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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

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a cura di: don_franco_locci@libero.it

 

FEBBRAIO 2006

 

MERCOLEDI’ 1 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

TU SEI LA MIA VITA, ALTRO IO NON HO

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: ANDREA CARLO FERRARI, Beato, Vescovo

Era nato a Lalatta di Pratopiano, nel parmense nel 1850. Fu prima vescovo di Guastalla, poi di Como, poi dal 1894 alla morte, Arcivescovo di Milano. Diede impulso ai movimenti cattolici. Fu esposto alle critiche degli antimodernisti. Durante la prima guerra mondiale impegnò la diocesi nel sostegno dei soldati. Fu sostenitore di Gemelli nella fondazione dell’Università cattolica del Sacro Cuore. Morì nel 1921.

Parola di Dio: 2Sam 24,2.9-17; Sal 31; Mc 6,1-6

 

1^ Lettura 2Sam 24.2.9-17

Dal secondo libro di Samuele.

In quei giorni, il re disse a Ioab e ai suoi capi dell'esercito: "Percorri tutte le tribù d'Israele, da Dan fino a Bersabea, e fate il censimento del popolo, perché io conosca il numero della popolazione". Ioab consegnò al re la cifra del censimento del popolo: c'erano in Israele ottocentomila guerrieri che maneggiavano la spada; in Giuda cinquecentomila. Ma dopo che Davide ebbe fatto il censimento del popolo, si sentì battere il cuore e disse al Signore: "Ho peccato molto per quanto ho fatto; ma ora, Signore, perdona l'iniquità del tuo servo, poiché io ho commesso una grande stoltezza". Quando Davide si fu alzato il mattino dopo, questa parola del Signore fu rivolta al profeta Gad, il veggente di David: "Và a riferire a Davide: Dice il Signore: Io ti propongo tre cose: scegline una e quella ti farò". Gad venne dunque a Davide, gli riferì questo e disse: "Vuoi tre anni di carestia nel tuo paese o tre mesi di fuga davanti al nemico che ti insegua oppure tre giorni di peste nel tuo paese? Ora rifletti e vedi che cosa io debba rispondere a chi mi ha mandato". Davide rispose a Gad "Sono in grande angoscia! Ebbene cadiamo nelle mani del Signore, perché la sua misericordia è grande, ma che io non cada nelle mani degli uomini!". Così il Signore mandò la peste in Israele, da quella mattina fino al tempo fissato; da Dan a Bersabea morirono settantamila persone del popolo. E quando l'angelo ebbe stesa la mano su Gerusalemme per distruggerla, il Signore si pentì di quel male e disse all'angelo che distruggeva il popolo: "Basta; ritira ora la mano!". Ora l'angelo del Signore si trovava presso l'aia di Araunà il Gebuseo. Davide, vedendo l'angelo che colpiva il popolo, disse al Signore: "Io ho peccato; io ho agito da iniquo; ma queste pecore che hanno fatto? La tua mano venga contro di me e contro la casa di mio padre!". Parola di Dio

 

 

"FATE IL CENSIMENTO DEL POPOLO, PERCHE’ SI CONOSCA IL NUMERO DELLA POPOLAZIONE". (2Sam. 24,2)

L’ episodio di Davide che fa fare il censimento del suo popolo può lasciarci perplessi. Sembra naturale che un re che vive in mezzo a molti popoli nemici sempre pronti alla guerra voglia conoscere il numero dei suoi sudditi, dei suoi potenziali soldati, ma quello che Davide riconosce poi come suo peccato è che, invece di fidarsi di Dio che fino a quel momento ha sempre guidato il suo regno alla vittoria, egli si fida invece delle proprie forze, dei propri calcoli, dello studio delle alleanze, del computo delle forze umane, insomma il regno di Dio comincia a diventare il regno di Davide.

Questa è una tentazione continua nella storia della Chiesa e nel cammino personale di fede di ogni cristiano. Fin che ci si fida e ci si abbandona in Dio è Dio a poter operare e dunque, in qualunque caso (anche le prove e le sconfitte). siamo certi di essere nelle mani di Dio e nella sua volontà: ogni volta che invece si comincia a fidarsi esclusivamente del proprio "buon senso", dei propri calcoli, della fiducia esclusiva nei propri piani pastorali, ogni volta che si comincia ad usare degli stessi mezzi del mondo per gestire il regno di Dio, Dio non può più operare e noi restiamo in balia di noi stessi e delle nostre povere forze commettendo anche un peccato d’idolatria, cioè mettendo noi stessi al posto di Dio.

Dio non esclude che noi usiamo le nostre capacità umane, anzi ci invoglia a farlo (pensate alla parabola dei talenti), ma proprio perché ci conosce ci dice di non sostituirlo con noi stessi: ne faremmo un cattivo guadagno per noi e per il Regno e soprattutto avremmo allontanato Dio dalla nostra vita impedendogli di realizzare per noi e per gli altri il bene che la sua bontà aveva pensato.

 

 

GIOVEDI’ 2 FEBBRAIO PRESENTAZIONE DEL SIGNORE AL TEMPIO

Una scheggia di preghiera:

 

SEI LA MIA LUCE, SEI LA MIA SALVEZZA, SEI LA MIA GIOIA, ALLELUIA

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: GIOVANNA DI LESTONNAC, Santa

Era nata a Bordeaux nel 1556. Nipote dello scrittore Montaigne, sposò Gaston de Montferrand, barone di Landiras (1573) ed ebbe 7 figli. Rimasta vedova (1595), fondò, dietro suggerimento di due gesuiti, F. Raymond e J. de Bordes, la compagnia delle figlie di Maria Nostra Signora (1607), per l'educazione delle fanciulle del popolo. Morì sempre a Bordeaux nel 1640.

Parola di Dio: Ml 3,1-4; Sal 23; Eb 2,14-18; Lc 2,22-40

 

Vangelo Lc 2, 22-40

Dal Vangelo secondo Luca

Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele". Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima". C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui. Parola del Signore

 

 

"PORTARONO IL BAMBINO A GERUSALEMME PER OFFRIRLO AL SIGNORE". (Lc. 2,22)

Penso che moltissimi di voi siano abituati a meditare sul senso della festa odierna. Infatti tutti quelli di voi che dicono abitualmente il rosario almeno due volte la settimana si trovano davanti al mistero della "presentazione di Gesù al tempio".

E’ dunque questo l’anticipo dell’offerta che Gesù fa di se stesso e della sua e nostra umanità al Padre.

Poi è anche un anticipo dell’Eucaristia (quando dico questo mistero spesso mi ritrovo a canticchiare dentro di me: "nella tua Messa la nostra messa"), è un atto di umiltà e di obbedienza che la sacra Famiglia compie mettendo Dio al centro del suo vivere; è anche un momento di manifestazione e di luce che Dio dà a due anziani (figura dell’Antico Testamento che diventa Nuovo), segno di speranza, profezia della croce. La festa, poi, è una festa di "Luce", perché manifesta il progetto di Dio e il tutto si esprime attraverso il segno dei ceri.

Questo ultimo aspetto ci aiuta a fare una riflessione piccola e pratica: Che cosa significa per un credente accendere una candela? Qualcuno dice che è una forma idolatria per accattivarsi la divinità, qualcun altro dice che ancora una volta è una formula di preti e affini per far soldi. Qualcun altro dice che la luce è invece celebrare la risurrezione di Cristo che risorge dai morti e che illumina il mondo, altri che è un segno di voler rimanere presenti davanti al Signore anche in momenti in cui stiamo facendo altro, per qualcuno poi è segno di affetto per Gesù, la Madonna e i Santi, per qualcun altro è un modo per impetrare una "luce", una grazia…

Io credo che nella nostra vita i segni siano importanti perché è attraverso i segni che noi possiamo comunicare e allora se Dio è la nostra luce significa che è Lui solo che può con la sua parola e con la sua Persona illuminare le nostre tenebre e guarirci dal nostro peccato (pensate al significato del cero pasquale o alla candelina del nostro battesimo). Per vederci bisogna però "stare alla luce" ecco allora che una candela accesa in chiesa può indicare proprio questo nostro desiderio di mettere Lui al centro del nostro quotidiano. Una candela può anche essere segno di una richiesta di grazia? Certamente, è Gesù stesso che ci ha invitati a chiedere e chiedere con insistenza e la candela accesa può indicare questa nostra richiesta o questo nostro grazie continuo, ma attenzione a non considerarla una specie di commercio con Dio (più sono le candele o più grossa è la candela e quindi più ho speso, più Dio deve farmi la grazia). I segni, sia per noi che per Dio devono essere sempre sinceri e mai formule di commercio.

 

 

VENERDI’ 3 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI, SIGNORE, IL CORAGGIO DELLA TESTIMONIANZA

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: STEFANO BELLESINI Beato

Nacque a Trento nel 1773. A 16 anni entrò negli agostiniani ma, mentre era ancora diacono l’arrivo delle conseguenze della rivoluzione francese lo obbligò a tornare a Trento dove si diede alla predicazione e alla fondazione e guida di scuole per la gioventù cristiana. Nel 1817 poté riprendere l’abito agostiniano. Morì soccorrendo gli appestati nel 1840.

Parola di Dio: Sir 47,2-11; Sal 17; Mc 6,14-29

 

Vangelo Mc 6, 14-29

Dal vangelo secondo Marco.

In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: "Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui". Altri invece dicevano: "E' Elia"; altri dicevano ancora: "E' un profeta, come uno dei profeti". Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: "Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!". Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. Giovanni diceva a Erode: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello". Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: "Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò". E le fece questo giuramento: "Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno". La ragazza uscì e disse alla madre: "Che cosa devo chiedere?". Quella rispose: "La testa di Giovanni il Battista". Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: "Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista". Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto. Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa. La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro. Parola del Signore

 

 

"LA GUARDIA ANDO’, DECAPITO’ GIOVANNI IN PRIGIONE E PORTO’ LA TESTA SU UN VASSOIO". (Mc. 6,28)

Quando ero piccolo avevo un’idea eroica del martirio. Il martire era un nobile, coraggioso, senza macchia e senza paura che dava la sua vita per un ideale o per una fede e che certamente riceveva un gran premio. Quando sono cresciuto ed ho cominciato a capire che cosa significa soffrire ho anche conosciuto le debolezza del mio carattere, ho cominciato a storcere il naso davanti al martirio.

Quando mi sono confrontato con il Vangelo di Gesù ho capito che pur continuando a non amare la sofferenza e le prove, se si facevano scelte di verità, di giustizia, di perdono, di amore come quelle che ha fatto Lui non si poteva fare a meno di trovare una croce preparata come la sua.

