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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

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a cura di don Franco LOCCI

 

GIUGNO 2004

 

 

MARTEDI’ 1 GIUGNO   (riprende la 9^ settimana del Tempo Ordinario)

Una scheggia di preghiera:

 

A CRISTO LA GLORIA ORA E NEL GIORNO DELL’ETERNITA’

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: ABACHIRION, Santo, Martire

Sembra fosse originario della città di Antinopolis sul corso del Nilo, visse nel III secolo e fu martire ai tempi di Diocleziano. Una “Passio” insicura racconta le innumerevoli torture che subì e le conversioni che ci furono attorno alla sua morte.

Parola di Dio: 2Pt. 3, 12-15.17-18; Sal. 89; Mc. 12,13-17

 

“RENDETE A CESARE CIO’ CHE E’ DI CESARE E A DIO CIO’ CHE E’ DI DIO”. (Mc. 12,17)

Spesso questo brano è stato inteso come una indicazione precisa da parte di Gesù per il rispetto sia del potere civile che di quello religioso. Non è una interpretazione sbagliata ma certamente Gesù voleva dire qualcosa di più. Lui, nella sua vita, pur facendo delle scelte importanti, non si è mai schierato né con i romani, né con gli Zeloti. Gesù ha rispettato ogni forma di potere, ma le ha sempre contestate al loro interno quando non vedevano e non servivano l’uomo e il comandamento di Dio. Anche in questo caso Gesù mette l’uomo al centro: in Palestina circolavano diversi tipi di monete-denaro, quelle ebraiche assolutamente prive di figure umane (sarebbe stato peccato di idolatria)  e quelle romane che avevano impressa l’immagine dell’imperatore (che, ricordate, veniva considerato un Dio sulla terra). Quando Gesù dice: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare”. intende soprattutto: “Restituitegli la sua immagine” cioè: “Non cadete nel peccato di idolatria. Invece rendete a Dio la vostra immagine di uomini creati a somiglianza del vostro Creatore”. L’uomo con il potere, il denaro, il successo crea idoli e si nasconde dietro maschere false, però perde la sua vera grandezza e misconosce la propria identità, dare a Dio quello che è di Dio significa rimettere le cose al loro giusto posto cioè riscoprire la nostra identità di Figli di Dio, quindi riscoprire il vero rispetto di noi stessi e dei nostri valori, riscoprire il prossimo come creatura di Dio al quale siamo uniti da fratellanza, riscoprire Dio come il nostro comune Padre buono che vuole la nostra salvezza.

 

 

MERCOLEDI’ 2 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

TU SEI IL DIO DEI VIVI, IL DIO DELLA VITA.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: ERASMO Santo, Vescovo e Martire

Originario di Antiochia, fu costretto durante la persecuzione di Diocleziano, nel III secolo, a nascondersi sul monte Libano. Arrestato e torturato fu miracolosamente liberato. Si recò in Illiria dove operò numerose conversioni.

Nuovamente arrestato su ordine dell'imperatore Massimiano, sarebbe stato ancora liberato dall'arcangelo Michele che lo avrebbe condotto a Formia dove divenne vescovo e dove subì il martirio.

Parola di Dio: 2Tm.1,1-3.6-12; Sal. 122; Mc. 12,18-27

 

“DIO NON E’ UN DIO DEI MORTI, MA DEI VIVENTI!”. (Mc. 12,27)

L’ abitudine e i condizionamenti socio-ambientali sono i grandi nemici del manifestarsi libero e sereno della fede e della religiosità. Ne é un esempio il brano evangelico di oggi dove vediamo questi Sadducei che per il rispetto di una legge (quella del levirato che serviva per poter dar prole ad un parente defunto) arrivano fino alla estremizzazione quasi ridicola di questa donna che va in moglie a sette fratelli senza saper di quale sarà in un presunto aldilà cui loro non credevano. Ma anche la nostra fede nella risurrezione dei morti e le abitudini sociali di certa parte del clero, che sui morti ci hanno sempre guadagnato, hanno spesso reso Dio e la religione della gioia e della vita come se fossero i “becchini della morte”. Specialmente prima della riforma liturgica. ma in alcuni casi anche oggi, la Messa è stata “venduta” per i morti. C’erano Messe a “tre” (celebrante, diacono e suddiacono), Messe cantate, suonate, con catafalco, con tomba o con “tombino” (come diceva un certo parroco per indicare la messa “più bassa che ci fosse” contrassegnata solo da un tappeto nero messo per terra) e naturalmente questo corrispondeva ad un tariffario quasi che Dio e la Chiesa a seconda della cifra mandassero in paradiso più o meno in fretta. Io credo che l’Eucarestia sia il dono, il Testamento più grande che Gesù ci ha lasciato. E’ dunque bello e valido che in questa celebrazione della vita che vince la morte, nel ricordo reale di Cristo che si fa pane per tutti e che con questo attua la salvezza, si ricordino anche i nostri morti. Questo per pregare per loro, con loro ma anche per ricordarci della misericordia di Gesù che arriva a tutti vivi e defunti, per rinnovare la nostra fede nella risurrezione e il nostro impegno a vivere bene qui, per realizzare il piano di Dio ed essere poi con Lui e con i nostri cari per l’eternità, ma da questo a ritenere la Messa valida o meno se il prete ha detto il nome del defunto, c’è proprio una mentalità diversa. Non facciamo diventare Dio il Dio dei morti, non facciamo diventare la Chiesa il “becchino prezzolato a servizio delle pompe funebri”. Anche a proposito dell’offerta (e dovrebbe essere sempre offerta e non tariffa) essa non dovrebbe mai servire a “comprare la Messa” ma al massimo potrà essere un riconoscere un servizio o, meglio ancora, un offrire qualcosa per il bene di altri in memoria e a favore del defunto per il quale vogliamo pregare. Dunque, anche in queste cose ricordiamoci che Dio è il Dio non dei morti ma dei vivi qui sulla terra e dei vivi per l’eternità.

 

 

GIOVEDI’ 3 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI INTELLIGENZA, SIGNORE PER CONOSCERE LA TUA LEGGE.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: EUGENIO I  Papa                           

Mentre il Papa Martino I era prigioniero a Costantinopoli, nel 654, viene eletto Eugenio I che si considererà vicario di Martino fino alla sua morte. Anch’egli, come il suo predecessore rifiutò ogni compromesso con l’eresia. Morì però troppo presto per risolvere i tanti problemi aperti per la Chiesa di allora, il 3 giugno 657.

Parola di Dio: 2Tm. 2,8-15; Sal.24; Mc. 12,28-34

 

“NON SEI LONTANO DAL REGNO DI DIO”. (Mc. 12,34)

Mi è sempre piaciuta questa frase che Gesù rivolge al dottore della legge, anche perché spero che il Signore possa dirla anche per me. Ma come si fa a non essere lontani dal Regno di Dio? I Farisei erano sicuri di essere degli ottimi religiosi e invece erano in maggioranza degli ottimi ipocriti. Anche oggi senti spesso parlare dei cristiani che si sentono sicuri della loro fede, della loro morale precisa al millimetro, che hanno una risposta pronta e netta ad ogni interrogativo, che con baldanza sdottoreggiano su ogni argomento teologico. Per i rabbini di allora cercare quale fosse il primo comandamento rimaneva una delle tante questioni teoriche, una ricerca puramente intellettuale, ed anche per noi stabilire quali siano le cose migliori o quelle peggiori spesso serve per crearci dei parametri per poter nascondere la nostra mediocrità. Gesù non accetta queste classifiche ma ci dice che alla base di tutto ci sta l’amore, l’amore con cui ti lasci amare, l’amore di Dio che previene, che accompagna, che provvede, l’amore del prossimo che è riconoscersi figli di un unico Padre, che è riconoscere il potenziale di amore che è in ciascuno; l’amore vero per se stessi che è volersi costruire non secondo il proprio egoismo ma secondo il piano di Dio. Sono ben conscio di non aver capito “tutto” di Dio, so di non vivere una morale perfetta, so che il mio metro di giudizio non è preciso e che spesso comporta misure che sanno della mia povertà, so di vivere in mezzo a misteri divini e umani che vanno ben al di là delle mie capacità. Ma nella fede, a stento, so di voler bene a Dio. Mi hanno sempre fatto pensare molto le parole di quel grande apostolo, Paolo, che quasi al termine della sua vita dice: “Ho corso la mia corsa, ho combattuto la mia battaglia: ho conservato la fede”. Spero che anche a me succeda così, di arrivare alla fine, ammaccato, dubbioso, con tante sconfitte e qualche vittoria ma senza aver perso il dono prezioso della fede.

 

 

VENERDI’ 4 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

LA TUA LEGGE, SIGNORE, E’ FONTE DI PACE

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: FRANCESCO CARACCIOLO, Santo

Nato a Villa Santa Maria, nelle vicinanze di Chieti nel 1563 si chiamava al secolo Ascanio. Di nobile famiglia, fu ordinato sacerdote a ventidue anni e si dedicò particolarmente alla assistenza dei condannati a morte, collaborò con Agostino Adorno e Fabrizio Caracciolo alla fondazione e alla redazione delle costituzioni dell'ordine dei chierici regolari minori, dediti alla vita attiva e contemplativa. Le costituzioni furono approvate da Sisto V (1588). Nel 1591 divenne generale dell'ordine e fondò diverse case religiose in Spagna. Morì ad Agnone, Campobasso nel 1608.

Parola di Dio: 2Tm. 3,10-16; Sal. 118; Mc. 12,35-37

 

"E LA NUMEROSA FOLLA LO ASCOLTAVA VOLENTIERI". (Mc.12,37)

La parola di Dio è sempre uguale, ma e vero che  ci sono predicatori che ascoltiamo più volentieri degli altri.

Quand'è che la gente ascolta volentieri una persona? I motivi possono essere diversi, ad esempio, quando si crea una sintonia tra chi parla e ascolta, quando chi parla usa termini e gestualità che davvero comunicano, quando chi ascolta vede in colui che parla la realizzazione dei suoi pensieri, quando le parole dette corrispondono alle scelte di vita di chi parla. Perché la gente ascoltava volentieri Gesù? Perché era uno di loro, perché le sue non erano solo parole vuote ma accompagnate da gesti concreti di amore, perché richiamava l'essenza della loro fede e la liberava dalle pastoie della falsa religione, perché realizzava le aspirazioni dei poveri, perché usava con i semplici un linguaggio semplice, facilmente comprensibile… E oggi, noi andiamo ancora volentieri ad ascoltare Gesù? Troviamo il tempo per leggere e rileggere i Vangeli? Cerchiamo di riconoscere la realizzazione delle sue parole di liberazione e di speranza? Si può ascoltare per curiosità e poi lasciar scorrere le parole su di noi come fa l’acqua che scorre su una pietra impermeabile. Si può ascoltare unicamente per trovare una risposta immediata ad un problema, si può ascoltare per cercare conferme o per poter criticare, ma la parola di Dio non ha bisogno di questi uditori. La parola di Dio va ascoltata “come parola di Dio e non come parole di uomini”. La Parola di Dio va accolta non come un lenitivo ma “come una spada tagliente, a doppio taglio, che penetra fino alla divisione delle ossa”. La parola di Dio va accolta come un “seme che cade in terra buona e muore e porta frutto ora del  30, ora del 60, ora del 100 per uno”. La parola di Dio “è viva, efficace”, se accolta con amore ha il potere di trasformarci. Non basta andar dietro alla Parola di Dio perché piace, oppure a questo o quel predicatore perché dicono ciò che io voglio sentire. Dio parla a me. Dio si svela a me. Dio non risolve i miei piccoli problemi e non risponde in diretta alla mie piccole domande, ma mi dona Se stesso e se l’accolgo, io cambio.

