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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

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a cura di don Franco LOCCI

 

AGOSTO 2003

 

VENERDI’ 1 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

DONACI DI NON ESSERE INCREDULI, MA CREDENTI. (Gv. 20,28)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ALFONSO M. DE LIGUORI, Santo, Fondatore

Brillante avvocato napoletano, Alfonso (1696 - 1787) divenne sacerdote a trent’anni e si dedicò alla predicazione fra i poveri. Fondò la congregazione dei Redentoristi, dandole come scopo l’evangelizzazione delle zone rurali.

Parola di Dio: Lev. 1,4-11.15-16.27.34-37; Sal. 80; Mt. 13,54-58

 

“E SI SCANDALIZZAVANO PER CAUSA SUA”. (Mt. 13,57)

Dopo aver letto la pagina odierna del vangelo ed averne ricordate alcune altri simili, forse ci si può porre una domanda: come mai per certe persone (vedi i pescatori del lago, Matteo, Zaccheo, il centurione la donna malata di perdite di sangue…) riescono ad incontrare subito Gesù e a riconoscere in Lui il Maestro o addirittura il Figlio di Dio, ottenendo anche dei doni come la chiamata oppure dei miracoli, e alcuni altri, come i conterranei di Gesù, invece faticano o sono increduli? Qualcuno può azzardare: “Forse avevano doni diversi”, qualcun altro potrebbe dire: “Non è semplice per uno che ha giocato con Gesù che lo ha visto sudare nel lavoro di falegname, riconoscere in Lui il Figlio di Dio”. Sono risposte che però non ci convincono più di tanto perché sappiamo che Gesù è venuto per tutti e non solo per qualcuno e perché sappiamo che l’intimità con l’umanità di Gesù ha portato altri alla fede. La risposta forse è più semplice: perché chi ha in mente una idea preconcetta di come ‘è’ Dio e di come ‘deve’ comportarsi, davanti all’estrema libertà, fantasia, amore di Dio nel farsi uomo per noi, rimane spiazzato, non riesce a capirlo, a farlo rientrare nei propri schemi, insomma, Dio non può essere così, Dio è ortodosso, Dio deve avere l’etichetta della religione, Dio non va in giro per la terra seguito da una banda di straccioni, Dio non sorride sull’osservanza delle norme religiose, Dio i miracoli, quelli veri, li fa per i suoi, per quelli buoni, Dio non ha frequentazioni con pubblici peccatori e prostitute. Coloro invece che con semplicità hanno messo i loro occhi in Gesù, lo hanno accolto come novità profonda, come liberazione non solo dalle schiavitù umane ma anche da certe catene religiose, chi cioè ha accolto Gesù nella sua pienezza di persona umana, ha accolto anche la sua divinità, si è fidato di Lui, gli ha aperto la porta di casa sua, gli ha permesso di operare in se stesso dei cambiamenti. Anche a noi succede esattamente la stessa cosa. Mi viene in mente uno di quei racconti fulminanti di Anthony de Mello:

Un visitatore che si aspettava grandi cose dal maestro, rimase deluso dalle parole comuni che questi gli rivolse.

“Sono venuto qui in cerca di un maestro”, disse ad un discepolo, “e tutto quello che trovo è un essere umano che non ha niente di diverso dagli altri”. Il discepolo replicò: “Il maestro è un calzolaio con una scorta infinita di pelli, ma taglia e cuce secondo le dimensioni del tuo piede”.

 

 

SABATO 2 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

AGNELLO DI DIO CHE TOGLI I PECCATI DEL MONDO, ABBI PIETA’ DI NOI. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

EUSEBIO Dl VERCELLI, Santo, Vescovo

Vescovo di Vercelli, Eusebio (c.300 –c. 371) visse in oriente per otto anni, condannato all’esilio a causa della sua fede nella divinità di Cristo, da poco definita dal concilio di Nicea (325). In questo periodo ebbe modo di incontrare i monaci della Palestina e dell’Alto Egitto.Tornato nella sua Diocesi, formò con i suoi preti una comunità quasi monastica, molto impegnata nel campo della pastorale                  

Parola di Dio: Lev. 25,1.8-17; Sal. 66; Mt. 14,1-12

 

“ERODE DICEVA: COSTUI E’ GIOVANNI BATTISTA RISUSCITATO DAI MORTI. (Mt. 14,2)

Quasi a conferma della meditazione di ieri, il brano evangelico odierno ci fa vedere che la paura per quanto aveva commesso, fa vedere Gesù, ad Erode, come un Giovanni Battista redivivo. Erode è uno che si crede potente e come tutti i potenti vive nella paura di perdere il suo potere; questa paura, il voler apparire, ed anche una dose abbondante di imbecillità (che di solito accompagna sempre i potenti di questa terra), lo portano ad agire con violenza, qualche volta anche contro se stesso. Giovanni Battista è stato ucciso perché dava fastidio ma soprattutto per salvare la faccia, ma la paura di quanto ha fatto, la consapevolezza di aver toccato forze più grandi di se stesso, ora fa vedere Giovanni ancora vivo. La paura! Quante immagini distorte di Dio ha ingenerato la paura! Certamente Dio è più grande di noi, è il Misterioso, di lui dobbiamo avere rispetto. Aver timor di Dio è riconoscere a Dio la proprietà di essere Dio e riconoscere in noi l’essenza di creature. Ma questo non vuol dire avere paura di Dio, specialmente del Dio Padre buono rivelato da Gesù. La paura di Dio spesso ha reso la nostra immagine di Dio come quella di un padrone spietato, neppure certe pagine della Bibbia sono esenti da queste immagini dettate dalla paura. Le cattive religioni poi, si sono sempre servite delle paure per imporre se stesse e i propri interessi; la paura di sbagliare ha creato gli integralismi, la paura del nuovo ha creato inquisizioni e roghi, la paura della vera libertà ha fatto nascere moralismi tutt’altro che evangelici. La paura poi ingenera sempre l’ipocrisia, il nascondersi dietro a formalismi e stupidaggini per sentirsi buoni, a posto, salvati, degni del paradiso. Eppure Gesù è venuto per liberare l’uomo. Gesù risorto continua ad augurare la pace, Gesù dice agli apostoli non abbiate paura e anche davanti all’annuncio di future persecuzioni dice loro: “Non li temete”. Gesù dice che Dio è venuto a cercare i peccatori non per fulminarli, ma perché si ravvedano e siano salvi. Non c’è nemico più grande contro cui Gesù si sia scagliato che l’ipocrisia, il formalismo religioso. No! Il nostro Dio non è il Dio davanti a cui tremare, fare i conti delle botte che ci aspettano. Se il figliol prodigo avesse avuto questa idea di suo padre, pensate che sarebbe bastata la fame per farlo tornare a casa?

 

 

DOMENICA 3 AGOSTO : 18^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B

Una scheggia di preghiera:

SIGNORE, DACCI SEMPRE IL PANE DELLA VITA. (Gv. 6,34)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

LIDIA, Santa

In Macedonia, durante il secondo viaggio missionario di San Paolo, tra il 50 e il 53, una donna, Lidia, venditrice di porpora, sentite le parole dell’Apostolo si converte e si fa battezzare. Lidia è la prima donna catturata da Cristo in terra europea, la prima tra le donne che porteranno la luce della fede in seno alla famiglia.

Parola di Dio: Es. 16,2-4.12-15; Sal.77; Ef. 4,17. 20-24; Gv. 6,24-35

 

“IL PANE DI DIO E’ COLUI CHE DISCENDE DAL CIELO E DA’ LA VITA AL MONDO”. (Gv.6,33)

Dio ha mandato suo Figlio nel mondo con un compito ben definito, quello di offrire a noi uomini nientemeno che la vita stessa di Dio affinché, diventati suoi figli, possano aver parte alla vita eterna e condividere un giorno la sua felicità e la sua gloria: “Eredi di Dio, coeredi di Cristo”, come insegna san Paolo Dunque è questa vita nuova che noi oggi abbiamo, la vita di figli scaturita dal sacrificio del Figlio accettato per amore nostro, una vita che unendoci a Cristo, anche in mezzo alle prove ci fa già pregustare la risurrezione alla vita eterna. Ma ogni forma di vita ha bisogno di un nutrimento appropriato. Come fare a far crescere in noi la vita di Figli di Dio? Gesù è la risposta. Egli ha pensato a darci il nutrimento giusto; Cristo afferma che è lui stesso questo nutrimento, “Il vero pane della vita”. E lo è in realtà con i suoi insegnamenti, con i suoi esempi, con i sacramenti che Egli ha istituito, con la sua Chiesa. Per concretizzare il suo insegnamento e adattarlo alla nostra natura di uomini (corpi viventi e animati da uno spirito), non ha trovato niente di meglio dell'istituzione dell'Eucaristia, in cui, realmente presente sotto le apparenze del pane e del vino, si unisce a noi quando partecipiamo al banchetto che ricordandoci il suo amore lo rende presente e operante nel pane consacrato e condiviso. Capiamo allora che andare a fare la Comunione è tutt’altro che compiere un rito, è aver fame di Dio perché siamo suoi figli, è bisogno e necessità per non morire di fame, è voler far crescere la nostra fratellanza e condivisione perché ci riconosciamo figli di uno stresso Padre e fratelli di Gesù.

 

 

LUNEDI’ 4 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

SE HO TROVATO GRAZIA AI TUOI OCCHI, CHE IO NON VEDA PIU’ LA MIA SVENTURA. (Num, 11,15)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GASPARE GOGGI, Servo di Dio

Nacque a Pozzolo Fornigaro ( Alessandria ) il 6 gennaio 1877 da una famiglia contadina profondamente cristiana. L’incontro con don Orione segnò la sua vita. Laureatosi in lettere e filosofia all’Università di Torino fu contemporaneamente l’anima del “cenacoli” di don Orione. Il 6 settembre 1903 fu ordinato sacerdote e destinato da don Orione come direttore nella casa di Sanremo e poi alla Chiesa di Sant’Anna dei Palafrinieri, in Vaticano. Sempre attento ai poveri divenne però anche punto di riferimento per la nobiltà e la chiesa  romana. Era  molto debole di salute e, consunto dal suo molteplice impegno, morì ad Alessandria il 4 Agosto 1908.

Parola di Dio: Num 11,4-15; Sal. 80; Mt. 14, 13-21

 

“SPEZZO’ I PANI, LI DIEDE AI DISCEPOLI E I DISCEPOLI LI DISTRIBUIRONO ALLA FOLLA”. (Mt.14,19)

Il racconto della moltiplicazione dei pani, che è un simbolo del dono dell’Eucarestia, ci permette di continuare la riflessione di ieri: se Gesù, facendosi pane per essere cibo alla nostra vita spirituale ci invita a mangiare di Lui, quando devo o non devo andare a fare la comunione? Un modo tecnicamente esatto ma che se non ben interpretato rischia di sviarci dal vero senso dell’Eucarestia, è quello di dire che va a fare la comunione chi è in grazia di Dio e non ci deve andare chi è in peccato. Ma chi ha la misura per stabilire questi criteri? Di nuovo ci viene risposto: la Chiesa con le sue norme. Anche qui la risposta è giusta, ma attenzione a non far dipendere l’Eucarestia da una serie di norme che spesso poi rischiano di essere interpretate con criteri molto umani. Non è forse molto più semplice, rispettoso del dono fattoci da Gesù e rispettoso anche di quanto ci dice la Chiesa dire che non posso andare e non sarebbe giusto andare a ricevere l’Eucarestia quando non riconosco chi essa sia e che cosa essa opera dentro di me? Detto in altre parole se io non credo che quel pane è Gesù nel suo mistero di passione morte e risurrezione, è meglio che non vada a riceverlo, se io non credo che questo pane è il perdono, la riconciliazione che Dio mi offre, se non credo che con la forza di questo pane io posso cambiare i miei atteggiamenti egoistici in atteggiamenti di condivisione fraterna, vanificherei il dono andando a riceverlo. Ma se io scopro di non essere perfetto, se scopro la mia povertà umana, se scopro anche il mio peccato, ma sento il bisogno di Dio per vincere il male che è in me, allora è proprio il momento di ricevere l’Eucarestia per avere la forza di questa comunione con Dio che mi permetta di tentare con decisione di cambiare. Ricordiamoci sempre le parole di Gesù: “Non sono venuto per i sani ma per i peccatori perché si convertano e vivano”.