Giovanni ha toccato le trame di una donna alla ricerca di potere e la sua testa su un piatto finisce come portata strana di un banchetto passando dalle mani di un soldato a quelle di una ballerina per finire in quelle di una concubina. Ma non stupiamoci più di tanto, sappiamo benissimo che anche oggi, in certi banchetti del potere, tra pacche sulle spalle, si giocano le teste di tante persone, soprattutto di quelli che danno fastidio. Oggi il martirio, almeno qui tra noi (perché in altre parti del mondo è ancora tortura, galera, uccisioni proditorie o garantite dai vari poteri) ha assunto forme diverse. Il cristiano va bene finché è uomo di "elemosina" ma se prende le difese dei poveri è uno che "invade il campo", è da zittire. La foto del Papa va bene dietro al politico di destra o di sinistra che viene intervistato, ma quello che dice il Papa non va bene né agli uni né agli altri, oppure viene utilizzato o manipolato per far vedere che "perfino il Papa la pensa come noi", i preti e i religiosi fanno bella figura nei salotto televisivi, magari servono anche come provocazione, ma poi zittiamoli subito sommergendoli in luoghi comuni o facendoli parlare di presunti miracoli e apparizioni, di esorcismi e diavoli purché non guastino gli equilibri della politica del momento. Qualche bello scandalo, reale o fittizio, poi risolve il problema di qualche cristiano che comincia a dare fastidio. Un sorriso di superiorità e la conseguente messa in minoranza marcano subito l’operaio o l’universitario che si sono presentati come cristiani.

Dunque, anche oggi non ho nessuna voglia di diventare martire e conosco anche la mia povertà e i miei limiti personali per cui chiedo sempre al Signore di andarci piano con le prove perché non so fino a che punto riuscirei ad essergli fedele, ma so anche che essere cristiani non è una passeggiata e che scegliere di stare dalla Sua parte significa anche subirne le conseguenze sia nella prova che nella amicizia.

 

 

SABATO 4 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI, SIGNORE, LA SAPIENZA DEL CUORE

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: GIOVANNA DI VALOIS, Santa, Regina

Nata nel 1464 a Plessi les Tours, era figlia di Luigi XI. Era nata deforme e quindi fu maltrattata dal padre. Fu imposta come sposa del conte di Orleans che divenne re e prese poi il nome di Luigi XII e chiese ed ottenne l’annullamento di matrimonio. Si ritirò allora a Bourges dove fondò la Congregazione delle Annunziatine vivendo come umile suora. Morì nel 1505

Parola di Dio: 1Re3,4-13;SaI 118; Mc 6,30-34

 

1^ Lettura 1Re 3, 4-13

Dal primo libro dei Re

In quei giorni, Salomone andò a Gàbaon per offrirvi sacrifici perché ivi sorgeva la più grande altura. Su quell'altare Salomone offrì mille olocausti. In Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte e gli disse: "Chiedimi ciò che io devo concederti". Salomone disse:"Tu hai trattato il tuo servo Davide mio padre con grande benevolenza, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questa grande benevolenza e gli hai dato un figlio che sedesse sul suo trono, come avviene oggi. Ora, Signore mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide mio padre. Ebbene io sono un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che ti sei scelto, popolo così numeroso che non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo tuo popolo così numeroso?". Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza nel governare. Dio gli disse: "Perché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause, ecco faccio come tu hai detto. Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te. Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria come nessun re ebbe mai". Parola di Dio

 

 

"AL SIGNORE PIACQUE CHE SALOMONE AVESSE DOMANDATO LA SAGGEZZA NEL GOVERNARE". (1Re 3,10)

Dio chiede a Salomone quale sia la cosa più importante per lui, ciò che desidera di più. Tutte le volte che leggo questo brano mi vengono in mente quelle storie dove il genio o la fata concedono di esaudire un desiderio; ma mentre in esse vediamo vari personaggi chiedere ricchezze, miracoli, matrimoni principeschi qui ci troviamo davanti ad un ragazzino semplice e modesto che si è trovato ad avere un ruolo importante e che ne sente tutto il peso. Egli è re, ma non per questo pensa di avere sempre ragione o di conoscere, per il ruolo che ha, il bene e il male. E non chiede neanche dei sudditi docili ma ammette di aver bisogno in prima persona di docilità. Docilità a Dio perché gli doni la sapienza sufficiente per reggere "come farebbe Dio" il suo popolo. (Piccola distrazione: chi sa se i nostri politici e governanti pregano per ottenere questo dono? E noi qualche volta preghiamo per loro perché lo ottengano?)

Mi chiedo anche: se il Signore chiedesse anche a noi: "Che cosa desideri? Io ti esaudirò!" Cosa domanderemo noi?

Gesù ha domandato una cosa sola: "Sia fatta la tua volontà" e non ha detto:

che gli altri facciano la mia volontà, ma che io capisca e accetti e viva la tua come il miglior dono che tu mi hai fatto. E noi?

 

 

DOMENICA 5 FEBBRAIO 5^ DEL TEMPO ORDINARIO B

Una scheggia di preghiera:

 

RISANACI, SIGNORE, DIO DELLA VITA

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: AGATA ILDEGARDA, Santa

Aveva sposato il conte palatino di Carinzia Paolo. Agata fu accusata di infedeltà. Il marito preso dall’ira la buttò dalla finestra. Ma il Signore la fece cadere illesa. Paolo, preso dal rimorso si cavò gli occhi da solo e se ne andò pellegrinando. Agata continuò a passare i suoi giorni tra preghiera e opere di misericordia.

Parola di Dio: Gb 7,1-4.6-7; Sal 146; 1Cor 9,16-19.22-23; Mc 1,29-39

 

Vangelo Mc 1, 29-39

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, si recò in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni; ma non permetteva ai demoni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: "Tutti ti cercano!". Egli disse loro: "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!". E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni. Parola del Signore

 

 

"LA SUOCERA DI PIETRO ERA A LETTO CON LA FEBBRE E SUBITO GLI PARLARONO DI LEI". (Mc. 1,30)

Ecco come delle monache di clausura hanno cercato di spiegare a dei bambini il vangelo di oggi:

Gesù va a casa di Pietro e trova la suocera che sta male. Le si avvicina, la prende per mano e la febbre la lascia. A sera tutti portano i loro malati da Gesù e tutti trovano la guarigione. Oggi queste cose non avvengono tanto facilmente. Allora avvenivano perché la presenza di Gesù voleva significare che il mondo con la sua malattia stava per essere risanato interamente. Ma quale malattia Gesù è venuto a guarire? Quella del cuore. C’è il tumore che distrugge il corpo e c’è il tumore che distrugge l’anima, un tumore che si chiama peccato. È un male insidioso che devasta. Comincia con qualche piccola cellula che muore e poi si estende fino ad intaccare tutti gli organi e tutte le facoltà. Uno pensa: io sto a posto. Che faccio di male? Non uccido nessuno, faccio il mio lavoro, cerco di aiutare gli altri, non rubo, penso alle mie cose… Eppure questo non basta. Perché oltre che peccati di pensieri, di azioni, di parole ci sono i peccati di omissione che distruggono la vita di una persona. Cosa significa "omissione"? Che dovevi fare una cosa e non l’hai fatta. Non basta non fare il male, bisogna imparare a fare il bene, uscendo dall’egoismo. Se a sera, rivedendo la tua giornata, il bene che hai fatto è poco, la tua salute è scarsa. E per bene non si intende che sei stato bene tu. Prova a pensare al mattino cosa puoi fare di bene durante il giorno. Come Gesù che toglie la febbre alla suocera di Pietro, tu puoi togliere la febbre a qualche persona se solo le sei vicino con il tuo amore. Puoi guarire le malattie di chi ti cerca: malattie di solitudine, di sconforto, di rancore, di abbandono. La tua parola, la tua vicinanza possono essere come dei veri miracoli che asportano il male dalla vita altrui e restituiscono la salute del vivere. Muoviti! Che aspetti?!

 

 

LUNEDI’ 6 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

LIBERACI DAL MALE, DA OGNI MALE E DAL MALIGNO

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: DOROTEA, Santa, Martire

Come succede per la vita di molti martiri , le notizie storiche sono frammiste a quelle leggendarie che la devozione popolare ha applicato a figure di eroi della Fede. Di Dorotea, per esempio, sappiamo che morì in Cesarea nella persecuzione di Diocleziano nel II-IV secolo, che poi ella dal paradiso mandasse fiori a Teofilo, l’avvocato che l’aveva difesa e che questi si convertisse a sua volta e affrontasse il martirio anche lui, di preciso non lo sappiamo.

Parola di Dio: 1Re 8,1-7.9-13; Sal131; Mc 6,53-56

 

Vangelo Mc 6, 53-56

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret. Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe, e accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che stavano male, dovunque udivano che si trovasse. E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano. Parola del Signore

 

 

"COMINCIARONO A PORTARGLI SUI LETTUCCI GLI AMMALATI OVUNQUE SENTIVANO SI TROVASSE".(Mc. 6,55)

La gente del Vangelo forse non ha ancora capito bene chi sia Gesù, ma percepisce in Lui una forza, una novità. Forse può esserci anche superstizione, ma se quanti toccano Gesù, sono guariti dalle loro infermità è per la fede nella sua potenza, una fede ancora rozza, ma segno di una disponibilità che apre loro la via giusta alla comprensione, all’accoglienza, alla conversione.

Chiediamoci anche, visto questo accorrere di malati e sofferenti: che cosa sono la malattia e il malato per Gesù?

La malattia è una cosa non bella. Essa fa parte del Male e delle sue conseguenze che Gesù è venuto a combattere e curare. Il malato è per Gesù un "povero" che ha occasione di incontrare Dio proprio nella povertà della sua malattia ma anche una persona cara che Gesù è venuto a salvare.

Gesù vede le malattie del corpo e su di esse si china. Ma vede anche e soprattutto le malattie dello spirito ed è soprattutto da queste che vuole guarire.

Gesù non è uno dei tanti che si proclamano "guaritori", non è neanche venuto a togliere la malattia e la sofferenza dal mondo. Gesù non si limita a dire "poveretto" al malato. Si china su di essi, piange con quelli che soffrono; Lui stesso, con la croce, si caricherà di tutte le sofferenze del mondo. Ma combatte con tutto Se stesso contro le malattie e soprattutto contro la radice di esse che è il male. Gesù non è un distributore automatico di facili miracoli e guarigioni ma Colui che subisce, accetta e redime le conseguenze del male dell’uomo e invita ciascuno di noi a fare altrettanto: combattere le malattie, le sofferenze, le povertà con tutta quella che può essere la scienza dell’uomo, ma soprattutto combattere il Male che è attorno a noi e che si annida in noi stessi.

 

 

MARTEDI’ 7 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

MOSTRACI, SIGNORE, LE TUE VIE

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: RICCARDO Santo

Molto probabilmente fu re di Inghilterra. Certamente fu un sant'uomo se anche i suoi tre figli Villebaldo, Vunibaldo e Valburga, sono onorati come santi dalla Chiesa. Durante un pellegrinaggio verso la Terrasanta trovo la morte a Lucca dove fu sepolto nella basilica di San Frediano, nel 722.

