangelo secondo Marco.

In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano. Parola del Signore

 

“IL SIGNORE GESU’ DOPO AVER PARLATO CON LORO, FU ASSUNTO IN CIELO E SEDETTE ALLA DESTRA DI DIO”. (Mc. 16,19)

L’Ascensione del Signore non è una festa di addio ma segna l’inizio di una nuova presenza di Gesù dentro la storia: come Risorto e come Signore. Eppure, a volte, si ha l’impressione di essere soli, quasi che il Signore si sia dimenticato di noi. No, il Signore non lascia soli e orfani i suoi discepoli: “Ecco: io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Si tratta di aprire gli occhi per cogliere i tratti della sua presenza nella vita quotidiana. Una quotidianità che diventa il luogo nel quale si esprime la vocazione ricevuta e dove si concretizza l’unità della comunità attraverso la pazienza, la fedeltà, l’umiltà, che permette di riconoscere i limiti e diventa un rimedio per non giudicare negativamente gli altri, la mitezza, che chiede grande padronanza di sé e grande forza interiore. Ai cristiani viene chiesto di “rendere ragione della speranza che li abita”, uomini e donne che dimostrano quotidianamente che la vita cristiana è bella e buona.

 

 

LUNEDI’ 25 MAGGIO:

Tra i santi ricordati oggi: San Beda venerabile; San Gregorio VII; Santa Maria Maddalena de Pazzi.

Una scheggia di preghiera:

 

SPIRITO DI DIO, GUIDAMI, SOSTIENIMI, ILLUMINAMI.

 

Saggezza popolare: Il piacere può fondarsi sull'illusione, ma la felicità riposa sulla verità. (Prov. Americano)

Hanno detto: Se Gesù nel Vangelo ama di un amore del tutto particolare i peccatori, non è certo a causa del loro peccato, ma perché hanno bisogno di essere perdonati e guariti, perché sono disponibili all’amore di Dio. (Cl. Geffré).

Un aneddoto: Un monaco Zen tenne il suo primo sermone. La settimana successiva lo ripeté uguale identico, e la terza settimana, invece, lo ripeté senza cambiare una sola parola. La comunità di fedeli iniziò a sentirsi a disagio. I sermoni religiosi sono di per se stessi noiosi, ma quell’uomo ripeteva ormai da settimane lo stesso discorso, parola per parola. Era davvero troppo. Al quinto, identico sermone, i fedeli nominarono un rappresentante e l’uomo si recò dal monaco per protestare a nome di tutti. Cosa succede? disse, hai un solo sermone da predicare? No, ne ho diversi, rispose il monaco. Ma allora perché continui a seccarci con le stesse parole? Il monaco tacque un istante. Non avete fatto nulla, sospirò. Io ho diversi sermoni da tenere, ma se non cominciate ad agire di conseguenza non posso passare al secondo. Per cinque volte ho predicato, e cosa avete fatto voi rispetto a questo sermone? Nulla! No, non posso ancora passare al secondo. Poco per volta la comunità di fedeli iniziò a disertare il tempio. E il monaco stava sempre là e recitava la sua omelia anche quando ormai non trovava più nessuno ad ascoltarlo. Poi, la comunità di fedeli cominciò a passare al largo dal tempio; le parole del monaco, sempre le stesse, risonavano spesso anche all’esterno delle mura. Pareva un’ossessione. Una disgrazia. Il monaco fermava talvolta un fedele per strada chiedendo: Hai fatto qualcosa rispetto al primo sermone? Dovettero imbavagliarlo. Cacciarlo. Ma era ormai troppo tardi. Nel segreto dei loro cuori, germogliava il primo sermone. E quando diede i primi frutti, il monaco era già lontano.

Parola di Dio: At 19, 1-8 / Sal 67 / Gv 16, 29-33

 

1^ Lettura At 19, 1-8

Dagli Atti degli Apostoli.

Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell'altopiano, giunse a Efeso. Qui trovò alcuni discepoli e disse loro: “Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?”. Gli risposero: “Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo”. Ed egli disse: “Quale battesimo avete ricevuto?”. “Il battesimo di Giovanni”, risposero. Disse allora Paolo: “Giovanni ha amministrato un battesimo di penitenza, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù”. Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e parlavano in lingue e profetavano. Erano in tutto circa dodici uomini. Entrato poi nella sinagoga, vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori circa il regno di Dio. Parola di Dio

 

“NON ABBIAMO NEANCHE SENTITO DIRE CHE CI SIA UNO SPIRITO SANTO”. (At. 19,3)

Paolo, nei suoi viaggi, trova ad Efeso alcuni discepoli, ma quando li interroga essi dimostrano di essersi fermati nella loro fede al battesimo di penitenza di Giovanni. Non stupiamoci! Se oggi davanti a certe persone che dicono di “essere cristiani” si chiedesse chi sia lo Spirito Santo, ne sentiremo delle belle. Solo perché nati in un paese cristiano, solo perché le nostre famiglie di origine erano “religiose”, solo perché andiamo alla processione del santo o della santa, o perché ogni tanto facciamo una scappata religioso-turistica in qualche santuario, pensiamo di essere cristiani, ma se un  sacerdote, quando vai a chiedere “il battezzo” per tuo nipote ti invita a partecipare ad un momento di catechesi, di preparazione al sacramento: “sono solo storie dei preti moderni”, se qualcuno ti dice che prima di criticare per partito preso la Chiesa, sarebbe meglio leggere i documenti che sono stati scritti e capire il perché, pensi che chi ti parla sia uno “dell’altra parte”. Ma anche qui non puntiamo solo il dito: vi invito oggi a chiederci: “Io, oggi so rispondere a chi sia lo Spirito Santo? E, soprattutto: che compito ha nella mia vita lo Spirito Santo?” Proviamo a rispondere e, se per caso ci troviamo in difficoltà non sarà il caso di andare a riprendere in mano catechismo e preghiera?

 

 

MARTEDI’ 26 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: San Filippo Neri; San Quadrato.

Una scheggia di preghiera:

 

PADRE, TU SEI IN ME E IO IN TE.

 

Saggezza popolare: Le rivoluzioni camminano su pance vuote. (Prov. Americano)

Hanno detto: La Chiesa deve stare col Cristo crocifisso, quindi dalla parte di tutti i crocifissi, gli umiliati, i deboli, gli oppressi. Il suo trionfo non è quello imperiale di certi affreschi rinascimentali ma quello umile e sofferente della croce, il vero trionfo che libera e salva. (G. Ravasi).

Un aneddoto: Il 26 maggio 1886, il vizioso Mwanga, re dell’Uganda, venuto a conoscenza che ci sono cristiani nel suo palazzo e tra la sua gente, ordina: Tutti quelli ‘che pregano’ siano imprigionati! Carlo Lwanga e decine d’altri cristiani ugandesi vengono processati. Siete proprio tutti cristiani? Interroga il re. Sì, o re, siamo veramente tutti cristiani! "rispondono". Volete restare sempre cristiani? Sì, fino alla morte. Allora, torturateli e uccideteli tutti! Furono condotti sulla collina di Nabucongo. Ognuno fu legato entro una fascina di canne. Katikiro, primo ministro, alla presenza del re, diede quindi ordine di riunire tutti insieme e di appiccare le fiamme. Tra il crepitio i martiri cantavano e pregavano, resi forte, nella loro semplicità, dallo Spirito del Signore.

Parola di Dio: At 20, 17-27 / Sal 67 / Gv 17, 1-11a

 

Vangelo Gv 17, 1-11

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: “Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te”. Padre Santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Parola del Signore

 

“DISSE GESÙ: PADRE, IO TI PREGO PER COLORO CHE MI HAI DATO, PERCHE' SONO TUOI”. (Gv. 17,9)

Nel Vangelo di Giovanni, alla fine dei discorsi di addio che hanno riempito l’Ultima Cena, troviamo che Gesù sente il desiderio di pregare. Proviamo a guardare come prega Gesù per imparare da Lui. Gesù trasforma tutto: sentimenti, desideri, affetto per i discepoli, in preghiera. La preghiera è un rapporto di confidenza con il Padre. Nulla è estraneo alla preghiera. Quando due sposi si vogliono bene si dicono tutto, dalle cose importanti, le decisioni da prendere, fino alle banalità successe nella giornata. Con Dio deve essere la stessa cosa. Saper pregare non è difficile; basta parlare con Dio. A volte non è neanche necessario parlare, basta ascoltare. La nostra preghiera può essere personale o comunitaria, mentale o vocale, spontanea o preordinata, di lode o di richiesta, non importa, basta che ci sia e che sia un incontro di due cuori!

