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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

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a cura di don Franco LOCCI

 

NOVEMBRE 2003

 

 

SABATO 1 NOVEMBRE: FESTA DI TUTTI I SANTI

La Chiesa ricorda in un sol giorno tutti i santi, quelli noti e la schiera innumerevole di santi sconosciuti, che hanno amato, servito, testimoniato il Signore. E’ un invito a guardare in alto, alla festa eterna a cui siamo invitati e anche a guardare in basso per scoprire che la santità è un qualcosa di praticabile anche da parte nostra.

 

Una scheggia di preghiera:

 

PER L’INTERCESSIONE DI TUTTI I SANTI, DONACI L’ABBONDANZA DELLA TUA MISERICORDIA. (Dalla Liturgia)

 

Parola di Dio: Apoc. 7,2-4.9-14; Sal. 23; 1Gv. 3,1-3; Mt. 5,1-12

“BEATI I POVERI, GLI AFFLITTI I MITI… BEATI VOI…”. (Mt. 5,1-12)

E chi l’ha detto che la santità è riservata a qualcuno, che è solo per i perfetti, che consiste nel saper fare miracoli? Chi ha detto che la santità è così difficile che solo anime elette possono accoglierla e manifestarla? La festa di oggi, come ogni mistero cristiano celebrato, adombra e illumina la realtà della santità. Se guardiamo solo ai santi “grandi”, specialmente come ce li hanno presentati certe agiografie, ci sembra di avere davanti delle mete inaccessibili: chi di noi ha, per esempio il coraggio di amare il proprio martirio per dare testimonianza, chi rinuncia a tutto pur di dedicare tutta la vita alla preghiera e alla penitenza, chi passerebbe quarant’anni in cima ad una colonna nel deserto pensando con questo di rendere lode a Dio? Se poi sfogliamo gli ormai quindici volumi della Enciclopedia dei santi ci colgono anche altri dubbi: come mai la maggioranza dei santi ufficiali sono papi e vescovi e monaci e fondatori di ordini e sono relativamente pochi i laici? Che ci siano corsie preferenziali per essere dichiarati santi? Questi possono essere gli aspetti che nascondono il discorso sulla santità. Ma oggi noi non solo scopriamo che tanti nostri fratelli aureolati dalla chiesa o meno ce l’hanno fatta a rispondere con amore a Dio ma scopriamo anche che si può "diventare santi" in tanti modi diversi. Sono diventati santi personaggi che avevano un caratterino di quelli alla “te lo raccomando”, si sono fatti santi personaggi che non avevano neppure troppo chiaro il senso profondo del contenuto evangelico e lo vivevano esclusivamente secondo le caratteristiche della propria epoca, ci sono bambini santi, madri di famiglia, vedove, agricoltori e intellettuali, pastori, analfabeti e fior fiore della intelligenza… Dunque la santità è possibile a tutti e non deve essere neanche troppo difficile. Se volete c’è un segreto piccolo piccolo per cercare di lasciare che la santità di Dio si manifesti anche in noi e attraverso noi, quello di chiederci ogni giorno, in ogni situazione: “Che cosa farebbe in questo momento Gesù, se fosse qui, al posto mio?” e poi di lasciarci guidare a fare il più possibile come avrebbe fatto Lui. Qualcuno potrà ancora obiettare: “Per essere santi bisogna fare i miracoli!” Certo! Ma non pensate a quanti miracoli possiamo fare! Non il miracolo di tramutare acqua in vino ma il miracolo di tramutare la tristezza e il pessimismo in serenità, non quello di moltiplicare il pane ma quello di condividere il pane e le altre cose con chi ne ha bisogno, non la guarigione dei sordi e dei muti ma il tentativo di aprire i cuori alla bellezza dell’amore di Dio e alla riconoscenza…Se noi, oltre cinquecento milioni di cristiani del nostro mondo, lasciassimo trasparire anche solo un po’ di Gesù da noi non pensate  che forse potremo cominciare a vedere il nostro mondo in un'altra ottica? “Coraggio,” ci dicono i nostri amici santi dal paradiso, “oggi puoi cominciare anche tu a manifestare la santità e la gioia di Dio”.

 

 

DOMENICA 2 NOVEMBRE: COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI

Una scheggia di preghiera:

 

CONFERMA IN NOI LA SPERANZA CHE INSIEME AI NOSTRI FRATELLI DEFUNTI RISORGEREMO IN CRISTO A VITA NUOVA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIUSTO DI TRIESTE, Santo, Martire

E’ il Santo patrono di Trieste  perché, durante la persecuzione di Diocleziano, per la sua fede, venne gettato con le mani e i piedi incatenati a dei piombi, nel mare antistante la città. Secondo la tradizione il suo corpo riaffiorò e le sue spoglie furono deposte nel luogo dove sorse la cattedrale di san Giusto.

Parola di Dio: Gb. 19,1. 23-27; Sal. 26; Rom. 5,5-11; Gv. 6,37-40

 

“QUESTA E’ LA VOLONTA’ DI COLUI CHE MI HA MANDATO, CHE IO NON PERDA NULLA DI QUANTO EGLI MI HA DATO, MA LO RISUSCITI NELL’ULTIMO GIORNO” . (Gv. 6,39)

Nella giornata di oggi o in questi primi giorni del mese di novembre ciascuno di noi, in un modo o in altro, ha occasione di fermarsi a pensare ai nostri defunti e, spero, anche alla morte. Certamente vi è in questo un aspetto doloroso e triste: le persone care ci mancano, ci manca la loro presenza, le loro parole, il loro essere e, specialmente in certi casi sentiamo materialmente il vuoto della loro mancanza. E’ un sentimento profondamente umano e anche Gesù ha pianto davanti alla morte del suo amico Lazzaro ed ha sudato sangue davanti alla prospettiva della sua morte dolorosa. Ma per noi cristiani la meditazione sulla morte dei nostri cari e sulla nostra futura morte non può rimanere soltanto la triste e cupa meditazione su una sorte inevitabile e triste e neanche vogliamo ricorrere a falserie per nasconderci l’esistenza di questo fatto e il nostro continuo coinvolgimento in esso. La morte è una realtà come la nascita, la crescita, tutte realtà in cui noi siamo, realtà in gran parte misteriose. Ma noi in tutte queste realtà abbiamo la luce che ci viene dal Figlio di Dio che, se noi crediamo tale, non può ingannarci. Gesù ci ha detto chiaramente che ci sono due tipi di morte, quella che è il rifiuto del Dio della vita che ha come conseguenza la morte definitiva perché su di essa, mancando la vera vita, c’è il buio assoluto, e la morte del corpo per una risurrezione nel grembo della vita, cioè in Dio. Gesù è venuto proprio per darci la possibilità di liberarci da queste due morti. Chi accetta la salvezza di Cristo e si riveste di Lui risorto dai morti vince il buio del peccato e della morte. In lui trionfa la vita, e la morte diventa solo più un passaggio (una Pasqua), dolorosa ma già gloriosa, è la stessa cosa che succede al chicco di grano che proprio mentre muore macerato dalla terra rinasce a pianta nuova. Noi amiamo la vita, la morte dei nostri cari ci pesa e ci addolora, il pensiero della nostre morte fisica ci può lasciare timorosi (soprattutto per tutto quello che la morte comporta in sofferenze e decadimento fisico) ma se noi ci affidiamo al Figlio di Dio sappiamo che Lui, unendoci alla sua morte, ci fa anche partecipi della sua risurrezione e allora è bello pensare oggi ai nostri defunti come a dei viventi, che ancora ci sono vicini, sebbene in modo diverso, che pregano con noi e per noi chiedendo al Padre quello che davvero è buono per noi (loro lo sanno), è bello pensare al fatto che quelle tombe che noi andiamo ad onorare per il ricordo di chi vi è dentro un giorno saranno tutte come la tomba di Gesù: vuote!

 

 

LUNEDI’ 3 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, CHI MAI HA POTUTO CONOSCERE IL TUO MISTERO? A TE LA GLORIA NEI SECOLI. (Rom. 11,34-36)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MARTINO DA PORRES, Santo

Nato a Lima, Martino (1579 - 1639) era mulatto. Entrò come fratello laico nell’ordine Domenicano, dove esercitò la sua professione di infermiere. Attinse nella preghiera la saggezza che ispirava le sue lezioni di catechismo.

Parola di Dio: Rom. 11,30-36; Sal. 68; Lc. 14,12-14

 

“QUANDO DAI UN BANCHETTO, INVITA POVERI, STORPI, ZOPPI, CIECHI; E SARAI BEATO PERCHE’ NON HANNO DA RICAMBIARTI”. (Lc. 14,13)

Ancora una volta la logica del Vangelo cozza contro la logica abituale del mondo. Noi viaggiamo normalmente secondo il “do ut des” cioè se io do qualcosa è bene che ci sia il contraccambio anzi, possibilmente il contraccambio deve essere maggiore; è raro trovare delle persone disposte a  dare a coloro dai quali si sa di non poter aspettare nulla. Altra logica umana è quella di dare a coloro che ne hanno merito. per cui spesso prima di dare c’è un analisi severa sulla dignità del ricevente (qualche volta anche nell’esercizio della carità cristiana usiamo questi metodi). Il Vangelo invece invita alla gratuità totale e a non giudicare in modo assoluto. Precetti fuori del mondo? No, precetti perfettamente logici nel Vangelo perché partono da un principio fondamentale: noi tutto quello che abbiamo lo abbiamo ricevuto gratuitamente da Dio e anche quelle poche cose terrene che ci sforziamo di far credere come frutto del nostro lavoro e del nostro impegno ci provengono grazie all’impiego di salute e talenti che non sono cosa nostra ma dono gratuito. Se poi penso che Gesù, il Figlio di Dio è dono gratuito non ‘meritato’ né da me né da nessun altro uomo, se penso che Lui gratuitamente mi dà la sua vita, mi offre il suo perdono, si fa pane per la mia fame di infinito, non sono forse entrato nel mondo del completamente gratuito? Gesù quando ci chiede di essere gratuiti nel nostro modo di donare, non ci impone una difficile legge "contro natura", ci dice soltanto che, se vogliamo, possiamo comportarci nientemeno come Dio.

 

 

MARTEDI’ 4 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

DONA AL TUO SERVO LA SEMPLICITA’ DI CUORE.(Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

CARLO BORROMEO, Santo, Vescovo

Nato nel 1538 dalla famiglia dei Borromeo, a 22 anni era già cardinale e segretario di stato di suo zio, il papa Pio IV. Nonostante questo Carlo, rinunciando agli onori del suo grado si dedicò con abnegazione e carità al servizio della sua diocesi di Milano, costruendo ospedali, amando il suo clero, facendo di tutto perché venisse applicato il Concilio di Trento. Ricordiamo anche la sua dedizione agli ammalati durante la peste del 1576.