 

 

MARTEDI’ 5 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

CREA IN ME, O DIO UN CUORE PURO, RINNOVA IN ME UNO SPIRITO SALDO. (Sal. 51,12)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

OSVALDO, Santo

Fu figlio di re inglese. Si convertì in Scozia e visse con generosità e coraggio. Fu ucciso in battaglia dal re pagano che si era impadronito del suo paese e l’ultimo suo gesto fu di pregare per i soldati che morivano per lui. Il suo corpo fu martirizzato, mutilato e squartato. Era l’anno 642 e Osvaldo aveva 38 anni.

Parola di Dio: Num. 12,1.13; sal. 50; Mt. 14,22-36

 

“GESU’ SALI’ SUL MONTE, SOLO, A PREGARE”. (Mt. 14,23)

Scusate se oggi, partendo da questo episodio dove Gesù prega a lungo sulla montagna, approfitto per fare con voi una meditazione un po’ più lunga sulla preghiera, ma lo faccio pensando che molti di voi forse in questi giorni stanno facendo un po’ di vacanza e forse hanno un briciolo di tempo in più per riflettere. Vorrei chiedermi con voi: perché pregare? Penso che la vita cristiana sia come un’amicizia condivisa da due persone e la preghiera è la via attraverso la quale quest’amicizia cresce e si sviluppa. La preghiera è parlare con Gesù, e attraverso Gesù al Padre, di ogni cosa, in ogni luogo, in ogni tempo. Essa è per il cristiano ciò che è il respiro per il corpo umano.

Ma se Dio conosce ogni cosa, perché pregare? Perché la preghiera serve soprattutto a noi, pregando rendiamo più profonda la nostra amicizia con Gesù. Pregare non è poi solo chiedere delle cose, è stare con Lui, con Lui condividere cose e persone, gioie e dolori. Gesù era Dio e in sé non avrebbe avuto bisogno di pregare, ma Gesù cerca continuamente quella comunione con il Padre che gli permette poi di dire “Chi vede me vede il Padre”.

Gesù poi ci ha insegnato a pregare ed ha anche promesso che avrebbe risposto ad ogni nostra preghiera. A volte però Egli non ci dà quello che noi chiediamo, perché sa ciò che è meglio per noi, perché vede molto più lontano delle nostre richieste immediate. Come pregare allora? Quando uno ama trova mille modi per dirlo, per farlo capire, così è per la preghiera. Ma se volete ecco qualche suggerimento pratico. Le formule di preghiera sono spesso molto buone, ma a patto che non siano “recitate” come la poesia imparata a memoria. Ricorriamo pure alle formule, specialmente quelle che la Chiesa stessa ci suggerisce, ma riempiamole di noi stessi, dei nostri problemi, delle nostre gioie e dei nostri sentimenti. Quando poi incominciamo la preghiera, prima di tutto ricordiamoci da chi stiamo andando. Guardando a Lui e guardando a noi allora scopriamo subito un primo atteggiamento: abbiamo bisogno di chiedergli perdono, abbiamo bisogno di Lui per cambiare nella sua volontà. Poi dobbiamo ringraziare: proviamo qualche volta a far scorrere  i tanti motivi per dirgli grazie: il perdono dei peccati, la venuta di Gesù, l’amore che ha per noi, la sua Parola, lo Spirito Santo, gli amici, la famiglia, la salute, le capacità che ci ha dato, le grazie ricevute… Allarghiamo poi il nostro cuore alle altre persone, la famiglia, gli amici, la Chiesa, le persone che ci hanno chiesto di pregare per loro, le persone a cui non abbiamo dato tutto quello che il Signore avrebbe voluto. Impariamo anche ad essere concreti e non generici, a fare dei nomi (specialmente di quelli che consideriamo le persone più difficili) a chiedere cose concrete. Un altro modo bello di pregare è pregare con le notizie del giornale portando a Gesù sofferenze, gioie, speranze di tanti. Non abbiamo poi falsa umiltà: preghiamo anche per noi, per ogni aspetto della nostra vita, il domani, i problemi, i doveri o i timori, la testimonianza da cristiano in casa o sul lavoro, la volontà di Dio per la nostra vita. Poi quando è possibile preghiamo anche con altri. A Dio questa preghiera comune è gradita e a noi il pregare insieme ci fa sentire più vicino agli altri membri della famiglia di Dio. Quando pregare? Sempre c’è la possibilità di metterci in comunicazione con Dio. Qualche santo pregava anche mentre si faceva la barba. Ma per non rischiare di essere generici è anche importante trovare nella nostra giornata un momento che ci sia particolarmente favorevole e gradito da dedicare solamente a Lui. Più e meglio avremo pregato e più Dio sarà entrato nella nostra vita, allora ci sarà anche più facile portarlo con noi in ogni situazione.

 

 

MERCOLEDI’ 6 AGOSTO : TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE

Una scheggia di preghiera:

FA’ CHE ASCOLTIAMO LA PAROLA DEL TUO AMATISSIMO FIGLIO PER DIVENTARE COEREDI DELLA SUA VITA IMMORTALE. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIORDANO, Santo, Vescovo

Dalla folla silenziosa di oscuri martiri che, attraverso le persecuzioni, come umili pietre contribuirono ad edificare la Chiesa, ecco emergere anche Giordano, vescovo di Evora, in Portogallo. il cui contributo consistette nel farsi massacrare per amore di Cristo, nel 303.

Parola di Dio nella festa della Trasfigurazione: Dan. 7,9-10.13-14; Sal. 96; Mc. 9,2-10

 

“UNA VOCE USCI’ DALLA NUBE: QUESTI E’ IL FIGLIO MIO PREDILETTO: ASCOLTATATELO!”. (Mc. 9,7)

La festa della trasfigurazione ci permette di aggiungere una cosa importante alla riflessioni di ieri sulla preghiera. Se è essa è dialogo amoroso tra noi e il Signore non è solo importante sapere quello che dobbiamo dire noi, ma anche saper ascoltare quello che Lui ha da dirci e accogliere quello che ha da darci. Davanti agli apostoli inebetiti da questa grandiosa manifestazione di Gesù che da una parte  aumenta la loro fede nel Messia Figlio di Dio, ma che dall’altra li fa entrare nel mistero di Dio, la voce del Padre dice che Gesù suo Figlio va ascoltato. Sovente, la domenica, quando alle intenzioni della preghiera sento me stesso e l’assemblea rispondere: “Ascoltaci o Signore!”, mi chiedo due cose; prima di tutto se questo “ascoltaci” è davvero convinto ed è adesione alle richieste del lettore (quante volte non si capisce neppure quello che chiede o ci sono delle intenzioni dei fedeli, preparate da sacerdoti, così astruse che forse avrà difficoltà anche il Padre Eterno a capirle) e, seconda cosa, visto che abbiamo appena finito di ascoltare la parola di Dio e il commento dell’omelia se non sia anche il Signore a pregare noi dicendoci: “Franco (e qui ciascuno metta il suo nome) mi hai ascoltato?” Ascoltare il Signore infatti ha due tempi: primo quello di ascoltare proprio, cioè aprire occhi, orecchie, cuore, cercare di leggere negli avvenimenti la volontà di Dio, cercare nella Parola della Bibbia che cosa voglia dire a me, oggi, il Signore; è qualche volta, anche cercare di capire i termini della parola di Dio perché se uno mi parla in una lingua che non conosco posso ascoltare fin che voglio ma difficilmente capirò, ma poi ascoltare Gesù è soprattutto accettare Gesù nel suo mistero, è rivivere Gesù nella nostra pelle, è farlo entrare con le sue scelte, i suoi atteggiamenti nel nostro quotidiano, è portarlo con noi e non solo come spettatore, in famiglia, in fabbrica, a scuola, nel nostro divertimento. Quei tre apostoli scendendo dal monte non hanno capito tutto (si chiedevano che cosa volesse dire risuscitare dai morti), non hanno risolto tutti i loro problemi (c’è ancora la montagna della sofferenza che stenteranno a salire) ma certamente l’esperienza di essere entrati nel mistero di Dio e di avere con loro una persona da ascoltare e da vivere, non lo dimenticheranno più.

 

 

GIOVEDI’ 7 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

RINNOVA, SIGNORE, L’OPERA DELLA TUA CREAZIONE E CUSTODISCI CIO’ CHE HAI RINNOVATO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ADRIANO DA BURONZO, Beato.

Nacque a Buronzo dalla famiglia Berzetto nella prima metà del XV secolo. Fu agostiniano e priore di vari monasteri tra cui quello di Avigliana che avrebbe lui stesso fondato. Fu anche a Santa Maria della Misericordia di Vercelli e a San Pietro di Biella. Non si conosce la data della sua morte; da documenti si sa solo che nel 1490 era ancora vivo.

Parola di Dio: Num. 20,1-13; Sal. 94; Mt. 16,13-23

 

“LUNGI DA ME, SATANA! TU MI SEI DI SCANDALO PERCHE’ NON PENSI SECONDO DIO, MA SECONDO GLI UOMINI!”. (Mt. 16-23)

Uno dei possibili rischi della preghiera è quello di metterci noi al posto di Dio e di avere noi da suggerire a Lui come deve comportarsi, che cosa deve fare e dare a noi e al nostro prossimo. Pietro è certamente un entusiasta. E’ anche uno che ha maturato la sua fede che ha scoperto in Gesù il Messia, il Figlio di Dio, ma la troppa confidenza, il suo voler bene a Gesù legato però a ragionamenti molto terreni, lo porta a mettersi contro i progetti di Dio. Così può succedere, a volte quando preghiamo. Siccome il dialogo che abbiamo con il Signore è sempre un qualcosa che avviene dentro di noi, c’è il rischio che, portando troppo noi stessi, noi non parliamo con il Signore, non ascoltiamo il Signore, ma parliamo e ascoltiamo noi stessi per cui, e lo scrivo sorridendo, noi prestiamo il nostro ragionamento al Signore e vorremmo che Lui si comportasse esattamente come noi vogliamo (“Per forza Signore hai così pochi amici, quando uno cerca di essere giusto ecco che viene castagnato!”), gli suggeriamo che cosa dovrebbe fare (“Signore allenta un po’ le tue richieste e la  tua morale e vedrai quanta gente ti viene dietro”), gli chiediamo per il bene della Chiesa (quasi noi lo sapessimo!) e nostro di fare “così e cosà” e se per caso non ci ascolta siamo subito pronti a dire: “Ma vale la pena pregare? Intanto il Signore fa quello che vuole!”. La confidenza che permetteva ai santi, e lo permette anche a noi, di pregare sorridendo, di sentirci bambini che al proprio padre possono parlare di tutto e chiedere anche cose assurde, non deve però diventare un ostacolo a comprendere la volontà di Dio e la preghiera non deve mai diventare un parlare a noi stessi. Questo riusciremo a farlo proprio “Ascoltando molto” e avendo sempre presente la grande differenza tra noi e Colui al quale ci rivolgiamo per non correre il rischio di sentirci dire anche noi: “allontanati da me perché, proprio nella preghiera, tu non pensi come Dio, ma come gli uomini”

 

 

VENERDI’ 8 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

TU, O SIGNORE, SEI DIO LASSU’ NEI CIELI E QUAGGIU’ SULLA TERRA E NON VE N’E’ UN ALTRO. (Deut. 4,39)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

DOMENICO, Santo, Fondatore

Domenico di Gutzman, di famiglia e di animo nobile nacque a Caleruega (Spagna) nel 1170. Divenne sacerdote. Scoprendo i danni prodotti dalle eresie fondò un ordine di frati predicatori poveri ed umili che predicassero con le parole e la vita. Onorio III approvò il nuovo ordine chiamato dei “Domenicani”. Nel 1221 Domenico, consumato dalle fatiche, morì a Bologna.