 

 

MERCOLEDI’ 27 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: Sant’Agostino di Canterbury, San Giulio martire.

Una scheggia di preghiera:

 

GESU’, AIUTACI A SANTIFICARE IL MOMENTO PRESENTE.

 

Saggezza popolare: Quando fai un buon incontro, allontanati il più lentamente possibile. (Prov. Apache)

Hanno detto: Padri e maestri, io mi domando: Che cos’è l’inferno? Io affermo che è il tormento di non essere capaci di amare (Dostoevskij).

Un aneddoto: Un monaco peccò con il pensiero; più tardi, durante la riunione dei monaci e per questo specifico caso, venne chiamato Abba Moisè. Ma questi si rifiutò di andare. Allora il superiore del monastero mandò qualcuno a dirgli: “ Vieni, tutti i monaci stanno aspettando te”. L’asceta prese allora una cesta, la riempì di sabbia e si avviò verso la riunione. A chi, giunto per salutarlo, gli chiedeva spiegazioni di quel gesto, disse: “I miei peccati cadono come la sabbia dietro di me e non li vedo. Cosa vengo dunque a fare qui, per criticare i peccati altrui?” I monaci, udite queste parole, non solo non rimproverarono il fratello che aveva peccato, ma gli perdonarono. E ciascuno ebbe una lezione su cui meditare.

Parola di Dio: At. 20, 28-38 / Sal 67 / Gv 17, 11b-19

 

Vangelo Gv 17, 11-19

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù, alzati gli occhi al cielo, così pregò: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità”. Parola del Signore

 

“NON CHIEDO CHE TU LI TOLGA DAL MONDO, MA CHE LI CUSTODISCA DAL MALIGNO”. (Gv.17,16)

Una delle più grandi tentazioni dei cristiani nella storia è quella di fuggire il mondo, di costruire un mondo a immagine e somiglianza del proprio pensiero, di forzare la politica e la società al vangelo oppure di andarsene, di fondare città ideali ispirate al vangelo. Ma pare proprio che il Signore Gesù non la pensi così: ci è chiesto di restare nel mondo, di fecondare il mondo, di amarne gli aspetti luminosi, sapendo però che la mentalità mondana può diluire il vino buono del vangelo fino a renderlo insapore. Perciò Gesù prega perché siamo preservati dalla parte oscura della realtà, dal maligno. Per restare costantemente orientati al Signore, dobbiamo fare spazio in noi alla verità, all'autenticità che deriva dall'accogliere la Parola di Dio. Facciamo in modo, allora, che la Parola di Dio dimori abbondantemente tra noi, affinché possiamo restare nel mondo con semplicità dando testimonianza al Vangelo. Sia oggi il nostro impegno, in ufficio, in casa, a scuola, perché il mondo creda e credendo, abbia la vita.

 

 

GIOVEDI’ 28 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: San Germano; San Senatore

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI, SIGNORE, DI ESSERE UN CUOR SOLO E UN’ANIMA SOLA.

 

Saggezza popolare: La paura è come un cane: se scappi, morde. (Prov. Arabo)

Hanno detto: Invece di parlare di Dio a tuo fratello, perché non parli a Dio del tuo fratello? (D. Bonhöffer).

