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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

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a cura di don Franco LOCCI

 

GIUGNO 2003

 

DOMENICA 1 GIUGNO:  ASCENSIONE DEL SIGNORE  "B"

Una scheggia di preghiera:

 

FA CHE VIVIAMO NELLA SPERANZA DI RAGGIUNGERE CRISTO NELLA GLORIA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIUSTINO, Santo, Filosofo e Martire

Appassionato ricercatore della verità, studiò tutte le filosofie del suo tempo. Dedicatosi alla meditazione della Bibbia, riconobbe nel cristianesimo la vera sapienza. Dopo la conversione si mise ad insegnare questa dottrina a Roma. Processato e condannato a morte nel 165, al giudice che lo incitava a rinnegare Cristo rispose: “Nessuno che abbia buon senso abbandona la verità per l’errore”.

Parola di Dio: Atti 1,1-11; Sal. 46; Ef. 4,1-13; Mc. 16,15-20

 

“IL SIGNORE GESU’, DOPO AVER PARLATO CON LORO, FU ASSUNTO IN CIELO E SEDETTE ALLA DESTRA DI DIO”. (Mc. 16, 19)

La festa dell’Ascensione di Gesù al cielo a prima vista può sembrare un momento pieno di nostalgia, infatti il Signore ci lascia, se ne torna al suo cielo mentre a noi, specialmente a noi lontani nel tempo da questi eventi storici, piacerebbe che Gesù continuasse a restare “a parlare con noi”. Ma, se ci pensiamo bene, invece, essa è una festa di gioia per parecchi motivi. Quando abbiamo un amico caro che ha attraversato momenti di incomprensione, di dolore, di prova e poi finalmente viene riconosciuto per quello che è e riceve finalmente un  premio per le sue fatiche, noi ne siamo contenti, la sua gioia è anche la nostra. Gesù è venuto, è stato fedele a Dio suo Padre, ha scelto la sua volontà, è stato fedele a noi uomini, ci ha amati fino a darci la sua vita, ha sofferto, è morto ed ora risorto continua la sua comunione con il Padre e con noi per tutta l’eternità. Noi non dobbiamo essere felici di questo? Ma lo siamo ancora di più perché quello che è successo a Gesù è l’anticipo di quello che succederà a noi se, come Lui, anche noi cercheremo la volontà del Padre e l’amore degli uomini: anche le sofferenze, le prove di questa vita sono destinate in Dio a finire e a ricevere un premio. Il fatto poi che Gesù salga al cielo non significa che ci abbandoni, anzi! Gesù ci ritiene adulti, capaci di scelte proprie. Per un ragazzo, staccarsi da casa per la prima volta, è sempre un trauma ma se è accompagnato dalla fiducia dei genitori, riesce a superare le difficoltà e finalmente a camminare con le gambe proprie, con i valori che ha portato con sé. Noi cristiani, non siamo soli, dovremmo avere Gesù sempre nel cuore (per questo Lui ci ha assicurato: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”) e guidati dal suo Spirito che ci ha promesso e mandato possiamo camminare nel mondo per annunciare il suo nome e la sua speranza.

 

 

LUNEDI’ 2 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

VENGA SU DI NOI LA FORZA DELLO SPIRITO SANTO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

TERESA E GIUSEPPINA COMOGLIO, Serve di Dio

Teresa nacque a Tetti Cavallone, borgata di Piobesi Torinese il 27 giugno 1843 mentre Giuseppina nacque a San Vito il 17 marzo 1847. Presto rimasero orfane di padre ma non mancò loro una fede profonda tant’è che, ancora giovani, poterono iscriversi alla Pia Unione delle Figlie di Maria nella parrocchia della Gran Madre di Torino. Teresa faceva la modista e Giuseppina la fiorista lavorando in casa. Vivendo con semplicità con il frutto del loro lavoro si dedicavano ad opere di carità. Erano entrambe consacrate al terz’ordine francescano. Il loro più gran merito è quello di aver dato il via fin dal 1870 all’opera della Adorazione quotidiana. L’associazione trovò una sua prima sede nella chiesa di San Tommaso in Torino con circa 2000 associati. Presto quest’opera prese un respiro mondiale. Teresa morì il 2 Giugno 1891, Giuseppina il 2 maggio 1899.

Parola di Dio: Atti 19,1-8; Sal. 67; Gv. 16, 29-33

 

“VOI AVRETE TRIBOLAZIONE NEL MONDO, MA ABBIATE FIDUCIA; IO HO VINTO IL MONDO!”. (Gv. 16,33)

Meditando questa affermazione di Gesù mi viene subito in mente quell’altra frase della Bibbia che ci ricorda quanto i nostri pensieri siano distanti dal pensiero di Dio. Noi non vorremmo mai incontrare la tribolazione e tantomeno quella dovuta alla fede e per ‘vittoria sul mondo’ intendiamo schiacciare i nemici, eliminare definitivamente il male. Gesù invece è di un realismo che spesso ci disturba: con la venuta del Cristo non sono tolte ai suoi discepoli le prove anzi: “Se hanno fatto così al legno verde quanto più faranno a voi, legno secco”, e la vittoria sul male avviene per Gesù non nella lotta gloriosa e definitiva con l’annientamento di ogni malattia e negatività e dei nemici, ma nella lotta non violenta che oppone amore a odio e che anche nella apparente sconfitta del bene sa gettare un seme di risurrezione e di speranza. Gesù il mondo non lo ha vinto cacciando nell’inferno ogni male e rendendo nuovamente la terra come un paradiso terrestre, lo ha vinto offrendo se stesso per amore e lasciando che il male si accanisse su di lui fino a farlo morire su una croce ma opponendogli un amore più forte perfino della morte. Se noi, dunque, vogliamo essere discepoli di Gesù, non siamo da lui cauterizzati contro ogni male ma siamo da Lui incoraggiati a combattere il male con la non violenza e con il bene, rischiando anche noi, per amore, di venire schiacciati dalla forza del male, ma proprio in quel momento facendolo morire nell’amore. Tutto questo non è facile, e Gesù non ce lo ha nascosto. Gesù non si spaventa neppure delle nostre povertà, dei nostri errori, del nostro peccato, ma ci chiede di aver fiducia nell’amore di Colui che morendo per noi ha vinto il mondo.

 

 

MARTEDI’ 3 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

         FA’ CHE LO SPIRITO SANTO VENGA AD ABITARE IN NOI E CI TRASFORMI TEMPIO DELLA SUA GLORIA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

CARLO LWANGA E COMPAGNI, Santi, Martiri dell’Uganda

I primi ventidue martiri dell’Africa nera, canonizzati nel 1964, furono uccisi in date diverse. Il gruppo più numeroso perì il 3 giugno 1886 a Namugongo, località che è diventata un luogo sacro per la chiesa Ugandese. Vittime di un re depravato, furono sottoposti ad atroci supplizi per aver rifiutato di rinnegare la propria fede; alcuni, come Carlo Lwanga, il capo dei paggi del re, avevano dovuto difendere la loro  purezza  contro  di  lui.  Quelli che furono bruciati vivi furono uditi pregare e cantare a Dio fino all'ultimo, quando  già   erano   trasformati in torce umane, I cristiani  uccisi in quel periodo furono circa un centinaio, fra cui alcuni anglicani.

Parola di Dio: Atti 20, 17-27; Sal. 67; Gv. 17,1-11

 

“IO PREGO PER LORO, PER COLORO CHE MI HAI DATO, PERCHE’ SONO TUOI”. (Gv. 17, 9)

Leggendo questa pagina del Vangelo di Giovanni, dove Gesù, al termine dei discorsi di addio ai suoi discepoli, prega, mi si riempie il cuore di tenerezza, di meraviglia e di gioia, e vorrei che la stessa cosa succedesse a tutti voi. E’ estremamente bello sapere che Gesù, proprio nel momento del suo amore totale per gli uomini testimoniato dalla fedeltà a Dio e dalla croce, mi ha portato nel suo cuore, si è ricordato di ciascuno di noi, ha pregato il Padre per me e per te. Il nostro Dio non è un Dio lontano, non è il Dio grande e inaccessibile, non è il Dio che crea e poi si disinteressa, non è il Dio in cerca di lodi o peggio ancora di sacrifici  o di candele fumose, è il Dio che ama, e ama personalmente, è il Dio che si dona e siccome noi da soli non riusciamo a giungere a Lui si fa uno di noi in Gesù, è il Dio che “mi scruta e mi conosce” ma non per vedere i miei peccati e condannarli, ma per mettermi al centro del suo cuore, è il Dio che “se anche una mamma si dimenticasse di suo figlio, Lui non si dimentica di me”, è il Dio che mi porta con sé sulla croce e con sé nella risurrezione, è il Dio che non ci lascia soli, che resta con noi quando si fa sera, che va a prepararci un posto per portarci con sé, è il Dio che mi perdona perché Lui stesso si è fatto carico del mio peccato… Con un Dio così posso ancora avere paura? Posso essere nella tristezza?

 

 

MERCOLEDI’ 4 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

LA TUA PAROLE, SIGNORE, E’ VERITA’: CONSACRACI NEL TUO AMORE. (Gv. 17,17)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

QUIRINO, Santo, Vescovo e Martire

Tra le vittime della persecuzione di Diocleziano possiamo annoverare anche Quirino, vescovo in Croazia all'inizio del IV secolo. Agli occhi di Diocleziano, Quirino ebbe colpa grave : amò Cristo più della propria vita e per questo venne fustigato e gettato, con una pietra al collo, nel fiume Sava. Era l'anno 309.