Parola di Dio: 1Re 8,22-23.27-30; Sal 83; Mc 7,1-13

 

Vangelo Mc 7, 1-13

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi, e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame quei farisei e scribi lo interrogarono: "Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?". Ed egli rispose loro: "Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini". E aggiungeva: "Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice il padre e la madre sia messo a morte. Voi invece dicendo: Se uno dichiara al padre o alla madre: è Korbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me, non gli permettete più di fare nulla per il padre e la madre, annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte". Parola del Signore

 

 

"TRASCURANDO IL COMANDAMENTO DI DIO VOI OSSERVATE LA TRADIZIONE DEGLI UOMINI". (Mc.7,8)

Gesù mette in evidenza una tentazione che è sempre presente sia nella vita del singolo credente, sia nella vita dell’intera comunità cristiana. L’uomo ha bisogno di Dio e cerca tutti i modi per raggiungerlo, per possederlo, quindi cerca strade ben definite per incontrarlo. Fin che queste strade sono quelle che partono da Dio e scendono verso l’uomo (la sua parola, i suoi comandamenti, suo Figlio) esse ci garantiscono di arrivare a Lui nella libertà e nel rispetto sia della divinità che non viene posseduta, ma amata, sia nel rispetto dell’uomo dell’uomo che non è un automa ma una persona libera davanti a Dio. Quando invece l’uomo percorre le strade dettate da un ritualismo becero, da una tradizione non vivificata, da una osservanza formale di norme quasi che queste possano comprare Dio, non si raggiunge Dio, ma l’idolo che di lui ci siamo fatto e si diventa schiavi di norme e formule che non solo non piacciono a Dio ma non rispettano neppure l’uomo da lui amato. Due giorni fa facevamo l’esempio della candela essa può diventare segno di una preghiera vera di un cuore che adora, che si scalda e illumina alla luce di Dio, oppure un meschino tentativo di compravendita di qualche grazia che offende sia la dignità di Dio che quella dell’uomo; il rosario detto per abitudine, senza anima, ha lo stesso valore di un giradischi rotto che ripeta all’infinito parole senza senso, il rosario pregato come sospiro dell’anima, come meditazione dei misteri di Dio e dell’uomo, come anelito di un bambino che si affida alla madre ci può davvero riempire il cuore e giungere al cuore di Maria che ci mette in comunione con suo Figlio; ma è sempre un mezzo, è Dio che salva non il rosario! La grazia non sta nelle cose ma nel senso che diamo alle cose: io non sono bravo se sono andato a fare un pellegrinaggio a Lourdes o in Terrasanta, posso anche essere solo un turista religioso ma se il pellegrinaggio è mosso dall’amore, se mi smuove dentro dal mio immobilismo, se mi converte dal mio egoismo, se mi spinge a scoprire le prove e le sofferenze del mio prossimo, allora diventa motivo di grazia… Proviamo ad esaminarci e a scoprire se i nostri gesti religiosi, le nostre scelte sono sincere o solo formali, se il nostro voler bene a Dio è un volerci comprare una fetta di paradiso o un voler incontrare davvero Lui senso della nostra vita.

 

 

MERCOLEDI’ 8 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI, SIGNORE, UN CUORE SEMPLICE E PURO, CAPACE DI AMORE VERO

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: GIOVANNI DI MATHA, Santo Fondatore dei Trinitari

Nato a Faucon in Provenza nel 1160, studiò a Parigi e fu condiscepolo con il futuro Papa Innocenzo III. Addottoratosi in teologia e ordinato sacerdote (1192), decise di dedicarsi al riscatto dei cristiani prigionieri degli infedeli e, unitosi al santo eremita Felice di Valois, fondò con questi a Cerfroid, nella diocesi di Meaux, una comunità consacrata alla Trinità (trinitari) e votata alla liberazione degli schiavi cristiani. Trattò molti riscatti con principi arabi. Morì a Roma nel 1213.

Parola di Dio: 1Re 10,1-10; Sal 36; Mc 7,14-23

 

Vangelo Mc 7, 14-23

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: "Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo". Quando entrò in una casa lontano dalla folla, i discepoli lo interrogarono sul significato di quella parabola. E disse loro: "Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?". Dichiarava così mondi tutti gli alimenti. Quindi soggiunse: "Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo". Parola del Signore

 

 

"ASCOLTATEMI TUTTI E INTENDETE BENE: NON C’E’ NULLA FUORI DELL’UOMO CHE, ENTRANDO IN LUI POSSA CONTAMINARLO; SONO INVECE LE COSE CHE ESCONO DALL’UOMO A CONTAMINARLO". (Mc. 7,14-15)

Quando noi sentiamo parlare di salvezza che Gesù ci ha portato, non dobbiamo pensare che questo dono riguardi solamente qualche particolare della nostra vita; non è solo la salvezza dal peccato, non è neanche solo la salvezza dal male o dalle malattie, Gesù salva l’uomo nella sua totalità. Per esprimere questo Egli usa la categoria del ‘cuore dell’uomo’. Quando nel Vangelo troviamo qualcosa che riguarda ‘il cuore dell’uomo’ significa pensare all’essenza stessa dell’uomo, alla sua pienezza.

Ecco, allora, che quando parlano a Gesù di norme morali, Egli prende le distanze perché le norme possono essere molto utili all’uomo ma, nello stesso tempo, possono ridurre l’uomo in schiavitù.

La morale per Gesù non sta nelle norme esteriori, nella pur importante Legge, dono di Dio, ma sta nel modo in cui l’uomo, nella sua totalità, aderisce a quella che è la volontà di Dio e la mette in pratica.

Per capirci, forse può aiutarci un esempio: se voi avete una botte piena di aceto è inutile che andiate a spillare vino buono: lì troverete solo e sempre aceto, anche se magari sulla botte qualcuno ha messo l’etichetta "barbera doc.". Quello che conta non è dunque l’etichetta e neppure il luogo dove viene tenuta la botte, conta quello che nella botte è stato messo.

Nella nostra vita, la moralità di una azione o meno non dipende se è conforme o meno ad una norma che viene dal di fuori, dipende invece da ciò che noi vi abbiamo messo dentro, cioè dipende dal nostro ‘cuore’.

Ogni individuo, quando nasce è un individuo libero. Questo non vuol dire che non abbiamo certe propensioni, certe caratteristiche che ci sono tipiche. Noi portiamo fin dalla nostra nascita alcune caratteristiche fisiche, spirituali e morali particolari. Ma sta poi a noi ‘riempire la botte’ mettendoci dentro quello che ci sembra più giusto e più opportuno. Se io metterò dentro di me quello che magari soddisfa le tendenze negative che posso avere, ecco che io otterrò delle risposte negative. Se, invece, con pazienza cerco di modificare le tendenze negative e di valorizzare quelle positive, tenderò a costruire in me la capacità del bene. Se io sono irascibile per natura, certamente non riuscirò a diventare la persona che riesce a sorridere davanti a qualunque sopruso o davanti a qualunque negatività nei propri confronti, però nello stesso tempo se avrò curato bene questo mio aspetto non diventerò colui che perché è stato offeso passa alla vendetta o uccide il proprio avversario.

Gesù quando dice che dal cuore dell’uomo escono tutte le cose sia positive che negative (e nel Vangelo di oggi abbiamo un lungo elenco di cose negative: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza), intende proprio dire che il bene o il male, la giustizia o meno di una determinata azione, dipende da tutto il nostro essere.

 

 

GIOVEDI’ 9 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

FA’ CHE VEDIAMO, SIGNORE, IL BENE CHE C’E’ NEL CUORE DI OGNI UOMO

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: ANSBERTO, Santo

Era nato da nobile famiglia a Chaussy, Vexin - Hautmont, presso Valenciennes, nel 692 circa. Entrò in un primo tempo alla corte di Clotario III ma presto lasciò la vita politica per entrare al monastero di Fontanelle dove fu abate, poi vescovo di Rouen. Morì il 7 febbraio 699

Parola di Dio: 1Re 11,4-13; Sal 105; Mc 7,24-30

 

Vangelo Mc 7, 24-30

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo Gesù, partito da Genesaret, andò nella regione di Tiro e di Sidone. Ed entrato in una casa, voleva che nessuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Subito una donna che aveva la sua figlioletta posseduta da uno spirito immondo, appena lo seppe, andò e si gettò ai suoi piedi. Ora, quella donna che lo pregava di scacciare il demonio dalla figlia era greca, di origine Siro Fenicia. Ed egli le disse: "Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini". Ma essa replicò:"Sì, Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli". Allora le disse:"Per questa tua parola và, il demonio è uscito da tua figlia". Tornata a casa, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato. Parola del Signore

 

 

"NON E’ BENE PRENDERE IL PANE DEI FIGLI E GETTARLO AI CAGNOLINI". (Mc. 7,27)

Tante volte abbiamo commentato questa apparente durezza di Gesù nei confronti di questa donna pagana che va a chiedere la guarigione della propria figlioletta. Questa volta, partendo da quest’episodio, vorrei con voi fare in piccola riflessione un po’ diversa dal solito.

Gesù non poteva voler male ad una mamma che chiedeva la guarigione della figlia. Gesù, che è venuto per la salvezza d’ogni uomo sulla terra non poteva fermarsi a forme campanilistiche di distinzione tra ebrei e altri popoli. Dunque perché questa durezza? Come si concilia l’amore di Gesù con queste parole che sembrano quasi essere un disprezzo?

Noi spesso pensiamo che amare sia benvolere, accondiscendere alle richieste dell’amato, gentilezza, generosità… e normalmente queste sono componenti del voler bene, ma tutte queste cose possono essere dettate da sentimenti oppure anche solo da forma di buona educazione, da istintivo quieto vivere, da filantropia… Volere il vero bene di una persona è ancora un’altra cosa.

Gesù vuole il vero bene di questa donna Siro Fenicia perché non solo vuole darle la possibilità di ottenere il miracolo della guarigione della propria figlia ma, facendo emergere il suo vero carattere. vuol far sgorgare la vera fede in lei.

Tirando velocemente qualche conclusione e lasciando che lo Spirito suggerisca a voi quello che in questo momento serve alla vita di ciascuno: amare il prossimo secondo Gesù non è solo provare sentimenti di benvolere verso di lui, carità vera non è neanche concedere tutto quello che il prossimo ci richiede, è cercare il vero bene di chi ci sta accanto, è suscitare nel prossimo i sentimenti e i ragionamenti che conducono la persona a tirare fuori da se stessa tutte le potenzialità di bene, è aiutare a capire che non è solo risolvendo qualche problema materiale che si ottiene il vero senso della propria vita, è aiutare ad arrivare alla fede.

 

 

VENERDI’ 10 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, CHE IO SENTA, CHE IO VEDA, CHE IO LODI

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: ARNALDO DA LIMENA Santo, Abate

Era nato in una nobile famiglia di Padova. Entrò nell’abbazia di santa Giustina e presto ne fu fatto abate ( 1209). Per difendere la libertà religiosa del suo convento contro Ezzelino, fu messo in carcere dove morì il 10 febbraio 1255.

Parola di Dio: 1Re 11,29-32; 12,19; Sal 80; Mc 7,31-37

 

Vangelo Mc 7, 31-37

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: "Effatà" cioè: "Apriti!". E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: "Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!". Parola del Signore

 

 

"GESU’ EMISE UN SOSPIRO E DISSE: EFFATA’, CIOE’: APRITI". (Mc. 7,34)

Davanti al brano di Vangelo di oggi ciò che conta non è tanto ammirare il prodigio della guarigione di un sordomuto, ma comprenderne il significato. Il sordomuto rappresenta il peccatore rinchiuso nel proprio egoismo: Gesù gli dona di aprirsi alla salvezza, alla sua Parola e di trasmetterla agli altri

L'uomo se ascolta Dio diventa Dio, se ascolta il demonio diventa demonio. Dio è parola, comunicazione e dono di sé. L'uomo è prima di tutto orecchio, e poi lingua. Ascoltando Dio è in grado di rispondergli: entra in dialogo con lui. La religione cristiana è la religione della parola e dell'ascolto, della comunicazione con Dio che ci parla. Per questo, essere sordi e muti (nel senso religioso) è il più grande dei mali.