Parola di Dio: Deut. 4,32-40; Sal. 76; Mt. 16,24-28

 

“SE QUALCUNO VUOL VENIRE DIETRO A ME RINNEGHI SE STESSO, PRENDA LA SUA CROCE E MI SEGUA”. (Mt. 16,24)

Frase dura quella che Gesù ci suggerisce oggi. Eppure chiarificatrice su che cosa significhi essere veri discepoli di Cristo. Partiamo da una prima osservazione: non confondiamo il seguire Gesù con l’iscriversi ad una associazione o aderire ad una chiesa. Il cristiano prima di tutto è uno che è stato scelto da Gesù: “Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi”. Se dunque io sono stato scelto dall’amore di Dio per essere discepolo di Gesù non solo devo conoscerlo, amarlo e avere fede in Lui, significa che devo diventare Lui. Diceva San Paolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. Comprendiamo allora la frase di oggi: rinnegare se stessi, non significa fare qualche piccolo sacrificio, significa dire di “no” al vecchio egoistico modo di vivere e di pensare e dire di “sì” a Gesù. La vita che io vivo non è più mia, per farne quello che voglio, ora appartiene a Gesù. E’ Lui il Signore e Maestro di tutto ciò che sono e di tutto ciò che ho. E allora riesco anche a capire che  cosa significa: “Prendere la croce”. Per Gesù la croce significava dolore e vergogna, solitudine e rifiuto, sofferenza e morte. Gesù ci esorta a percorrere la medesima strada e a non sorprendersi quando avvengono incomprensioni e opposizioni. Prendere la croce, significa capire a fondo, proprio guardando a quello che Lui ha fatto, che il modo migliore di amare Lui e il prossimo è quello di "dare", consumare la nostra vita per gli altri

 

 

SABATO 9 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI, SIGNORE, FEDE PARI AD UN GRANELLO DI SENAPA. (Mt. 17,20)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

VEREMONDO, Santo, Vescovo di Ivrea

Nasce nella prima metà del secolo X.  In gioventù sarebbe stato camerlengo e avvocato a Pavia. Ottone I lo nominò vescovo di Ivrea allora dominata dal marchese Arduino a cui Veremondo si oppose in diverse occasioni fino a fulminargli la scomunica poi rinnovata dal Papa Gregorio V. Quando fu eretta l’Abbazia di Fruttuaria anche con il concorso di Arduino, Veremondo concesse ad essa grandi privilegi ed esenzioni. In quella stessa abbazia si ritirerà Arduino al termine della sua vita. Durante il suo episcopato rinvenne le reliquie del martire Tegulo, curò la costruzione della cattedrale di Ivrea, istituì una scuola vescovile. Morì tra il 1010 e il 1014.

Parola di Dio: Deut. 6,4-13; sal. 17; Mt. 17,14-20

 

“PERCHE’ NOI NON ABBIAMO POTUTO SCACCIARE QUELLO SPIRITO IMMONDO?”. “PER LA VOSTRA POCA FEDE”. Mt. 17,19-20)

Quando mi disse : “Beato lei che ha fede” fu come uno schiaffo in faccia. Chi si dichiarava non credente era un uomo che da sei anni si prendeva cura del suo ragazzo che a causa di un incidente era rimasto paralizzato su una carrozzella e non riusciva a comunicare se non con gli occhi e qualche goffo movimento del capo e delle mani. Quell’uomo aveva rinunciato a terminare la sua carriera, nel frattempo aveva perso la moglie ma ogni giorno ricominciava da capo, metteva suo figlio sulla carrozzella, lo lavava, lo imboccava gli faceva tutti i servizi, lo portava in giro e tutto senza umana speranza di vedere una soluzione. E quell’uomo mi diceva beato per la fede! E lo diceva sinceramente! Mi sono reso conto di quanto aveva ragione Gesù di dire ai suoi discepoli e a me e a tutta la sua chiesa di quanto poca sia la nostra fede. E non lo dico tanto perché se noi avessimo fede riusciremmo ad ottenere miracoli, quanto perché scopro in me e in molti cristiani che la nostra fede è spesso una fede di parole che però dorme beatamente nella vita. Ma vi sembra che se i cristiani sulla terra avessero davvero fede ci sarebbero ancora milioni di uomini che muoiono di fame? Vi sembra che proprio tra cristiani abbondino i tradimenti, le oppressioni del prossimo, le ingiustizie, le ipocrisie? Mi è abbastanza facile dire il credo alla domenica e affermare di credere in un Dio Padre misericordioso, in un Figlio che ha dato la sua vita per me, in uno Spirito che mi sostiene e mi assiste, ma nella mia vita che posto ha la Trinità se spesso essa viene dopo il portafoglio, dopo la soddisfazione dei miei piaceri e desideri, se il tanto amore che Dio ha per me non mi spinge ad uscire dal mio guscio per farmi portatore di questo amore a qualche fratello? Quando ripenso a quel padre scopro che se non aveva una fede teologale, e che, se forse  qualche volta pensava ad un Dio, se la prendeva pure con Lui per quello che gli era successo, aveva una fede forse solo umana ma fatta dalla costanza del suo amore, dalla fatica del quotidiano, dalle amarezze subite, dalla speranza in suo figlio perché, privato di tutto e senza speranze umane avesse almeno il suo amore. Allora mi sento di ripetere con verità quella invocazione del Vangelo: “Signore, noi crediamo, ma aiutaci nella nostra incredulità”

 

 

DOMENICA 10 AGOSTO :  19^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Una scheggia di preghiera:

 

CON LA FORZA DEL TUO CIBO DONACI DI CAMMINARE VERSO LE TUE PROMESSE. (1Re 19,8)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BESSO Santo, Martire 

I fatti ci presentano due San Besso, uno ricordato in una chiesa campestre presso Campiglia e l’altro ad Ivrea, da alcuni addirittura creduto vescovo di questa città. La soluzione potrebbe essere che il primo fosse stato un eremita martirizzato e il secondo forse uno dei tanti appartenuti alla legione Tebea che, giunto ad Ivrea, fu martirizzato sul posto. Ecco come ci racconta la leggenda a proposito del Besso di Campiglia:  Besso era scampato al massacro della legione Tebea ed era andato a predicare il Vangelo in Val Soana e a Cogne. Fu però fatto schiavo di un proprietario terriero e fu mandato a pascolare il gregge. Altri pastori invidiosi perché il suo gregge era più florido del loro, rubarono un montone lo uccisero e per compromettere Besso lo invitarono a mangiarlo con loro. Al suo diniego e alla sua affermazione di fede, lo uccisero e gettarono il suo corpo in un burrone. Gli abitanti di Campiglia raccolsero il corpo e lo inumarono in una roccia vicino alla quale sorse un santuarietto meta continua di pellegrinaggi.

Parola di Dio: 1Re 19,4-8; Sal. 33; Ef.4,30-5,2; Gv. 6,41-51

 

“IO SONO IL PANE DISCESO DAL CIELO; SE UNO MANGIA DI QUESTO PANE VIVRA’ IN ETERNO”: (Gv. 6,51)

Credo che a molti di voi sia capitato di passare lunghi momenti davanti all’Eucarestia e, se non siamo troppo preoccupati di che cosa dire, di che cosa fare, forse abbiamo lasciato andare il nostro cuore davanti a questo mistero che è davvero un abisso che richiede fede e dà fede, che nasconde e manifesta, che comunica in modo ineffabile, ma richiede il coinvolgimento della nostra vita. Oggi vi offro proprio solo alcune schegge sull’Eucarestia.

- L’Eucarestia è la povertà di Dio: E’ la grandezza che si fa piccolezza, è l’amore che si fa pane.

- L’Eucarestia è la storia del più grande amore che sia vissuto su questa terra da un uomo chiamato Gesù.

- Tu puoi tenere in mano Dio come un pezzo di pane, è la presenza più ravvicinata e personalizzata che si possa immaginare. Se fosse davanti a noi in altro modo più appariscente, più trionfale ne saremmo schiacciati o per lo meno spaventati, invece sotto il segno del pane ci lascia veramente liberi: è amore che chiede solo amore.

-  Dio prima di essere amicizia è pane, prima di essere nostro giudice è nostro nutrimento ed è un cibo che può trasformarmi: se voglio mi cambia lasciandosi mangiare da me.

Disse il Curato d’Ars:

Quando Dio decise di dare alla nostra anima un alimento che la sostenesse nel pellegrinaggio della vita, volse lo sguardo alla creazione e non trovò nulla che fosse degno di lei. Allora posò lo sguardo su di sé e decise di donare la propria persona.

Disse san Giovanni Crisostomo:

Gesù vuole che noi diventiamo suo corpo non solo mediante la carità, ma realmente, mescolandoci alla sua stessa carne. Egli si mescola a noi, mette in noi il suo corpo affinché noi diventiamo con lui una cosa sola.

Diceva Francesco di Sales:

Credetemi, a forza di mangiare la Bellezza, la Bontà e la Purezza in questo sacramento, diventerete belli, buoni e puri.

Concludo con una citazione Francois Mauriac:

“Stiamo andando verso l'eternità: ci dovremmo andare di comunione in comunione.”.

 

 

LUNEDI’ 11 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, FA CRESCERE IN NOI LO SPIRITO DI FIGLI ADOTTIVI, PERCHE’ POSSIAMO ENTRARE NELL’EREDITA’ CHE CI HA PROMESSO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

CHIARA D’ASSISI, Santa, Fondatrice

Penso che tutti abbiamo presente la freschezza e la gioia di questa ragazza che, affascinata dall’esempio di Francesco, a diciotto anni consacrò nella povertà la sua vita a Cristo. Nacque così l’ordine delle Clarisse che lei guidò per 42 anni nel convento di S. Damiano, ad Assisi.

Parola di Dio: Deut. 10,12-22; Sal. 147; Mt. 17,22-27

 

“IL VOSTRO MAESTRO NON PAGA LA TASSA PER IL TEMPIO?”. (Mt. 17,24)

Parlare di tasse normalmente è un discorso che non piace, sarà per il fatto che bisogna esborsare dei denari sudati, sarà per il fatto che spesso non si vedono bene usati i soldi versati per il bene comune. Ma anche quando, in ogni situazione si vedono le cose come una tassa da pagare, un dovere da compiere per non incorrere in qualche penalità, il discorso diventa pesante. Ogni Ebreo, oltre alle tasse da pagare ai romani, al re Erode aveva anche una tassa da pagare per il mantenimento del Tempio di Gerusalemme e di tutto quello che, legato alla religione, girava attorno ad esso. Chiedono a Gesù di esibire la ricevuta fiscale. E lui ancora una volta amareggiato da questo fiscalismo che impedisce di riconoscerlo, per loro serenità provvede al pagamento per sé e per i suoi, ma Gesù non è venuto a pagare nessuna tassa, né a noi che nei confronti di Dio non possiamo vantare nessun credito ma al massimo debito, né nei confronti del Padre che non ha bisogno di tasse, di sacrifici e di sangue per placarsi e continuare a voler bene ai suoi figli. Gesù è venuto ed ha dato tutto se stesso per amore, e l’amore lo ha portato a pagare ben di più di quello che poteva esigere la grettezza di un tariffario. La stessa cosa può succedere a noi nella nostra vita religiosa. Possiamo vedere il nostro rapporto con Dio e con i fratelli come una tassa da pagare per poter ottenere qualcosa o una risposta di amore grande nei confronti di un amore più grande che ci è donato. Qualche esempio per capirci  meglio: se vedo la Messa della domenica come una tassa da pagare perché c’è un comandamento che lo impone e perché “Se no Dio si arrabbia con me e non mi manda più in paradiso ma mi affibbia almeno un po’ di anni di purgatorio”, io andrò a messa con rassegnazione, cercherò il prete che se la sbriga più in fretta, subirò passivamente un rito, la messa certamente non mi darà nulla per la vita e avrò perso un appuntamento con il Signore che invece voleva donarmi se stesso, farmi partecipe della sua vita, caricarmi per la settimana. Se devo voler bene al mio prossimo solo perché ‘purtroppo’ il Signore ha voluto così, solo perché non voglio correre il rischio che poi Lui si vendichi giudicandomi magari con lo stesso metro con cui ho giudicato io, diventerò ipocrita, non perdonerò mai con il cuore, il mio prossimo sarà solo e sempre un peso per me.

 

 

MARTEDI’ 12 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

SIGNORE DIO, TU CAMMINI CON NOI, NON CI ABBANDONARE. (Deut. 31,8)

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ERCOLANO, Santo, Vescovo 

Visse nel VI secolo. Fu Vescovo di Brescia ma un giorno rinunciò a questo incarico perché sentiva forte il richiamo della preghiera. Terminò la sua vita in un eremo.