Parola di Dio: At. 20,28-38; Sal. 67; Gv. 17,11-19

 

“PADRE SANTO, CUSTODISCI NEL TUO NOME COLORO CHE MI HAI DATO, PERCHÈ SIANO UNA COSA SOLA, COME NOI”. (Gv. 17, 11)

Ieri abbiamo gioito nel vedere che Gesù ha pregato per noi. Oggi proviamo a vedere che cosa chiede Gesù al Padre per noi.  Egli prega perché noi siamo una cosa sola, cioè siamo uniti tra noi e con Lui. Gesù chiede questo perché sa che è solo nell’unità che si realizza l’amore. Egli ci mette davanti un esempio che a prima vista ci sembra impossibile: dobbiamo essere uniti tra di noi come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono una cosa sola.  In Dio sono tre persone ben distinte, ma sono un Dio solo perché è l’amore che fa uno. Noi, dopo duemila anni di cristianesimo invece siamo ancora divisi. Ci sono chiese cristiane che storicamente si sono divise tra loro, ci sono dei cristiani che addirittura arrivano a farsi la guerra tra di loro attaccandosi a motivi di religione, la storia del cristianesimo è costellata di santi ma anche di incomprensioni, di roghi nel nome della fede, di confusioni tra fede e manifestazioni religiose. E anche oggi, che pur abbiamo capito tutti quanto sia deleterio il fatto di questa disunione, non troviamo ancora la strada giusta per smetterla di guardare alle differenze che ci dividono e per vedere invece l’amore di Dio che potrebbe unirci. Ma le disunioni, purtroppo, non sono solo a livello di confessioni religiose, ci sono anche nelle comunità cristiane quando magari per il fatto che si appartiene a gruppi diversi, l’invidia e la gelosia ci fanno mettere in contrapposizione gli uni gli altri o quando, guardando all’esteriorità, vediamo di più le nostre differenze e impediamo che la preghiera di Gesù possa realizzarsi. Certamente l’unità per cui ha pregato Gesù non è l’uniformità. Ognuno di noi ha una sua storia, un suo carattere, dei doni particolari ed è giusto e bello che ognuno porti il frutto personale dei suoi doni ai fratelli, in questo caso le differenze non sono qualcosa contro l’unità ma sono un bene prezioso messo a disposizione di tutti, l’unità è avere nelle differenze lo stesso fine: Dio e il suo amore, è correre verso un'unica meta, è saper riconoscere i doni degli altri, è offrire se stessi non imponendosi, è guardarsi negli occhi e sapersi riscoprire tutti figli dello stesso Padre, è pregare anche noi intensamente con Gesù perché l’unità tra cristiani  sia la testimonianza concreta davanti al mondo che noi crediamo all’amore di Dio che ci è stato dato.

 

 

GIOVEDI’ 5 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

VENGA, SIGNORE IL TUO SPIRITO E CI TRASFORMI CON I SUOI DONI. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BONIFACIO, Santo, Vescovo e Martire

L'apostolo della Germania era un monaco benedettino inglese di nome Vinfrido che nella scelta religiosa prese il nome Bonifacio (673-754). Venuto nel continente per evangelizzare i Sassoni, dapprima con san Villibrordo, poi da solo, percorse la Germania, dove fondò alcuni monasteri, fra cui quello di Fulda. Divenuto Arcivescovo di Magonza, continuò a dedicarsi con lo stesso impegno all'annuncio del Vangelo. A 80 anni partì per la Frisia dove il giorno di Pentecoste fu ucciso.

Parola di Dio: Atti 22,30. 23,6-11; Sal. 15; Gv. 17,20-26

 

“VOGLIO CHE ANCHE QUELLI CHE MI HAI DATO SIANO CON ME DOVE SONO IO” . (Gv. 17,24)

Il primo ragionamento che facciamo davanti a questa frase di Gesù è consolante per noi: “ Se Gesù vuole che io sia là dove è Lui, desidera che io sia in paradiso”. Ed è vero: Gesù è venuto per donarmi la salvezza e per portarmi con sé nella gloria dell’eternità, “là dove non ci sarà più né pianto né  lutto”. Dobbiamo però fare attenzione, infatti il vero discepolo è sempre là dove è il suo maestro e Gesù dal giorno della sua incarnazione continua ad essere a fianco della nostra umanità. Dove sarà allora Gesù, oggi? Gesù è là dove ogni uomo soffre, Gesù è vicino ad ogni povertà e prigionia umana, Gesù è con colui che soffre ingiustamente perseguitato, è con gli operatori di pace, è con gli affamati, gli assetati, i reclusi, gli ammalati e vicino a loro, questi poveri, insieme a Gesù devono trovare anche me che mi dico seguace del Cristo. Ricordiamoci che nel Vangelo di Giovanni la gloria del Cristo, la sua esaltazione corrispondono soprattutto al momento della croce. Io credente ho allora la certezza che Gesù mi porterà nella sua gloria, ma devo anche avere la stessa passione di Gesù per ogni bisognoso della terra, perché se voglio trovare oggi Gesù, è solo presso di loro che posso incontrarlo. Pensare al paradiso è una cosa bellissima perché è un dono e una certezza che Cristo ci ha meritato, ma non è mai una alienazione dalla realtà perché il nostro stare con Cristo comincia oggi in mezzo a tutte le realtà del nostro mondo.

 

 

VENERDI’ 6 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, TU SAI TUTTO, SAI CHE TI AMO.(Gv. 21,17)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIULIA COLBERT MARCHESA DI BAROLO, Serva di Dio

Era nata in Vandea al castello di Maulevrier il 26 giugno 1786. Sia padre che madre erano ricchi possidenti aristocratici. Durante l’infanzia dovette subire gli oltraggi della Rivoluzione francese che misero a ferro e fuoco la Vandea: alcuni suoi parenti furono ghigliottinati, i beni confiscati e lei e i suoi cari furono costretti all’esilio. La sua educazione in Olanda e in Germania fu eccellente: conosceva diverse lingue, ebbe un’ottima educazione classica e soprattutto un’ottima formazione religiosa. Alla corte Napoleonica conobbe Tancredi Falletti di Barolo, figlio dell’uomo più ricco del Piemonte. Si sposarono e fu un matrimonio felice, anche se non ebbero figli. Si stabilirono a Torino nel palazzo di via delle Orfane che divenne centro sia di cultura che di carità. In casa della marchesa si trovavano facilmente personaggi come Cesare Balbo, Silvio Pellico, Camillo di Cavour, Alfieri e anche Don Bosco o il Cottolengo. I due sposi erano molto attenti ai poveri. Giulia avviò la riforma delle carceri cercando di renderle più vivibili e atte ad una funzione di redenzione dei carcerati. Diede vita  al Rifugio per il recupero delle prostitute, al Rifugio per le ragazze in difficoltà, appoggiò le Sorelle Penitenti di Santa Maria Maddalena per chi voleva consacrarsi al Signore, le Suore di Sant’Anna, le Maddalenine, l’Ospedale di Santa Filomena per i bambini disabili, pensionati per giovani lavoratrici, il Laboratorio di San Giuseppe per le ragazze povere. Ebbe sempre l’appoggio del marito che nel 1825 fu anche sindaco di Torino. Alla morte di lui, nel 1838, si dedicò totalmente ai poveri. Fu una donna di preghiera. Fece costruire la Parrocchia di Santa Giulia e fondò quella che ancor oggi è L’Opera Pia Barolo. Morì il 19 gennaio 1864.

Parola di Dio: Atti 25,13-21; Sal. 102; Gv. 21,15-19

 

“SIMONE DI GIOVANNI, MI AMI?”. ( Gv. 21, 16)

C’è modo e modo anche nel dare il perdono. Qualcuno perdona perché non ne può fare a meno, qualcuno perdona purché il nemico si tolga dai piedi, qualcuno perdona ma continua a rinfacciare l’errore… Il modo di perdonare da parte di Gesù è veramente totale e superlativo. Pietro ha peccato, ha rinnegato per tre volte Gesù. Pietro è consapevole del suo tradimento, ne ha già “pianto amaramente”, ma dopo la risurrezione non se ne è più parlato. Il risorto non è apparso a Pietro con il dito puntato, è apparso tutte le volte augurando la pace. Bisogna però ancora capire: dopo quello che è successo, Pietro è ancora il leader degli apostoli, ha ancora il suo compito di guida e riferimento per gli altri, Gesù non si fiderà più di Giovanni che è stato ai piedi della croce e che addirittura è stato scelto come figlio della madre di Gesù?

Gesù non ha dimenticato la colpa di Pietro. Per Gesù il male, il peccato non lo si vince dimenticandolo, nascondendolo, dicendo che non c’è, anche perché Gesù sa che il male nascosto continua ad operare nei cuori e allora ecco il modo delicato e profondo con cui Gesù lo fa emergere e lo combatte e lo perdona. Gesù per tre volte chiede a Pietro se lo ama, se lo ama più degli altri, e quando prima con decisione poi sempre con più umiltà è assicurato da Pietro, per tre volte lo conferma nella guida della sua Chiesa sicuro che questa volta Pietro ha capito che governare significa servire, che seguire Cristo non è un trionfo terreno ma è andare con Lui sulla croce prima di giungere alla risurrezione. Il peccato lo si combatte e lo si vince solo con l’amore.  Non nascondendolo perché ritorna sempre a galla e fa danni maggiori, non rimuginandoci sopra con tanti scrupoli e paure a volte ipocriti e falsi, non soltanto fidandosi del proprio volontarismo nella lotta contro il male, ma amando. Il mio peccato, qualunque esso sia è stato una privazione di amore per qualcuno, è stato una mancanza contro l’amore di Dio, solo ritrovando la strada dell’amore verso Dio e verso il prossimo può essere, con la forza di Dio, vinto e superato. Anche il Sacramento della Confessione, se non vogliamo che sia un’ipocrita lavanderia a gettone, deve partire da un atto di amore e deve portare la gioia del perdono con un impegno di amore (quanto sono assurde le penitenze delle tre ave Maria se anche queste non sono espressione di gratitudine e di un ritrovato modo di amare e di lasciarsi amare). Il perdono di Dio, poi, è un perdono totale, un perdono che ci rinnova i suoi doni e la sua fiducia, ci ripristina nel nostro ruolo e nel nostro compito con una forza in più, quella della riconoscenza e, se noi così lo comprendiamo e così lo lasciamo agire in noi, allora esso stronca dalle radici il male, evita che questo continui a tormentare, ci ridà fiducia piena e capacità nell’amore e nella non violenza di combattere ogni altro  male. E, un ultima cosa, se davvero la gioia del perdono è stata capita da me nella sua pienezza mi diventerà più facile, sarà addirittura un desiderio, di essere altrettanto generoso nel perdono di chi mi ha offeso.