Un aneddoto: Un uomo sordo venne avvisato che un suo vicino era caduto ammalato. Disse fra sé: “Ci devo andare, non me ne posso dispensare. Ma con la mia durezza di udito, come potrò capire ciò che mi dirà? Cercherò di indovinarlo dal moto delle sue labbra. Quando gli dirò: “Come state, mio povero amico?” lui risponderà: “Benissimo, grazie!” E io allora: “Sia lode al Cielo!” Poi gli dirò: “Che cosa avete bevuto?” Risponderà: “Un sorbetto, o un brodo caldo”. E io: “Buon pro vi faccia!” E poi: “Che medico vi sta curando?” “Il Tal dei Tali”. “Oh allora, tutto andrà bene. E un tipo in gamba, riesce sempre a spuntarla”. Avendo così preparato in anticipo il suo discorso, il brav’uomo si recò a visitare l’invalido. “Come state?” gli chiese. “Sto morendo”, rispose l’altro. “Sia lode al cielo!” esclamò il sordo. Su di che l’infermo fremette di sdegno. “Costui deve essere un mio antico nemico!” pensò. Il sordo tirò innanzi il suo gioco. “Che cosa avete bevuto?” domandò. “Veleno”, rispose l’altro. “Buon pro vi faccia!” gridò il visitatore, accrescendo il corruccio dell’altro. “Che medico vi sta curando?”, tornò ad insistere il sordo. “L’angelo della Morte, andate via!”, urlò il sofferente. “Fatevi animo, tutto gli riesce!” ribatté il sordo nel congedarsi. “Sia lode a Dio!” ripeté a se stesso. “Ci sono riuscito!”

Parola di Dio: At 22, 30; 23, 6-11 / Sal 15 / Gv 17, 20-26

 

Vangelo Gv 17, 20-26

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù alzati gli occhi al cielo, così pregò: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro”. Parola del Signore

 

“PREGO PER QUELLI CHE CREDERANNO IN ME, PERCHÉ TUTTI SIANO UNA COSA SOLA”. (Gv. 17,21)

Gesù ha pregato e prega per noi. La sua venuta, la sua passione, la sua risurrezione non sono solo un evento della storia passata. E’ venuto per me, ha sofferto per me, ha pregato per me, è risorto per me affinché io sia una cosa sola con Lui e affinché noi siamo una cosa sola tra noi. Il desiderio di Gesù è che in Lui ogni divisione sia superata, ogni discordia sia vinta nell’amore e che tutti coloro che riconoscono Lui come Salvatore possano davvero essere uno con Lui nel Padre. Come mai, allora, nella Chiesa e tra i cristiani ci sono tante divisioni? Perché, purtroppo, spesso, invece di guardare a Gesù, i cosiddetti credenti hanno guardato a se stessi e ai propri interessi. Perché spesso anche tra noi prevale il nostro giudizio piuttosto che la misericordia di Dio, perché preferiamo salvare la forma, invece che la sostanza. Nella Bibbia, Dio è uno mentre è il maligno che viene chiamato “il divisore”.

 

 

VENERDI’ 29 MAGGIO

Tra i santi ricordati oggi: San Massimino, vescovo; Santa Teodosia, martire.

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, TU SAI TUTTO, SAI CHE TI AMO.

 

Saggezza popolare: Chi vuole far qualcosa, trova un mezzo; chi non vuole far nulla, una scusa. (Prov. Arabo)

Hanno detto: Io credo che se un giorno diventerò cristiano sul serio, dovrò vergognarmi soprattutto, non di non esserlo diventato prima, ma di aver tentato prima tutte le scappatoie. (S. Kierkegaard)

Un aneddoto: Si racconta che in tempi remoti, quando ancora esistevano Principi e Anacoreti, nell’attraversare il Bosco per partecipare alla caccia, un Principe riccamente addobbato incontrò un Eremita. Quel tale teneva in mano un teschio e lo stava osservando con estrema attenzione. Il Principe gli si avvicinò. Bravissimo, gli disse in tono beffardo, perché mai contempli con tanto interesse la testa di un morto? Perché mi piacerebbe capire, rispose l’altro, se questo è il cranio di un Principe oppure di un mendicante. Ma non ci riesco. Vuoi provarci tu? (Laura Vagliasindi)

Parola di Dio: At 25, 13b-21 / Sal 102 / Gv 21, 15-19

 

Vangelo Gv 21, 15-19

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, quando si fu manifestato ai discepoli ed essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. Gli disse di nuovo: “Simone di Giovanni, mi vuoi bene?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Gli disse: “Pasci le mie pecorelle”. Gli disse per la terza volta: “Simone di Giovanni, mi vuoi bene?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene”. Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecorelle. In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi”. Parola del Signore

 

“SIGNORE, TU SAI TUTTO, SAI CHE TI AMO”. (Gv. 21,17)