Parola di Dio: Deut. 31,1-8; Cantico da Deut. 32; Mt. 18,1-5.10.12-14

 

“SE NON DIVENTERETE COME BAMBINI NON ENTRERETE NEL REGNO DEI CIELI”. (Mt. 18,3)

Per capire il significato dell’invito di Gesù a diventare piccoli bisogna guardare a come Dio stesso si è comportato. Il popolo eletto aspettava il Messia e credeva sarebbe arrivato con potenza, gloria, teofanie sfolgoranti, tuoni e lampi come sul Sinai, trionfo per lui e per i suoi fedeli. Cosa arriva? La debolezza, la piccolezza, l’oscurità ; chi può riconoscere Dio sotto il velo della carne di un bimbo indifeso? Solo l’umile Maria o dei rozzi pastori, o dei sapienti ma abituati a cercare e fare lunghi cammini. E quando Gesù è cresciuto vivendo per  trent’anni in oscuro borgo di Galilea come avrebbe potuto essere riconosciuto secondo le aspettative del Messia? Si aspettavano il figlio del Re Davide, il Vincitore, il Dio degli eserciti, colui che avrebbe dovuto scacciare gli odiati romani. Chi arriva? Un povero operaio con un gruppetto di poveracci. Anche qui solo pochi poveri ed umili riescono a riconoscerlo. E come finisce la storia? L’urto tra Lui che dice di essere il Figlio di Dio, il Messia e coloro che non possono accettare una simile maniera di procedere giunge all’acme e si risolve con la crocifissione di un innocente. E anche lì, ai piedi di quella croce sono poche e umili persone a credere in Lui e a piangere per Lui e per noi. Dio ha scelto la strada della piccolezza e solo i piccoli e gli umili riescono ad accoglierlo. “Perfino la Chiesa – e qui cito fra virgolette perché non sono le solite battute di don Franco che sulla Chiesa ci va pesante, ma sono parole di Carlo Carretto, scritte anche parecchi anni fa e con tanto di imprimatur – prende continuamente degli abbagli in questo senso e su questa strada. Sa benissimo che Lui ha detto: “Il mio regno non è di questo mondo” e lei si è fatta ed ha tuttora un regno, il Vaticano, anche se oggi piccolino, piccolino! Sa benissimo che la dolcezza di Gesù e la sua non violenza ha suggerito a Pietro: “Metti la spada nel fodero” e lei, così, alla chetichella, ne ha fatti sbudellare parecchi per “zelo” di Lui! Si ricorda che lui venne a Gerusalemme su un asinello rifuggendo sempre il trionfo e non accettando mai che lo facessero re, e lei, poverina si adagiò sovente al regno e amò il trionfo tanto che proprio per lei fu forgiato il termine "trionfalista"!” Anche la Chiesa e anche noi se non ritroviamo davvero il bambino che è in noi, la piccolezza del nostro essere, la capacità contemplativa rischiamo di vedere solo il buio di Dio e di andarlo a cercare altrove mentre invece Lui è proprio nell’umiltà del nostro cammino.

 

 

MERCOLEDI’ 13 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

BENEDETTO SEI TU, DIO DELLA MIA VITA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

IPPOLITO DI ROMA Santo Martire

Il santo martire che ricordiamo oggi in sé non ha nulla di piemontese ma lo ricordiamo in quanto egli è patrono del comune di Bardonecchia. Le notizie su questo santo martire sono notevolmente confuse sembra fosse un sacerdote fecondo scrittore, esiliato in Sardegna con papa Ponziano. Attorno a lui fiorirono numerose leggende. Una di queste dice che fu arrestato insieme a Lorenzo e Sisto, e mentre questi venivano decapitati Ippolito fu fatto trascinare fino a morte da indomiti cavalli

Parola di Dio: Deut. 34,1-12; Sal. 65; Mt. 18,15-20

 

“SE TUO FRATELLO COMMETTE UNA COLPA…”. (Mt. 18,15)

Gesù è davvero realista. Ci ha detto  che la cosa più grande che possiamo fare è quella di amare Dio e i fratelli con tutto il cuore, la mente, le forze, ma sa benissimo che non è facile, che i nostri sentimenti, ragionamenti spesso sono sviati dall’egoismo e che le nostre forze sono deboli. Anche nella vita tra cristiani, proprio perché vita di comunità spesso nascono delle difficoltà e allora  ci illustra il modo di gestire i nascenti conflitti nella comunità primitiva: passato l'entusiasmo dell'adesione al Maestro, allora come oggi sorgevano i problemi di dialogo e di comprensione col rischio di gesti estremi (magari in nome del vangelo!). La prassi proposta da Gesù è piena zeppa di buon senso: discrezione, umiltà, delicatezza verso chi sbaglia, lasciandogli il tempo di riflettere, poi l'intervento di qualche fratello, infine della comunità. Quanto siamo lontano da questa prassi evangelica! Se si parla degli errori di qualcuno se ne sparla, spesso con sadica soddisfazione, senza compassione o delicatezza. Se noi discepoli del Misericordioso non sappiamo avere misericordia, chi mai ne sarà capace? Ma tutto questo senza falsi buonismi: la franchezza evangelica è un modo concreto di amare, di essere solidali anche con durezza. Nelle nostre comunità abbiamo bisogno di scoprire questo modo concreto di intervenire, di prendere a cuore il destino dei miei fratelli, senza nasconderci dietro il sospetto : “Ma io che c’entro?”. Se davvero Gesù mi ha cambiato la vita, ha cambiato anche il modo di vedere gli altri.  Allora non sarò giudice di mio fratello ma cercherò di fare di tutto perché il bene possa compiersi in Lui come in me.

 

 

GIOVEDI’ 14 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, FA’ CHE APPREZZANDO LA TUA MISERICORDIA, DIVENTIAMO MISERICORDIOSI. (Lc. 6,36)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MASSIMILIANO KOLBE, Santo

Nato in Polonia nel 1894, Massimiliano entrò nella famiglia francescana dei Minori Conventuali. Fondò la “Milizia di Maria Immacolata” e svolse, con la parola e con la stampa, un intenso apostolato in Europa e in Asia. Deportato ad Auschwitz durante la seconda guerra mondiale, offrì la sua vita in cambio di quella di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. Morì nel bunker della fame il 14 agosto 1941.               

Parola di Dio: Gios. 3,7-10-11.13-17; Sal. 113; Mt. 18,21-19,1

 

“SIGNORE, QUANTE VOLTE DOVRO’ PERDONARE AL MIO FRATELLO SE PECCA CONTRO DI ME? FINO A SETTE VOLTE?”. (Mt. 18,21)

La logica del perdono, chissà perché, è qualcosa che urta profondamente contro i nostri istinti. Eppure è ciò che maggiormente caratterizza la nostra identità cristiana. Siamo chiamati, quindi, a perdonare sempre. Riflettiamo bene su questa pagina perché contagi, un poco almeno, la nostra vita. A leggere bene, Pietro fa già un gesto straordinario. Non so voi, ma perdonare già sette volte è difficile! Immaginate: un amico si viene a scusare perché vi ha sparlato alle spalle. La prima volta: una pacca sulle spalle, una stretta di mano, pazienza. Torna dopo mezz'ora: ha nuovamente parlato male di voi: che fate, lo perdonate di nuovo o vi sentite presi in giro? E se questo continua non vi sembra stupido e addirittura contro la giustizia continuare sulla strada del perdono? Eppure Gesù rilancia il gioco: occorre perdonare sempre. Possibile? La durissima parabola che segue ci spiega questa esigenza: il cristiano è chiamato a perdonare quando si rende conto di quanto a lui è perdonato. L'accentuata sproporzione del debito nella parabola (centinaia di migliaia contro pochi centesimi di Euro) rivela il divario fra il gesto di Dio e il nostro. Quindi siamo chiamati a perdonare perché perdonati, perché noi per primi facciamo quest'esperienza di perdono gratuito, sproporzionato rispetto al condono del creditore. Eppure questo perdono non cambia il cuore del servo. L’ha fatta franca, è incredulo, euforico, non stupito della misericordia del padrone. E, infatti, il suo cuore indurito non ha pietà per l'altro servo. Siamo chiamati a perdonare perché perdonati, non perché più buoni. Quante volte dimentichiamo un'offesa subita perché, tutto sommato, ci sentiamo migliori. Siamo chiamati a perdonare  gratis, non sperando che il nostro perdono cambi l'atteggiamento di chi ci ha offeso. Anzi: come Gesù, rischiamo di essere ridicolizzati per il nostro gesto, di vedercelo rinfacciare come debolezza. Poco importa: chi ha incontrato il grande perdono non può fare a meno di guardare all'altro con uno sguardo di comprensione e verità. E concretezza. Mi spiego: riuscire a perdonare persone che mi hanno profondamente ferito non è cosa semplice. Spesse volte, poi, giocano un grosso ruolo fatiche di tipo psicologico. Nella concretezza di ciò che sono devo dare il massimo, non aspettare il perdono perfetto, ma esercitare il perdono possibile. Non stupiamoci dei nostri limiti, offriamo quello di cui siamo capaci e poi fissiamo lo sguardo sul dono ricevuto da Dio e chiediamo il suo aiuto, solo così, man mano le nostre capacità di perdono cresceranno.

 

 

VENERDI’ 15 AGOSTO : ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Una scheggia di preghiera:

 

BENEDETTA TU FRA LE DONNE E BENEDETTO IL FRUTTO DEL TUO GREMBO. (Lc. 1,42)

 

Oggi ricordiamo: FESTA DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

“Colei che nel parto aveva conservato illesa la sua verginità, doveva anche conservare senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte. Colei che aveva portato nel suo seno il Creatore fatto bambino, doveva abitare nei tabernacoli divini. Colei, che fu data in sposa dal Padre, non poteva che trovare dimora nelle sedi celesti. Doveva contemplare il suo Figlio nella gloria alla destra del Padre, lei che lo aveva visto sulla croce, lei, che fu trapassata dalla spada del dolore quando lo vide morire. Era giusto che la Madre di Dio possedesse ciò che appartiene al Figlio e che fosse onorata da tutte le creature come Madre e ancella di Dio”  (San Giovanni Damasceno).

Parola di Dio: Ap. 11,19; 12,1-6.10; Sal. 44; 1Cor. 15,20-26; Lc. 1, 39-56

 

“IN QUEI GIORNI MARIA SI MISE IN VIAGGIO”. (Lc. 1,39)

La festa di oggi è un occasione per molte riflessioni diverse. Ecco un accenno ad alcune di esse. Ogni lettore faccia la sua meditazione su ciò che maggiormente lo ha colpito. Oggi noi celebriamo un grande dono che Dio ha fatto a Maria quello di essere glorificata subito in quel corpo che ha generato il Figlio di Dio per noi. Ne siamo contenti, ma è più importante per Maria essere stata assunta in cielo per grazia di Dio o essere stata l’umile ancella che si è messa al servizio del Signore in ogni momento della sua vita? E per noi che cosa è più importante: avere dei doni particolari per cui siamo ammirati da altri o servire in umiltà Dio e i fratelli? Nella vita della Madonna ci sono parecchie “salite”: ‘sale’ verso la montagna per andare da Elisabetta (salita del servizio); ‘sale ‘ verso la Giudea per andare a farsi registrare per il censimento (salita dell’obbedienza); ‘sale a Gerusalemme con Gesù dodicenne per la Pasqua (salita dell’osservanza e della preghiera); sale al Calvario (salita del dolore che trova redenzione); ‘sale’ con gli apostoli al piano superiore in attesa dello Spirito Santo (salita della speranza); sale in cielo (salita verso la comunione totale). A noi piacciono le salite o preferiamo le discese o preferiamo sederci in pianura? La festa dell’Assunta è anche l’esaltazione del dono della nostra corporeità e allora ne viene che dobbiamo amare la vita per noi e per gli altri. E’ dunque da rifiutare una certa immagine del cristianesimo che è rinunzia per la rinunzia, come è anche da rifiutare una certa mentalità mondana che idolatra solamente il corpo e la materialità. Noi siamo chiamati alla vita e alla risurrezione perciò dobbiamo essere rispettosi, amanti della vita a tutti i livelli per noi e per gli altri (proviamo a chiederci come rispettiamo la nostra e l’altrui vita ad esempio nell’uso della sessualità, nel rispetto delle idee e delle iniziative altrui, nel rispetto della cosa pubblica, bene per tutti, nel rispetto della nostra salute e di quella della società, sulle strade, nei giudizi pesanti sulle difficoltà e menomazioni altrui…)

 

 

SABATO 16 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

SEI TU, SIGNORE, L’UNICO MIO BENE. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

Rocco, Santo 

Rocco, morti i genitori, volle seguire Gesù che, per il Vangelo, non aveva dove posare il capo. Perciò rinunciò a tutti i suoi averi, si vestì come i poveri, prese un bastone e si fece pellegrino. Dalla Francia scese in Italia, portando ovunque la testimonianza di Gesù povero e amico dei malati. A quei tempi, siamo nel secolo XIV, spesso la peste infieriva sulle varie città e Rocco accorreva proprio là tra gli appestati, perché essi avevano più bisogno d’aiuto.  Pellegrinò in quasi tutte le città d’Italia, lavorò in molti ospedali. Non cessò dal suo intenso lavoro contro la peste, neppure quando, colpito da una freccia alla coscia destra, ne portò la piaga e il dolore per tutta la vita. Morì all’età di trentadue anni, dopo cinque anni di prigione, infatti era stato scambiato per una spia.