Con questo miracolo Gesù ci fa capire che cosa vuole operare nei suoi ascoltatori. Noi tutti siamo spiritualmente sordi, chi più chi meno; anche coloro che ascoltano la parola di Dio rischiano di essere dei sordi selettivi, ossia ascoltano quello che fa comodo ed eliminano automaticamente tutto quello che può turbare il loro placido sonno. Gesù è il medico venuto a ridarci la capacità di dialogo con Dio e con i fratelli. Il cristiano, forse come tutti, è un fenomenale divoratore di tante chiacchiere, ma risulta sovente sordo e muto davanti alla Parola che lo fa uomo e figlio di Dio.

Gesù è venuto per guarire il mutismo e la sordità dall'umanità per farla diventare il vero popolo di Dio. Quell’ "Apriti!" è allora anche per me. Apriti allo stupore e alla contemplazione delle meraviglie del creato, apriti a sentire la voce di ogni creatura che ti parla del Creatore. Apriti ad accogliere la parola del perdono e della misericordia che la croce di Gesù ti offre, apriti per accogliere la sua parola che ti guida e ti consola. Apriti per sentire le voci dei fratelli che invocano il tuo aiuto. E apri la bocca per far tacere le parole inutili, convenzionali, ed esprimere invece la lode di Colui che ti ha salvato, la parola di speranza, il canto di gioia, la testimonianza profonda.

 

 

SABATO 11 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

SEI TU, SIGNORE, IL PANE; UN CIBO SEI PER NOI

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: DATIVO, Santo, Martire

Era un senatore della Bitinia che diventato cristiano rifiutò di consegnare le Sacre Scritture ai persecutori e fu martirizzato, fatto morire di fame insieme a 46 compagni nel 304, durante la persecuzione di Diocleziano .

Parola di Dio: 1Re 12.26-32; 13.33-34; Sal 105; Mc 8,1-10

 

Vangelo Mc 8, 1-10

Dal vangelo secondo Marco

In quei giorni, essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: "Sento compassione di questa folla, perché gia da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano". Gli risposero i discepoli: "E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?". E domandò loro: "Quanti pani avete?". Gli dissero: "Sette". Gesù ordinò alla folla di sedersi per terra. Presi allora quei sette pani, rese grazie, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; dopo aver pronunziata la benedizione su di essi, disse di distribuire anche quelli. Così essi mangiarono e si saziarono; e portarono via sette sporte di pezzi avanzati. Erano circa quattromila. E li congedò. Salì poi sulla barca con i suoi discepoli e andò dalle parti di Dalmanùta. Parola del Signore

 

 

"SENTO COMPASSIONE DI QUESTA FOLLA, PERCHE’ GIA’ DA TRE GIORNI MI STANNO DIETRO E NON HANNO DA MANGIARE". (Mc. 8,2)

La gente che segue Gesù anche nel deserto pur di ascoltarlo ha veramente fiducia in lui e possiede, senza saperlo, la vera saggezza. E Gesù compie il miracolo, che non è solo un segno della venuta del regno, un atto della sua benevolenza, ma un segno del suo atteggiamento fondamentale, la misericordia. Gesù ha sempre compassione e procura il pane, nutre in modo sovrabbondante: "Mangiarono e si saziarono; e portarono via sette sporte di pezzi avanzati. Erano circa quattromila". Ma, al di là della fame fisica, egli vede nel cuore di questa folla la fame della sua parola, la fame della vera vita ed è soprattutto questa che egli vuol saziare. E proprio dopo questo miracolo farà il discorso riportato da Giovanni in cui presenta se stesso come pane di vita eterna: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno" (Gv 6).

Oggi noi facciamo memoria delle apparizioni di Maria a Lourdes, anche Maria, come suo figlio, lungo la nostra storia si è fatta pane per le nostre necessità, modello di fiducia e di abbandono. Ella nella sua vita ha accolto la parola di Dio senza preoccuparsi di se stessa, non ha pensato più ai suoi progetti, ha accettato totalmente che la sua vita fosse "disturbata" dall'invasione di Dio, fino al Calvario. Per questo Dio la colmò di gioia e tutte le generazioni la diranno beata. E Maria apparendo non è venuta a cercare onori da parte nostra ma ad indicarci attraverso la preghiera, il sacrificio, la gioia, la strada per andare da Gesù. Chiediamo a lei di ottenerci da Gesù tanta fiducia in ogni situazione e di saper amare e ricevere il suo pane per poter camminare verso la vita che dura per sempre

 

 

DOMENICA 12 FEBBRAIO 6^ DEL TEMPO ORDINARIO B

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, SE VUOI PUOI GUARIRMI

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: BENEDETTO DI ANIANE, Santo, Monaco

Nacque nel 750. Fu a servizio di Pipino e di Carlo Magno. Per un voto entrò in monastero. Di nome Witiza, figlio del conte di Maguelonne (Linguadoca), fondò sulle sue terre l'abbazia di Aniane (780-787). Incaricato da Ludovico il Pio di visitare e riformare i monasteri di Francia, svolse l'incarico rifacendosi alla regola benedettina originaria, ma insistendo soprattutto su due punti: separazione completa dal mondo e minuziosa uniformità di regole monastiche. Gli effetti della sua opera, alla quale si ispirò la riforma dei monasteri deliberata ad Aquisgrana nell'817, durarono soprattutto nel campo liturgico. Fu autore di diversi scritti. Morì a Cornelimunster, nei pressi di Aquisgrana l’11 febbraio 821.

Parola di Dio: Lv 13,1-2.46-46; Sal 31; 1Cor 10,31-11,1; Mc 1,40-45

 

Vangelo Mc 1, 40-45

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, venne a Gesù un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi guarirmi!". Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, guarisci!". Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: "Guarda di non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro". Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte. Parola del Signore

 

 

"VENNE A GESU’ UN LEBBROSO". (Mc 1,40)

La lebbra era una malattia che segregava la persona colpita facendola vivere fuori dell’accampamento e dalla società. La malattia della lebbra che devasta il corpo è un’immagine plastica di quello che il peccato fa nell’anima. Devastazione, fetore, orrore portato a intensità molto più gravi e grandi di una malattia fisica. Come l’antico lebbroso era costretto a vivere isolato, senza più relazione con gli altri, così il peccato mortale -la vera lebbra- costringe a vivere fuori della Chiesa, il nostro vero accampamento dove ci è dato di essere in comunione d’amore con Dio e con i fratelli. È un isolamento terribile, non voluto dagli altri, ma da noi stessi. La lebbra fisica non la contraggo di mia volontà, il peccato sì. Sono di fronte ad una scelta ogni volta e dipende da me scegliere il bene e rifiutare il male o viceversa. Costruisco nella mia determinazione tutta la mia vita spirituale, e il Signore accetta la nostra decisione. Gesù si commuove di fronte a chi pecca, non sta lì a giudicarlo. Anzi! Lo tocca. Non ha paura di prendere la lebbra, lui non può esserne contagiato perché è senza peccato da sempre. Sembra che ci sia più voglia di far guarire da parte di Gesù che da parte del lebbroso. Se Gesù non avesse avuto la passione interiore di guarirci dalla lebbra del peccato, non sarebbe morto in croce. La passione e la morte di Gesù sono espressione ultima della sua brama ardente di salvare l’uomo. E non c’è peccato, per grande che sia, che non possa essere coperto e superato dalla sua infinita misericordia. Poi Gesù,dopo aver guarito il lebbroso, lo manda dal sacerdote perché il peccato lo guarisce lui nel cuore, ma il sacerdote ha il compito di eliminare i segni del peccato e di ridonare la possibilità di vivere in comunione con tutti. E questo avviene attraverso la confessione.

Concludiamo chiedendoci: Riconosciamo di essere lebbrosi? Potremmo portarci dentro un tumore senza saperlo finché non si manifesta. Così avviene per le nostre autosufficienze spirituali. Crediamo, facciamo, progettiamo, mentre ci sarebbe molto più utile dedicare un po’ di tempo a comportarci come il lebbroso: "Signore, se vuoi, puoi guarirmi". Attenzione, quindi alle pustole e macchie bianche nell’anima!

 

 

LUNEDI’ 13 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

STARE CON TE, SIGNORE, E’ LA MIA GIOIA

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: BENIGNO DA TODI, Santo, Martire

Di Lui sappiamo poco; solo che fu ordinato sacerdote per la sua bontà e rettitudine e che affrontò con decisione il martirio nella persecuzione di Diocleziano e Massimino e che fu sepolto lungo la strada che da Todi va nella località chiamata oggi San Benigno.

Parola di Dio: Gc 1,1-11;SaI 118; Mc 8,11-13

 

1^ Lettura Gc 1, 1-11

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù disperse nel mondo, salute. Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la prova della vostra fede produce la  pazienza. E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate  perfetti e integri, senza mancare di nulla. Se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona  a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data. La  domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia  all'onda del mare mossa e agitata dal vento; e non pensi di ricevere  qualcosa dal Signore un uomo che ha l'animo oscillante e instabile in  tutte le sue azioni. Il fratello di umili condizioni si rallegri della sua elevazione e il  ricco della sua umiliazione, perché passerà come fiore d'erba. Si  leva il sole col suo ardore e fa seccare l'erba e il suo fiore cade, e la  bellezza del suo aspetto svanisce. Così anche il ricco appassirà nelle  sue imprese. Parola di Dio

 

 

"CONSIDERATE PERFETTA LETIZIA, MIEI FRATELLI, QUANDO SUBITE OGNI SORTA DI PROVE". (Gc. 1,2)

Quella di S. Giacomo è una parola che a prima vista sembra puro masochismo. Come si può essere in "perfetta letizia" quando si è poveri, tribolati, magari in un letto di ospedale con un cancro addosso? Noi siamo fatti per la gioia, per la vita o per la sofferenza?

Una volta avevamo il buon senso di capire che il dolore, la prova periodica è normale, che i litigi tra coniugi e genitori e figli sono inevitabili, che nessuno è fatto per vivere in perfetta felicità. Avevamo persino il buon senso di capire che chiunque era sempre felice doveva essere pazzo...

Un indizio di buona salute è appunto la capacità di essere infelici senz’ansia, senza bisogno di scusarsi o di difendersi.

Un tempo la parola "divertente" era riservata ai bambini, I grandi non si divertivano, si limitavano a godere di qualche cosa. Oggi, nella nostra smania di essere felici, non soltanto ci comportiamo da bambini invece che da adulti, ma, a poco a poco, anche gli scopi della nostra vita cambiano... "Rilassati" ha preso il posto di "tenta". "Spendi" quello di "risparmia". "Sii felice" ha preso il posto di "concludi qualcosa".

S. Giacomo non vuole indicarci la via della sofferenza ma la strada per cui anche la sofferenza diventa motivo di gioia perché produce la fede. La sofferenza non va cercata per se stessa ma le prove della vita e soprattutto le prove come conseguenza della scelta di fede sono un mezzo di santità. La certezza che Dio non ci abbandona, il pensiero della croce di Gesù, la speranza cristiana che non delude, il fidarsi più di Dio che delle cose della terra concorrono a renderci sereni e poi, diciamocelo: ci aiuta di più un piagnisteo o un sorriso?

 

 

MARTEDI’ 14 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

LA TUA GRAZIA, SIGNORE, CI SOSTIENE

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: VALENTINO Santo Venerato a Chieri.

