A LUI
SARETE
LUMINOSI
Perché una Scintilla riscaldi le nostre
famiglie
Davanti al presepio...
Pierino è un sognatore... sta andando insieme ai pastori e ai Re Magi verso la stalla quando si trova improvvisamente davanti a Gesù Bambino che giace nella mangiatoia. Pierino si accorge di essere a mani vuote. Tutti hanno portato qualcosa: solo lui è senza doni.
Avvilito dice subito: "Prometto di darti la cosa più bella che ho. Ti regalo la mia nuova bicicletta, anzi il mio trenino elettrico". Il bambino nel presepe scuote la testa e sorridendo dice: "Io non voglio il tuo trenino elettrico. Dammi il tuo tema in classe!".
"Il mio ultimo tema? - balbetta il ragazzino - ma ho preso un insufficiente!" "Appunto, proprio per questo lo vorrei - dice Gesù - devi darmi sempre tutto quello che è insufficiente, imperfetto. Per questo sono venuto nel mondo. Ma vorrei un'altra cosa ancora da te: la tua tazza del latte".
A questo punto Pierino si rattrista: "La mia tazza? Ma è rotta!" "Proprio per questo la vorrei avere - dice Gesù Bambino - tu mi puoi portare tutto quello che si rompe nella tua vita. Io sono capace di risanarlo"
Il ragazzino sentì di nuovo la voce del Bambino Gesù: "Vorrei una terza cosa da te: vorrei la risposta che hai dato a tua mamma quando ti ha chiesto come mai si è rotta la tazza del latte". Allora Pierino inizia a piangere e confessa tra le lacrime: "Ma le ho detto una bugia, quella volta. Ho detto alla mamma che la tazza era caduta per caso, ma in realtà l'ho gettata a terra io, per rabbia".
"Per questo vorrei avere quella tua risposta - risponde sicuro Gesù Bambino - portami sempre tutto quello che nella tua vita è cattivo, bugiardo, dispettoso e malvagio. Sono venuto nel mondo per perdonarti, per prenderti la mano e insegnarti la via"
Gesù sorride di nuovo a Pierino, mentre lui guarda, comprende e... si meraviglia...
Ai tempi di re Erode, la notte in cui nacque Gesù, gli angeli portarono la buona notizia ai pastori.
C’era un pastore poverissimo, tanto povero che non aveva nulla.
Quando i suoi amici decisero di andare alla grotta portando qualche dono, invitarono anche lui.
Ma lui disse:"Io non posso venire: sono a mani vuote, che posso dare?"
Ma gli altri tanto dissero e fecero, che lo convinsero.
Così arrivarono dove era il bambino, con sua madre e Giuseppe.
Maria aveva tra le braccia il bambino e sorrideva
vedendo la generosità di chi offriva cacio, lana o qualche frutto.
Scorse il pastore che non aveva nulla e gli fece cenno di avvicinarsi.
Lui si fece avanti imbarazzato.
Maria, per avere libere le mani e ricevere i doni dei pastori,
depose dolcemente il bambino tra le braccia del pastore che era a mani vuote.
Il Signore che nasce possa colmare tutta la nostra vita
per farci portatori di un Dono sempre nuovo,
il più bello di tutti.
Il Lupo di Betlemme
San Giovanni nel primo capitolo del suo Vangelo scrive che Gesù è la Parola di Dio
che si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi.
A tutti quelli che l'hanno accolto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio.
C’era una volta un lupo che viveva nei dintorni di Betlemme. I pastori lo temevano tantissimo e vegliavano l'intera notte per salvare le loro greggi. C'era sempre qualcuno di sentinella, così il lupo era ogni volta più affamato, scaltro e arrabbiato. Una strana notte, piena di suoni e luci, mise in subbuglio i campi dei pastori. L'eco di un meraviglioso canto di angeli era appena svanito nell'aria. Era nato un bambino, un piccino, roba da niente. Il lupo si meravigliò che quei rozzi pastori fossero corsi tutti a vedere un bambino. «Quante smancerie per un cucciolo d'uomo» pensò il lupo. Ma incuriosito e soprattutto affamato com'era, li seguì nell'ombra a passi felpati. Quando li vide entrare in una stalla si fermò nell'ombra e attese. I pastori portarono dei doni, salutarono l'uomo e la donna, si inchinarono deferenti verso il bambino e poi se ne andarono. L'uomo e la donna stanchi per le fatiche e le incredibili sorprese della giornata si addormentarono. Furtivo come sempre, il lupo scivolò nella stalla. Nessuno avvertì la sua presenza. Solo il bambino. Spalancò gli occhioni e guardò l'affilato muso che, passo dopo passo, guardingo ma inesorabile si avvicinava sempre più. Il lupo aveva le fauci socchiuse e la lingua fiammeggiante. Gli occhi erano due fessure crudeli. Il bambino però non sembrava spaventato. «Un vero bocconcino» pensò il lupo. Il suo fiato caldo sfiorò il bambino. Contrasse i muscoli e si preparò ad azzannare la tenera preda. In quel momento una mano del bambino, come un piccolo fiore delicato, sfiorò il suo muso in una affettuosa carezza. Per la prima volta nella vita qualcuno accarezzò il suo ispido e arruffato pelo, e con una voce, che il lupo non aveva mai udito, il bambino disse: «Ti voglio bene, lupo». Allora accadde qualcosa di incredibile, nella buia stalla di Betlemme. La pelle del lupo si lacerò e cadde a terra come un vestito vecchio. Sotto, apparve un uomo. Un uomo vero, in carne ed ossa. L'uomo cadde in ginocchio e baciò le mani del bambino e silenziosamente lo pregò. Poi l'uomo che era stato un lupo uscì dalla stalla a testa alta, e andò per il mondo ad annunciare a tutti: «E' nato il bambino divino che può donarvi la vera libertà! Il Messia è arrivato! Egli vi cambierà!»
