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SCHEGGE E SCINTILLE
http://spazioinwind.libero.it/schegge
a cura di: don_franco_locci@libero.it
I fatti ci presentano due San Besso, uno ricordato in una chiesa campestre presso Campiglia e l’altro ad Ivrea da alcuni addirittura creduto vescovo di questa città. La soluzione potrebbe essere che il primo fosse stato un eremita martirizzato e il secondo forse uno dei tanti appartenuti alla legione Tebea che giunto ad Ivrea fu martirizzato sul posto. Ecco come ci racconta la leggenda a proposito del Besso di Campiglia: Besso era scampato al massacro della legione Tebea ed era andato a predicare il Vangelo in Val Soana e a Cogne. Fu però fatto schiavo di un proprietario terriero e fu mandato a pascolare il gregge. Altri pastori invidiosi perché il suo gregge era più florido del loro, rubarono un montone lo uccisero e per compromettere Besso lo invitarono a mangiarlo con loro. Al suo diniego e alla sua affermazione di fede, lo uccisero e gettarono il suo corpo in un burrone. Gli abitanti di Campiglia raccolsero il corpo e lo inumarono in una roccia vicino alla quale sorse un santuarietto meta continua di pellegrinaggi.
Parola di Dio: Is. 25,6-10; Sal.22; Mt.15,29-37
“GESU’ DOMANDO’: QUANTI PANI AVETE? RISPOSERO: SETTE E POCHI PESCIOLINI”. (Mt. 15,34)
Gesù, sentendo compassione per quella folla formata da poveri, malati “zoppi, storpi, ciechi, sordi”, compie il miracolo della moltiplicazione dei pani anticipando con questo segno il dono totale di se stesso nella Eucaristia. Noi davanti alle necessità dei tanti ultimi di questo nostro mondo diciamo: “Se Gesù ancora oggi moltiplicasse i pani, se facesse in modo che ogni uomo avesse il necessario…” E dicendo così spesso ce ne laviamo le mani con scuse come: “Che cosa ci potrebbe fare il mio piccolo contributo? E poi finirebbe davvero a coloro che hanno bisogno?…E poi, noi i miracoli non sappiamo farli!”.
E’ vero, non è in nostro potere moltiplicare i pani, ma lo è dividere il nostro con gli altri, moltiplicare il pane dell’amore e dell’affetto. La fame e la povertà sono multiformi. Solidarizzare con chi ha bisogno del pane quotidiano significa impegnarsi ad ottenere per tutti ciò che racchiude l’espressione “fame di pane”, cioè: lavoro e cibo, casa e famiglia, cultura e libertà, dignità personale e diritti umani. Senza dimenticare nemmeno i nuovi poveri della società attuale: anziani soli, malati terminali, bambini senza famiglia, madri abbandonate, delinquenti, drogati, alcolisti… Queste sono al giorno d’oggi le opere di misericordia verso il povero, nel quale Gesù si identifica, e questo è anche il senso del nostro celebrare l’Eucaristia dove Gesù si fa pane per tutti e per ciascuno e dove noi nutriti dal pane dell’amore di Dio impariamo a farci pane per i nostri fratelli.
GIOVEDI’ 2 DICEMBRE
Nacque nel 1293 a pochi chilometri da Bruxelles. Nel 1317 fu ordinato vescovo. Ma sentiva troppo forte il desiderio della vita monacale per cui nel 1343 andò ad occupare l’eremo di Groenendael nella foresta di Soignes. Divenne priore di quel convento che fu un importante centro di spiritualità. Fu scrittore e già in vita godette della fama di santo.
Parola di Dio: Is. 26,1-6; Sal.117; Mt. 7,21.24-27
“NON CHIUNQUE MI DICE: SIGNORE, SIGNORE, ENTRERA’ NEL REGNO DEI CIELI, MA COLUI CHE FA’ LA VOLONTA’ DEL PADRE MIO CHE E’ NEI CIELI”. (Mt. 7,21)
Il cammino dell’Avvento, oltre che farci rivivere il nostro incontro con il Dio che viene a salvarci, è anche un momento prezioso per purificare noi stessi e il nostro atteggiamento davanti a Dio.
Gesù oggi ci invita ad esaminare il nostro atteggiamento religioso. C’è una forma di religiosità che potremo definire delle parole. Si pensa a Dio come a qualcuno da allettare, convincere, conquistare, comprare con le nostre parole: si definisce religioso uno in base alle ore di parole che dice al Signore, si fa diventare la preghiera una forma rituale, una formula quasi per ubriacare Dio o noi stessi. Gesù ci dice chiaramente che Dio non si lascia imbrogliare dalle nostre parole, Dio non si compra in base a devozioni, la Madonna non “strappa” grazie al Signore in base ai rosari detti, le anime non vanno in paradiso in riferimento al numero delle Messe che sono state dette per loro. Dio ama il momento della preghiera come momento di comunicazione di cuori, di crescita spirituale, di affetto profondo. Gesù stesso ci ha dato l’Eucaristia come momento di comunione profonda in cui certamente possono entrare i nostri affetti e anche il ricordo dei morti e la preghiera per loro ma non come rito con il quale comprare grazie; l’intercessione di Maria e dei santi è certa ed è bello rivolgerci a loro e con loro lodare, invocare, pregare ma non come farebbe il mafioso che si accaparra protezioni per ottenere appalti.
Ma, facciamo attenzione, c’è anche un’altra forma di religiosità da cui purificarci ed è quella “del fare”. Questa religiosità è rappresentata da tutti coloro che dicono: “Tutto dipende da noi, Dio guarda esclusivamente alle nostre opere”. Conosco innumerevoli preti e cristiani sempre indaffarati: la conversione del mondo la si ottiene solo realizzando quel determinato piano pastorale; sono le cose che contano sempre di più e allora giù ad attrezzare la chiesa con tutti i moderni mezzi di comunicazione, di sale monumentali per incontri (a cui poi partecipano i soliti quattro gatti), a costruire chiese per onorare Dio (che sarebbe molto più onorato se quei soldi fossero serviti per qualche povero); a difendere Dio dagli errori teologici commessi da eretici e peccatori (che, guarda caso Gesù è venuto a cercare e a salvare)…
Anche Gesù dice che bisogna fare: attenti però a quello che aggiunge, “fare la volontà di Dio”. Dunque la vera religiosità non si ferma alle parole e neanche al semplice fare ma a cercare la concreta volontà di Dio negli avvenimenti e a metterla in pratica con gioia: quindi sono necessari due momenti, quello della riflessione e preghiera vera per incontrare Dio e quello dell’agire secondo le indicazioni concrete del Vangelo con una attenzione: non far passare per volontà di Dio quelli che sono i nostri pallini o quello che altri uomini per interessi propri ci fanno passare per unica e assoluta volontà di Dio.
VENERDI’ 3 DICEMBRE
Lucio era re dei Bretoni. Raggiunto dalla predicazione di Timoteo, si convertì e lasciò il trono per annunciare il Vangelo. Fu in Gallia e poi si stabilì nei dintorni di Coira. Visse nel II secolo e pare sia morto martire.
Parola di Dio: Is. 29,17-24; Sal. 26; Mt. 9,27-31
“SIA FATTO A VOI SECONDO LA VOSTRA FEDE”. (Mt. 9,29)
Non credo di offendere né il Signore né il Vangelo se qualche volta ci sorrido sopra ma quando leggo questo brano penso che potrebbe aver avuto una soluzione anche diversa: i due ciechi hanno gridato forte per farsi sentire, sono finalmente arrivati davanti a Gesù e quando Gesù dice loro: “Sia fatto a voi secondo la vostra fede”… se ne vanno via ciechi, cercando la strada con il bastone consolandosi a vicenda: “C’era da aspettarselo un altro saltimbanco come tanti”. Questa conclusione non è per irridere il Vangelo è perché spesso la mia fede, e credo anche la vostra, è proprio piccola e vi faccio qualche esempio. Il medico ha detto a quella signora che il cancro le permetterà non più di tre mesi di vita. Ci siamo messi a pregare per lei, sappiamo che Dio può tutto, vorremmo la sua guarigione per l’affetto che le portiamo, per il bene dei suoi bambini e di suo marito, ma intanto ci prepariamo al suo funerale e avremo pure la sfacciataggine di dire che è volontà di Dio che sia morta. Sentiamo un Papa anziano ma deciso che quasi ogni domenica si batte per la pace e ci invita a pregare per essa e noi spesso sconsolati diciamo: “Ma a che cosa serve? Intanto le guerre ci sono sempre state e finita una ne comincia un'altra (basta che non capiti a noi)”. Chi sa quanti miracoli Dio sarebbe disposto a fare se la nostra fede glielo permettesse. Quei due ciechi un po’ di fede l’avevano ed avevano fatto il cammino al buio per incontrare Gesù la Luce, e vengono guariti, noi, se non abbiamo una fede profonda come la loro, cerchiamo almeno di non opporre troppi ostacoli all’opera benevola di Dio su di noi.
SABATO 4 DICEMBRE
Tra i santi di oggi ricordiamo: ANNONE II. Santo, Vescovo
Nato in Svezia verso il 1010, studiò a Bamberga e scelse la strada ecclesiastica, fu ammesso alla corte, fu fatto arcivescovo di Colonia, cancelliere dell'imperatore Enrico III. Nel 1062 si sostituì nella reggenza ad Agnese, madre del minore Enrico IV, ma il suo potere fu limitato dai principi, specialmente dall'arcivescovo Adalberto di Brema. Fu fondatore e restauratore di monasteri. Morì a Siegbourg nel 1075.
Parola di Dio: Is. 30,19-21.23-26; Sal.146; Mt. 9,35-10,1.5-8
“PREGATE DUNQUE IL PADRONE DELLA MESSE CHE MANDI OPERAI NELLA SUA MESSE”.(Mt 9,38)
Dunque la linea del Vangelo è sempre la stessa: Dio vuole salvarci ma per farlo rispettandoci ha bisogno di noi. Ecco il senso della missionarietà che è fare partecipi altri dei doni di Dio mentre questi agiscono in noi. Comprendiamo allora subito quanto sia assurdo considerare la missione solo come conquista di altri ad un nostro modo di pensare o a delle formule religiose e come sia altrettanto sbagliato che la missione sia solo per “gli addetti ai lavori”: missionari, sacerdoti, religiosi e religiose o al massimo volontari. Se è vero che c’è bisogno di missionari che annuncino Gesù ai tanti che nel nostro mondo non ne hanno sentito parlare o non lo conoscono, è altrettanto vero che io non posso dirmi cristiano se non sento il bisogno di testimoniarlo e di annunciare la gioia di Gesù che mentre salva me desidera salvare anche altri, tutti. E vero che, come dice il Vangelo, noi siamo solo servi e servi inutili ma siamo anche depositari di doni che non sono nostri ma ci sono dati per il bene comune.