Parola di Dio: Gios. 24,14-29; Sal. 15; Mt. 19,13-15

 

“LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME, PERCHE' DI QUESTI E’ IL REGNO DEI CIELI”. (Mt. 19,14)

Quante volte mi sono accostato al senso della vita e con la mia intelligenza ho cercato di scrutarne i significati più profondi. Ne sono restato meravigliato, attratto, ma mi sono dovuto fermare: quello che capivo era un nulla in confronto a quello che rimaneva meraviglioso ma oscuro, e di quello che capivo molte erano intuizioni non provate, teorie da verificare, cose o affermate o messe in dubbio da persone diverse. Ho frequentato biblioteche, ho posto domande a quelli che molti ritengono i saggi della terra, ma nessuno di essi ha saputo spiegarmi qualcosa del dolore umano. Risposte ce ne sono migliaia ma alla fine lasciano sempre il dubbio dell’inganno. Ho cercato Dio, il Dio delle religioni, e spesso vi ho trovato un Dio costruito dalle mani dell’uomo o per lo meno un Dio che per le mani dell’uomo religioso aveva perso il suo volto ed era diventato il Dio delle norme, il Dio proiezione e maschera delle nostre paure, il Dio di parte dei rappresentanti della religione stessa. Allora mi sono detto: “Lasciamo da parte quello che hanno detto altri”, ed ho preso in mano i libri della Rivelazione, i testi indiani, il Corano, la Bibbia. Mi sono perso: quante contraddizioni! Dio sta da una parte e poi è il Dio di tutti, Dio parla di pace e poi ordina la violenza, e il dolore del giusto?, e perché il male su questa terra? Persino Gesù è stato difficile alla mia testa e anche la sua morte in croce mi sta stretta per l’idea di Dio Padre che vorrei avere. Allora mi sono ricordato di quando ero piccolo: magari facevo i capricci ma di mio padre mi fidavo, forse mi stavano strette le norme che mia madre metteva per far funzionare la casa, ma quando mi prendeva per mano ero al sicuro, davanti alla sofferenza mia e degli altri piangevo, non la accettavo, facevo il muso ma essa era parte della mia vita come la gioia, la curiosità del sapere, la voglia di crescere, lo stupore e la meraviglia per ogni cosa. E mi sono accorto che non si tratta si sapere tutto ma di vivere tutto dal dentro, non si tratta di trovare risposte esaustive e chiare, si tratta di vivere e non di subire e anche di Dio non si tratta, con assurdo egoismo, di voler sapere tutto di Lui, si tratta di incontrarlo, di mettere la mano nella sua. Quando avevo sei anni ne sapevo nulla di teologia e molto poco di catechismo ma sono andato a ricevere Gesù con gioia e serenità, non avevo alcun dubbio che fosse lì e fosse lì per me. No, non si tratta di vagheggiare l’età dell’incoscienza  non si tratta di misconoscere il valore e il dono dell’intelligenza e neanche di sminuire la storia e le religioni, si tratta di riappropriarsi del cuore, e del cuore di bambino.

 

 

DOMENICA 17 AGOSTO : 20^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B

Una scheggia di preghiera:

 

TU, GESU’, SEI IL PANE DISCESO DAL CIELO, LA TUA CARNE E’ VERO CIBO E IL TUO SANGUE VERA BEVANDA. (Gv. 6,58.54)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIACINTO, Santo

Nato nel XII secolo in Turchia, trascorse la propria vita inseguendo un unico scopo: rendere partecipi quanti più possibile della fede, aprire le menti al messaggio di Cristo, illuminare i cuori. Per questa sua testimonianza fu arrestato e morì tra grandi tormenti.

Parola di Dio: Prov. 9,1-6; Sal. 33; Ef. 5,15-20; Gv. 6,51-58

 

“IN VERITA’ VI DICO: SE NON MANGIATE LA CARNE DEL FIGLIO DELL’UOMO E NON BEVETE IL SUO SANGUE NON AVRETE IN VOI LA VITA”. (Gv. 5,53)

Alcuni anni fa nella comunità parrocchiale dove svolgevo il mio servizio di parroco si era creato davvero un bel clima di preghiera e di serenità alla messa domenicale: ci si trovava bene insieme, si cantava e pregava volentieri… Pur conoscendo quasi tutti i partecipanti alla Messa rimanevo stupito dal fatto che ci fosse un gruppo abbastanza numeroso che veniva a Messa abitualmente e direi anche con gusto ma poi non andava a fare la Comunione. Con riservatezza provai a tastare il terreno presso alcuni di loro ed ebbi questa serie di risposte: “Vede, io vengo a Messa per tutta una serie di ricordi belli e brutti della mia vita, forse non so neanche se vengo per fede, per abitudine o per sentire una parola diversa da quelle che ascolto tutta la settimana, ma come posso andare a far la Comunione se non so che cosa sia e se, tutto sommato, forse non ci credo neppure?”. Un'altra persona quasi con aria di rimprovero mi disse: “Sapesse quanta voglia avrei di mettermi in fila per ricevere Gesù, ma voi preti, con le vostre norme avete detto che i divorziati non possono accostarsi; ma io non mi sono mica divorziata in odio a Gesù, l’ho fatto per le botte che prendevo e se ho cercato di ricostruirmi una famiglia l’ho fatto si, anche per me, ma soprattutto per i miei figli”. Un altro ancora: “Non posso andare a fare la Comunione. Se lo facessi dovrei cambiare ed ora non ci riesco proprio anzi comincio a temere che non ci riuscirò mai!”. “Mi hanno insegnato che le cose sacre sono cose serie, mi sembra banalizzare una cosa seria vedere tutta quella fila di persone che tendono la mano e poi nella vita…” E la serie di risposte. alcune profondamente valide, altre superficiali hanno messo in evidenza che molti vanno al banchetto, ma non mangiano. Ma non mi sembrava giusto aver fatto questa domanda solo a coloro che non andavano a fare la Comunione, approfittai allora di varie occasioni per chiedere alle persona che abitualmente andavano alla Comunione, perché facessero così. Anche qui mi sono trovato davanti a risposte molto variegate per cui arrivai alla conclusione che c’erano molte persone che andavano al Banchetto e mangiavano, ma senza aver fame e senza apprezzare il cibo: era una abitudine; qualcun altro andava “Perché per essere salvati bisogna fare così” e perché così hanno detto i preti, qualcuno lo faceva perché se no gli altri avrebbero potuto dire che era un peccatore o una peccatrice, qualcuno sentiva la comunione come un bisogno altri come un desiderio, altri come una forza per affrontare la settimana, altri perché volevano stare con Gesù, altri perché era un dono bello… Perché oggi vi ho raccontato queste cose? Perché la parola di Gesù che meditiamo oggi è chiara: se non mangiamo la sua carne e beviamo il suo sangue, non abbiamo la vita! Perché dunque io vado o non vado a ricevere il Pane del cielo in cui è ogni nostro sostentamento?

 

 

LUNEDI’ 18 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, INFONDI IN NOI LA DOLCEZZA DEL TUO AMORE. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ELENA, Santa

E’ la madre dell’imperatore Costantino che essendo una cristiana di umili origini seppe indirizzare così bene il figlio che egli legalizzò la Chiesa fino allora perseguitata. Di S. Elena si ricorda anche il suo pellegrinaggio in Terra Santa dove contribuì al ritrovamento e alla salvaguardia dei luoghi santi.

Parola di Dio: Gdc. 2,11-19; Sal. 105; Mt. 19,16-22

 

“UDITO QUESTO IL GIOVANE SE NE ANDO’ TRISTE POICHE' AVEVA MOLTE RICCHEZZE”. (Mt. 19,22)

Ho provato a calarmi nei panni di quell’uomo, ricco, che va da Gesù. Una domanda la sua sul cosa fare per entrare nella vita eterna che avrei fatto anch’io e da persona educata alla religione delle norme, anch’io mi sarei aspettato un ricettario di indicazioni osservando le quali avere assicurazione per il mio posto in paradiso. Forse anche molti di noi potrebbero, magari con molta benevolenza nei confronti di se stessi, dire: “Più o meno i grossi comandamenti li ho osservati, ma questa è una cosa che ogni credente dovrebbe fare, che cosa posso fare io per essere il migliore, il perfetto”. Non so se quel tale cercasse la perfezione per sentirsi migliore degli altri o la cercasse perché davvero la desiderava, ma certamente davanti alla “assurdità” della risposta di Gesù di andare a vendere tutto per darlo ai poveri si è sentito spiazzato: “Ma che maestro strano! Non sai quanta fatica ho fatto io e prima di me mio padre per mettere insieme quello che abbiamo. Mica è roba rubata, è sudata lira per lira e poi non conosci neanche la Scrittura che sembra dire che le ricchezze sono la benedizione di Dio! E io per essere perfetto dovrei mettermi a fare lo straccione dietro a te mentre qualcun altro che si dice povero dilapiderebbe in un attimo tutte le mie sostanze senza poi ricavarne neanche un grande risultato?” In fondo ce la sentiamo di dare tutti i torti a questo "povero ricco"? Eppure Dio e ricchezza non stanno insieme. Sentiremo nel Vangelo di domani che: “Nulla è impossibile a Dio”, ma di norma o scegli di startene con la tua ricchezza o con la povertà riesci ad andare dietro a Colui che davvero ti fa ricco. Penso ai miei quattro soldi, ai miei tanti libri e alle tante cose cui sono legato e mi sembra impossibile poterne fare a meno, ma poi, almeno in teoria, mi dico che sono uno stupido perché il giorno della mia morte di tutte queste cose ne farò a meno e se non sarò andato dietro a Gesù resterò anche senza la sua vera ricchezza

 

 

MARTEDI’ 19 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

SEI TU, SIGNORE, LA PACE DEL TUO POPOLO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIOVANNI EUDES, Santo Fondatore

Giovanni Eudes (1601—1680) fondò nel 1642 la Congregazione di Gesù e Maria (Eudisti), a cui diede come finalità la formazione del clero e la predicazione al popolo. Promosse anche la congregazione femminile di nostra Signora della carità del rifugio, da cui deriverà quella del Buon Pastore, rivolta ad accogliere le prostitute. Giovanni Eudes fu il promotore del culto al cuore di Gesù e di Maria.

Parola di Dio: Gdc. 6,11-24; Sal. 84; Mt. 19,23-30

 

“E' PIU' FACILE CHE UN CAMMELLO PASSI PER LA CRUNA DI UN AGO, CHE UN RICCO ENTRI NEL REGNO DEI CIELI”. (Mt. 19,24)

Ma allora la ricchezza, il possedere delle cose è un male? Gesù non ha voluto dire questo. Egli è amico dei poveri e dei ricchi, va a pranzo dagli sposi di Cana di Galilea, a Betania da Lazzaro, Marta e Maria, come in casa dei farisei o dal pubblicano Zaccheo che quando si converte dà via solo la metà dei suoi beni. Gesù stesso quando muore possiede una tunica, forse fatta da sua madre o forse regalata, fatta in un pezzo solo che i soldati si prendono guardia di stracciare ma si giocano in sorte. Gesù vuol dire un'altra cosa di cui le nostre esperienze possono dargli piena testimonianza: la ricchezza può diventare una grande tentazione. Il ricco facilmente si dimentica che tutto appartiene a Dio e si comporta invece come se le cose appartenessero a lui ed ecco allora che nascono la bramosia del benessere, l’affanno del possedere, le preoccupazioni per la propria insicurezza, la paura di perdere…

Ecco allora l’indicazione serena di Gesù: i beni di questa terra non essendo un male per se stessi non è il caso di disprezzarli, ma bisogna usarne bene. Nella logica di Gesù chi ha dei doni (di qualsiasi tipo) li ha per gli altri. Anche con la ricchezza ciò che conta è il cuore: se il cuore è nella ricchezza ci stiamo costruendo una bara d’oro, se il cuore è in Dio e nel prossimo ogni dono è per tutti e perché Dio ne sia magnificato

 

 

MERCOLEDI’ 20 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

SIGNORE, TU SEI BUONO VERSO TUTTI. (Mt. 20,15)

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BERNARDO, Santo, Monaco

Bernardo (1090 - 1153) fu un monaco con­templativo. Consacrò la sua vita allo studio e alla Madonna. Ma fu anche uomo di azione: si ricordano ben 65 conventi fondati da lui. Fu un grande cantore di Maria.

