Archivio

 
     
     

SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

http://digilander.libero.it/don_franco_web

a cura di: don_franco_locci@libero.it

 

FEBBRAIO 2008

 

VENERDI’ 1 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, AIUTAMI A FIDARMI PIU’ DI TE CHE DI ME STESSO.

 

Tra i santi ricordati oggi: Sant’Orso di Aosta; Santa Anna Michelotti; Santa Brigida di Cell Dara.

Hanno detto: Il più del credo è quello che prorompe dal tuo labbro nel buio, nel sacrifico, nel dolore, nello sforzo supremo di un’inflessibile volontà di bene; è quello che, come folgore, squarcia le tenebre dell’anima tua; è quello che, nel balenar della tempesta, ti innalza e ti conduce a Dio. (San Pio da Pietralcina.)

Saggezza popolare: Sii come la palma: quando le tiri un sasso, essa lascia dare i datteri più dolci. (Proverbio Africano)

Un aneddoto: Si racconta che Francesco Faa di Bruno, alle lamentele di una giovane che si esprimeva così: “Ma il Signore non ci chiede un po’ troppo?” – abbia risposto: “Non si può pretendere di svegliarsi un bel giorno in Paradiso senza sapere come ci siamo arrivati”.

Parola di Dio: 2Sam. 11, 1-10.13-17; Sal. 50; Mc. 4,26-34

 

1^ Lettura 2 Sam 11,1-4.5-10.13-17

Dal secondo libro di Samuele.

L'anno dopo, al tempo in cui i re sogliono andare in guerra, Davide mandò Ioab con i suoi servitori e con tutto Israele a devastare il paese degli Ammoniti; posero l'assedio a Rabbà mentre Davide rimaneva a Gerusalemme. Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dall'alto di quella terrazza egli vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella di aspetto. Davide mandò a informarsi chi fosse la donna. Gli fu detto: “E’ Betsabea figlia di Eliàm, moglie di Uria l'Hittita”. Allora Davide mandò messaggeri a prenderla. Essa andò da lui ed egli giacque con lei, che si era appena purificata dalla immondezza. Poi essa tornò a casa. La donna concepì e fece sapere a Davide: “Sono incinta”. Allora Davide mandò a dire a Ioab: “Mandami Uria l'Hittita”. Ioab mandò Uria da Davide. Arrivato Uria, Davide gli chiese come stessero Ioab e la truppa e come andasse la guerra. Poi Davide disse a Uria: “Scendi a casa tua e lavati i piedi”. Uria uscì dalla reggia e gli fu mandata dietro una portata della tavola del re. Ma Uria dormì alla porta della reggia con tutti i servi del suo signore e non scese a casa sua. La cosa fu riferita a Davide e gli fu detto: “Uria non è sceso a casa sua”. Allora Davide disse a Uria: “Non vieni forse da un viaggio? Perché dunque non sei sceso a casa tua?”. Davide lo invitò a mangiare e a bere con sé e lo fece ubriacare; la sera Uria uscì per andarsene a dormire sul suo giaciglio con i servi del suo signore e non scese a casa sua. La mattina dopo, Davide scrisse una lettera a Ioab e gliela mandò per mano di Uria. Nella lettera aveva scritto così: “Ponete Uria in prima fila, dove più ferve la mischia; poi ritiratevi da lui perché resti colpito e muoia”. Allora Ioab, che assediava la città, pose Uria nel luogo dove sapeva che il nemico aveva uomini valorosi. Gli uomini della città fecero una sortita e attaccarono Ioab; parecchi della truppa e fra gli ufficiali di Davide caddero, e perì anche Uria l'Hittita. Parola di Dio.

 

“PONETE URIA IN PRIMA FILA, DOVE PIU’ FERVE LA MISCHIA; POI RITIRATEVI DA LUI PERCHE’ RESTI COLPITO E MUOIA”. (2Sam. 11,11)

Se guardiamo nelle vite dei santi una delle loro costanti nella preghiera è stata quella di chiedere il dono della perseveranza: essi erano consapevoli della propria debolezza, della possibilità di cadere in ogni momento. Erano uomini e donne di Dio proprio perché avevano una realistica percezione di se stessi, e non si consideravano immuni dalla tentazione e anche dalla possibilità di peccare. Sapevano che una parte di loro poteva essere capace delle cose peggiori. E’ stata l’esperienza del ‘santo re’ Davide, ed egli diventa simbolo di ogni essere umano carico di desideri di bene e nello stesso tempo in balia del male, capace di amore puro e contemporaneamente, di dare la morte. La sua vicenda ci aiuta a conoscerci, a non nascondere le nostre ‘zone buie’, a non farci un’immagine idealistica di noi stessi, del nostro cammino di fede, a non dare nulla per scontato, neppure la nostra fedeltà a Dio. Ma se questo sguardo a noi stessi ci fa sperimentare la nostra debolezza e peccabilità, proprio dal baratro della nostra miseria possiamo guardare in alto. Dio non accetta il male ma è fedele al suo amore e alla sua misericordia e ci ha promesso che “se anche i vostri peccati fossero rossi come lo scarlatto, diventeranno bianchi come la neve”, Gesù Cristo ha già dato la sua vita per noi non perché ne fossimo meritevoli con la nostra bontà, ma “mentre eravamo peccatori”.

 

 

SABATO 2 FEBBRAIO: PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

Una scheggia di preghiera:

 

I MIEI OCCHI, O SIGNORE, VEDANO LA TUA SALVEZZA.

 

Tra i santi ricordati oggi: Santa Caterina De Ricci; San Cornelio, centurione.

Hanno detto: Se voi starete nella santa fede, giammai nel vostro cuore non cadrà tristizia. Perché la tristizia non procede da altro se non dalla fede che noi poniamo nelle creature, perché le creature sono cosa morta e caduca che vengono meno; e il cuore non si può mai riposare se non in cosa stabile e ferma. (S. Caterina da Siena)

Saggezza popolare: Un amico è qualcuno che conosce la melodia del tuo cuore e te la canta quando tu ti sei dimenticato le parole. (Proverbio Nigeriano)

Un aneddoto: Sei persone, colte dal caso nel buio di una gelida nottata, su un'isola deserta, si ritrovarono ciascuna con un pezzo di legno in mano. Non c'era altra legna nell'isola persa nelle brume del mare del Nord. Al centro un piccolo fuoco moriva lentamente per mancanza di combustibile. Il freddo si faceva sempre più insopportabile. La prima persona era una donna, ma un guizzo della fiamma illuminò il volto di un immigrato dalla pelle scura. La donna se ne accorse. Strinse il pugno intorno al suo pezzo di legno. Perché consumare il suo legno per scaldare uno scansafatiche venuto a rubare pane e lavoro? L'uomo che stava al suo fianco vide uno che non era del suo partito. Mai e poi mai avrebbe sprecato il suo bel pezzo di legno per un avversario politico.  La terza persona era vestita malamente e si avvolse ancora di più nel giaccone bisunto, nascondendo il suo pezzo di legno. Il suo vicino era certamente ricco. Perché doveva usare il suo ramo per un ozioso riccone? Il ricco sedeva pensando ai suoi beni, alle due ville, alle quattro automobili e al sostanzioso conto in banca. Le batterie del suo telefonino erano scariche, doveva conservare il suo pezzo di legno a tutti i costi e non consumarlo per quei pigri e inetti. Il volto scuro dell'immigrato era una smorfia di vendetta nella fievole luce del fuoco ormai spento. Stringeva forte il pugno intorno al suo pezzo di legno. Sapeva bene che tutti quei bianchi lo disprezzavano. Non avrebbe mai messo il suo pezzo di legno nelle braci del fuoco. Era arrivato il momento della vendetta. L'ultimo membro di quel mesto gruppetto era un tipo gretto e diffidente. Non faceva nulla se non per profitto. Dare soltanto a chi dà, era il suo motto preferito. Me lo devono pagare caro questo pezzo di legno, pensava. Li trovarono così, con i pezzi di legno stretti nei pugni, immobili nella morte per assideramento. Non erano morti per il freddo di fuori, erano morti per il freddo di dentro.

Parola di Dio: Ml. 3,1-4; Sal. 23; Eb. 2,14-18; Lc. 2,22-40

 

Vangelo Lc 2, 22-40

Dal Vangelo secondo Luca

Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele". Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima". C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui. Parola del Signore.

 

“C’ERA UN UOMO DI NOME SIMEONE…C’ERA UNA PROFETESSA. ANNA…”. (Lc. 2,25.36)

Anna e Simeone non si trovano al tempio per motivi istituzionali ci sono per amore. Sono due persone comuni la cui unica fiducia è Dio. La semplicità e fiducia permettono loro di sperare sempre, di vedere oltre, di accogliere il Dono, Gesù. Sono anziani, ma sono giovani perché hanno un cuore giovane, attento, perché infiammato dallo Spirito di Dio. Gli anni pesano su di loro, Anna ha alle spalle una storia spezzata, è vedova, e probabilmente ha anche tanti dolori, ma ha trovato la forza di mettere tutto in Dio, lo serve con preghiere e digiuni, scardinando l’idea che per il Signore si debba produrre, costruire, mentre è Lui che costruisce noi. Fa questo giorno e notte, perché ha trovato un’unità in se stessa, non vive più a compartimenti stagni, prima la preghiera e poi l’azione o viceversa. Lei e Simeone sono due giganti della fede semplice e pura che non conosce vecchiaia. Possono permettersi di parlare di Gesù e della sua missione perché hanno gli occhi limpidi per leggere l’agire divino. Per noi sono degli “indicatori di direzione”, ci dicono dove andare e con quale equipaggiamento. Ci segnalano Gesù ma anche il modo di riconoscerlo: vivendo come loro, docili allo Spirito, con l’orecchio teso, poveri per poter ricevere i doni di Dio. E se, guardando a noi, ci scopriamo che per il tanto fare anche apostolico abbiamo perso semplicità e vigilanza, allora invochiamo la loro intercessione per trovare il coraggio di fermarci.

 

 

DOMENICA 3 FEBBRAIO: IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO A

Una scheggia di preghiera:

 

IL TUO VOLTO IO CERCO O SIGNORE.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Biagio, Vescovo e Martire; Sant’Ansgario (Oscar), Vescovo.

Hanno detto: Senza amore l'uomo è senza Dio; e senza Dio e senza amore che cosa resta all'uomo? (Heinrich Pestalozzi)

Saggezza popolare: La donna diventa donna, quando diventa dono. (Proverbio Italiano)

Un aneddoto: Don Bosco aveva acquistato la tettoia Pinardi, che sarebbe diventata la sede del suo primo oratorio, per trentamila lire. Ovviamente non aveva i soldi per pagarla e avrebbe dovuto trovarli entro quindici giorni, pena una multa di centomila lire. Don Bosco vedendo sua madre preoccupatissima per il debito, le disse: “Se tu avessi trentamila lire, me li daresti? “Certo” rispose mamma Margherita. “E pensi che Dio, mio padre, sarà meno generoso di te?” Otto giorni dopo poté saldare il debito.

Parola di Dio: Sof. 2,3; 3,12-13; Sal 145; 1Cor. 1,26-31; Mt. 5,1-12

 

Vangelo Mt 5, 1-12

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo: vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli". Parola del Signore.