 

 

SABATO 7 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

VIENI SPIRITO SANTO, LUCE DEI CUORI. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ALDERICO, Santo, Monaco, Vescovo

Nobile  francese,  Sant’Alderico fu monaco e  insegnante;  amava la modestia e la  disciplina.  Fu poi  arcivescovo di Sens e si occupò con zelo e intelligenza della riforma dei conventi della Francia del nord. Morì nell'841.

Parola di Dio: Atti 28, 16-20.30-31; Sal. 10; Gv. 21,20-25

 

“VI SONO ANCORA MOLTE ALTRE COSE COMPIUTE DA GESU’, CHE, SE FOSSERO SCRITTE UNA PER UNA, PENSO CHE IL MONDO STESSO NON BASTEREBBE A CONTENERE I LIBRI CHE SI DOVREBBERO SCRIVERE”. (Gv. 21, 25)

Come persona che ama scrivere mi sento molto vicino a Giovanni che conclude il suo Vangelo dicendo che se uno dovesse dire tutto di Gesù, non basterebbero tutti i libri della terra, infatti a chi di noi non piacerebbe sapere per filo e per segno tante cose della vita di Gesù? O a chi di noi non piacerebbe sentire se Gesù ha detto parole specifiche circa quell’argomento, quel dubbio che sovente ritorna nella nostra vita? Giovanni, scrivendo queste parole a conclusione del suo scritto su Gesù voleva dire un’altra cosa: Gesù è talmente grande, talmente Dio, che le nostre menti, i nostri libri non possono comprendere tutto di Lui, ma Gesù non lo si incontra solo nei libri, fossero anche i Vangeli, lo si  può incontrare ogni giorno nella vita, perché siccome è un Dio che ama gli uomini, Egli continua la sua Incarnazione fino alla fine dei tempi. Ecco dunque la riflessione per noi: se sentiamo la sete di Dio, noi possiamo incontrarlo ma, attenzione, Gesù non è solo a disposizione dei letterati, degli esegeti, degli storiografi, Gesù, come altri personaggi della storia non lo trovi solo nei libri o in codici di religioni, Gesù è vivo ed è Dio, non pensare dunque di arrivare a Lui solo con la scienza e l’intelligenza (anche queste con i loro limiti possono servire), devi arrivarci con tutto te stesso e quando lo hai incontrato devi continuare per tutta la vita a cercarlo per incontrarlo ancora e sempre nuovo in situazioni di vita che ti coinvolgono, che ti spronano, che, se sai leggerle, ti portano a scoprire sempre più quanto sia grande il suo amore per te e per gli uomini.

San Giovanni è come se ci dicesse: “Devi imparare due modi per leggere il Vangelo, quello degli occhi e del cuore per leggere le pagine scritte della storia e degli insegnamenti di Gesù e quello degli occhi e del cuore per leggere gli avvenimenti della storia tua e del mondo in cui vivi per vederne la presenza negli avvenimenti. Tutte e due le letture possono sembrare a prima vista ardue e difficili, e puoi anche andare incontro ad errori di interpretazione, ma se con costanza ed amore continuerai a cercarlo Egli stesso ti verrà incontro, perché è anche suo desiderio incontrarti e farti riposare sul suo cuore”.

 

 

DOMENICA 8 GIUGNO:  PENTECOSTE B

Una scheggia di preghiera:

 

DEL TUO SPIRITO, SIGNORE, E’ PIENA LA TERRA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

AMELIA, Santa, Martire

Nacque a Gerona (Spagna) e visse tutti i  tormenti della persecuzione di Diocleziano,  nel  IV  secolo:  la  paura, forse la fuga, la cattura, l'attimo sublime  e  redentore  dell'accettazione, infine  la  fierezza  del  martirio. Di lei non sappiamo altro, se non che aveva il cuore pieno di Cristo.

Parola di Dio: Atti 2,1-11; Sal. 103; Gal. 5,16-25; Gv. 15,26-27; 16,12-15

 

“RICEVETE LO SPIRITO SANTO” . (Gv. 20, 22)

Meditiamo oggi con una pagina effervescente che prendo da un omelia di don Curtaz:

Colomba ... fiammelle di fuoco ... vento ... No: decisamente a immaginarci lo Spirito Santo facciamo una gran fatica. Mi spiego: il Padre tanto quanto, è l'Incommensurabile, l'Onnipotente, e allora un simpatico vecchione barbuto ci sta. Il Figlio è facilissimo con la ricchissima descrizione che la storia ci ha consegnato e il suo bel viso contornato da una bella barba  ce lo restituisce all'immaginazione. Ma lo Spirito! Vagamente legato alla Pentecoste, lo rispolveriamo in occasione della Cresima (ah! Sacramento difficile da vivere per i nostri ragazzi in piena crisi adolescenziale…), rischia di restare accantonato nelle nostre devozioni come un "qualcosa di più" di un santo. Che tristezza! Così pochi conoscono delle preghiere di invocazione dello Spirito.   
Lo Spirito è presenza d'amore della Trinità, ultimo dono di Gesù agli apostoli, nominato con rispetto e con titoli straordinari da Gesù: " Vivificatore", "Consolatore", "Ricordatore", invocato con tenerezza e forza dai nostri fratelli cristiani d'oriente. Senza lo Spirito saremmo morti, esanimi, spenti, non credenti, tristi. Esagero? No, è che lo Spirito, così discreto, così impalpabile, indescrivibile, è la chiave di volta della nostra fede, ciò che unisce tutto. L'unico esempio che mi sembra spiegare bene ciò che ho nel cuore è questo: immaginatevi di essere una radio (a voi la scelta tra un sofisticato apparecchio HiFi o una scatolina portatile) e immaginatevi che il Signore Gesù, la fede, la vita di Dio sia una potente stazione radio. Bene: se non siete in sintonia, se non cogliete la giusta frequenza, sentirete solo un fastidioso ronzio. Idem con lo Spirito (che spero mi perdoni per la bestialità di esempio!): se non ci mette in sintonia la fede, ci giunge agli orecchi del cuore solo un fastidioso brusio. Davvero lo Spirito, già ricevuto da ciascuno nel Battesimo, è Colui che ci rende presente qui e ora il Signore Gesù. Siete soli? Avete l'impressione che la vostra vita sia una barca che fa acqua da tutte le parti? Vi sentite incompresi o feriti? Invocate lo Spirito che è Consolatore che con-sola, fa compagnia a chi è solo. Ascoltate la Parola e faticate a credere, a fare il salto definitivo? Invocate lo Spirito che è Vivificatore, rende la vostra fede schietta e vivace come quella dei grandi santi. Fate fatica a iniettare Gesù nelle vene della vostra quotidianità, preferendo tenerlo in uno scaffale bello stirato da tirare fuori di domenica? Invocate lo Spirito che ci ricorda ciò che Gesù ha fatto per noi. Così gli apostoli hanno dovuto essere abitati dallo Spirito, che li ha rivoltati come un calzino, per essere finalmente, definitivamente, annunciatori e, allora, solo allora, hanno iniziato a capire, a ricordare col cuore. Non vi capite con chi vi sta intorno, col vostro parroco, col vostro confratello? Invocate lo Spirito che provoca l'antiBabele (ricordate quel bel racconto della gente che non si capiva più?) ricucendo gli strappi del nostro non capirci per suscitare comunioni sotterranee che vanno al di là delle simpatie. Abbiamo bisogno, urgiamo, ci è indispensabile invocare lo Spirito perché ci cambi il cuore, ce lo riempia, dia una sveglia alla nostra fede. Non è tempo perso il tempo dedicato ad invocarlo, a supplicarlo, a fargli vedere che lo aspettiamo. Allora, amici, ancora socchiudiamo gli occhi assieme e con fede, con forza, con passione, sussurriamo ancora una volta: "Vieni".

 

 

LUNEDI’ 9 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

BENEDETTO SEI TU, O DIO, CHE CI CONSOLI IN OGNI NOSTRA TRIBOLAZIONE. (2Cor. 1,3)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

LUIGI BOCCARDO Fondatore della Congregazione delle suore figlie di Gesù Re, Servo di Dio   

Luigi Boccardo nasce il 9 agosto 1861 a Moncalieri da Gaspare e Giuseppina Malerba, contadini, genitori di 10 figli. In casa si respirava una atmosfera di fede (2 figli si faranno preti, una figlia suora e un'altra religiosa nel mondo). Luigi frequentò le elementari a Moncalieri e i primi anni del ginnasio presso i Barnabiti del Real Collegio Carlo Alberto poi entrò nel seminario di Giaveno, guidato allora dal canonico Giuseppe Aniceto. A Giaveno cadde malato e si disperava per la sua salute, ma guarì per intercessione dell’Immacolata a cui il seminario era consacrato. Il 23 settembre 1877 fece la sua vestizione clericale ed entrò nel seminario di Chieri. Passò poi al seminario di Torino laureandosi in Teologia. Il 7 giugno 1884 veniva ordinato sacerdote. In un suo scritto di quei giorni si può leggere: “O Signore, che io non mi contenti di essere una sacerdote per metà, dozzinale, voglio essere santo, sì, santo per voi”. Fu mandato viceparroco a Pancalieri dove era parroco suo fratello e ispirò il suo modo di essere prete all’esempio del Curato d’Ars, di cui allora si faceva il processo di beatificazione. Il 12 Aprile 1886 il Canonico Allamano lo chiamava al convitto della Consolata come direttore spirituale dei giovani sacerdoti prima del loro inserimento nella vita parrocchiale. Il Boccardo era un uomo di preghiera: “ Parlo con Gesù anche quando mi lego le scarpe o mi faccio la barba”. Nel 1916, per mancanza di salute si ritirò a Pancalieri, presso le suore di San Gaetano qui minato nel corpo continuerà a mantenere i rapporti con molti dei suoi penitenti e predicherà esercizi spirituali. Ritornò ancora a Torino nel 1926, in Lungo Dora Napoli, dove curò la fondazione della casa generalizia  delle suore di San Gaetano e volle accanto alla costruzione la bella chiesa di Cristo Re. Il 9 giugno 1936 moriva.. Le sue spoglie sono conservate nel Santuario di Cristo Re.