Non c’è solo il Valentino caro agli innamorati, di Santi, martiri e Vescovi con questo nome ce ne sono parecchi, anche uno venerato a Chieri. Si tratta di uno dei tanti "corpi santi" i cui resti furono donati da Papa Clemente XII al nobile chierese Giuseppe Antonio di Wakerbarth. Egli, a sua volta ne fece dono ai Padri Filippini che lo deposero nella chiesa di San Filippo in Chieri.

Parola di Dio nella festa dei santi Cirillo e Metodio, patroni d’Europa: Is 52,7-10; Sal 95; Mc 16,15-20

Letture della Messa del giorno: Gc. 1,12-18; Sal 93; Mc. 8,14-21

 

1^ Lettura Gc 1, 12-18

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Beato l'uomo che sopporta la tentazione, perché una volta  superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha  promesso a quelli che lo amano. Nessuno, quando è tentato, dica: "Sono tentato da Dio"; perché  Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce; poi la concupiscenza concepisce e genera il  peccato, e il peccato, quand'è consumato, produce la morte. Non andate fuori strada, fratelli miei carissimi; ogni buon regalo  e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce,  nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento. Di sua  volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi  fossimo come una primizia delle sue creature. Parola di Dio

 

 

"BEATO L’UOMO CHE SOPPORTA LA TENTAZIONE (LA PROVA)". (Gc. 1,12)

Giacomo ci permette oggi di riprendere la riflessione di ieri. Molte sono le prove della vita, ma quella definitiva della nostra morte non è la prova più grande? Come ci prepariamo ad essa?

Senza commento (se ascoltiamo lo Spirito in noi avremmo tutti qualcosa su cui riflettere) vi propongo alcune righe di Papa Giovanni XXIII:

"Ho potuto seguire passo a passo la mia morte ed ora mi avvio dolcemente alla fine.

Aspetto e accoglierò semplicemente e lietamente l’arrivo di sorella morte, secondo tutte le circostanze con cui piacerà al signore di inviarmela. Devo tenermi pronto a vivere quanto al Signore piacerà di lasciarmi quaggiù. Sulla soglia del mio ottantesimo anno io debbo tenermi pronto a morire o a vivere: per l’un caso o per l’altro a provvedere alla mia santificazione. Così come mi si chiama dappertutto, e come prima denominazione, "Santo Padre", così debbo e voglio essere per davvero. Non vi preoccupate eccessivamente di me, perché le valigie sono pronte, e io sono pronto, anzi prontissimo a partire."

 

 

MERCOLEDI’ 15 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

LA TUA PAROLA, SIGNORE ILLUMINI I MIEI PASSI

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: SIGFRIDO DI VAXJO, Santo, Vescovo

Sigfrid era un vescovo missionario inglese, che predicò in Svezia al tempo del re Olav († 1024), secondo una leggenda egli giunse a Värend attraverso la Danimarca, dove professò la religione cristiana, costruendo anche una chiesa. Lasciò Värend a tre compagni missionari e si recò a battezzare il re Olav Kötkonung, Quando ritornò a Värend, trovò che i suoi tre compagni erano stati decapitati. Altro non si sa; morì intorno al 1030.

Parola di Dio: Gc 1,19-27; Sal 14; Mc 8,22-26

 

1^ Lettura Gc 1, 19-27

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Lo sapete, fratelli miei carissimi: sia ognuno pronto ad ascoltare,  lento a parlare, lento all'ira. Perché l'ira dell'uomo non compie ciò  che è giusto davanti a Dio. Perciò, deposta ogni impurità e ogni  resto di malizia, accogliete con docilità la parola che è stata seminata  in voi e che può salvare le vostre anime. Siate di quelli che mettono  in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi.  Perché se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola,  somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio:  appena s'è osservato, se ne va, e subito dimentica com'era. Chi  invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le  resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che  la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla. Se qualcuno pensa di essere religioso, ma non frena la lingua e  inganna così il suo cuore, la sua religione è vana. Una religione pura e  senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani  e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo. Parola di Dio

 

 

"ACCOGLIETE CON DOCILITA' LA PAROLA CHE È STATA SEMINATA IN VOI E CHE PUÒ SALVARE LE VOSTRE ANIME".

(Gc. 1,21)

Noi pensiamo che la Parola sia un qualcosa di immutabile, e in sé è così, però essa non viene depositata in noi come una pagina immodificabile. La Parola non è cristallizzata, ma viva. E’ un seme che germoglia. Attraverso la meditazione, attraverso l’impatto con la nostra storia, acquista sempre sensi nuovi. La Parola ha bisogno della coscienza ma anche la coscienza ha bisogno della Parola per funzionare correttamente. Il credente sa di avere nella Parola di Dio un dono che lo informa, che lo forma, che lo sostiene nel cammino verso il Padre. Un ascolto della Parola che non apra le orecchie e non renda disponibili alle sollecitazioni per la giustizia, la pace, l’unità, è sordità. Se Dio non ti fa "vedere" (ecco le vere apparizioni) il fratello da amare, il povero cui tendere la mano, il nemico da perdonare, vuol dire che Dio è scomparso dal tuo orizzonte. O meglio, che tu ti sei allontanato dagli orizzonti di Dio.

Ogni volta che apro la Bibbia dovrei chiedermi: "Signore, che cosa vuoi dirmi per oggi? Che cosa vuoi darmi? Che cosa vuoi da me?".

 

 

GIOVEDI’ 16 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

TU, O SIGNORE, CI SCRUTI E CI CONOSCI

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: GIULIANA DI NICOMEDIA, Santa, Martire

Di lei si hanno notizie non sicure. Sarebbe stata martirizzata dopo vari tormenti inflitti dal padre e dal prefetto Evilasio da lei rifiutato come sposo.

Parola di Dio: Gc 2,1-9; Sal 33; Mc 8,27-33

 

1^ Lettura Gc 2, 1-9

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede  nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria. Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d'oro  al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito  logoro. Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: "Tu siediti qui comodamente", e al povero dite: "Tu mettiti in piedi lì",  oppure: "Siediti qui ai piedi del mio sgabello", non fate in voi stessi  preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri  nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha  promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disprezzato il  povero! Non sono forse i ricchi che vi tiranneggiano e vi trascinano  davanti ai tribunali? Non sono essi che bestemmiano il bel nome che  è stato invocato sopra di voi? Certo, se adempite il più importante  dei comandamenti secondo la Scrittura: amerai il prossimo tuo come  te stesso, fate bene; ma se fate distinzione di persone, commettete un peccato e siete accusati dalla legge come trasgressori. Parola di Dio

 

 

"FRATELLI, NON MESCOLATE A FAVORITISMI PERSONALI LA VOSTRA FEDE NEL SIGNORE". (Gc. 2,1)

San Giacomo è sempre molto concreto. Vede che nelle prime comunità cristiane spesso, quasi per ottenere poi dei benefici personali o comunitari si fanno distinzioni di persone: il ricco, la persona di successo viene omaggiata, rispettata, messa ai primi posti mentre il povero, l’ignorante vengono considerati di meno: questo è esattamente l’opposto di quanto ha fatto Gesù che ha messo i potenti davanti alle proprie responsabilità e spesso li ha fortemente richiamati e che invece è stato attento agli ultimi, ai peccatori, ai poveri.

Non si può, se vogliamo essere cristiani, ancor oggi svendere la nostra fede solo per rispettare i potenti della terra. Non si può cedere a matrimoni sfarzosi e anticristiani solo perché la diplomazia prevede che bisogna tenersi buoni certi personaggi della politica o della nobiltà, non si può usare pesi e misure diverse per dichiarare annullato un matrimonio, non è giusto mettere il signorotto del paese nel primo banco solo perché ha data una lauta offerta per rifare il tetto della chiesa, non si può privilegiare un gruppo a scapito di tutti gli altri solo perché questi sono "amici del parroco". Ma anche a livello personale può succedere di fare distinzioni di persone dando ampio spazio a coloro che ci sono simpatici ed escludendo le categorie di persone con le quali abbiamo più difficoltà.

Non spaventiamoci di queste cose: la tentazione (ce lo ricordava proprio Giacomo) è presente proprio là dove si cerca di fare il bene! Si tratta però di ritornare continuamente al centro della nostra fede, si tratta di guardare a Gesù e cercare di comportarsi come Lui: Gesù andava a mangiare a casa dei farisei ma non aveva timore di dire in faccia ciò essi erano e ciò che avrebbero dovuto fare per entrare nel regno; Gesù andava a mangiare a casa dei pubblici peccatori e anche qui "entrava la salvezza" nelle loro case. Davanti a Dio contiamo tutti molto, ma come persone, non per le etichette, per i denari i per il potere terreno che possiamo avere, davanti a Lui siamo tutti debitori e al massimo, se abbiamo ricevuto di più abbiamo più responsabilità di altri.

 

 

VENERDI’ 17 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, AIUTACI AD AMARTI DI PIU’, SIGNORE AIUTACI AD AMARCI DI PIU’

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: EVERMONDO, Santo, Vescovo

Evermodo, ancora giovane, ebbe modo di ascoltare San Norberto che predicava a Cambrai e a lui si affidò con tutto l'animo. Seguì a Magdeburgo il maestro. Fu successivamente priore a Gottesgnaden, prevosto in Magdeburgo e vescovo di Ratzeburg, dove riformò il capitolo cattedrale e lo ascrisse all'Ordine Premostratense. Con tutte le proprie forze predicò presso i Wendi, molti dei quali condusse alla fede. Morì il 17 febbraio nel 1178.

Parola di Dio: Gc 2,14-24.26; Sal 11; Mc 8,34-9,1

 

1^ Lettura Gc 2, 14-24. 26

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le  opere? Forse che quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di  voi dice loro: "Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi", ma non  date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se  non ha le opere, è morta in se stessa. Al contrario uno potrebbe  dire: Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le  opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede. Tu credi che  c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demoni lo credono e tremano!  Ma vuoi sapere, o insensato, come la fede senza le opere è senza  calore? Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le  opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull'altare? Vedi che la fede  cooperava con le opere di lui, e che per le opere quella fede divenne  perfetta e si compì la Scrittura che dice: E Abramo ebbe fede in Dio  e gli fu accreditato a giustizia, e fu chiamato amico di Dio. Vedete  che l'uomo viene giustificato in base alle opere e non soltanto in base  alla fede. Infatti come il corpo senza lo spirito è  morto, così anche la fede senza le opere è morta. Parola di Dio

 

 

"SE UN FRATELLO O UNA SORELLA SONO SENZA VESTITI E SPROVVISTI DEL CIBO QUOTIDIANO E UNO DI VOI DICE LORO: "ANDATEVENE IN PACE, RISCALDATEVI, SAZIATEVI", MA NON DATE LORO IL NECESSARIO PER IL CORPO, CHE GIOVA?" (Gc. 2,16)

Ancora una volta ci colpisce la concretezza di Giacomo che senza pietà mette in evidenza le pecche presenti nella comunità cristiana. Quante volte abbiamo sentito preti ben pasciuti predicare la povertà o pietre per i poveri senza cibo aspettando solo l’ora di sedersi a mensa. Quante volte noi stessi, facilmente scandalizzati davanti alle cifre della fame e della povertà ci siamo scagliati a spada tratta contro le ingiustizie di un mondo che fa i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri ma poi ci siamo presi ben guardia di dividere il nostro poco perché "poi chissà dove va a finire" o "perché è pieno di finti poveri che stanno meglio di noi"

Ecco una pagina del compianto don Alessi che tanto fece per i poveri:

Viveva sola, in un appartamento piccolo piccolo. Una vita di sacrifici, rinunce, sofferenze: prima per accudire la mamma malata, poi i fratelli che crescevano, infine i nipoti…

"La mia vita è stata inutile: sempre a servizio di tutti. Non ho neppur potuto crearmi una famiglia come avrei tanto desiderato. Vivo con la pensione minima, non avendo potuto versare i contributi. Faccio ancora qualche servizio per non essere di peso a nessuno, Prego e vado a consolare chi soffre…"

Povera e cara Marta, come puoi chiamare inutile la tua vita? Sei una grande benefattrice dell’umanità. Hai trascorso la tua esistenza seminando bontà e amore…

Quante persone ti devono gratitudine per questa tua testimonianza di silenziosa, eroica carità. Non ci sono vite inutili in questo mondo.