 

“BEATI I POVERI IN SPIRITO…” (Mt.5,1-12)

Nel corso della vita, l’uomo deve trovare un centro interiore che orienti e dia senso alla sua esistenza. Deve scoprire quel nucleo di verità fondamentali che lo sostengono e gli permettono di rimanere nel bene morale, mentre molte speranze superficiali continuano a sparire. Questo vale non solo per le persone più mature, alle quali il tempo ha già recato qualche delusione, ma anche per molti giovani, "appassiti nella primavera stessa della vita", che hanno perso l’incanto della vita. Tutti dobbiamo aspirare a queste "verità fondamentali" che diano speranza al nostro camminare. Significa riscoprire la ragione della propria esistenza, l’amore di Dio, e il senso della propria dignità come persona e figlio di Dio, per scoprire che abbiamo una missione nella vita e che il nostro passaggio su questa terra è momentaneo e provvisorio. Le beatitudini ci invitano appunto a rivedere la nostra gerarchia di valori. Ci aiutano a comprendere, alla luce dell’eternità, la relatività di tutto ciò che è creato, dei beni materiali, l’incongruenza della ricerca esclusiva del piacere e del benessere, e la relatività delle sofferenze di questa vita. "Cercare ancora il Signore": è questo che ci propone il profeta Sofonìa. Cercarlo tra le pieghe della nostra vita, cercarlo nelle sofferenze, nelle pene; cercarlo nelle proprie imprese, nella nostra famiglia; cercarlo nella vita di società e nella storia del mondo. Cercare il Signore significherà, certamente, pregare e parlare con Dio, ma non solo quello. Cercare il Signore significherà conformare la nostra condotta di vita coi suoi comandamenti, con le sue leggi, perché Egli è il Signore! Cercate il Signore e rivivrà il vostro cuore!

 

 

LUNEDI’ 4 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

DAL MALE E DAL MALIGNO, LIBERACI O SIGNORE

 

Tra i santi ricordati oggi: Sant’Andrea Corsini, vescovo; San Federico, abate.

Hanno detto: La sola disgrazia irreparabile è trovarsi un giorno senza pentimento davanti al Volto che perdona. (Bernanos)

Saggezza popolare: Se si ama, si dona, non s’impresta! (Proverbio Italiano)

Un aneddoto: Un giovane ricadeva continuamente negli stessi peccati e non faceva nessun sforzo per cambiare, con la scusa che “errare è umano”.

Si racconto che un giorno che Don Bosco lo vide particolarmente poco pentito decise di calcare un po’ la mano: “Errare è umano, ma quando la gomma per cancellare si consuma prima della matita, vuol proprio dire che si sta esagerando”

Parola di Dio: 2Sam 15,13-14.30; 16,5-13; Sal. 3; Mc. 5,1-20

 

Vangelo Mc 5, 1-20

Dal vangelo secondo Marco.

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all'altra riva del mare, nella regione dei Gerasèni. Come scese dalla barca, gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo. Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva a domarlo. Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi, e urlando a gran voce disse: "Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!". Gli diceva infatti: "Esci, spirito immondo, da quest'uomo!". E gli domandò: "Come ti chiami?". "Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti". E prese a scongiurarlo con insistenza perché non lo cacciasse fuori da quella regione. Ora c'era là, sul monte, un numeroso branco di porci al pascolo. E gli spiriti lo scongiurarono: "Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi". Glielo permise. E gli spiriti immondi uscirono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano circa duemila e affogarono uno dopo l'altro nel mare. I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campagna e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto. Giunti che furono da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo pregava di permettergli di stare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: "Và nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato". Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decapoli ciò che Gesù gli aveva fatto, e tutti ne erano meravigliati. Parola del Signore.

 

“ESCI SPIRITO IMMONDO DA QUEST’UOMO”. (Mc. 5,8)

Cerchiamo, attraverso la ripresa di alcuni punti, di cogliere i tanti significati di questo racconto di non facile comprensione offertoci dal vangelo di oggi. Prima di tutto l’episodio si svolge in territorio pagano e questo sta ad indicarci che nessuno è escluso dal messaggio della salvezza e dall’opera misericordiosa di Gesù. I demoni si rivelano tanti: anche oggi il male si presenta con mille volti e tentazione diverse anche se la sostanza è una sola, quella di dividerci da Dio. I demoni riconoscono Gesù come Figlio di Dio. Noi invece spesso facciamo fatica a riconoscerlo tale. Non sarà forse perché a forza di dire: “che male c’è?” abbiamo perso il senso del male e di conseguenza anche del Bene? I diavoli chiedono di essere trasferiti in un branco di porci. Viene da pensare che esistano luoghi prediletti da Satana, che abbia i suoi inferni anche in questo mondo, specialmente dove il male dilaga, dove è accettato e vissuto come stile di vita, dove nessuno gli è contrario, dove può prendervi stabile dimora. Ma anche nei maiali la presenza del male è devastante e il male approfitta di loro per creare altro male: i mandriani avvertono i padroni dell’accaduto e questi invece di considerare l’intervento salvifico di Gesù calcolano il danno economico subito e invitano Gesù ad andare via. Capita ancora: le cose di questo mondo spesso hanno la prevalenza su Cristo. Solo l’indemoniato guarito si mostra grato e, anche se Gesù non gli permette di seguirlo, gli dà l’incarico di essere annunciatore tra i suoi in terra pagana di quanto ha ricevuto dalla misericordia di Dio. E Gesù non dà forse anche a noi l’incarico di essere “tra i nostri” testimoni del suo amore e della sua misericordia?

 

 

MARTEDI’ 5 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

NELL’ORA DELL’ANGOSCIA, SOCCORRIMI, SIGNORE.

 

Tra i santi ricordati oggi: Sant’Agata, martire; Sant’Isidoro, martire.

Hanno detto: Nessun uomo può giustamente criticare o condannare un altro uomo, perché nessun uomo ne conosce veramente un altro. (Browne Th.)

Saggezza popolare: Per donarsi, bisogna possedersi. (Proverbio Italiano)

Un aneddoto: La verità era uno specchio che, cadendo, si ruppe. Ciascuno ne prese un pezzo e, vedendovi riflessa la propria immagine, credette di possedere l'intera verità. (Jalal ed Din Rumi)

Parola di Dio: 2Sam. 18,9-10.14.24-25.30-19,4; Sal. 85; Mc. 5,21-43

 

1^ Lettura 2Sam 18,9-10.14.24-25.30 - 19,4

Dal secondo libro di Samuele.

In quei giorni, Assalonne si imbatté nei servi di Davide. Assalonne cavalcava il mulo; il mulo entrò sotto i rami di un grande terebinto e la testa di Assalonne rimase impigliata nel terebinto e così egli restò sospeso fra cielo e terra; mentre il mulo che era sotto di lui passava oltre. Un uomo lo vide e venne a riferire a Ioab: "Ho visto Assalonne appeso a un terebinto". Allora Ioab prese in mano tre dardi e li immerse nel cuore di Assalonne, che era ancora vivo nel folto del terebinto. Davide stava seduto fra le due porte; la sentinella salì sul tetto della porta dal lato del muro; alzò gli occhi, guardò ed ecco un uomo correre tutto solo. La sentinella gridò e avvertì il re. Il re disse: "Se è solo, porta una buona notizia". Quegli andava avvicinandosi sempre più. Il re gli disse:"Mettiti là, da parte". Quegli si mise da parte e aspettò. Ed ecco arrivare l'Etiope che disse: "Buone notizie per il re mio signore! Il Signore ti ha reso oggi giustizia, liberandoti dalle mani di quanti erano insorti contro di te". Il re disse all'Etiope: "Il giovane Assalonne sta bene?". L'Etiope rispose: "Diventino come quel giovane i nemici del re mio signore e quanti insorgono contro di te per farti il male!". Allora il re fu scosso da un tremito, salì al piano di sopra della porta e pianse; diceva in lacrime: "Figlio mio! Assalonne figlio mio, figlio mio Assalonne! Fossi morto io invece di te, Assalonne, figlio mio, figlio mio!". Fu riferito a Ioab: "Ecco il re piange e fa lutto per Assalonne". La vittoria in quel giorno si cambiò in lutto per tutto il popolo, perché il popolo sentì dire in quel giorno: "Il re è molto afflitto a causa del figlio". Il popolo in quel giorno rientrò in città furtivamente, come avrebbe fatto gente vergognosa per essere fuggita in battaglia. Parola di Dio.

 

“ECCO IL RE PIANGE E FA LUTTO PER ASSALONNE”. (1Sam. 19,2)

Davide aveva pianto la morte di Gionata, di Saul, del figlio piccolo, morto dopo il suo peccato. Ora piange per il figlio che aveva tradito la sua fiducia. Davide si rivela padre a tutti gli effetti perché non rinnega il figlio, non dice: “Ben gli sta”, “Te lo avevo detto che finiva così”, come talvolta fanno alcuni genitori quando il figlio soffre per una strada intrapresa e da loro non condivisa. Il re di Israele non nega l’evidenza, riconosce lo sbaglio del figlio da cui ha dovuto fuggire come un nemico, ma l’affetto che lo lega a lui vince su tutto. L’amore di un padre, come quello di una madre non possono esimersi dal perdono, da quella comprensione che placa gli effetti delle sconsideratezze altrui. Questa è l’unica strada che permette all’altro di poter recuperare, perché il giudizio senza appello, il continuare a puntualizzare, a far notare gli errori, a ricordare limiti e mancanze, è la via aperta alla divisione. Se Assalonne aveva voluto dividersi dal padre, Davide, al contrario, non aveva lasciato spegnere l’affetto per lui e aveva continuato a perdonare. L’esempio di Davide ha portato il suo popolo a non gioire della morte del nemico a non rallegrarsi della sventura del persecutore. Il suo esempio hanno impedito all’odio di mettere radici nel suo popolo. Se noi cominciamo a vedere in positivo, se non manteniamo i rancori, mettiamo qualcosa di bello e di nuovo nel nostro mondo, non solo per noi ma anche per altri.

 

 

MERCOLEDI’ 6 FEBBRAIO: LE CENERI

Una scheggia di preghiera:

 

CREA IN ME, O DIO, UN CUORE PURO.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Paolo Miki e compagni, martiri; San Gastone, Vescovo; Santa Dorotea, martire.

Hanno detto: Che cos'è un'erbaccia? Una pianta di cui non sono ancora state scoperte le virtù. (Ralph Waldo Emerson)

Saggezza popolare: L’amore muore, se si tiene chiusa la porta di casa. (Proverbio Italiano)

Un aneddoto: San Giovanni Maria Vianney non sopportava lo sfoggio di cultura. Un giorno, trovandosi in un circolo di intellettuali ebbe a dire: Coloro che sono guidati dallo Spirito Santo sono ricchi di sapienza; e ciò spiega perche tanti ignoranti ne sanno più dei dotti.

Parola di Dio: Gl. 2,12-18; Sal. 50; 2Cor. 5,20-6,2; Mt. 6,1-6.16-18

 

Vangelo Mt 6, 1-6. 16-18

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà". Parola del Signore.

 

“NON SAPPIA LATUA SINISTRA CIO’ CHE FA LA TUA DESTRA”. (Mt. 6,3)

Inizia il tempo di quaresima e in tutti i cristiani dovrebbe crescere l ‘impegno vero il bene. Sappiamo che ogni volta che compiamo un gesto di bene esso non rimane chiuso in se stesso e raggiunge molte persone. Il Vangelo di oggi ci indica alcune strade per il bene, il compierle realizza il Vangelo in noi e attorno a noi.  Ci sono quelli che danno poco dal molto che hanno e lo danno per ottenere riconoscenza e il loro segreto desiderio guasta i loro doni. E ci sono quelli che hanno poco e lo danno tutto; sono proprio loro quelli che credono nella vita e nella generosità della vita, e il loro scrigno non è mai vuoto. Ci sono quelli che danno con gioia, e questa gioia è la loro ricompensa, e ci sono quelli che danno con dolore, e questo dolore è il loro battesimo. E ci sono quelli che danno e nel dare non provano dolore né cercano gioia né danno pensando alla virtù. Essi danno come nella valle il mirto esala nello spazio la sua fragranza. Per mezzo delle mani della gente come loro Dio parla e dietro ai loro occhi egli sorride alla terra. E' meglio dare quando si è richiesti, ma è meglio dare quando pur non essendo richiesti, comprendiamo i bisogni degli altri. E per chi è generoso, il cercare uno che riceva è gioia più grande che non il dare. E c'è forse qualcosa che vorresti trattenere? Tutto ciò che hai un giorno o l'altro sarà dato via, perciò dà adesso così che la stagione del dare sia la tua non quella dei tuoi eredi.

 

 

GIOVEDI’ 7 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, CHE TUTTE LE SOFFERENZE NON VADANO PERSE.