Se mio padre ha sempre il muso, è perché io non so sorridere.
Se mia madre urla sempre, è perché io non so sussurrare.
Se i miei amici sono sempre annoiati, è perché io non so divertirmi.
Se la parrocchia è sempre così spenta, è perché io non riesco più a donarmi.
Se la gente è cattiva,è perché io non sono buono.
Se quest'anno tornerai Signore, è perché io ricominci a cambiare.
Quando nacque Gesù, una grande stella brillò nel cielo. I Magi, abituati a guardare in alto, furono i primi ad accorgersene. Allora capirono: “Ecco la stella che annuncia che è nato Gesù!”. E si misero subito in cammino per andare a trovare il Bambino. Erano in quattro: il primo si chiamava Gaspare, il secondo Melchiorre, il terzo Baldassare, il quarto Arcobal. Arcobal (si chiamava così perché molto esperto nello studio degli arcobaleni) era il più giovane di tutti, per questo camminava più veloce degli altri. Una volta, stanco di aspettare che i tre lo raggiungessero, si allontanò dalla strada ed andò per un sentiero. Ad un tratto incontrò un uomo ferito e si fermò a soccorrerlo. Quando ritornò, gli altri tre Magi erano già passati! Arcobal restò solo senza conoscere la strada per Betlemme! Dove andare? Si mise a girare di qua e di là. Più girava, più si allontanava dalla strada giusta. Intanto, però, incontrava sempre qualcuno da aiutare e confortare: o un bambino che gli chiedeva qualcosa; o un contadino che stentava a trascinare il carro da solo. Una volta incontrò una madre alla quale era morto da poco il figlio... Arcobal consumò tutte le sue ricchezze per aiutare la povera gente in cui si imbatteva. Finalmente, solo 33 anni dopo, giunse sul monte Calvario e capì che il Salvatore che cercava stava morendo in croce! Arcobal non arrivò in tempo a Natale, ma ebbe la fortuna di essere il primo a partecipare alla Pasqua. Il suo buon cuore lo aveva fatto ritardare, ma ora gli regalava la strepitosa notizia: il Bambino di Betlemme scompariva per tre giorni, per poi risorgere per sempre!
Gesù, da ricco che era, si fece povero
(di L. Tolstoi)
Un ricco proprietario terriero nelle steppe della Russia sconfinata, chiamò un giorno il più povero e fedele dei suoi fattori e gli disse: "Voglio premiare la tua lunga fedeltà. Avrai terra per te quanta ti basta! Tutto il terreno che riuscirai a calpestare domani, camminando dall' alba al tramonto, sarà tuo!" Il povero uomo credeva di sognare. Quella notte non dormì per l'ansia dell'interminabile attesa. Al primo chiarore dell'alba si pose in cammino, per non perdere un solo minuto di un giorno così prezioso. Quanti chilometri avrebbe percorso prima di sera? Correva, correva, e il sole saliva. Ansava, camminando, ed era mezzogiorno. Si trascinava a stento all'imbrunire. Avanti, avanti! Fermarsi è perder terreno! Tra poco finalmente avrebbe dormito sulla terra di sua proprietà. Era sera, quando si fermò e disse: "Ecco la terra che basta per me, per la mia famiglia, per il mio avvenire!" Ma proprio allora i suoi piedi non lo sostennero più, gli occhi non videro più. Il cuore gli era scoppiato. Il giorno dopo, il povero uomo fu sepolto in quattro zolle di terra. Ecco la terra che basta ad un uomo!
I problemi non finiscono mai
Il denaro non basta mai, ma quanto ne sprechiamo!
Il tempo non basta mai, ma quanto ci annoiamo!
La salute non basta mai, ma quanto ne abusiamo!
Gli amori non bastano mai, ma cosa ne sappiamo?
I problemi non finiscono mai, ma quanti ce ne inventiamo!
Perché non impariamo a disfarci di tutto quanto:
è nella donazione ogni nostra vera ricchezza.