Parola di Dio: Rom. 12,5-16; Sal. 130; Lc. 14,15-24

 

“TUTTI GLI INVITATI, ALL'UNANIMITA’, COMINCIARONO A SCUSARSI”. (Lc. 14,18)

Di solito quand’è che rifiutiamo o, per salvare la faccia, cerchiamo scuse per rifiutare un invito? Qualche volta perché non possiamo proprio, ma è raro, il più delle volte o perché non ne abbiamo voglia, o perché non riteniamo l’invito abbastanza interessante. Gesù dice che è successo e succede proprio così davanti al suo invito. Nella storia della salvezza davanti ai continui inviti espressi da Dio attraverso patriarchi e profeti, il popolo ha preferito farsi gli affari suoi dimenticandosi bellamente di Dio; davanti a Gesù sacerdoti, scribi, farisei, dottori della legge erano già troppo pieni di se stessi e della propria religione per accogliere il suo invito. E gli uomini di oggi? Spesso non riescono neppure più a pensare a Dio come un invito: c’è da far soldi, c’è da preoccuparsi di tante cose serie o superflue che esse siano, c’è da sfruttare fino al torsolo vita, natura, piaceri, che per Dio non c’è tempo…” magari quando sarò vecchio… non si sa mai”. E i cristiani di oggi? Qualcuno risponde con gioia all’appello, altri non hanno ancora capito che l’invito di Dio non è per un funerale ma per un banchetto gioioso, non per prenderci del tempo o della vita, ma per darci la vita che dura per sempre, non per chiederci delle osservanze religiose, ma per renderci liberi nell’amore. E allora se non hanno capito questo nicchiano, cercano scuse, vedono di salvare capra e cavoli cercando il minimo sforzo. Se volete un esempio concreto che sembra anche suggerirci il Vangelo provate a chiedervi perché i cristiani vanno o non vanno a messa la domenica. Se non vogliamo perderci l’occasione e il banchetto dobbiamo incominciare a capire Colui che ci invita e il suo amore gratuito per ciascuno di noi e allora non solo non cercheremo scuse ma saremo contenti dell’invito e parteciperemo alla festa con entusiasmo e gioia già qui sulla terra anticipando quel banchetto ancora più festoso al quale Dio ci invita per l’eternità.

 

 

MERCOLEDI’ 5 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

FA’ CHE CAMMINIAMO SENZA OSTACOLI VERSO I BENI DA TE PROMESSI.(Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

TIGRINO, Santo, Martire

Nella Chiesa dei Santi Martiri di Torino si trovano le reliquie di questo santo martire di Roma. Esse furono prese dal cimitero della via Salaria dal generale della Compagnia di Gesù Claudio Acquaviva e donate al cardinale di Torino Maurizio di Savoia il 4 settembre 1611. Questi le fece deporre vicine a quelle dei Santi Martiri Torinesi Avventore, Solutore e Ottavio.

Parola di Dio: Rom. 13,8-10; Sal. 11; Lc. 14,25-33

 

“SE UNO VIENE A ME E NON ODIA SUO PADRE, SUA MADRE, LA MOGLIE, I FIGLI, I FRATELLI E LE SORELLE E PERFINO LA PROPRIA VITA, NON PUO’ ESSERE MIO DISCEPOLO”. (Lc. 14,26)

“Ancora una volta, leggendo questo Vangelo,  mi sono chiesto: che cosa vuoi da me, o Signore?. Mi sembra assurdo ed esagerato e quasi contro natura, quella natura di cui tu ci hai dotati, il fatto che per seguirti bisogna staccarsi dalla famiglia, dai parenti, quasi "odiarli". E’ vero che l’Antico Testamento dice che Dio è geloso, ma mi è davvero difficile leggere questa gelosia rivolta ai propri familiare e alle persone care” “Ci credi che io voglio il tuo bene? E il tuo bene più grande qual è? Che tu, fin da questa vita sia una cosa con me, con il Padre, nello Spirito. Il cammino di questa vita, così precario e così difficile ha fondamentalmente questo compito. Ora se gli affetti terreni, familiari legano troppo a cose e persone, ti impediscono di realizzare il tuo vero bene perché relegano i tuoi interessi solo a cose temporanee. Non si tratta di disprezzare i rapporti terreni, non si tratta di ridurre a nulla gli affetti familiari, ti ricordi del quarto comandamento? E quando ho parlato di amare il prossimo? Chi è più prossimo, vicino a te se non proprio i tuoi cari? Dunque ama con tutto il cuore, lasciati amare ma non dimenticare il tuo fine ultimo. Se vuoi un esempio guarda il mio rapporto con mia Madre. Non c’è creatura che abbia maggiormente avuto tutto il mio amore e io sono stato l’unico fine della sua vita. Eppure proprio perché mi amava così fondamentalmente fin da quando ero bambino ha capito che prima di tutto io dovevo fare la volontà del Padre mio, ha contemplato il mio e il suo mistero e mi ha lasciato andare fino a capire che la sua grandezza non era il possedermi tutto per sé ma il lasciarmi libero, il donarmi ad altri fratelli e allora Lei ha saputo prendere la sua croce e seguirmi fino al Calvario dove ha accettato di essere madre di coloro che stavano crocifiggendomi. Mettere Dio al centro della propria vita non è forse il modo migliore di esaltare ogni amore e rapporto umano?”

 

 

GIOVEDI’ 6 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

SIA CHE VIVIAMO, SIA CHE MORIAMO, SIAMO TUOI, SIGNORE. (Rom 14,8)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

LEONARDO, Santo

Di quest’eremita francese, vissuto nel VI secolo, si racconta che per aver liberato la regina Clotilde (Santa) gli venne accordato dal re Clodoveo il permesso di liberare tutti i prigionieri che avesse incontrato sul suo cammino. A suo nome furono erette in tutta Europa più di 60 chiese.

Parola di Dio: Rom. 14,7-12; Sal. 26; Lc. 15,1-10

 

“RITROVATA (LA PECORELLA PERDUTA) SE LA METTE IN SPALLA TUTTO CONTENTO…” (Lc. 15,5)

Una pagina di vangelo come quella che ci è proposta oggi dovrebbe far cadere, se ancora ci fossero, tutte le nostre immagini di un Dio tremendo giudice, castiga-peccatori attraverso inferni brucianti e sadici. Dio è volontà e tenerezza come quel pastore che  testardamente e con amore va a ricercare la pecorella che ha voluto far di testa sua ed ora si trova in pericolo, Dio è come quella donna che non si dà per vinta di aver perso una moneta e che condivide la sua gioia con gli altri quando la ritrova. E questa misericordia ad oltranza di Dio ci suggerisce anche un’altra cosa. Gesù al suo tempo aveva trovato due categorie di persone: quelli che si sentivano puri perché osservavano la legge religiosa e giudicavano gli altri come peccatori (ricordate il fariseo e il pubblicano) e poi la categoria dei poveri, dei peccatori, ebbene Gesù non è mai stato un momento con  i puritani della religione ma “Lui che era Dio umiliò se stesso” e si è fatto peccato con i peccatori, si è caricato del nostro peccato per liberarcene. Anche oggi, nella Chiesa di Gesù c’è il rischio del puritanesimo e può essere l’atteggiamento di coloro che si sentono puri perché osservanti a guardano con sdegno chi invece fa fatica nel cammino della fede e della morale e minacciano inferni e dannazioni per chi non è come loro e, invece di vedere la Chiesa come una madre misericordiosa, si arroccano per difenderla dagli eretici e dalle eresie e, se non fosse perché non è più di moda, qualche bel rogo lo ergerebbero ancora. E c’è anche un'altra forma più sottile di puritanesimo che è quella di volere una chiesa assolutamente pura, senza ombre di peccato e allora condannano senza remissione, puntano il dito contro ogni male, si scandalizzano unicamente dei mali che vedono in essa. Gesù ci dice che quando il pastore si è accorto della pecorella che si era smarrita non ha detto: “Ben gli sta, che il lupo se la mangi perché se l’è voluta”, non si è neanche messo a piangere sulla disgrazia che gli era capitata, ma si è messo in viaggio per cercarla e quando l’ha trovata il suo non è stato l’atteggiamento di chi dice : “Adesso ti carico di botte così un'altra volta ci pensi due volte”, ma quello della tenerezza e della gioia condivisa. Se davvero riuscissimo a capire che noi siamo quella pecora che ha tradito il pastore e che è stata trattata con tenerezza e che è stata addirittura festeggiata nel suo ritorno, non avremo forse un giudizio molto più amorevole davanti ad una Chiesa che non è fatta di puri ma di peccatori salvati dalla misericordia di Dio?

 

 

VENERDI’ 7 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI DI ESSERE PRUDENTI COME SERPENTI E SEMPLICI COME COLOMBE.(Mt. 10,16)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ERNESTO, Santo

Era abate in un monastero del Wurttemberg (Germania), e lasciò il suo eremo per poter partecipare alla seconda Crociata in difesa dei luoghi santificati da Gesù. Disparve in battaglia nel 1147.

Parola di Dio: Rom. 15,14-21; Sal. 97; Lc. 16,1-8

 

“IL PADRONE LODO’ QUEL AMMINISTRATORE DISONESTO PERCHE’ AVEVA AGITO CON SCALTREZZA.  (Lc. 16,8)

Chi sa come mai in tanti brani e con tante parabole il Vangelo ci parla del denaro e del suo uso? Perché come dice S. Paolo “l’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali” e quindi è l’idolo che gli uomini contrappongono a Dio, idolo dal quale derivano poi lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, la povertà, l’uso smodato dei beni terreni, il sottosviluppo da una parte e l’opulenza dall’altra, le rivalità, gli odi, le guerre. Quale deve essere l’atteggiamento cristiano davanti al denaro? L’atteggiamento schifato (e qualche volta ipocrita) di chi non vuol aver a che fare con il denaro ma che ne è “obbligato” per il mondo in cui vive? Oppure rinunciarvi e diventare “poveri in canna” per amore di sorella povertà? Oppure ancora incrociare le braccia e abbandonarci indolentemente alla provvidenza di Dio? Oggi Gesù, attraverso la parabola dell’amministratore infedele (che è lodato, ma infedele rimane sempre) sembra indicarci un’altra strada: investire il denaro e i beni che abbiamo, pochi o molti che essi siano, nei fratelli, specialmente nei più poveri, depositando i nostri averi nella banca dell’amore e non in quella dell’egoismo perché solo la prima li fa fruttare per la vita eterna. Il denaro può diventare la più grande schiavitù dell’uomo (pensate all’avaro che vive da povero per paura di diventarlo) oppure la sua grande libertà se si sa di poterlo usare con libertà per il vero bene proprio e degli altri. Chiamiamo il denaro come vogliamo, benedizione o sterco del diavolo, il male o il bene in sé non stanno nel denaro ma nel nostro modo di usarne.

 

 

SABATO 8 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

A DIO SOLO CHE E’ SAPIENTE, PER MEZZO DI GESU’ CRISTO, LA GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI. AMEN! (Rom. 16,27)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GOFFREDO, Santo, Vescovo

Nato a Soisson (Francia), ebbe genitori tanto ricchi quanto generosi. Scelse di farsi monaco e fu infermiere “forestario” (riceveva i viandanti) e cellerario (economo). Sempre in viaggio, divenne sacerdote e poi abate di una povera abbazia. Infine venne eletto, per le sue virtù, vescovo di Amiens, dove morì nel 1115.