Diceva Madre Huberta, fondatrice della "Suore del sorriso": "Se avessi trascorso la vita a tergere le lacrime di un solo bambino, avrei fatto tanto bene per l’avvenire del mondo"

Dove vive una creatura, là c’è Dio che l’ha creata. Ogni tuo atto di bontà è fatto a Colui che ha assicurato che neppure un bicchier d’acqua offerto per amore rimarrà senza una ricompensa infinita.

 

 

SABATO 18 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

LA MIA BOCCA SIGNORE, ANNUNCI LA TUA LODE

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: FLAVIANO PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI, Santo Vescovo

Era nato nel 390. Prima sacerdote e tesoriere della Chiesa di Costantinopoli, ne divenne patriarca (446-449). Nel 448 condannò l'eresia di Eutiche, il quale tuttavia ottenne la convocazione del concilio noto sotto il nome di "latrocinio di Efeso" (agosto 449). Flaviano fu deposto, condannato all'esilio e morì poco dopo in seguito ai maltrattamenti subiti. Per questo fu considerato martire.

Parola di Dio: Gc 3,1-10;Sal 11;Mc 9,2-13

 

1^ Lettura Gc 3, 1-10

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Fratelli miei, non vi fate maestri in molti, sapendo che noi  riceveremo un giudizio più severo, poiché tutti quanti manchiamo in molte cose. Se uno non manca nel parlare, è un uomo  perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Quando  mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano,  possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi,  benché siano così grandi e vengano spinte da venti gagliardi, sono  guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole chi le manovra.  Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi  cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell'iniquità, vive inserita  nelle nostre membra e contamina tutto il corpo e incendia il corso  della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna. Infatti ogni sorta di  bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati  domati dalla razza umana, ma la lingua nessun uomo la può domare:  è un male ribelle, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il  Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza  di Dio. E' dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione. Non deve essere così, fratelli miei! Parola di Dio

 

 

"E’ DALLA STESSA BOCCA CHE ESCE BENEDIZIONE E MALEDIZIONE".(Gc. 3,10)

San Giacomo cita un proverbio terribile prendendone le distanze, un altro vecchio proverbio dice che ne uccide di più la lingua che la spada e nella nostra esperienza ci siamo resi conto di quanto sia vera questa affermazione. Una parola può essere di grande conforto oppure può portare scompiglio, tristezza, delusione, negatività. Tutto dipende dal cuore di chi parla.

Saper controllare la lingua, le parole, i pensieri è il miglior modo per educare il cuore a non ergersi giudice, a non impancarsi a maestri senza esserlo, a mettere amore e comprensione al posto dei giudizi e dell’odio. L’imparare a tacere non deve essere una forma d’ipocrisia ma un dare tempo al nostro pensiero, un lasciare che la carità mitighi, stemperi, quella che può essere una reazione troppo istintiva, non sempre giusta e spesso priva di ogni carità.

Alcune battute:

Il guaio peggiore di chi parla troppo è che sovente la lingua perde i contatti con il cervello. (Pino Pellegrino)

Una lingua tagliente è l'unico strumento acuminato che migliora con l'uso costante. (Irving W.)

Che la tua lingua non sopravanzi mai il ragionamento. (Chilone VI secolo A.C.)

Frena la tua lingua perché non esageri. Il fiume che dilaga porta con sé molta melma. (San Ambrogio di Milano)

 

 

DOMENICA 19 FEBBRAIO 7^ DEL TEMPO ORDINARIO B

Una scheggia di preghiera:

 

TU CHE FAI NUOVE TUTTE LE COSE, FA’ CHE OGGI DIVENTIAMO NUOVI CON TE

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: BARBATO, Santo, vescovo,

Vissuto nel VII secolo, Barbato fu il missionario della Longobardia meridionale: cercava di sradicare dai Longobardi le superstizioni. Per intercessione della Vergine Maria, nel 663, scongiurò l'occupazione di Benevento, che era stata cinta d'assedio dall'imperatore Costante II. Fu eletto vescovo della città, fondò il monastero di san Pietro fuori le mura. Al suo zelo apostolico si deve anche l'istituzione del monastero femminile di San Pietro. Nel marzo del 680 partecipò al concilio romano, indetto da sant'Agatone, papa. Morì il 19 febbraio del 682. E’ patrono secondario di Benevento

Parola di Dio: Is 43,18-19.21-22.24b-25; Sal 40; 2Cor 1,18-22; Mc 2,1-12

 

Vangelo Mc 2, 1-12

Dal vangelo secondo Marco

Dopo alcuni giorni, Gesù entrò di nuovo a Cafarnao. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola. Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati". Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: "Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?". Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: "Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino disse al paralitico alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua". Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: "Non abbiamo mai visto nulla di simile!". Parola del Signore

 

 

"ALZATI, PRENDI IL TUO LETTUCCIO E VA’ A CASA TUA". (Mc. 2,11)

Già in altre occasioni mi sono fermato a riflettere con voi sul "lettuccio" di questo paralitico vedendolo prima come luogo di costrizione e di sofferenza, poi come mezzo di locomozione azionato dall’amicizia, poi come ascensore usato dalla fantasia di chi vuole veramente bene oggi lascio la parola al mio amico Bruno che si chiede il perché di questo "lettuccio" dopo la guarigione.

Dopo essere stato guarito, perché quell’uomo doveva portarsi appresso il lettuccio su cui era piombato da tempo?

Perché il poveretto, essendo stato steso a lungo su quel lettuccio, non aveva al momento altri posti su cui dormire?

Perché fosse segno tangibile a testimonianza dell’effettiva guarigione?

Come monito ai presenti perché comprendessero che Gesù ha il potere di rimettere i peccati?

Perché ogni "miracolato" si ricordi "come" ha ripreso a camminare alzandosi da quella barella?

Perché sentendo il peso del giaciglio che ci si trascina con sé, riflettesse sul peccato da cui è liberato, sul rinnovamento spirituale messo in atto da Gesù, sull’impegno a non cadere più in tentazione?

Perché talvolta un gesto eclatante scuote l’incredulità di chi si ostina a negare l’evidenza?

Perché quell’oggetto fastidioso che ricordava la "vecchia vita" fosse immagine della "croce" da abbracciare e portare con sé?

Forse non ci interessa tanto "la risposta", quanto piuttosto l’aver riflettuto insieme su una riga della "Parola".

Dio ci suggerisca che cosa dobbiamo fare del nostro vecchio "fardello" ogni volta che ci fa nuove creature…

 

 

LUNEDI’ 20 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

SPIRITO DI DIO, DONACI LA VERA SAPIENZA

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: ELEUTERIO DI TOURNAI, Santo, Vescovo

Era nato nel 465 a Tournai e probabilmente fu primo il vescovo di questa città sotto il regno di Clodoveo I . Amico di san Medardo, sarebbe stato eletto vescovo nel 496. I tre sermoni a lui attribuiti sono imitazioni letterarie posteriori. Lottò contro eretici e pagani e fu ucciso dagli Ariani nel 531.

Parola di Dio: Gc 3,13-18; Sal 18; Mc 9,14-29

 

1^ Lettura Gc 3, 13-18

Dalla lettera san di Giacomo apostolo

Carissimi, chi è saggio e accorto tra voi? Mostri con la buona condotta le  sue opere ispirate a saggia mitezza. Ma se avete nel vostro cuore  gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non mentite contro  la verità. Non è questa la sapienza che viene dall'alto: è terrena,  carnale, diabolica; poiché dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni. La sapienza che viene  dall'alto invece è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole,  piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza  ipocrisia. Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro  che fanno opera di pace. Parola di Dio

 

 

"LA SAPIENZA CHE VIENE DALL’ALTO E’ IN PRIMO LUGO PURA, POI PACIFICA, INDULGENTE, CONCILIANTE, PIENA DI MISERICORDIA, SENZA PARZIALITA’, SENZA IPOCRISIA". (Gc. 3,17)

Giacomo ci descrive la vera sapienza per vivere nella comunità. Innanzitutto essa viene dall’alto, cioè da Dio e porta ad adempiere la volontà di amore di Dio. Venendo da Dio non cerca l’esaltazione ma si pone al suo servizio per portare frutti buoni. Essa è pura e senza ipocrisia cioè non nasce dall’aspirazione al comandare dal desiderio di apparire e affermarsi nella comunità piuttosto vuole piacere unicamente a Dio senza alcun altro fine egoistico. Perciò è anche capace di irradiare attorno a se lo spirito di Dio, lo spirito di pace, come lo viveva Cristo. E indulgente verso tutti, anche verso gli stolti (il che non significa condividerne la stoltezza); il vero sapiente è conciliante e si adatta ad ogni cosa; è misericordioso, perdona ed ha amore fattivo per chi è nel bisogno. Rinunzia ai propri diritti in favore del bene comune. Si guarda da ogni genere di litigiosità, dal formare gruppuscoli, da atteggiamenti di partigianeria e si adopera coscientemente a promuovere l’unità e la pace nella comunità e nella Chiesa.

Chi si comporta così agisce secondo il modello e il comando di Cristo, il quale, fattosi servo di tutti, divenne la salvezza di tutti. Solo chi ha questa sapienza, produce veramente, come il suo maestro, frutti buoni.

 

 

MARTEDI’ 21 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

RENDI LE MIE MANI, SIGNORE, PRONTE ALLA BATTAGLIA

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: FELICE DI METZ, Santo, Vescovo

Fu il terzo Vescovo di Metz tra il secondo e il terzo decennio del IV secolo e in questo periodo guidò la sua città con pazienza e tenacia.