 

 

SABATO 5 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

CON LA MIA VITA CANTERO’ LA TUA LODE

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:  EOBAN O EOBANO, Santo, Vescovo e Martire

Era un sacerdote anglosassone, dotto nelle Sacre Scritture e magnifico predicatore, fu monaco benedettino e compagno di apostolato di san Bonifacio, che lo consacrò vescovo di Utrecht. Assieme a san Bonifacio subì il martirio a Dokkum, nella Frisia, nel 755.

Parola di Dio: 2Tm. 4,1-8; Sal.70; Mc.12,38-44

 

“QUESTA VEDOVA HA GETTATO NEL TESORO PIU' DI TUTTI GLI ALTRI”. (Mc. 12,43)

Il racconto della vedova che offre a Dio quanto ha (due monetine) conclude tutta una serie di discussioni che i “dotti” avevano ingaggiato con Gesù. Erano venuti i “maestri” a interrogare Gesù, avevano tirato fuori la loro scienza, le loro teologie e Gesù aveva cercato di riportarli dalla sfacciata ipocrisia alla semplicità e umiltà di vita. Dopo tanto parlare, disquisire di teologia, Gesù lascia che sia il gesto concreto di fede di questa donna a parlare. E il silenzio di questa donna, probabilmente analfabeta, parla più di tutte le affermazioni di scienza o di teologia.Non contano le parole, le manifestazioni altisonanti del culto e neppure i bigliettoni sbandierati di chi dà ma con la ricevuta fiscale detraibile dalle tasse degli uomini o da quelle presunte con Dio, conta questo gesto silenzioso ma di donazione totale nella fiducia che Dio è provvidenza. A noi, “persone equilibrate” il gesto della vedova pare eccessivo. La vedova invece non e prudente, dà tutto, si fida di Dio. Non aveva sentito Gesù dire: "Va', vendi ogni cosa, poi vieni e seguimi!” ma lo mette in pratica. Gioca tutta la sua vita su Dio… eppure, sembra che nessuno si accorga di questo! Sono tutti ammirati dalle abbondanti elargizioni dei ricchi: che cosa può voler dire una piccola, insignificante figura nera con due spiccioli che non fanno neppure rumore? Qualcuno se ne accorge! Gesù legge dentro e vede la fede, quella fede che non fa rumore e non si esibisce davanti a platee per riceverne l'applauso. Se qualche volta proviamo a leggere gli eventi della storia con gli occhi di Gesù (noi non siamo Lui, ma in buona misura, se vogliamo, possiamo avvicinarci a Lui), troveremo anche noi tante sorprese: scopriremo in mezzo all'egoismo, alla melma quotidiana, questi piccoli e nascosti tesori e poco per volta comprenderemo che la vera fede è ancora viva, non tanto per le grandi cattedrali costruite nei secoli  ed ora ridotte a museo di Dio e della fede, ma per "piccole, nere, vedove" che ancora giocano tutto sulla fiducia che Dio ci sia e ci ascolti.

 

 

DOMENICA 6 GIUGNO   SANTISSIMA TRINITA’

Una scheggia di preghiera:

 

GLORIA AL PADRE, AL FIGLIO E ALLO SPIRITO SANTO

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:  NORBERTO Santo  Vescovo

Nato a Wanten, in Germania, da una nobile famiglia renana, Norberto (1085-1134)  fu in un primo tempo cappellano alla corte imperiale. Si convertì improvvisamente dalla vita mondana che conduceva, e si dedicò alla penitenza e alla predicazione itinerante. Divenuto vescovo di Magdeburgo, condusse una attiva opera di riforma.

Parola di Dio: Pro. 8,22-31; Sal. 8; Rom 5,1-5; Gv. 16,12-15

 

“LO SPIRITO VI GUIDERA’ ALLA VERITA’ TUTTA INTERA”. (Gv. 16,13)

Se crediamo che Gesù è il Figlio di Dio, possiamo fidarci di ciò che Egli dice sul conto di Dio. Gesù,infatti non parla per astrazione, per ragionamento, per deduzione, ma per esperienza. Lui sa com’è Dio perché Lui e il Padre sono una cosa sola. E Gesù ci svela qualcosa di inaudito, inimmaginabile, inatteso: Dio è Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Cioè: Dio non è il solitario, è festa, famiglia, comunione, danza, relazione, dono. Dio è tre persone che si amano talmente, che se la intendono così bene che noi – da fuori – vediamo uno. Un po’ come quando vediamo una coppia di sposi o di fratelli che si vogliono talmente bene da sembrare una cosa sola. Che bello! Vedere realizzato in Dio ciò che noi sempre desideriamo! Tre persone che non si confondono, che non si annullano in una indefinita energia cosmica. Riusciamo addirittura a delineare l’opera, il lavoro di ognuno, il “carattere specifico” di ogni persona: riconosciamo l’impronta del Padre nella Creazione, nello stupore della natura; riconosciamo l’agire del Figlio nella sua volontà di salvezza dell’uomo; riconosciamo l’afflato dello Spirito che accompagna, porta a compimento e santifica l’umanità pellegrina. Ma andiamo oltre. La Genesi ci dice che Dio per crearci si guardò allo specchio. Siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio. Quindi siamo fatti ad immagine e somiglianza della comunione. Allora capisco perché la solitudine mi pesa tanto e mi fa paura, è contro la mia natura! Capisco perché quando amo, quando sono in compagnia, quando riesco ad accogliere e ad essere accolto sto così bene: realizzo il fine per cui Dio mi ha creato. La festa della Trinità, allora, è la festa del mio destino, è lo specchio della mia attitudine profonda, è il segreto della mia felicità.

 

 

LUNEDI’ 7 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, TU SEI IL MIO CUSTODE, CON LA TUA OMBRA MI COPRI.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: ANTONIO MARIA GIANNELLI, Santo Vescovo 

Nacque il 12 aprile 1789 a Cereto, presso Chiavari (Genova). Nel 1829 fondò le Figlie di Maria Santissima dell'Orto, conosciute ancora oggi con il nome di Suore Gianelline. Esse compiono il loro apostolato prevalentemente in America Latina. Nel 1838 venne eletto vescovo di Bobbio. Morì il 7 giugno 1846.

Parola di Dio: 1Re 17,1-6; Sal. 120; Mt. 5,1-12

 

“BEATI I PURI DI CUORE, PERCHE’ VEDRANNO DIO”. (Mt. 5,8)

In un libro di circa trent’anni fa ho trovato questo brano che mi sembra un commento molto attuale della Beatitudine di  oggi e in generale di tutte le Beatitudini:

La tragedia dell’oggi è che l’uomo non sa più di avere un cuore. Ubriaco di conoscenza ha chiuso gli occhi dell’anima, i soli che sanno vedere l’ “oltre” delle cose e degli eventi. Così è sommerso da mille miraggi, da infinite illusioni. Rincorre la libertà, ma ignora che la sola libertà è nel cuore. Chi è libero dentro è sovrano. Rincorre la gioia, ma ignora che la gioia autentica è nel cuore. Chi ha nel cuore la gioia vede l’universo sorridergli. Rincorre la pace ma ignora che la vera pace è nel cuore. Chi ha la pace nel cuore, non solo è “perfetto nella pace” ma è anche l’unico che la dispensi realmente a piene mani. Solo lasciandosi, con coraggio, giudicare dal proprio cuore l’uomo ha qualche speranza di salvezza. Perché ormai la conoscenza mentale ha fallito. O meglio, ci ha portato alle soglie della distruzione totale. Solo una dimensione diversa, quella interiore, salverà l’umanità.

 

 

MARTEDI’ 8 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

RISPLENDA SU DI NOI, SIGNORE, LA LUCE DEL TUO VOLTO.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: MEDARDO, Santo, Vescovo  

Era nato in Francia, in Piccardia nel VI secolo. Fu nominato Vescovo della diocesi di Vermand che, a causa delle invasioni barbariche trasferì poi a Noyon. Svolse una particolare attività missionaria nelle Fiandre. Morì verso l’anno 545, Nel Medioevo veniva invocato contro il mal di denti.

Parola di Dio: 1Re 17,7-16; Sal. 4; Mt. 5,13-16

 

“VOI SIETE IL SALE DELLA TERRA… VOI SIETE LA LUCE DEL MONDO”. (Mt 5,13-14)

Proviamo a sentirle rivolte a noi personalmente queste parole. E’ Gesù che dice a me: “Tu sei il sale della terra… Tu sei la luce del mondo!”. Quale grande fiducia ha in noi il Signore. Se io guardo la mia vita mi accorgo che ci sono più domande che risposte, più ombre che luci, più debolezze che sicurezze… come faccio ad essere luce e gusto della vita per gli altri? E’ vero che di mio c’è molto poco, ma se credo a Gesù io sono il tempio dello Spirito Santo che Lui mi ha donato, io sono il figlio che può dialogare con Dio suo Padre, io sono fatto a immagine e somiglianza di Dio, io posso rappresentare il volto di Cristo sulla terra… Tutte queste cose me le ha dette Lui, il Figlio di Dio morto e risorto per me e per tutti noi, mi ha anche detto che dove è carità e amore lì c’è Lui, che qualunque gesto fatto con amore è fatto a Lui, che Lui sarà con noi per tutti i secoli… Allora non posso nascondere la sua luce, non chiudo in dispensa a doppia mandata il suo sale che può dar gusto alla vita di tante persone. Il cristiano non porta se stesso, quando lo fa porta solo le proprie miserie, ma è chiamato a portare Gesù. Ci riuscirò allora nella misura in cui io scompaio per lasciare posto a Lui. Io ho difficoltà al perdono, ma Gesù perdona me e tutti i miei fratelli. Io ho difficoltà ad amare certe persone, ma Lui ama tutti e ciascuno in modo particolare. Io ho difficoltà ad annunciare il Vangelo, ma se lascio parlare Lui, Lui riesce ad arrivare ad ogni cuore magari servendosi anche delle mie povertà e dei miei errori. Non perdiamoci d’animo: nonostante le nostre debolezze, ogni sforzo di bontà, di amore evangelico non va perduto ma a suo tempo produce il frutto desiderato da Dio per il nostro bene e per quello dei fratelli.