 

Tra i santi ricordati oggi: Sant’Egidio Maria da Taranto, religioso; Sant’Adautto, martire.

Hanno detto: Se avessimo novantanove ragioni per giudicare male il nostro prossimo, e una sola per ritenerlo in buona fede, dovremmo scegliere quest'ultima per non contravvenire alla carità. (San Francesco di Sales)

Saggezza popolare: Chiedere qualcosa all’innamorato è rinnegare l’amore. (Proverbio Italiano)

Un aneddoto: Lo scrittore Piero Chiara, poco religioso, era molto amico dello scultore Francesco Messina, che era invece profondamente credente. Quando Chiara era prossimo alla morte, Messina si recò al suo capezzale e, prendendogli la mano, gli chiese: ”Dimmi, Piero, come stai a fede?”. Chiara lo fissò con gli occhi dolenti e rispose: ”lo mi fido di te”. Sono le parole più belle che possiamo dire ad un amico: “lo mi fido di te”. È la preghiera più bella che possiamo rivolgere a Dio: “lo mi fido di Te”.

Parola di Dio: Dt. 30.15-20; Sal. 1; Lc. 9,22-25

 

Vangelo Lc 9, 22-25  

Dal vangelo secondo Luca.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno". Poi, a tutti, diceva: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?" Parola del Signore.

 

“SE QUALCUNO VUOL VENIRE DIETRO A ME, RINNEGHI SE STESSO, PRENDA LA SUA CROCE OGNI GIORNO E MI SEGUA”. (Lc. 9,23)

Sin dall’inizio della quaresima dobbiamo centrare subito l’obiettivo verso cui camminare. Gesù annuncia di essere il Messia crocifisso, ma parla anche della croce del cristiano. Quale sarà questa croce? Non è una croce che possiamo programmare noi. La croce è già lì: i fastidi, le tribolazioni, i problemi, le sofferenze, le difficoltà, le incomprensioni, gli impegni gravosi della vita quotidiana... senza contare quella croce che deriva proprio dal voler essere cristiani... Tuttavia non basta portare la croce. Non è sufficiente dire: “Anch’io ho la mia croce da portare”. Occorre portarla secondo la logica di Cristo, nella prospettiva del Regno. Croce di Cristo vuol dire sacrificio per amore. Disponibilità a perdere la propria vita. Solidarietà coi poveri. Impegno di giustizia. Lotta per abolire le divisioni tra gli uomini, insomma, non basta pronunciarsi per Lui, bisogna tenergli dietro. La croce diventa la misura della fedeltà. Non si tratta, beninteso, né di cercare, né tantomeno di amare la croce. Quanto piuttosto di amare attraverso la croce. La croce ci riconduce alla nostra verità, alle nostre giuste dimensioni di figli degli uomini, poveri, deboli, fragili e piccoli. La croce può liberarci dalla materia in cui rischiamo di soffocare; può liberarci dalla mediocrità. Essa è come un'antenna attraverso la quale riusciamo a captare un messaggio da parte di Dio. Non ci salverà dalla sofferenza, ma ci salverà dal  nonsenso e dalla inutilità!

 

 

VENERDI’ 8 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

LIBERACI O SIGNORE DA UNA RELIGIOSITA’ FORMALE.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Girolamo Emiliani, fondatore; Santa Giuseppina Bakita; San Giovanni di Matha, fondatore.

Hanno detto: I censori perdonano ai corvi, e fanno stragi di colombe. (Giovenale)

Saggezza popolare: Se tua moglie è bassa di statura, chìnati per baciarla. (proverbio Italiano)

Un aneddoto: Un giorno un diplomatico in visita a Roma, chiese a Giovanni XXIII quante persone in tutto lavorassero in Vaticano. “Oh, soltanto la metà circa, suppongo” replicò bonariamente il Papa.

Parola di Dio: Is. 58,1-9; Sal. 50; Mt. 9,14-15

 

Vangelo Mt 9, 14-15  

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, i discepoli di Giovanni si accostarono  a Gesù e gli dissero: "Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?". E Gesù disse loro: "Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno". Parola del Signore.

 

“PERCHÈ MENTRE NOI DIGIUNIAMO, I TUOI DISCEPOLI NON DIGIUNANO?”. (Mt. 9,14)

Quante volte cerchiamo di comprarci Dio con le pratiche religiose! “Questo rosario lo dico perché il Signore mi dia... “Faccio i primi nove venerdì del mese così sono sicuro di andare in Paradiso” “Vado a Messa la domenica così sono a posto con Dio” “Sono stato generoso con quel povero... adesso tocca a te, Signore!”.

E’ sempre estremamente facile confondere tra fede e religione. Nel vangelo di oggi, i notabili della religione sono scandalizzati perché i discepoli di Gesù non compiono “gesti di religione”; altre volte, noi giudichiamo religiosi coloro che vanno in chiesa o confondiamo il credere con le pratiche religiose. Gesù ama e pratica la religiosità del suo popolo: osserva la legge mosaica, va al tempio, alla preghiera del sabato ma va anche a pregare al mattino presto, per conto suo e se un malato ha bisogno di Lui, non guarda il giorno della settimana. E’ osservante, non bigotto. Ama Dio, non le formalità della religione. Ascolta i capi della religione con rispetto, non ne è succube. La verità, per Lui è più importante delle formule preconfezionate. Non si tratta allora di snobbare i segni della religione ma di renderli espressivi di una fede, fede che può benissimo, in certi casi, portarci a superarli.

 

 

SABATO 9 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

GESU’ IL TUO SGUARDO DI AMORE E’ SU DI ME.

 

Tra i santi ricordati oggi: Apollonia, vergine e martire; San Rinaldo, vescovo.

Hanno detto: Nei giudizi che danno su di noi, i nostri nemici si avvicinano alla verità più di quanto facciamo noi stessi. (Francois de la Rochefoucauld)

Saggezza popolare: Dal giudice che pende, giustizia invan si attende.

Un aneddoto: Quando non era ancora pontefice, mons. Roncalli fu invitato in Francia un giorno ad un banchetto di diplomatici. Durante il pranzo si trovò seduto di fianco ad una signora dall’abito un po’ troppo scollato. Al momento della frutta mons. Roncalli prese una mela e, con garbo, la porse alla sua vicina dicendole: “E si ricordi che Eva, dopo aver mangiato il frutto, si vestì”.

Parola di Dio: Is. 58,9-14; Sal. 85; Lc. 5,27-32

 

Vangelo Lc 5, 27-32

Dal vangelo secondo Luca.

In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi!". Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla di pubblicani e d'altra gente seduta con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: "Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?". Gesù rispose: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi". Parola del Signore.

 

“GESU’ VIDE UN PUBBLICANO DI NOME LEVI SEDUTO AL BANCO DELLE IMPOSTE E GLI DISSE: SEGUIMI”. (Lc. 5,27)

E’ una gioia grande essere guardati e chiamati da Gesù perché i suoi occhi e la sua voce dicono un amore senza confini, eterno e fedele. Levi ha fatto questa esperienza. Ma non dopo la conversione ma mentre ancora si trovava al banco delle imposte, impegnato in un lavoro poco pulito, cioè Gesù non ha aspettato che Levi si convertisse per volergli bene. Gesù ci ama “mentre ancora noi siamo peccatori” come ci ricorderà San Paolo. I Farisei non riescono a capire questo, loro confondono e pensano che amare un peccatore sia amare il peccato. Gesù ci ama così come siamo. Nel nostro modo di vivere noi spesso pensiamo come i farisei e vediamo il peccato solo come qualcosa che ci separa da Dio e non come una realtà nella quale il Signore non teme di entrare per guarire. Dio non ci ama perché siamo buoni, ma ci rende buoni perché ci ama.

 

 

DOMENICA 10 FEBBRAIO: I DOMENICA DI QUARESIMA ANNO A

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, TU SEI LA PAROLA CHE SALVA.

 

Tra i santi ricordati oggi: Santa Scolastica, vergine; San Guglielmo di Malavalle.

Hanno detto:

E' tanto facile togliere la bacchetta ad un maestro, quanto è difficile dirigere con essa la quinta sinfonia di Beethoven. (Machado y Ruiz)               

Saggezza popolare: Non occorre spegnere la luce degli altri per fare brillare la propria.

Un aneddoto: Quando Giovanni XXIII era nunzio apostolico a Parigi, fece tutto quello che era in suo potere per aiutare gli ebrei della città a sfuggire le persecuzioni naziste, guadagnandosi la stima e la fiducia del rabbino di Parigi. Un giorno si incontrarono davanti ad una porta e il rabbino voleva a tutti i costi che passasse prima Roncalli. Ma il Nunzio, facendosi da parte gli disse sorridendo: “Prego, L’Antico Testamento prima del Nuovo”.

Parola di Dio: Gn.2,7-9; 3,1-7; Sal. 50; Rm. 5,12-19; Mt. 4,1-11

 

Vangelo Mt 4, 1-11

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: “Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane”. Ma egli rispose: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: “Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede”. Gesù gli rispose: “Sta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuo”. Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: “Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai”. Ma Gesù gli rispose: “Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto”. Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servirono. Parola del Signore.

 

“STA SCRITTO: NON DI SOLO PANE VIVRA’ L’UOMO, MA DI OGNI PAROLA CHE ESCE DALLA BOCCA DI DIO” (Mt. 4,4)

E’ la risposta di Gesù alla prima delle tentazioni nel deserto. Gesù aveva fame ed ecco la proposta del tentatore di utilizzare i suoi poteri per trasformare le pietre in pane. Che male ci sarebbe a soddisfare un bisogno che è proprio della condizione umana? Gesù però avverte l’insidia che si cela dietro la proposta: è il suggerimento di strumentalizzare Dio, pretendendo che egli si metta solo al servizio delle nostre necessità materiali. A Gesù viene chiesto, in fondo, di assumere un atteggiamento di autonomia invece dell’abbandono filiale nel Padre. Ecco dunque la risposta di Gesù che presenta la Parola di Dio come pane, come nutrimento. Ma come si fa a nutrirsi della Parola? Se il pane nutre e fa crescere, la Parola nutre e fa crescere Cristo in noi. Venuto Gesù in terra e fattosi nostro cibo, non può più bastarci un alimento naturale come il pane. Abbiamo bisogno di quello soprannaturale che è la Parola per crescere come figli di Dio. La natura di questo cibo è tale che di esso si può dire, come di Gesù nell’Eucaristia, che, quando ne mangiamo, non si trasforma in noi, ma siamo noi che ci trasformiamo in lui, perché veniamo, in certo modo, assimilati da lui. Così il Vangelo non è un libro di consolazione ove ci si rifugia unicamente nei momenti dolorosi, ma il codice che contiene le leggi della vita, leggi che non vanno solo lette, ma assimilate, mangiate, con l’anima, e con ciò ci fanno simili a Cristo in ogni istante. C’è una Parola per ogni momento, per ogni situazione della nostra vita. La lettura del Vangelo ce le potrà rivelare.

 

 

LUNEDI’ 11 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, CHE IO RICONOSCA LA SANTITA’ CHE C’E’ NEI MIEI FRATELLI.

 

Tra i santi ricordati oggi: Ricorrenza della Madonna di Lourdes; Santa Eloisa; San Dativo, martire.

Hanno detto:

E’ ben più difficile giudicare se stessi che giudicare gli altri, se riesci a dare il giusto giudizio su di te sei veramente un saggio. (Antoine de Saint Exupery)

Saggezza popolare: Talvolta si vede sudicio fuori di casa nostra, perché i nostri vetri sono sporchi.

Un aneddoto: Una cosa che ho letto da ragazzo, mi è rimasta profondamente impressa. Era un libro sulle apparizioni a Bernardette. Come sapete, durante le apparizioni, accanto a Bernardette c’era la cugina Jeanne Abadie, la quale non aveva visto niente, ma aveva visto solo Bernardette assorta. Quando è terminata l’apparizione e stavano tornando a casa, Bernardette ha detto a quella cugina: “Sai, la Madonna ti ha guardato!”. E diceva quel libro che quella ragazza è vissuta tutta la vita sentendosi addosso questo sguardo della Madonna. “La Madonna ti ha guardato”. Mi ha colpito profondamente nella mia psicologia infantile. Sentirci continuamente avvolti del suo sguardo materno! Credo che questo può addolcire molte croci e può introdurre un raggio di luce anche nei momenti più bui della nostra esistenza. - (M. MAGRASSI, Maria stella sul nostro cammino)

Parola di Dio: Lv. 19,1-2.11-18; Sal. 18; Mt. 25,31-46

 

1^ Lettura Lv 19, 1-2. 11-18

Dal libro del Levitico.