Parola di Dio: Rom. 16,3-9. 16. 22-27; Sal. 144; Lc. 16,9-15

 

“CHI E’ FEDELE NEL POCO E’ FEDELE ANCHE NEL MOLTO; E CHI E’ DISONESTO NEL POCO E’ DISONESTO ANCHE NEL MOLTO”. (Lc. 16,10)

Quando il Vangelo ci porta a riflettere sul senso e sull’uso del danaro e dei beni, spesso noi accampiamo una scusante: “Questi discorsi vanno bene per i grandi ricchi, per quelli che per tutta la vita sono vissuti negli affari… Io non ho grandi soldi, anzi sono sempre in difficoltà a quadrare il mio bilancio e anche il mio conto corrente a confronto di quello dei ricconi, fa ridere”. Può essere vero ma non posso fare a meno di confrontarmi con questa parola di Dio perché si può avere poco economicamente ed essere ugualmente attaccati ai soldi, si può essere possessivi nei confronti delle persone al punto di negare la loro stessa identità e libertà, si può essere attaccati alle cose al punto da diventare ansiosi nei loro confronti, si può essere poveri ma avari, si può essere invidiosi, si può essere incapaci di condivisione del nostro poco. Ancora una volta cioè ci viene detto che non è il numero degli zeri che sta dietro alla prima cifra che rende una persona libera o schiava del denaro ma il suo atteggiamento di fondo. E Gesù specifica bene anche l’errore di partenza che spesso noi facciamo. Gesù parla di essere fedeli. Ora si è fedeli non tanto sulle cose proprie di cui dobbiamo rendere conto solo a noi stessi, ma su quello che ci è stato affidato. Noi facciamo l’errore di sentirci padroni: i soldi sono miei, sono frutto esclusivo mio, gli affetti sono i miei e quindi mi appartengono, la natura è mia e quindi io posso sfruttarla per i miei interessi… Invece tutto ti è dato in affidamento: tu non sei padrone assoluto di nulla, nella cassa da morto non c’è spazio per le tue cose, anche il tuo corpo non è tuo e tu puoi farci veramente poco quando si ammala e muore. Se noi partissimo da questo concetto sia che abbiamo molto o che abbiamo poco, muteremo atteggiamento. Innanzitutto se nulla è mio esclusivo, grazie al Signore per quel tanto o poco che mi è affidato, per la natura in cui vivo, per l’intelligenza e la forza che mi ha dato perché con il lavoro io abbia potuto provvedere a me e alla mia famiglia, grazie anche per il superfluo. E se ragiono così allora mi diventa anche più facile condividere il poco o il tanto con altri che hanno avuto meno di me (il più delle volte a causa dell’egoismo di altri). No, il discorso non è per gli altri è per me che sono ricco anche di Dio, della sua parola, dei suoi sacramenti, e sono io che devo essere vagliato sulla fedeltà dell’uso delle cose, siano esse poche o tante.

 

 

DOMENICA 9 NOVEMBRE : DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE

Una scheggia di preghiera:

 

FA’ CHE IL TUO POPOLO TI ADORI, TI AMI, TI SEGUA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

SATURNINO, Santo, Vescovo

Di probabile origine africana, se non orientale, Saturnino è un santo popolarissimo in Francia e in Spagna. Giunse a Tolosa intorno al 250 e, diventato vescovo, ben presto si inimicò i sacerdoti pagani. Un giorno, essendosi rifiutato di sacrificare un toro agli idoli, venne circondato dalla folla e legato all’animale che fuggi infuriato trascinandolo e dilaniandolo fino alla morte.

Parola di Dio: 1Re 8,22-23.27-30; Sal. 94; 1Pt 2,4-9; Gv. 4,19-24

 

“I VERI ADORATORI ADORERANNO IL PADRE IN SPIRITO E VERITA’ “. (Gv. 4,23)

Ci sono alcune feste e celebrazioni liturgiche che, prese in se stesse, sembrano essere senza senso se non addirittura contraddittorie con il vero senso della fede, per esempio si può “esaltare la croce” che è stato uno strumento di dolore e di morte? O si può celebrare tanto solennemente la dedicazione di un tempio al punto che la liturgia della dedicazione della basilica Lateranense supera addirittura la liturgia della domenica? Se non riusciamo a comprendere i sensi nascosti dietro le cose potremmo addirittura rimanere scandalizzati dal modo di comportamento della Chiesa nel proporci questo. Gesù nel Vangelo dice che non conta tanto il monte Garizim, luogo di adorazione dei Samaritani, o il tempio di Gerusalemme, luogo di adorazione dei Giudei: Dio è Spirito e lo si può e deve adorare in ogni luogo. Ma Gesù sa benissimo che gli uomini hanno bisogno di segni concreti, ed ecco allora che il Tempio di Gerusalemme è il richiamo non solo alla storia della salvezza ma anche alla concretezza della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Celebrare il ricordo della dedicazione della Basilica del Laterano  che è stata la prima basilica cattedrale del mondo, non dovrebbe allora essere il celebrare la potenza del papato che uscito dalle persecuzioni ha costruito una chiesa proprio là dove prima c’era una proprietà della famiglia imperiale, ma celebrare l’unità della chiesa che  in Cristo e nel suo successore riconosce le proprie origini, questo senza nulla togliere sia all’insegnamento evangelico sui veri adoratori del Padre né alla presenza reale di Cristo nel Sacramento dell’Eucarestia. Noi non solo non ci vergogniamo di essere cristiani cattolici ma affermiamo la nostra fede in questo modo, senza per questo nulla togliere agli altri e non chiudendoci gli occhi davanti agli errori dei cattolici lungo i secoli, e allora proprio perché credenti cattolici affermiamo con Gesù che l’unico vero tempio è Lui, “Pietra viva, rigettata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio”. Le pietre terrene possono anche cadere, basiliche antiche e piene di storie di fede oggi non ci sono, ma Gesù è “ieri, oggi e sempre” e noi allora ci appoggiamo su di Lui per formare “la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato”.

 

 

LUNEDI’ 10 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

AUMENTA LA NOSTRA FEDE! (Lc. 17,6)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BAUDOLINO, Patrono di Alessandria, Eremita, Santo.

Dalle testimonianze che abbiamo ci viene detto che Baudolino fu uomo di grande santità, dotato del dono dei miracoli e delle profezie, vissuto da eremita a Foro, località sulla sponda del Tanaro nei pressi di Alessandria verso il 712 – 744. Quando fu fondata Alessandria (1168) gli abitanti di Villa del Foro vi si trasferirono portando le reliquie del loro santo. Fin dal 1189 fu costruita una chiesa in suo onore e fu da sempre il patrono della città. Moltissimi i miracoli e i fatti portentosi a lui attribuiti sia in vita che in morte.  Ne ricordiamo due.  Durante la sua vita era successo un fatto: un conte durante una caccia aveva ferito Anfuso, nipote  del re Liutprando. Il re mandò un messo da Baudolino perché chiedesse la guarigione del nipote, ma nel frattempo il ragazzo mori. Quando l’invito giunse da Baudolino, questi disse che sapeva già di che cosa lo pregasse il re, ma che non aveva potuto far niente a causa della morte del ragazzo. Un altro episodio racconta che nel 1174, mentre Alessandria era assediata dai ghibellini Baudolino sarebbe apparso sulle mura della città e li avrebbe messi in fuga.

Parola di Dio: Sap. 1,1-7; Sal. 138; Lc. 17,1-6

 

“E’ INEVITABILE CHE AVVENGANO SCANDALI, MA GUAI A COLUI PER CUI AVVENGONO”. (Lc. 17,1)

E’ facile fare una certa confusione sulla parola "scandalo". Se guardo un comune dizionario della lingua italiana, la prima definizione di questa parola è: “Turbamento della coscienza causato da azione o parola contraria alla morale e alla decenza”. E così per secoli ha interpretato una schiera di moralisti che ha relegato lo scandalo soprattutto a tutto quello che riguarda il sesto o il nono comandamento. A parte il fatto che in questa visione ciò che una volta faceva scandalo oggi per una gran parte di persone non lo fa più (ad esempio fino a non molti anni fa per una ragazza non arrivare vergine al matrimonio era uno scandalo mentre oggi per la maggioranza è fonte di scandalo che essa non abbia avuto tutta una serie di esperienze), ma certamente nel mondo greco da cui ha origine questa parola e il modo di usarla di Gesù volevano significare altro. Per il mondo del Nuovo Testamento "essere di scandalo" significa porre un ostacolo sul cammino dell’altro. Gesù dice che Lui stesso, la sua persona umana e divina, le sue scelte di povertà, la sua croce sono di ostacolo (scandalo) per molti. C’è dunque uno scandalo che è necessario per venir fuori da una fede artefatta, formale e ritualista, e questo è un bene, e c’è invece un altro scandalo che è mettere ancora un ostacolo, ma questa volta voluto e fatto apposta, per allontanare dalla fede vera, ad esempio sviare qualcuno con il nostro atteggiamento e con le nostre parole dalla vera figura di Dio o dal compiere del bene. Mi posso allora interrogare su questi due aspetti. Sono di scandalo ad altri? Il mio presentarmi come cristiano corrisponde davvero al modello di Cristo o presenta agli altri un modello totalmente diverso dalla realtà di Gesù? Il mio non saper perdonare, l’uso del danaro, l’ipocrisia religiosa non sono forse pietre che intralciano il cammino del fratello? Mi lascio scandalizzare da Gesù, dalle sue scelte, dal suo saper perdonare, dalla sua misericordia per tutti, dal suo accettare la croce per trasformare il dolore in amore o sono talmente abituato a queste cose che non scalfiscono più neanche di un briciolo la mia costruzione religiosa?

 

 

MARTEDI’ 11 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

LE ANIME DEI GIUSTI SONO NELLE TUE MANI, SIGNORE, IL TORMENTO NON LE TOCCHERA’. (Sap. 3,1)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MARTINO DI TOURS, Santo, Vescovo

Nato in Ungheria, divenuto soldato a 16 anni, Martino (316 - 397) era ancora catecumeno quando, spinto da una profonda carità evangelica diede metà del suo mantello a un povero. Battezzato a ventidue anni, lasciò l’esercito e fondò a Ligugè il primo monastero di oriente. Divenne poi vescovo di Tours e si dedicò all’evangelizzazione delle genti della campagna.

Parola di Dio: Sap. 2,23-3,9; Sal. 33; Lc. 17,7-10

 

“COSI’ QUANDO AVRETE FATTO TUTTO QUELLO CHE VI E’ STATO ORDINATO DITE: SIAMO SERVI INUTILI. ABBIAMO FATTO QUANTO DOVEVAMO FARE”. (Lc. 17,10)

Andare a trovare quell’uomo era per me fonte di arricchimento; tutte le volte che mi sedevo a fianco di quella carrozzella dove ormai quasi novantenne era bloccato Giovanni, sapevo che ne avrei portato via tanto dalla sua saggezza. Era stato un operaio che era diventato poi un piccolo imprenditore. Era un uomo di ingegno e di coraggio e durante la guerra non aveva esitato a rischiare più volte la sua vita, la sua fabbrichetta, pur di salvare qualche persona e parecchi ebrei, partigiani e poi anche fascisti gli dovevano la vita. Dopo la guerra aveva dovuto ricominciare da zero e lo aveva fatto con semplicità non badando alla propria salute. Da sempre partecipava alla San Vincenzo e la sua fantasia e i suoi soldi erano stati una vera provvidenza per molte persone; anche in Parrocchia pur non diventando mai "presidente" di nessun gruppo si era dato da fare in tutte le occasioni in cui c’era bisogno di qualcuno per lavorare e poi…da più di quindici anni era bloccato su quella carrozzella. Quella volta gli avevo portato la Comunione ed era capitato proprio questo brano di Vangelo. Dopo aver ricevuto Gesù, dopo aver detto in silenzio le sue preghiere, alzò il suo sguardo e, con un sorriso dolce, lo pose nel mio e mi disse: "Sai, sono vecchio e di preti ne ho conosciuti tanti. So che mi vuoi bene e che vorresti consolarmi applicando a me e a questa sedia a rotelle le parole di Gesù che riguardano i servi inutili, ma hai quasi paura di offendermi. Eppure, guarda: nella mia vita ho avuto tante opportunità, Dio mi ha dato mani, intelligenza, voglia di lavorare, mi ha anche aperto almeno un po’ il cuore alla fede e sono contento di aver potuto far qualcosa per i miei fratelli, ma sia allora che adesso so benissimo di essere "un servo inutile che ha appena fatto quello che il suo Signore gli aveva detto di fare", so anche però di non essere "inutile", cioè senza senso né in quello che sono stato né in quello che sono; con Dio anche un vecchio su una carrozzella non è inutile ad esempio prima ero io che cercavo di fare del bene, ora sono occasione perché altri ne facciano a me, prima ho sempre corso ed ora ho tanto tempo per imparare a stare con Dio, prima aiutavo con le mani e con le mie piccole cose ora posso aiutare in un altro modo ancora più importante", e mi indicava la corona del rosario che aveva tra le mani, "Servo inutile, perché il mondo non l’ho salvato io, ma Gesù, ma ancora utile per me e per gli altri e contento di vivere finché Dio mi darà questa opportunità".