Come dunque essere missionari? Qualcuno se la cava dicendo: “Io in missione non ci posso andare e allora do una mano ai missionari e alle loro opere”. Certamente è una cosa ottima e ci fa credere ancor di più di essere parte del “corpo mistico”, cioè quello che uno è o fa lo è o fa per tutti. Ma non basta ancora perché io ho mille occasioni di essere missionario. Ad esempio: se le persone che mi conoscono sanno che ‘vado in chiesa’ io sono maggiormente sotto controllo dei loro occhi: essi vogliono vedere se nella mia vita, il mio credere si incarna davvero; questa può essere la prima testimonianza. Io sacerdote sono missionario non solo quando parlo di Gesù ma se gli altri vedono che le mie parole sulla povertà evangelica corrispondono nei fatti a delle scelte umili e a favore di altri, se le mie parole sul perdono corrispondono alla fatica quotidiana del perdono. Io, padre, madre di famiglia non sono missionario solo quando insegno le preghiere ai miei bambini ma quando essi vedono che pur nella fatica e nei miei limiti cerco di essere onesto in tutte le occasione. Essere missionari oggi è anche andare controcorrente: è cercare di conoscere un po’ più seriamente la propria fede, è non accodarsi ai luoghi comuni, è essere onesti nelle discussioni ma anche fermi nel proprio credo, è lasciare che l’amore testimoni più che le parole, è far vedere la salvezza attraverso il gusto del dono della vita, la gioia di sentirsi amati da Dio, è, in parole povere, come diceva san Paolo: “non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me.
DOMENICA 5 DICEMBRE 2^ DOMENICA DI AVVENTO ANNO A
Era originario della Guascogna e si fece monaco cluniacense a Moissac. Fu poi eletto Vescovo di Braga nel 1103.
Morì a Bornos nel 1109
Parola di Dio: Is. 11,1-10; Sal. 71; Rom. 15,4-9; Mt. 3,1-12
“FATE DUNQUE FRUTTI DEGNI DI CONVERSIONE”. (Mt.3,8)
Ci raggiunge oggi il grido forte e inquietante del Battista, persona di scelte serie e profonde, ultimo tra i grandi profeti che invita la gente alla conversione, e non certo con parole dolci! La conversione - sembra dirci il Battista - è il modo migliore per accogliere il Signore, per trovare senso a ciò che facciamo. Cos'è dunque la conversione? Tutti a pensare: "fare i bravi, non bestemmiare, andare a messa…”; sì, più o meno, ma non proprio. Conversione è andare in un luogo ed accorgerci di avere sbagliato completamente strada, quindi fermarci e fare una bella inversione di marcia. Ciò presuppone che sappiamo dove andare, e qui cominciano i problemi… Siamo certi di sapere in che direzione vogliamo andare nella nostra vita o seguiamo chi ci precede senza farci domande? Intendo dire che tutti, più o meno, cerchiamo la felicità, la pienezza, il benessere reale… Ma avete l'impressione che il nostro super mondo civilizzato abbia davvero colmato il cuore degli uomini dopo avergli riempito la testa di illusioni? E allora cosa aspettiamo ad invertire la marcia? Paura di abbandonare le proprie fragili sicurezze per cercare una verità incerta? Possibile. Ma il Dio che aspettiamo è il Dio che brucia dentro, che spazza via con forza i timori! Un fuoco che divampa bruciando le lentezze, divorando impetuoso e forte. Giovanni ammonisce: non basta rifugiarsi dietro alla tradizione ("abbiamo Abramo come padre!") o in una fede esteriore, di facciata, di coscienza tiepida. Colui che viene chiede reale cambiamento, scelta di vita, schieramento. Dio, diventando uomo, separa la luce dalle tenebre, obbliga ad accoglierlo o a rifiutarlo.
LUNEDI’ 6 DICEMBRE
Era prete e visse gran parte della sua vita come eremita. Convertì diversi villaggi pagani. Fece ravvedere sua nipote che divenne Santa Maria Penitente. Morì verso il 360.
Parola di Dio: Is. 35,1-10; Sal. 84; Lc. 5,17-26
“UOMO, I TUOI PECCATI TI SONO RIMESSI”. (Lc. 5,20)
In questo bellissimo racconto, l’elemento centrale che ci viene presentato è questo: quel Gesù da cui si va perché attrae, fa cose prodigiose, parla a nome di Dio, è Colui che è venuto per regalarci il perdono di Dio ed ha tutto il potere di farlo perché è Dio anche Lui.
Dio può tutto, può perdonare i peccati, questo ce lo dice la nostra fede, ma quello che è ancora più bello è che Dio vuole perdonare i peccati, è venuto apposta per dirci che i nostri peccati sono perdonati. Lui innocente ha dato la sua vita per noi peccatori perché il suo sangue ci salvasse dalla morte e perché nella sua risurrezione avessimo di nuovo la sua vita.
Spesso noi uomini o non ci sentiamo affatto peccatori o lasciamo che i sensi di colpa prendano su di noi il sopravvento e dubitiamo che Dio possa avere misericordia nei nostri confronti. Sono questi i due modi per opporci alla misericordia di Dio: il non sentirne il bisogno o l’impedire che essa possa raggiungerci. E pensare che Dio non vuole nulla da noi se non che gli diamo il nostro male e che gioiamo nel riconoscere il suo amore che perdona. E’ inutile nascondere il lettuccio sul quale giacciamo come è inutile crogiolarci in esso senza speranza. L’unica cosa è lasciarci trasformare dalle parole di Gesù che non soltanto ci permettono di rialzarci in piedi ma di fare di quel lettuccio di costrizione e di peccato la testimonianza viva della nostra guarigione e del nostro perdono.
MARTEDI’ 7 DICEMBRE
Nacque in Siria, ad Emesa, nel 474. Entrato giovanissimo in monastero, per le sue doti umane e spirituali fu chiamato a dirigere il monastero di Cratia (sul Mar Nero). Andò poi pellegrino in Terrasanta e si fermò al monastero di Torre Eudossia. Dopo quattro anni di assenza tornò a Cratia dove fu fatto Vescovo. Ma presto lascerà questo ministero non sentendosene degno e tornerà a concludere al sua vita in monastero. Morì il 6 Dicembre 557.
Parola di Dio: Is. 40,1-11; Sal. 95; Mt. 18,12-14
“SE UN UOMO HA CENTO PECORE E NE SMARRISCE UNA, NON LASCERA’ FORSE LE NOVANTANOVE SUI MONTI. PER ANDARE IN CERCA DI QUELLA PERDUTA?”. (Mt. 18,12)
Ricordo di aver letto una volta questa frase: “Dio non si rassegna a perdere nessuno dei suoi figli”. Per Dio non esiste gente senza importanza, noi siamo persone davanti a Lui e non numeri, siamo amati personalmente, valiamo il sangue di suo Figlio Gesù, siamo preziosi ai suoi occhi e Lui, l’Onnipotente viene a cercarci anche quando usando del dono della libertà che Lui ci ha fatto noi ci siamo allontanati e inguaiati.
Dio è tenerezza e perdono e noi spesso lo abbiamo fatto diventare il padrone terribile, vendicativo dei peccati e distruttore dei peccatori. Mi chiedo se questa figura sbagliata di Dio non sia nata dal voler giustificare il nostro atteggiamento nei confronti del peccatore: con il paravento della difesa della verità spesso noi siamo andati a caccia del peccatore, per la paura che il male potesse toccare il nostro perbenismo abbiamo preferito allontanare il fratello peccatore, per una falsa idea di purificazione rendiamo difficile la via del ritorno di chi si è allontanato o, spesso quasi senza accorgersene, si è trovato lontano. Che cattivo servizio rendiamo a Dio quando ci comportiamo in questo modo. Il nostro essere perdonati dall’amore di Dio e dalla sua tenerezza deve portarci a manifestare lo stesso amore e la stessa tenerezza nei confronti dell’altro. Non possiamo dunque né discriminare né emarginare nessuno ma, come il Buon pastore, dobbiamo cercare di andargli incontro per amarlo, per aiutarlo a liberarsi da tutto quello che può aver diminuito la sua dignità umana o offuscato la sua condizione di Figlio di Dio.
MERCOLEDI’ 8 DICEMBRE IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
Fu il primo vescovo di Treviri secondo le liste episcopali (prima metà del III secolo). Una antica tradizione non fondata lo vorrebbe addirittura discepolo di San Pietro,
Parola di Dio: Gen. 3,9-15.20; Sal. 97; Ef. 1,3-6.11-12; Lc. 1,26-38
“ALLORA MARIA DISSE: ECCOMI, SONO LA SERVA DEL SIGNORE”. (Lc. 1,38)
Ci sono dei personaggi chiave all'interno del nostro cammino di fede e, tra questi, Maria è il modello di ogni cristiano. Ma la figura di Maria non è un po’ troppo distante da noi proprio per i suoi doni e per la sua straordinaria esperienza? Bisogna trovare il coraggio di tornare al Vangelo, di ripercorrere l'esperienza di Maria così come ci viene proposta dai Vangeli. Maria emerge dai racconti di Luca e degli altri evangelisti come una ragazza di grande equilibrio, con un'esperienza di vita che assomiglia alla nostra. Anche Maria, giovane credente, si ritrova nel tran-tran famigliare: lavoro (che per l'epoca era casalingo), amicizie, tempo libero ... Ed è in questo contesto che avviene l'inaudito: a Maria viene chiesto di diventare la porta d'ingresso di Dio nel mondo. E se fosse successo a noi, se Dio ci avesse detto: “Senti, ho bisogno di una mano per salvare il mondo”, cosa avremmo risposto?. Maria tentenna, fatica: come è possibile tutto questo? Ma l'angelo le ricorda che non bisogna mettere ostacoli a Dio: lui sa quello che fa! E Maria crede. Si resta attoniti, increduli, stupiti dalla semplicità di questa risposta: “Eccomi”. Quante conseguenze avrà questa disponibilità! Che razza di radicale cambiamento porterà questo “sì” a Maria! Problemi con la sua situazione famigliare, con un fidanzato che si vede Dio quasi come concorrente in amore ... Problemi con questo bambino che dovrà essere continuamente guardato come un Mistero ... Problemi con Gesù adulto tutto preso nell'annuncio che si dimenticherà della propria famiglia per aprirsi ad una famiglia più ampia ... Sofferenza nel vedere un figlio innocente condannato a morte ... Maria si fida, crede nel Dio dell'impossibile. Sua cugina Elisabetta, da lì a qualche settimana, le dirà: `Ma come hai fatto, Maria, a credere a una cosa del genere?` Sì: se leggiamo il Vangelo senza pregiudizi, con cuore puro, restiamo allibiti: come hai fatto, Maria, a credere? Sì, capiamo perché la Chiesa ha sempre additato la madre come la prima tra i credenti, la prima cristiana, la discepola per definizione, capiamo perché questa piccola donna, di cui sappiamo poco, è diventata il gigante della fede: per la sua audacia, la sua savia incoscienza, Maria ha dato al mondo il Salvatore. Ecco quello che dovremmo fare anche noi: fidarsi di Dio, mettersi a sua disposizione, accogliere il suo progetto (anche se sembra folle)… Siamo disposti a fidarci di Dio? Oppure, ancora una volta, detteremo a Dio le nostre condizioni, gli spiegheremo cosa deve fare per esistere?