Parola di Dio: Gdc. 9,6-15; Sal.20;Mt. 20,1-16

 

“NEL RITIRARE IL DENARO MORMORAVANO CONTRO IL PADRONE” (Mt. 20,11)

Dopo aver letto la parabola di oggi o quella della zizzania nel campo del buon grano mi è capitato più volte di pensare o di sentir dire: “Ma non è il modo più giusto di comportarsi!”. E quando vediamo l’ingiusto, il cattivo a cui vanno tutte bene e il poveraccio e il buono sul quale le disgrazie sembrano piombare l’una dopo l’altra? In questo raccontino non ci sono tutte le risposte ai nostri interrogativi, ma forse qualche suggerimento può esserci utile.

Il vecchio eremita Sebastiano pregava di solito in un piccolo santuario isolato sulla collina. In esso si venerava un crocifisso che aveva ricevuto il significativo titolo di “Cristo delle grazie”. Arrivava gente da tutto il paese per impetrare grazie ed aiuto. Il vecchio Sebastiano decise un giorno di chiedere anche lui una grazia e inginocchiato davanti all’immagine, prego: “Signore, voglio soffrire con te. Lasciami prendere il tuo posto. Voglio stare io sulla croce”. Rimase silenzioso con gli occhi fissi alla croce, aspettando una risposta. Improvvisamente il crocifisso mosse le labbra e gli disse: “Amico mio, accetto il tuo desiderio, ma ad una condizione: qualunque cosa succeda, qualunque cosa tu veda, devi stare sempre in silenzio”. “Te lo prometto, Signore”. Avvenne lo scambio. Nessuno dei fedeli si rese conto che ora c’era Sebastiano inchiodato sulla croce, mentre il Signore aveva preso il posto dell’eremita. I devoti continuavano a sfilare invocando grazie, e Sebastiano, fedele alla promessa, taceva.

Un giorno arrivò un riccone e, dopo aver pregato, dimenticò sul gradino la sua borsa piena di monete d’oro. Sebastiano vide, ma conservò il silenzio. Non parlò neppure un’ora dopo, quando arrivò un povero che, incredulo per tanta fortuna, prese la borsa e se ne andò, né aprì bocca quando davanti a lui si inginocchiò un giovane che chiedeva la sua protezione prima di intraprendere un lungo viaggio per mare. Ma non riuscì a resistere quando vide tornare di corsa l’uomo ricco che, credendo fosse stato il giovane a derubarlo della borsa di monete d’oro, gridava a gran voce chiamando le guardie per farlo arrestare. Si udì allora un grido: “Fermi!”. Stupiti tutti guardarono in alto e videro che era stato il crocifisso a gridare. Sebastiano spiegò come erano andate le cose. Il ricco corse a ricercare il povero, il giovane se ne andò in gran fretta per non perdere il suo viaggio. Quando nel santuario non rimase più nessuno, Cristo si rivolse a Sebastiano e lo rimproverò: “Scendi dalla croce. Non sei degno di occupare il mio posto. Non hai saputo stare zitto”. “Ma, Signore, dovevo permettere quell’ingiustizia?”. “Tu non sai, rispose il Signore, che al ricco conveniva perdere la borsa, perché con quel denaro stava per commettere un’ingiustizia. Il povero, al contrario, aveva un gran bisogno di quel denaro. Quanto al ragazzo, se fosse stato trattenuto dalle guardie, avrebbe perso l’imbarco e si sarebbe salvato la vita, perché in questo momento la sua nave sta colando a picco in alto mare”.

 

 

GIOVEDI’ 21 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

ECCOMI, SIGNORE: AVRO’ VITA NEL FARE IL TUO VOLERE. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

PIO X, Santo, Papa

Giuseppe Sarto (1835 - 1914) fu un ottimo parroco di campagna, prima di diventare vescovo di Mantova, poi patriarca di Venezia e infine papa, nell’anno 1903. Per tutta la sua vita si dedicò totalmente al popolo cristiano, di cui voleva essere un autentico pastore. Con questo spirito realizzò una serie di riforme liturgiche e canoniche, favorendo in particolare la comunione dei bambini e la comunione frequente dei fedeli.

Parola di Dio: Gdc. 11,29-39; Sal.39; Mt. 22,1-14

 

“IL REGNO DI DIO E’ SIMILE AD UN RE CHE FECE UN BANCHETTO DI NOZZE PER SUO FIGLIO”. (Mt. 22. 2)

Il Regno di Dio, ci spiega Matteo, è una bella festa di nozze riuscita. Sì, perché stando alle nostre esperienze ci sono delle feste di nozze che sono una noia infinita, ce ne sono altre che sono un insieme di formalità e di esteriorità ipocrite che è meglio filarsela il più presto possibile e poi ci sono feste di nozze belle, gioiose, dove non si guarda tanto alla lunghezza del menù, agli abiti all’ultima moda, a chi siede al primo o all’ultimo posto, ma dove si respira sincerità e amore. Pensiamo allora alla più bella festa cui abbiamo partecipato: la presenza di Dio è qualcosa di simile. Non per niente san Giovanni inizia il suo vangelo con una memorabile festa nel villaggio di Cana! L'incontro con Dio è festa, gioia, danza, sorriso, bellezza indescrivibile. Ma allora perché molti pensano la fede come il più triste dei funerali? Che tristezza! Celebrazioni affrettate, volti irrigiditi, distanze tenute…troppo spesso la gioia non è la prima sensazione che proviamo nell'avvicinarci alla Chiesa. Riscopriamo la gioia, lasciamo che sia la bellezza del credere, il senso della festa a preoccupare il nostro annuncio. Fino a quando daremo testimonianza di una religiosità tristemente doverosa non avvicineremo nessuno alla fede!  La festa, nelle nostre  celebrazioni e nelle nostre comunità, dovrebbe nascere dalla certezza dell’incontro con Cristo, il nostro fratello-Dio, il nostro liberatore dal male, Colui che con il suo perdono ci abilita e ci dà la forza di diventare persone capaci di perdono, Colui che gratuitamente continua a donarsi e a donare, Colui che dà senso al mio e al nostro vivere. Penso che certe nostre celebrazioni e certi nostri incontri di comunità siano così tristi perché abbiamo incontrato la religione, la liturgia, le norme morali, l’organizzazione parrocchiale, le abitudini, ma non abbiamo incontrato Cristo.

 

 

VENERDI’ 22 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

INSEGNACI A VIVERE IL COMANDAMENTO DELL’AMORE. (Mt. 22,37-40)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

AUGUSTA, Santa, Martire                

Era Figlia di un capo Allemanno che aveva conquistato e sottomesso il Friuli, Siamo nel V secolo. Augusta, venuta a contatto con il cristianesimo si convertì. Il padre, geloso dell’amore per Cristo della figlia, prima la fece torturare e poi decapitare.

Parola di Dio: Rut 1,1. 3-8. 14-16. 22; Sal.145; Mt. 22,34-40

 

“MAESTRO, QUAL E’ IL PIU’ GRANDE COMANDAMENTO DELLA LEGGE?”. (Mt. 22,36)

La risposta di Gesù non è poi così sconvolgente: riprendendo i due precetti centrali della fede ebraica non fa che ribadire l’alleanza del popolo d'Israele con il suo Dio attraverso l’amore. E' splendida questa cosa: Gesù ci chiede di amare, cioè di vivere esattamente ciò che per ciascuno è il più grande sogno della vita, l'anelito ultimo di ogni uomo; noi e Dio desideriamo la stessa cosa, Dio ci chiede di vivere il sogno che ciascuno di noi nasconde nel cuore. Ma allora amare è ancora un comandamento? Posso amare per dovere? Certo che no! Credo semplicemente che Gesù volesse dire questo: Dio ti ama, lasciati amare. Il ‘comandamento’ è allora prima che un’obbedienza un invito ad accorgersi di essere amati da Dio: "Lasciati amare da Dio, lasciati sedurre da Dio, abbandona la tua piccola idea di Dio per aprirti alla grande novità del vangelo" Fino a quando non percepiremo, questo amore che Dio continuamente riversa nel nostro cuore, non potremo capire che la cosa più importante della vita è restituire l’amore di Dio e manifestarlo ai fratelli. Di più: Gesù pone al centro della sua vita l’Amore stesso. Se provassimo a vedere la nostra fede non più come una serie di rapporti sacro-morali con una divinità ma come un itinerario di vita, una scuola di felicità, propostaci non da un grande maestro spirituale ma da Dio stesso? Orientare la nostra vita sull’amore è l’unica cosa che ci può dare felicità. Accogliere, anzitutto l’amore di Dio per poi riversarlo sul fratello e su di noi. Infatti l’amore che Cristo chiede per i fratelli (arriverà a chiederlo per i nemici) non è uno sforzo di volontà che devo attuare a malincuore. Diventa un comunicare quell’amore che io per primo ho ricevuto e che posso dare al fratello nel quale riconosco l’impronta di Dio. Di più: quella sottile annotazione ("come te stesso") ci spalanca a orizzonti ancora più ampi.  Posso amare solo se mi amo. Posso accogliere solo se mi sono accettato. E, di nuovo, questo non mi viene come un atteggiamento spontaneo. Posso anche considerarmi non amabile, ma Cristo mi dice che Dio ama me, con le mie fatiche, i miei limiti, le mie storie. Infine: l'amore è sentimento, gioia, passione, pazzia, certo. Ma poi cresce diventa adulto, diventa dono, diventa passare da me che gioisco a te che voglio far gioire a noi che doniamo la gioia che ci scambiamo. L'amore, cioè, da emozione diventa scelta, anche sofferta, come la madre che non è certo emotivamente entusiasta di alzarsi nel cuore della notte per allattare il proprio figlio e che pure considera quel gesto come un dono d'amore crocifisso e sofferto, Appunto: la fede è proprio solo una questione d’amore. Ricevuto e donato...

 

 

SABATO 23 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI LA TUA BENEDIZIONE PER TUTTI I GIORNI DELLA VITA. (Sal. 128,5)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ROSA DA LIMA, Santa, Vergine

La patrona dell’America del sud è una giovane peruviana di origine spagnola, morta a trentun anni. Isabella d’Oliva (1586 - 1617), soprannominata Rosa per la sua bellezza, a vent’anni si fece terziaria domenicana, come santa Caterina da Siena, per cui nutriva una grande ammirazione. Da allora abitò in una piccola cella nel giardino dei suoi genitori, e visse nella mortificazione, sottoposta a dure prove interiori. Morì dicendo: “Gesù! Gesù! Con me!”

Parola di Dio: Rut 2,1-3. 8-11; 4,13-17; Sal. 127; Mt. 23,1-12

 

“TUTTE LE LORO OPERE LE FANNO PER ESSERE AMMIRATI…”. (Mt. 23,5)

Gesù sa che dove c’è il bene, là si scatena il male e constata che attorno alla fede di Israele espressa nella religione e nei suoi rappresentanti c’è il grande rischio del dimenticare l’essenza per il particolare e del servirsi del Sacro per realizzare i propri interessi. E’ una tentazione sottile quella del diavolo anche per la vita della Chiesa e dei cristiani di oggi. Il male prende il sopravvento da piccole cose ad esempio: per la gloria e l’onore di Dio occorre una certa maestosità, sontuosità del nostro agire, e le esteriorità spesso prendono il sopravvento su Dio oppure si sceglie il male minore, quello che non dà fastidio a nessuno e poi… a questo proposito questo racconto parabola può essere molto illuminante. C’era una volta un eremita così perfetto che aveva già un piede in Paradiso. Viveva di quasi niente in una grotta scavata nei fianchi di una montagna verde dove raccoglieva frutti selvatici, bacche e qualche radice per il pranzo della domenica. “Come posso tentarlo?”. Si chiedeva continuamente il diavolo e lo spiava. Fiutava le sue impronte, lo esaminava dalla testa ai piedi per trovare un minimo punto debole. Niente. Decise allora di passare all’attacco diretto. Si presentò all’eremita. “Salve”, gli disse Satana. “Sai chi sono io?”. “Il diavolo”, rispose tranquillamente l’eremita. “Dio mi ha permesso di tentarti e io vorrei che tu commettessi un peccato grave”. “Parla”, disse l’eremita. “Ti ascolto”. “Assassina qualcuno”. “No. E’ fuori discussione”. “Allora assali una donna”. “E’ una cosa bestiale, disgustosa, non lo farò mai, vattene diavolo. Non hai fantasia”.  “Almeno bevi un sorso di vino. Non è neanche un peccato. Accontentami”. L’eremita sospirò: “Va bene. Un sorso non è nulla di male”.. Immediatamente gli comparve tra le mani una brocca di vino fresco e frizzante. Ne bevve un sorso. Prese fiato e ne bevve un altro. “Uhm”, disse, “E’ gradevole”. Bevve un altro lungo sorso e disse: “E’ forte… E’ diabolico!”. Cominciò a ridere stupidamente. Poi riprese a bere, malfermo sulle ginocchia. Una ragazzina saliva per il sentiero. “Buongiorno sant’uomo”, disse. “Ti ho portato qualche mela e del pane”. Ululando, con gli occhi annebbiati, l’eremita afferrò la ragazzina per i capelli e la sbatté per terra. La poverina urlò con tutte le sue forze. Suo padre che lavorava nei campi, la udì e accorse. L’eremita vedendo arrivare l’uomo afferrò una grossa pietra e lo colpì con tutte le sue forze. Quando ritornò in sé, l’eremita vide l’uomo che giaceva ai suoi piedi in un lago di sangue. “Credo che sia morto”, disse Satana, con aria virtuosa. Raccolse un fiore e se lo mise in bocca. L’eremita si gettò in ginocchio inorridito: “Signore, che cosa ho fatto?”. Il diavolo rispose: “Dei tre mali hai scelto il minore. Questo ti farà passare lunghe giornate in mia compagnia”. Fischiettando, con le mani in tasca, si avviò. Dopo qualche passo si fermò, si voltò e, come chiamasse un vecchio compagno di strada, disse: “Allora, eremita, vieni?”