 

 

MERCOLEDI’ 12 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

FA’ CHE NELLA SERENITA’ DEL CORPO E DELLO SPIRITO, POSSIAMO DEDICARCI LIBERAMENTE AL TUO SERVIZIO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIOSAFAT, Santo

Di famiglia ortodossa, Giovanni Kuncewyez (1580 - 1623) divenne monaco a Vilna e prese il nome di Giosafat. Fondò alcuni monasteri che diedero un notevole contributo all’incontro tra greci e latini. Uomo di grande fama, presto venne nominato arcivescovo cattolico di Polozc. La sua fedeltà alla sede romana e il successo dell’apostolato che egli intraprese in questa direzione gli attirarono molti nemici. Venne ucciso a Vitebsk, durante una visita pastorale.

Parola di Dio: Sap. 6,1-11; Sal. 81; Lc. 17,11-19

 

“ALZATI E VA’ LA TUA FEDE TI HA SALVATO!”. (Lc. 17,19)

Gesù voleva compiere due miracoli in favore di quei lebbrosi, ma su dieci guariti nel fisico, solo ad uno riesce a dare ciò che gli premeva maggiormente: il dono della fede che guarisce e riabilita totalmente l’uomo. Un vecchio proverbio suona più o meno cosi: “ottenuta la grazia, gabbato lo santo” e nove di quei lebbrosi sembrano comportarsi così. Mentre sono malati sanno pregare, chiedere, implorare, gridare e sembrano anche avere fede se tutti partono non ancora guariti (la guarigione avverrà per la strada), ma appena ottenuta la grazia con chissà quale gioia nel cuore, il loro primo impegno è quello di riprendere la vita di normali. Gesù è bravo ha fatto il miracolo ma ora lui per la sua strada e noi per la nostra. Sono guariti a metà. Non hanno più la lebbra (fino alla prossima malattia) ma dentro non sono cambiati, l’incontro con Gesù che pure li ha guariti fisicamente non è riuscito a toccare in profondità il loro cuore e si sono chiusi all’altro miracolo, la guarigione del cuore dalla lebbra dell’egoismo per poter riconoscere Gesù come Messia. Solo il senso profondo di riconoscenza e la parola ‘grazie’ possono lasciar operare questo secondo miracolo. Proviamo a pensare: io e te non siamo forse dei "miracolati"? Proviamo a guardare nella nostra vita: quanti doni! Qualcuno può dirmi: ma quante prove! E’ vero, ma chi ci dà la forza per resistere, per combattere? Non ho paura di essere preso per stupido se affermo che io sono stato miracolato più volte nella mia vita, miracolato nel fisico e più di una volta, miracolato per aver ottenuto tanti doni di cui assolutamente non ero e non sono degno. E, allora che cosa ci impedisce di dire grazie? Perché non corriamo “a lodare Dio e a buttarci ai piedi di Gesù per ringraziarlo”. Questo gesto non è forse capire a fondo e affermare che Dio mi ama? E quando ci sentiremo amati così profondamente da Dio, Lui prenderà posto nella nostra vita e potrà amarci ancora di più cambiando il nostro cuore di pietra in un cuore di carne, capace di amare.

 

 

GIOVEDI’ 13 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

LA TUA PAROLA, SIGNORE E’ STABILE COME IL CIELO, LA TUA FEDELTA’ DURA PER OGNI GENERAZIONE. (Sal. 119,89)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

DIEGO, Santo

Frate Diego di Alcalà nacque in Andalusia verso il 1400, da umili genitori, e di quest’umiltà fece il suo ideale, tanto che non esitava a privarsi del suo stesso e scarso pane per portarlo nascostamente a qualche mendicante. Entrato nei Frati Minori, fu inviato nelle isole Canarie, dove riuscì, con umiltà e tenacia a trasformare nei nativi l‘idolatria in fede e a difenderli dalle soverchierie dei colonizzatori. Morì ad Alcalà de Henares, presso Madrid, nel 1463.

Parola di Dio: Sap. 7,22-8,1; Sal. 118; Lc. 17,20-25

 

“IL REGNO DI DIO E’ IN MEZZO A VOI”. (Lc. 17,21)

All’epoca di Gesù molti si aspettavano che Dio mandasse il suo Messia per instaurare un nuovo regno di Israele, altri vedevano il Messia come uno che avrebbe dovuto mettere a posto le cose: finalmente non ci sarebbero state più ingiustizie, altri ancora si aspettavano la venuta del Regno attraverso segni potenti, insomma una bella scrollatina al mondo per poterlo poi ricostruire nuovo e migliore. E oggi, a parte che c’è un mucchio di gente che non aspetta nulla se non la sua dose quotidiana di cose e di piaceri, ci sono altre persone che auspicano che Dio si faccia vedere, che intervenga a mettere a posto i vari prepotenti del mondo (che sono sempre gli altri) per permettere ai buoni di prendere fiato (e siamo sempre noi); qualcun altro si aspetta la venuta della fine del mondo (c’è sempre qualcuno in ogni epoca che va a rifugiarsi su una montagna perché “a giorni il mondo finirà”) e poi ci sono quelli che io chiamo  “saltabecchi” cioè coloro che al minimo indizio di qualche nuova religione o spiritualità o fesseria religiosa corrono e assicurano che il Regno di Dio è qui o è là. Eppure Gesù ce lo ha detto chiaro: con Lui il Regno è venuto, sta venendo e continuerà a venire. Dalla morte e risurrezione di Gesù il mondo non è più uguale, anche se le apparenze sembrano dirci il contrario, un uomo ha vinto il peccato e la morte, l’uomo ha riscoperto a pieno titolo di essere figlio di Dio, il bene, la giustizia, la verità hanno la certezza di riuscire a vincere il male, gli egoismi, le falsità. E, se sappiamo aprire gli occhi e leggere correttamente i segni dei tempi, tutto questo sta crescendo, lentamente, con fatica, ma con la forza vitale di Dio. E’ vero che nel mondo c’è molto male, è vero che anche tra i cristiani spesso il male ha allignato e trovato spazio. Ma quanto bene c’è nel mondo, bene naturale, istintivo, cercato, operato in nome e nella forza di Gesù. Il cristiano non può non vedere l’opera di Gesù tra di noi, anche se in mezzo a tante prove e spine. Quando noi, ripetendo le parole dei primi cristiani preghiamo dicendo: “Vieni presto, Signore Gesù”, non invochiamo tanto né segni particolari, né fine del mondo, né giudizio universale, ma preghiamo soprattutto perché il Regno di Gesù che è in mezzo a noi possa espandersi, toccare il cuore di tanti uomini, realizzare sempre più pace e amore tra tutti come è desiderio di Dio,

 

 

VENERDI’ 14 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

LA BELLEZZA DEL CREATO NARRA LA GLORIA DI DIO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

STEFANO DI CUNEO, Santo, Martire

Stefano è uno dei quattro Francescani di Terrasanta che furono martirizzati per mano dei musulmani a Gerusalemme il 14 novembre 1391. Egli apparteneva alla provincia francescana di Genova ed era stato in Corsica. Il culto di Stefano di Cuneo venne approvato nel 1966 da Paolo VI

Parola di Dio: Sap.13,1-9; Sal.18; Lc. 17,26-37

 

“DOVE SARA’ IL CADAVERE, LA SI RADUNERANNO ANCHE GLI AVVOLTOI”. (Lc. 17,37)

Il vangelo di oggi, anche se in un modo diverso e per noi certamente di non facile lettura, riprende la riflessione che Gesù ci aveva fatto fare ieri: il cristiano deve essere attento e pronto per poter cogliere i segni del Regno che è presente in mezzo a noi e che continua a venire fino al suo compimento. Gesù sta andando decisamente verso la sua ‘fine’ di sofferenza di morte e poi di risurrezione e di salvezza per noi e ci dice che con questo deve finire il vecchio modo di pensare: deve finire la religione delle leggi e delle norme perché nasce la fede dell’uomo liberato e libero di rispondere con amore all’amore di Dio, finisce il mondo in cui peccato ed egoismo  sembrano invincibili perché, se lo accogliamo il regno dell’amore e della misericordia può sconfiggerli, finisce l’epoca della paura di Dio per scoprire che Dio non è contro l’uomo ma il nostro buon Padre, finisce l’epoca della morte perché noi attraverso Gesù siamo destinati alla vita che non finisce mai. Ma ogni termine di cose richiede dei cambiamenti e i cambiamenti non possono avvenire se il credente non sta attento, se non è pronto a seguire Cristo senza voltarsi indietro, se non è disposto a passare anche Lui attraverso la Pasqua di Cristo che è fatta di risurrezione ma anche di croce. Se ci si ferma alla storia, alla religione vecchia saremo come “avvoltoi raccolti intorno al cadavere” ma se si saprà guardare avanti, nella stessa direzione di Gesù, si scorgerà il vero volto di Dio Padre e della sua misericordia. Se noi le interpretiamo in questo modo le parole del vangelo sono tutt’altro che parole di terrore, sono invece la nostra vera liberazione!

 

 

SABATO 15 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

LA FORZA DELLO SPIRITO SANTO RIMANGA IN NOI E TRASFORMI TUTTA LA NOSTRA VITA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ALBERTO MAGNO, Santo

Nacque in Baviera nel 1206. Terminò gli studi a Padova, dove si avvicinò alla vita religiosa e divenne domenicano. Mente enciclopedica insegnò a Friturgo, Ratisbona, Strasburgo, Colonia e Parigi. Qui gli studenti affluivano in tal numero alle sue lezioni che Alberto era costretto ad insegnare sulla piazza antistante l‘università.