Il Signore disse ancora a Mosè: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti e ordina loro: Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo. Non ruberete né userete inganno o menzogna gli uni a danno degli altri. Non giurerete il falso servendovi del mio nome; perché profaneresti il nome del tuo Dio. Io sono il Signore. Non opprimerai il tuo prossimo, né lo spoglierai di ciò che è suo; il salario del bracciante al tuo servizio non resti la notte presso di te fino al mattino dopo. Non disprezzerai il sordo, né metterai inciampo davanti al cieco, ma temerai il tuo Dio. Io sono il Signore. Non commetterete ingiustizia in giudizio; non tratterai con parzialità il povero, né userai preferenze verso il potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia. Non andrai in giro a spargere calunnie fra il tuo popolo né coopererai alla morte del tuo prossimo. Io sono il Signore. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai d'un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore. Parola di Dio.

 

"SIATE SANTI PERCHE’ IO, IL SIGNORE, DIO VOSTRO, SONO SANTO". (Lv. 19,2)

Spesso noi guardiamo ai comandamenti di Dio e alle leggi di Gesù, come ad una serie di pesanti imposizioni e allora tutto diventa difficile. La motivazione che oggi ci dà il Libro del Levitico, è un'altra: non si tratta di osservare delle leggi di un Dio-padrone, si tratta di far risplendere, nella nostra vita, la santità del Padre! Non si tratta di non rubare, di non uccidere, di mantenersi puri, di essere giusti, perché qualcuno ce lo ha imposto o per la paura di un'eventuale punizione; si tratta di entrare invece nel cuore di Dio, nella sua equità, nella sua misericordia, nella sua giustizia, nel suo amore, nella sua santità, per non violarla, non nasconderla ma farla brillare. Se siamo davvero figli di Dio, se siamo stati creati a sua immagine e somiglianza, perché lasciare che il male deturpi il volto della sua santità che è in noi? Santità non è adempimento stretto di norme morali, reliquiario ammuffito di cose vecchie, santità è lasciar trapelare qualcosa di Dio, e pensate allora se la paternità e la maternità di Dio non si manifestano in quei genitori che hanno fatto tutto quello che potevano, magari anche sbagliando, pur di “salvare” il figlio drogato; ho visto la misericordia di Dio quando al posto del giustificato odio è stato dato il perdono, ho visto un po’ di Verità di Dio quando qualcuno ha pagato di persona, cantando fuori del coro, perché i vari poteri non l’avessero ancora una volta vinta; ho visto la Carità di Dio quando quella suora non ha detto il suo breviario per stare vicina ad un malato; ho visto un po’ di Amore, di Affetto di Dio quando, pur con certe occhiatacce rivelatrici del suo carattere, quell’uomo non ha risposto, per amore, alle ire della moglie; ho visto Semplicità e Donazione di Dio quando quel bambino, con un po’ di fatica, ma anche con semplicità ha condiviso il suo giocattolo con un altro…

 

 

MARTEDI’ 12 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

PADRE!

 

Tra i santi ricordati oggi: San Benedetto di Aniane, monaco; Santa Eulalia, vergine e martire.

Hanno detto: Certamente il giorno del giudizio rimane nascosto per tutti; tuttavia è sicuro che sarà sempre prossimo per ciascuno di noi. (San Leone Magno)

Saggezza popolare: Chi compra un magistrato vende la giustizia.

Un aneddoto: Papa Giovanni XXIII chiese un giorno ad un bambino come si chiamasse: “Acangelo” rispose con un certo orgoglio il ragazzino, “Oh povero me –esclamò il Papa – Io sono soltanto ‘Angelo’ ”.

Parola di Dio: Is. 55,10-11; Sal. 33; Mt. 6,7-15

 

Vangelo Mt 6, 7-15

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Pregando, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe". Parola del Signore.

 

“PREGANDO NON SPRECATE PAROLE”. (Mt. 6,7)

L’esagerazione delle parole nella nostra preghiera è sintomo di un cuore che ancora non si è liberato da se stesso e vive non con semplicità e la fiducia di un figlio, conosciuto e accolto nel suo bisogno dal Padre. E’ un po’ come quando un bambino cerca di persuadere il proprio genitore con tanti ragionamenti, affinché faccia quel che lui desidera, convinto che la quantità o la logicità delle parole possano produrre l’effetto sperato. La preghiera parte da presupposti diversi. Essa non è solo “cosa dell’uomo”, coronamento dei nostri sforzi, ma è dono di Dio, spazio in cui lo Spirito parla in noi, per noi e di noi al Padre. Ecco perché è così importante imparare il silenzio interiore della preghiera. Tacere significa lasciare il posto ad un Altro che parla, significa mettersi sulla lunghezza d’onda del Signore e non su quella delle nostre richieste. Le troppe parole confondono la preghiera, la chiudono in se stessa, la soffocano, le impediscono di scoprire la paternità di Dio, che tutto conosce. Ecco perché Gesù, dopo questo invito, ci prende per mano e ci invita a dire “Padre”. Vuole farci conoscere l’identità profonda di Colui al quale ogni giorno ci rivolgiamo. Se è Padre, fidati!

 

 

MERCOLEDI’ 13 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

TU GRADISCI, SIGNORE, UN CUORE PENITENTE.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Benigno da Todi, martire; Sante Fosca e Maura, martiri.

Hanno detto: Se il porco è uno solo si grida allo scandalo, se sono dieci non si dice più nulla, se sono venti si dubita di se stessi, se sono ancora di più si grugnisce beatamente nel coro. (Valckenaere Julien)

Saggezza popolare: Chi guarda un albero perde di vista la foresta. (Proverbio Russo)

Un aneddoto: In quel libro altamente educativo che è “Il piccolo principe”, Antoine de Saint Exupéry racconta di un incontro fra il suo ometto saggio e un mercante di pillole “per eliminare la sete” che permettono di non dover più bere e di risparmiare così (hanno calcolato gli esperti) “53 minuti alla settimana”. “Io, se avessi 53 minuti da spendere”, dice il piccolo principe, “li impiegherei per camminare adagio, adagio,fino a una fontana per andarci a bere”.

Parola di Dio: Gio. 3,1-10; Sal. 50; Lc. 11,29-32

 

1^ Lettura Gio 3, 1-10

Dal libro del profeta Giona.

In quel tempo, fu rivolta a Giona la parola del Signore: "Alzati, và a Ninive la grande città e annunzia loro quanto ti dirò". Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, di tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città, per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta». I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere. Poi fu proclamato in Ninive questo decreto, per ordine del re e dei suoi grandi:"Uomini e animali, grandi e piccoli, non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. Uomini e bestie si coprano di sacco e si invochi Dio con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. Chi sa che Dio non cambi, si impietosisca, deponga il suo ardente sdegno sì che noi non moriamo". Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece. Parola di Dio.

 

“ALZATI E VA’ A NINIVE E ANNUNZIA LORO QUANTO IO TI DIRO’ ”. (Gio. 3,2)

Ninive era il simbolo della città lontana da Dio, corrotta, portatrice di oppressione, la peggiore nemica di Israele. Eppure, proprio lì il Signore vuol mandare il suo profeta. Giona fa di tutto per sfuggire a questa chiamata, ma il Signore lo ripesca sempre, non lo molla. Perché? La conversione che Dio cerca non è solo quella di Ninive, ma prima di tutto quella del suo missionario. Attraverso il suo mandato, vuole aiutare Giona ad uscire dalle sue chiusure, dai suoi pregiudizi, vuol fargli capire qualcosa di più del Suo amore per l’uomo. Non risulta quindi tanto importante il ‘dove’ viene inviato ma il ‘ciò’ che il Signore farà in lui e in quelli che incontrerà. Vincendo tutte le sue resistenze, la tentazione della comodità che lo porterebbe ad evitare ogni scombussolamento della sua esistenza, Giona percorre la città e ne vede il cambiamento, ne scopre la disponibilità a Dio, quella che lui ha tanto faticato a dare. La popolazione mostra di “temere il Signore”, di prenderlo sul serio, di rispettarlo. Tutto questo cambia la visuale di Giona, lo fa entrare in un mondo nuovo, quello di Dio, che spesso ci spiazza, ci sorprende, ci dice di non dare mai scontato nulla, di non togliere la speranza a nessuno, di ricordarci che nulla gli è impossibile. Quando Dio ci dà una responsabilità, ci affida un incarico, lo fa per noi in primo luogo. La missione innanzitutto cambia la vita di chi la compie, perché Dio, attraverso di essa, rivela i nostri limiti, le nostre visioni distorte e ci fa conoscere il suo volto.

 

 

GIOVEDI’ 14 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

ASCOLTA, O DIO, IL POVERO CHE TI INVOCA.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Cirillo e Metodio, patroni d’Europa; San Valentino, martire.

Hanno detto: Quali sorprese avremo, alla fine del mondo, leggendo la storia delle anime. (Santa Teresa di Lisieux)

Saggezza popolare:

Quando trovate un brav'uomo, cercate di imitarne l'esempio; quando conoscete un uomo malvagio, ricercate in voi stessi i suoi difetti. (Saggezza Cinese)

Un aneddoto: Giovanni XXIII raccontava che, durante i primi mesi di pontificato, quando era inquieto per una decisione difficile da prendere, gli succedeva di svegliarsi di notte e di credersi ancora cardinale. Allora diceva tra sé: “Ne parlerò al Papa”. Poi si ricordava: “Ma il Papa sono io”. Allora concludeva: “Va bene, ne parlerò al Signore!”.

Parola di Dio: Est. 4,17; Sal. 137; Mt. 7,7-12

 

Vangelo Mt 7, 7-12

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: "Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti". Parola del Signore.

 

“CHIEDETE E VI SARA’ DATO; CERCATE E TROVERETE; BUSSATE E VI SARA’ APERTO”. (Mt. 7,7)

Una dimensione essenziale dell’uomo che dobbiamo riscoprire e sempre tener presente è quella di riscoprirsi fragile, bisognoso di salvezza, di amore, di perdono. Se scopriamo questo tutta la nostra vita diventa ricerca. Qui si inserisce il discorso di Gesù che ci dice di pregare e definisce la preghiera su questi aspetti: essa è chiedere, cercare, bussare. E’ un “chiedere”, perché ogni invocazione nasce da un cuore che ha bisogno di essere colmato. E’ un “cercare” poiché l’opera di Dio non sempre è comprensibile immediatamente, richiede un crescere nella sapienza, un cercare di leggere dentro e aldilà delle cose. E un “bussare” perché Dio è già alla porta del nostro cuore, ma non ci tira per la giacca, non ci costringe: aspetta che dopo aver cercato e trovato siamo noi a ‘suonare il campanello’. La preghiera, quindi, vive di desiderio e, come Gesù ci assicura, essa ottiene sempre. A questo punto nascono i nostri dubbi, perché sovente abbiamo chiesto ma non sempre abbiamo ottenuto quello che volevamo. Se la nostra preghiera era sincera, vera, anche se non ha ottenuto immediatamente il richiesto ottiene però di trasformarci il cuore di renderci più simili a Gesù. E’ proprio per questo che in questo brano di Vangelo Gesù non dice neppure che cosa chiedere, proprio per dirci che non sono le cose che chiediamo a dare valore alla preghiera, ma è la preghiera che ci porta a Dio.

 

 

VENERDI’ 15 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

GUIDAMI, SIGNORE, SULLE VIE DELLA MISERICORDIA.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Sigfrido, vescovo; Sant’Euseo di Serravalle Sesia.             