 

 

DOMENICA 24 AGOSTO : 21^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, DA CHI ANDREMO? TU SOLO HAI PAROLE DI VITA ETERNA. (Gv. 6,68)

         

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BARTOLOMEO, Santo, Apostolo

Bartolomeo o Natanaele fu nativo di Cana. Fu un uomo legato alle sue idee umane e religiose e non ebbe nessuna intenzione di cedere al fascino di Gesù. Ma Gesù gli dimostra di conoscere i segreti del suo cuore. Allora Natanaele si lascia convincere dalla verità e ne diventa testimone.

Parola di Dio: Gios. 24,1-2.15-18; Sal. 33; Ef. 5, 21-32; Gv. 6,60-69

 

“TU SOLO HAI PAROLE DI VITA ETERNA. NOI ABBIAMO CONOSCIUTO E CREDUTO CHE TU SEI IL SANTO DI DIO”. (Gv. 6, 68-69)

Bellissima questa risposta di Pietro, Speriamo anche noi di essere capaci di espressioni di fede, di abbandono, di fiducia come questa, anche quando il linguaggio di Gesù sembra diventare duro. A volte il linguaggio del Vangelo è duro perché esigenti sono le richieste di Gesù; altre volte il suo linguaggio appare duro perché non sappiamo decifrare negli avvenimenti di vario genere il progetto di amore del Signore per noi, per la Chiesa, per l’umanità. Credere non vuol dire comprendere, ma compromettere la propria vita, rischiarla per il Signore. Essere fedeli al Signore infatti deve essere una scelta volontaria. Cristo vuole al suo servizio solo uomini liberi, non degli schiavi o dei mercenari. Egli esige un impegno di amore. Ora non esiste amore senza libertà. “Pietro, mi ami tu?”, diceva Cristo al suo apostolo. “Sì, Signore, tu lo sai bene: tu sai che io ti amo”. E la stessa domanda che fa a ciascuno di noi, ed è la stessa risposta che egli attende. Si tratta poi di dare tutto di noi stessi, non basta dare al Signore solo una parte. L'amore esige il dono totale, senza che si trattenga nulla per sé o in proprio possesso. “Figlio mio, egli ci dice, dammi il tuo cuore!”. Ora con il cuore viene offerto tutto: pensieri, desideri, attività, la vita intera.

Questa è la fedeltà che Cristo aspetta da noi: una fedeltà d'amore. Non ce n'è una più completa, più fervida, più entusiasmante.

 

 

LUNEDI’ 25 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

ATTENDIAMO DAI CIELI TUO FIGLIO GESU’ RISUSCITATO DAI MORTI CHE CI LIBERA DALL’IRA VENTURA. 1Tess. 1,10)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIUSEPPE CALASANZIO, Santo, Fondatore

Giuseppe Calasanzio (1557 - 1648) dedicò la sua vita al servizio dei bambini poveri. Nato in Aragona, fondò a Roma la congregazione degli Scolopi. Ma la sua Carità fu messa a dura prova dalle persecuzioni, che culminarono nella soppressione della sua opera da parte di papa Innocenzo X. Nel 1656, dopo la sua morte l’attività da lui avviata poté essere finalmente ripresa. Pio XII lo proclamerà patrono delle scuole popolari.

Parola di Dio: 1Tes. 1,2-5.8-10; Sal. 149; Mt. 23,12-22

 

“GUAI A VOI GUIDE CIECHE”. (Mt. 23,16)

Quando sentiamo Gesù parlare di guide cieche, facilmente ci vengono in mente tutta una serie di esempi concreti, da certe guide politiche che l’unica cosa che vedono sono i propri interessi a quegli ignoranti che credendosi dotti hanno sempre da propinare agli altri i propri consigli, da chi ha usato il ruolo della propria autorità per diventare autoritario e imporre se stesso, a chi aggrappandosi al suo piccolo ruolo magari nel proprio posto di lavoro, pretende obbedienza cieca e assoluta  non tenendo assolutamente conto dell’esperienza e delle persone che ha davanti. Purtroppo poi è facile vedere esempi di guide cieche anche nella Chiesa. Eppure la Chiesa ha un mandato formativo di estrema delicatezza. Essa deve formare non solo dei cittadini ma dei santi, aiutando le persone, una per una, a vivere “come si addice ai santi”, ma per far questo l’educatore deve essere a sua volta "santo". Paolo spiegava questo dicendo: “Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo” E allora scopriamo che tutti siamo chiamati in causa, che tutti possiamo essere o guide illuminate o guide cieche: padri e madri a cui Dio affida le creature nuove perché le educhino a Lui e non le corrompano (affermando di educarle); sacerdoti e consacrati, laici e laiche impegnati nei più svariati tipi di animazione culturale, dalla scuola ai mass-media, dalla catechesi alla conduzione di gruppi, movimenti, associazioni. A tutti è rivolto il monito del Signore affinché con l’esempio della nostra vita possiamo diventare modelli di ciò che crediamo. San Giovanni Crisostomo scriveva: “Non ci sarebbe bisogno di maestri se noi predicassimo con le nostre opere…Svegliamoci! mostriamo sulla terra una via al cielo”

 

 

MARTEDI’ 26 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, TU MI SCRUTI E MI CONOSCI. VOLGITI A ME, O DIO, CON UNO SGUARDO D’AMORE. (Sal. 139,1.5)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ALESSANDRO, Santo, Martire

Ai tempi dell’imperatore Massimiano, Alessandro, soldato, fu imprigionato per amore di Cristo, ma fuggì verso Como. Catturato una prima volta, si rifiutò di sacrificare agli idoli e fu condannato a morte. Fuggì nuovamente e si nascose in una boscaglia presso Bergamo. Ma fu ripreso e questa volta non sfuggì al martirio e alla decapitazione, nell’anno 303.

Parola di Dio: 1Tess. 2,1-8; Sal. 138; Mt. 23,23-26

 

“GUAI A VOI. SCRIBI E FARISEI IPOCRITI, CHE PULITE L’ESTERNO DEL BICCHIERE E DEL PIATTO MENTRE ALL’INTERNO SONO PIENI DI RAPINA E DI INTEMPERANZA”. (Mt. 23,25)

Proviamo a guardarci attorno e a guardarci dentro. Non è forse vero che per molti oggi quello che maggiormente conta è apparire? Si può essere persone mediocri, si può essere sporchi e ambiziosi arrivisti, ma la cravatta giusta la momento giusto, il sorriso illuminante e superiore salva la persona. Diceva uno scrittore che la ragazza media preferisce essere bella piuttosto che intelligente perché sa che l’uomo medio è più bravo a guardare che a pensare. Purtroppo anche nella Chiesa qualche volta succede così. Si pensa di onorare Dio con le ricchezze, con i templi maestosi, con paramenti liturgici alla moda, si cerca di attirare le persone con manifestazioni grandiose dove trovi di tutto dal prete che balla al grande cantante ma dove non trovi più Dio che è stato estraniato dal fasto, dal rumore, dalla falsità. C’era una volta un bramino buono e pio che viveva con le elemosine che i fedeli gli regalavano. Un giorno pensò: “Andrò a chiedere l’elemosina vestito come un povero intoccabile (un paria). Così si mise uno straccio intorno ai fianchi, come fanno i paria, i più poveri dell’India. Quel giorno nessuno lo salutò, nessuno gli diede l’elemosina. Andò al mercato, andò al tempio ma nessuno gli rivolgeva la parola. La volta successiva il bramino si vestì secondo la sua casta; si mise un bel vestito bianco, un turbante di seta e una giacchetta ricamata. La gente lo salutava, gli dava denaro per lui e per il tempio. Quando tornò a casa, il bramino si tolse gli abiti, li posò su una sedia e si inchinò profondamente. Poi disse: “Oh! Fortunati voi vestiti! Fortunati! Sulla terra ciò che è certamente più onorato è il vestito, non l’essere umano che vi è sotto”.

 

 

MERCOLEDI’ 27 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

FA’ CHE I NOSTRI CUORI SIANO FISSI LA’ DOV’E’ LA VERA GIOIA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MONICA, Santa

Nativa di Tagaste, nell’Africa romana, con trent’anni di paziente devozione, Monica (c. 331 - 387) riuscì ad ottenere la conversione del marito, un pagano violento e dissoluto. Il figlio maggiore, Agostino, la faceva molto soffrire con la sua cattiva condotta. Ma il Vescovo di Milano, S. Ambrogio, la rassicurò dicendole: “Non è possibile che il figlio di tante lacrime si perda”. La sua preghiera ottenne effettivamente la conversione. di Agostino, e Monica ebbe la consolazione di morire fra le sue braccia.

Parola di Dio: 1Tes. 2,9-13; Sal. 138; Mt. 23,27-32

 

“ANCHE VOI APPARITE GIUSTI ALL’ESTERNO DAVANTI AGLI UOMINI, MA DENTRO SIETE PIENI DI IPOCRISIA E DI INIQUITA’ ”. (Mt.23,28)

Ci piace questo Gesù che mette a nudo l’ipocrisia dei potenti e dei religiosi, ci piace mettere in evidenza ancora oggi le tante forme di ipocrisia che vediamo nel mondo, ci piacciono quei giornalisti e commentatori che castigano i potenti, ma poi ci accorgiamo che queste parole di Gesù non sono solo per gli altri ma sono dirette a ciascuno di noi.. Mi chiedo: chi mi conosce ha di me il giusto giudizio oppure ho costruito tutta una serie di barriere per cui gli altri vedono solo quello che voglio essi intendano di me? Certi atti di cortesia, di deferenza se fossero letti nelle loro vere intenzioni  non risulterebbero forse diversi dalle intenzioni, certi: “Buon giorno, come sta?” non risulterebbero: “Di nuovo tra i piedi, questo trombone al quale devo far salamelecchi” ? Gesù ci invita a guardarci dentro per non correre un altro rischio, quello di diventare ipocriti non solo con gli altri, ma con noi stessi non sapendoci più riconoscere tra quello che appariamo e quello che siamo in realtà. E’ all’interno di me stesso che si costruisce e opera il mio vero io. E’ di lì che partono i miei sentimenti, la verità di me stesso, il mio rapporto con Dio e con il prossimo. E’ lì che la mia fede va informata, costituita ogni giorno. Lo scoprirmi “pieno di ipocrisia e di iniquità” non deve però scoraggiarmi e farmi cadere in un’altra forma di ipocrisia: “Dunque non valgo niente, dunque non riuscirò mai”. Lo scoprirci poveri e bisognosi di tutto dovrebbe aiutarci invece ad essere molto più misericordiosi con gli altri, a chiedete aiuto all’Unico che può darcelo, e a riprendere continuamente in mano le motivazioni delle nostre scelte.