Due, quindi, sono gli atteggiamenti che la festa di oggi ci suggerisce: il primo è quello di acquistare consapevolezza del fatto che il Signore si manifesta nella quotidianità, non nella occasioni strepitose, particolari, eccezionali. Dio si manifesta nel vivere settimanale, nelle vicende piccole e grandi di tutti i giorni. E il secondo aspetto è quello della fede, della risposta che possiamo dare a questa chiamata. Pensateci un po': e se Maria avesse detto: “Ho preso troppo sole, vedo gli angeli ...” o se si fosse confrontata con un amico che gli avesse suggerito una buona visita neurologica? O se, più semplicemente avesse detto: “Forse, Signore, ti sei sbagliato: non ho tempo, non sono capace, non me la sento” ? Non sono queste le nostre reazioni? I muri che innalziamo davanti alla proposta di grazia del Signore? E' lui che prende l'iniziativa, lui che vuole salvarci, lui che ci viene incontro, lui che fa grazia. Non chiudiamo il nostro cuore! Che Maria, prima tra i discepoli, ci insegni ancora una volta a fidarci del Dio dell'impossibile ...
GIOVEDI’ 9 DICEMBRE
Era la sorella di san Gregorio di Nazianzo, moglie di Alipio di Iconio, madre di cinque figli, convertì il marito e allevò i figli nella fede di Cristo. Morì a Nazianzo verso il 370. Il fratello ne scrisse l'orazione funebre.
Parola di Dio: Is. 41,13-20; Sal. 144; Mt. 11,11-15
“DAI GIORNI DI GIOVANNI BATTISTA FINO AD ORA, IL REGNO DEI CIELI SOFFRE VIOLENZA E I VIOLENTI SE NE IMPADRONISCONO”. (Mt. 11,12)
Penso che ciascuno di noi sia stanco, stufo dalla continua violenza. Violenza terrorista che uccide senza rispetto per alcuno, violenza dittatoriale che sopraffa, violenze di guerre che ci vengono imposte, violenza del sopruso nelle strade, nelle case, nelle famiglie…E adesso anche Gesù ci parla di “violenza” per entrare nel Regno dei cieli? Di certo non è la violenza delle armi: “Riponi la spada nel fodero perché chi di spada ferisce, di spada perisce”. Non è l’astuzia e l’intrigo del potere: “Il Regno è dei piccoli, dei miti, dei semplici puri di cuore”. Questa “violenza” non si riferirà allora a noi? Non sarà cambiare mentalità, passare dai nostri egoismi al dono, non sarà forse continuare a credere e a mettercela tutta per la pace mentre il mondo sembra dirci che intanto la pace è solo un’utopia?
Gesù, parlandoci di Giovanni il Batista ci dice che si è impadronito del regno con violenza, ma quale? E’ stato scelto da Dio per una missione ed egli ha accettato, comprese tutte le conseguenze anche quelle di certo non piacevoli. Ha scelto il deserto e non “le morbide vesti”, ha dovuto “gridare” per farsi sentire, non si è piegato “come una canna mossa dal vento” e non ha ceduto alle lusinghe né dei religiosi, né dei potenti, né al ‘buon senso’. Ha parlato contro il potere sapendo che con questo si giocava la testa; ha indicato Gesù, è “diminuito perché Lui cresca”, non si è tenuto neppure i suoi discepoli ma li ha indirizzati a Gesù; nel buio della sua prigione ha perfino vissuto il dubbio di aver sbagliato ed ha avuto bisogno di conferme da Gesù stesso…. Ecco la violenza di Giovanni ed ecco l’impegno per noi: l’unica violenza della mia vita deve essere quella di scelte serie per poter amare davvero.
VENERDI’ 10 DICEMBRE
Tra i santi di oggi ricordiamo: EULALIA, Santa
Durante le persecuzioni, nel 305, il padre di Eulalia, cristiano, per salvare la figlia tredicenne la allontana dalla città di Merida (Spagna) e dal pericolo del martirio. Eulalia considera questo un tradimento della fede, fugge dunque dal suo rifugio e si presenta al giudice dicendo solo una parola: "Credo". Affronterà con coraggio il martirio, che dopo lunghe torture la vedrà arsa viva per la sua fede.
Parola di Dio: Is. 48,17-190; Sal. 1; Mt 11,16-19
“VI ABBIAMO SUONATO IL FLAUTO E NON AVETE BALLATO, ABBIAMO CANTATO UN LAMENTO E NON AVETE PIANTO”.
(Mt. 11,17)
Era venuto Giovanni Battista con il suo invito austero alla conversione e dai rappresentanti della religione e del potere non è stato accolto e deriso ed ora è in prigione in attesa che un re mezzo matto gli faccia tagliare la testa. Era venuto Gesù presentando il volto buono di Dio attento ai poveri e agli ultimi e gli stessi uomini di potere cercano di ucciderlo perché da loro fastidio. Come mai qualcuno rifiuta entrambi, anche se sono così differenti? Le autorità religiose hanno chiamato “indemoniato” Giovanni il Battista, le stesse autorità ora rifiutano Gesù. Il motivo di fondo è che queste persone hanno occhi solamente per scoprire ciò che può mettere in pericolo la loro posizione di prestigio religioso e politico e perciò cercano scuse nei loro confronti.
Anche la nostra vita è spesso un susseguirsi di scuse: non ho fatto il mio dovere perché non potevo; non sono stato onesto perché ho una famiglia da mantenere; non mi sono fermato con l’amico in crisi perché non ho tempo. E anche con Dio spesso persistiamo in questo mascheramento, nel non assumerci le nostre responsabilità: non ho potuto andare a Messia perché di domenica vado a sciare; non ho letto il Vangelo e non ho pregato perché ho troppo da fare, perché sono stanco; ho “rotto” con la chiesa perché i preti sono tutti della stessa forza, perché non sono servi ma “padroni”. Per ogni impegno c’è una scusa e se anche queste in parte possono essere vere, nascondono spesso la nostra non voglia di impegnarci, la nostra disattenzione, superficialità, falsità, proprio noi che siamo così capaci di vedere i difetti degli altri e di puntarci contro il nostro dito.
SABATO 11 DICEMBRE
Tra i santi di oggi ricordiamo: FUSCIANO e VITTORICO, Santi, Martiri
Furono evangelizzatori nella regione di Amiens e Therouanne. Torturati sotto Diocleziano vennero decapitati dopo il 286.
Parola di Dio: Sir. 48,1-4.9-11; Sal 79; Mt. 17,10-13
“ELIA E’ VENUTO E NON L’HANNO RICONOSCIUTO. COSI’ ANCHE IL FIGLIO DELL’UOMO DOVRA’ SOFFRIRE PER OPERA LORO”. (Mt. 17,12)
C’è una antica tradizione ebraica che ancor oggi trova il suo posto tra gli osservanti: Nella notte di Pasqua molte famiglie ebree lasciano un posto vuoto intorno alla messa, una sedia libera: questa, si pensa, sarà occupata dal profeta Elia quando, proprio nella notte di Pasqua verrà ad annunciare la venuta del Messia. Gesù, scendendo dalla montagna della trasfigurazione, davanti alla domanda dei discepoli dice che Elia è già venuto e che non è stato accolto e che la stessa cosa succederà a Lui, il Messia, che dovrà addirittura affrontare la crocifissione. Dunque il nostro Avvento si colora dei toni della Pasqua. Colui che attendiamo non è solo il piccolo bambino che mettiamo nel presepio e che, se conserviamo ancora sentimenti, ci riempie il cuore di buoni (quanto qualche volta mielosi) sentimenti. Quel Dio che viene, che si fa piccolo per noi è anche Colui che come allora anche oggi difficilmente viene accolto per Colui che è. In mezzo alle tante luci, ai tanti acquisti di queste feste c’è ancora posto per Gesù? Spesso c’è ancora posto per un dono per i poveri che ci fa sentire buoni, spesso c’ancora posto per la nostalgia di anni e persone passate, per molti magari c’è anche posto per la tradizionale messa di mezzanotte, ma per Gesù c’è posto? A Betlemme non c’era posto per loro in albergo e nel mio cuore c’è ancora qualche spazio per Dio o il cartello recita: “Tutto occupato”? Oppure c’è spazio solo per il Bambino delle tradizioni e non per il Dio salva e che donando la sua vita per me mi fa responsabile a pieno titolo di tutti i miei fratelli?
Era la figlia di Sant’Ilario di Poitiers vissuta nel IV secolo. Fin da giovane decise di dedicarsi totalmente a Cristo. Così fece fino alla sua morte verso il 360.
Parola di Dio: Is. 35,1-6.8.10; Sal. 145; Gc. 5,7-10; Mt 11, 2-11
“SEI TU COLUI CHE DEVE VENIRE O DOBBIAMO ATTENDERNE UN ALTRO?” (Mt. 11,3)
Il Giovanni che incontriamo oggi è ben diverso da quello di
domenica scorsa; là gridava, annunciava la venuta di un messia liberatore forte,
qui Giovanni è masticato dalla vita, spazzato via dall'arroganza del potere, non
grida più, solo aspetta la morte e si interroga: avrò visto giusto? Avrò fatto
bene?