Natale è...dono
Non molto tempo fa ho avuto un incontro indimenticabile. Erano le dieci di sera: avevamo appena terminato la preghiera serale e la piazza del Santuario di Loreto si animava di voci, di saluti, di sorrisi e di "buona notte". Mi accosto ad una culletta sostenuta dalle braccia robuste di un barelliere, ma non vedo un bambino bensì una donna adulta: un piccolissimo corpo (58 centimetri!) con un volto splendidamente sorridente. Tendo la mano per salutare, ma l'ammalata con gentilezza mi risponde: "Padre, non posso darle la mano, perché potrebbe fratturarmi le dita: io soffro di osteogenesi imperfetta e le mie ossa sono fragilissime. Voglia scusarmi". Non c'era nulla da scusare, evidentemente. Rimasi affascinato dalla serenità e dalla dolcezza dell'ammalata e volevo sapere qualcosa di più della sua vita. Mi prevenne e mi disse: "Padre, sotto il cuscino della mia culletta c'è un piccolo diario. È la mia storia! Se ha tempo, può leggerla". Presi i fogli e lessi il titolo: Felice di vivere! I miei occhi tornarono a guardare quel mistero di gioia crocifissa e domandai: "Perché sei felice di vivere? Puoi anticiparmi qualcosa di quello che hai scritto". Ecco la risposta che consegno alla meditazione di tutti in occasione del Santo Natale, che è la festa degli umili e dei piccoli, che hanno facile accesso alla grotta santa di Betlemme. L'ammalata mi disse: "Padre, lei vede le mie condizioni... ma la cosa più triste è la mia storia! Potrei intitolarla così: abbandono! Eppure sono felice, perché ho capito qual è la mia vocazione. Sì, è la mia vocazione! Io per un disegno d'amore del Signore, esisto per gridare a coloro che hanno la salute: 'Non avete il diritto di tenerla per voi, la dovete donare a chi non ce l'ha, altrimenti la salute marcirà nell'egoismo e non vi darà la felicità. Io esisto per gridare a coloro che si annoiano: 'Le ore in cui voi vi annoiate... mancano a qualcuno che ha bisogno di affetto, di cure, di premure, di compagnia; se non regalerete quelle ore, esse marciranno e non vi daranno la felicità. Io esisto per gridare a coloro che vivono di notte e corrono da una discoteca all'altra: 'Quelle notti, sappiatelo! mancano a tanti ammalati, a tanti anziani, a tante persone sole che aspettano una mano che asciughi una lacrima: quelle lacrime mancano anche a voi, perché esse sono il seme della gioia vera! Se non cambierete vita, non sarete mai felici!' ". Io guardavo l'ammalata, che parlava dal suo pulpito autorevole: il pulpito del dolore! Non osavo commentare, perché tutto era stupendamente e drammaticamente vero. L'ammalata aggiunse: "Padre, non è bella la mia vocazione?". Risposi abbassando la testa: ero d'accordo! Nascendo nella povertà di Betlemme, Gesù ci ha ricordato lo stesso messaggio: ci ha detto che il percorso della gioia non è quello della corsa ad avere, avere sempre di più. No, la gioia si trova percorrendo un altro itinerario: l'itinerario del dono di sé, l'itinerario che va dall'egoismo al servizio umile e generoso presso le tante grotte di Betlemme, che sono disseminate dovunque: anche accanto a noi! Non ci manca, infatti, qualcosa per essere felici: abbiamo, invece, qualcosa in più che ci pesa, perché non l'abbiamo donata a Gesù, presente nella povera Betlemme, che è nel pianerottolo della nostra stessa casa. Buon Natale con l'augurio che non ti aspetti un dono, ma che lo faccia tu per diventare felice. Buon Natale!
+ Angelo Comastri, vescovo
Lettera a
Gesù Bambino
Caro Bambino Gesù,
ora che di nuovo nasci bambino sulla terra, ti voglio
avvisare:
non nascere nella cristiana Europa: potresti finire
solo solo davanti alla Tv, a mangiare pop corn e
merendine e saresti educato ad essere competitivo, un
uomo di potere e di successo;
tu che sei l'Agnello mite del servizio, non nascere
nel cristiano Nord America: si sta così bene che ti
verrebbe spontaneo credere di essere superiore agli
altri bambini, e poi impareresti che il tempo è
denaro, che tutto può essere ridotto a business, anche
la natura, che ogni uomo “ha un prezzo” e che tutti
possono essere comprati e corrotti;
tu che sei il Principe della Pace, evita l’Africa: ti
capiterebbe di nascere con l'aids e di morire di
diarrea, ancora neonato, oppure di finire profugo in
un Paese non tuo, per scappare a delle nuove stragi
degli innocenti;
tu che sei il Signore della Vita, evita l’America
Latina: finiresti bambino di strada oppure potresti
essere sfruttato per tagliar canna da zucchero o
raccogliere caffè e cacao, senza mai poter mangiare
una sola tavoletta di cioccolato;
tu che sei il Signore del creato, evita anche l’Asia:
potresti essere messo a lavorare per quattordici ore
al giorno, a confezionare tappeti o scarpe, palloni e
giocattoli, e tu andresti scalzo e giocheresti a
calcio con palloni di carta o pezza;
tu che sei il Re delle genti... soprattutto non
nascere ... di nuovo in Palestina: là non si capiscono
più: dovresti prendere un fucile, oppure una pietra in
mano e saresti anche tu portato ad odiare i tuoi
fratelli ... di stesso Padre: gli ebrei, i musulmani e
i cristiani, tu che sei stato inviato dal Padre per
darci il suo Amore Misericordioso.
Caro Bambino, a pensarci bene, devi proprio rinascere
in tutti questi posti, ma non nei cuori dei bambini,
dei piccoli e deboli, là ci sei già, ma nel cuore dei
grandi, dei grandi e dei potenti, perché come hai
fatto tu stesso, rinascano anch’essi: piccoli,
innocenti e finalmente ... deboli e ...bisognosi di te.