Parola di Dio: Sap. 18,14-16; 19,6-9; Sal. 104; Lc. 18,1-8

 

“DISSE AI SUOI DISCEPOLI UNA PARABOLA SULLA NECESSITA’ DI PREGARE SEMPRE, SENZA STANCARSI”. (Lc. 18,1)

Stare attenti, vegliare, saper vedere i segni del Signore e del suo Regno, sono gli inviti che Gesù pressantemente ci rivolge in questi giorni. Oggi poi ci indica anche quale sia il mezzo per realizzare questa "vigilanza": pregare e pregare con insistenza. E questo non tanto perché Dio sia un giudice iniquo come quello della parabola o perché sia sordo alle nostre preghiere, o perché faccia finta di non sentire per vedere se noi siamo davvero costanti, ma perché è la preghiera stessa a renderci vigilanti. Se a me sta a cuore una determinata cosa, se credo che la stessa cosa stia a cuore anche a Dio non mi perdo d’animo nel chiederla; se poi prego non soltanto per le mie piccole richieste personali ma per allargare il mio cuore a comprendere le necessità del mondo, a rendermi partecipe alle necessità degli altri, poco per volta faccio come fa Dio che ha a cuore la sorte di ogni uomo e condivide le sue sofferenze e fatiche. Pregare con insistenza non significa poi solo dire delle parole a Dio e ripeterle all’infinito, ma significa anche insistere nel professare il vangelo di pace, nel vivere come figli della luce, pacificati e pacificatori, nella semplicità (costosa e incompresa) del vangelo, nella ricerca del senso. Insistiamo nel leggere la Parola, nel professarla in ufficio o in casa in ogni momento “opportuno e inopportuno” come chiede Paolo a Timoteo. Non si tratta di essere fanatici ma trasparenti, di non vergognarsi nel professare la propria fede, anche se inascoltata. Se davvero abbiamo a cuore Dio e i fratelli non ci stancheremo di chiedere per noi e per loro ma non cesseremo neanche di manifestare con la vita ciò che crediamo. E la più bella preghiera non è tanto quella di "sgonfiare Dio" con le nostre lagne, quanto quella di fargli vedere nei fatti che noi crediamo alla sua bontà, sempre.

 

 

DOMENICA 16 NOVEMBRE:  33^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B

Una scheggia di preghiera:

 

PROTEGGIMI, O DIO, IN TE MI RIFUGIO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MARGHERITA DI SCOZIA

Nacque nel 1046. Fu moglie devota del re di Scozia e madre affettuosa di 8 figli che si arricchirono delle sue tante qualità. Dedicò la sua vita, oltre che alla famiglia,, all’assistenza ai poveri e alla riforma del culto e dei valori religiosi del suo tempo. Già malata, morì nel 1093, alla notizia della morte del marito e di un figlio caduti in combattimento. La Scozia ha scelto come patrona questa Santa, il cui nome significa in greco, “perla”.

Parola di Dio: Dan. 12,1-3; Sal.15; Eb. 10,11-14.18; Mc. 13,24-32

 

“ALLORA VEDRANNO IL FIGLIO DELL’UOMO VENIRE SULLE NUBI CON GRANDE POTENZA E GLORIA”. (Mc.13,26)

Pagina del Vangelo che riguarda il futuro o che fa riferimento al presente? Buona notizia o annuncio di catastrofi? Fatti che succederanno e dei quali dobbiamo cominciare a vedere i segni o modo di dire per tenerci svegli, sulla corda? Le pagine del Vangelo che parlano della “fine dei tempi”, del “giudizio finale”, come quella di oggi, sono pagine difficili da leggersi e da interpretare. Ecco alcune ‘schegge’ perché ciascuno di noi approfondisca personalmente. Se il vangelo è buona novella vuol dire che anche la "fine del mondo" è buona novella. E non è una buona notizia sapere che Cristo ha già vinto morte e peccato e che a noi e a questa povera umanità che ci ha seguito nel peccato, spettano momenti migliori? Nei brani apocalittici passato presente e futuro si mischiano perché tutto il tempo è di Dio: il passato insegna, il futuro è la base della nostra speranza, ma speranza ed  esperienza devono illuminare soprattutto il nostro presente: la "fine", o meglio ‘l’inizio’ non possono essere proprio oggi per me? Le cose, proprio perché sono materia sono destinate a finire. Questo non dovrebbe renderci un po’ più facile il non attaccare la nostra vita al denaro e alle cose che con la fine del mondo o con la nostra morte non saranno più nostre? Tutto passa, ma qualcosa rimane. Le parole di Gesù sono vive oggi e lo saranno per sempre, posso dunque rattristarmi se tutto troverà perfetto compimento in Lui?

 

 

LUNEDI’ 17 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, CHE IO RIABBIA LA VISTA. (Lc. 18,41)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ANIANO D’ASTI, Santo.

Non abbiamo notizie dirette su di lui. Siamo certi, però, del culto che gli veniva reso ad Asti già nel primi anni del millennio scorso. Sappiamo anche delle sue reliquie che nel 1567 vennero trasferite dal Castello di Asti alla chiesa di San Sisto. Una tradizione lo indica come martire dei primi secoli.

Parola di Dio: 1Mac. 1,10-15.41-43.54-57.62-64; Sal. 118; Lc. 18,35-43

 

“CHE VUOI CHE IO FACCIA PER TE?” (Lc. 18,41)

A prima vista ci sembra assurda questa domanda di Gesù: che cosa potrà volere un cieco che grida e che si rivolge a Lui? Eppure la realtà ci fa capire che non è assurda perché molte volte gli uomini vogliono da Dio altre cose che ritengono migliori della guarigione totale. Prima di tutto ci sono quelli che sono ciechi ma che ritengono di vederci bene, anzi meglio degli altri. Provate a pensare a tutti coloro, forse anche noi, che giudicano il prossimo perché si sentono superiori agli altri, a tutti coloro che pensano sempre di avere una risposta per tutti i problemi, a coloro che si sentono religiosamente sicuri… Eppure Gesù “Venne tra i suoi, ma i  suoi non lo accolsero”, “Egli era la luce che illumina ogni uomo ma essi preferirono le tenebre”. Poi c’è un'altra categoria: quelli che sanno di essere ciechi ma che preferiscono restare tali perché in fondo in fondo si trovano bene così e poi, forse è più facile chiedere l’elemosina che cercarsi un lavoro in cui bisogna poi faticare e prendersi delle responsabilità, e sono tutti coloro che facilmente si piangono addosso, dicono della propria miseria, sono magari consapevoli anche del loro peccato, però ci si crogiolano dentro, non aspirano a qualcosa di meglio, di più impegnativo. Provate a pensare ad esempio ad una comunità parrocchiale: su un territorio di 10.000 abitanti coloro che vanno in chiesa la domenica quasi sempre sono un migliaio, eppure di non battezzati ce ne saranno un due o trecento, contando tra essi molti extracomunitari appartenenti ad altre religioni, tutti gli altri sono battezzati, ma si ricordano della fede solo casualmente a matrimoni e battesimi o quando c’è qualche disgrazia in famiglia, della Chiesa e dei suoi insegnamenti non  se ne fanno niente (i preti non solo non mi danno da mangiare, ma sono sempre lì a chiedere). Se chiedeste a molti di loro: “Vuoi essere guarito per avere una fede grande?” alcuni vi risponderebbero che preferiscono una bella vincita al Totogol. E anche tra i cosiddetti “cristiani della domenica” ci sono molti che vivono di abitudini, di credenze più o meno profonde che spesso rasentano la superstizione. “Vuoi essere guarito, vuoi diventare un vero cristiano?” “No. Grazie. Preferisco rimanere così: un oretta alla settimana, un offerta a Natale (meglio ancora se deducibile), un buon rapporto con il parroco e il Padre Eterno (se c’è) mi manderà in paradiso quando sarà il momento (e quando si parla di morte magari un bel segno scaramantico non ci sta male)”. Mi raccomando, pensiamoci bene prima di chiedere di essere guariti nella fede: potrebbe essere troppo impegnativo!

 

 

MARTEDI’ 18 NOVEMBRE: DEDICAZIONE DELLE BASILICHE DEI SANTI PIETRO E PAOLO

La festa di oggi ricordandoci la dedicazione di queste due basiliche ci invita a guardare al pescatore di Galilea e all’Apostolo delle genti grazie ai quali è iniziata la Chiesa e sull’insegnamento dei quali si fonda il nostro essere Chiesa oggi.

 

Una scheggia di preghiera:

 

FA’ CHE OGGI IN QUESTA CASA ENTRI LA SALVEZZA. (Lc. 19,9)

 

Parola di Dio: 2Mac. 6,18-31; Sal. 3; Lc. 19,1-10

“ZACCHEO SALI’ SU UN SICOMORO”. (Lc. 19,4)

Sarà perché è piccolo di statura, sarà perché è un buon amministratore (sia, prima, per se stesso che, dopo, per gli altri), sarà perché è spontaneo e non aggregato alla massa e ai luoghi comuni del pensare, ma a me Zaccheo piace un sacco! Prima di tutto è una testa fine, non uno sciocco. I talenti che Dio gli ha affidato li sa usare bene. Si è fatto una posizione lavorando (e magari anche rubando un po’). Poi è uno che non tiene conto delle chiacchiere, che non ha paura che la gente lo segni a dito: vuol vedere questo Gesù? Non c’è altro mezzo? Non ci pensa un momento ad arrampicarsi come un ragazzotto su una pianta anche se magari qualcuno sgomitandosi avrà detto: “Toh, guarda un sicomoro che ha fatto come frutto un esattore delle tasse!” E’ poi uno che si lascia entusiasmare, che non ha paura delle novità, che è disposto ad accogliere subito Gesù a casa sua (che avrà detto sua moglie al vedersi arrivare all’improvviso tutta questa serie di invitati?). E’ uno che sa valutare le persone, è uno che si lascia cambiare profondamente dentro, e poi è uno che non solo dice “Ho sbagliato”, ma sa anche riparare e alla grossa il male che ha commesso. Anche a Gesù è piaciuto un uomo del genere. Il cieco guarito (vangelo di ieri) saltellava dietro a Gesù lodando Dio ma la massa dei curiosi non era cambiata di una virgola e i  benpensanti villeggianti di Gerico mormoravano contro Gesù ma Lui trova in Zaccheo un uomo tutto di un pezzo, uno che finalmente accetta di essere cambiato interiormente in maniera totale. Mi rifaccio la stessa domanda di ieri: se io, dopo tanti anni sono ancora a questo punto nel cammino della fede non sarà perché sono un mezzo uomo che ha paura di lasciarsi convertire totalmente?

 

 

MERCOLEDI’ 19 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

IL MIO BENE E’ STARE VICINO A TE, O DIO, ED IN TE RIPORRE LA MIA SPERANZA. (Sal, 73,28)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

FAUSTO, Santo, Martire

Diacono ad Alessandria d’Egitto, durante la persecuzione di Valerio fu esiliato in Libia. Ritornò clandestinamente in Egitto e, pur conducendo vita randagia, seppe professare la fede con ardore e coraggio. Morì decapitato durante la persecuzione di Diocleziano verso il 305.