Alzi la mano chi non l'ha mai pensato. Non mi sarò preso un abbaglio? Non mi
sarò sbagliato? Siamo sinceri: ci vuole una sana dose d'incoscienza per credere,
un bel po' di fegato per dire che il mondo e la vita hanno senso e che Dio
regna; si ha davvero la percezione, nel nostro ambiente di essere dei pii
idioti, dei sognatori anacronistici e illusi. Se qualcuno tra noi ha davvero
orientato i suoi passi alla luce del Vangelo non può non attraversare momenti
profondi di crisi: la malattia, la sofferenza, l'ostilità dei non credenti, il
peso della propria fragilità e del proprio peccato scuotono nel profondo la
nostra fede… ci sono momenti in cui sinceramente, col cuore pieno, vorremmo
dire: "mi sono sbagliato, devo aspettare un altro Salvatore".
La risposta che Gesù dà a Giovanni e a noi è sconcertante e fantastica: "Guarda, Giovanni, guarda quello che accade". Gesù non rassicura Giovanni, lo aiuta a guardare in maniera diversa, a darsi una risposta da solo: i ciechi vedono, i muti parlano, i lebbrosi sono guariti… Guarda, Giovanni, guarda i segni della vittoria silenziosa della venuta del Messia.
E noi questi segni li abbiamo visti? Riusciamo ancora a vedere la forza dirompente del Vangelo?. Eppure anche oggi nelle pieghe del nostro mondo corrotto e inquieto si possono vedere gesti di totale gratuità, vite consumate nel dono e nella speranza, squarci di fraternità in inferni di solitudine ed egoismo. Che sia questo il problema principale? Una miopia interiore che ci impedisce di godere della nascosta e sottile presenza di Dio? Chissà…
LUNEDI' 13 DICEMBRE
Tra i santi di oggi ricordiamo: ODILIA DI HOHENBURG, Santa
Visse tra il 660 e il 720. Apparteneva ad una nobile famiglia. La sua nascita non fu ben vista dal padre che la relegò in convento, ma essa, nella sua crescita fu ben contenta di questa situazione e la fece sua. Divenne monaca e poi badessa di Hohenburg. Fondò, a sua volta, un nuovo monastero. Si sa che morì il 13 dicembre, e come Santa Lucia è invocata contro la cecità . Avendo essa pregato molto per salvare l’anima di suo padre è anche invocata per la liberazione delle anime del purgatorio
Parola di Dio: Num. 24,2-7.15-17; Sal. 24; Mt. 21,23-27
“CON QUALE AUTORITA’ FAI QUESTO? CHI TI HA DATO QUESTA AUTORITA’?”. (Mt. 21,23)
Dare fiducia ad una persona certamente non è una cosa facile. Accettarne poi l’autorità è ancora più difficile, perché ci coinvolge di persona. Davanti poi a tutto quello che si presenta “come autorità”, siamo dubbiosi, la storia sia civile che religiosa ci ha fatto capire che non tutto quello che viene imposto come autorità è sempre il bene di tutti ma spesso la ricerca di potere di qualcuno.
Eppure Gesù ci parla con autorità; dice di essere Figlio di Dio, compie miracoli... Ma sarà davvero il Figlio di Dio? I suoi segni sono miracoli o casi di autosuggestione collettiva? Il suo insegnamento viene da Dio o è frutto di una riflessione storica di un determinato popolo sfociata in una grande personalità? Sono domande che da secoli uomini semplici e uomini di cultura si sono fatti ed anche noi in certi momenti possiamo farci. Gesù non risponderà direttamente a queste domande che gli pongono anziani e sacerdoti. Lui si presenta a loro e a noi così, con la sua parola, con i suoi segni, con il suo mistero e con la sua vita donata: è una proposta ragionevole ma misteriosa; non si impone a nessuno. Chiede la nostra fiducia. Se noi, pur in mezzo a dubbi e paure, facciamo questo passo scopriamo la sua presenza che illumina il senso della nostra vita, ci fa scoprire Dio e ci accompagna verso l’Eternità che lui stesso ci ha meritato e che il Padre ha pensato per noi da sempre.
MARTEDI’ 14 DICEMBRE
Fu Vescovo di Cambrai e di Arras. Era conosciuto e stimato dal re Dagoberto I. Era una buona guida specialmente per i giovani Fu lui che portò a conversione colui che fu poi san Landelino. Morì nel 669.
Parola di Dio: Sof. 3,1-2.9-13; Sal. 33; Mt. 21,28-32
“UN UOMO AVEVA DUE FIGLI. RIVOLTOSI AL PRIMO DISSE: FIGLIO, VA OGGI A LAVORARE NELLA MIA VIGNA. ED EGLI RISPOSE: SI’, SIGNORE; MA NON ANDO’ “. (Mt. 21,28)
Spesso ci risulta già difficile davanti agli uomini, far concordare il fare con il dire, provate, ad esempio a pensare a tutte quelle persone che sanno tutto a parole, che hanno verbalmente una soluzione per tutti i problemi, ma che non hai mai visto una volta sudare, se fosse possibile suderebbero solo sulla lingua!
Ma risulta ancor più difficile con Dio in quanto, nel fondo, gioca il fatto che “intanto Dio non lo vedo fisicamente”, “intanto è buono e capisce tutto”, e quindi, giù con le promesse (ad esempio: “Ti amo con tutto il cuore”, “Prometto di non offenderti più”…) ma poi la realtà è un’altra cosa. Ma anche senza essere dei bugiardi spudorati spesso ci è difficile essere fedeli a ciò che uno desidererebbe.
In certi momenti è bello ed entusiasmante seguire Gesù. Ma a volte sopraggiungono periodi di buio, di “stanca”. Piegare la schiena, obbedire, lavorare sempre nella stessa vigna, non vedere subito i risultati ci fa perdere l’entusiasmo.
“Signore, so che dovrei fare così, ma non ne ho voglia. Sono stanco. Perché proprio a me? Manda un altro! Potrei andare a trovare quel malato, potrei dare una mano in casa, potrei dedicare più tempo alla preghiera, ma ho altro da fare di più interessante. E poi, andare nella vigna del Signore significa “perdonare settanta volte sette”, “prendere la croce”, “porgere l’altra guancia”... Signore non ne ho voglia!”.
Non spaventiamoci dei nostri “no” istintivi. Fuggire il difficile, la prova, è naturale! Ma poi, ripensiamoci, entriamo in noi stessi: “Signore, non ne ho voglia, ma questa mattina ti ho detto: Sia fatta la tua volontà! Non ne ho voglia ma Tu, senza averne voglia hai accettato di morire in croce per me! E poi, quella “vigna” in cui mi mandi a lavorare è la mia eredità!”.
MERCOLEDI’ 15 DICEMBRE
Era figlio di Federico I, duca dell’Alta Lorena, nato tra il 955 e il 962. Fu educato nella abbazia di Gorze e poi eletto Vescovo di Verdun. In seguito diventò Vescovo di Metz. Curò la propria diocesi con equilibrio, fu un fondatore di monasteri e cenobi. Morì il 14 dicembre 1005.
Parola di Dio: Is. 45,6-8.18.21-25; Sal. 84; Lc 7,19-23
“ANDATE E RIFERITE A GIOVANNI: I CIECHI RIACQUISTANO LA VISTA, GLI ZOPPI CAMMINANO, I LEBBROSI VENGONO SANATI… AI POVERI E’ ANNUNZIATA LA BUONA NOVELLA”. (Lc. 7,22)
Mi consola pensare che un personaggio “di fuoco” come Giovanni Battista abbia avuto anche lui momenti in cui si è chiesto: “Ma quel Gesù è poi proprio il Messia per cui io ho giocato la mia vita, per cui sono in prigione in attesa della morte?”. E il dubbio per lui era ancora più profondo per il fatto che vedeva che il Messia liberatore, potente, giudice, che lui aveva annunciato era invece un messia umile, povero, pacifista ad oltranza.
Anche a noi può venire il dubbio: ma sarà proprio Gesù il Figlio di Dio, il redentore o dobbiamo aspettarci la salvezza altrove?
Ma anche per noi la conferma avviene guardando alla figura di Gesù e alle sue opere. Gesù è Dio perché ama come Dio, perché come Lui da la vita. Gesù è Dio perché perdona come Dio, cerca i peccatori per salvarli come Dio il buon pastore, perché ridà la vista cioè la possibilità di vedere la vita non come un susseguirsi di semplici avvenimenti che conducono alla morte, ma come dono prezioso che conduce alla vita eterna; Gesù è Dio che perché ci fa udire se stesso, Parola di Dio incarnata, Gesù è Dio perché si fa pane per il nostro cammino, è Via per indicarci la strada, è Verità che non delude, è pienezza di Vita.
Noi abbiamo Gesù, il figlio di Dio che ci salva e stiamo ad aspettare il liberatore politico che una volta che ci ha liberati vuol renderci suoi schiavi? Aspettiamo il liberatore spirituale che vuole intrupparci in una nuova religione? Aspettiamo il saltimbanco che faccia qualche miracolo per avere un nuovo leader che mangi sulle nostre spalle? Diciamo con sincerità piuttosto un altra cosa: oggi forse non è tanto difficile credere a Cristo ma alla figura distorta di Cristo che certi cristiani manifestano perché se anche noi facessimo ancor oggi gli stessi “segni” di Cristo, sarebbe molto più facile credere davvero in Lui.
GIOVEDI’ 16 DICEMBRE
Era nato verso l’anno 370. Di nobile famiglia fu educato allo studio degli autori latini, divenne senatore. Sposò Galla da cui ebbe due figli, divenuti santi, Verano e Salonio. Verso il 422 si ritirò a Lérins per consacrarsi alla preghiera e allo studio. Eletto vescovo di Lione, fra il 432 e il 441, esercitò grande influenza di pensiero e svolse attiva opera pastorale. Nel 441 assistette al concilio di Orange. Fu in relazione con tutti i più grandi pensatori cristiani dell’epoca. Ha lasciato omelie, commentari delle Sacre Scritture e trattati sulla vita eremitica. Morì tra gli anni 450 e 455.
Parola di Dio: Is. 54,1-10; Sal. 29; Lc. 7,24-30
“CHE COSA SIETE ANDATI A VEDERE NEL DESERTO? UNA CANNA AGITATA DAL VENTO?”. (Lc. 7,24)
Gesù fa l’elogio di Giovanni il Battista, questo grande personaggio che nella storia, come nel nostro Avvento, prepara la venuta di Gesù.