Parola di Dio (riprende la liturgia dalla X° settimana del T.O.): 2Cor. 1, 1-7, Sal. 33; Mt. 5,1-12

 

“ BEATI I PURI DI CUORE, PERCHE’ VEDRANNO DIO”. (Mt. 5, 9)

Quando, ragazzo, al seminario minore, c’era l’abitudine ogni anno di fare gli “Esercizi spirituali”: Sei giorni di assoluto silenzio, quattro prediche giornaliere, momenti di preghiera, confessione…(meno male che almeno in quei sei giorni non c’era scuola!). Un anno, il predicatore aveva preso come tema dell’intera settimana le beatitudini e quando arrivò a “beati i puri di cuore”, secondo la mentalità tipica di allora dedicò due o tre prediche al fatto che erano puri di cuore coloro che non facevano “le cose sporche”, coloro che non usavano gli occhi per guardare “i giornalacci”, coloro che facevano buona guardia a tutti i sentimenti, reprimendo e cacciando via tutto ciò che non era amore a Gesù… Una parte di verità in tutto quello che il predicatore cercava di indicarci c’è, ma certamente Gesù, pronunciando questa beatitudine voleva andare ben oltre quando parlava di purezza del cuore. Avere occhi e cuore puro, significa prima di tutto usare cuore e occhi per il fine per cui Dio ce li ha dati, gli occhi per vedere e il cuore per amare. Per chi ha occhi puri niente è totalmente malvagio, perché tutto è opera di Dio, fonte di meraviglia e fonte di gioia. In un cuore ogni sentimento può essere buono se guidato non dall’egoismo ma dall’amore. A questo proposito vi offro una preghiera di Pino Pellegrino che potremmo definire “la preghiera degli occhi puri”. “ Signore non mi va di vivere come le galline che beccano mangime in un metro quadro di pollaio, senza mai alzare la testa per guardare nel cielo infinito le aquile che potrebbero suggerir loro pensieri infiniti. Non mi va di vedere il mondo dal piccolo foro dell’osso buco. Signore, snebbia i miei occhi! Dilata i miei occhi! Fa’ che guardi come un bambino arrampicato su un olmo gigante, con occhi ingordi, con occhi sgranati sullo stupore del tuo creato. Fa che mi abitui a scoprire il miele anche nei fiori più strambi. Dammi occhi profondi che vedano tutti i fratelli. Insegnami a guardate e non solo a vedere; per vedere basta avere occhi aperti, per guardare bisogna avere un cuore acceso. Fammi capire che ho diritto di guardare uno dall’alto in basso solo quando devo aiutarlo a rialzarsi. Amen!

 

 

MARTEDI’ 10 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

RENDI SALDI I MIEI PASSI SECONDO LA TUA PAROLA E SU DI ME NON PREVALGA IL MALE. (Sal. 119,135)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIOVANNI DOMINICI, Beato

Era nato a Firenze nel 1356. Verso i diciotto anni entrò nel convento di Santa Maria Novella. Studiò a Parigi, Pisa, Venezia. A Fiesole fondò un convento  dove entrò anche il Beato Angelico. Fu riformatore dell’ordine domenicano. Fu creato cardinale, ambasciatore del Papa in Ungheria e in Boemia. Morì il 10 Giugno 1419.

Parola di Dio: 2Cor. 1,18-24; Sal. 118; Mt. 5,13-16

 

“RISPLENDA LA VOSTRA LUCE DAVANTI AGLI UOMINI PERCHE’ VEDANO LE VOSTRE OPERE BUONE E RENDANO GLORIA AL VOSTRO PADRE CHE E’ NEI CIELI”.

(Mt. 5, 16)

Spesso, noi cristiani, andiamo incontro a due errori che sembrano esattamente opposti l’uno all’altro. O ci esaltiamo al di là di quanto in realtà siamo e facciamo dipendere da noi cose che sono doni o che dovrebbero essere naturali per un credente e altre volte, per falsa umiltà, nascondiamo il bene. Qualche esempio per capirci: ci sono certi prelati e anche certi cristiani che esaltano talmente la Chiesa e le sue opere da rischiare qualche volta di andare contro la verità o di dimenticarsi che se qualche cosa di buono opera la Chiesa lo fa perché è Chiesa di Cristo e c’è ancora il dono dello Spirito santo.  Conosciamo tutti certe parrocchie che per qualche piccola iniziativa che qualunque circolo sociale avrebbe potuto mettere su, ne fanno un castello come se la montagna avesse partorito… un topolino!, in compenso ci sono altri che per non correre il rischio di apparire nascondono il bene lasciando così ampio spazio al male di continuare a operare. Quale atteggiamento ci suggerisce Gesù nel vangelo di oggi? Prima cosa: attenzione alla fonte della luce. Il cristiano non brilla mai di luce propria, ma di luce riflessa; il Signore è la luce, la fonte che ispira il bene, se il credente si lascia illuminare da Lui, se non opacizza questa luce, allora rifletterà la luce di Dio. Questa è la giusta umiltà, vedere il bene che Dio può operare in noi e attraverso di noi, dare il nostro contributo perché questo possa avvenire e gioire dell’opera di Dio facendo sì che tanti altri possano avvantaggiarsene e rimanere illuminati. Il fine di lasciar trasparire da noi le cose buone qual è? Non è mai perché gli altri ci dicano: “Che bravo!”, ma è perché “rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” cioè vedendo che il bene è possibile si sentano spronati ad esso, perché aumentando il bene ci si possa maggiormente opporre al male, perché, cioè, il regno di Dio possa venire così come Egli desidera, per il bene di ogni uomo sulla terra.

 

 

MERCOLEDI’ 11 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

SANTO, SANTO, SANTO, IL SIGNORE DIO DELL’UNIVERSO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BARNABA, Santo, Apostolo e Martire

Uomo di grande fede, entrando nella comunità   cristiana   mise   tutti   i suoi beni a disposizione degli apostoli. Nella luce dello Spirito, comprese che i pagani potevano entrare nella chiesa, all'unica condizione che credessero in Gesù Cristo. Questa convinzione orientò la sua opera missionaria ad Antiochia. Compagno di Paolo nel suo primo viaggio apostolico, Barnaba è colui che seppe riconoscere e favorire la sua vocazione. Morì martire nella terra dove era nato, l'isola di Cipro.

Parola di Dio nella festa di San Barnaba: Atti 11,21-26; 13,1-3; Sal. 97; Mt. 10,7-13

 

“GRATUITAMENTE AVETE RICEVUTO, GRATUITAMENTE DATE”. (Mt. 10,8)

Ieri ci ricordavamo che un credente deve lasciar trasparire la luce di Dio manifestata in opere buone, oggi, nella festa di un apostolo, Barnaba, ci viene ricordato il motivo per cui noi siamo debitori agli altri di testimonianza: tutto quello che abbiamo, lo abbiamo ricevuto gratuitamente! Il cristiano non è mai “uno che si è fatto da sé”, è uno che è stato amato da Dio a cui Cristo ha donato tutto con la sua vita. Il cristiano in sé non è “migliore degli altri”, ma uno che ha dei doni da dispensare agli altri per conto di Dio. Il cristiano non è “uno che vende la propria merce in un continuo porta a porta”, ma uno che offre gioiosamente se stesso e i doni ricevuti perché vorrebbe che anche altri potessero gioirne. Il cristiano non è uno che “vuole aggiungere adepti alla propria chiesa” ma è uno che vede in tutti dei fratelli perché figli dello stesso Padre e vorrebbe che tutti se ne rendessero conto. L’anima dell’apostolato non l’anima della conquista, ma è l’anima del dono. Scrive per iperbole Henrich Boll: “Perfino il peggior mondo cristiano sarebbe preferibile al miglior mondo pagano perché in un mondo cristiano c’è posto per la gente alla quale il mondo pagano non ha mai fatto posto: storpi e malati, vecchi e deboli; anzi, più ancora che posto c’è amore per quelli che al mondo pagano, senza Dio, sembrano inutili” . Racconta un missionario che durante un viaggio in Congo, fu fermato da un uomo che lo accompagnò in una capanna dove aveva ricoverato una vecchia che era malata di lebbra: “Padre, l’ho travato per la strada sfinita, voleva andare alla tua missione (lontana circa 100 chilometri) ma non ne poteva più”. L’anziana disse al missionario: “Voglio venire alla missione. Al villaggio mi vedono vecchia e lebbrosa e dicono che sono una strega. Io voglio andare dove ci sono dei veri cristiani: loro guardano una persona come la guarda Dio.” Auguriamoci  e cerchiamo di far sì che la nostra testimonianza sia di questo genere.

 

 

GIOVEDI’ 12 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI OCCHI, SIGNORE PER VEDERE LA TUA GLORIA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

STEFANO BANDELLI ,Beato

Nacque nel 1369 a Castelnuovo Scrivia (Alessandria). Ancor giovane entrò nel convento domenicano di Piacenza. Divenne dottore di Diritto canonico e civile presso l’Università di Pavia, dove rimase per parecchi anni come insegnante. Era talmente bravo nella predicazione e nello zelo che qualcuno lo definì “il secondo San Paolo”. Ma più che professore in cattedra aveva doti di comunicatore dal pulpito. Lasciata Pavia si ritirò a Saluzzo dove per anni ebbe occasione di predicare e di confessare. E su questi due pilastri costituì il suo apostolato accompagnandolo sempre con la preghiera fino alla morte che avvenne l’11 giugno 1450. Saluzzo lo elesse a suo protettore anche per il fatto che per sua intercessione la città fu liberata da un terribile assedio.