Parola di Dio: 2Mac. 7,1.20-31; Sal.16: Lc. 19,11-28

 

“A CHIUNQUE HA SARA’ DATO; MA A CHI NON HA SARA’ TOLTO ANCHE QUELLO CHE HA”. (Lc. 19,26)

Le parabole di Gesù non sempre sono così evidenti e non sempre sono anche secondo i nostri gusti e il nostro modo di intendere. Ad esempio nella parabola odierna, il nobile diventato re non ci piace troppo, è un prepotente, non ha mezzi termini: fa trucidare i suoi nemici, ammette di essere severo ed esigente, sembra fare delle apparenti ingiustizie beneficando colui che già tanto ha, è attaccato ai denari più che alle persone… Gesù non voleva raffigurarci Dio in questo modo, ma con questa parabola voleva dirci una cosa importante che già in questi giorni abbiamo meditato più volte. Dio ci dà dei doni, secondo le nostre capacità, ma questi doni bisogna investirli. Con Dio è più importante rischiare che non riportare a casa il minimo. Mi sono sempre chiesto se nella parabola ci fosse stato ancora un quarto servo che ricevuto anche lui il suo talento avesse fatto con esso degli investimenti sbagliati e al rendiconto col padrone avesse detto: “Ci ho provato, mi sembrava un buon affare, ma ho perso quasi tutto”, che cosa avrebbe detto il padrone? Credo che, stando allo stile del racconto il padrone avrebbe sgridato quel servo ma lo avrebbe anche perdonato, perché sembra che a questo padrone interessi soprattutto non vedere dei fannulloni ma vedere delle persone che sanno rischiare. Seguire Gesù è un rischio (si passa sempre attraverso la croce) amare gli altri è un rischio (si rischia non solo di finire spennati ma anche bastonati) eppure a fare da spettatori si perde solo il tempo prezioso della propria vita senza concludere niente né per noi, né per gli altri, né per Dio. Con Dio non importa tanto quello che porti a casa, importa che tu rischi. Il risultato può essere anche negativo. Anche la croce di Gesù è stata negativa ma però è diventata segno di salvezza. Puoi anche tornare davanti al Signore denunciando una perdita, ma se ce l’hai messa tutta ad agire per Lui, non solo le cose si aggiustano ma diventano migliori; pensiamo a Zaccheo del Vangelo di ieri, ci ha rimesso metà dei suoi averi per darli ai poveri, poi della metà che gli era rimasta ha restituito quattro volte tanto a coloro che aveva frodato: che perdita! Ma che guadagno: ha ritrovato se stesso, ha avuto il perdono di Dio, ha potuto seguire Gesù giocando la sua vita non più per i soldi, ma per il Figlio di Dio!

 

 

GIOVEDI’ 20 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

TU HAI VERSO DI NOI PROGETTI DI PACE.(Ger. 29,10)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

EDMONDO, Santo

A soli 15 anni, nel Natale dell’854 Edmondo venne incoronato re di Inghilterra succedendo a suo padre che aveva abbandonato il trono per farsi pellegrino penitente a Roma. Era un periodo di decadenza politica e debolezza militare a cui Edmondo oppose un agire equilibrato e retto. Durante una invasione Vichinga per evitare un’inutile spargimento di sangue, sciolse l’esercito e si consegnò al nemico. rifiutatosi di firmare un trattato ingiusto e antireligioso. Fu torturato e poi ucciso.

Parola di Dio: 1Mac. 2,15-29; Sal. 49; Lc. 19,41-44

 

“NON HAI RICONOSCIUTO IL TEMPO IN CUI SEI STATA VISITATA! (Lc. 19,44)

C’era una ragazza la cui più alta aspirazione era quella di trovare un marito e metter su famiglia. Quando era ancora ragazzina aveva sognato il momento in cui avrebbe finalmente trovato il suo principe azzurro, le cose che si sarebbero dette, la gioia vicendevole che si sarebbero scambiata, i figli…Poi aveva cominciato a gettare lo sguardo sui ragazzi e giovanotti del suo paese. Certo, ce ne erano di attraenti, ma l’avrebbero pensata come lei? Qualcuno era sbruffone, altri non sembravano alla sua altezza, qualcuno pensava a divertirsi e non alla famiglia, quello era troppo povero, l’altro troppo snob… e le sue compagne poco per volta cominciarono a fidanzarsi e poi a sposarsi. La ragazza le guardava e giudicava: “Ma come potrà essere felice Rosaria che ha sposato quel nullatenente e Lucia che ha trovato sì un bel fusto, ma farfallone?”. Un bel giorno le si presentò Luigi, quel suo compagno di scuola fin dalle elementari che rosso in volto le disse: “Fin da quando eri piccola ho sempre pensato che tu saresti stata la donna con cui condividere la vita, ti ho sempre voluto bene, spero te ne sarai accorta, ti passavo volentieri i compiti, ti mandavo piccoli regalini, Ti ho vista sbocciare alla vita e mi sono ancora più innamorato di te. Vorrei darti tutto di me stesso, vorrei condividere con te la vita per sempre!”. La ragazza lo guardò: non è che Luigi non le piacesse, ma lei si aspettava altro. Luigi era meridionale, figlio di un operaio, aveva smesso di andare a scuola ed ora lavorava in un’officina, non aveva un giro di amici importanti, era buono ma era timido, amava la famiglia ma quale futuro ci sarebbe stato per lei?… e fece di tutto per stancarlo finché un giorno gli disse di lasciarla stare in pace, che non era il suo tipo. E la ragazza continuando a cercare il suo ideale… rimase zitella ed inacidì in fretta. Gesù piangendo su Gerusalemme dice di aver visitato il suo popolo e di non essere stato riconosciuto e accolto. E noi diciamo di aver fede, vogliamo costruire il nostro futuro con Dio ma poi Gesù ci è difficile, stentiamo a riconoscere i suoi doni, non è il Messia potente che ci aspettavamo, invece di parlarci di gloria, onore e potere ci parla di croce, di scelte da fare, di impegni da prendere, di condivisione da realizzare… E qualche volta rischiamo di aspettare qualcun altro che non verrà  e inacidiamo in formule di religione fantastiche e fasulle.

 

 

VENERDI’ 21 NOVEMBRE: FESTA DELLA PRESENTAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

L’origine di questa festa risale ad un Vangelo apocrifo secondo cui Maria sarebbe stata presentata e offerta a Dio al tempio di Gerusalemme. Ma la Chiesa ricordando questo gesto vuol soprattutto sottolineare il dono totale di sé che prepara la giovane donna di Nazareth a diventare, nel giorno dell’annunciazione, il tempio vivente del Figlio di Dio e in seguito ad entrare, il giorno dell’assunzione, nel tempio eterno della gloria del Padre. Per l’offerta di tutto il suo essere a Dio, la Vergine è diventata il modello di ogni vita consacrata

 

Una scheggia di preghiera:

 

TUA, SIGNORE , E’ LA GRANDEZZA, LA POTENZA, LA GLORIA, PERCHE’ TUTTO NEI CIELI E SULLA TERRA E’ TUO. (1Cronache 29,11)

 

Parola di Dio: 1Mac. 4,36-37.52-59; Cantico da 1Cron 29,10-12; Lc. 19,45-48

“GESU’ ENTRATO NEL TEMPIO COMINCIO’ A SCACCIARE I VENDITORI”. (Lc. 19,45)

La tentazione è sempre in agguato e bisogna stare in guardia, da sempre tutto ciò che è  religioso tende ad unirsi al mondo degli interessi e anche della superstizione. Al tempio di Gerusalemme si offrivano tanti sacrifici di animali ed ecco che i commercianti di bestie ne trovano l’utile, i sacerdoti poi controllavano che le bestie fossero di prima scelta e prendevano una percentuale sugli utili (le spese sono sempre tante!), per comprare e vendere in un mondo fatto di tanti popoli diversi occorrevano dei cambiavalute i quali "facevano un servizio al tempio" e contemporaneamente soprattutto i propri interessi. Tutto trova una giustificazione come quella che ho sentito da un venditore di santini e souvenir davanti ad un grande santuario: “Siamo noi che facciamo crescere la devozione: un Madonna venduta è una Madonna davanti alla quale si prega, se poi qualcuno le regala contribuiamo a far arrivare altri turisti, pardon, pellegrini”. Ma il pericolo di contaminazione con queste cose c’è anche nel tempio del nostro cuore, quando insieme alla fede e alla preghiera si inseriscono ad esempio la compravendita: “Se dico bene tutte quelle preghiere Dio non può non farmi la grazia che gli chiedo”, l’ipocrisia di farsi vedere più belli e fedeli di quello che siamo: “Chi sa che il parroco non se ne accorga e mi dia un posto un po’ più importante nella comunità”, la superstizione quando una fede già poco istruita si unisce a credenze varie per cui da una parte si ama la croce e dall’altra si evita di incrociare le mani salutandosi perché "porta male"… Quante bancarelle intorno al Signore! Come si comporta Gesù? Non si mette a discutere con i commercianti del tempio, non scende a compromessi con loro, non spacca il capello in quattro per cercare ipotetiche giustificazioni, ma li caccia decisamente (Luca è gentile nel dirlo, altri evangelisti parlano di tavoli rovesciati e di frustate elargite) Anche noi, se vogliamo ritrovare la purezza della fede dobbiamo fare un po’ di sgombero!

 

 

SABATO 22 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

DIO, NON SEI IL DIO DEI MORTI, MA DEI VIVI. (Lc. 20,38

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

CECILIA,Santa, Martire

Fu onorata a Roma con l’omonima basilica fin dal V secolo. La sua vita e la sua morte sono raccontate con brani che spesso sconfinano nella leggenda. Cecilia, nobile e ricca, si recava quotidianamente ad assistere alla Messa celebrata da papa Urbano nelle catacombe lungo la via Appia, attesa da una moltitudine di poveri che ne conoscevano la generosità. Data in sposa a Valeriano convertì anche il marito, Dopo essere stata processata come cristiana venne martirizzata    

Parola di Dio: 1Mac. 6,1-13; Sal. 9; Lc. 20,27-40

 

“DIO NON E’ DIO DEI MORTI, MA DEI VIVI”. (Lc. 20,38)

Davanti ai Sadducei che volevano una conferma di Gesù alle loro credenze che si opponevano a quelle dei Farisei, Gesù non si ferma a discutere specialmente quando gli portano il caso iperbolico di quella donna che ebbe sette mariti, ma approfitta per porre la riflessione su un piano diverso, invita gli uditori ad alzare lo sguardo da questa visione che proietta nell’oltre morte, le ansie e le attese della vita terrena. E’ una nuova dimensione quella che Gesú propone che non annienta gli affetti li porta a compimento, che contraddice la visione attuale della reincarnazione (siamo unici davanti a Dio, non riciclabili, e la vita non è una punizione da cui fuggire, ma un’opportunità in cui riconoscerci!), che ci spinge ad avere fiducia in un Dio dinamico e vivo, non imbalsamato!

Ed è proprio su questo che possiamo fermare la nostra riflessione: Gesù dice che Dio è Dio dei vivi, perché tutti vivono in lui, domandiamoci :credo nel Dio dei vivi? E io, sono vivo? Credo nel Dio dei vivi se per me la fede è ricerca, non stanca abitudine, doloroso e irrequieto desiderio, non noioso dovere, slancio e preghiera, non rito e superstizione. E’ vivo – Dio – se mi lascio incontrare come Zaccheo, convertire come Paolo, per cui, dopo il suo incontro, nulla è più come prima. Credo in un Dio vivo se accolgo la Parola (viva!) che mi sconquassa, m’interroga, mi dona risposte. Credo nel Dio dei vivi se ascolto quanti mi parlano (bene) di lui, quanti – per lui – amano.

E mi chiedo:  Sono vivo io ? Lo sono  se ho imparato ad andare a fondo nel senso della vita, se non mi lascio ingannare dalle sirene che mi promettono ogni felicità se possiedo, appaio, recito, produco, guadagno, seduco eccetera; se so perdonare, se so cercare, se ho capito che questa vita ha un trucco da scoprire, un “di più” nascosto nelle pieghe della storia, della mia storia. Vivo se come Cristiano ho un rapporto profondo e di completo abbandono in Gesù, colui che morto sulla croce per me, è risorto ed è il vivente in eterno.

 

 

DOMENICA 23 NOVEMBRE: 34^  DOMENICA FESTA DI CRISTO RE

Una scheggia di preghiera:

 

TU, O CRISTO, SEI COLUI CHE E’, CHE ERA E CHE VIENE, L’ONNIPOTENTE. (Apoc. 5,8)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

CLEMENTE I Papa e Martire

Fu il terzo Papa dopo Pietro verso la fine del I secolo. E’ famosa la sua lettera ai Corinti con la quale cerca di rinsaldarli nella fede.