Hanno detto: La verità non ha bisogno di giuramenti. (San Giovanni Crisostomo)

Saggezza popolare: Ognuno misura i suoi dolori con le bilance dell'orafo o del gioielliere, e quelli degli altri colla stadera del mugnaio.

Un aneddoto: Giovanni XXIII era il primo a scherzare sulla sua corpulenza. Un giorno, per le vie di Roma, una donna, alle sue spalle si lasciò sfuggire un: “Dio mio, quant’è grosso!”. Il Papa si volse verso di lei e le disse: “Mia cara Signora, il conclave non è mica un concorso di bellezza!”.

Parola di Dio: Ez. 18,21-28; Sal 129; Mt. 5,20-26

 

Vangelo Mt 5, 20-26

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo!". Parola del Signore.

 

“SE LA VOSTRA GIUSTIZIA NON SUPERERA’ QUELLA DEI FARISEI, NON ENTRERETE NEL REGNO DEI CIELI”. (Mt. 5,20)

La giustizia dei farisei era quella formale che nasceva dall’osservanza della Legge. Gesù dice che la nostra giustizia deve superarla vestendosi di misericordia. Per noi, nelle vicende della vita, è estremamente difficile trovare l’equilibrio tra la giustizia, la verità e la misericordia. Questo avviene in Dio perché in Lui “misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno” (Sal. 85), ma per l’uomo è un lungo cammino. Noi ci fermiamo spesso alle logiche umane che ragionano sul dare-avere, sullo sbaglio-castigo, sulla proporzionalità tra errore e pena da comminare. E’ difficile andare oltre. Gesù invece porta il discorso fino al paradosso: anche soltanto dare dello stupido a qualcuno, è infliggere una ferita all’amore; colpire la dignità dell’altro anche con una semplice parola è sintomo di mancanza di delicatezza nell’amore, di mancanza di misericordia che, al contrario raccoglie le miserie del prossimo, le pone nel suo cuore e lì le brucia, unendole alle proprie. E la misericordia vive di umiltà: solo chi conosce i propri peccati può perdonare ed accogliere quelli degli altri. Ecco perché Gesù invita anche ad andare a riconciliarsi con chi ha qualcosa contro di noi. Questo atto di umiltà e di perdono diventa il terreno dove può crescere un cuore buono. Oggi sono tanti i motivi per cui manca la pace nel mondo, ma uno di essi è l’assenza di misericordia nei cuori. Guardiamo proprio a Gesù per imparare da Lui che è ‘mite ed umile di cuore, la misericordia che supera i limiti delle leggi umane.

 

 

SABATO 16 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

TI PREGO, SIGNORE PER I GIUSTI E PER GLI INGIUSTI: TUTTI TROVINO IN TE L’AMORE.

 

Tra i santi ricordati oggi: Sant’ Onesto; Santa Lucilia, martire.

Hanno detto: Nessun giuramento ha mai fatto dire la verità ad alcun reo. (Cesare Beccaria)

Saggezza popolare: I giuramenti degli innamorati sono come quelli dei marinai.

Un aneddoto: Si narra che Papa Giovanni XXIII, che fu sereno e ottimista fino alla fine dei suoi giorni, dicesse sovente: “La vita è come un banchetto. Io sono arrivato al formaggio, e vi assicuro che anch’esso è eccellente!”

Parola di Dio: Dt. 26,16-19; Sal. 118; Mt. 5,43-48

 

Vangelo Mt 5, 43-48

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". Parola del Signore.

 

“SIATE VOI DUNQUE PERFETTI COME E’ PERFETTO IL PADRE VOSTRO CELESTE”. (Mt 5,48)

Gesù ci mostra il volto di un Dio che non fa preferenze, di un Dio che ama anche chi non lo ama. Un Dio che chiama quindi chi lo segue a far suo lo stesso atteggiamento interiore. E questo ci mette in crisi. Di per sé, il discepolo di Gesù non dovrebbe vedere nessun uomo come suo nemico, anche se, quando realizza il suo essere segno di contraddizione tra gli uomini, troverà delle persone che lo vedranno come loro nemico. Vedere qualcuno come nemico significa iniziare a non guardarlo con gli occhi di Cristo. Gesù non ha guardato chi lo ha crocifisso come un nemico. Gesù poi si è rivolto a tutti, buoni e cattivi, giusti e ingiusti e se qualche preferenza c’è stata in Gesù è per i pubblicani e le prostitute, per i peccatori. Questo dovrebbe diventare il segno distintivo dei cristiani. Eppure anche come comunità ecclesiali spesso ci incagliamo su questo: preghiamo per le vittime della violenza e non per chi l’ha provocata, chiediamo la guarigione per tanti malati ma facciamo fatica a pregare per coloro che sono malati nell’intimo perché non sanno amare. Difficilmente preghiamo per chi ci ha fatto soffrire. Ecco uno dei motivi per cui non riusciamo a perdonare. Chi vive “da cattivo” (e nessuno può dirsi “buono” al cento per cento) soffre, perché lontano dall’amore. Prendiamoci a cuore anche questa sofferenza.

 

 

DOMENICA 17 FEBBRAIO: II DOMENICA DI QUARESIMA ANNO A

Una scheggia di preghiera:

 

PARLA, SIGNORE, PERCHE’ IL TUO SERVO TI ASCOLTA.

 

Tra i santi ricordati oggi: Santi sette fondatori dell’ordine dei Servi di Maria; San Fuldrado.

Hanno detto: Il giusto non è spezzato dall'avversità, né gonfiato dalla prosperità. (Sant’Antonio)

Saggezza popolare: Non esiste un modo giusto per fare le cose sbagliate.

Un aneddoto: Durante i primi giorni del suo pontificato, Papa Giovanni XXIII, fu assediato dalle richieste di numerosi fotografi che volevano ritrarlo. Un giorno aveva appena finito di posare per uno di loro, quando fu introdotto in udienza monsignor Fulton Sheen. Papa si sfogò con lui: “Il buon Dio sapeva che a 77 anni sarei diventato Papa. Avrebbe anche potuto farmi un po’ più fotogenico…”

Parola di Dio: Gn.12.1-4; Sal 32; 2Tm. 1,8-10; Mt 17,1-9

 

Vangelo Mt 17, 1-9

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: “Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo”. All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse  “Alzatevi e non temete”. Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti”. Parola del Signore .

 

“QUESTI E’ IL FIGLIO MIO PREDILETTO, NEL QUALE MI SONO COMPIACIUTO, ASCOLTATELO”. (Mt. 17,5)

Nell’episodio della trasfigurazione di Gesù, c’è la voce di Dio che conferma Gesù nella sua missione e che invita noi ad ascoltarlo. Proviamo a domandarci: “Che cosa può voler dire, nella nostra vita di ogni giorno spesso ripetitiva, banale, spenta, ascoltare la voce del Signore?” Bisogna prima di tutto fare attenzione ad una cosa: la voce di Dio non è una voce che ti parla nell’orecchio e che ha una risposta per tutte le domande e per tutti i problemi della vita. La voce di Dio è una voce non semplice da ascoltare; spesso, in mezzo alle molteplici voci rumorose della nostra vita non è neanche facile riconoscerla, eppure la voce del Signore c'è e risuona nell’intimo della coscienza, nel profondo del cuore, dove si prendono le decisioni ultime e si gioca la vita. Essa non si sostituisce alla responsabilità personale, non elimina il rischio, non si impone in maniera automatica, ma si offre alla nostra libertà. Per poterla riconoscere occorre prima di tutto fare silenzio nel cuore e nella mente, creare uno spazio di ascolto, un terreno preparato ad accogliere il seme della parola. Ma c’è ancora un’altra condizione importante per scoprire la voce di Dio e per poterla ascoltare e mettere in pratica: la volontà, il coraggio, la concretezza. Non è il coraggio degli eroi sovrumani quello che ci viene chiesto, ma il coraggio delle piccole cose, quello di rimetterci in gioco ogni mattina. Quello di ricominciare sempre, nonostante le prove e la nostra debolezza. Il coraggio ad esempio, come dice Paolo di “non arrossire per il Vangelo” di “non vergognarsi per la testimonianza da rendere al Signore”. Non occorre immaginare situazioni fuori del comune che forse non si presenteranno mai nella nostra vita; in realtà dovunque, in ufficio, a scuola, per strada dobbiamo confrontarci con il Vangelo ed è proprio lì che si manifesta la voce di Dio e che Dio desidera ascoltare la nostra voce di risposta.

 

 

LUNEDI’ 18 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

PERDONACI, SIGNORE, NELLA TUA MISERICORDIA.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Claudio, martire; Santa Costanza di Vercelli.

Hanno detto: La giustizia spinta all'eccesso è croce. (Columella)

Saggezza popolare: I mulini degli dei macinano tardi, ma macinano molto fine.

Un aneddoto: Papa Giovanni XXIII si trovava in viaggio su un aereo. A un certo punto l’aereo per sfuggire a pericolosi risucchi d’aria, fu obbligato a prendere sempre più quota. Improvvisamente mons. Capovilla si precipita nel salottino e a mo’ di battuta dice: “Santità, guardi dagli oblò: ci sono gli angeli!” “Ma come fa il Papa tranquillo – non li aveva mai visti?”

Parola di Dio: Dn. 9,4-10; Sal. 78; Lc. 6,36-38

 

Vangelo Lc 6, 36-38

Dal vangelo secondo Luca.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio". Parola del Signore.

 

“SIATE MISERICORDIOSI, COME E’ MISERICORDIOSO IL PADRE VOSTRO”. (Lc. 6,36)

In questa quaresima abbiamo già avuto modo di dire come la misericordia nasca da un cuore ‘liquefatto’, che conosce le sue miserie, che non si sente migliore degli altri, che non punta il dito pensando di essere infallibile. Chi di noi può avere la sicurezza di non cadere mai in quegli errori che tanto sottolinea e accusa nel prossimo? Chi può sentirsi sempre giusto e mai fallibile? Eppure, nonostante l’evidenza ogni giorno ci ricordi la nostra debolezza, ci scopriamo spesso duri di cuore, incapaci di aprire gli occhi per metterci nei panni dell’altro, per capirne le difficoltà, le paure. Pronunciamo parole senza speranza, condanniamo senza appello. Ma Cristo ci chiede di essere misericordiosi. E il perdono  è il volto più bello della misericordia. Istintivamente lo condizioniamo: se l’altro si pente, allora posso concederlo, dall’alto della mia magnanimità. Cristo però ci ha chiesto un perdono che si dona senza “se” e senza “ma”. E’ un bene offerto nella gratuità, che tocca misteriosamente l’intimo della persona, che crea un’atmosfera di redenzione e favorisce a sua volta il pentimento. Tanti hanno bisogno di sperimentarlo in chi li avvicina per trovare la forza di cambiare, di migliorarsi. Se viviamo da perdonati, e lo siamo in Cristo, allora non possiamo non perdonare, se viviamo come non condannati, non possiamo condannare. Se doniamo allora ci sarà dato in abbondanza, perché il nostro cuore allargato possa contenere il dono stesso di Dio: la sua stessa vita.

 

 

MARTEDI’ 19 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

ALLA TUA SEQUELA, SIGNORE, VOGLIO IMPARARE IL SENSO DELLA VITA.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Corrado Gonfalonieri; San Mansueto, vescovo.

Hanno detto: La giustizia non è mossa dalla fretta…e quella di Dio ha secoli a disposizione. (Umberto Eco)

Saggezza popolare: Ognuno ama la giustizia in casa d’altri.

Un aneddoto: Un nipotino del beato Contardo Ferrini aveva l’abitudine di rispondere sempre “no” a qualsiasi comando. Il Ferrini, dopo che un giorno la sequela dei “no” ad ogni domanda s’era infoltita, si alzò accigliato e mostrò il suo scontento al bambino che subito stette zitto. Allora lo zio si avviò alla porta del giardino e disse: “Andiamo a seppellire il no”. E il nipotino dietro. Arrivati al giardino, il Ferrini scavò una piccola buca: “Vedi?”, mormorò, “qui ci mettiamo il povero ‘no’, e tu non lo dirai più”. Ricoprì con la terra e se ne tornò in casa avvertendo che il ‘no’ era seppellito per sempre.