 

 

MERCOLEDI’ 9 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

SEI TU IL MIO SIGNORE, SENZA DI TE NON HO ALCUN BENE.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:  EFREM Santo, Diacono e Dottore della Chiesa

Teologo e poeta, Efrem (306—373) rifiutò il sacerdozio per umiltà e fu diacono a Nisibi, in Turchia, e poi a Edessa. Scrisse in Siriaco una serie di commenti biblici, di omelie e di inni che gli hanno meritato il soprannome di “cetra dello Spirito Santo”. I suoi poemi esprimono una profonda devozione alla Vergine.

Parola di Dio: 1Re 18,20-39; Sal. 15; Mt. 5,17-19

 

“NON PENSATE CHE IO SIA VENUTO AD ABOLIRE LA LEGGE O I PROFETI; NON SONO VENUTO PER ABOLIRE MA PER DARE COMPIMENTO”. (Mt. 5,17)

Siamo perfettamente convinti che “La legge di Dio non passerà!” ma altrettanto crediamo a quel motto di sant’ Agostino che dice: “Ama e fa ciò che vuoi”. Come mettere insieme queste due affermazioni? E’ sempre difficile coniugare nella vita morale ciò che è la legge di Dio, generale e oggettiva per tutti gli uomini, con quella che è la libertà portata da Cristo. Questo non ci stupisca: Gesù ha trovato difficoltà in chi lo ascoltava a questo riguardo; nella chiesa primitiva (vedi soprattutto le lettere di Paolo, di Giacomo, gli Atti degli Apostoli) è stato motivo di discussioni accanite e anche di divisioni. Forse però la chiave per avvicinarci a comprendere e vivere questo argomento sta proprio nelle parole di Gesù che meditiamo oggi. Dio ha parlato. Ha dato una legge universale con un linguaggio storico. Questa legge, nella sua essenza, è immutabile. Gesù non è venuto né ad abolirla né a cambiarla, ma a svelarcene il senso e il modo di viverla. In parole povere: io posso osservare tutti e dieci i comandamenti, e faccio bene, ma se alla base non c’è l’amore di Dio e del prossimo non serve a niente. Se invece io amo Dio che mi dà la sua leg­ge e il prossimo come mio reale fratello, osserverò la legge con amore, perché è un dono prezioso ma saprò anche andare oltre alla legge quando l’amore lo richiede. Per un cristiano, ad esempio, il comandamento “Non uccidere”, non è solo più negativo ma diventa: ama la vita, tua, degli altri, delle cose, e, sempre nell’amore, diventa addirittura come per Gesù: “Non c’è amore più grande che dare la propria vita per il fratello”.

 

 

GIOVEDI’ 10 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

IL TUO POPOLO, O SIGNORE, SI NUTRE DEI TUOI BENI.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:  ENRICO DA BOLZANO, Beato 

Enrico nacque a  Bolzano intorno al 1250 e lì visse poveramente come operaio. Sposatosi, si trasferì a Treviso con la moglie e il figlio. Dopo la loro morte visse in una modestissima stanza messogli a disposizione da un notaio. Negli ultimi anni si ridusse in estrema povertà, accettando l'elemosina. Durante la sua vita, sia a Bolzano, che a Treviso, fu un assiduo uomo di preghiera; si racconta che a Treviso visitava quotidianamente tutte le chiese della città. Molto ammirata fu la sua vita di penitente: dormiva su un duro giaciglio, portava un ruvido saio, praticava lunghe veglie in preghiera. Quando si spense, tutto solo nella sua stanza, i trevisani dissero che era morto un santo.

Parola di Dio: 1Re 18,41-46; Sal. 64; Mt. 5,20-26

 

“SE PRESENTI LA TUA OFFERTA SULL’ALTARE E LI’ TI RICORDI CHE IL TUO FRATELLO HA QUALCHE COSA CONTRO DI TE, LASCIA LI’ IL TUO DONO DAVANTI ALL’ALTARE E VA PRIMA A RICONCILIARTI CON IL TUO FRATELLO E POI TORNA AD OFFRIRE IL TUO DONO”. (Mt. 5,23—24)

San Paolo in una delle sue lettere ci invita a riflettere prima di ricevere l’Eucarestia per poterla ricevere degnamente affinché Essa non diventi motivo di condanna per noi. Credo che ciascuno di noi, prima di accostarsi all’Eucarestia si faccia l’esame di coscienza. Solamente che l’abitudine e un certo tipo di insegnamento che abbiamo ricevuto ci porta a vedere se “sono degno di ricevere Gesù” quasi che la Comunione sia un premio che noi meritiamo o meno a seconda delle nostre opere; nel brano di vangelo odierno Gesù ci dice qualcosa di più: l’Eucarestia è impossibile se non é comunione d’amore per i fratelli. Il culto e la religione devono rispecchiare la vita e viceversa. Mangiare il Corpo del Signore richiede amore nel cuore e pace con i fratelli, perché Cristo è il segno dell’amore di Dio Padre per l’uomo. In fondo è come se Gesù ci dicesse: non essere ipocrita, non nasconderti dietro la tua falsa giustizia, il tuo perbenismo, il tuo formalismo. Non pensare di comprarti Dio solo con qualche messa o con qualche candela. Dio “ti scruta e ti conosce”, sa benissimo che cosa c’è dietro le apparenze, vede la realtà del tuo sforzo. Gioca con Lui a carte scoperte. Sii onesto, digli piuttosto che non ce la fai ancora sulla strada del perdono ma dimostragli che sinceramente la stai cercando. Per Gesù anche la ricerca faticosa della vera fraternità passa davanti al servizio cultuale di Dio; o piuttosto, è il servizio vero di Dio, quello che Egli si aspetta da te. E, oltretutto, la riconciliazione dei fratelli che professano uno stesso credo è la testimonianza che sarà meglio capita dal mondo di oggi.

 

 

VENERDI’ 11 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

ANNUNZIERO' AI FRATELLI LA SALVEZZA DEL SIGNORE.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: AMABILE, Santo, Sacerdote

Era un sacerdote della cattedrale di Clermont. Morì verso il 475 in concetto di santità anche per aver liberato i dintorni da vari animali velenosi. E’ patrono di Riom ed è invocato a favore dei dementi e degli indemoniati.

Parola di Dio nella festa di San Barnaba: At. 11,21-26; 13,1-3; Sal. 97; Mt. 10,7-13

 

“E, STRADA FACENDO, PREDICATE CHE IL REGNO DI DIO E’ VICINO”. (Mt. 10,7)

Gesù, mandando i dodici in missione, vuol farci capire una cosa molto semplice: se tu hai trovato una cosa bella, l’unica maniera di gioirne appieno è di farne partecipi gli altri; e, ancora: se tu hai a cuore le prove, le difficoltà, la ricerca dell’uomo, tu ami quest’uomo non solo dicendogli: ”poverino!”, ma aiutandolo a trovare Colui che è il senso del suo gioire e del suo soffrire. Quanto è diverso il “modo missionario” di Gesù da certi “modi missionari” organizzati dalle chiese! Gesù non bada che i dodici abbiano capito tutto. Non sono neppure ancora passati attraverso lo scandalo della croce, non sono neppure ancora arrivati ad affermare che Gesù è il Figlio di Dio, non sono teologi perfetti, non hanno fatto corsi di formazione missionaria, non hanno lauree universitarie né sono andati a corsi di dizione o di canto gregoriano per liturgie inappuntabili. Sono poveri perché non hanno nulla, ma sono poveri soprattutto perché non hanno nulla di proprio da portare agli altri e anche il loro messaggio è umile e rispettoso delle persone a cui è indirizzato: “Il Regno di Dio è vicino a voi”. Non sono mandati perché “venga la chiesa” ma perché “venga il tuo Regno”. Non hanno da dire: “Venite da me che ho la verità, che vengo a darvi il vero Dio. Venite da noi perché noi siamo i migliori”, ma semplicemente: “Guardate che Dio è già qui, sta operando in voi”. Il missionario è colui che ha profondo rispetto per coloro ai quali è mandato e per quanto essi hanno già colto ed espresso di quel Dio che vive ed agisce in tutti gli uomini molto prima che essi lo abbiano riconosciuto. La predicazione deve essere fatta “strada facendo”. Non c’è bisogno di cercare chissà quali strade, ognuno di noi ha la sua strada, il suo quotidiano, il suo prossimo da incontrare ogni giorno in casa, al lavoro, in vacanza…”strada facendo” nei giorni migliori come in quelli più duri, negli incontri più impensati come in quelli più abituali. Davvero, davanti a questo tipo di missione non abbiamo scuse per tirarci indietro.

 

 

SABATO 12 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, TU SEI FEDELE, SANTO IN TUTTE LE TUE OPERE.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:  NAZARIO e CELSO, Santi, Martiri

Nazario e Celso, giunti a Roma da Milano, divennero compagni di martirio nelle persecuzioni del I secolo: conobbero insieme la flagellazione e la decapitazione, irremovibili nella loro fedeltà a Cristo.

Parola di Dio: 1Re 19,19-21; Sal. 15; Mt. 5,33-37

 

“SIA IL VOSTRO PARLARE SI’, SI’; NO, NO; IL DI PIU’ VIENE DAL MALIGNO”. (Mt. 5,37)

Come è difficile incontrare delle persone sincere! E’ molto più facile trovare persone che ci fanno vedere una faccia e poi sono completamente diversi, persone che  ti parlano con parole suadenti, che sono accattivanti, ma che lo fanno per loro interessi particolari, persone che ti dicono mezze verità per portarti dalla loro parte…E se è vero che quando andavamo a confessarci da ragazzi, uno dei peccati più facilmente individuabile erano le famose “bugie”, è altrettanto vero che da grandi, se siamo corretti nel nostro esame di coscienza, dovremmo ancora confessarci per aver attentato tante volte alla verità in modi magari ben più gravi: per averla nascosta agli altri o a noi stessi; per aver insinuato cose che a base di “forse”, “ma”, “mi pare”, hanno portato altri su giudizi non veri; per non averla cercata la verità perché poi ci sarebbe costata troppo; per aver mascherato dietro parole di vana cultura la nostra povertà e vuotezza interiore. Con questa frase, poi, Gesù non solo ci invita alla sincerità, all’evitare le bugie, ma anche ad usare bene del nostro modo di parlare e di porci davanti agli altri. Qui tutti, io per primo, abbiamo molto da imparare. Noi siamo tutti dei grandi parolai e chiacchieroni. Spesso pensiamo che con le nostre parole possiamo convincere o addirittura ‘convertire’. E non ci rendiamo invece conto che la semplicità, la sincerità e la testimonianza dei fatti parlano certamente più di tante chiacchiere o di tanti salotti religiosi, sfoggio di presunte culture, che lasciano indifferenti e creano ancora maggiori divisioni tra credenti. Non lo avete notato che quelli che parlano di più sono spesso coloro che hanno meno cose da trasmettere? Guardiamo ancora una volta a Gesù, nostro modello: ha lavorato in silenzio per trent’anni ed ha predicato solo tre anni; quello che diceva lo viveva; non si lasciava ingannare né dalle maschere e neanche dalle belle apparenze di religiosità; sapeva leggere nei cuori e scorgere il bene anche dove altri vedevano solo colpa e peccato da punire; odiava l’ipocrisia; anche ai suoi discepoli non ha chiesto che andassero a fare quali prediche, ma solo una testimonianza gioiosa dell’opera di Dio; le sue sono sempre parole di Verità, anche quando questo gli costa la morte, sono parole a volte molto esigenti nei nostri confronti, ma sono sempre anche parole di serio incoraggiamento, di presenza consolante, di impegni dati sulla fiducia.