Parola di Dio: 2Cor. 3,15-4,1.3-6; Sal. 84; Mt. 5,20-26

 

“SE DUNQUE PRESENTI LA TUA OFFERTA SULL’ALTARE E LI’ TI RICORDI CHE IL TUO FRATELLO HA QUALCHE COSA CONTRO DI TE, LASCIA LI’ IL TUO DONO DAVANTI ALL’ALTARE E VA’ A RICONCILIARTI CON IL TUO FRATELLO E POI TORNA AD OFFRIRE IL TUO DONO”. (Mt. 5, 23- 24)

La preghiera non ha senso, non è significativa né per noi né per Dio se non c’è accordo con i fratelli. “Colui che dice: io amo Dio, e non ama il suo fratello, è un bugiardo”. Gesù non dice che le preghiere, i riti siano cattivi. Non ha nulla contro il culto. Lui stesso sovente è alla preghiera della sinagoga e del tempio. Gesù stesso ci ha lasciato la meravigliosa preghiera dell’Eucarestia ma proprio perché questa è spezzare insieme il medesimo pane ci chiede  di rendere autentico questo gesto e di ritrovare la vera gerarchia dei valori. In fondo è come se Gesù ci dicesse: “Non essere ipocrita, non nasconderti dietro la tua falsa giustizia, il tuo perbenismo, il tuo formalismo. Non pensare di comprarti Dio solo con qualche messa o con qualche candela. Dio “ti scruta e ti conosce”, sa benissimo che cosa c’è dietro le apparenze, vede la realtà del tuo sforzo. Gioca con Lui a carte scoperte”. E Gesù chiede a noi di essere di quelli che fanno il primo passo. Noi spesso aspettiamo l’altro, qui ci viene chiesto di andare verso l’altro anche quando è l’altro ad avercela con noi. Non sempre questo è facile e allora siamo almeno onesti con il Signore, diciamoglielo chiaro che ancora non ce la facciamo sulla strada del perdono, ma dimostriamogli almeno il desiderio e la buona volontà per incamminarci su questa strada. Per Gesù anche la ricerca faticosa della vera fraternità è già un primo passo verso di essa e allora sarà proprio quel pane spezzato nella ricerca della comunione a darci la forza per superare quanto ancora ci divide dal fratello.

 

 

VENERDI’ 13 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, SEI MIA ROCCIA E MIA FORTEZZA, SEI TU CHE MI LIBERI E MI AIUTI. (Sal. 18,3)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ANTONIO DA PADOVA, Santo Sacerdote e Dottore della chiesa

Nato a Lisbona venne chiamato Fernando ma quando entrò nell’ordine francescano prese il nome di Antonio. Dopo un periodo di ritiro in solitudine si dedicò   alla   predicazione   ricca   di riferimenti  alla  Sacra  Scrittura che conosceva benissimo. Mori a Padova nel 1231 all'età di 36 anni.

Parola di Dio: 2Cor. 4,7-15; Sal. 115; Mt. 5,27-32

 

“AVETE INTESO CHE FU DETTO: NON COMMETTERE ADULTERIO; MA IO VI DICO: CHIUNQUE GUARDA UNA DONNA PER DESIDERARLA, HA GIA' COMMESSO ADULTERIO CON LEI NEL SUO CUORE”. (Mt 5, 27)

Qualcuno, specialmente tra i nostri anziani, si trova disorientato davanti alla morale che il nostro mondo moderno professa. Per stare all’esempio di Gesù sull’adulterio, spesso oggi, esso non è considerato un peccato, certi psicologi addirittura dicono che esso può essere utile alla coppia per uscire dall’abitudine e per riscoprire motivi, altri lo giustificano come ‘scappatella’. Sono in pochi coloro che lo considerano un peccato. Come spiegarci questo alla luce dei comandamenti? Vuol dire che non c’è più morale? Vuol dire che l’uomo sta liberandosi di tanti tabù? Ma l’uomo è contento di tutto questo? Con questi interrogativi rifacciamoci al senso morale che ci viene indicato da Gesù e scopriamo che dietro una norma che a prima vista ci sembra inapplicabile (“anche solo desiderando un uomo o una donna hai già commesso adulterio con lui o con lei”), essa invece è la vera liberazione dell’uomo.

Il comandamento dell’Antico Testamento: “Non commettere adulterio” mette dei paletti, regola la vita della famiglia. Ma se ci si ferma solo a questo, cioè a considerarlo un divieto che al massimo commina qualche multa per coloro che lo trasgrediscono, ecco che gli uomini con i loro arzigogoli legalisti, psicologici, con le loro maschere, troveranno sempre modo di infrangerlo e di trovare giustificazioni (se volete pensate in campo automobilistico ad un divieto di sosta che viene ignorato con le solite scuse: “Ho fretta”, “Non si trova posto altrove”, “E’ un divieto stupido perché non mi lascia libero di fare ciò che voglio”, “E che male ci sarà poi… lo fanno tutti!”). Gesù invece ci richiama al cuore del comandamento, ci dice di guardare al perché, di scoprire la positività di una indicazione morale. Il male non è tanto nei fatti, sta prima, sta nel cuore. Se tu hai fatto una scelta di vita, ricordati i valori che hai scelto, pensa non solo ai tuoi desideri, ma alle persone, non vedere l’altro come un oggetto da possedere, ma come una persona viva, con dei diritti di libertà come i tuoi, da rispettare e da cui esigere di essere rispettati. Ecco allora che la legge non è solo più imposizione, formalità, paura del peccato o della punizione, ma l’osservanza di essa diventa riconoscere persone e valori e soprattutto avere un cuore puro. Poi potranno esserci tutte le difficoltà, le tentazioni, magari anche le debolezze, ma se si ritorna al valore di Dio, delle proprie scelte, al rispetto delle persone, al cuore puro si scoprirà sempre più che la morale non ci è data per imporci dei pesi, per vietarci tutto ciò che è bello e appetibile, ma per liberarci, per aprirci ai veri valori, per farci scoprire il volto gioioso di Dio e dei fratelli.

 

 

SABATO 14 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

                     

       COME IL CIELO E’ ALTO SULLA TERRA, COSI’ E’ LA TUA MISERICORDIA, O SIGNORE, SU QUANTI TI AMANO. (Sal. 103,11)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

FRANCESCO CHIESA,  Servo di Dio

Nato a Montà d’Alba (Cuneo) il 2 Aprile 1874, fu seminarista a Torino e poi ad Alba. Fu ordinato sacerdote l’11 ottobre 1896. Laureatosi in Teologia, in diritto canonico e civile e in filosofia, fu insegnate di queste materie al seminario di Alba. Nel 1913 fu nominato parroco della chiesa dei santi Cosma e Damiano in Alba. Ottimo catechista, istituì e seguì l’Azione Cattolica, il Piccolo Clero, l’Apostolato della preghiera, la scola cantorum; fu poi nominato amministratore apostolico della diocesi. Fu molto vicino a Don Alberione e alla sua opera. Morì ad Alba il 14 Giugno 1946. Le sue spoglie mortali sono sepolte nella chiesa di san Paolo ad Alba.

Parola di Dio: 2Cor. 5,14-21; Sal. 102; Mt. 5,33-37

 

“IL VOSTRO PARLARE SIA SI’, SI’; NO, NO; IL PIU’ VIENE DAL MALIGNO”. (Mt. 5,37)

L’indicazione di oggi di Gesù è quella di essere onesti e sinceri. Prima di tutto onesti con se stessi. E’ molto facile ingannarci da soli, trovare scuse, giustificazioni, metterci maschere per mostrarci migliori di quanto siamo sia a noi stessi che agli altri. Se penso a quando eravamo piccoli e ‘raccontavamo le bugie’, esse servivano a farci credere più coraggiosi delle nostre paure, più buoni delle nostre malefatte, e qualche volta cominciavamo a crederci anche noi. E’ ancora così nella nostra vita di adulti tutte le volte che abbiamo paura di guardarci in faccia con i nostri pregi, ma anche con i nostri limiti, è ancora così quando nascondiamo agli altri la verità. Spesso, infatti, preferiamo avvolgere il nostro parlare in ampie e complicate circonlocuzioni; preferiamo un discorso fatto di se e di ma, di condizionali e di distinzioni sottili, di punti di vista e di raffinata diplomazia. Preferiamo insomma una posizione che ci lasci sempre la possibilità di una ritirata strategica. Sicché nessuno può mai giurare di aver capito qual è, in fondo, il nostro vero pensiero. Certo ci fa comodo, perché nell'un caso e nell'altro, comunque vadano le cose, non essendoci pronunciati mai chiaramente e definitivamente, possiamo aver sempre ragione. E’ vero che non sempre è opportuno dire tutto, che la sincerità non deve sconfinare con la stupidità, ma è anche altrettanto vero che per un credente la parola non ci è stata data per mascherare, ma per rivelare. E poi, come diceva Jean Jacques Rousseau: “Se bisogna essere giusti per gli altri, bisogna essere sinceri per sé: si tratta di un omaggio che un uomo onesto deve rendere alla propria dignità”. 

 

 

DOMENICA 15 GIUGNO: FESTA DELLA SANTISSIMA TRINITA’  "B"

Una scheggia di preghiera:

 

NOI TI ADORIAMO UNICO DIO IN TRE PERSONE. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

VITO, Santo, Martire

La leggenda vuole che Vito, cristiano convinto, avesse doti miracolose: sembra guarisse dall'epilessia il figlio di Diocleziano, ma non per questo riuscì a sfuggire alla tortura. Tornato in Lucania fu martirizzato.