NATALE:
UNA FESTA DI FAMIGLIA
Beatitudini della donna
BEATE coloro che, esprimendo la propria sensibilità, recuperano il volto materno di Dio.
BEATE coloro che, non smettendo di lottare, manifestano la misericordia di Dio Padre e Madre.
BEATE coloro che, con la loro resistenza e costanza glorificano Dio trasformando la società.
BEATE coloro che, sempre fedeli allo Spirito, recuperano per il nostro tempo la VITA nella Chiesa dei poveri.
BEATE le donne forti e generose che, nella ricerca congiunta e solidale con gli uomini, testimoniano che è possibile l'uguaglianza nella differenza.
BEATE le donne affettuose e intraprendenti, che proclamano e costruiscono un mondo più umano.
BEATE le donne tenere e diligenti, che con i loro sforzi e il loro impegno, realizzano i cambiamenti sognati.
GIOITE quando, nella preghiera e nella contemplazione, sapete scoprire la storia di Dio e interpretarla nella quotidianità e nell'attualità.
GIOITE quando, anticipando l'utopia della liberazione, coltivate, raccogliete e distribuite il pane della fratellanza e della solidarietà.
GIOITE quando, con il vostro carisma di madri, educatrici, amiche e mogli, difendete la vita e seminate la pace.
(Gruppo di Donne Colombiane 1998)
A CHI TOCCA?
Questa è la storia di quattro fratelli di nome: Ognuno, Qualcuno, Chiunque e Nessuno. C'era da fare un lavoro importante e a Ognuno fu chiesto di farlo. Chiunque era sicuro che Qualcuno l'avrebbe fatto, ma Nessuno lo fece. Qualcuno si arrabbiò a causa di ciò perché era un lavoro di Ognuno. Ma Ognuno aveva pensato che Chiunque avrebbe potuto farlo; Nessuno si rese conto che Ognuno non l'avrebbe fatto. Andò a finire che Ognuno biasimò Qualcuno, quando Nessuno fece ciò che Chiunque avrebbe potuto fare.
Morale: se Ognuno facesse quel che dovrebbe fare, se Qualcuno desse una mano, se si avesse fiducia in Chiunque, Nessuno criticherebbe, ed il lavoro sarebbe fatto in poco tempo, bene e in allegria.
CANTICO DI UN ANZIANO
Benedetti quelli che mi guardano con simpatia
Benedetti quelli che comprendono il mio camminare stanco
Benedetti quelli che parlano a voce alta per minimizzare la mia sordità
Benedetti quelli che stringono con calore le mie mani tremanti
Benedetti quelli che si interessano della mia lontana giovinezza
Benedetti quelli che non si stancano di ascoltare i miei discorsi già tante volte ripetuti
Benedetti quelli che comprendono il mio bisogno di affetto
Benedetti quelli che mi regalano frammenti del loro tempo
Benedetti quelli che si ricordano della mia solitudine
Benedetti quelli che mi sono vicini nella sofferenza
Beati quelli che rallegrano gli ultimi giorni della mia vita
Beati quelli che mi sono vicini nel momento del passaggio
Quando entrerò nella vita senza fine mi ricorderò di loro presso il Signore Gesù.
Eroe è colui
L'autentico "eroe"
è l'uomo qualunque che ha pazienza,
è l'umile che accetta
il mistero della vita,
il mistero della fede,
il mistero dell'eternità.
Eroe è l'operaio flagellato dalla vita;
è la madre ricca di paura
per l'avvenire e di lacrime;
è il prete solitario e amato solo da Dio,
dimenticato da tutti,
tormentato dalla sua solitudine
e assetato di bellezza;
è il giovane che si apre alla vita
e la trova amara e malinconica...
Eroe è colui che crede fino allo spasimo
all'amore di Dio,
al progetto infallibile della provvidenza,
al mistero dell'infinito e dell'onnipotente;
eroe è colui che ogni giorno
accetta con pazienza e con sorriso la vita
e aspetta l'incontro con Cristo.
NICOLINO SARALE
DITELO PRIMA
Lui era un omone robusto, dalla voce tonante e dai modi bruschi.
Lei era una donna dolce e delicata. Si erano appena sposati.
Lui non le faceva mancare nulla, lei accudiva la casa ed educava i figli. I figli crebbero, si sposarono, se ne andarono.
Una storia come tante...
Ma quando tutti i figli furono sistemati, la donna perse il sorriso, divenne sempre più esile e diafana. Non riusciva più a mangiare e in breve non si alzò più dal letto. Preoccupato il marito la fece ricoverare in ospedale. Vennero al suo capezzale medici e poi specialisti famosi.
Nessuno riusciva a scoprire il genere di malattia. Scuotevano la testa e dicevano:“Ma?”L’ultimo specialista prese da parte l’omone e gli disse:“Direi…semplicemente…che sua moglie non ha più voglia di vivere”. Senza dire una parola, l’omone si sedette accanto al letto della moglie e le prese la mano. Una manina sottile che scomparve nella manona dell’uomo. Poi, con la sua voce tonante, disse deciso:“Tu non morirai!”.“Perché?”, chiese lei, in un soffio lieve.