 

 

DOMENICA 13 GIUGNO   FESTA DEL CORPO E SANGUE DEL SIGNORE

Una scheggia di preghiera:

 

SEI TU SIGNORE IL PANE, UN CIBO SEI PER NOI.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: IGNAZIO MALOYAN, Beato, Confessore della fede

Nacque a Mardine, in Turchia il 19 aprile 1869. Entrò in convento a Bzommar in Libano e divenne sacerdote nel 1896. Nel 1897 fu in missione prima ad Alessandria poi al Cairo. Nel 1911 fu eletto Arcivescovo di Nardine. Nel 1915, essendo la Turchia alleata con la Germania, cominciò la persecuzione contro gli Armeni. Il 13 Giugno 1915 fu arrestato con 27 componenti la comunità. Al suo rifiuto di abbracciare l’Islam fu colpito e torturato e poi ucciso.

Parola di Dio: Gen. 14,18-20; Sal. 109; 1Cor 11,23-26; Lc. 9,11-17

 

“TUTTI MANGIARONO E SI SAZIARONO”. (Lc. 9,17)

E’ abbastanza facile comprendere come il brano di Luca, oltre che raccontarci la moltiplicazione dei pani, vuole parlarci del dono dell’Eucarestia. Gesù prima di tutto dona se stesso come parola, infatti noi abbiamo bisogno di una parola che sia buona notizia in mezzo alle prove della nostra vita, che ci illumini, ci guidi, ci sostenga. “Beati quelli che hanno fame della Parola di Dio perché saranno saziati”. E ogni volta che noi celebriamo l’Eucaristia, con abbondanza ci viene rivolta la parola di Dio. Poi Gesù ci parla attraverso i segni. Ci dice san Luca, innanzitutto, che "guariva coloro che avevano bisogno di essere guariti", e poi ci narra il meraviglioso segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Gesù Cristo, come amico e fratello dell’uomo, come Signore della vita e della natura, è interessato a guarire le infermità, a saziare la fame naturale degli uomini. Potrebbe essere altrimenti? Ma il suo interesse maggiore sta nel fatto che gli uomini, mediante questi segni, siano capaci di elevarsi fino a Dio Padre, che amorosamente ha cura dei suoi figli, e fino al Regno di Dio, in cui ci sarà pane per tutti. E poi Gesù ci dà se stesso nel suo pane. Davanti a tutto questo non ci sarebbe da vivere nella meraviglia? Come mai l’Eucarestia tra noi cristiani è così poco compresa? Perché anche persone buone e credenti la frequentano “quando possono”? Perché anche certi sacerdoti sembrano più celebranti di un rito che gioiosi portatore e usufruitori di un dono? Forse è perché l’abitudine uccide tutto e la ritualità appiattisce ogni entusiasmo. Con la legge del dovere abbiamo perso il senso del dono. Con il mangiare troppo e scriteriatamente abbiamo perso il gusto del cibo, con la troppa familiarità il mistero e la meraviglia sono diventati banali. Qualcuno a rimedio di tutto questo suggerisce il “digiuno eucaristico” per riappropriarci dei sensi veri dell’Eucaristia. Non credo sia la ricetta migliore quella di far morire di fame per mancanza di cibo chi o è inappetente o non assimila. Suggerisco a voi e a me una cura molto semplice, dedicate dieci minuti prima della Messa (a casa, in chiesa se non è troppo fracassona o se non ci sono troppi rosari a impedire la concentrazione) per farvi alcune semplici domande: “Che cosa vado a fare in Chiesa? Chi incontro? Ho bisogno di ascoltare la Parola di Dio? C’è posto in casa mia per Cristo che vado a ricevere? Fare la Comunione significa cercare quali comunioni nella vita?….

 

 

LUNEDI’ 14 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

ASCOLTA LA VOCE DEL MIO GRIDO, PERCHE' TI PREGO, O SIGNORE.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: ELISEO, Santo profeta

Vissuto fra l’850-800 avanti Cristo fu chiamato da Elia a continuare la sua opera di profeta. La sua vita è costellata da prodigi di ogni genere: con il mantello di Elia divise le acque del Giordano; rese inesauribile l’olio di una vedova; risuscitò il figlio di una sunamita che lo ospitava... Morì verso il 790 a.C. e fu sepolto nei pressi di Samaria.

Parola di Dio: 1Re 21,1-16; Sal. 5; Mt. 5,38-42

 

“DA’ A CHI TI DOMANDA E A CHI DESIDERA DA TE UN PRESTITO NON VOLGERE LE SPALLE”. (Mt . 5,42)

Ho ritrovato una serie di racconti che un mio professore delle medie (don Piero Bossù che fu missionario in Guatemala per tanti anni) scriveva. Hanno il sapore di favole di una semplicità e delicatezza che commuove. Ve ne proporrò qualcuna quando avrò lo spazio sufficiente e quando mi sembrerà possano dare una risposta parabolica alla parola del vangelo del giorno. La casa, come tante altre case di questo mondo, possedeva un orto e, intorno all’orto, cor­reva una siepe in cui s’apriva un cancello. Tutte le mattine ne usciva una donna, per avviarsi con la brocca alla fontana del villaggio. Che splendore! Se fosse uscita da un palazzo con le mura proprio di perla e le porte proprio d’oro massiccio, non avrebbe potuto esser più bella. E camminava lungo la siepe con una maestà da oscurarne la regina di Saba. Eppure quella donna era povera. Dalla casa veniva tutto il giorno un picchiar di martello e uno strusciare di pialla; ma nonostante la fatica dello sposo legnaiolo, un uomo, anche lui, d’una bellezza regale, quella donna era molto povera, come dico. Per il corredo del bimbo che doveva nascerle, aveva quasi dato fondo ai risparmi; e ieri, mentre lavorava a un corpettino di lana, il gomitolo s’era esaurito all’improvviso.“Ne chiederò un poco a Ruben” s’era detta fra sé. Ruben era un pecoraio, che passava tutti i giorni col gregge lungo la siepe, e la sera dopo, quando un folto scalpiccìo e dei belati annun­ziarono l’arrivo delle pecore, la donna si fece trovare nella viottola. “O Ruben, mi fareste la carità d’un po’ di lana? Vorrei finire il corredo al mio bambino”. Ma Ruben, ch’era, quel che si dice, uno scorticapidocchi, la guardò appena, scosse la barbetta striminzita e tirò di lungo, senza far parola. E la Madonna — giacché si trattava proprio di lei — restò lì, a guardare tutta quella lana piena di sole, che s’allontanava. Va e va e va. Giunto sul prato, il gregge si sbrancò e prese a brucare avidamente. Soltanto Sceicco, l’ariete che guidava il gregge nelle sue quotidiane migrazioni, non si decideva a cominciare. Era un ariete venerando, dalle favolose corna ricurve; il vello selvoso, che gli si allargava a cornice intorno alla testa bella e saggia, gli conferiva una biblica solennità. Anche gli agnelli più irrequieti smettevano di far le bizze, al solo vederlo: quello, dicevano le pecore, era il nonno dei nonni. Ora strappava l’erba di malavoglia e quel poco, che riusciva a buttar giù, gli andava in tanto veleno. Una figuraccia di quella sorta a una mamma, per un po’ di lana! Non ci si poteva aspettar altro da quel taccagno d’un padrone. Avaro come un sasso! Nemmeno la barba riusciva a crescere in quel terreno lì... E Sceicco scrollò il suo vello, candido e spumeggiante come le barbe di cento patriarchi messi insieme. Adagio adagio, era arrivato a pochi passi dal padrone e, al vederselo a tiro di corna, sentiva una gran voglia di caricarlo a testa bassa. Ma Sceicco sapeva che, a cornate, non si fa il corredo ai bambini e preferì mettersi a pensare con calma. Pensando, non perdeva d’occhio il gregge e soprattutto un agnello, che da qualche tempo caracollava laggiù, quasi al margine del prato, trottando obliquo, impennandosi, impuntandosi, per poi tornare a incalzar chissà chi, certo un avversario, costruito lì per lì con l’aria trasparente della sera. Ed ecco che mentre, springando con le zampe deretane, mandava rotoloni il nemico invisibile con un’ultima capata vittoriosa, ecco che un rovo l’artigliò per di dietro a tradimento. “Vediamo come va a finire questa faccenda” disse Sceicco, che osservava di lontano divertito. Dopo un attimo di smarrimento, l’agnello aveva cominciato a divincolarsi e, tira tira tira, alla fine la spuntò. Galoppò via come un fulmine, ma il rovo si tenne un bel fiocco di lana ricciuta. Fu quel fiocco che dette al vecchio ariete l’idea luminosa. “Quello che farò io faranno tutte” concluse fra sé, guardando le pecore abituate a seguirlo ciecamente, e, come liberato da un gran peso, cominciò a mangiare di gusto anche lui. Intanto le ore passavano. Il sole declinò rapidamente, poi annegò in un fantastico bagliore di fiamma. Da oriente dilagò, adagio adagio, l’infinito languore violetto della sera e, d’un tratto, una stella fiorì. Era così fresca che tutto il gregge allungò il muso a brucarla. Ma Ruben agitò il vincastro. Sceicco s’incamminò per primo e il gregge si mosse dietro al suo battistrada.  Va e va e va. Adesso il cielo era tutt’un prato di anemoni, scintillanti di rugiada; qua e là, nella notte, squillavano i sonagli di altri greggi in cammino. “Quello che farò io faranno tutte” ripeté il vecchio ariete, infilando la viottola lungo la siepe. Da questa, sporgeva orizzontalmente un ramo corto e solido, con certi altri rametti disposti a raggiera, e Sceicco, marcando il dorso, ci passò sotto per primo. Dietro di lui, com’era naturale, sfilarono ad una ad una le pecore e, da ogni vello, il ramo strappò un morbido fiocco. Allorché, zoppicando, fu passata l’ultima pecora (ogni gregge, da millenni, ha in fondo la sua pecorella che zoppica) restò intorno al ramo come una vaporosa nuvoletta di lana. Al mattino, la Madonna vide la nuvoletta impigliata nella siepe e, tutta felice, zic! tagliò il ramo alla base. La prima rocca era nata fra le sue mani e, poco dopo, il fuso ronzava allegramente nel vano della finestra, aperta sull’orto. Molto tempo trascorse da allora. Gli sposi, un giorno, erano partiti, con l’asino e poche masserizie, lasciando vuota la casetta, e il gregge, adesso, percorreva muto, quasi triste, la viottola lungo la siepe, dietro cui l’orto inselvatichiva a poco a poco. Ma una sera, tornando dai prati, Sceicco levò il muso a un tratto, e belò. Presso la siepe, la Madonna attendeva, col Bimbo tra le braccia, e il Bimbo ciangottava, annaspando con le manine rosa. Quando il gregge fu a tiro, la Madonna si curvò e le manine rosa affondarono nel vello fitto e morbido dell’ariete. Ad una ad una, le pecore sfilarono davanti al Bimbo e tutto il gregge sparì adagio, nell’ombra, portandosi nella lana, come una ricompensa, il solco della sua carezza.