Parola di Dio: Deut. 4,32-34.39-40; Sal. 32; Rom 8,14-17; Mt. 28,16-20

 

“AMMAESTRATE TUTTE LE NAZIONI BATTEZZANDOLE NEL NOME DEL PADRE, E DEL FIGLIO, E DELLO SPIRITO SANTO”. (Mt. 28,18)

Gesù con la sua venuta ci svela qualcosa di inaudito, inimmaginabile, inatteso: Dio è Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Cioè: Dio non è il solitario perfetto, l'incommensurabile, ma solitario Motore Immobile (sommo egoista bastante a se stesso?). No: Dio è festa, famiglia, comunione, danza, relazione, dono. Dio è tre persone che si amano talmente, che se la intendono così bene che noi - da fuori - vediamo uno. Abbiamo una così triste opinione di Dio! No, la Scrittura ci annuncia che Dio è una festa ben riuscita, una comunione perfetta. Un po' come quando vediamo una coppia di sposi o di fratelli che si vogliono talmente bene da sembrare una cosa sola. Che bello! Vedere realizzato in Dio ciò che noi sempre desideriamo! Tre persone che non si confondono, che non si annullano in un'indefinita energia cosmica, ma che, nella loro specificità, operano con intesa assoluta. Riusciamo addirittura a delineare l'opera, il lavoro di ognuno, il "carattere specifico" di ogni persona: riconosciamo l'impronta del Padre nella Creazione, nello stupore della natura; riconosciamo l'agire del Figlio nella sua volontà di salvezza dell'uomo; riconosciamo il “soffio” dello Spirito che accompagna, porta a compimento e santifica l'umanità pellegrina. Ma andiamo oltre: noi, come ci ricorda la Bibbia, siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio. Quindi  abbiamo la stessa struttura, gli stessi desideri di Dio. Adesso capisco un sacco di cose! Capisco perché la solitudine mi pesa tanto e mi fa paura: è contro la mia natura! Capisco perché quando amo, quando sono in compagnia, quando riesco ad accogliere e ad essere accolto sto così bene: realizzo la mia vocazione di comunione! Se allora noi ragioniamo da egocentrici rischiamo di prendere delle terribili cantonate. Se su una cosa dobbiamo investire, è proprio nella fatica dello stare insieme, nella relazione, perché tutto il resto sarebbe tempo perso. La festa della Trinità, allora, è la festa del mio destino, è lo specchio della mia attitudine profonda, è il segreto della mia felicità. E a questa comunione siamo invitati come singoli e come comunità cristiana. E' alla Trinità che dobbiamo guardare nel progetto di costruzione delle nostre comunità: la Chiesa (quella sognata da Dio, intendo, non lo sgorbio presente nelle nostre menti fatto di rigidezze e sovrastrutture) dovrebbe essere la manifestazione della Trinità nel mondo d'oggi. Guardando alla Chiesa l'uomo dovrebbe accorgersi di essere capace di comunione. Uniti nella diversità, nel rispetto l'uno dell'altro, nell'amore semplice, concreto, benevolo, cerchiamo di far diventare il nostro essere Chiesa splendore di questo inatteso Dio di comunione.

 

 

LUNEDI’ 16 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

ACCLAMI TERRA TUTTA AL SIGNORE, GRIDATE, ESULTATE CON CANTI DI GIOIA, (Sal. 98.4)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIULIANO, Santo, Martire

Ci troviamo davanti a due versioni molto differenti che ci raccontano la vita di questo Santo. La prima che si confonde con la storia di San Besso, racconta che Giuliano fosse arrivato in Val d’Aosta dopo essere sfuggito al martirio della Legione Tebea, schiavo e pastore, aveva un gregge bellissimo, altri pastori invidiosi  e contrari alla fede che Lui predicava lo uccisero buttandolo giù da un dirupo. Anche le pecore allora si buttarono una per una nel dirupo. Un'altra versione racconta di Giuliano come di un deportato in una miniera di Fenils. Lì avrebbe con forza continuato a manifestare la sua fede operando anche tante conversioni tra i suoi compagni di pena. I suoi persecutori allora lo uccisero gettandolo da un dirupo nel vallone di Clavalitè.

Parola di Dio: 2Cor.6,1-10; Sal. 97; Mt. 5,38-42

 

“IO VI DICO DI NON OPPORVI AL MALVAGIO”. (Mt. 5,38)

Il desiderio di vendetta, sia esso a livello di popoli che di singoli, è una delle cose più dure da superare. Nel pensiero del mondo Ebraico, l’Antico Testamento mirava a contenere la vendetta nei limiti non facili della parità ed ecco la legge del taglione: occhio per occhio, dente per dente e non di più. Gesù, chiedendoci di non opporci al malvagio ci dice chiaramente che la vendetta è sempre un male, primo perché è un voler mettersi al posto di Dio nel giudicare un fratello e secondo perché la vendetta è un frutto talmente amaro che avvelena anche noi. Diceva Martin Luther King: “La vecchia legge dell’occhio per occhio, fa solo un mondo di ciechi” e Cervantes fa dire al suo personaggio don Chichote che “vendette giuste non ne esistono”. La saggezza indiana poi ci ricorda che “la vendetta chiama sempre un’altra vendetta e la catena non finisce più”, mentre Marco Aurelio ci dice che “il miglior modo per vendicarsi di un’ingiuria e di non rassomigliare a chi ce l’ha fatta”. Gesù ci chiede di usare un altro metro, quello di avere col nostro prossimo la stessa pazienza e rispetto che Dio usa con noi. Quanto poi al fatto che non opporsi al malvagio sia segno di pusillanimità, Monsignor Elder Camara diceva che noi cristiani siamo dalla parte della non violenza e che questa non è affatto una scelta di debolezza e passività. Non violenza è credere nella forza della verità, della giustizia e dell’amore più che nella forza delle guerre, delle armi, dell’odio. “Perché – aggiungeva don Primo Mazzolari – ogni violento presume di essere un coraggioso. Ma la maggior parte dei violenti sono dei vili. Il non violento, invece, nel suo rifiuto a difendersi, nella sua ricerca di pace, nel suo proclamare l’amore, è sempre coraggioso”.

 

 

MARTEDI’ 17 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, LIBERA I PRIGIONIERI, RIDONA LA VISTA AI CIECHI, RIALZA CHI E’ CADUTO. (Sal. 146,7-8)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

VALERIANA, Santa, Martire

Unica notizia certa che abbiamo di lei  è  che  fu  martire  ad Aquileia. Subì questo  martirio  con  la  forza che le veniva  dalla  sua  intensità  di amore per Cristo.             

Parola di Dio: 2Cor. 8,1-9; Sal. 145; Mt. 5,43-48

 

“IO VI DICO. AMATE I VOSTRI NEMICI E PREGATE PER I VOSTRI PERSECUTORI”. (Mt. 5,44)

Domenica, nella festa della Trinità ci ricordavamo che essendo fatti ad immagine e somiglianza di Dio noi  “abbiamo in noi i cromosomi” per manifestare Dio così come Egli è. E’ per questo che Gesù ci mette davanti delle mete ‘impossibili’ come quella di essere “perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Anche il brano che ci è offerto oggi sembra essere ‘impossibile’ ci chiede di amare i nostri nemici in modo totale; questo è possibile solo se noi cerchiamo di manifestare l’agire di Dio, nostro Padre, infatti Dio è amore, questa è la sua perfetta definizione, rivelata da Cristo. Noi la troviamo formulata e commentata ad ogni pagina del vangelo. Perciò il primo dovere dei cristiani, figli di Dio in forza del battesi­mo, è di corrispondere con il loro amore all'amore del Padre. «Tu amerai il Signore, Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze». Ma come provare che questo amore che noi abbiamo per Dio è autentico? Cristo ci dà il segno infallibile di questa autenticità: l'amore del prossimo. Come deve essere questo amore del prossimo? Ce lo dice Cristo stesso perché non ci facciamo pericolose illusioni. Deve essere: un amore effettivo, non una semplice compassione passeggera, una emozione fuggitiva di fronte alla miseria di un infelice; un amore disinteressato, che dà e si dona senza nulla attendere in contraccambio, neppure la riconoscenza; un amore universale, che non esclude nessuno, che non tiene conto della qualità, della razza o della posizione sociale del beneficiario; un amore totale, che arriva fino al perdono delle offese e alla dimenticanza delle ingiurie; un amore eroico, in una parola, che, sull'esempio di Cristo, accetterà di soffrire, se è necessario, fin sopra la croce. Coraggio, c’è strada da fare per tutti, e soprattutto non scoraggiamoci davanti alle debolezze, agli errori ed ai peccati, il ripartire continuo sulla strada dell’amore del prossimo è già segno di amore!

 

 

MERCOLEDI’ 18 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

PADRE NOSTRO, TU SCRUTI I SEGRETI DEI CUORI. (Mt. 6,18)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MARINA, Santa,

Una  storia (o leggenda) davvero  strana  e  diversa dal solito quella della santa di oggi. Amava a tal punto il padre rimasto vedovo che, quando questo volle ritirarsi in convento,  pur di non lasciarlo si vestì da uomo e cambiò nome in Marino: giustificò i suoi tratti femminili facendosi  passare  per  un  evirato. E divenne monaco pure lei, rimanendo tale anche dopo la morte del padre. Un giorno, accompagnò un gruppo di monaci in un luogo lontano dove dovettero trascorrere la notte in una locanda, ma il caso volle che la figlia del locandiere  si lasciasse sedurre proprio quella notte da un soldato e, accortasi d'essere rimasta incinta, rintracciasse e denunciasse per l'oltraggio proprio lui (o lei!), Marino. L'innocente non si discolpò e, anzi, accettò addirittura d'allevare il figlio della colpa. Solo al momento della sua morte, nel vestire la salma, i monaci s'accorsero del vero sesso e capirono appieno di quanta rassegnazione e virtù avesse dato testimonianza in vita.