Parola di Dio: Is. 1,10.16-20; Sal. 49; Mt. 23, 1-12

 

Vangelo Mt 23, 1-12

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì'' dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare "rabbì'', perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato. Parola del Signore.

 

UNO SOLO E’ IL VOSTRO MAESTRO, IL CRISTO”. (Mt. 23, 10)

La prima parola che abbiamo detto fu “mamma”. La prima parola della ragione fu “perché?”. La mente cerca la verità fin dal suo primo schiudersi, come il cuore cerca l'affetto fin dal suo primo palpito, come la pianta sin dal suo primo germoglio cerca la luce. Noi dunque non siamo creatori ma ricercatori della verità. Alle prime domande rispose nostra madre. Lei fu il primo maestro. Poi, più non bastò. E fu maestro un altro, poi un altro, e poi ancora un altro... poi tanti! La  fiducia passava da un uomo a un altro, da un libro a un altro, da una dottrina a un'altra; ma la verità l’abbiamo trovata, o ci siamo forse avvicinati ad essa? Che potremmo dire? Ecco: non basta una lucerna a chi cerca il sole; non basta una stilla a chi cerca la sorgente; non basta qualcosa a chi vuole tutto; non basta il discepolo a chi cerca il Maestro. Se la verità non è una parola né qualcosa, ma è Qualcuno, essa è Colui che, unico nella storia, ha potuto dire: “Io sono la Verità, chi mi segue non cammina nelle tenebre”. Lui solo è dunque il Maestro e noi siamo tutti discepoli.

 

 

MERCOLEDI’ 20 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

GESU’, INSEGNAMI LA STRADA DEL SERVIZIO.

 

Tra i santi ricordati oggi: Sant’ Eleuterio di Tornai; San Nemesio.

Hanno detto: Bontà senza giustizia: sacrilegio. Giustizia senza bontà: infamia. (Raul Follereau)

Saggezza popolare: Chi semina ingiustizia mieterà sciagura.

Un aneddoto: Un tempo, mentre il Papa passeggiava nei giardini del Vaticano, era vietato l’accesso al pubblico alla cupola di San Pietro. Papa Giovanni XXIII fece sopprimere questa restrizione dichiarando: “Ma perché mai la gente non dovrebbe vedermi? Non faccio mica niente di scandaloso!”

Parola di Dio: Ger. 18,18-20; Sal. 30; Mt. 20, 17-28

 

Vangelo Mt 20, 17-28

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i Dodici e lungo la via disse loro: «Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà». Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli soggiunse: «Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio». Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù, chiamatili a sé, disse: «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti». Parola del Signore.

 

“IL FIGLIO DELL’UOMO SARA’ CONSEGNATO AI SOMMI SACERDOTI…”. (Mt. 20,18)

Possiamo dividere il Vangelo di oggi in tre parti. Nella prima Gesù dice come si manifesterà la gloria di Dio in Lui: sarà ‘consegnato’, quindi qualcuno avrà possesso su di lui; sarà condannato quindi non salverà se stesso e sarà crocifisso preferendo morire per amore. Nella seconda parte si mostra invece l’idea che l’uomo ha di gloria come conquista di potere e di forza. Nella terza parte ecco il confronto tra i due modi di vedere e di vivere la stessa realtà: la gloria di Gesù si realizza nel servire, quella umana nel vedersi serviti e riveriti. Eppure questi apostoli erano già stati per tre anni con Gesù! Questo ci fa capire quanto deboli e superficiali siamo noi e quanto è grande la pazienza di Cristo che si fa servo anche nell’attendere la nostra maturazione. Gesù sa che non sempre siamo abitati da retta intenzione e che la tentazione del potere, anche nelle piccole cose, è sempre presente. Ma anche con noi ha tanta pazienza per portarci poco per volta su un altro piano quello nel quale capiremo che il vero potere non è volere il potere, la vera gloria è condividere la sua vita, la sua morte e la sua risurrezione, Gesù non ci ferisce con sonore sgridate, ma da vero maestro ci prende per mano per portarci a scoprire i veri valori.

 

 

GIOVEDI’ 21 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

DAMMI OCCHI NUOVI, O SIGNORE, PER SCORGERE I BISOGNI DEL FRATELLO.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Pier Damiani, Vescovo e dottore della Chiesa; Santa Eleonora, regina

Hanno detto: E' molto più facile essere caritatevoli che giusti. (Arturo Graf)

Saggezza popolare: Quando il colpevole è assolto, è condannato il giudice.

Un aneddoto: Giovanni XXIII, ricevette durante la prima sessione del Concilio, l’osservatore della conferenza metodista mondiale. “Quanto occorrerà secondo voi, gli chiese il Papa perché le nostre chiese si ritrovino unite?” “Ahimè – rispose l’osservatore scuotendo la testa – Siamo separati da tre secoli, forse ce ne vorranno altrettanti perché ci ritroviamo” “Quanto tempo! Sospirò desolato il pontefice. Poi, levatosi d’improvviso e appoggiando le mani sulle spalle del suo interlocutore disse: “Comunque, fra noi, è cosa fatta!”

Parola di Dio: Ger. 17,5-10; Sal. 1; Lc. 16,19-31

 

Vangelo Lc 16, 19-31

Dal vangelo secondo Luca.

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: "C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi". Parola del Signore.

 

“C’ERA UN UOMO RICCO CHE VESTIVA DI PORPORA E DI BISSO E TUTTI I GIORNI BANCHETTAVA LAUTAMENTE…” (Lc. 16,19)

La ricchezza porta in sé il rischio di addormentare, di rendere ciechi, incapaci di vedere la storia e le persone. E per di più disabitua al sacrificio e alle durezze della vita. Questo succede al ricco della parabola. Gli occhi gli permettono di vedere Lazzaro, lo dimostra il fatto che quando sarà nell’‘inferno’ lo riconoscerà e lo chiamerà per nome, ma la sua vista non gli permette di vedere i reali bisogni del fratello. La ricchezza, i beni della terra rispondono a certe nostre esigenze umane: chi ha fame, ha bisogno di cibo per rispondere ad una sua esigenza, il malato sente il bisogno di guarire, l’uomo sente il bisogno di felicità e cerca qualcosa che lo appaghi, l’uomo in sé sente il bisogno di infinito… Ma ecco, spesso, man mano che le ricchezze risolvono i bisogni materiali dell’uomo si corre il rischio di addormentare i suoi bisogni spirituali. Risolto il problema della fame, si crede che la ricchezza possa anche risolvere il problema della felicità e spesso passando da un bene all’altro ci si dimentica dei valori dello spirito, o si è talmente abbagliati, affascinati dalle cose, da pensare che alla fine siano esse a darci delle risposte totali e definitive. Ed ecco allora che gli occhi si chiudono anche in confronto degli altri. Non è che non si veda il prossimo, ma il cuore non riesce più a raggiungerlo; in fondo il prossimo è qualcuno che può attentare al mio benessere, è un qualcuno che io posso sfruttare per aumentare i miei beni; le sofferenze altrui danno fastidio perché mettono in crisi il mio benessere, sono magari disposto anche a dare qualcosa purché il dolore altrui venga cancellato e non disturbi il mio star bene. Potremmo dire:"il ricco: povero cieco!"

 

 

VENERDI’ 22 FEBBRAIO: FESTA DELLA CATTEDRA DI SAN PIETRO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, BENEDICI, SANTIFICA E PROTEGGI LA TUA CHIESA.

 

Tra i santi ricordati oggi: Santa Margherita da Cortona.

Hanno detto: Nulla, neppure un giudizio giusto, è più intelligente di una sospensione di giudizio. (Motherlant)

Saggezza popolare: Giusto è colui che qualunque cosa faccia, teme di non essere giusto. (Proverbio Cinese)

Un aneddoto: Che cosa si aspettava Giovanni XXIII dal Concilio?. Si è espresso assai sovente in proposito. Ma un giorno ebbe questo gesto e questa frase, eloquenti nella loro semplicità: “Il Concilio? – disse avvicinandosi verso la finestra e facendo il gesto di aprirla ne aspetto una ventata d’aria fresca…” Un prelato della curia lo scoraggiava dicendo: “E’ assolutamente impossibile aprire il Concilio nel 1963”. Il Papa rispose: “E allora lo apriremo nel 1962”.

Parola di Dio: Nella festa della cattedra di Pietro: 1Pt. 5,1-4; Sal. 22; Mt. 16,13-19

 

Vangelo Mt 16, 13-19

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: "La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". Risposero: "Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". Disse loro: "Voi chi dite che io sia?". Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". Parola del Signore.

 

“A TE DARO’ LE CHIAVI DEL REGNO DEI CIELI”. (Mt. 16,19)

Gesù interroga i suoi circa l’opinione che la gente si è fatta di lui. E raccoglie le risposte più varie, dalle più scontate a quelle frutto di riflessione. Solo che a Gesù non basta conoscere l’opinione generale, desidera sapere come la pensano coloro con i quali condivide l’avventura di ogni giorno. Pietro, guidato dallo Spirito, risponde e a lui Gesù dà le chiavi del regno, le chiavi di ‘casa sua’. Le chiavi di casa non le si dà a chiunque ma solo ad una persona amica, fidata, a qualcuno che si considera familiare. Gesù dà le chiavi del Regno dei cieli ad una persona che ha accolto profondamente non solo le sue parole, ma ha condiviso la sua vita, la sua storia, i suoi sogni. Solo una persona così può essere a buon diritto il custode dei beni del Signore. Ebbene il compito di Pietro e dei suoi successori è proprio quello di conservare la fede, di custodirla, di preservarla da interpretazioni soggettive.  Pietro diventa lo scoglio a cui aggrapparsi in questo tempo di immense incertezze, riferimento umile e saldo del Vangelo vissuto e custodito in questa lunga storia di gioie e di persecuzioni. Questo oggi celebriamo: l'unità della fede custodita creativamente da Pietro, per lui oggi preghiamo e lui affidiamo al suo e nostro Maestro, che lo assista nel difficile compito di tenere sempre orientata la barca della fede verso la luce.


 

SABATO 23 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

TU, PADRE, SEI BUONO E GRANDE NELL’AMORE.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Policarpo, vescovo e martire; Santa Romana di Todi.

Hanno detto: Ci sono soltanto due specie di uomini: giusti che si credono peccatori e peccatori che si credono giusti. (Blaise Pascal)

Saggezza popolare: Trattate i complimenti che vi vengono fatti come se fossero profumi: odorateli, ma non inghiottiteli. (Saggezza Araba)

Un aneddoto:

Pio X ad un patrizio che si congratulava con lui perché portava bene gli anni, rispose: “Anche troppo! Non c’ è infatti pericolo che me ne cada via uno”.

Parola di Dio: Mic. 7,14-15.18-20; Sal. 102; Lc. 15,1-3.11-32

 

Vangelo Lc 15, 1-3. 11-32

Dal vangelo secondo Luca.

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola: Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Parola del Signore.