 

 

MARTEDI’ 15 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

PERDONAMI, O SIGNORE, CONTRO DI TE HO PECCATO.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: IOLANDA D’UNGHERIA Beata 

Principessa, figlia del re Bela IV d'Ungheria e nipote di Santa Elisabetta d'Ungheria, nacque nel 1235. Ricevette la sua formazione cristiana dalla sorella maggiore, la beata Cunegonda. Si sposò al duca polacco Bodeslaus, principe di Kalishi in Pomerania. Terziaria francescana, unì ai doveri di sposa e madre, l'esercizio della carità nell'assistenza agli infermi e ai poveri. Nel 1279 rimase vedova e successivamente entrò nelle Clarisse del convento di Sandeck ove si distinse per la sua umiltà. Resse come badessa il convento di Gneson. Morì nel 1298. Fu beatificata nel 1827.

Parola di Dio: 1Re 21,17-29; Sal. 50; Mt. 5,43-48

 

“AMATE I VOSTRI NEMICI, PREGATE PER I VOSTRI PERSECUTORI, PERCHE’ SIATE FIGLI DEL PADRE VOSTRO CELESTE”. (Mt. 5,43)

Se voi andate a dire ad una persona di amare il proprio nemico e non gli date una motivazione egli avrà mille motivi per dirvi che siete pazzi o addirittura per farvi corresponsabili del male. Se voi giustificate questa pretesa del perdono solo con motivazioni umane egli avrà altrettante motivazioni umane per dirvi il contrario e per giustificare la vendetta. Gesù quando ci chiede di amare i nostri nemici, di pregare per i nostri persecutori non ci dice che questo sia facile ma ci dà la motivazione per farlo nell’ imitare addirittura l’atteggiamento di Dio che dona a tutti in eguale misura sia che siano santi o peccatori. Le nostre capacità di amare cioè sono a misura di come noi vediamo e intendiamo Dio. Se Dio per noi è il Padrone insindacabile, il castigamatti, il Dio cacciatore dei peccati, come potremo noi amare i nostri nemici? Ma se noi comprendiamo che il Dio di Gesù ama ogni uomo di un amore infinito e non può fare a meno di fare di tutto perché ogni uomo sia partecipe di questo suo amore, se comprendiamo che per dirci che ci è Padre Benevolo è disposto a lasciare il suo paradiso, a “spogliare se stesso”, a salire su una croce fatta dagli stessi uomini che Egli ama, se comprendiamo che da li sopra è ancora capace di invocare perdono, se capiamo che con noi ha usato misericordia ed è disposto ad usarne ancora, come posso io che mi dico di Cristo non avere motivazioni sufficienti per perdonare, per amare, per pregare per ogni mio fratello anche per chi mi è contrario, pesante o nemico?

 

 

MERCOLEDI’ 16 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

QUANTO GRANDE E’ LA TUA BONTA’, O SIGNORE.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: AURELIANO Vescovo        

Fu Vescovo di Arles dal 546. Persona molto attiva, vigilò sulla integrità della dottrina, partecipò al Concilio di Orleans, dissuase Totila dal saccheggio di Roma e fondò ad Arles due monasteri. Morì a Lione nel 549.

Parola di Dio: 2Re 2,1.6-14; Sal. 30; Mt. 6,1-6.16-18

 

“IL PADRE TUO CHE VEDE NEL SEGRETO TI RICOMPENSERA'”. (Mt. 6,4)

Tutti, guardando a Gesù, hanno cercato di incasellarlo secondo i propri criteri e le proprie mire.Non molto tempo fa, e ancora oggi alcuni movimenti hanno cercato di fare di Gesù un rivoluzionario. Se con onestà guardiamo ai vangeli Gesù non fu un rivoluzionario politico. Durante la sua vita, la sua morte e risurrezione e anche dopo con i primi cristiani, Roma ha continuato nella sua politica di occupazione, Erode si è tenuto il suo piccolo spazio di potere. Non è stato neppure un gran rivoluzionario religioso se i maggiorenti ebrei sono riusciti a metterlo in croce, se hanno continuato nelle loro credenze e ipocrisie, se si sono scrollati di dosso con qualche semplice colpetto gli apostoli e i primi credenti. Ma se guardiamo al cuore dell’uomo certamente Gesù è il più grande rivoluzionario di tutti i tempi. Prendiamo il vangelo di oggi: contro tutti gli usi dei suoi tempi Gesù propone una religiosità che privilegia l’intenzione sulla stessa opera esteriore. Nella vita cristiana al primo posto viene la fede che agisce attraverso la carità. Dio guarda il cuore delle persone e non le esteriorità. E’ finito il tempo del Dio che si accontenta di qualche candela, di offerte esteriori, di riti e cerimonie, Dio guarda che cosa c’è dietro. Dio vuole adoratori in spirito e verità cioè esecutori della sua volontà, servitori lieti del suo piano di salvezza. E ditemi che questa, se presa sul serio, non è una rivoluzione!

 

 

GIOVEDI’ 17 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

ABBA’, PADRE!

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: GREGORIO BARBARIGO, Santo, Vescovo 

Nato a Venezia nel secolo XVII, studiò all’università di Padova dove ottenne il titolo di dottore in legge, ma la sua vocazione era il sacerdozio. Presto divenne Vescovo di Bergamo. Nel 1660 fu creato cardinale e trasferito a Padova. Fu un grande e santo vescovo. Fondò il seminario, fece costruire un tipografia per stampare testi per il vicino oriente, sviluppò l’insegnamento catechetico ed ebbe a cuore specialmente i poveri. Morì, amato da tutti, nel 1697.

Parola di Dio: Sir. 48,1-14; Sal. 96; Mt. 6,7-15

 

“MA LIBERACI DAL MALE”. (Mt. 6,13)

Quando recito il Padre nostro per conto mio e arrivo all’ultima invocazione “ma liberaci dal male” di solito aggiungo “da ogni male” e penso ai tanti mali che affliggono gli uomini, mali spirituali, morali e materiali, e poi “e dal Maligno” perché pur prendendoci la nostra parte di colpa per tanti mali del mondo la radice è in Lui. Su questo vi propongo oggi una riflessione di Alessandro Pronzato:

Tutta questione di mani. Quelle del padre o quelle del Maligno.

L’uomo, anche adulto, ha bisogno di essere preso in mano. Soltanto che troppe volte si consegna disarmato, nelle mani sbagliate. E diventa prigioniero proprio quando pretende di essere libero. Prigioniero di se stesso prima ancora che del Maligno. Padre, tu mi insegni ad abbandonarmi nelle tue mani. Perché io sia totalmente libero nell’amore. Il Maligno infatti è l’anti-amore. Sono convinto che oltre ad essere un Dio geloso, sei soprattutto un Padre geloso. So che quando il nemico mi afferra, tu non puoi tollerare di vedere un tuo figlio in altre mani. Allora il tuo amore diventa “furioso”. Ma per strapparmi dalle mani abusive, tu aspetti un segnale, un grido. Il grido di chi si sente perduto. Il grido di chi riconosce di avere perduto le mani “affidabili” del Padre.Mani che gli permettono di vedere e di capire. Padre, fa che mi renda conto che quando sbaglio mani, quando perdo le tue mani, io smarrisco la strada, anzi, non riesco più a camminare. Padre nella mia carne ci sono già troppi lividi, troppi segni lasciati dalle catene. Mi restano, per fortuna, le tue mani. Padre, non ho che le tue mani.

 

 

VENERDI’ 18 GIUGNO SACRATISSIMO CUORE DI GESU’

Una scheggia di preghiera:

 

DOLCE CUOR DEL MIO GESU’, FA’ CHE IO T’AMI SEMPRE PIU’

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: AMANDO DI BORDEAUX, Santo

Visse nella seconda metà del IV secolo fu educato dal vescovo di Bordeaux san Delfino e nel 404 ne divenne il successore. Fu amico di San Gregorio di Tours e di San Paolino da Nola che aveva preparato per ricevere il battesimo. Fu un buon vescovo per la sua gente. Morì verso il 432.

Parola di Dio nella festa del sacro Cuore: Ez. 34,11-16; Sal. 22; Rom 5,5-11; Lc. 15, 3-7

 

“RALLEGRATEVI CON ME, PERCHE’ HO RITROVATO LA MIA PECORA CHE ERA PERDUTA”. (Lc. 15,6)

La figura del buon pastore che ama le sue pecorelle, che cerca la perduta, che difende il suo gregge, che vive in comunione profonda con ognuno e con tutti è veramente una bella immagine del cuore di Gesù: il cuore di un Dio che palpita per l’uomo. Dio è innamorato di noi. Lascio la parola a quel poeta innamorato che fu Padre Davide Maria Turoldo:

Un chiostro è il mio cuore ove tu scendi ogni sera

Io e te soli a prolungare il colloquio, ora sopra una panchina di pietra.

O per scoprire come amore ancora ti spinge,

in silenzio ascolto il fruscio dei tuoi passi e il suono della voce che mi chiama…

E non fuggo per nascondere dietro gli alberi la mia nudità:

orgoglioso d’essere questo nulla da te amato.

 

 

SABATO 19 GIUGNO   CUORE IMMACOLATO DELLA BEATA VERGINE MARIA

Una scheggia di preghiera:

 

DOLCE CUORE DI MARIA SIATE LA SALVEZZA DELL’ANIMA MIA.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: GIULIANA FALCONIERI, Santa, Vergine  

Ancora giovanissima Giovanna venne in contatto con i Servi di Maria e scelse nel loro ambito una vita di penitenza e di contemplazione. Fu un chiaro punto di riferimento per le “Mantellate” dell’Ordine. Morì il 19 Giugno 1341.