Giovanni, vera figura di profeta, non è un mezzo uomo. E' conscio della sua missione. Sa di essere la voce che deve scuotere le coscienze. Sa anche che questo gli costerà la vita, ma non tace e anche in mezzo al deserto continua a gridare con le sue parole e la sua vita. E’ sincero fino alla durezza e alla mancanza di diplomazia. E’ servitore della verità. E’ umile: avrebbe potuto manipolare il favore popolare ma non ha ceduto a questa tentazione.
Sovente mi chiedo: quali sono le cose che maggiormente possono essere di stimolo alla conversione? La nostra è l'epoca in cui i messaggi corrono velocissimi. Quante parole su Gesù, libri, conferenze, corsi biblici, meeting, catechesi agli adulti, e come mai la fede languisce così? Non sarà forse perché spesso mancano testimoni convinti, decisi, umili, pronti a pagare di persona? Il nostro mondo sperimenterebbe una profonda rivoluzione sociale se ciascuno di noi mettesse in pratica la consegna di convertirsi all’amore e alla giustizia, convertirsi a Dio e all’uomo, cominciare ad essere cristiani sul serio scegliendo l’onestà dal punto di vista personale e familiare, sociale e politica, amministrativa e imprenditoriale, informativa e sindacale.
VENERDI’ 17 DICEMBRE
NOVENA DI NATALE
“Gesù, che sei venuto nel mondo, nascendo dalla Vergine Maria, tu che vieni a ogni istante della vita umana e della vita di ciascuno, uomo o donna, bussando amichevolmente alla sua porta, tu che un giorno ritornerai - per ciascuno e per tutta la storia – per porre fine a questo tempo, prezioso dono di Dio, anticipo e preludio della benedizione eterna, fa’ che possiamo in ogni nostro piccolo desiderio desiderare il giorno del tuo ritorno, quando la finitezza della creazione lascerà il posto ai nuovi cieli e alla terra nuova e tutti insieme saremo nell'infinita beatitudine della Trinità santa.
Amen! Alleluia! Vieni, Signore Gesù!” (Card. Carlo Maria Martini)
Nasce a Fiorenzuola (Toscana) il 26 aprile 1651. Nel 1672 entra come conversa nelle Camandolesi del monastero del Boldrone nei pressi di Firenze ma, per motivi di salute, deve lasciare. Viene in seguito accolta dalle Suore Stabilite nella carità di Gesù Buon Pastore Cinturate Agostiniane e prenderà il nome di Maria Margherita Diomira del Verbo Incarnato. Ubbidienza, umiltà, pazienza, amore a Gesù, alla Madonna, agli angeli furono i cardini della sua spiritualità accompagnata da doni straordinari. Morì il 17 dicembre 1677.
Parola di Dio: Gen. 49,2.8-10; Sal. 71; Mt. 1,1-17
“GENEALOGIA DI GESU’ CRISTO, FIGLIO DI DAVIDE, FIGLIO DI ABRAMO”. (Mt. 1,1)
Matteo inizia il suo vangelo presentandoci l’albero genealogico di Gesù. Non ha tanto la presunzione di raccontarci di tutti gli avi di Gesù, quanto di dirci: guardate che Gesù non è fantasia, è realmente vissuto, è proprio uomo come noi e si inserisce in quella lunga storia di Salvezza che Dio ha intessuto lungo i secoli.
Gesù, Dio, per parlarmi ha preso un corpo come me. Lui, l’eterno, ha vissuto sulla sua pelle l’avventura umana ricca di sentimenti, di gioie, di dolori. Sa che cosa vuol dire fame, sete, tentazione, sa sorridere e sa piangere... Un Dio così mi può veramente parlare ed io posso rivolgermi con fiducia a colui che nella sua carne ha sperimentato le gioie e i dolori della vita quotidiana.
SABATO 18 DICEMBRE
NOVENA DI NATALE
Si dice che Mosè non ti poteva guardare faccia a faccia e che si levò i sandali per parlarti, e questo è vero. Che Isaia profeta si purificò le labbra con un carbone acceso per pronunciare il tuo nome, e questo è vero. Si dice che il tuo popolo ha curvato davanti a te la fronte nella polvere, davanti a te Dio grandissimo per pregarti, e questo è vero. Ma tu sei il Dio che ama e ti rifiuti di vedere l'uomo tremare davanti a te. E per farti veramente conoscere, hai preso posto in mezzo agli uomini. Tu sei divenuto tutto prossimo. Tu sei venuto in Gesù Cristo, tuo amato Figlio, a mostrare il tuo vero volto lucente di sudore, corrugato per le preoccupazioni, inquieto per la fame, illuminato da mille soli per l'amicizia, spezzato dal dolore. lo so che questo è vero. Io non ho più paura perché Dio è con me. Dio tra gli uomini, Dio così vicino. Dio. Uomo. lo so che questo è vero.
E’ un santo venerato in Campania. Sarebbe uno dei Vescovi cacciati dall’Africa nel V secolo dai Vandali e giunto in Italia. E’ patrono di Cava dei Tirreni.
Parola di Dio: Ger. 23,5-8; Sal.71; Mt. 1,18-24
“MARIA ESSENDO PROMESSA SPOSA DI GIUSEPPE…”. (Mt. 1,18)
Il racconto della nascita di Gesù, ci presenta nel vangelo di Matteo una coppia molto comune di fidanzati, che secondo le usanze del loro tempo, vive la sua storia di innamoramento e di desiderio di costruire una famiglia. Tocca il cuore pensare a questo volersi bene spontaneo, semplice, profondo, palpitante tra Maria e Giuseppe. Dio non è geloso dei sentimenti umani che Lui stesso ha messo nel nostro cuore, anzi si serve delle gioie umane e dell’amore per realizzare il suo piano. Sull’amore umano si innesta l’Amore, lo Spirito Santo e genera Gesù: Figlio di Dio e di Maria.
Dio ha bisogno del calore, dell’amore della tua famiglia per testimoniare che l’amore è possibile; Dio ha bisogno del nostro affetto per incarnarsi, ha bisogno della tua fedeltà per manifestare la sua fedeltà. La storia di Gesù comincia con un Dio mendicante di amore vero per poter donare amore a tutti.
DOMENICA 19 DICEMBRE 4^ DOMENICA DI AVVENTO ANNO A
NOVENA DI NATALE
Amici, fratelli che vivete ovunque, è venuto colui che attendete. Conoscete il suo nome? Io ve lo voglio dire e nel vostro cuore il suo nome risuonerà come un flauto nel silenzio brumoso della notte. Porte apritevi! Fategli posto sulle strade, preparate la casa. Posate le lampade sulle vostre finestre. Sappiate che la lunga attesa è terminata. Levate la testa! Io ve l'ho detto: è venuto. Conoscete il suo nome? Io ve lo voglio dire e il suo nome scoppierà in miriadi di stelle su tutto il mondo.
Faceva parte di un gruppo di nomi indicati come martiri a Nicomedia e ricordati dal Martiriologio Romano, proprio in questo giorno. I nomi, con relative varianti sono Dario (o Daria e il suo sposo Crisanto), Zosimo, Paolo (o Paolillo) e Secondo.
Parola di Dio: Is. 17,10-14; Sal. 23; Rom. 1,1-7; Mt.1,18-24
“GIUSEPPE, NON TEMERE DI PRENDERE CON TE MARIA TUA SPOSA PERCHE’ QUEL CHE E’ GENERATO IN LEI VIEN DALLO SPIRITO SANTO”. (Mt. 1,20)
Nel cammino
domenicale del nostro avvento dopo la figura di Giovanni ci viene presentata
oggi quella di Giuseppe . Povero Giuseppe, quante gliene sono successe nella
vita! Dapprima Dio che “gli ruba la ragazza”, poi la fatica di dover capire un
bambino così straordinariamente ordinario ed una moglie (amatissima) tutta
avvolta dal Mistero.
Giuseppe è uno di noi, una persona semplice come Maria a cui Dio chiede aiuto.
Maria, Giuseppe, gente semplice, gente vera e disponibile. Tra Maria e Giuseppe
c'è amore; Matteo, ci dice del loro rapporto che sono "promessi sposi", cioè più
che fidanzati nella cultura di Israele. Per un anno - fidanzati - potevano
vivere coniugalmente senza però coabitare. Perciò l'unico che sapeva che quel
figlio non era suo era proprio lui, Giuseppe. Osiamo immaginarci la notte
insonne di Giuseppe che viene a sapere della gravidanza di Maria? Cos'avrà
pensato di lei? Quanta sofferenza e dolore nel suo cuore… dunque si era
sbagliato a stimare questa ragazza di Nazareth? La legge chiedeva che Maria
venisse denunciata e, di conseguenza, condannata a lapidazione. Giuseppe la ama,
vuole salvarla, trova un scappatoia: dirà che è stufo di lei, la ripudierà
dicendo che non la vuole più in moglie, salvandole la vita e l'onore. Matteo, da
buon ebreo, descrive questo atteggiamento come "giusto". Giuseppe è "giusto",
cioè irreprensibile, autentico, onesto, di alto profilo; non giudica secondo le
apparenze, pur ferito a morte, sa superare il suo orgoglio e usa misericordia
verso la donna che ama. "Giusto" come i giusti dell'antico testamento, come i
pii davanti a Dio, come i retti di cuore che tanto la Scrittura loda. E
poi,durante la notte, il sogno, l'invito a fidarsi, a dare una improbabile
chiave di lettura a questi eventi che significa abbracciare l'inaudito di Dio.
E Giuseppe si sveglia e dà retta all'angelo. Grande, Giuseppe! Quante cose ci
dici, oggi, quanti suggerimenti ci dai tu, uomo abituato alle poche parole e a
stare defilato e che pure sei stato scelto come tutore e custode di Dio.
Giuseppe ci insegna anzitutto che Dio, Lui si, è fedele, che mantiene le
promesse di salvezza, anche se queste promesse, alle volte, devono attraversare
i cuori e storie di molte generazioni prima di potersi realizzare. Giuseppe ci
insegna ad essere giusti, retti, a non giudicare secondo le apparenze, a lasciar
perdere questa mania dell'apparire e dello stupire a tutti i costi, ad avere più
tenerezza che giustizia, a saper intravedere il mistero anche dietro le vicende
all'apparenza più evidenti. Giuseppe c'insegna ad avere il coraggio del sogno,
in questo mondo disincantato e cinico; lui, grande sognatore, vive l'interezza
della sua vita dietro ad un sogno, piega la sua volontà e il suo destino alla
volontà di Dio che gli chiede di mettersi da parte per lasciare spazio al suo
inaudito progetto di incarnazione.