Parola di Dio: Gc 4,1-10; Sal 54; Mc 9,30-37

 

1^ Lettura Gc 4, 1-10

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Carissimi, da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi?  Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle  vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere e uccidete;  invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non  avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete  male, per spendere per i vostri piaceri. Gente infedele! Non sapete  che amare il mondo è odiare Dio? O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi? Ci da  anzi una grazia  più grande; per questo dice: Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà  da voi. Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Purificate le  vostre mani, o peccatori, e santificate i vostri cuori, o irresoluti.  Gemete sulla vostra miseria, fate lutto e piangete; il vostro riso si  muti in lutto e la vostra allegria in tristezza. Umiliatevi davanti al  Signore ed egli vi esalterà. Parola di Dio

 

 

"RESISTETE AL DIAVOLO, ED EGLI FUGGIRA' DA VOI. AVVICINATEVI A DIO ED EGLI SI AVVICINERA' A VOI". (Gc. 4,7)

Quante volte diciamo a Dio: "Non ci indurre in tentazione"! Ma alla preghiera, affinché Dio ci protegga, ci difenda, aggiungiamo anche la vigilanza e il fuggire le occasioni di male? Certo, il male, il peccato non lo vogliamo, ma quante volte lasciamo la porta socchiusa e poi esso si insinua ed entra in noi. Quante persone che si sentono oppresse, invasate dal male hanno cominciato dicendo: "Che male c’è provare a chiedere ad un mago se può aiutarmi per il mio futuro?". Quanti avari, gretti di cuore hanno cominciato dicendo: "Un po’ di soldi mi possono servire solo per darmi serenità". Quante volte stiamo in guardia dai piccoli giudizi, dalle parole avventate, dalla curiosità? Se chiudi la porta e la spranghi per bene con la fiducia in Dio, con la preghiera, il male si scornerà contro di essa e man mano si allontanerà anche perché non può sopportare la presenza di Dio.

 

 

MERCOLEDI’ 22 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

FA’ DI NOI UNA CHIESA SOLA, O SIGNORE

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: SALVIATI ELISABETTA, Beata

Nata a Firenze da nobile famiglia nel 1460 scelse di essere monaca camadolese e fu badessa del monastero di San Giovanni Battista di Boldrone. Morì in fama di santità nel 1520.

Parola di Dio nella festa della Cattedra di Pietro: 1Pt 5,1-4; Sal 22; Mt 16,13-19

 

Vangelo Mt 16, 13-19

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: "La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". Risposero: "Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". Disse loro: "Voi chi dite che io sia?". Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". Parola del Signore

 

 

"TUTTO CIÒ CHE LEGHERAI SULLA TERRA SARÀ LEGATO NEI CIELI, E TUTTO CIÒ CHE SCIOGLIERAI SULLA TERRA SARÀ SCIOLTO NEI CIELI". (Mt. 16,19)

Una riflessione di don Paolo Curtaz:

In tutta la Chiesa cattolica, oggi, siamo chiamati a fissare lo sguardo su Pietro e il suo ministero; è un forte richiamo alla sua figura e al suo ruolo all'interno della comunità cristiana. Pietro e la sua cattedra, cioè il suo insegnamento, la sua funzione, il suo ministero. Il vangelo, letto qualche giorno fa', ci introduce a questa delicata e ricca questione: cosa rappresenta Pietro all'interno della comunità cristiana? Il suo compito è chiaro, nel progetto del Maestro: diventare tutore, garante, essere punto di riferimento per i fratelli. Chi vi garantisce, amici, che il mio modo di leggervi la Parola sia autentico? Chi vi garantisce che il mio modo di interpretarla sia secondo ciò che gli apostoli hanno vissuto? Chi vi dice che io non sia l'ennesimo guru mediatico che abilmente vi infatua propinandovi un Dio fatto a mia immagine e somiglianza? Sempre, nella storia, sono apparsi uomini di Dio che hanno accusato la Chiesa di interpretare arbitrariamente la parola del Signore e che si sono inventati un modo diverso di essere fedeli a Dio. Ebbene il compito di Pietro è stato proprio quello di conservare la fede, di custodirla, di preservarla da interpretazioni soggettive. Io ho la certezza che ciò che vi dico a proposito di Gesù, che ciò in cui credo, è esattamente ciò che da duemila anni la Chiesa sperimenta e annuncia nella fatica del suo limite. Pietro diventa allora scoglio a cui aggrapparsi in questo tempo di immense incertezze, riferimento umile e saldo del Vangelo vissuto e custodito in questa lunga storia di gioie e di persecuzioni. Questo oggi celebriamo: l'unità della fede custodita creativamente da Pietro, per lui oggi preghiamo e lui affidiamo al suo e nostro Maestro, che lo assista nel difficile compito di tenere sempre orientata la barca della fede verso la luce.

Pietro diventa segno visibile di unità per i tuoi discepoli, Signore. Sostieni lui e noi nella splendida avventura della fede.

 

 

GIOVEDI’ 23 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI SEMPLICITA’ E PUREZZA, SIGNORE

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: DOSITEO, Santo, Monaco

Visse nel IV secolo Si convertì alla vista di un dipinto rappresentante l'inferno, entrò nel monastero di Gaza, dove morì.

Parola di Dio: Gc 5,1-6; Sal 48; Mc 9,41-50

 

1^ Lettura Gc 5, 1-6

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi  sovrastano! Le vostre ricchezze sono imputridite, le vostre  vesti sono state divorate dalle tarme; il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si leverà a  testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco.  Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario da voi  defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le  proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli  eserciti. Avete gozzovigliato sulla terra e vi siete saziati di piaceri, vi  siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso  il giusto ed egli non può opporre resistenza. Parola di Dio

 

 

"LE VOSTRE RICCHEZZE SI SONO PUTREFATTE ED I VOSTRI VESTITI SONO CORROSI DALLE TARME". (Gc. 5,2-4)

Si può pregare davanti a un biglietto di banca? Ecco una datata ma sempre bella preghiera-riflessione di Michael Quoist:

Signore, ecco questo biglietto di banca, mi fa paura. Tu conosci il suo segreto, Tu conosci la sua storia.

Quant’è pesante!

Mi impressiona perché non parla, non dirà mai tutto quel che si nasconde nelle sue pieghe, non rivelerà mai tutti gli sforzi e le lotte che rappresenta. Porta su dì sé il sudore umano, è sporco di sangue, di delusione, di dignità infangata. E’ ricco di tutto il peso di lavoro umano che contiene e che forma il suo valore, è pesante, pesante, Signore.

Mi impressiona, mi fa paura, perché ha dei morti sulla coscienza, tutti i poveracci che si sono uccisi sul lavoro, per lui... Per averlo, per possederlo qualche ora, per ottenere da lui un po’ di piacere, di gioia, di vita... In quante mani è passato, Signore?

E che ha fatto in questi lunghi viaggi silenziosi?

Ha offerto delle rose bianche alla fidanzata raggiante, ha messo il pane sulla tavola del focolare, ha permesso le risate dei giovani e la gioia degli anziani, ha pagato il consulto del medico salvatore, ha dato il libro che istruisce il bimbo.

Ma ha pagato l’assassinio del bimbo, nel seno della madre, ha sedotto l’adolescente e fatto dell’adulto un ladro.

Ha comprato per qualche ora il corpo di una donna, ha pagato l’arma del delitto e gli assi d’una bara.

O Signore, Ti offro questo biglietto da cento euro, nei suoi misteri gaudiosi, nei suoi misteri dolorosi. Ti ringrazio per tutta la vita e la gioia che ha donato, Ti chiedo perdono per il male che ha fatto. Ma soprattutto, o Signore, Te lo offro per tutto il lavoro d’uomo, per tutta la pena d’uomo di cui è simbolo e che, domani finalmente, moneta incorruttibile, sarà mutata nella Tua vita eterna.

 

 

VENERDI’ 24 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, FA’ DI NOI UN’UNICA FAMIGLIA DI FIGLI TUOI

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: PRETESTATO, Santo, Vescovo

Vescovo di Rouen, accusato di tradimento dal re Chilperico, fu tradotto davanti a un concilio riunito a Parigi (577) ed esiliato nell'isola di Jersey. Richiamato alla sua sede dopo la morte di Chilperico (584), venne pugnalato (586) nella sua stessa cattedrale da sicari della regina Fredegonda, vedova di Chilperico, sua acerrima nemica

Parola di Dio: Gc 5,9-12; Sal 102; Mc 10,1-12

 

1^ Lettura Gc 5, 9-12

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli  altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Prendete, o fratelli, a modello di sopportazione e di pazienza i profeti che  parlano nel nome del Signore. Ecco, noi chiamiamo beati quelli che  hanno sopportato con pazienza. Avete udito parlare della pazienza di  Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il  Signore è ricco di misericordia e di compassione. Soprattutto, fratelli miei, non giurate, né per il cielo, né per la  terra, né per qualsiasi altra cosa; ma il vostro "sì" sia sì, e il vostro "no" no, per non incorrere nella condanna. Parola di Dio

 

 

"NON LAMENTATEVI FRATELLI GLI UNI DEGLI ALTRI PER NON ESSERE GIUDICATI". (Gc. 5,9)

Mi è sempre piaciuto San Giacomo per il suo realismo: non esalta come certuni dei nostri giorni la vita comunitaria mettendone in evidenza solo i lati positivi rischiando la falsità, sa benissimo che vivere insieme, anche se tra cristiani, non è semplice. Diceva già un padre della Chiesa che la vita comune è la massima penitenza che si possa incontrare e se questo qualche volta si dice della vita della coppia che pur si è scelta ed ha usufruito di quel grande motore che è l’innamoramento pensate quanto più difficile deve essere vivere insieme tra persone che non hanno questa conoscenza e questo grande sprone per adattarsi alle differenze con gli altri.

Però, sempre con lo stesso realismo Giacomo ci invita a non lamentarci degli altri. Faccio qualche esempio: se io partecipo alla vita di qualche gruppo cristiano e di una parrocchia, a parte l’entusiasmo per la fede che dovrebbe essere il motore del mio essere e del mio agire è facilissimo vedere quello che non funziona, e quello che non va normalmente è sempre colpa di qualcuno, magari proprio di quel qualcuno che non sopporto, che mi è contrario o anche solo antipatico, ecco allora che cominciamo a lamentarci con quelli che pensiamo essere dalla nostra parte e poco per volta il malumore si allarga e vengono a crearsi fazioni opposte e il gruppo o la parrocchia viene diviso: abbiamo fatto l’opera del diavolo che il divisore. Non lamentarci del prossimo significa dunque prima di tutto servire l’unità, significa saperci rivolgere direttamente e con coraggio alla persona interessata e non spargere malignità, significa usare quella misericordia che invochiamo a nostra volta da Dio nei confronti del peccato e del male che è in noi stessi. Se agiamo cos’ allora la carità che cerca l’unità non diventa falsità ma motivo di cammino e di crescita, magari faticosa, della comunità o del gruppo.

 

 

SABATO 25 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, RENDIMI CAPACE DI PREGHIERA

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: MARIA ADEODATA PISANI, Beata

Il suo nome di battesimo era Maria Teresa ed era nata a Napoli dal Barone Pisani, maltese di origine, il 25 dicembre 1806. A 19 anni lasciò Napoli per andare a vivere a Malta. A 22 anni entrò nel monastero benedettino di San Pietro. Molto umile e gioiosa adempi con perfezione a tutti gli incarichi che le furono affidati. Nel 1851 fu anche badessa. Morì il 25 febbraio 1855.

Parola di Dio: Gc 5,13-20; Sal 140; Mc 10,13-16

 

1^ Lettura Gc 5, 13-20

Dalla lettera di san Giacomo apostolo.  

Carissimi, chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia salmeggi. Chi è  malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo  averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con  fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati,  gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli  altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la  preghiera del giusto fatta con insistenza. Elia era un uomo della  nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non  piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il  cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto. Fratelli miei,  se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce,  costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore,  salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati. Parola di Dio

 

 

"PREGATE GLI UNI PER GLI ALTRI".(Gc. 5,16)

E’ bello pregare "per" gli altri. E’ la preghiera di intercessione che ci accomuna, ma è anche bello pregare "con" gli altri perché non basta pregare per i peccatori se poi manteniamo le distanze. Qualcuno scandalizzato mi diceva: "Abbiamo chiesto di fare gruppi di preghiera e il prete ci ha detto: venite a pregare alla Messa della domenica con tutta la gente!".