 

 

GIOVEDI’ 28 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

INSEGNACI A CONTARE I NOSTRI GIORNI E GIUNGEREMO ALLA SAPIENZA DEL CUORE. (Sal. 20,12).

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

TERESA BRACCO,Testimone

Ecco come l’ex Vescovo di Acqui monsignor Maritano in poche righe ci dice chi era Teresa Bracco. Il 28 Agosto 1944, sui monti di Santa Giulia, (Dego), durante una tragica rappresaglia  tedesca, Teresa Bracco, ventenne, ha confermato col sacrificio della vita la fedeltà del suo amore a Cristo. Un sacrificio eroico, non improvvisato. La sua maturazione spirituale avvenne sotto la guida del parroco don Natale Olivieri, nella semplicità della vita dei campi e delle faccende domestiche. Consolidò la propria formazione spirituale mediante l’attento ascolto della Parola di Dio, nella catechesi e nella liturgia, ma in special modo attraverso l’esperienza di comunione abituale con il Signore, alimentata dalla partecipazione, anche quotidiana, all’Eucarestia. Si è così consolidato in lei l’intento prioritario dell’amore cristiano che conferisce unità di fondo nell’agire quotidiano. Per non rompere la sua unione con Dio, respinse l’aggressione alla sua virtù, preferendo il martirio, in coerenza con i suoi convincimenti e la serietà del suo impegno cristiano. Una vita ed una morte che ci inducono a riconsiderare la necessità di una più robusta formazione per una revisione di vita, personale e comunitaria. Di fronte al suo eroismo non ci resta che convincerci che le mezze misure ed i tentativi di compromesso non si accordano con il Vangelo

Parola di Dio: 1Tes. 3,7-13; Sal. 89; Mt. 24,42-51

 

“VEGLIATE DUNQUE…”. (Mt. 24.42)

L’uomo vive in perenni contraddizioni infatti abbiamo la presunzione di vivere sulla terra come se essa fosse l’unica e definitiva dimora per noi, mentre quotidianamente sperimentiamo la fragilità e precarietà del nostro essere. Quando Gesù ci invita alla vigilanza non vuole dunque suscitare in noi la paura o il timore dello sconosciuto, vuole soltanto riportarci alle dimensioni vere del nostro vivere. La vita è un dono, la creazione, la terra, la materia sono un dono ma non sono ancora “il dono”. Il dono vero è il Signore che porta a compimento le sue promesse e che realizza appieno il Suo Regno. Noi dunque non siamo i padroni della terra, della vita, siamo invece persone che usufruendo di questi doni attendono con fiducia operosa il compimento della promessa. Se davvero avessimo compreso questa dimensione del cristianesimo saremmo molto più sereni, preoccupati per le cose di questa terra ma nella giusta misura, molto più capaci di vivere la vita e non di lasciarcela scorrere sulle spalle, in attesa non della morte o del peggio, ma del meglio e dell’eterno, non col la paura di un giudice tremendo, ma con il desiderio di operare perché l’incontro con l’Amico che viene sia ancora più bello e partecipato da tanti fratelli. Alcuni anni fa un intervistatore poneva a tutti i suoi ospiti la domanda: “Che cosa c’è dietro l’angolo” e ciascuno si affrettava a dire le sue preoccupazioni e le sue speranze. Se facessero a noi questa domanda potremmo rispondere che dietro l’angolo c’è Gesù che mi attende con le braccia aperte.

 

 

VENERDI’ 29 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

FA’ SPLENDERE IN NOI LA TUA SANTITA’, O DIO. (1Tess. 4,3)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ALBERICO, Santo, eremita

Nel secolo XI, Alberico si diede alla vita eremitica vicino a Bagno di Romagna, in una grotta e così onorò il Signore con la sua vita.

Parola di Dio nella memoria del Martirio di Giovanni Battista :

Ger. 1,17-19; Sal. 70; Mc. 6,17-29

 

“NON TI E’ LECITO!” (Mc. 6,18)

Questa frase che il Battista dice con fermezza ad Erode e che poi gli costerà la vita, può far nascere in noi una domanda: è giusto nella comunità , davanti a certe situazioni dire: “Non ti è lecito”? Gesù nel suo Vangelo parla di correzione fraterna e invita ad usare da una parte grande attenzione e misericordia ai fratelli e dall’altra ad essere fedeli a quelli che sono i comandamenti di Dio, però Lui stesso, l’unico che poteva farlo a pieno titolo pur lanciando molti “Guai!” li lancia sempre prima di tutto non in vista di una condanna ma per una conversione. Davanti ad una pubblica peccatrice, le dice con chiarezza che il suo comportamento non è secondo la volontà di Dio ma le offre anche la possibilità di essere perdonata e di ricominciare da capo. Ecco allora qual dovrebbe essere il nostro atteggiamento nei confronti del peccato e di chi lo opera: il Cristiano deve informare il suo agire alla morale del Vangelo perché le norme che ci sono date non sono una imposizione ma sono la strada della felicità  che Dio ci indica. Il Cristiano vede il male e non può non stigmatizzarlo come un qualcosa che fa del male a tutti. Il cristiano ha il diritto e il dovere di dire la sua parola in campo morale, ma attenzione al come e alla persona a cui ci si rivolge. Ricordiamoci che siamo tutti fragili e deboli e che tutti abbiamo bisogno di misericordia e di perdono. Ricordiamoci anche che se esiste un male oggettivo che va bandito ci sono poi mille situazioni soggettive in cui le persone che lo compiono possono trovarsi, e poi, non sempre tutto quello che è bene è realizzato a fine di bene e tutto quello che è male è fatto con la volontà e la coscienza del male. Chi di voi ha una certa età ricorda che quando andavamo al catechismo noi ci veniva insegnato che perché ci sia un peccato grave occorrono materia grave, piena avvertenza, deliberato consenso. Quindi ogni volta che ci correggiamo vicendevolmente, oltre alla carità che Gesù ci ha insegnato, teniamo conto anche di queste cose.

 

 

SABATO 30 AGOSTO

Una scheggia di preghiera:

 

RENDICI FORTI E GENEROSI NELL’AMORE PERCHE’ POSSIAMO CONFORMARCI IN TUTTO ALLA TUA VOLONTA’. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIOVANNI GIOVENALE ANCINA, Beato, Vescovo di Saluzzo,

Nacque a Fossano (Cuneo) il 19 ottobre 1545. Laureato in medicina e in filosofia, fu molto versatile ed esperto anche di musica. A Roma seguì la predicazione di Roberto Bellarmino e frequentò l’Oratorio di San Filippo Neri dove fu accolto dal santo il 1 ottobre 1580. Nel 1582 fu ordinato sacerdote dell’Oratorio. Nel 1586 aprì una nuova casa a Napoli e vi lavorò per 10 anni predicando con zelo e testimoniando la sua fede. Fondò un ‘Oratorio’ per i principi cercando di portare un clima cristiano in quell’ambiente culturale. Papa Clemente VII lo nominò Vescovo di Saluzzo diocesi allora vacante e a rischio di infiltrazioni eretiche. Ancina cercò in tutte le maniere di rifiutare ma il 26 agosto 1602 fu eletto Vescovo e il 6 marzo 1603 fece il suo ingresso nella diocesi. Vi rimase poco perché un religioso che era stato da lui ripreso per i suoi disordini, lo avvelenò. Morì il 30 agosto 1604 proibendo di denunciare il suo assassino. Il suo corpo si trova nella cattedrale di Saluzzo.

Parola di Dio: 1Tes. 4,9-12; Sal. 97; Mt. 25,14-30

 

“SIGNORE, SO CHE SEI UN UOMO DURO… PER PAURA ANDAI A NASCONDERE IL TUO TALENTO SOTTOTERRA…” (Mt. 25,24-25)

Per capire bene la parabola dei talenti dobbiamo partire dall’inizio. I servi, in sé non hanno alcun merito per aver ricevuto i doni. Dio ha dato e dà gratuitamente. Non a tutti nello stesso modo ma a tutti gratuitamente. Ma se Dio dà, lo fa per il nostro bene, perché attraverso la riconoscenza del dono ricevuto possiamo realizzare noi stessi, secondo le nostre capacità e solo di queste ci chiederà conto. Diverso è l’agire di questo terzo servo. In lui giocano la paura, la svogliatezza, la mancanza di fiducia in se stesso e soprattutto il non aver capito chi sia il Padrone. E’ un po’ come quelle persone che hanno molto ma riescono ad essere infelici perché, non sapendo vedere ciò che hanno, piangono per ciò che loro manca. E’ un po’ come quelle persone che continuano a lamentarsi di essere sfortunate e provate dalla vita ma che alla fine non fanno e non hanno fatto niente perché le cose andassero meglio. La paura poi fa il resto, Dio non è più il Padre buono che mi ha dato tanto, che si è fidato di me, diventa il padrone esigente. Il rapporto con Lui non è più quello spontaneo del Figlio ma quello del ragioniere. E quando il nostro ragionamento è questo ho l’impressione che perfino la fede possa diventare un talento sotterrato e quindi sprecato. E ciò succede quando la consideriamo un fatto privato. Quando ci limitiamo. nella migliore delle ipotesi, a conservarla, a non perderla. Lui, infatti, esige che anche questo talento venga trafficato. Per cui la nostra fede dovrebbe diventare contagiosa, comunicativa. Dovrebbe moltiplicarsi. Una fede innocua, che non dice niente a nessuno, che non si traduce in testimonianza, incoraggiamento o invito per altri è un dono inutilizzato. Questo “Padrone” generosissimo diventa “duro” quando ci vede incapaci di donare quanto ci ha donato. Forse preferirebbe vederci tornare a Lui a mani vuote, ma avendo donato.

 

 

DOMENICA 31 AGOSTO: 22^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B

Una scheggia di preghiera:

MOSTRACI, SIGNORE, LA TUA VIA, GUIDACI SUL RETTO CAMMINO. (Sal. 27,11)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIUSEPPE PICCO, Servo di Dio 

Nacque a Nole Canavese (Torino) il 4 Luglio 1867 da una famiglia povera ma religiosa. Anche un suo zio sacerdote ed insegnante nelle scuole elementari di Nole lo aiutò nella scelta di un indirizzo di vita. Studiò a Torino e in seguito a Lanzo al collegio di don Bosco. Volendo diventare prete entrò nel seminario di Chieri, ma poi preferì il noviziato dei gesuiti. Fu ordinato l’8 aprile 1901. Esercitò il suo ministero a Torino, a Cuneo, a Genova, a Sanremo, ma dal 1912 fu assistente alla casa per esercizi spirituali di Gozzano (Cuneo) con il compito di girare nei paesi e nei casolari per assistere i malati, amministrare i sacramenti, predicare, portare l’Eucarestia: cose che egli assolse sempre con semplicità e fede fino alla sua morte il 31 agosto 1946.

Parola di Dio: Deut. 4,1-2. 6-8; Sal. 14; Giac. 1,17-18. “1-22. 27; Mc. 7,1-8.14-15. 21-23

 

“SONO LE COSE CHE ESCONO DAL CUORE DELL’UOMO A CONTAMINARLO. (Mc. 7,15)

Ancora una volta il Vangelo di oggi mette allo scoperto la nostra realtà. Noi siamo portati a vedere il male intorno a noi come se fosse sempre colpa d’altri. Se le cose non vanno è colpa dello Stato, dei potenti della terra, della cattiveria degli altri, del disinteresse di Dio, al massimo, è colpa del Diavolo. Gesù pur non negando le influenze esteriori che condizionano al male ci dice di cercarne la radice in noi stessi e ci dice che la cura parte dallo stesso cuore dell’uomo: "Non cercare il male o il bene lontano da te! Non scaricare il barile! tu hai già tutto in te: la possibilità del bene, la capacità di amare... Certo, c'è anche il male: come è stato detto a Caino: "Il male è accucciato alla porta di casa tua, ma se vuoi puoi vincerlo". Anche la radice di ogni scelta morale non sta tanto nelle norme, nell’osservanza di leggi, fossero queste anche divine, sta nel modo con cui ti metti davanti a Dio, al prossimo, a te stesso. Tu anche se vivi in mezzo a mille tentazioni quotidiane, se dal tuo cuore sai trarre cose buone, puoi superare il male: Se poi guardando dentro te stesso con onestà scopri di essere povero, debole, a volte incapace di scelte radicali, altre volte peccatore, anche in questo caso non devi perderti d’animo perché Gesù è venuto a cercarti, vuole perdonarti, ti offre i Sacramenti per ripartire e per rafforzarti.

     
     
 

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