Parola di Dio nella festa del Sacro cuore di Maria:

Is. 61,10-11; Cant. Da 1Sam 2,1.4-8; Lc. 2,41-51

 

“SUA MADRE SERBAVA TUTTE QUESTE COSE NEL SUO CUORE”. (Lc. 2,51)

Nel giorno della festa del cuore di Maria vi offro ancora un racconto di Don Bossù sia per ricordare a Maria un suo caro devoto sia per ricordare che nel cuore di Maria c’è posto per tutti fosse anche per un asino come Mastro Spatola o come noi.

Quel giorno Mastro Spatola aveva un diavolo per capello. I capelli erano esattamente tre, disperatamente superstiti sulla sua zucca di pittore bizzarro, ma tre diavoli sono più che sufficienti a trasformare in una specie d’inferno anche una chiesa piena zeppa di santi. Quella del convento ne riboccava: un intero ciclo di storie edificanti: e Antonio, e Barbara, e Agnese, e Martino... Tutti usciti dal pennello di Mastro Spatola, ch’era un pittore abilissimo, geniale e incredibilmente fecondo: un vulcano, addirittura. In tutti i sensi, però. Se aveva la luna a rovescio, cosa che gli avveniva spesso, entrava in eruzione ed erano guai: invece di vampe e lapilli, scagliava su Fioravante (il suo giovane aiuto) pennelli, spatole e barattoli. Quel giorno, dunque, stava pennelleggiando furiosamente, perché era indietro nel lavoro e quel solennissimo rompistivali del padre priore, ch’era peggio d’una mosca cavallina, non avrebbe tardato a ronzargli intorno. Lavorando, pensava che, mentre lui si dannava l’anima a quel modo, l’ineffabile Fioravante, dopo aver fatto l’ore piccole con gli amici, votando boccali e pizzicando la mandola, adesso sonava beatamente il contrabbasso, con le coperte tirate fin sugli orecchi. Uh! Mastro Spatola, solo a pensarci, si sentiva schiattare. Per l’appunto, stava dipingendo il serpente del paradiso terrestre e, con tutto quel veleno in corpo e la collaborazione di quei tre diavoli che sapete, il lavoro non poteva fallire. Difatti, ne venne fuori un serpentaccio coi fiocchi, una viscida meraviglia dalla pelle screziata, un rotolo di furore represso, di malizia e d’orgoglio. L’aveva appena terminato, quando sentì uno scalpiccio: quel canchero arrivava finalmente! Ma, sporgendo il capo dal tavolato d’assi e d’abetelle su cui stava lavorando, vide sul limitare un ragazzo di forse quindici anni. Alto, snello, in calzoni attillati e giustacuore, portava a tracolla una bisaccia; un fagottino gli pendeva dal bastone appoggiato alla spalla. “Salve, maestro” disse una voce chiara come una fontana. Il pittore grugnì qualcosa. “Si può sapere cosa stai cercando qui?” domandò poi con voce aspra. “Cerco lavoro. Ho visto i ponti, attraverso la porta spalancata, e mi sono detto: Forse, là dentro...”. “Che cosa sai fare?”. “So pulire i pennelli... stemperare i colori...” “Allora vieni su. Mezzo forino a giornata. Ci stai?”. Altroché se ci stava! In men che non si dica fu sul ponte, depose il berretto di velluto rosso, liberando la zazzeretta d’angelo peruginesco, e infilò il camiciotto di Fioravante, impillaccherato di mille tinte diverse. Bisognava vedere con che disinvoltura si moveva fra pennelli, pennellesse, ciotole e macinelli. Un ginocchio a terra, cominciò a stemperare i colori e, rimestando, scorreva con l’occhio il soffitto e le pareti. “E’ un vero peccato — disse a un tratto — che la bestia meglio riuscita sia questo serpentaccio qui”. E lo accennò col capo. “Meglio, molto meglio riuscita dei bovi di sant’Isidoro, del cavallo di san Martino, del corvo di sant’Antonio... Tutte bestie rispettabili e sante, che proprio non si meritavano una umiliazione così. E’ un vero peccato” ripeté. “Sutor, ne ultra crepidam” (« Ciabattino, non oltre la scarpa ». Si dice di chi trincia sentenze in cosa che non lo riguarda. Ndr) ringhiò Mastro Spatola, senza pensare che il ragazzo non conosceva il latino. Ma conosceva anche quello e raccontò che la frase l’aveva detta un certo Apelle, pittore famoso, a un ciabattino petulante che, dopo la scarpa, s’era messo a criticar la gamba. “A proposito — continuò indicando un cartiglio dipinto sulla parete — aqua, in latino, si scrive senza c. Ricordate, maestro, senza C”. Mastro Spatola lo guardò a ceffo torto. “Vuoi insegnare a me...?”. Ma tacque di botto, perché lo vide intingere un pennello e accostarsi alla parete, dove c’era una Madonna appena abbozzata. Allora fece un salto in avanti per strappargli il pennello di mano, ma il ragazzo lo nascose dietro il dorso. “Ci so fare” disse tranquillamente, disarmando il pittore con due occhi profondi come una vertigine. “Ci sai fare? Da quando?”. Egli accennò un gesto vago: “Da sempre”. A Mastro Spatola tornò a saltargli la mosca al naso. “Sei nato ieri e dici di saper maneggiare i pennelli da sempre?”. Il ragazzo guardò lontano, al di sopra del pittore, come inseguendo un ricordo. «Quadraginta annos nondum habes et Abraham vidisti? »  (E’ l’obbiezione dei farisei a Gesù: « Non hai ancora quarant’anni e hai visto Abramo? » molto simile nella sostanza a quella del pittore. Ndr.) sorrise fra sé. “Ancora latino! Che cosa vai farfugliando ora?” “Niente - mormorò il ragazzo - Dicevo per dire” Mastro Spatola tornò a far l’atto di ghermirgli il pennello, ma si trattenne. “Che cosa hai dipinto finora?” domandò. L’altro abbozzò un gesto ancora più vago: “Cieli.., campagne...”. Il pittore fece una smorfia. “Paesaggi” ridacchiò. E con una specie di curiosità stizzosa stette a guardarlo lavorare. Ma la curiosità diventò presto meraviglia e la stizza si cambiò in commozione. Con tre o quattro pennellate miracolose, il ragazzo aveva creato una Madonna d’una bellezza inimmaginabile. Mastro Spatola non credeva ai suoi occhi. “Ragazzo mio, — disse con un tremito nella voce — dove mai ti è capitato di vedere una donna così stupenda?”. “Sono vissuto con lei per tanti anni”. “E chi è? » insisté, sempre tremando, il pittore. “Mia madre” disse il ragazzo. E sorrise... Più tardi, quando Fioravante arrivò, ancor mezzo addormentato, e s’arrampicò sulla scaletta a pioli, di malavoglia, come se andasse all’assalto, pronto a ritirar la testa alla prima scarica, si meravigliò del gran silenzio che regnava in chiesa. Giunto in cima azzardò una timidissima occhiata e vide.., vide Mastro Spatola, lungo disteso tra le sue latte di colore. Si avvicinò tremando. Non doveva trattarsi di malore improvviso: il pittore giaceva bocconi sul tavolato, ma in un’attitudine raccolta, composta, come di profondissima adorazione. Rinvenne, quando si sentì toccare e chiamar per nome. “L’ho visto” mormorò, levandosi faticosamente sulle ginocchia. E lo sguardo era assente, quasi abbacinato. Finì di rizzarsi, aiutato da Fioravante più sbalordito che mai. “L’ho visto” ripeteva. “E dire che io, vecchio asino orecchiuto e caudato, non ho saputo riconoscerlo”. Senza por tempo in mezzo, afferrò un pennello e, su un tratto di parete sgombra, cominciò a dipingere con intensa concentrazione. Il priore giunse mezz’ora dopo e, levando il naso verso la parete, si scompigliò la barba dalla meraviglia. Sotto il pennello di Mastro Spatola, era nato un asino ch’era un portento, un asino mansueto, compunto, profumato d’umiltà: un tale capolavoro, insomma, che il biscione del paradiso terrestre, se avesse potuto farlo, non avrebbe esitato, dalla vergogna, a imbucarsi chissà dove, magari nel canestro di sant’Isidoro, ch’era lì poco distante. “O dove l’avete preso, Mastro Spatola, un ciuchino così?” Mastro Spatola non rispose. A cavallo dell’asino, tra uno sventolio di palme e di rami di ulivo, con gli stessi lineamenti del misterioso giovinetto, stava dipingendo un bellissimo Cristo.

E piangeva.

 

 

DOMENICA 20 GIUGNO   (12^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C)

Una scheggia di preghiera:

 

TI BENEDIRO’ FINCHE IO VIVA.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: SILVERIO, Santo, Papa  

Era il figlio di Ormisda che, dopo aver avuto questo figlio era rimasto vedovo, fattosi sacerdote e diventato Papa. Tredici anni dopo la morte del padre la stessa sorte tocca al figlio. Era ancora suddiacono quando alla morte del Papa Agapito fu eletto per succedergli. Silverio lottò con tutte le forze contro l’eresia eutichiana, ma i suoi nemici lo accusarono e riuscirono a farlo esiliare prima in Licia e poi a Ponza (l’isola veniva allora chiamata Palmaria) Vi morì di stenti (qualcuno dice ucciso) il 20 giugno del 538

Parola di Dio: Zac. 12,10-11; Sal. 62; Gal. 3,26-29; Lc. 9,18-24

 

“VOI CHI DITE CHE IO SIA?”. (Lc. 9,20)

La domanda su chi sia Gesù non è un problema che a forza di pensare riusciamo a risolvere in qualche modo. Ancor meno, una questione senza importanza. In realtà, è l’unica questione che valga assolutamente la pena, e che inoltre non può risolversi se non con la vita. Perché è chiaro che il fatto che Gesù Cristo abbia accettato di essere un messia di croce, il fatto che dire Gesù equivalga a dire Figlio di Dio, oltrepassa i nostri schemi mentali e la nostra stessa capacità di raziocinio, e l’uomo non conquisterà mai codeste verità della nostra fede a colpi di ragionamenti. Soltanto quando l’uomo comincia a percorrere la stretta via della croce, e, fissi gli occhi su Gesù, segue le orme della sua storia, scopre che la questione Gesù Cristo cammina allo stesso passo della questione uomo. I misteri della fede si conoscono meglio nella cappella che allo scrittoio, si conoscono meglio con la preghiera che con lo studio, sebbene entrambi siano necessari. Dio è l’unico ad avere la chiave dei misteri. Soltanto Lui può aprirci questo sacrario del suo cuore. L’intelligenza, quando è aperta alla fede, ci prepara e ci pone davanti al mistero. La teologia più autentica è quella che si fa non soltanto a partire dalla fede, ma soprattutto a partire dalla preghiera, dall’intelligenza orante e adorante del mistero. Nelle cose di Dio, colui che prega, comprende, e colui che non prega, non comprende nulla, o quasi nulla. Se noi cristiani pregassimo di più e meglio, i problemi di fede diminuirebbero in gran numero o scomparirebbero completamente. In un mondo che a volte sembra senza senso, la preghiera può trovargli un significato. Ne vale la pena!