 

“QUANDO ERA ANCORA LONTANO,IL PADRE LO VIDE E, COMMOSSO, GLI CORSE INCONTRO, GLI SI GETTO’ AL COLLO E LO BACIO’ ”. (Lc. 15,28)

La parabola, quella che noi chiamiamo del Figlio prodigo ma che dovremmo più giustamente chiamare del Padre misericordioso, è il culmine della rivelazione dell’amore di Dio. Questo Padre accetta la sfida del figlio che se ne va, come accetta anche di avere in casa un secondo figlio che ha capito molto poco del suo amore. Dio non frena la libertà dell’uomo. Ma proprio questo amore che lascia liberi diventerà la nostalgia del figlio che, dopo aver consumato tutto, si ricorderà di suo Padre e inizierà il suo cammino di ritorno. La nostalgia, il dolore, le prove, le insoddisfazioni, tutto ci ricorda la fragilità della nostra esistenza lontani da Dio: solo Lui è proporzionato al cuore umano. Ma questo bisogno di Dio da parte dell’uomo corrisponde anche al bisogno dell’uomo da parte di Dio. Il figlio, ciascuno di noi, è importante per Dio, importante di ricerche ostinate, di preoccupazioni, di sollecitudini infinite e di attese pazienti : se possiamo usare un paragone umano che le parabole stesse ci suggeriscono: Dio aumenta la sua gioia quando può riversare il suo amore, il suo perdono su di noi. Quando il figlio ritorna scopre che il Padre lo sta spettando. E non per castigarlo! Il Padre gli corre incontro, lo abbraccia, fa festa. Dio non è il Padre che tira un sospiro di sollievo quando si accorge di essersi liberato da un figlio incapace di amore, piantagrane. Impazzisce invece di gioia, quasi obbliga tutti alla festa quando può riavere quel figlio che si era perduto. Ma come? E il peccato?, l’offesa, il denaro perduto? Tutto è dimenticato. Dio fa festa. Dovremmo ricordarcelo specialmente quando andiamo a confessarci. Non è l’elenco dei nostri peccati che conta, quello facciamo bene a farlo per ricordaceli noi e per cercare di non caderci più, ma conta il dono smisurato da parte di Dio che ci restituisce la dignità di figli e conta anche il dono che noi facciamo a Lui: gli restituiamo noi stessi, la nostra comunione con Lui. Quando chiediamo perdono sinceramente noi riceviamo la misericordia di Dio, ma diamo anche a Dio la gioia di vedersi restituito un figlio amato che si era perso.

 

 

DOMENICA 24 FEBBRAIO: III DOMENICA DI QUARESIMA ANNO A

Una scheggia di preghiera:

 

TU SAZI, GESU’, LA MIA SETE DI TE.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Modesto, vescovo; San Sergio, martire.

Hanno detto: La gloria dei malvagi più si innalza meno è stabile. (Sant’Antonio)

Saggezza popolare: Dove parlano i tamburi taccion le leggi.

Un aneddoto: Un prelato che era entrato in confidenza con Benedetto XIV, un giorno esponeva al Papa la sua meraviglia: “Come si spiega che io ho la barba bianca, mentre i capelli sono neri?” “E’ semplice – spiegò il Papa – hai lavorato più con le mascelle che con il cervello”.

Parola di Dio: Es. 17,3-7; Sal. 94; Rom. 5,1-2.5-8; Gv. 4,5-42

 

Vangelo Gv 4, 5-42

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù giunse ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: “Dammi da bere”. I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: “Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”. I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. Gli disse la donna: “Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?”. Rispose Gesù: “Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”. “Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”. Le disse: “Và a chiamare tuo marito e poi ritorna qui”. Rispose la donna: “Non ho marito”. Le disse Gesù: “Hai detto bene "non ho marito"; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero”. Gli replicò la donna: “Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”. Gesù le dice: “Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità”. Gli rispose la donna: “So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa”. Le disse Gesù: “Sono io, che ti parlo”. In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: “Che desideri?”, o: “Perché parli con lei?”. La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?”. Uscirono allora dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano:“Rabbì, mangia”. Ma egli rispose:“Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete”. E i discepoli si domandavano l'un l'altro: “Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?”. Gesù disse loro: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che gia biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro”. Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: “Mi ha detto tutto quello che ho fatto”. E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: “Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”. Parola del Signore.

 

“LE DISSE GESU’: DAMMI DA BERE”. (Gv. 4,7)

Per commentare la parola di questa domenica riassumo una bella pagina di don Curtaz:  Palestina: il sole cocente, l'aria che evapora, il caldo che si appiccica alla pelle. Mezzogiorno in Palestina che equivale ad una frustata di aria calda e polverosa nei polmoni. Qui, al pozzo di Sicar, nel brullo deserto di Giuda, Dio siede, stanco. Stanco di cercarci, stanco di elemosinare attenzione dalle sue creature. E' lo strano destino di un Dio che per amore accetta la nostra indifferenza. La Samaritana viene al pozzo ad attingere acqua. Un' ora inconsueta, che rivela il suo desiderio di non incontrare persone. Non incontrare soprattutto gli occhi e i giudizi degli abitanti di quel minuscolo paesino che conosce la sua frammentata vita sentimentale. E lì avviene l'incontro. Un incontro di sete e di acqua, di attenzioni e scoperte, d'interrogativi e frescura che riempie il cuore. Gesù inizia, prende l'iniziativa, ci interpella: "Dammi da bere". Una richiesta che rimanda ad un'altra domanda - tragica - dall'alto del legno a cui è inchiodato: "Ho sete". Sì: Dio ha sete di noi, della nostra fede, della nostra attenzione. Ci chiama, ci parla di senso e di pienezza, risveglia la nostra ricerca. La Samaritana non ci sta, non si scopre, gira intorno all'essenziale. "Chi è mai - pensa - questo sconosciuto che mi parla? Che vuole?". Lei come noi, sempre sulle difensive, come se Dio fosse un avversario, un concorrente. No, il dialogo continua, e rivela un Dio sempre meno duro, un volto sempre più attento e rispettoso. Gesù la sa condurre sapientemente, passo dopo passo, dentro se stessa. La porta, con sbalorditiva delicatezza, a mettersi in discussione, a riconoscere il suo limite, a superarlo. La donna ora accetta una domanda personale, che coinvolge la sua affettività e rivela la sua allergia all'incontro con i compaesani: è una donna fragile, giudicata, che incontra solo sguardi e commenti offensivi e che ora - invece - incontra uno sguardo buono sul serio, che non giudica e ama. La Samaritana passa dalla discussione accademica sulla "religione" ("E' qui che dobbiamo adorare?") alla percezione che davanti a questo sconosciuto può aprirsi, di lui può fidarsi, perché parla di Dio come mai nessuno le ha parlato. E crede. Lascia la brocca - che importa ormai? - e corre dai suoi sospettosi vicini. Non ha più paura, non si vergogna, non si difende. Ha capito, ha trovato l'acqua viva, ne parla, contagia. Il suo limite diventa addirittura mezzo di evangelizzazione: le persone che prima guardava con sospetto diventano persone da contagiare: lei ha incontrato qualcuno che le ha letto la vita, che sia lui il Messia tanto atteso? E in questo crescendo di grazia, l'acqua corre, prima timida, poi sempre più energica, come un torrente in piena. E' l'acqua della presenza di Dio che da quel giorno ha sostituito il limaccioso pozzo di Giacobbe. L'acqua, la stessa acqua nella quale siamo stati immersi, il giorno del nostro Battesimo. L'acqua della Presenza di Dio, la sola che può dissetarci.

 

 

LUNEDI’ 25 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

NON MI ABBANDONARE, MIO SIGNOR, NON MI LASCIARE, IO CONFIDO IN TE.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Cesario; San Donato di Zara.

Hanno detto: La gloria più grande non è non cadere, ma sapersi risollevare ogni volta che si cade. (Confucio)

Saggezza popolare: Quando il cieco porta la bandiera, guai a chi vien dietro!

Un aneddoto: Enrico VIII, che si riteneva un abile compositore, con malcelati accorgimenti, sollecitava le congratulazioni di Tommaso Moro, il quale finalmente le fece in questi termini: “Maestà, la vostra musica è celestiale”. Il re compiaciuto asserì: “Gradisco i tuoi complimenti perché di arte te ne intendi” “ Sire, in fatto di musica ho gusti abominevoli”.

Parola di Dio: 2Re 5,1-15; Sal. 41; Lc. 4,24-30

 

1^ Lettura 2 Re 5, 1-15

Dal secondo libro dei Re.

In quei giorni, Nàaman, capo dell'esercito del re di Aram, era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la vittoria agli Aramei. Ma questo uomo prode era lebbroso. Ora bande aramee in una razzia avevano rapito dal paese di Israele una giovinetta, che era finita al servizio della moglie di Nàaman. Essa disse alla padrona: "Se il mio signore si rivolgesse al profeta che è in Samaria, certo lo libererebbe dalla lebbra". Nàaman andò a riferire al suo signore: "La giovane che proviene dal paese di Israele ha detto così e così". Il re di Aram gli disse: "Vacci! Io invierò una lettera al re di Israele". Quegli partì, prendendo con sé dieci talenti d'argento, seimila sicli d'oro e dieci vestiti. Portò la lettera al re di Israele, nella quale si diceva: "Ebbene, insieme con questa lettera ho mandato da te Nàaman, mio ministro, perché tu lo curi dalla lebbra". Letta la lettera, il re di Israele si stracciò le vesti dicendo: "Sono forse Dio per dare la morte o la vita, perché costui mi mandi un lebbroso da guarire? Sì, ora potete constatare chiaramente che egli cerca pretesti contro di me". Quando Eliseo, uomo di Dio, seppe che il re si era stracciate le vesti, mandò a dire al re: "Perché ti sei stracciate le vesti? Quell'uomo venga da me e saprà che c'è un profeta in Israele". Nàaman arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Eliseo. Eliseo gli mandò un messaggero per dirgli: "Và, bagnati sette volte nel Giordano: la tua carne tornerà sana e tu sarai guarito". Nàaman si sdegnò e se ne andò protestando: "Ecco, io pensavo: Certo, verrà fuori, si fermerà, invocherà il nome del Signore suo Dio, toccando con la mano la parte malata e sparirà la lebbra. Forse l'Abana e il Parpar, fiumi di Damasco, non sono migliori di tutte le acque di Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per essere guarito?". Si voltò e se ne partì adirato. Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: "Se il profeta ti avesse ingiunto una cosa gravosa, non l'avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: bagnati e sarai guarito". Egli, allora, scese e si lavò nel Giordano sette volte, secondo la parola dell'uomo di Dio, e la sua carne ridivenne come la carne di un giovinetto; egli era guarito. Tornò con tutto il seguito dall'uomo di Dio; entrò e si presentò a lui dicendo: "Ebbene, ora so che non c'é Dio su tutta la terra se non in Israele". Parola di Dio.

 

“VA’ BAGNATI SETTE VOLTE NEL GIORDANO: LA TUA CARNE TORNERA’ SANA E TU SARAI GUARITO”. (2Re 5,10)

Dio opera là dove trova accoglienza e non pretesa. Naaman inizialmente non comprende il comando del profeta: perché bagnarsi sette volte nel Giordano quando ci sono fiumi migliori?  Egli capisce il fatto del lavarsi ma non ne capisce il significato profondo. Sono i servi a ricordargli che se il profeta gli avesse domandato qualcosa di più gravoso egli l’avrebbe eseguito. Essi in fondo aiutano Naaman a capire che anche nella guarigione egli cercava se stesso: voleva guarire a modo suo, secondo i suoi schemi, magari grazie ad un suo atto di forza. Quale soddisfazione sarebbe stata quella di tornare al suo paese guarito dopo una dimostrazione di coraggio. Invece no: deve rinunciare alla sua posizione, abbandonare ogni calcolo, semplificare le sue idee, purificare le sue intenzioni e fidarsi. Lo fa, e la sua pelle torna ad essere come quella di un giovinetto. E’ infatti tornato ‘bambino’, cioè capace di accogliere l’altro senza ‘se’ e senza ‘ma’, di ascoltare, di ‘buttarsi’. E questo lo porta a conoscere Dio. Penso che molte volte nella nostra preghiera noi ‘non otteniamo’ perché vogliamo le nostre soluzioni, perché quasi dettiamo a Dio anche il modo di realizzare una grazia, perché, in parole povere, chiediamo senza fidarci, senza abbandonarci, perché a prima vista ci sembra strano che Dio, per esaudirci ci faccia passare per certe strade. Se solo ci fidassimo di più, quanta grazia vedremmo realizzarsi in noi!

 

 

MARTEDI’ 26 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI, SIGNORE DI VINCERE IL MALE CON IL BENE.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Nestore, vescovo; San Porfirio, vescovo.

Hanno detto: Io credo che la gloria di Dio consista nell'essersi fatto carne nella nostra carne, nell'aver condiviso la nostra condizione umana, nei suoi aspetti più sublimi ma anche in quelli più tragici. (Parmentier Isabelle)

Saggezza popolare: Gli alberi grandi fanno più ombra che frutto.