Parola di Dio: Dan. 7,13-14; Sal. 92; Apoc. 1,5-8; Gv. 18,33-37

 

“IL MIO REGNO NON E’ DI QUESTO MONDO”. (Gv. 18,36)

Il Vangelo di Giovanni che leggiamo in questa ultima domenica dell’anno liturgico, festa di Cristo re e Signore di tutto l’universo, non definisce mai Gesù re se non cominciando da questo episodio della sua passione. Qui due uomini si trovano faccia a faccia. Uno è il rappresentante plenipotenziario dell’impero più potente di quell’epoca che comprendeva almeno una ventina di stati attuali, l’altro, all’apparenza, un uomo tradito e venduto, consegnato dai capi della sua stessa religione in mano al potere politico perché lo uccida a nome loro. Eppure è un accusato che a sua volta interroga il giudice: “Dici da te stesso che sono re o te lo hanno detto sul mio conto?” Gesù cioè invita Pilato alla riflessione e al dialogo, come invita ciascuno di noi a prendere posizione davanti a Lui, ciascuno deve rispondere personalmente su chi sia Gesù per Lui. E allora Gesù dichiara di essere Re e Signore, ma proprio nel momento in cui questa regalità non sembra affatto apparire. Gesù non è re come Erode il Grande che si è sentito minacciato dalla nascita di un bambino; Gesù non è neanche il potente re messianico, liberatore politico che si aspettavano i Giudei, Egli è un re che non vincola la libertà di nessuno, è un re che si mette a servizio dei suoi sudditi e che partecipa solidale a tutte le loro necessità, è un re disposto a dare la vita. E’ chiaro che Gesù era anche re quando cacciava i demoni, quando ha risuscitato Lazzaro, quando comandava al vento del mare, quando insegnava a vivere nello spirito dell’amore la legge, ma è un re diverso, al modo di Dio che non ha mai obbligato nessuno, perché la sua regalità non è di questo mondo, perché il suo regno è come una piccola semente o come un po’ di lievito per far fermentare la pasta. Gesù è il nostro re crocifisso che non si accanisce contro i nemici. Egli ama anche alla follia coloro che non lo amano e chiede anche a noi di fare altrettanto.

 

 

LUNEDI’ 24 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

BENEDETTO SEI TU, SIGNORE, DIO DEI NOSTRI PADRI. BENEDETTO IL TUO NOME GLORIOSO E SANTO. (Dan. 3,52)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

FLORA, Santa, Martire

Spagnola di Cordova, ebbe padre musulmano e madre cristiana ed essa aderì a questa fede. Il fratello la denunciò alle autorità musulmane. Costoro la fecero crudelmente bastonare nella speranza di farla recedere dalla fede, ma Flora resistette. Riuscì a fuggire ma dopo sei mesi, con un’amica, Maria, volontariamente decise di tornare e di presentarsi al giudice dichiarando apertamente la sua fede. Le due amiche furono rinchiuse in una sordida prigione, affrontando con grande coraggio il secondo interrogatorio, furono condannate e poi decapitate il 24 novembre 854.

Parola di Dio: Dan. 1,1-6.8-20; Cantico da Dan. 3,52-54; Lc. 21,1-4

 

“IN VERITA’ VI DICO: QUESTA POVERA VEDOVA HA MESSO PIU’ DI TUTTI” (Lc. 21,2)

Le avevano proprio portato via tutto e lei non sapeva neanche a chi attribuire tutte le sue disgrazie: il destino crudele? Gli uomini profittatori delle disgrazie altrui? Un Dio terribile e misterioso che si scaglia contro i poveri e gli innocenti o che è geloso di un po’ di felicità umana dei suoi figli? Si erano voluti bene fin dalla loro infanzia, avevano sognato di poter condividere la vita di una famiglia e, nonostante le difficoltà che ogni coppia incontra, c’erano riusciti a sposarsi. Lui non aveva grandi beni familiari ma voglia di lavorare. Un paio d’anni di intensa felicità, di fatiche condivise, di speranze per il domani… e poi quella malattia per la quale aveva speso i suoi pochi averi e durante la quale aveva visto allontanarsi amici e parenti e poi la morte. Aveva perso l’affetto, il senso della sua vita, non aveva figli quindi non era “benedetta da Dio”, aveva perso ogni fonte di sicurezza sociale, era diventata agli occhi dei ricchi e dei potenti preda facile e ambita per quattro soldi. Era lì davanti a Dio, a quel Dio che era l’Unico, ma che lei stentava a capire, a quel Dio che, se anche non aveva voluto il suo dolore, per lo meno lo aveva permesso… che cosa poteva dirgli? La sua rabbia? No, gli avrebbe dato (anche se sapeva che i soldi sarebbero poi finiti ai ricchi sacerdoti) gli ultimi spiccioli che aveva in tasca: così non aveva più nulla, ora se Lui era davvero il Dio misericordioso che si prendeva cura degli orfani e delle vedove, avrebbe dovuto interessarsi Lui di lei…” Non so se questi furono i pensieri e gli atteggiamenti di quella vedova di cui racconta il Vangelo. Certamente Gesù, che sapeva leggere i cuori, vedeva i motivi veri di questa povera donna nel fare quel gesto, ma a me piace interpretare la fede della vedova nel modo in cui l’ho descritto perché mi sembra il modo di intendere la fede proprio del Vangelo. Fede non è semplice credenza (le credenze possono essere anche fantasie) non è semplice adesione intellettuale (l’intelletto può seguire oggi una teoria, domani un’altra), fede nel Vangelo non è sapere tutto, è un atto di coraggio, è andare contro corrente, è quasi sfidare Dio. Così è stata la fede di Abramo (pensate al sacrifico di Isacco), così la fede di Giacobbe che lotta per una notte intera contro Dio, così è la stessa fede di Gesù che nella sua umanità accetta il mistero della croce. Ma ce l’abbiamo noi il coraggio di una fede di queste dimensioni? Forse sembrerà una interpretazione personale ed arbitraria, ma quegli ultimi spiccioli da dare a Dio, non saranno forse tutte le nostre resistenze al suo amore, i peccati a cui siamo affezionati e dai quali non siamo in grado di uscirne da soli, le paure che ancora ci rendono Dio un estraneo terribile, i dubbi che spesso sembrano allontanarci da Lui, le non voglie di impegnarci sulla strada del perdono e dell’amore? Se trovassimo il coraggio di buttare questi spiccioli di incapacità e di peccato in Dio pensate che Colui che ci ha amato fino a donarci il suo Figlio non provvederebbe a noi?

 

 

MARTEDI’ 25 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

VOI TUTTE, OPERE DEL SIGNORE, BENEDITE IL SIGNORE. (Dan. 3,57)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

CATERINA DI ALESSANDRIA, Santa, Martire

Un antico racconto dice che quando Massenzio, recatosi ad Alessandria, voleva far sacrificare agli dei, Caterina gli si impose esortandolo a conoscere il vero Dio. Egli la fece flagellare e rinchiudere in prigione. Ad un suo nuovo diniego di sacrificare agli dei, la fece torturare e poi decapitare.

Parola di Dio: Dan. 2,31-45; Cantico da Dan. 3,57-61; Lc. 21,5-11

 

“VERRANNO GIORNI IN CUI, DI TUTTO QUELLO CHE AMMIRATE, NON RESTERA’ PIETRA SU PIETRA CHE NON VENGA DISTRUTTA”. (Lc. 21,6)

C’è una religiosità che si scrive nella storia attraverso le pietre e c’è una fede che noi dovremmo scrivere oggi nel cuore. In questi ultimi giorni dell’anno liturgico i Vangeli che leggeremo ci appariranno a prima vista come brani in cui Gesù parla di distruzione, di fine del mondo di giudizi spaventosi. Noi cercheremo di cogliere, al di là del genere letterario che viene usato, alcune indicazioni che Gesù vuole suggerirci per avvicinarci nel modo giusto all’incontro con Dio, anche a quell’incontro ultimo che sarà il nostro giudizio universale. La prima indicazione di oggi è proprio questa: Dio non ci chiederà conto di ciò che noi avremo fatto per rendere più bella, più grande, più orgogliosa la sua religione, ma di come noi avremo lasciato crescere nel nostro cuore il Regno di Dio e di come noi avremo cercato di rendere altri cuori gioiosi per aver incontrato la salvezza del Signore. Il Tempio di Gerusalemme era un segno importante per gli ebrei, la Chiesa di San Pietro a Roma o le meravigliose basiliche sparse un po’ in tutto il mondo possono essere segno di fede, di unità intorno a Cristo, ma esse in sé sono di pietra, non hanno un cuore e le pietre come tutte le cose materiali sono destinate a consumarsi, a distruggersi, a finire. E’ il cuore dell’uomo che è destinato all’eternità, che non finisce, è il cuore dell’uomo che può accettare o meno i doni di Dio, che può essere o meno riconoscente per tutto l’amore di cui Dio l’ha circondato. E’ il cuore dell’uomo il luogo scelto da Cristo per la sua continua incarnazione e anche l’Eucarestia, segno reale della presenza di Cristo, è destinato non alle fredde pietre di chiese grandiose ma sempre più spesso vuote, ma al cuore dell’uomo, povero, peccatore, bisognoso di alimento divino. Dunque il vero tempio di Dio è il cuore dell’uomo e anche nel giorno del giudizio finale saremo giudicati a seconda di quello che ci sarà nel nostro cuore: se pieno delle cose di questa terra che finiscono proverà il vuoto e il freddo della propria incapacità di accogliere Dio, se pieno di Dio continuerà a stare con Lui per sempre.

 

 

MERCOLEDI’ 26 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

FA’ CHE IO SIA FEDELE FINO ALLA MORTE PER RICEVERE LA CORONA DELLA VITA. (Apoc. 2,10)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

CORRADO, Santo, Vescovo

Fin da ragazzo, Corrado venne affidato al vescovo di Costanza (Svizzera) per essere istruito ed educato. Educazione che dette i suoi frutti, se a sua volta divenne vescovo e lo fu per 40 anni! Fu particolarmente apprezzato dall’imperatore Ottone I, che lo condusse a Roma al suo seguito in occasione della propria incoronazione, nell’anno 962. Morì nel 975, dopo aver costruito chiese ed ospedali.

Parola di Dio: Dan. 5,1-6.13-14.16-17.23-28; Cantico da Dan. 3,62-67; Lc. 21, 12-19

 

“QUESTO VI DARA’ OCCASIONE DI RENDERE TESTIMONIANZA”. (Mt. 21,13)

Gesù è molto chiaro: ai suoi discepoli, a noi, non racconta bugie, se davvero vogliamo seguirlo incontreremo la persecuzione ed essa  spesso comincia proprio dalle persone che ci stanno vicine. Gesù però non vede la persecuzione solo come un male, essa è occasione, come tutto nella vita, per manifestare ciò che siamo e quello che crediamo. San Paolo aveva capito bene questo se invitava ad essere testimoni di Gesù “a tempo opportuno e inopportuno”. Ma che cosa vuol dire dare testimonianza della fede? Prima di tutto il cristiano non è un invasato che a tutti i costi deve “convertire gli altri”, è uno che dovrebbe avere nel cuore un gioia talmente grande da sentire un incontenibile desiderio di comunicarla anche ad altri. Il cristiano poi non è uno che pensa di agire in proprio, che pensa che la conversione di un altro dipenda esclusivamente dalle proprie parole o dalla ortodossia di una fede, è invece uno che ha fiducia in Dio, che sa che Dio cerca sempre la salvezza di ogni uomo; egli dà dunque il suo contributo, ma sa che è Dio che salva. Il cristiano non è uno sciocco masochista che cerca la prova, la persecuzione, ma uno che continua ad aver fede in ogni momento, in quello della gioia come in quello della prova. Il fatto poi di non preparare la propria difesa non significa che il cristiano non deve essere consapevole dei propri valori di fede e non deve anche essere in grado di esprimerli al meglio, ma nello stesso tempo è uno che si fida di Dio anche nei momenti estremi, uno che sa che anche da un male Dio può far sorgere un bene. Ecco anche il senso dell’ultimo invito del Vangelo di oggi: bisogna perseverare. Una fede solo entusiasmo, solo fuoco di paglia, spesso, davanti alle prime prove si spegne, una fede che si alimenta ogni giorno dei doni di Dio si irrobustisce e sa dare la propria testimonianza in ogni circostanza.