Parola di Dio: 2Cor. 9,6-11; Sal. 11; Mt. 6,1-6.16-18

 

“GUARDATEVI DAL PRATICARE LE VOSTRE OPERE BUONE DAVANTI AGLI UOMINI PER ESSERE DA LORO AMMIRATI”. (Mt. 6,1)

Nella vita di ciascuno di noi ci sono degli istinti che hanno lo scopo di salvaguardare noi e la nostra razza. Di questi istinti non dobbiamo spaventarci, ma se vogliamo davvero realizzarci e realizzare un progetto di vita comunitaria e sociale, dobbiamo controllare e indirizzare gli istinti. Ad esempio la rabbia nasce spontanea quando qualcosa non si realizza secondo i miei progetti, ma l’ira può portare addirittura all’omicidio e allora va controllata. Il voler apparire è un istinto normale: è il nostro bisogno di essere considerati dagli altri, è il bisogno di amore che porta a far sì che gli altri apprezzino la parte migliore di noi. E fin qui può andar bene, può perfino diventare un incentivo a migliorarci, quando, però questo diventa ipocrisia noi compiamo un doppio errore, inganniamo gli altri e noi stessi e quindi instauriamo un rapporto falso destinato a non costruire nulla di buono. Gesù aborriva l’ipocrisia e soprattutto l’ipocrisia religiosa perché contraria ad ogni ragionamento e buon senso e soprattutto bestemmiatrice di Dio perché avrebbe lo scopo di renderlo complice di falsità.  Infatti non solo con essa inganniamo noi stessi e il nostro prossimo, facendoci vedere per quello che non siamo, ma sfruttiamo Dio per i nostri fini. Dio ci conosce fin nel profondo del cuore e allora non posso ingannarlo, Dio non è comprabile come i potenti di questa terra. Dio, in sé, delle mie preghiere non se ne fa niente, non è più santo di quello che è perché io glielo ripeto tante volte al giorno, Dio sa se il mio essere caritatevole è dettato da amore per il mio prossimo o da desiderio di sentirmi buono, dalla voglia di essere ringraziato, o dal segreto pensiero di essermi comprato dei “bonus” nei confronti di Dio. Che la gente mi batta le mani, mi dica che sono buono o cattivo non serve ad ingannarlo sulla verità del mio essere. L’ipocrita pensa poco per volta di essere quello che è riuscito a far credere agli altri, io invece devo essere io con i miei meriti e con i miei limiti. Gesù ha costruito sul materiale umano di Pietro e dei suoi apostoli, ha costruito sui loro meriti e sui loro limiti non sulle loro presunte apparenze. Dio mi ama come sono e si dona a me nella mia realtà concreta. E’ ipocrisia farsi vedere da lui migliori di quello che siamo come è ipocrisia altrettanto brutta quello di farci più peccatori di quello che siamo.

 

 

GIOVEDI’ 19 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

PADRE, RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI COME NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DEBITORI. (Mt. 6,12)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ROMUALDO, Santo Abate

A  vent'anni,  Romualdo  (951-1027) lasciò Ravenna per ritirarsi nella solitudine. Stabilitosi a Camaldoli, propose ai suoi discepoli, che praticavano la vita comune secondo la regola benedettina, di diventare eremiti o persino reclusi. L'austerità che imponeva a se stesso, non intaccava assolutamente la sua gioia, che stupiva tutti quelli che lo conoscevano.

Parola di Dio: 2Cor. 11,1-11; Sal. 110; Mt. 6,7-15

 

“PREGANDO NON SPRECATE PAROLE COME I PAGANI… VOI PREGATE COSI’: PADRE NOSTRO… (Mt. 6, 7. 9)

Mi pare quasi di sentire qualcuno di voi che mi dice: “Ieri scrivevi che Dio delle nostre preghiere non se ne fa niente ed oggi Gesù, nel Vangelo insegna il Padre nostro e la necessità di pregare… Come la mettiamo?”

La preghiera serve soprattutto a noi. Siamo noi che abbiamo bisogno di incontrare un Dio che ci è Padre, siamo noi che abbiamo bisogno di manifestare e rendere presente la nostra confidenza e comunione con Lui, siamo ancora noi che abbiamo bisogno del pane quotidiano ciò del necessario per poter vivere nella sua volontà, siamo ancora noi che necessitiamo del suo perdono e della sua forza per riuscire a nostra volta ad essere persone capaci di perdono, e siamo noi che abbiamo bisogno di Lui per combattere il male che, con le sue tentazioni, sarebbe superiore alle nostre forze se Dio non fosse con noi. E anche il suo Regno che invochiamo è un Regno non come quello che ci immaginiamo, ma il regno di Gesù, regno di amore e di verità di grazia e misericordia, di giustizia e di pace. Ecco allora il senso della nostra preghiera: renderci presenti a Dio e rendere Dio presente a noi. Non c’è dunque bisogno di tante parole: se lo lodiamo non è per renderlo più grande di quello che è ma per renderci conto di chi sia e di quanto grande sia la sua bontà, se gli chiediamo qualcosa non è per comprare i suoi miracoli, ma per fidarci che un Padre buono ci darà quello che è necessario, se gli chiediamo perdono non è per “nascondere il nostro peccato” ma per trovare in Lui la capacità di superarlo. Se avessimo capito queste cose non diremmo più: “Devo dire le preghiera”, ma: “Cerco di vivere in preghiera” perché è proprio nella preghiera vera che trovo Dio e in Lui il senso della mia vita.

 

 

VENERDI’ 20 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

              PADRE SANTO, CUSTODISCI NEL TUO NOME COLORO CHE HAI DATO A GESU’, PERCHE’ SIANO UNA COSA SOLA. (Gv. 17,11)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

TEODULO, Santo Vescovo.

Teodulo fu il primo vescovo del Vallese. Fu prima a Martigny e poi a Sion. Ebbe una vita pia, generosa nei confronti di tutti. Verso la metà del secolo IV scoprì il luogo dove era stata decimata la legione Tebea e raccolse una parte di reliquie di quei martiri nella chiesetta che fece costruire ad Agauno. A quel tempo sia il Vallese che la Val d’Aosta appartenevano alla diocesi di Milano, e il santo Vescovo girò molto per le valli per predicare e dare una prima organizzazione ai cristiani residenti.

Parola di Dio: 2Cor. 11,18.21-30; Sal. 33; Mt. 6,19-23

 

“DOV’E’ IL TUO TESORO SARA’ ANCHE IL TUO CUORE”. (Mt. 6,21)

C’è un vecchio proverbio che spiega l’altrettanto vecchio detto che Gesù ci propone oggi ed è quello che dice: “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. E’ vero, le nostre frequentazioni, i nostri desideri poco per volta formano la nostra vita. Chi è il tuo tesoro? Cos'è che vale per te? Cosa cerchi nella tua vita? Dove vanno i tuoi pensieri? Dietro i tuoi pensieri infatti corre il tuo cuore, perché si ama quel che si stima. Se non stimi altro che il denaro, il tuo amore sarà il denaro se non pensi che al piacere, non amerai che il piacere; se non pensi che agli onori, non amerai altro che onori; se non pensi che al potere, non amerai che il potere...se non ami nulla, sarai nulla.

Ma, parafrasando il proverbio si può anche dire. “Dimmi quel che ami e ti dirò il tuo padrone". Non esiste di fatto che un solo padrone per ogni uomo ed è ciò che egli ama. Cos'è un avaro? Lo schiavo dell'oro. Cos'è un ambizioso? Lo schiavo della sua passione. Cos'è un lussurioso? Lo schiavo dei sensi. Cos'è un goloso? Uno schiavo. Cos’è un pigro? Uno schiavo. Cos'è un superbo? Uno schiavo. Così ogni amante è servo del suo amore. Saranno dolci o amare, lievi o pesanti catene, ma sono sempre catene. Amare è dunque servire, la realtà è questa.

Ora dobbiamo riconoscere che ogni servizio è sempre un po' umiliante, e ogni servizio è sempre una limitazione della libertà. Ogni servizio, tranne uno, il servizio di Dio. Perché servire  Dio significa servire la Verità, la Giustizia, il Bene. Il che non è umiliante, ma è l'unica nobiltà vera a cui tutti dovremmo aspirare e non è diminuzione di libertà, perché servire la Verità, la Giustizia, il Bene, è soddisfare, senza alcun limite, i più profondi ed essenziali desideri di ogni uomo. Ma c'è di più. L'amore o trova uguali o rende uguali. Nell'amore c'è un solo volere e un solo potere, il volere e il potere di chi si ama. L'amore unifica e assimila le volontà, i gusti, le abitudini, le opinioni, perfino i gesti e gli atteggiamenti, quasi tutta la vita. Rende l'uno simile all'altro. Una persona  non vale per i suoi titoli, per la discendenza, per la sua divisa, per i suoi anni, per la sua linea, per il suo nome, e tanto meno per le sue forze o per il suo peso; una persona vale per quello che ama,  una persona diventa quello che ama . Se amerai Dio, diventerai simile a Dio.

 

 

SABATO 21 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

             CRISTO AIUTAMI A COMPRENDERE CHE CON TE, QUANDO SONO DEBOLE, E’ ALLORA CHE SONO FORTE. (2Cor. 12,10)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

LUISA MARIA BENEDETTA CEPOLLINI D’ALTO, Serva di Dio

Nasce ad Albenga (Savona) il 12 gennaio 1880 dal conte Accellino Cepollini e da Carolina dei marchesi Corsidi. Educata prima ad Albenga e poi a Torino presso le suore della Adorazione perpetua del Sacro Cuore, dimostrò un spiccata propensione alla vita di pietà. Il 9 aprile 1900 entrò tra le suore Adoratrici di Torino. Fu maestra delle novizie. Essendo considerata troppo rigida fu poi esonerata da questo compito e inviata a Brescia dove morì il 21 giugno 1917. E’ sepolta nella casa delle Suore della Adorazione di Torino.

Parola di Dio: 2Cor. 12,1-10; Sal. 33; Mt. 6,24-34

 

“PER LA VOSTRA VITA NON AFFANNATEVI DI QUELLO CHE MANGERETE O BERRETE, E NEANCHE PER IL VOSTRO CORPO…A CIASCUN GIORNO BASTA LA SUA PENA” (MT. 6,24.34)

Gesù ci insegna la strada per vivere sereni, senza  stress. E’ la strada della fiducia totale in Dio. Attenzione, questo non significa che non dobbiamo avere le giuste preoccupazioni. A volte non è possibile evitare le preoccupazioni per l’avvenire, per la famiglia, per i figli. Tutto questo fa parte del piano di Dio che ci ha detto di usare bene le nostre mani e i nostri doni, ma quello che un credente vero deve superare è l’affanno.

L’inquietudine è un’offesa a Dio. L’ansietà e le preoccupazioni disonorano il nostro Dio. Se i nostri bambini  dubitassero continuamente del nostro amore, della nostra volontà di far loro del bene e di dar loro  ciò di cui hanno bisogno, non ne saremmo forse rattristati? L’inquietudine fa anche del male a noi stessi: ci toglie la pace, produce l’impazienza e le lagnanze. Molte persone sono sempre ansiose riguardo alle difficoltà che potrebbero sopravvenire e che spesso non vengono mai; vorrebbero che Dio appianasse il cammino in anticipo di chilometri, mentre Egli ha promesso di farlo passo a passo. La sola cosa che ci appartiene, è il momento attuale, e il solo modo di vivere bene, è di vivere l’ora presente. Gesù non ha forse detto: “Non affannatevi... Ad ogni giorno basta la sua pena”? Quante preoccupazioni di meno, se apprendessimo questa lezione! Cristo ci ha promesso la sua presenza fino alla fine dell’età presente: questo non ci basta forse? Mettiamo la nostra debole mano nella sua. Ci condurrà sicuramente fino alla fine del viaggio.