L'apostolo Pietro, definito dallo stesso Cristo “pietra” e “roccia”, su cui egli voleva poggiare la sua chiesa, nell'ora della prova ha mostrato tutta la sua umana fragilità, rinnegando per ben tre volte il suo maestro. La paura di essere coinvolto nella tragica vicenda che stava per abbattersi su Gesù, gli aveva giocato in brutto scherzo. Quando poi ha preso coscienza del suo peccato ha pianto lacrime amare di pentimento. Oggi Gesù lo sottopone ad vero e proprio esame, l’esame dell’amore, rivolgendogli per tre volte la stessa domanda: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro”. Egli vuole così fargli comprendere dove vuole poggiare principalmente il primato che intende confermargli. Gesù aveva detto a tutti i suoi apostoli: “Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti”. Pietro risponde con estrema sincerità e umiltà: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo”. Più che alla sua personale valutazione, si affida alla interiore conoscenza che attribuisce al suo maestro. Questa è la condizione per assumere il compito di primo dei pastori nella chiesa di Cristo, e questa è la condizione che dobbiamo adempiere se vogliamo essere veri discepoli che seguono il Maestro.

 

 

SABATO 30 MAGGIO:

Tra i santi ricordati oggi: San Gavino, martire; Santa Giovanna d’Arco.

Una scheggia di preghiera:

 

SCRIVI, OGGI, CON ME, UNA PAGINA DEL TUO VANGELO, O GESU’.

 

Saggezza popolare: Ciò che è passato è fuggito; ciò che tu speri è assente; ma il presente è tuo. (Prov. Arabo)

Hanno detto: Le idee fisse sono come i crampi ai piedi: il miglior rimedio è il camminarci sopra. (S. Kierkegaard).

Un aneddoto: Quattro allievi di una scuola di sapienza giapponese che erano amici intimi si ripromisero di osservare sette giorni di silenzio. Il primo giorno rimasero zitti tutti e quattro. La loro meditazione era cominciata sotto buoni auspici; ma quando scese la notte e le lampade a olio cominciarono a farsi fioche, uno degli allievi non riuscì a tenersi e ordinò a un servo: Regola quella lampada! Il secondo allievo si stupì nel sentire parlare il primo: Non dovremmo dire neanche una parola, osservò. Siete due stupidi. Perché avete parlato? disse il terzo. Io sono l’unico che non ha parlato, concluse il quarto.

Parola di Dio: At 28, 16-20. 30-31 / Sal 10 / Gv 21, 20-25

 

Vangelo Gv 21, 20-25

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Pietro, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: “Signore, chi è che ti tradisce?”. Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: “Signore, e lui?”. Gesù gli rispose: “Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi”. Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: “Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te?”. Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere. Parola del Signore

 

“VI SONO ANCORA MOLTE ALTRE COSE COMPIUTE DA GESU’ CHE SE FOSSERO SCRITTE IL MONDO NON BASTEREBBE A CONTENERNE I LIBRI. (Gv. 21,25)

Ecco le ultime parole dello splendido vangelo di Giovanni, che conclude anche il nostro tempo di Pasqua. Giovanni ci ha raccontato la sua bruciante esperienza, la sua avventura, la sua conversione, la sua passione per Gesù e ci dice, sorridendo, che avrebbe molte altre cose da dire su ciò che Gesù ha fatto, anzi, a ben pensarci, il vangelo non si dovrebbe mai finire di scrivere. Ed è proprio vero: ognuno dovrebbe aggiungere la sua pagina, ogni uomo e ogni donna, che hanno vissuto nella luce del Signore, potrebbero aggiungerne un pezzettino. Ecco allora che non ci sarebbero solo più i quattro evangelisti ma anche il vangelo secondo Franco, secondo Laura, secondo Mario... ognuno aggiunga la sua, di testimonianza. Noi, la nostra vita, sono il vangelo per coloro che oggi incontreremo!  La mia vita, il mio sorriso, la mia pazienza, il mio amore siano oggi, Signore, vangelo-buona notizia per tutti coloro che incontrerò!

 

 

DOMENICA 31 MAGGIO: SOLENNITA’ DI PENTECOSTE

Tra i santi ricordati oggi: Santa Petronilla di Roma; San Vitale di Assisi.

Una scheggia di preghiera:

 

MARIA, DONNA PIENA DI SPIRITO SANTO, GUIDAMI A GESU’.