Non è ritirandoci nel gruppetto, facendo preghiere "soddisfacenti", perfette nella forma, cauterizzanti dalla vita, non è "facendo salotto" con Dio che si entra nel vero senso della preghiera. Sapete quando sono sicuro dell’efficacia della preghiera? Quando la domenica, pregando, guardo in faccia quei pochi bambini un po’ scavezzacollo ma presenti, quando vedo quella vecchietta che so che prega in dialetto perché sa solo quello, quando so che con me prega "in silenzio" la madre di quel ragazzo drogato, quando magari stonando e non andando a tempo, cantiamo tutti quella vecchia lode, quando metto l’Ostia nelle mani sciupate di quella donna che stenta a tirare avanti con la sua famiglia, quando vedo quel barbone che nel suo giro per raccattare "le milla"(oggi gli "euri") si ferma un momento a pregare con noi, quando....

 

 

DOMENICA 26 FEBBRAIO 8^ DEL TEMPO ORDINARIO

Una scheggia di preghiera:

 

CHE IO SCOPRA IL TUO VERO VOLTO, O SIGNORE

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: PAOLA MONTAL FORNES DI SAN GIUSEPPE CALASANZIO, Santa, fondatrice.

Nacque ad Arenis de Mar (Barcellona) l’11 ottobre 1799 in una famiglia cristiana. A 10 anni dovette cominciare a lavorare e intuì quanto fosse difficile per le donne avere accesso alla cultura. Nel 1829 si spostò a Figueras (Gerona) per aprire una scuola femminile. Nel 1837, seguendo il carisma di San Giuseppe Calasanzio, aprì una nuova scuola a Sabadell (Barcellona) Seguiranno altre scuole ed altre opere. Gli ultimi 30 anni di vita li passò a Olesa de Montserrat. Morì il 26 Febbraio 1889.

Parola di Dio: Os 2,16.17b.21-22; Sal 102; 2Cor3,1b-6; Mc 2,18-22

 

Vangelo Mc 2, 18-22

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: "Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?". Gesù disse loro: "Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno. Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi". Parola del Signore

 

 

"PERCHE’ I DISCEPOLI DI GIOVANNI DIGIUNANO MENTRE I TUOI DISCEPOLI NON DIGIUNANO?" (Mc. 2,18)

Anche in questa domenica ci facciamo aiutare da un suggerimento del mio amico Bruno:

Mi chiedo come avrebbe dovuto presentarsi Gesù per corrispondere alle aspettative di certe persone (principalmente coloro che prima lo osteggiarono e poi ne decretarono la morte).

Se Gesù frequentava le case di alcuni peccatori e si fermava a cenare con loro era un "mangione e beone", e allora che figura ci faceva un Messia con le briciole di cibo ancora attaccate alla barba?…

Se Gesù risparmiava a se stesso e ai discepoli i "digiuni supplementari" (soprattutto se ingiustificati), ecco che veniva visto con grande sospetto perché attentava alla tradizione religiosa nella quale norme, divieti e permessi regolavano come un orologio svizzero la vita e facevano sentire salutarmente a posto la coscienza.

Se Gesù si proponeva come portatore di una gioia nuova, autentica, "di sostanza", allora si profilava subito una minaccia (già perché scribi, farisei, mestieranti del tempio, "affaristi religiosi", eccetera… come sarebbero riusciti ancora a "spacciare" la loro gioia – tra l’altro a pagamento?).

Se Gesù si mostrava con la Sua Persona, come avrebbero potuto ancora tenere nella "gloria ineffabile e inaccessibile" la divinità dell’Altissimo?

Se, poi, Gesù si isolava a pregare, compiva un esorcismo o faceva un ritiro nel deserto, si pensava che stesse diventando pericoloso…

Per grazia Sua, Egli si è presentato con il "Suo vero volto" e non con quello che noi Gli avremmo costruito per corrispondere alle nostre "legittime attese".

Scopriamo un nuovo motivo di gratitudine, di riconoscenza, di scampato pericolo da aggiungere ai tanti altri!

 

 

LUNEDI’ 27 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, DA CHI ANDREMO? TU SOLO HAI PAROLA DI VITA ETERNA!

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: EMANUELE DI CREMONA, Beato, Vescovo

Fu maestro e arcidiacono di Cremona e successivamente vescovo della città dal 1290 al 1295. Cacciato per discordie intestine, si sarebbe rifugiato nell'Abbazia cistercense di S. Bernardo di Adewerth, in Frisia, ove sarebbe morto nel 1298.

Parola di Dio: 1Pt 1,3-9; Sal 110; Mc 10,17-27

 

Vangelo Mc 10, 17-27

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?". Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre". Egli allora gli disse: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza". Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: "Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi". Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!". I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: "Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio! E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio". Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: "E chi mai si può salvare?". Ma Gesù, guardandoli, disse: "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio". Parola del Signore

 

 

"UNA COSA SOLA TI MANCA: VA’ VENDI QUELLO CHE HAI E DALLO AI POVERI E AVRAI UN TESORO IN CIELO; POI VIENI E SEGUIMI". (Mc. 10,21)

Gesù sembra essere perfin troppo esigente con quest’uomo che ha dimostrato di fidarsi di Lui, di essere un buon osservante della legge: perché chiedergli di dare via tutto per seguirlo? Non è certamente per il solo disprezzo dei beni terreni, ma è perché solo se si mette Gesù al centro della propria vita, solo se si perdono le proprie sicurezze materiali ci si può fidare totalmente di lui. Questo racconto che forse vede la situazione più dalla parte del servo può essere ancor più illuminante per noi:

Si racconta di un famoso Principe arabo che, stanco di governare nel suo paese a causa di discordie e dissapori politici, un giorno rivolgendosi ai suoi fedelissimi disse che sarebbe partito per un lungo viaggio. Chi voleva poteva seguirlo. Il viaggio si presentava lungo e pieno di pericoli a causa del deserto immenso che dovevano attraversare. Lungo il viaggio il Principe vedendo che già qualcuno incominciava a scoraggiarsi, dall’alto del suo cammello lanciò dei sacchetti pieni di pietre preziose. Grande fu l’entusiasmo di alcuni sudditi che raccolsero le perle e.. se ne tornarono alle loro case. Il viaggio continuava tra la sete, il caldo e un gran senso di scoraggiamento per il futuro incerto e poco rasserenante. Al che il saggio Principe pensò di lanciare altri sacchetti pieni di perle. A quel punto quasi tutti raccolsero quei sacchetti preziosi e soddisfatti se ne tornarono alle loro precedenti occupazioni ma senza una guida o un ideale di vita. Uno solo incurante dei pericoli guardava il cammello del Principe quasi a volergli dire: "Principe, io sono con te". Il Principe arabo ordinò di fermarsi alla ormai vicina oasi, si avvicinò al suo servo e disse:"Ma tu cosa vuoi da me? perché non raccogli anche tu queste ultime perle preziose e te ne vai per la tua strada?" Al che il fedele suddito rispose: "Signore, io non cerco le tue ricchezze, i tuoi onori, i tuoi piaceri... io voglio stare con te. Voglio vivere con te perché con te c’è la vita". Al ritorno nel suo regno, il ricco Principe chiamò il suo servo fedele e lo mise a capo delle sue milizie e in tal modo la pace e la concordia tornò a regnare in quel paese. Fu la ricompensa più bella e più grande per quel servo rimasto fedele sino alla fine. (da "Racconti del deserto" - EDI- Napoli)

 

 

MARTEDI’ 28 FEBBRAIO

Una scheggia di preghiera:

 

TU SEI LA MIA VITA, ALTRO IO NON HO

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: ANTONIA DI FIRENZE, Beata

Nata a Firenze, giovanissima si sposò ed ebbe un figlio. Rimasta vedova, entrò nel monastero delle terziarie di s. Francesco, Fu badessa a Foligno (1430-33) e poi a L'Aquila dove, nel 1447, fondò il monastero del Corpus Domini sotto la regola prima di s. Chiara. Allora, come era avvenuto ad Assisi ai tempi di s. Chiara, molte fanciulle aquilane, per seguire Antonia che ne rispecchiava le virtù, abbandonarono il mondo. La beata morì il 28 gennaio 1472.

Parola di Dio: 1Pt 1,10-16; Sal 97; Mc 10,28-31

 

Vangelo Mc 10, 28-31

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Pietro disse a Gesù: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito". Gesù gli rispose: "In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva gia al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna. E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi". Parola del Signore

 

 

"NON C’E’ NESSUNO CHE ABBIA LASCIATO CASA O FRATELLI O SORELLE O MADRE O PADRE O FIGLI O CAMPI A CAUSA MIA E DEL VANGELO CHE NON RICEVA GIA’ AL PRESENTE CENTO VOLTE TANTO IN CASA E FRATELLI E SORELLE E MADRI E FIGLI E CAMPI INSIME A PERSECUZIONI E NEL FUTURO LA VITA ETERNA". (Mc. 10,29-30)

Già ieri dicevamo che non si sceglie la povertà per se stessa, non si lasciano le persone più care per il gusto di lasciarle: ciò sarebbe irragionevole, sarebbe un vero male.

Se si sceglie di lasciare tutto e tutti è per qualcosa di più grande e soprattutto per Qualcuno più grande: per seguire Gesù e dedicare ideali, mente e cuore all'annuncio del vangelo. Sono queste le finalità che danno un senso alla povertà e al distacco.

Nella povertà Gesù propone all'uomo la rinuncia al Dio di questo mondo.

In origine con l'espressione "il centuplo", forse, s’intendeva la vita eterna, ma la comunità cristiana scorgeva questo centuplo già nel fatto che i discepoli di Cristo, rinunciando alla casa, alla famiglia e alle proprietà, ritrovavano una nuova famiglia e una casa nella comunità.

Sebbene i credenti possano trovare una certa compensazione nei numerosi "fratelli, sorelle, madri e figli", come pure nell'assistenza materiale che ricevono in seno alla comunità, devono tuttavia sapere che quaggiù siamo ancora nel tempo delle persecuzioni, delle tribolazioni, della croce. Anche il fare della comunità la propria casa può nascondere delle insidie. Chi cerca nella comunione con i fratelli e le sorelle di fede una reale compensazione in cambio di ciò che ha lasciato, non ha ancora compreso la chiamata a seguire Gesù fino alla croce. Gesù si separò perfino dai discepoli più cari, morendo solo e abbandonato, per la salvezza di tutti.

La comunità non è in primo luogo un rifugio per le persone sole, ma uno spazio dove si raccolgono coloro che rinunciano ai propri desideri per amore di Gesù e si mettono al servizio degli altri uomini. Essa non costituisce un cantuccio tranquillo e appartato dal mondo, ma un punto di partenza per andare verso il mondo. Le persecuzioni sono i test di fedeltà a Cristo e al vangelo. Il giorno in cui la comunità cristiana non fosse più perseguitata si potrebbero fare solo due ipotesi: o tutti sono diventati definitivamente cristiani, compreso il diavolo, o i cristiani non sono più tali.

     
     
 

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