 

 

LUNEDI’ 21 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

GUIDAMI, SIGNORE, SULLA VIA DELLA VITA.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: LUIGI GONZAGA, Santo

Luigi (1568—1591) fu paggio alla corte dei Medici e a quella di Spagna. A diciassette anni ottenne il permesso di farsi gesuita e rinunciò ai suoi diritti sul principato di Mantova. Dopo una breve vita religiosa condotta con la fedeltà più assoluta, mori di peste mentre, a Roma, curava gli appestati, e poté così realizzare il suo desiderio di immergersi nel “mare immenso” dell’amore divino.

Parola di Dio: 2Re 17,5-8.13-15.18; Sal. 59; Mt. 7,1-5

 

“NON GIUDICATE PER NON ESSERE GIUDICATI”. (Mt. 7,1)

Il principio del “non giudicare” a cui ci invita Gesù, ha diverse motivazioni. Prima di tutto è fondato sul nostro rapporto con Dio. Egli, il Perfetto, potrebbe essere giudice inflessibile con noi, invece usa misericordia, quindi il credente perdonato deve usare altrettanta misericordia con i fratelli (pensiamo alla parabola dei due debitori). Seconda motivazione, il non giudicare è fondamento del comandamento dell’amore: noi, non siamo Dio, non possiamo leggere nel profondo del cuore e quindi conoscere a fondo le motivazioni dell’agire dell’altro, quindi ogni giudizio è nelle mani di Dio. Un terzo motivo è quello enunciato nel Vangelo di oggi: la nostra “vista” non è pura; quante pagliuzze e quante travi non ci permettono di vedere bene! Quante volte le cose che noi vediamo negli altri non sono altro che negatività che abbiamo in noi, quindi se non sappiamo giudicare bene neanche noi stessi, possiamo diventare giudici insindacabili degli altri?

 

 

MARTEDI’ 22 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

FORTE, SIGNORE, E’ IL TUO AMORE PER NOI.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: INNOCENZO V PAPA. Beato

Sono due i luoghi che si vantano per la nascita di questo Papa beato, uno è la Val di Isere e l’altro è La Salle, piccolo comune della Valle d’Aosta dove era il castello dei suoi avi. Studia a Parigi, conosce Alberto Magno e Tommaso d’Aquino. Consegue la licenza in teologia. E’ un domenicano, ottimo predicatore, parlatore acuto e affascinante. Nato forse nel 1225, sappiamo certamente che nel 1272 è arcivescovo di Lione. Quando nel 1274 si apre il Concilio di Lione, in pratica è lui a prenderne la guida insistendo soprattutto per l’unità della Chiesa. Alla fine del Concilio riaccompagna a Roma il papa Gregorio X, ma questi durante il viaggio muore ad Arezzo. Il 21 gennaio 1276 viene eletto papa e prende il nome di Innocenzo V. Viene consacrato in San Pietro il 22 febbraio. Il suo papato sarà brevissimo, solo cinque mesi. In questo periodo però riuscì ad evitare una guerra tra Genova, il re di Navarra e l’imperatore Rodolfo. Fin dal momento della morte è considerato “santo” dal popolo. Verrà beatificato nel 1898.

Parola di Dio: 2Re 19,9-11.14-21.31-36; Sal. 47; Mt. 7,6.12-14

 

“NON DATE LE COSE SANTE AI CANI”. (Mt.7,6)

Chi di noi, se ha qualcosa che gli è profondamente caro, non lo difende e protegge? E chi di noi se possedesse un quadro d’autore permetterebbe al primo imbrattatele di modificarlo? Gesù sa il valore delle cose: sa che l’amore che Dio ha per noi è prezioso, Lui lo ha pagato con il suo sangue; sa che i sacramenti che ci ha dato hanno in sé una grazia di valore incommensurabile e allora ci dice: “Attenti a non svendere a basso prezzo questi doni preziosi”. Quando si fanno battezzare i bambini perché “tutti fanno così”, quando ci si confessa senza conoscere il proprio peccato o senza pentirsi; quando si riceve l’Eucaristia come abitudine e senza impegno, noi svendiamo, svalutiamo questi doni preziosi. Quando i sacramenti non ci portano a cercare di concretizzarli nel quotidiano, noi diventiamo dei ritualisti, consideriamo Dio come uno che fa facili miracoli, non lasciamo che la grazia penetri in noi. Vedete allora che i sacramenti non sono per i buoni (nessuno potrebbe accostarsi) ma sono per coloro che vogliono lasciare che la grazia di Dio operi. La responsabilità davanti ad essi non è tanto prima di riceverli ma dopo averli ricevuti, affinché portino in noi le cose preziose che in essi ci vengono regalate.

 

 

MERCOLEDI’ 23 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

PIEGA IL MIO CUORE VERSO I TUOI INSEGNAMENTI, SIGNORE.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: LANFRANCO, Santo, Vescovo

Fu vescovo di Pavia nel XII secolo. Era un periodo difficile in cui Egli però cercò sempre di mantenere la giusta equidistanza dal potere politico. Mori nel monastero del Santo Sepolcro in Valleombrosa nel 1198.

Parola di Dio: 2Re 22,8-13; 23,1-3; Sal 118; Mt. 7,15-20

 

“GUARDATEVI DAI FALSI PROFETI CHE VENGONO A VOI IN VESTI DI PECORE”. (Mt. 7,15)

Dio si serve dei suoi santi per indicarci la strada della verità, dell’amore e il male cerca di distrarci da essa con i suoi falsi profeti. Essi non sono solo coloro che travisano la purezza dell’insegnamento di Gesù ma soprattutto coloro che con la loro vita e con il loro esempio sminuiscano la portata di quanto ci ha donato. Se è vero che dobbiamo stare in guardia contro i falsi profeti di oggi (vedi ideologie, letture personalistiche della parola di Dio, new age, predicatori esoterici) dobbiamo stare ancora più attenti a chi distrugge l’opera di Gesù con il cattivo esempio mettendo al posto dei valori di Gesù quelli del potere, del denaro dei facili successi. Si uccide Gesù volendo eliminarlo, ma lo si uccide altrettanto irridendo alla sua opera, vanificando i suoi valori, impedendo gli uomini nel loro costruirsi secondo il progetto di Dio. Gesù ci dice che i falsi profeti si riconoscono dai frutti cattivi che producono ma, attenzione: ci sono dei frutti cattivi che se non li conosci appaiono belli, commestibili. Il vero credente deve riconoscere non dalla apparenza, ma dalla sostanza.

 

 

GIOVEDI’ 24 GIUGNO   NATIVITA' DI GIOVANNI IL BATTISTA

Una scheggia di preghiera:

 

DAL GREMBO DI MIA MADRE, TU SIGNORE, MI HAI CHIAMATO.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: GIOVANNI TERISTI, Santo, Monaco

Era nato a Palermo, fuggito all’invasione saracena passò in Calabria. Entrò nel monastero di Stilo. Il nome “Teristi” deriva dal greco e significa: “Mietitore” per il compito che aveva in monastero. Visse nell’XI - XII secolo.

Parola di Dio: Is. 49,1-6; Sal. 138; At. 13,22-26; Lc. 1,57-66.80

 

“DAVVERO LA MANO DEL SIGNORE STAVA CON LUI”. (Lc. 1,66)

Oggi è la solennità della Natività di Giovanni Battista. Per pochissimi santi la Chiesa celebra il natale: celebra quello di Gesù, di Maria, Sua Madre e di Giovanni Battista: un modo di dire grazie a Dio per il dono che fa alla nostra famiglia umana con loro. E la festa di Giovanni ci dà occasione per riflettere su chi siano stati e siano oggi i profeti. Alle volte si pensa che siano persone che predicono il futuro... macché, quelli sono gli indovini! No, i profeti sono amici di Dio che, animati nel profondo dallo Spirito Santo, indicano al popolo l'interpretazione di eventi, ammoniscono, scuotono, a volte anche con metodi piuttosto inusuali e rudi. Straordinaria la presenza dei profeti nella Scrittura, uomini diversi sedotti da Dio che fanno diventare la loro vita una catechesi vivente, un monito continuo al popolo, a volte al costo della propria vita. Persone che rischiarano le tenebre e che invitano alla speranza. E, tra questi, spicca come un gigante Giovanni Battista. Giovanni crudo asceta del deserto, Giovanni tagliente predicatore, Giovanni disposto a morire per mantenere fede alla sua missione di verità. Giovanni che prepara e dispone il popolo all'accoglienza del Messia ma che, teneramente, resta anche lui spiazzato dall'originalità di questo Messia. D'altronde: come biasimare Giovanni?! Il più grande dei profeti ma anche il più sfortunato: invita a conversione, grida e minaccia, indica un Messia vendicativo con l'ascia pronta a tagliare l'albero che non produce frutto e poi arriva Gesù che invece di abbattere accarezza e pota l'albero per fargli portare più frutto! Impressiona il fatto che addirittura Giovanni sia spiazzato dall'inaudita tenerezza di Dio: anche lui deve arrendersi alla contro-logica del Dio d'Israele.

Alcune considerazioni, allora. I profeti esistono ancora, sono presenti in mezzo a noi. Uomini e donne che vivono il Vangelo con tale coinvolgente semplicità e convinzione da diventare un segno di conversione per noi tutti. Ciascuno di noi è chiamato a diventare profeta, a diventare segno là dove vive, ad essere almeno un po' trasparenza di Dio. Mi viene in mente il sospiro di Mosè che, commentando il fatto che alcuni profetizzavano senza suo permesso, sognava: "fossero tutti profeti i figli di Israele!"

 

 

VENERDI’ 25 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, SE VUOI, TU PUOI SANARMI!

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: GUGLIELMO DI VERCELLI, Santo, Monaco

Verso il 1085, in una nobile famiglia di Vercelli nacque Guglielmo, che si rivelò ben presto amante della meditazione, della solitudine e di Cristo. A 15 anni, divenuto monaco, partì per andare in Terra santa ma l’inatteso scontro, con alcuni ladroni lo fermarono nei pressi dell’inabitata montagna di Montevergine. L’incontro scontro si rivelò provvidenziale, perché il luogo così solitario piacque a Guglielmo, che vi si stabilì. Presto molti discepoli si unirono a lui.