 

Saggezza popolare: Il cammelliere fa i suoi progetti, e il cammello pure. (Prov. Arabo)

Hanno detto: La sacra Scrittura è sobria nei confronti di Maria; non bisogna però ingannarsi su questo silenzio. Quando di una creatura si è detto che è Madre di Gesù e che Gesù è Dio, non si può certo aggiungere altro a sua lode e gloria. (C. Charlier).

Un aneddoto: IL LEONE TIMOROSO  Una Missionaria della Scuola, l’indiana Agnese D’Souza, ricorda suo padre Giacomo, che a notte avanzata dovette farsi strada nella foresta: aveva lasciato Karachi, nel Pakistan, dopo una giornata di lavoro come rappresentante d’una fabbrica, per rientrare a casa, su di una piccola isola dove viveva con la moglie e una figlioletta. All’ improvviso avverti un fruscio alla sua destra, e un leone sbucò dal folto delle piante avvicinandosi cautamente. L’uomo si sentì perduto: non era armato, ma stringeva nella mano la corona del Rosario che, come sempre, recitava durante la sua marcia solitaria, per stare in compagnia con la Madonna. Uscì in uno spiazzo illuminato dalla luna e tese verso la belva la sua unica arma, quella corona da cui non si separava mai. Il leone si arrestò incerto, mentre la coda sferzava l’aria nervosamente. Chissà che cosa lo obbligò a rinun­ciare: invece di balzargli addosso, si proiettò all’ indietro e scomparve subito nell’intrico della vegetazione. Un miracolo? Così lo rievoca oggi la religiosa D’Souza, che a quel tempo aveva cinque anni ed era la quarta dei dodici figli di Giacomo e Monica, i coniugi pakistani,  una famiglia privilegiata dal Signore, che ha dato alla Chiesa quattro sacerdoti e cinque religiose. E Agnese insegna ora ai suoi piccoli scolari di Multan che «arma segreta» è mai il Rosario, quando si invoca l’aiuto di Dio, per mezzo di Maria

Parola di Dio: At 2, 1-11 / Sal 103 / Gal 5,16-25 / Gv 15,26-27;16,12-15

 

Vangelo Gv 15, 26-27; 16, 12-15

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà”. Parola del Signore

 

“QUANDO VERRA’ IL PARACLITO EGLI VI DARA’ TESTIMONIANZA DI ME” (Gv. 15,26)

A Pentecoste i discepoli di Cristo sono chiamati a diventare testimoni. Questa missione ha alla sua origine il dono dello Spirito, che ci attrezza per saper affrontare ogni prova lungo il cammino. Sono necessari da parte del credente silenzio e impegno. Alla scuola dello Spirito viene richiesta un’intensa ed esigente vita spirituale, dal momento che, come scrive san Paolo, “la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne”. Lo Spirito ci porta alla verità e alla libertà; ci libera dalla schiavitù di sentirci condannati sotto il peso dei nostri peccati, delle nostre fragilità, delle nostre debolezze; prende la nostra difesa manifestandoci l’amore che Dio nutre nei nostri confronti e facendoci godere dei frutti dell’amore, della gioia, della pace, della pazienza, della benevolenza, della bontà, della fedeltà, della mitezza, del dominio di sé. L’irruzione dello Spirito cambia la vita di coloro che l’accolgono e si lasciano guidare da lui. L’esperienza della fragilità, della debolezza, l’incapacità di dominare gli istinti, i cedimenti a sentimenti ed atteggiamenti meschini, l’adesione a comportamenti immorali lasciano il posto ad uno stile del tutto diverso. C’è un uomo nuovo che nasce e che si realizza. Esso è riconoscibile da alcuni frutti che rivelano la presenza, l’azione dello Spirito nella vita di una persona. Questi non si sente più sotto una legge che continuamente gli rinfaccia le sue inadempienze, i suoi peccati. Sperimenta, invece, una vera e propria grazia che cambia gli itinerari dell’esistenza e rende accessibile a tutti una nuova possibilità. Così i frutti dello Spirito sono non tanto il risultato dell’impegno dell’uomo, della sua volontà, quanto la riprova che Dio può cambiare il nostro cuore e renderlo capace di amare, di far propri tutti gli atteggiamenti più degni e più nobili.

     
     
 

Archivio