“Perché io ho bisogno di te!”.“E perché non me l’hai detto prima?”.Da quel momento la donna cominciò a migliorare. E oggi sta benissimo. I medici e gli specialisti continuano a chiedersi che razza di malattia avesse e quale straordinaria medicina l’avesse fatta guarire così in fretta.
Non aspettare mai domani per dire a qualcuno che l’ami. Fallo subito. Non pensare:“Ma mia madre, mio figlio, mia moglie…lo sa già”. Forse lo sa. Ma tu ti stancheresti mai di sentirtelo ripetere? Non guardare l’ora, prendi il telefono:“Sono io, voglio dirti che ti voglio bene”. Stringi
la mano della persona che ami e dille:“Ho bisogno di te! Ti voglio bene, ti voglio bene, ti voglio bene…”.
L’amore è la vita. Vi è una terra dei morti e una terra dei vivi. Chi le distingue è l’amore
E’ invalso l’uso di racchiudere in decalogo le indicazioni pratiche di comportamento. Spero che questo abbia riferimento al decalogo della Bibbia. E per quello che alla fine degli altri vi riscrivo anche quello che Dio ci ha dato tramite Mosè. Si sa mai che qualcuno non lo ricordi più!
Decalogo degli sposi
Non vi arrabbiate mai contemporaneamente;
Non alzate mai la voce, a meno che non ci sia un incendio in casa
Lasciate che sia l'altro a dire l'ultima parola
Se avete delle critiche da farvi, fatelo apertamente e con amore.
Non rinvangate mai il passato.
Siate sempre disponibili l'uno verso l'altro.
Non andate mai a dormire senza prima aver risolto i dissidi
Dite, almeno una volta al giorno, qualcosa di gentile al vostro compagno.
Ammettete di aver sbagliato e chiedete scusa.
Ricordate che per litigare bisogna essere in due.
DECALOGO PER UN PAPA'
Vi presento, il decalogo che un bambino propone al suo papà...
Non viziarmi. So benissimo che non dovrei avere tutto quello che chiedo. Voglio solo metterti alla prova.
Non essere incoerente: questo mi sconcerta e mi costringe a fare ogni sforzo per farla franca tutte le volte che posso.
Non fare promesse: potresti non essere in grado di mantenerle. Questo farebbe diminuire la mia fiducia in te.
Non correggermi davanti alla gente. Presterò molta più attenzione se parlerai tranquillamente con me a quattr’occhi.
Non brontolare continuamente: se lo fai dovrò difendermi facendo finta di essere sordo.
Non badare troppo alle mie piccole indisposizioni. Potrei imparare a godere di cattiva salute se questo attira la tua attenzione.
Non preoccuparti per il poco tempo che passiamo insieme. E' come lo passiamo che conta.
Non permettere che i miei timori suscitino la tua ansia perché allora diventerai ancora più pauroso. Indicami il coraggio.
Non dimenticare che non posso crescere bene senza molta comprensione e incoraggiamento.., ma non ho bisogno di dirtelo, vero?
Ricordati, io imparo di più da un esempio che da un rimprovero.
(Da Un’ala di riserva di Antonio Mazzi, ed. Mondadori)
DIECI MODI PER ROVINARE I FIGLI
Non curare la loro formazione religiosa
Accondiscendere ai loro capricci
Parlare davanti ad essi delle loro qualità esteriori e lodarli
Proclamare sotto i loro occhi che è impossibile correggerli.
Litigare fra babbo e mamma
Dare ragione ai figli, quando uno giustamente li rimprovera e li riprende.
Non inculcare in essi la carità verso i poveri e i sofferenti.
Lasciare che i figli frequentino qualunque compagnia.
Permettere loro di leggere tutto quello che vogliono.
Non curarsi di quanto denaro abbiano in tasca, e tener in nessuno conto il proverbio che dice:"Chi ama bene, castiga bene".
La vita è breve: goditela, pensare agli altri è follia.
Il bello della vita sta nel successo, nella ricchezza, nei piaceri, nel potere.
Vivi freneticamente, senza preoccuparti se quello che fai è bene o male.
Non pensare mai, mi raccomando. Soprattutto non chiederti mai alcun "perché".
Coltiva tutte le distrazioni e i divertimenti che puoi, perché non ti venga la tentazione di pregare.
Se proprio non riesci a evitare preti, chiese e simili, limitati al minimo indispensabile.
Se per tua disgrazia ti capitasse di discutere con un prete, diffida fortemente di tutto quello che ti dirà.
Nel caso ti venga l'idea della vocazione, non prendere decisioni affrettate. Dammi tempo...
Donare la vita? Non ti procurerebbe altro che croci.
Non aver paura di me. Magari convinciti che non esisto neppure.
Tuo affezionatissimo... Satana
DIECI PAROLE ALLA FAMIGLIA
(Mons. Luciano Pacomio, Vescovo di Mondovì)
Credete nella potenza della preghiera cristiana: fatta in Gesù e nello Spirito Santo. Anche nelle piccole invocazioni.
Educate i figli a sacrificare qualcosa per i più poveri. Ed unite alle loro le vostre rinunce da adulti.
Programmate nella settimana qualche mezz’ora di condivisione e di dialogo con i figli.