Un aneddoto: Il piccolo Michele possedeva una fornitissima collezione di burattini, pupazzetti, "attori”. Un giorno però, passando davanti a un negozio, si invaghisce di cavallino bianco e insiste presso la mamma, piangendo e pestando i piedi, perché glielo compri. La Signora Pro, che non aveva alcuna intenzione di cedere capriccio del suo bambino, durò fatica a portarlo via di lì con la promessa però di regalarglielo un’altra volta, ma arrivati a casa, con parole, che soltanto  le mamme cristiane sanno pronunciare, propone a Michele di rinunciarvi per fare un grosso piacere a Gesù. Domani, aggiunge, vedrò se sarai capace di vincerti. Il giorno dopo la padrona del negozio, appena vede avvicinarsi la signora con il bambino, pensa tra sé: "ecco il piccolo capriccioso di ieri”. Ma dove presto ricredersi perché Michele, aggrappandosi alla gonna della mamma, non lo accettò nemmeno in regalo. “Lo prenda lo stesso, signora, fece la padrona, ricorderà al bambino la sua splendida vittoria”. Il piccolo diventò il P. Michele Pro, il gesuita fucilato in Messico in odio alla fede. Nelle vite dei santi troviamo spesso che una vittoria su se stessi, un atto di generosità, ha aperto loro la strada della santità e del martirio.

Parola di Dio: Dn. 3,25.34-43; Sal 24; Mt. 18,21-35

 

Vangelo Mt 18, 21-35

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Pietro si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello». Parola del Signore.

 

NON TI DICO FINO A SETTE, MA FINO A SETTANTA VOLTE SETTE. (Mt. 18,22)

La parola che meditiamo oggi e che è la risposta di Gesù a Pietro che con la sua generosità pensava di essere a posto perdonando sette volte, richiama il canto biblico di Lamech, un discendente di Adamo che dice: “Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette”. Così inizia il dilagare dell'odio nei rapporti fra gli uomini del mondo: ingrossa come un fiume in piena. A questo dilagare del male, Gesù oppone il perdono senza limite, incondizionato, capace di rompere il cerchio della violenza. Il perdono è l'unica soluzione per arginare il disordine e aprire all'umanità un futuro che non sia l'autodistruzione. Perdonare. Perdonare sempre. Il perdono non è dimenticanza che spesso significa non voler guardare in faccia la realtà. Il perdono non è debolezza, e cioè non tener conto di un torto per paura del più forte che l'ha commesso. Il perdono non consiste nell'affermare senza importanza ciò che è grave, o bene ciò che è male. Il perdono non è indifferenza. Il perdono è un atto di volontà e di lucidità, quindi di libertà, che consiste nell'accogliere il fratello così com’è, nonostante il male che ci ha fatto, come Dio accoglie noi peccatori, nonostante i nostri difetti. Il perdono consiste nel non rispondere all'offesa con l'offesa, ma nel fare quanto Paolo dice: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci col bene il male”. Il perdono consiste nell'aprire a chi ti fa del torto la possibilità d'un nuovo rapporto con te, la possibilità quindi per lui e per te di ricominciare la vita, d'aver un avvenire in cui il male non abbia l'ultima parola.

 

 

MERCOLEDI’ 27 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

LE TUE PAROLE, O SIGNORE, SONO SPIRITO E VITA.

 

Tra i santi ricordati oggi: San Gabriele dell’Addolorata; Leandro, vescovo; Santa Onorina, martire.

Hanno detto: Un uomo piccolo è piccolo anche nel dolore, un gigante è grande anche nella tomba (Lomonosov)

Saggezza popolare: Gatto che non è goloso non piglia mai sorcio.

Un aneddoto: Il ministro Lanza domandò a don Bosco: “Come fa a sostenere tante spese per le sue innumerevoli opere?” “Vado avanti, - rispose il santo – come il treno a vapore”. “Come sarebbe a dire?” “Cammino a forza di puf…puf… puf.” ( in piemontese puf significa debito) “Ma poi questi debiti bisogna ben soddisfarli”.

“Io, eccellenza, dispongo di tutto il fuoco necessario perché la macchina proceda”. “Di che fuoco intende parlare?” “Del fuoco della fede in Dio e nella sua Provvidenza”.

Parola di Dio: Dt. 4,1.5-9; Sal. 147; Mt. 5,17-19

 

Vangelo Mt 5, 17-19

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Parola del Signore.

 

NON PENSATE CHE IO SIA VENUTO AD ABOLIRE LA LEGGE O I PROFETI; NON SONO VENUTO PER ABOLIRE, MA PER DARE COMPIMENTO.”. (Mt. 5,17)

Gesù è il compimento della Legge. La legge ebraica, dono di Dio, era una serie di precetti da osservare. Dio li aveva dati per richiamare il suo popolo ai veri valori sia umani che di fede, ma gli uomini li avevano fatti diventare norme fredde, da osservare per non incorrere in pene (per capirci, un po’ come se noi dicessimo: pago le tasse solo per non incorrere nella finanza). Gesù vuole aiutarci a ritrovare la legge di Dio come dono per incontrare Lui e i fratelli e stabilisce un nuovo criterio di valutazione morale: l’intenzione personale. Posso anche osservare scrupolosamente tutti e dieci i comandamenti ma se non lo faccio per amore non mi serve a niente. Oppure posso anche trasgredire esteriormente qualche norma ma con retta intenzione e lì c’è vero amore. Non è una legge che mi fa buono o cattivo: è il cuore che diventa determinante. Con l’osservanza esteriore delle leggi possiamo anche ingannare gli altri sulla nostra bontà. Ma Dio vede il nostro cuore. Gesù non vuole né legalisti, né falsi ipocriti; Gesù, dandoci un esempio nella sua vita chiede un "di più" al cristiano. Non basta quindi non uccidere, bisogna non adirarsi (Mt. 5,21s). Non basta non commettere adulterio, bisogna non desiderare la donna degli altri (Mt. 5,27 s). Non basta lavarsi le mani prima dei pasti, bisogna "purificare" l'interiore dell'uomo (Mc. 7,1-23). Non basta erigere monumenti ai profeti,bisogna non farli tacere uccidendoli (Mt. 23,29ss). Non basta dire: "Signore, Signore", ma bisogna "fare la volontà del Padre che è nei cieli" (Mt. 7,21). Non basta dire parole senza fine nella preghiera, bisogna aver fede nella bontà di Dio (Mt. 6,7). Non basta il sacrificio, non serve a niente l'atto di culto e l'osservanza dei precetti minori se non si pongono al primo posto nella propria vita morale la giustizia, la misericordia e la fede (Mt. 9,13; 12,7; 23,23).

 

 

GIOVEDI’ 28 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

SOLO TU, O SIGNORE HAI PAROLE DI VITA ETERNA.

 

Tra i santi ricordati oggi: Fedele, martire; San Ferruccio, martire.

Hanno detto: “Il proverbio suggerisce di non mordere la mano che ti nutre. Ma forse dovresti farlo, se quella mano ti impedisce di nutrirti da solo”. (Thomas Szasz)

Saggezza popolare: Non fidarti mai di una gioia che al tempo stesso non sia gratitudine.

Un aneddoto: Nell’ ufficio del presidente americano, Santa Francesca Cabrini, già da qualche ora perorava la causa degli emigranti italiani con tenerezza di madre, con fervore di apostolo e con eloquenza di avvocato, quando Teodoro Roosevelt acceso d’ammirazione gridò: “Accidenti, che uomo questa donna!”

Parola di Dio: Ger. 7,23-28; Sal 94; Lc. 11,14-23

 

Vangelo Lc 11, 14-23

Dal vangelo secondo Luca.

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate. Ma alcuni dissero: «E' in nome di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l'armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino. Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde. Parola del Signore

 

“CHI NON RACCOGLIE CON ME, DISPERDE”. (Lc. 11,23)

Raccogliendo le confidenze di tante persone e guardando anche alla mia esperienza personale mi accorgo che spesso, con il passar degli anni, si possono fare dei bilanci che tendono al pessimistico se non al negativo eccone uno che mi sembra indicativo per molti di noi: “Sono ormai tanti gli anni della mia vita, e molti li ho passati seminando nella speranza di un raccolto abbondante. Speranze umane, la famiglia, i figli, i nipoti. Ma mi accorgo che ogni anno la messe è sempre inferiore alle fatiche e alle aspettative. Mi sembra quasi che più passano i giorni, più aumenta il deficit. Dove è finito tutto il lavoro fatto? Dove le veglie inquiete per le vicissitudini della vita? Dove è finito tutto quello che ho letto, imparato con tanta fatica? Quante delle amicizie, delle persone amate, ricercate, incontro ancora? Dove è finita tutta la sofferenza che ho incontrato e la gioia che ho goduto? Dove le parole, i gesti, gli sguardi, le emozioni, gli atti dell’esistenza, le opere? Tutto è passato, disperso, finito. Di vivo sembra non resti che il nostalgico ricordo, il pentimento per tante cose, e questo breve attimo di vita che sta sfuggendo. Lungo il tortuoso sentiero della vita, via via si perde ogni cosa. E se guardo il piccolo futuro che mi rimane: sarà una ulteriore spoliazione!” Sarà proprio così? Se la tua vita è stato solo un succedersi di speranze umane, allora sì che ti ritrovi con un po’ di polvere nelle mani. Tutto è sprecato ciò che non è fatto in Dio e per Dio perché tutto si guasta e si corrompe se non è conservato, rinnovato dall’Eterno. Noi siamo tutti dei naufraghi nel gran mare del tempo. Soltanto Dio emerge sopra le onde dei secoli. Tutto ciò che ti è caro affidalo a Lui se vuoi salvarlo. Se no è perduto.

 

 

VENERDI’ 29 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

O DIO, TU SEI L’UNICO, IL VERO , IL SANTO.

 

Tra i santi ricordati oggi: Beata Antonia di Firenze.

Hanno detto: La gratitudine rende felici perché se ne fa così raramente esperienza tangibile. (Stephan Zweig)

Saggezza popolare: Il beneficio deve chiudere la bocca di chi lo fa, e aprire quella di chi Io riceve.

Un aneddoto:

Pio X, ad un cattolico che parlava in forma esagerata ed esagitata dei non credenti, rispose: “Voi non potete costruire la fede sulle rovine della carità”

Parola di Dio: Os.14,2-10; Sal. 80; Mc. 12,28-34

 

Vangelo Mc 12, 28-34

Dal vangelo secondo Marco.

In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi». Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. Parola del Signore

 

"IL SIGNORE, DIO NOSTRO, E' L'UNICO SIGNORE". (Mc. 12,29)

Gli Ebrei osservanti, per stamparsi nel cuore l'unicità di Dio, si ripetevano questa frase, a mo' di atto di fede, almeno cinque volte al giorno. Ne avevano ben donde, possiamo dire noi, in quanto vivevano in un ambiente pagano, idolatra, in continuo confronto e rapporto con popoli politeisti. Ma, per noi, questa affermazione ha ancora consistenza? Non vorrei sembrare pessimista quando Dio non lo è nei nostri confronti, ma non è forse vero che viviamo in mezzo a pagani o a senza Dio? Non è forse vero che oggi, forse più di ieri, ci sono ancora un mucchio di idoli? Che tante religioni moderne e formule di spiritualità hanno, ricercando ovunque la presenza dello spirito e dell'energia, divinizzato tutto per cui tutto è Dio e nulla lo è? Bisogna ridare a Dio il volto di Dio; bisogna non costruirselo su misura, ma vederlo come lui stesso si è presentato a noi, senza avere la supponenza di volerlo conoscere totalmente o di ridurlo ai nostri schemi. Chi è allora Dio? E' il Dio di Gesù, suo Figlio. E' Lui che ce lo ha rivelato, Unico e Trinitario, Eterno e Creatore, soprattutto Padre buono e misericordioso ed anche giudice giusto. E' allora con verità e umiltà che ogni giorno possiamo ripetere: "Credo in un solo Dio…"

     
     
 

Archivio