NOVENA DI NATALE
Vergine dell'annunciazione, rendici, ti preghiamo, beati nella speranza; insegnaci la vigilanza del cuore, donaci l'amore premuroso della sposa, la perseveranza dell'attesa, la fortezza della croce. Dilata il nostro spirito perché nella trepidazione dell'incontro definitivo troviamo il coraggio di rinunciare ai nostri piccoli orizzonti per anticipare, in noi e negli altri, la tenera e intima familiarità di Dio. Ottienici, Madre, la gioia di gridare con tutta la nostra vita: “Vieni, Signore Gesù, vieni, Signore che sei risorto, vieni nel tuo giorno senza tramonto per mostrarci finalmente e per sempre il tuo volto! ” (Card. Carlo Maria Martini)
Erano entrambi sacerdoti armeni che si rifiutarono di accettare come religione il mazdeismo imposto dal re di Persia nel 450. Furono torturati e mandati ai lavori forzati in Mesopotamia. Coren morì nel 461, mentre Abramo fu liberato nel 463 e divenne vescovo di Bzunnik.
Parola di Dio: Is. 7,10-14; Sal.23; Lc. 1,26-38
ALLORA MARIA DISSE: “ECCOMI, SONO LA SERVA DEL SIGNORE”. (Lc. 1,38)
La porta dell’umanità che si era chiusa dietro le spalle di Adamo ed Eva si riapre grazie alla disponibilità totale di Maria e quel Dio, pellegrino di Amore trova ospitalità tra gli uomini che viene a salvare. Quante volte ho chiesto: “Che cosa vuoi da me, Signore?”, “Fammi capire la tua volontà”. Ma la risposta è poi semplice. Il Dio che viene non viene a portarmi via nulla, non mi chiede cose grandiose, chiede accoglienza per poter abitare con me, in me. Maria, con il suo realismo di donna pratica ha chiesto alcune spiegazioni all’angelo, ma come questo le ha detto di lasciar fare allo Spirito Santo, si è fidata.
Quanto faremmo bene se invece di voler salvare noi il mondo con le nostre povere opere, lasciassimo solo la porta aperta perché Dio salvi, perché Gesù operi, perché lo Spirito dia sfogo al suo immenso amore creativo per gli uomini.
MARTEDI’ 21 DICEMBRE
NOVENA DI NATALE
Signore, tu sei la luce che brilla nella storia e nella pienezza dei tempi:il sole di giustizia che ci è venuto per mezzo di Maria, la bellissima aurora che ti annunciò e ti portò. Tu Signore, sei la luce apparsa verso la metà della notte nei campi oscuri di Betlemme. Sei la luce che splendette mentre uscivi dal sepolcro, nella risurrezione. Tu sei la fittissima luce che brillò sui discepoli riuniti nel cenacolo, quando scese lo Spirito Santo. Tu sei la luce vera che viene continuamente in questo mondo. Sei venuto per rivelarci il Padre, per comunicarci la vita. Sei la Parola che era in Dio, la Parola che era luce, che era vita. Hai voluto che io fossi luce… Signore, che sei la luce, colui che ti segue avrà la luce della vita. Aiutami a essere luce, per Maria, Madre della luce. Amen. (Card. E. Pironio)
Nel 599, morto Anastasio il Vecchio, Anastasio gli succedette nella sede di Antiochia, e manifestò subito la sua ortodossia. Quando nel 609 l'imperatore Foca tentò di convertire forzosamente i Giudei, questi si ribellarono e, essendo riusciti ad imporsi in alcune città, tra cui Antiochia, si abbandonarono a sanguinose rappresaglie, durante le quali fu ucciso anche Anastasio. Questi, infatti, dopo essere stato trascinato in catene per tutta la città e aver subito mutilazioni, fu gettato nel fuoco.
Parola di Dio: Cantico 2,8-14 (oppure Sof. 3,14-18) Sal. 32; Lc. 1,39-45
”MARIA SI MISE IN VIAGGIO”. (Lc. 1,39)
Gesù ricevuto non viene tenuto come dono personale, ma portato da Maria . Gesù è venuto per arrivare al cuore di ogni uomo. Maria fa camminare Gesù ancora prima della sua nascita.
Maria porta con sé il mistero di questa concezione miracolosa, ma anche le sue apprensioni umane; Maria, la concreta va anche a vedere il segno che l’Angelo le ha dato come garanzia che a Dio nulla è impossibile.
Maria va a servire questa sua parente anziana incinta. Gesù, colui che è venuto a servire, ci serve attraverso le mani di sua Madre. E chi si incontra con Gesù portato da Maria non può non avere nel cuore la forza e la gioia dello Spirito Santo. Gesù è l’Amore incarnato, è l’opera dello Spirito. Dove lasci entrare Gesù entra il suo Spirito.
MERCOLEDI’ 22 DICEMBRE
NOVENA DI NATALE
Tu hai fatto tutto con tenerezza e niente di ciò che esiste nell'immensità dell'universo è stato fatto senza di essa. In te Signore c'è la tenerezza e la tenerezza è la vita degli uomini. Senza di essa nulla può crescere. Essa è il sole di Dio. A causa della tenerezza tu hai abbandonato i centomila splendori del tuo trono. In Gesù, tuo amato figlio, ti sei trovato adagiato in una mangiatoia, avvolto in fasce, senza alcuna difesa, e attorniato da persone senza importanza.
Nato a Kety, vicino a Cracovia in Polonia nel 1397 fu professore di teologia a Cracovia, fu per qualche anno parroco di Olkusz, ma presto lasciò la parrocchia per riprendere l'insegnamento (1440). Contribuì all'educazione del principe san Casimiro. Fu spesso pellegrino e fu riconosciuto per la sua carità verso i poveri. Morì a Cracovia nel 1473.
Parola di Dio: 1Sam. 1,24-28; Cantico da 1Sam 2,1.4-8; Lc. 1,46-55
MARIA DISSE: “L’ANIMA MIA MAGNIFICA IL SIGNORE”.(Lc. 1,46)
Un cuore pieno non può che lasciar traboccare ciò che ha dentro. Dal cuore di Maria traboccano la meraviglia, la gratitudine, la fede, la disponibilità, la gioia. Tutto questo si trasforma in parole che, guarda caso, non sono neanche “originali” in quanto il Magnificat è una preghiera fatta di parole e di preghiere che già ci sono nella Bibbia. Maria ha talmente “macinato”, pregato queste parole che le escono spontanee dal cuore.
Che cosa esce dal mio cuore questa mattina nella preghiera? Che cosa esce dal mio cuore oggi negli incontri con le persone?
GIOVEDI’ 23 DICEMBRE
NOVENA DI NATALE
Spirito di Dio, che agli inizi della creazione ti libravi sugli abissi del mondo, e trasformavi in sorriso di bellezza il grande sbadiglio delle cose, scendi ancora sulla terra, questo mondo che invecchia sfioralo con l'ala della tua gloria. Spirito Santo, che hai invaso l'anima di Maria, donaci il gusto di sentirci "estroversi". Rivolti, cioè, verso il mondo. Mettici le ali ai piedi perché, come Maria, raggiungiamo in fretta la città, la città terrena che tu ami appassionatamente. Spirito del Signore, dono del Risorto agli apostoli del Cenacolo, gonfia di passione la vita dei tuoi preti. Rendili innamorati della terra, capaci di misericordia per tutte le sue debolezze. Confortali con la gratitudine della gente e con l'olio della comunione fraterna. Ristora la loro stanchezza, perché non trovino appoggio più dolce per il loro riposo se non sulla spalla del Maestro. (don Tonino Bello)
Era figlio di Sigeberto III re di Austrasia e nipote di Dagoberto I. Fu inviato, dopo la morte del padre nel 656, in un monastero irlandese, dal maestro di palazzo Grimoaldo, che voleva innalzare al trono il proprio figlio Childeberto. Riuscì a salire al trono ma fu assassinato nella foresta di Woëvre, presso Stenay. Nel 679 Carlo il Calvo fece erigere sul luogo una basilica.
Parola di Dio: Malachia 3,1-4.23-24; Sal. 24; Lc. 1,57-66
“VOLEVANO CHIAMARLO COL NOME DEL PADRE, ZACCARIA. MA SUA MADRE INTERVENNE: NO, SI CHIAMERÀ GIOVANNI”. (Lc. 1,59-60)
Dio vuole un nome diverso da quello della tradizione per il figlio di Elisabetta. Giovanni, preparando la venuta di Gesù, cambierà totalmente il corso dell’Alleanza. Non ci si può più fermare alle vecchie tradizioni e abitudini. Sta arrivando l’Uomo Nuovo e allora c’è bisogno di uomini nuovi che si lascino trasformare totalmente.
Noi abbiamo il nome che ci è stato dato dai genitori alla nostra nascita, ma abbiamo dal Battesimo il nuovo nome di Cristiani. Ci siamo rivestiti di Cristo, il nostro uomo vecchio è morto con Lui nell’acqua del Battesimo per rinascere a vita nuova. La grande novità è Gesù. Ci rendiamo allora conto che non possiamo più vivere come uomini vecchi, stanchi, legati solo a tradizioni religiose, incancreniti nell’egoismo, pessimisti davanti al mondo e al futuro. Gesù ci chiama col nome nuovo ad essere uomini di speranza. Si può essere pessimisti e tristi quando “lo sposo” è con noi?
VENERDI’ 24 DICEMBRE
NOVENA DI NATALE
O Signore, che ti sei fatto dono per l'uomo; che non hai lasciato solo il ricordo di te come tanti che sono passati. Ci insegni che i nostri gesti d'amore sono vuoti se non portano agli altri un poco di noi stessi. Fa' che i miei doni non abbiano il sapore della circostanza, dell'obbligo, della buona creanza ma siano un modo d'andare incontro ai fratelli nella gioia di un cuore aperto.
Figlia, secondo la tradizione, di Dagoberto II, re d'Austrasia, si fece monaca alla morte del fidanzato. Fondò il monastero di Oeren, dove visse in ritiro. Nel 698 donò a san Villibrordo (Willibrord) la terra di Echternach, su cui il santo fece costruire una celebre abbazia. Morì a Oeren presso Treviri verso il 710.