Parola di Dio: 2Re 25,1-12; Sal 136; Mt. 8,1-4

 

“GESU’ STESE LA MANO E LO TOCCO’ DICENDO: LO VOGLIO, SII SANATO”. (Mt. 8,3)

E’ facile immaginarci la gioia di questo sfortunato al contatto della mano di Gesù... lui che da quando era incappato nella lebbra non era stato più “toccato” da nessuno, lui che era diventato il solitario,

l’abbandonato, il maledetto. Questa mano tesa, questo essere toccato è prima di tutto un insperato gesto di amicizia: attraverso questo gesto Gesù reintegra questo povero malato nella società degli uomini. E’ un gesto di misericordia, di amore, di vittoria sul male. Signore, anch’io sono lebbroso. Da anni continuo a trascinarmi nei miei egoismi, nell’indifferenza, nelle paure; non riesco ad amare come Tu vorresti, sono isolato nei confronti degli altri. Ho bisogno della tua mano che si china sulle mie piaghe, che si leva per assolvermi, che mi tocca per cacciare il male che è in me... “Signore, se vuoi... puoi guarirmi, puoi convertirmi, puoi cambiare il mio cuore, puoi farmi sentire amato”. E vedendo Gesù che si china su di noi sembra quasi sentirlo bisbigliare: “Io lo voglio.., ma tu... lo vuoi davvero?”.

 

 

SABATO 26 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

IO NON SONO DEGNO DI CIO’ CHE FAI PER ME, TU CHE AMI TANTO UNO COME ME!

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: JOSE MARIA ROBLES HURTADO, Santo, Sacerdote 

Nacque in Messico il 3 maggio 1888. Fu parroco e fondatore della Congregazione religiosa delle Sorelle del Sacro Cuore Sacramentato, devoto particolarmente al Sacro Cuore. Fu arrestato durante la persecuzione e impiccato ad un albero il 26 giugno 1927.

Parola di Dio: Lam. 2,2.11-14.18-19; Sal. 73; Mt. 8,5-17

 

“VI DICO: IN ISRAELE NON HO TROVATO NESSUNO CON UNA FEDE COSI’ GRANDE”. (Mt. 8,10)

Ieri abbiamo pensato al primo miracolo di Gesù raccontato da Matteo: la guarigione di un ebreo lebbroso, oggi ecco il secondo fatto ad uno straniero. E’ tutto un programma: il movimento missionario della Chiesa è cominciato! La salvezza di Dio non è riservata a qualcuno: tutti gli uomini sono amati. L’amore di Dio brucia le barriere che noi uomini eleviamo. Gesù fa questo miracolo per un pagano, straniero, rappresentante della forza di occupazione in Palestina. I romani erano mal visti dalla popolazione: spesso i giudei fedeli sputavano per terra, in segno di disprezzo, dopo che era passato un romano. Eppure, Gesù con una insistenza quasi irritante, sottolinea la fede del centurione, comparandola espressamente a quella di lsraele. Quello che conta non è l’appartenenza ad un popolo, non è neanche l’essere arrivati primi o ultimi, è avere fede. Molte volte è l’ultimo arrivato che ci vede più chiaro, conservando fresca la capacità di meravigliarsi. Poiché siamo abituati al cristianesimo, abbiamo bisogno degli scossoni di chi, mosso dalla grazia, lo scopre da altre posizioni. Con Dio non ci si può proprio abituare!

 

 

DOMENICA 27 GIUGNO   (13^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C)

Una scheggia di preghiera:

 

SEI TU, SIGNORE, IL MIO UNICO BENE

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: CIRILLO D'ALESSANDRIA, Santo, Vescovo e dottore della Chiesa

San Cirillo, vescovo di Alessandria di Egitto, vissuto nel V secolo è famoso soprattutto perché nel Concilio di Efeso, nel 431, attaccò Nestorio e i suoi seguaci che negavano la maternità divina della Madonna, riuscendo ad ottenere con grande gioia di tutto il popolo, che Maria venisse dichiarata Madre di Dio. Cirillo morì nel 444. Fu proclamato Dottore della Chiesa nel 1882.

Parola di Dio: 1Re 19,16. 19-21; Sal. 15; Gal. 5,1.13-18; Lc. 9,51-62

 

“GESU’ SI DIRESSE DECISAMENTE VERSO GERUSALEMME”. (Lc. 9,51)

Partendo dalla pagina del vangelo letta oggi, Luca raccoglie il parlare e l’agire di Gesù nello schema  di un lungo viaggio che Egli compie verso Gerusalemme. Un artificio letterario, certamente, questo interminabile viaggio verso la Passione morte e Resurrezione, che rivela al lettore di oggi, con disarmante semplicità, che la nostra vita è un viaggio, un percorso, un itinerario, un pellegrinaggio alla sequela di Gesù. Così, sembra dire, chi vuole davvero essere discepolo di Gesù non può che essere in cammino, mai troppo fermo sulle proprie posizioni, mai sclerotizzato intorno alle proprie convinzioni, ma sempre disponibile a seguire il vento dello Spirito. Facciamoci dunque qualche domanda: Non viviamo certe volte la fede, la religiosità come sedentari, in poltrona e pantofole? Dicendo: "So già, conosco. Nessuna novità pericolosa per carità, che già faccio fatica a vivere quel po' di fede che ho". L'immagine di staticità che spesse volte diamo come comunità cristiana non è forse derivata semplicemente dal fatto che temiamo di muoverci per seguire Gesù? Certo, non confondiamo cammino con novità a tutti i costi, con l'originalità fine a se stessa. No: qui l'atteggiamento è decisamente più profondo, è l'atteggiamento di Colui che mi chiede di seguirlo, mettendo i miei progetti, le mie sensibilità, le mie prospettive al secondo posto. Abbiamo bisogno di conversione, di freschezza, di autenticità, di novità di vita, questo ci dice Luca.

 

 

LUNEDI’ 28 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

PERDONA, SIGNORE, L’INFEDELTA’ DEL TUO POPOLO.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: ADA, Santa 

Di Ada sappiamo pochissimo anche se fu venerata da molti. Era una badessa del monastero di Santa Maria di Le Mans, probabilmente originaria di Soissons.

Parola di Dio: Am. 2, 6-10.13-15; Sal 49; Mt. 8,18-22

 

“MAESTRO, IO TI SEGUIRO’ OVUNQUE TU ANDRAI”. (Mt. 8,19)

Penso che ciascuno di noi in un momento di fede o di esaltazione abbia detto a Gesù: “Ti seguirò ovunque tu vada”. Il Signore certamente apprezza questi gesti di entusiasmo ma vuole anche dirci con chiarezza che cosa comporta il seguirlo. Molte persone, confondendo religiosità con fede, pensano all’essere cristiani come ad una assicurazione sulla vita terrena ed eterna: osservare alcune norme significa avere un certo ordine di vita, significa dare delle risposte a problemi più grandi di noi e poi significa garantirsi il paradiso. Niente di più lontano dalla mentalità di Gesù. Seguirlo è sempre mettersi in viaggio e non arrivare subito a destinazione e siccome Gesù non ha casa, significa seguirlo per strade che non sono nostre. Se gli vai dietro proverai gioia, avventura, entusiasmo ma ti troverai sempre davanti al mistero, dovrai continuamente mettere in crisi le tue sicurezze, ti troverai a remare contro corrente nei confronti del mondo, saprai che il ‘paradiso’ non è una tua conquista a base di buone azioni ma un dono che ti sarà dato.

 

 

MARTEDI’ 29 GIUGNO   FESTA DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

Una scheggia di preghiera:

 

BENEDETTO IL SIGNORE CHE LIBERA I SUOI AMICI.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: MARCELLO E ANASTASIO, Santi, Martiri

Sembra che i due cristiani provenissero da Roma e fossero andati missionari ad Argenton dove li colse la persecuzione di Aureliano (270-276).

Parola di Dio: At. 12, 1-11; Sal. 33; 2Tim. 4,6-8.17-18; Mt. 16,13-18

 

“TU SEI IL CRISTO, IL FIGLIO DEL DIO VIVENTE”. “TU SEI PIETRO E SU QUESTA PIETRA EDIFICHERÒ, LA MIA CHIESA”. (Mt. 16,15.16)

Non è uno scambio di cortesia tra Gesù e Simone: queste due affermazioni riguardano da vicino la fede di ogni credente. Gesù loda Pietro perché ha detto qualcosa di non suo. Gesù, a differenza dei maestri terreni,esalta Pietro perché invece di parlare lui si lascia “suggerire” e quindi dimostra di essere capace di ascoltare. Il nostro è spesso un atteggiamento parolaio. Noi abbiamo sempre qualcosa di nostro da dire. Come cristiani abbiamo qualche volta l’arroganza e la presunzione di aver una risposta nostra a tutti i problemi. Ma siamo capaci di ascoltare, di lasciarci suggerire? Lo Spirito parla sempre ma sottovoce e qualche volta il frastuono delle nostre parole ne copre la voce, quella voce che, se giunge alle orecchie, poi penetra fino al cuore.

 

 

MERCOLEDI’ 30 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

LIBERACI, SIGNORE, DAL MALE E DAL MALIGNO.

 

Tra i santi di oggi ricordiamo: ADOLFO DI OSNABRUK, Santo, Vescovo

Era figlio dei conti di Teckenburg, nato nel 1185. Fece parte del clero di Colonia ma, attratto dai cistercensi di Altenkamp, volle entrare in monastero. Nel 1217 fu però fatto vescovo di Osnabruck. Rimase un uomo di vita semplice, ebbe cura particolare dei poveri e lebbrosi, si interessò di monasteri. Morì il 30 giugno 1224.

Parola di Dio: Am. 5,14-15.21-24; Sal. 49; Mt. 8,28-34

 

"DUE INDEMONIATI, USCENDO DAI SEPOLCRI, GLI VENNERO INCONTRO". (Mt. 8,28)

L'episodio dei due indemoniati che vengono liberati sta ad indicarci la forza di Gesù nella lotta contro la schiavitù del male. Che crediamo o no al diavolo e alle possessioni, questi due indemoniati ci ricordano che l'uomo e noi spesso siamo posseduti. A volte è il denaro che ci possiede quando smette di essere il nostro servo per il necessario per noi e per i nostri cari e diventa il padrone che governa. Provate a vedere se non è un demonio che ci possiede se nel suo nome si uccide, si passa sopra ai vincoli più cari, si vendono intere nazioni e se ne affamano altre. A volte è la sensualità che ci possiede e travisa ogni pensiero di amore vero, trascinandoci lontano dai valori che apprezziamo e con i quali ci piacerebbe indirizzare la nostra vita. E il desiderio di successo, di apparire, di potere, non ci schiavizza fino al punto di diventare gli uni con gli altri belve feroci che si azzannano, si sbranano per un pezzetto di effimero potere in più? Pensiamo a certe lotte nelle fabbriche, negli uffici, persino all'interno delle parrocchie. E poi altri diavoli che incatenano l'uomo possono essere la droga, l'alcool, la moda… Ecco, Gesù viene a liberarci. Non lo può fare da solo. Lui può agire solo se noi, desiderando essere liberi, glielo permettiamo. Ma noi lo desideriamo davvero? Quando un uomo si trova legato e imbavagliato, da solo non può far niente se non sperare in un liberatore. Ma se questo viene e lo slega egli deve darsi da fare per rimanere libero, fosse anche solo il mettersi a fuggire davanti a colui che vuole di nuovo legarlo e imbavagliarlo.

 

 

 

 

 

 

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