Tenete ferma la partecipazione all’Eucaristia domenicale con i figli: come centro della settimana e fonte di vita, orientamento di tutta la settimana.
Proponetevi un piccolo impegno di vita relazionale ogni mese: non alzare la voce; non lasciarsi prendere dall’ira, rispondere educatamente; perdonare subito dopo uno screzio; ubbidire intelligentemente per amore; far presenti i propri punti di vista con garbo.
Controllare le spese, non solo tenendo presenti le entrate, ma anche tenendo presenti i poveri e le opportunità di non ostentare con vanità e con sperpero le eventuali possibilità economiche.
Inculcate il perché delle scelte e delle limitazioni che ci si pone ai vostri figli.
Non lasciate passare i giorni senza una parola di Dio nel cuore (per esempio leggendo i Salmi).
Siate leali e sempre veritieri, gli universo gli altri: con l’impegno di crescere nella stima reciproca, pronti a cogliere gli aspetti positivi che ci sono in ogni componente della famiglia.
Impegnatevi a “collaborare con gioia” gli unì con gli altri, intensificando l’accoglienza reciproca; trovando i motivi che possono dare gioia, giorno dopo giorno, sapendo tacere e parlare secondo quanto vi detta il vero amore per i vostri cari; sapendo perdere, ma per un valore più grande e non per una supina remissività; imparando, a mano a mano, l’amicizia e la fraternità familiare.
IL DECALOGO
Io sono il Signore, tuo Dio:
1° Non avrai altro dio fuori di me.
2° Non nominare il nome di Dio invano.
3° Ricordati di santificare le feste.
4° Onora tuo padre e tua madre.
5° Non uccidere.
6° Non commettere atti impuri.
7° Non rubare.
8° Non dire falsa testimonianza.
9° Non desiderare la donna d'altri.
10° Non desiderare la roba d'altri.
ö ö ö
Il Credo di chi soffre
Credo, o Dio mio Padre, che soffrendo con pazienza, completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo. (Col. 1,24).
Credo che non abbiamo qui, sulla terra, una dimora stabile, ma andiamo in cerca di una patria migliore, quella celeste ed eterna. (Eb. 11,16).
Credo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio. (Rom. 8,28).
Credo che ora la nostra visione è confusa come in uno specchio, ma un giorno saremo faccia a faccia, dinanzi a Dio. Ora lo conosco solo in parte,ma un giorno lo conoscerò come Lui mi conosce. (1 Cor. 13,12).
Credo che nessuno di noi vive per se stesso né muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, e se moriamo, moriamo per il Signore: sia che viviamo, sia che moriamo, apparteniamo dunque al Signore. (Rom. 14,7-9).
Credo sia necessario che il nostro corpo mortale si vesta di immortalità e che la morte venga ingoiata per la vittoria. (1 Cor. 15,53-54).
Credo che Dio tergerà le lacrime dagli occhi dei giusti, e che per loro non ci sarà più ne lutto, né lamento, né affanno, perché il mondo di prima sarà scomparso. (Ap. 21,4)
Credo che io fin d’ora sono figlio di Dio e che quando Egli si sarà manifestato, sarò simile a Lui, perché lo vedrò così come Egli è; io stesso con i miei occhi contemplerò il mio Salvatore. (1 Gv 3,2; Gb 19,27).
DIO CI ASCOLTA? DIO CI ESAUDISCE?
In un bosco in cima ad una collina, vivevano tre alberi. Un giorno
iniziarono a discutere dei loro desideri e delle loro speranze.
Il primo albero disse: "Spero di diventare un giorno lo scrigno di
un tesoro. Potrei essere riempito d'oro, d'argento e di gemme preziose. Potrei
essere decorato con intarsi finissimi ed essere ammirato da tutti."
Il secondo albero disse: "Io spero di diventare una nave possente.
Vorrei portare re e regine attraverso i mari fino agli angoli più reconditi del
mondo. Vorrei che per la forza del mio scafo ognuno si sentisse al sicuro."
Infine il terzo albero disse: "Io vorrei crescere fino a diventare
l'albero più alto e più dritto di tutta la foresta. Tutta la gente mi vedrebbe
irto sulla cima della collina e ammirando i miei rami contemplerebbe i cieli e
Dio vedendo quanto io gli sia vicino. Sarei il più grande albero di tutti i
tempi e tutti si ricorderebbero di me."
Trascorse qualche anno e ogni albero pregava che i suoi desideri si
avverassero. Alcuni taglialegna passarono un giorno vicino ai tre alberi. Uno di
questi si avvicinò al primo albero e disse: "Questo sembra un albero molto
resistente, riuscirò sicuramente a venderne la legna ad un falegname". E iniziò
a tagliarlo. L'albero era felice perché sapeva che il falegname lo avrebbe
trasformato in uno scrigno prezioso.
Giunto dal secondo albero un taglialegna disse: "Questo sembra un
albero molto resistente, credo che riuscirò a venderlo ad un cantiere navale."
Il secondo albero era felice perché sapeva che stava per diventare una nave
possente.
Quando i taglialegna si avvicinarono al terzo albero, l'albero era
spaventato perché sapeva che se fosse stato tagliato i suoi sogni non si
sarebbero mai avverati. Uno dei taglialegna disse: "Non ho ancora deciso cosa ne
farò del mio albero. Ma intanto lo taglierò". E subito lo tagliò.