Parola di Dio: 2Sam. 7,1-5.8-11.16; Sal. 88; Lc. 1,67-79
ZACCARIA PROFETÒ DICENDO: “BENEDETTO IL SIGNORE, DIO DI ISRAELE, PERCHÈ HA VISITATO E REDENTO IL SUO POPOLO”. (Lc. 1,67)
Ultima giornata del nostro Avvento e ultima occasione per accogliere Colui che viene. Zaccaria ci indica la strada per viverla. Lui, dubbioso, rimasto muto, ora riacquista il dono della parola per lodare l’opera di Dio.
Questa notte in chiesa o davanti ad un presepio, anche la nostra lingua dovrebbe “sciogliersi”. Dio ci ha visitato e la sua visita non è un passaggio sporadico e neppure la visita fiscale del padrone che viene a controllare se i suoi servi fanno i suoi interessi.
La sua è una visita non ingombrante: è un Bambino. E’ una visita per stare con noi, per farci suo popolo, per liberarci dai nostri nemici, per donarci luce, per dirigere i nostri passi verso di Lui.
Se la mia fede è parolaia, vorrei che questa sera diventasse una fede che parla attraverso la meraviglia degli occhi che si fondono nella limpidezza degli occhi del Dio Bambino, vorrei che le mie parole tacessero e parlassero le mie mani per accogliere in una carezza Colui che è venuto, vorrei che una volta tanto, senza ragionamenti e discussione, il mio amore si trasformasse in gesti verso coloro che Gesù ha amato e nei quali anche oggi nasce.
SABATO 25 DICEMBRE NATALE DEL SIGNORE
Gesù volle essere bambino perché tu potessi crescere come uomo perfetto; fu avvolto in fasce perché tu fossi sciolto dai lacci della morte; fu deposto in una stalla perché tu raggiungessi le stelle; non trovò posto nell'albergo perché tu avessi un posto in cielo. Egli ha scelto per sé la povertà per donare a tutti la sua ricchezza; egli ha pianto come un bambino per lavare col suo pianto i miei peccati. Signore Gesù, ti siamo riconoscenti più per la povertà e la debolezza che hai vissuto già da bambino per salvarci, che per la grandezza e la potenza con cui ci hai creati. (San Ambrogio)
Era figlia di San Adalbalbo e di Santa Ritrude. Rimasta orfana di padre entrò con la madre e le altre due sorelle nel monastero di Marchiennes. Vi rimase fino alla morte il 25 dicembre del 680.
Parola di Dio: Messa del giorno Is. 52,7-10; Sal. 97; Eb. 1,1-6; Gv. 1,1-18
“ECCO VI ANNUNZIO UNA GRANDE GIOIA…ECCO PER VOI IL SEGNO TROVERETE UN BAMBINO AVVOLTO IN FASCE, CHE GIACE IN UNA MANGIATOIA”. (Lc. 2,11)
I pastori, increduli, ascoltano quanto dice loro un angelo. “Per voi”, sottolinea l’angelo. Non per gli altri, non per saggi di Erode che sanno dove nascerà il Messia ma che dormono, né per i pii ebrei di Betlemme che non hanno saputo preparare un letto per una partoriente, né per il Sommo sacerdote e gli addetti alla religione. No, i privilegiati di Dio sono i pastori: rozzi, affaticati dalle lunghe e gelide notti di Palestina, rassegnati a compiere un lavoro sgradevole e visto con sospetto. I pastori ladri perché spesse volte sconfinavano alla ricerca di qualche zolla di erba per le loro pecore; pastori bugiardi al punto che era vietato loro testimoniare nei tribunali. No, loro non se l’aspettavano proprio il Messia; sì certo, nei ricordi da bambini si ricordavano della lunga lettura del rotolo di Isaia al sabato nella sinagoga, e dell’atteso dal popolo, colui che avrebbe ridonato lustro al Regno di Israele, al nuovo re Davide che avrebbe cancellato l’onta della dominazione romana sul popolo prescelto dal Dio dei padri come luce per le nazioni. Bello, certo, ma per gli altri, non per loro bastonati dalla vita e lasciati alle sponde della società. E invece, proprio loro sono i primi testimoni, i pastori dovranno dire all’umanità questa semplice e insostenibile notizia: Dio c’è. Anzi: Dio è qui, piange, ha fame, la mamma lo accosta all’acerbo seno adolescenziale e lo nutre. Ecco, questo è Natale. Chissà se siamo ancora capaci di stupirci davanti a questo o duemila anni di cristianesimo ci hanno creato una crosta alta due dita sull’anima e ci porta a pensare il Natale come se si trattasse di una favoletta?
Con il Natale Dio è accessibile, ed è un Dio che si svela con tutta la dolcezza e la bellezza che nessuno avrebbe potuto immaginare. Strappiamo via allora da Dio quella maschera orribile che gli abbiamo messo. No, Dio non è freddo, né lontano, né superbo, né sommo egoista nella sua asettica perfezione. Dio è un neonato che si stringe al seno della madre. Tutto qui. Non siamo qui a far finta che poi Dio nasce. No: Dio si è incarnato allora, si è dato, è cresciuto, ha annunciato ai poveri il lieto annunzio, è morto per noi perdonando, è risorto e vivo per sempre. Il mondo è già salvo, ma non lo sa. Io sono già salvo, ma non me ne accorgo preso, indaffarato, travolto, distratto, questo mondo inquieto ed annoiato ha dimenticato che Dio è un bambino che si dona. Sapremo stupirci? L’inatteso accade, sapremo sussultare? Dio ci ha salvati, ci lasceremo salvare? O ancora smantelleremo gli addobbi, riporremo il presepe con un sorriso amaro, chiudendo negli scatoloni il sogno di un Dio vero, incontrabile, splendido, per tornare alla cruda realtà? Dio è qui, donato, consegnato alla nostra indifferenza. Ed è qui soprattutto per i pastori di sempre: quelli che vivono Natale con un groppo in gola, quelli che saranno soli per la prima volta a vivere il Natale, quelli che non hanno né calore né regali, né festa, né speranza, né fede. Per voi è nato il Salvatore. Questo bambino indica che Dio ha voluto scegliere l’ultimo posto, il fondo del pozzo, per poter accogliere quelli che pensano di avere toccato il fondo… Ci stupiremo?
DOMENICA 26 DICEMBRE FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA ANNO A
Originario di Misuraca in Grecia, fu eletto papa il 18 marzo 417. Ebbe un temperamento forte e si batté contro le ingerenze estranee alla Chiesa. E' ricordato anche per il suo moralismo, durante il suo ministero inviò vicari nelle Gallie e prescrisse che i figli illegittimi non potessero essere ordinati presbiteri. Morì il 26 dicembre del 418.
Parola di Dio: Sir. 3,2-6.12-14; Sal. 127; Col 3,12-21; Mt. 2,13-15.19-23
“ALZATI E PRENDI CON TE IL BAMBINO E SUA MADRE E FUGGI IN EGITTO”. (Mt. 2, 13)
Ed eccoci il giorno dopo Natale a fissare lo sguardo sulla famiglia di Nazareth. Ma Gesù, Maria, Giuseppe possono davvero dire qualcosa di concreto alle nostre famiglie? Credo proprio di sì. Non solo: credo che in questi tempi dobbiamo avere il coraggio di parlare di più e meglio della famiglia, delle nostre famiglie. La famiglia è in crisi, ci dicono i sociologi. Ma senza scomodarli, ci rendiamo conto che qualcosa non funziona nella nostra società: sempre di più sono le coppie che si sfasciano, che non credono più nella possibilità di un rapporto duraturo. Non facciamone però solo un discorso moralistico cadendo nei soliti borbottamenti e luoghi comuni Quanta sofferenza e disillusione negli occhi di chi cerca una certezza affettiva! Dobbiamo concludere anche noi che è impossibile amarsi? Che è finito il tempo dell'illusione? Non è un problema da poco: se veramente è impossibile parlare di progetto, di fedeltà, di continuità, allora la famiglia è morta. Eppure questa festa, amici, ci ricorda il sogno che Dio ha sulla coppia. Amarsi è possibile; restare fedeli è possibile; crescere in un progetto è possibile. Di più: Dio ci ha piantato nel cuore, quando ci ha creati, questa nostalgia per la comunione. Non siamo stati creati a immagine e somiglianza del Dio che è Comunione Trinitaria? Giuseppe e Maria, allora, nel loro amore pieno di tenerezza e di fatica, ci dicono che Dio ha scelto di nascere in una famiglia, di soggiacere alle dinamiche famigliari, di vivere le fatiche del rapporto di coppia. Che bello questo! E l'annotazione di Matteo ci ricorda che tutto ciò non è retorica. Questi sposi che, clandestini, devono fuggire in un paese straniero sono l'immagine delle tante difficoltà di lavoro, di bilancio, di casa che le nostre famiglie spesso devono affrontare... Vorrei allora sottolineare due caratteristiche di questa famiglia che assomiglia alle nostre famiglie. Anzitutto: Nazareth ci ricorda come sia indispensabile mettere al centro il Progetto di Dio. Una famiglia che non si interroga sulla presenza di Dio, che non attinge da lui l'amore di cui ha bisogno, che non sa alzarsi al di sopra dell'emozione per vedersi ed accettarsi con un altro sguardo, corre il rischio di scivolare nel sentimentalismo. Altro è l'innamoramento, altro il desiderio che si costruisce di crescere insieme nel Progetto di Dio. La seconda annotazione riguarda proprio questo Dio-bambino che sgambetta per casa. Ci accorgiamo che Dio chiede ospitalità nella nostra quotidianità? Che è presente nei nostri luoghi di lavoro? Che siamo chiamati a riconoscerlo nello sguardo del nostro fratello? Un'ultima parola a chi, tra noi, vive un'esperienza dolorosa di famiglia: a chi è separato, a chi è figlio di persone divise, a chi ha accanto l'uomo o la donna sbagliati. Nella sofferenza che purifica, possiamo crescere nella tenerezza e nell'accoglienza dei fratelli, possiamo trovare il Progetto a cui continuamente Dio ci chiama. Egli è fedele! Non c'è sofferenza o fragilità che possano ostacolare la grazia di Dio e fare della morte interiore un'apertura alla vita vera. Guardiamo a Nazareth, allora. Dobbiamo oggi, con l'aiuto di Dio, riscoprire un nuovo modo di essere famiglia, nell'autenticità, nella fede, nel cammino reciproco. Maria e Giuseppe ci aiutino veramente ad avere il coraggio di riscoprirci famiglia!