 

 

GIOVEDI’ 27 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

IL TUO REGNO, O DIO, E’ TALE CHE NON VERRA’ MAI DISTRUTTO. (Dan. 6,27)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

VIRGILIO, Santo, Vescovo

Nacque nell’VIII secolo in Irlanda. Monaco e abate di un monastero, venne trasferito in Gallia alla corte di Pipino il Breve che lo inviò in Baviera per portarvi il Vangelo. Divenne vescovo di Salisburgo (Austria). Era un uomo di vasta cultura, anche scientifica, e di grande iniziativa anche nelle cose pratiche. Trovò molte opposizioni anche da parte di S. Bonifacio. Ma fu un vescovo instancabile nell’educazione religiosa del popolo e nelle opere di assistenza religiosa.

Parola di Dio: Dan. 6,12-28; Cantico da Dan. 3,68-74; Lc. 21,20-28

 

“VI SARANNO SEGNI NEL SOLE, NELLA LUNE E NELLE STELLE…”(Lc. 21,25)

Quante volte e in quante occasioni diverse mi sono sentito dire frasi come queste: “Don Franco, Dio non si sarà stancato? Non avremmo colmato la misura? Queste guerre, questo terrorismo non saranno forse i primi segni della fine imminente?” Certamente l’uomo non è uno stinco di santo, ma se ci guardiamo indietro negli anno e nei secoli, era forse migliore? Certamente Dio potrebbe essere stanco di questa nostra umanità e del suo continuo rifiuto di Lui e dei suoi progetti di amore, di giustizia e di verità per noi, ma non è certo per rabbia o per vendetta da parte di Dio che il mondo finirà. L’uomo stesso ha purtroppo la possibilità di distruggere questo mondo meraviglioso e non è detto  che una volta o l’altra ci riesca. Ma io penso che noi non dobbiamo cercare solo segni grandiosi; noi, secondo Gesù dobbiamo essere attenti per non perderci l’occasione di rispondere con amore all’amore di Dio e faccio degli esempi che possono sembrare piccoli ma che sono davvero i segni della “fine del mondo”. Se io riconosco nella natura non solo un qualcosa da sfruttare al massimo perché renda energia e soldi, ma riconosco ad esempio nella natura un dono di Dio con cui cercare di vivere in armonia, io costruisco un mondo nuovo; se deturpo, imbratto, incendio, maltratto e svilisco la natura io affretto la “fine di questo mondo”. Se io contribuisco con il mio egoismo a che i ricchi siano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, sto collaborando ampiamente alla distruzione di questo mondo; se io cerco la verità, la giustizia, se pongo anche solo qualche piccolo atto di amore io collaboro alla distruzione di un mondo di egoismo e alla costruzione di un mondo nuovo, più bello e rispettoso. Dunque, attenzione a questi segni che dipendono da noi e poi fiducia in Dio che prima di essere un distruttore è un creatore.

 

 

VENERDI’ 28 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, IL CIELO E LA TERRA PASSERANNO, MA LE TUE PAROLE NON PASSERANNO MAI. (Lc. 21,33)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

SOSTENE, Santo

Era capo della sinagoga di Corinto, fu bastonato duramente da parte dei suoi correligionari in presenza del proconsole romano probabilmente per essersi convertito alla fede dell’Apostolo Paolo di cui fu discepolo e, evidentemente anche segretario, visto che l’Apostolo gli dettò la prima lettera da Efeso a Corinto.

Parola di Dio: Dan. 7,2-14; Cantico da Dan. 3,75-81; Lc. 21, 29-33

 

“IL CIELO E LA TERRA PASSERANNO, MA LE MIE PAROLE NON PASSERANNO”. (Lc. 21,33)

Gesù non è un “terrorista” (cioè uno che spande terrore) parlandoci di fine del mondo, di giudizio universale è invece Colui che vuole aiutarci a capire bene il senso della vita proprio per apprezzarla nel modo migliore. Per riuscire a realizzare questo noi dobbiamo capire prima di tutto una distinzione: nella nostra vita ci sono cose che passano e cose che restano. Dio ci ha dato la vita umana e dunque questa non è un male. Ma la vita ha le sue norme di nascita e di morte quindi noi dobbiamo imparare a leggere, per dare loro un valore, ciò che dura per sempre, ciò che passa e di ciò che passa quello che può aiutarci a costruire un “per sempre” felice. Cerco di spiegarmi: tutto nella vita può essere bello, può costruire qualcosa. Il cristiano non disprezza nulla della vita, della corporeità, delle cose, ma cerca di misurarle per quello che valgono ad esempio: il denaro serve per me e per gli altri, io ne uso ma non voglio diventarne schiavo al punto di sacrificare ad esso tempo o persone che sono più importanti di lui. Gli affetti sono ancora più importanti delle cose e sono destinati a trovare un compimento in Dio, allora se voglio vivere nel progetto di Dio cerco di non sfruttare i sentimenti per ottenere solo soddisfazioni, ma proprio nel voler bene, nel saper perdonare, nel crescere nei miei rapporti umani, cerco di farlo ad imitazione di Dio perché so che questo è il costruire il mio presente ed anche il mio futuro con Lui. Ecco perché Gesù dice che le cose di questa terra passano mentre le sue parole non passano mai: tutto concorre al bene se è ravvivato dalla parola di Dio, e anche quando le cose di terra passeranno, il loro senso resterà se esse ci avranno aiutato ad incontrare, in ciò che Dio ci ha detto, il senso ultimo di tutte le cose.

 

 

SABATO 29 NOVEMBRE

Una scheggia di preghiera:

 

O DIO, NON PERMETTERE CHE CI SEPARIAMO MAI DATE.(Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

RADBODO, Santo,Vescovo

Da giovane studiò a Colonia e poi alla corte di Carlo il Calvo. Ma a 30 anni si fece monaco. Nel 900 fu eletto Vescovo di Utrech. Fu uomo umile, scrittore di vite di santi, poeta e compositore musicale. Morì nel 917. E’ protettore dell’Università cattolica di Nimega

Parola di Dio: Dan. 7,15-27; Cantico da Dan. 3,82-87; Lc. 21,34-36

 

“VEGLIATE E PREGATE IN OGNI MOMENTO, PERCHE’ ABBIATE LA FORZA DI SFUGGIRE A TUTTO CIO’ CHE DEVE ACCADERE E DI COMPARIRE DAVANTI AL FIGLIO DELL’UOMO”. (Lc. 21,36)

Quando qualcosa finisce, comincia sempre qualcosa di nuovo. Noi giustamente qualche volta guardiamo con rammarico al passato anche perché, con il senno di poi, pensiamo che esso potrebbe essere stato ancora migliore di  quanto lo fu. Spesso però ci risulta più difficile guardare al futuro, perché se da una parte ci riempie di speranza, dall’altra ci lascia perplessi con tutti i suoi interrogativi. Per me la conclusione di un anno liturgico e domani l’inizio dell’Avvento mi portano proprio a queste due riflessioni illuminate dalla parola che riflettiamo oggi.

Dio mi ha concesso un anno della sua parola: ho vegliato su di essa?  L’ho fatta diventare preghiera? Ha intessuto le mie scelte? Con essa mi sono difeso dal male? Se guardo anche solo a questi piccoli fogli che girano in molte case: io so che all’inizio dell’anno liturgico c’erano alcuni lettori che oggi non ci sono più perché hanno terminato il tempo della loro vita, dunque è adesso l’occasione di fare spazio alla parola di Gesù nel mio cuore. Guardo anche al futuro e spero che il Signore conceda a me e a voi ancora tanto tempo e mi auguro che lo Spirito Santo ci dia anche tanta forza per poter essere più attenti a cogliere i segni dell’amore di Dio e più capaci a porre i segni dell’amore del prossimo, però non cessiamo di lodare Dio nel presente perché ogni giorno continua a donarci il suo pane e la sua parola e con questa forza affrontiamo gioiosamente “il santo viaggio” del nostro quotidiano per poter comparire oggi e sempre davanti al Figlio dell’uomo che è il centro del nostro vivere qui sulla terra e poi nell’eternità.

 

 

DOMENICA 30 NOVEMBRE:  1^ DOMENICA DEL TEMPO DI AVVENTO C

Una scheggia di preghiera:

 

TU, O SIGNORE CI DARAI IL TUO BENE E LA NOSTRA TERRA PRODURRA’ IL SUO FRUTTO. (Sal. 84,13)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ANDREA, Santo, Apostolo

Andrea è il fratello di Simon Pietro, anche lui pescatore. Chiamato da Gesù portò a Lui anche Pietro. Dopo l’Ascensione, la tradizione lo vede predicatore nell’attuale Bulgaria, nella Turchia centrale e infine nel Peloponneso. A Patrasso fu martirizzato attraverso crocifissione.

Parola di Dio: Ger. 33,14-16; Sal. 24; 1Tes. 3,12-4,2; Lc. 21,25-28.34-36

 

“VEDRANNO IL FIGLIO DELL’UOMO VENIRE SU UNA NUBE CON POTENZA E GLORIA GRANDE”. (Lc.21,25)

L’avvento è la preparazione ad un evento storico realmente avvenuto: Gesù è realmente venuto a Betlemme nel suo Natale. Ma Gesù viene anche ogni giorno attraverso la sua parola, gli avvenimenti, i sacramenti. E poi Gesù ritornerà sicuramente alla fine dei tempi per portare a compimento il suo regno e per prenderci con Lui in una terra nuova dove ci sarà solo giustizia, amore e verità. In questa prima domenica di avvento nell’ascolto della Parola noi sentiamo l’urgenza di prepararci alla venuta di Gesù, sia a quella del Natale imminente, perché sia un Natale cristiano, sia a quella quotidiana di Gesù che bussa alla porta del nostro cuore, sia a quella definitiva del compimento del suo Regno. San Luca crede che Dio vincerà definitivamente sulla morte sul peccato e sul male e allora attraverso immagini apocalittiche del caos che si abbatte sul cielo, sulla terra e sul mare (i tre elementi fondamentali della concezione antica del mondo) ci fa capire la venuta di un mondo nuovo in cui non ci sarà altro Dio vivente e vero se non quello annunciato da Cristo. Tutto dunque si tinge di fede e di speranza. La "fine del mondo" qui descritta è ben lontana dal crearci senso si paura essa diventa invece la certezza della fedeltà di Dio nel realizzare le sue promesse. Prepariamoci dunque ad accogliere Cristo che ci libera dal male e ci chiede di cominciare a mettere con lui le basi per un cielo nuovo e una terra nuova.

     
     
 

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