Quando il primo albero fu consegnato al falegname fu trasformato in
una cassa per contenere mangime per animali. Fu portato in una grotta e riempito
di fieno. Ciò non era certamente quello per cui l'albero aveva pregato.
Il secondo albero fu tagliato e trasformato in una piccola barca da
pesca. I suoi sogni di diventare una nave possente e trasportare re e regine era
terminato.
Il terzo albero fu tagliato in larghe tavole e abbandonato nel buio.
Gli anni passarono e gli alberi dimenticarono i loro sogni. Finché un giorno, un
uomo e una donna giunsero alla grotta. La donna partorì e il neonato fu adagiato
nella cassa per il mangime degli animali che era stata fatta con il primo
albero. L'uomo aveva sperato di poter costruire una culla per il bambino, ma fu
la mangiatoia a divenirlo. L'albero avvertì l'importanza di questo evento e capì
che aveva accolto il più grande tesoro di tutti i tempi.
Anni dopo, alcuni uomini erano sulla barca da pesca che era stata
realizzata con il secondo albero. Uno degli uomini era stanco e si era
addormentato. Mentre si trovavano in mare un violento temporale li sorprese e
l'albero pensò che non sarebbe stato abbastanza robusto per proteggere i
passeggeri. Gli uomini svegliarono la persona che si era addormentata che
alzandosi in piedi disse: "Pace". La tempesta di placò immediatamente. A questo
punto il secondo albero capì di aver trasportato il Re dei Re nella sua barca.
Alla fine, qualcuno arrivò e prese il terzo albero. Mentre veniva
trasportato attraverso le strade, la gente scherniva l'uomo che lo sosteneva.
Quando si fermarono l'uomo fu inchiodato all'albero e innalzato in aria
lasciandolo morire in cima ad una collina. Quando giunse la domenica, l'albero
capì che era stato abbastanza robusto da stare in cima ad una collina e così
vicino a Dio poiché Gesù era stato crocifisso sul suo legno.
Quando le cose non sembrano andare nella direzione che ti aspetti,
sappi che Dio ha sempre un piano per te. Se tu hai fiducia in Lui, Lui ti darà grossi doni.
Ogni albero ebbe ciò che voleva ma non nel modo che avrebbe immaginato.
Noi non sappiamo sempre ciò che Dio ha riservato per noi.
Sappiamo che le Sue vie non sono le nostre vie, ma le sue vie sono sempre le migliori.
Gesù... è un po' strano!
Gesù non ha buona memoria...
Sulla Croce durante la sua agonia il ladrone gli chiede di ricordarsi di lui quando sarebbe entrato nel suo regno. "Se fossi stato io - spiega mons. Van Thuan - gli avrei risposto: <Non ti dimenticherò, ma i tuoi crimini devono essere espiati con almeno vent'anni di purgatorio!>, e invece Gesù gli rispose: <Oggi sarai con me in Paradiso!>". Aveva dimenticato i peccati di quell'uomo. Lo stesso avviene con Maddalena e con il figliol prodigo. Gesù non ha memoria, perdona ogni persona, il suo amore è misericordioso.
Gesù non conosce la matematica...
Lo dimostra la parabola del Buon Pastore. Aveva cento pecore, una di loro si smarrì e senza indugi andò a cercarla lasciando le altre 99 nell'ovile. Per Gesù uno equivale a 99 e forse anche di più!
Gesù non è un buon filosofo...
Una donna ha dieci dracme ne perde una e quindi accende la lucerna per cercarla. Quando la trova chiama le sue vicine e dice loro: "Rallegratevi con me perché ho ritrovato la dracma che avevo perduto". É davvero illogico disturbare le amiche solo per una dracma e poi far festa per il ritrovamento. Per di più invitando le sue amiche per far festa ha speso ben di più di una dracma! In questo modo Gesù spiega che c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte.
Gesù è un avventuriero...
Chiunque voglia raccogliere il consenso della gente si presenta con molte promesse, mentre Gesù promette a chi lo segue processi e persecuzioni. Eppure da 2000 anni constatiamo che non si è esaurita la schiera di avventurieri che hanno seguito Gesù!
Gesù non conosce né finanza, né
economia...
Nella parabola degli operai della vigna, il padrone paga lo stesso stipendio a chi lavora al mattino e a chi inizia a lavorare il pomeriggio. Ha fatto male i conti? Ha commesso un errore? No, lo fa di proposito, perché Gesù non ci ama a seconda dei nostri meriti o per i nostri meriti, ma il suo amore è gratuito e supera infinitamente i nostri meriti. Gesù ha i "difetti" perché ama.
L'amore autentico non ragiona, non calcola, non misura, non innalza barriere, non pone condizioni,
non costruisce frontiere e non ricorda offese.
I NOVE TEST |
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Quando viene in noi lo Spirito? Quando manifesta la sua presenza? Quand'è che non c'è più in noi? Quand'è che è soffocata la sua azione? Il problema è di grande importanza, ma S. Paolo ci ha lasciato una serie di test meravigliosi per il controllo dello Spirito.
Nella lettera ai Galati, Paolo elenca i nove frutti dello Spirito.