LUNEDI’ 27 DICEMBRE
Giovanni da Vercelli (Capo Mosso, Biella, 1203 - Montpellier 1283), fu maestro di diritto canonico a Parigi, Pavia e Vercelli. Entrò nel 1229 nell'ordine domenicano. Fondatore del convento di Vercelli, generale dell'ordine (1264), si dedicò al suo incremento e perfezionamento.
Parola di Dio: 1Gv. 1,1-4; Sal. 96; Gv. 20,2-8
“MARIA MADDALENA CORSE E ANDO' DA SIMON PIETRO E DALL’ALTRO DISCEPOLO, QUELLO CHE GESU’ AMAVA”. (Gv. 20,2)
Quando Giovanni si autodefinisce “Colui che Gesù amava” non intende dire che Gesù abbia una graduatoria diversa nel voler bene, vuol semplicemente dire che lui, Giovanni, si sente amato da Gesù in pienezza, in tutte le sue caratteristiche. Senza togliere nulla dell’amore di Gesù per i peccatori, i poveri, gli altri apostoli, egli sente che l’amore di Gesù non è generico, è particolare per lui. Ed è proprio così anche per noi: Gesù che ama tutti indistintamente ha modi particolari di rivolgersi a ciascuno. Sulla terra siamo tutti amati da Dio, ma Dio ha un amore particolare per ciascuno. Gesù ci conosce intimamente, sa la nostra storia, le nostre difficoltà, le nostre capacità di amore, conosce il ‘timbro’ che ciascuno di noi dà alla propria esistenza e, se noi siamo attenti, cogliamo le sue attenzioni per noi espresse proprio secondo le nostre esigenze.
Anche tu hai dei doni particolari: è il modo di Gesù di parlarti, ed essi sono il modo con cui tu puoi rispondere a Lui. I doni che tu hai, però, non sono per farti superiore agli altri, sono per il bene comune.
Hai mai pensato di chiederti quale sia la tua vocazione, cioè quali sono i modi specifici con cui Dio ti ama? Se Dio ti ama così particolarmente, sai mettere a servizio degli altri ciò che Dio ti ha dato?
MARTEDI’ 28 DICEMBRE
Era nata a Napoli il 21 gennaio 1839. Ebbe la possibilità di studi accurati. L’incontro fondamentale della sua vita fu con il Beato Ludovico da Casoria e lui la associò all’Ordine Francescano Secolare indirizzandola al culto Sacro Cuore di Gesù. L’apostolato della Preghiera sarà il centro dell’impegno di Caterina. Fondò l’Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore, aprì un orfanotrofio, fece erigere un santuario al Sacro Cuore. Partecipò al primo congresso Eucaristico Nazionale. Morì il 28 dicembre 1894.
Parola di Dio: 1Gv. 1,5-2,2; Sal. 123; Mt. 2,13-18
“ERODE MANDO’ AD UCCIDERE TUTTI I BAMBINI DI BETLEMME”. (Mt. 2,16)
Il bene più prezioso che noi possediamo è la vita, ma spesso con quale superficialità teniamo conto della vita, specialmente quella degli altri! Non solo perché nel mondo, oggi, moriranno di fame alcune migliaia di persone e noi diremo, se ce ne ricordiamo: “Mi dispiace!”, e basta, ma anche perché spesso il nostro mondo, da una parte tanto attento al proprio benessere, gioca poi con molta superficialità sulla vita altrui; provate a pensare anche solo ad alcuni titoli di giornale: “Ubriaco imbocca l’autostrada in contromano, piomba su una famiglia che tornava dalle vacanze. Lui si salva, gli altri tutti morti.”, “La fabbrica degli aborti: solo nell’ospedale 34 al giorno!”. “Per vendere vino adulterato cinque morti e centinaia di persone intossicate”…. Gli Erode di oggi sono tanti. Quel Erode per paura di qualcuno che potesse anche solo in un futuro attentare al suo piccolo potere, fa uccidere bambini e spesso l’uomo per superficialità, per guadagnare di più mette a rischio la vita di tanti uomini. Questo significa aver perso il senso della sacralità della vita. La vita non è mia, neanche la vita degli altri può mai essere mia. Essa è un dono, viene da Dio e in Dio deve essere vissuta e a Dio deve tornare. Usare per i propri fini della propria e dell’altrui vita significa essere ladri, cioè usare di una cosa non propria per se stessi. Se poi penso a Gesù che rispetta talmente la vita umana da farsi uomo, che guarisce i malati, risuscita i morti, che offre la sua vita per noi, dovrei non solo avere un grande rispetto per la mia vita, ma scoprire nella vita degli altri il fatto che sono figli di Dio, che siamo fratelli che dobbiamo crescere insieme sotto la guida di un solo Padre.
MERCOLEDI’ 29 DICEMBRE
Era un monaco che aveva fondato un monastero a Ouche, in Normandia e ne era divenuto illuminato abate. Morì verso il 706
Parola di Dio: 1Gv. 2,3-11; Sal. 95; Lc. 2,22-35
“LO PORTARONO A GERUSALEMME PER PRESENTARLO AL SIGNORE... E OFFRIRE AL SIGNORE UNA COPPIA DI TORTORE”. (Lc. 2,22.24)
Una famiglia religiosa, osservante e povera.
Gesù non aveva bisogno di essere presentato al Signore: è Lui il Signore. Maria non aveva bisogno di purificarsi: è l’immacolata.
Eppure eccoli in fila al Tempio per adempiere la legge del Signore. Il fatto di avere con loro “il Dio-con-noi” non li ha insuperbiti. E per di più loro che hanno “il Creatore di tutte le cose”, sono poveri. La legge ebraica, infatti, prevedeva di offrire un agnellino ma “se la madre non può procurarsi la somma necessaria per un agnello offra due tortore o due piccioni”. Maria non ha potuto far di meglio. Semplicità e fede. Ci fossero questi due pilastri alla base delle nostre famiglie! La semplicità ci eviterebbe tante complicazioni e la fede ci permetterebbe di crescere come vuole Dio.
GIOVEDI’ 30 DICEMBRE
E’ incerto se la festa di questo santo cada oggi oppure il 26 dicembre.
Di origine Normanna fu vescovo di Canne (in Puglia). Nominato vescovo fuggì perché si sentiva indegno di quella carica. Appena consacrato trasformò il vescovado in un ospizio prodigandosi nell’assistenza agli ammalati. Per eventi bellici la città di Canne venne distrutta e Ruggero si impegnò fino alla morte nel seguire ed aiutare il suo popolo che emigrò quasi interamente a Barletta. Un secolo dopo anche le spoglie di S. Ruggero vennero tolte dalla cattedrale di Canne e riposte a Barletta nell’abbazia di S. Stefano.
Parola di Dio: 1Gv. 2,12-17; Sal. 95; Lc. 2,36-40
“C’ERA ANCHE UNA PROFETESSA, ANNA...”.(Lc. 2,36-38)
Fermiamoci un momento, oggi, a pensare ad Anna, questa povera anziana che accoglie nella lode Gesù. Anna fa parte dei “poveri di Dio”. Non ha niente. Anche la vita non le ha riservato molto. E’ rimasta vedova. Ma è ricca di Dio. Si reca al Tempio dove si dedica giorno e notte alla preghiera. Lei, vecchia, sola, malandata è giovane davanti a Dio. Nel nuovo Regno sono proprio questi poveri che contano, sono i piccoli che prendono il posto dei potenti, sono gli anziani che manifestano la giovinezza dell’amore di Dio.
Il nostro mondo è vecchio, capita spesso di incontrare giovani-vecchi, ma è un mondo che può ringiovanire se sa fidarsi e abbandonarsi a Dio. Conosco anziani che sono più vivaci di spirito che non certi giovani. Conosco persone sole umanamente che hanno saputo riempire la loro vita di Dio e che, magari da un letto di ospedale, sono più aperte a Dio e al mondo di coloro che con aerei sono oggi a Roma, domani a Londra e posdomani a New York. La giovinezza dello spirito non ha età. Ed è proprio a questi che diventa facile riconoscere in un povero bambino inerme,il Figlio di Dio Onnipotente.
VENERDI’ 31 DICEMBRE
Nacque a Fontcouverte, nella diocesi di Narbona, nel 1597 Studiò dai gesuiti a Béziers, ed entrò nella Compagnia a Tolosa nel 1616. Si dedicò all'apostolato delle missioni popolari prima a Fontcouverte, Montpellier, Sommières, poi, dal 1633, nelle regioni del Vivarais e del Velay, dove convertì molti calvinisti. Fu chiamato l’apostolo del Vivarese. Morì nel corso di una missione a Lalouvesc nel Vivarais nel 1640.
Parola di Dio: 1 Gv. 2,18-21; Sal 95; Gv. 1,1-18
"DALLA SUA PIENEZZA ABBIAMO RICEVUTO GRAZIA SU GRAZIA". (Gv. 1,16)
Un'ormai datato racconto diceva più o meno così: una povera donna viveva nella capitale di un paese dell'Europa del Nord, non lontano dal Palazzo Reale. Sua figlia, gravemente ammalata, desiderava ardentemente un po' di uva, ma come trovarne in negozio a quell'epoca dell'anno? La madre si ricordò tutto ad un tratto di aver visto, attraverso il parco del palazzo, aperto tutti, dei magnifici grappoli di uva nelle serre riscaldate. Armatasi di coraggio, ella andò a trovare il capo dei giardinieri per chiedergli di venderne uno o due grappoli. La povera donna ebbe un rifiuto categorico: " Lei è pazza, le disse il giardiniere, il re non è un mercante!
Ella se ne andò dunque molto delusa, quando un signore, che aveva udito la conversazione, si avvicinò a lei: "Il giardiniere ha ragione, egli disse, mio padre che è re non è un commerciante. Ma se non vende la sua uva, egli può regalarne!"
Così dicendo scelse dei bei grappoli che pose nel cesto della povera madre, tutta commossa e riconoscente.
Quante persone desidererebbero comprare la salvezza, non solo con del denaro, ma come i loro sforzi, i loro meriti e le loro preghiere? Esse non comprendano che la salvezza di Dio è dono gratuito. Il re dei re non vende nulla a nessuno. D'altronde quale prezzo l'uomo sarebbe in grado di pagare? Dio dona e dona generosamente se sappiamo chiedere e se sappiamo ricevere.
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