Ecco le sue parole:
«Camminate secondo lo Spirito... Il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con la sua passione e i suoi desideri» (Gal 5,22-24).
L’amore
Sto amando? la mia attenzione è quasi sempre incentrata su me o sugli altri? mi vergogna il sentirmi egoista? sento rimorso quando parlo male degli altri? quando penso male? sento un peso se non perdono?
La gioia
Sono un ottimista o un pessimista? provo sovente la gioia intensa di Dio in me? mi fa pena vedere persone nella tristezza? lotto per portare gioia nel mio ambiente? so distinguere la gioia di Dio da quella del mondo?
La pace
È la gioia composta che viene da Dio: ho sovente questa serenità di fondo che mi fa sentire amico di Dio? sono vigilante per non perdere questa serenità che viene da Dio? quando commetto qualche sbaglio o peccato, avverto la differenza che c’è tra la pace di Dio e la soddisfazione di me stesso? sento che Dio è contento di me?
La pazienza
So dominare i miei impulsi? lotto per accettare i limiti degli altri? sento il bisogno di ricominciare sempre? accetto me stesso? so ridere dietro me stesso, le mie pretese, le mie impazienze?
La benevolenza
È probabilmente la «volontà di bene» la lotta per essere buoni, comprensivi, aperti, generosi. Una lotta che non finisce mai: siamo sempre terra da conquista: ma lottiamo! lottiamo contro le nostre asprezze! lottiamo contro le nostre meschinità! non accettiamo i nostri egoismi! ci vergogniamo del nostro orgoglio, abbiamo orrore delle nostre piccinerie e cattiverie: se c’è tutto questo lo Spirito palpita in noi, è ben vivo in noi.
La bontà
Essere gente col cuore buono, pronto a perdonare sempre, desiderosi di mai far del male, pronti a cambiare il male col bene, generosi nel giudicare, desiderosi del bene altrui, vergognati quando spunta l’ombra dell’invidia, contenti solo quando si ama tutti e si è amati da tutti: se c’è questo o se c’è il desiderio di questo o la nostalgia di questo, c’è lo Spirito in azione.
La fedeltà
Fedeltà a Dio, fedeltà ai fratelli, fedeltà ai doveri, fedeltà agli impegni, fedeltà alle promesse, fedeltà ai doni di Dio. Fedeli all’amore, fedeli al sacrificio, fedeli a ogni parola data. Fedeli a Gesù Cristo e al suo Vangelo. Fedeli ai poveri. Fedeli alla Chiesa: se lo avvertiamo siamo ancorati allo Spirito. Ringraziamolo che è vero e operante in noi.
La mitezza
L’autocontrollo delle parole, degli atteggiamenti esteriori e interiori, la prontezza al perdono, la paura di far del male, di violentare la libertà altrui: quando tutto questo si vede o almeno lo si desidera fortemente, c’è lo Spirito.
Il dominio di sé
La padronanza degli istinti, la capacità a comandarsi, il dominio dei pensieri, degli atti e delle parole, la capacità di dominare la volontà in tutte le cose, dirigerla al bene, sviarla dal male, sorvegliarla nei pericoli, frenarla nelle illusioni: tutto questo è presenza dello Spirito.
Avvertiamo che Paolo tracciando i frutti dello Spirito, ha tracciato le linee dell’uomo ideale.
Sì, lo Spirito fa questo: quando tocca un uomo lo cambia in creatura ideale dove tutto è ordine, armonia, bellezza.
Dove dimora lo Spirito c’è santità, c’è bellezza. Dove dimora lo Spirito l’uomo non è più di carne, è spirituale, è quello che veramente deve essere: l’uomo che vive nella luce, che cammina nella luce, che va verso la luce sempre più perfetta, verso Dio.
Lo Spirito va e viene?
Sì, lo Spirito è come un fuoco. Lo Spirito è una fiamma che Cristo ha acceso in noi al Battesimo.
Noi abbiamo il privilegio di custodire la fiamma, di lasciarla crescere, ma anche di soffocarla.
Per certi cristiani è solo una scintilla sotto la cenere, per altri è una fiammella smorta e fumigante. I santi sono quelli che, invece, hanno dato la via a questo fuoco: è stata allora un’invasione di luce che in loro ha bruciato tutto e ha cambiato radicalmente la loro vita fino a raggiungere il mondo: col fuoco del loro amore e con la luce della loro sapienza hanno saputo raggiungere anche i loro fratelli.
Spesso lo Spirito vive una vita grama in noi, noi lo trascuriamo, lo soffochiamo, non gli diamo spazio: S. Paolo chiede ai primi Cristiani di "non spegnere lo Spirito", e di "camminare dietro lo Spirito" Abbiamo insomma delle gravi responsabilità per questo tesoro straordinario che portiamo in noi, che ci accompagna sempre, che ci sorregge, ci conforta, ci illumina, ci cambia, ci lavora. Apriamoci a lui quando sboccia in noi un atto di buona volontà, un gesto di bontà: impariamo a ringraziare di tutto il bene che scopriamo in noi man mano che lo vediamo e negli altri. E' una maniera facile per affidarci all'azione dello Spirito.
(Da A. Gasparino "Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera lo otterrete" LDC)
2005 Pro Manuscripto