 

 

DOMENICA 22 GIUGNO: SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

Una scheggia di preghiera:

  

  FA’ CHE ADORIAMO CON VIVA FEDE IL SANTO MISTERO DEL TUO CORPO E DEL TUO SANGUE, PER SENTIRE IN NOI I BENEFICI DELLA REDENZIONE, (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

PAOLINO DA NOLA, Santo, Vescovo

Ricco patrizio romano, Paolino (c. 355-431), nativo di Bordeaux, divenuto console nel 378, si convertì e fu battezzato nel 389. Donò i suoi beni ai poveri e venne ordinato sacerdote. Con la moglie Teresa e con alcuni discepoli si ritirò a Nola, città di cui nel 409 fu eletto vescovo. Visse nella preghiera e nella povertà, totalmente dedito al suo gregge, specialmente durante le terribili invasioni dei Visigoti.

Parola di Dio: Es. 24,3-8; Sal. 115; Eb. 9,11-15; Mc. 14,12-16.22-26

 

“PRENDETE: QUESTO E’ IL MIO CORPO”. (Mc 14,22)

La Messa. Che ne abbiamo fatto? Serve quasi a identificare il cristiano "buono", come se quell'andare a Messa fosse, in fondo in fondo l'unica cosa che caratterizza la nostra fede. Altre volte l’abbiamo ridotta ad un rituale ripetitivo, l’abbiamo cronometrata, Certi preti la usano come podio per i propri personalismi, altri ne entrano e ne escono esattamente senza mutare una virgola… ". Sì, dobbiamo percuoterci il petto, sinceramente una volta tanto, abbiamo gettato le perle ai porci, abbiamo banalizzato l'immenso dono di Dio: la sua presenza.

La festa di oggi è lì a ricordarci che Gesù ha scelto di stare in mezzo a noi in maniera concreta, visibile, tangibile. Là dove una comunità si raduna e prega insieme al proprio pastore, per la potenza dello Spirito il Signore si fa cibo. Che ci crediamo o no, che lo vogliamo o no, ancora il Signore si dona, si offre, si fa pane spezzato per la nostra vita. Più della manna nel deserto, più del pane moltiplicato a Cafarnao, Gesù ci ripete che la sua carne è vero cibo e il suo sangue vera bevanda. Il dono inaudito della presenza di Dio, la possibilità concreta, reale, di "nutrirci" di Dio, di essere assimilati a Lui ("Chi mangia di me vivrà per me!"), dimora troppo spesso ignorato nelle nostre comunità. Il problema non è che la Messa è troppo lunga o i canti inadatti, anche se, è bene ricordarlo, dovremmo dare il massimo perché le nostre liturgie siano belle e vivaci. Credo che il problema vero sia la nostra poca fede. Non importa se la predica (spesse volte!) è lunga, o noiosa o lontana dalla mia vita. Il fatto è che noi veramente non crediamo che Dio venga e ci dia appuntamento Che fare? Crescere nella fede, anzitutto. Ogni volta che ci prepariamo a partecipare all'Eucaristia, attendere questo momento come l'inizio della settimana, la chiave di volta. Per fare questo dobbiamo ancora lavorare molto: nei paesi, dove troppo spesso la pressione sociale imbalsama il Vangelo (c’è gente che non fa la comunione troppo spesso perché se no poi la gente pensa che sia bigotto!), avendo il coraggio di mettere Cristo al centro. Nelle nostre città, dove l'assemblea è spesso anonima, avendo il coraggio di appartenere alla comunità, di sentirsi bene accolti, attesi, riconosciuti. E' finito (grazie a Dio!) il tempo della presenza per non sfigurare davanti al prete. No: partecipare all'Eucaristia (ho detto: "partecipare" non "stare parcheggiati"), significa mettersi in gioco, in un atteggiamento di accoglienza e di fede. Certo allora le nostre comunità dovranno riappropriarsi della celebrazione: che la Messa parli di Dio! Nell'attenzione ai gesti, all'ambiente, alle parole, ai canti, ai segni, nel silenzio, nel desiderio della preghiera ... tutto dovrebbe parlare di Dio. E per noi preti  l'esigenza di lasciarci cambiare dalla Parola, renderla comprensibile, piacevole. Parlare di Cristo prima delle esigenze morali, raccontare, noi che abbiamo avuto la gioia di seguirlo, del suo fascino e della sua pienezza, più che di sottolineare astratti concetti teologici. Abbiamo bisogno di riscoprire la freschezza e la gioia del ritrovarsi a celebrare la misericordia di Dio, a riempire la nostra bisaccia così che nessuno esca a mani vuote dalle nostre liturgie. Quel gesto di Gesù che riproponiamo ogni domenica, è uno squarcio aperto nel petto di Dio, la possibilità di accostarci con verità e misura alla grande tenerezza del Signore. Riscopriamo questo immenso dono!

 

 

LUNEDI’ 23 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

                  

     SCRUTAMI, DIO, E CONOSCI IL MIO CUORE: VEDI SE PERCORRO UNA VIA DI MENZOGNA E GUIDAMI SULLA VIA DELLA VITA. (Sal 139,23-24)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIUSEPPE CAFASSO, Santo, Sacerdote

Giuseppe Cafasso nacque il 15 gennaio 1811 in Piemonte a Castelnuovo d’Asti. Compiuti gli studi nelle scuole pubbliche di Chieri, e poi nel seminario della stessa cittadina, venne ordinato sacerdote a Torino il 22 settembre 1833. Sentì fortemente l’ideale del sacerdozio: non ebbe programmi specifici di spiritualità e di apostolato, se non quelli comuni al clero diocesano; non lasciò istituzioni, né fondò congregazioni; non scrisse trattati di scuola, né opere ascetiche, ma visse in modo straordinario l’ordinario ritmo della missione sacerdotale. Formò generazioni di sacerdoti. Si dedicò molto al confessionale, I carcerati furono i suoi prediletti: avrebbe voluto restare sempre con loro per dividerne i dolori, ed avviarli alla redenzione. Accompagnò ben 68 di essi al patibolo e tutti furono toccati dalla sua presenza e carità e molti si convertirono. Era così convinto della loro salvezza ottenuta per intercessione della Madonna che li chiamava i suoi “santi impiccati”.  Nel 1848 diventava rettore del convitto succedendo al Guala, che lo lasciava erede di un rilevante patrimonio. Giuseppe lo profuse nel soccorrere i poveri, i carcerati, le vocazioni povere e, quanto restava alla sua morte, lasciò per testamento all’opera del Cottolengo. Aiutò verso la via del sacerdozio il conterraneo S. Giovanni Bosco, che divenne suo discepolo prediletto. Giuseppe era minato nel fisico gracile dalle fatiche eccezionali sopportate e dalla penitenza continua; un fatto increscioso venne ad affrettarne la fine: la perquisizione operata nella sua abitazione e in quella di altri sacerdoti torinesi dalla polizia alla ricerca di corrispondenza dell’esiliato Mons. Fransoni. Giuseppe ne fu addoloratissimo. Si preparò nel raccoglimento alla morte e, dopo pochi giorni di malattia, spirava il 23 Giugno 1860. Aveva soltanto quarantanove anni.

Parola di Dio: Gen. 12,1-9; Sal 32; Mt. 7,1-5

 

“NON GIUDICATE PER NON ESSERE GIUDICATI” (Mt. 7,1)

Quando devo scrivere queste piccole riflessioni, normalmente faccio così: leggo le letture, cerco di capire che cosa volesse dire Gesù, poi cerco di applicare alla mia realtà quanto viene espresso dalla parola di Dio, poi mi chiedo quale possa essere la realtà di coloro che leggeranno e poi, invocando lo Spirito Santo mi accingo a scrivere. Così ho fatto anche per oggi: ho letto, ho capito che Gesù ci insegna a non giudicare, ho provato ad applicarlo al mio atteggiamento nei confronti di alcune persone… e qui è cascato l’asino perché proprio mentre riscontravo di aver espresso, almeno dentro di me giudizi pesanti su alcuni, proprio in quel momento, ripensando a queste persone mi sono venuti in mente dei giudizi ancora più feroci dei primi. Quando Gesù ci invita a non giudicare non vuol dire che noi non dobbiamo vedere la realtà, che non dobbiamo avere un criterio su cosa sia bene e male, tutt’altro, anzi se non conosco il male è molto facile che ne diventi preda, se non aspiro al bene rischio di  vivere la mediocrità e di non avere stimoli per me e per il mio prossimo. Gesù ci dice di non confondere il bene e il male con le persone incasellandole in esse, cioè io posso dire che un certo atteggiamento, un comportamento è bene o male, ma devo esimermi dal giudicare  la persona che lo compie. Perché? Non sarà anche questa una forma di ipocrisia? Prima di tutto perché io conosco molto poco delle ragioni di scelta delle persone che mi stanno davanti. Provate ad esempio a pensare a certi comportamenti di ragazzi che sembrano essere sbruffoni, contro ogni norma: so io se sono guidati da malvagità, da superficialità, da debolezza, da imitazione di altri, da rabbie nascoste, da desiderio di diventare il centro di un'attenzione loro negata, da una forma inconscia di gridare: “Ho bisogno di amore”?. Certo, il male è male per cui devo difendermene e se possibile devo educare al bene, ma di qui al giudicare la persona ne passa ancora. Un secondo motivo per cui non posso giudicare è perché ogni giudizio definitivo che noi diamo qui sulla terra è usurpare il nome di Dio che è l’unico che davvero può giudicare sulla terra, perché Lui solo è Signore di ciascuno di noi, perché Lui solo è Verità e Giustizia, perché Lui solo ci conosce fin nella profondità del cuore. Gesù poi porta ancora un'altra motivazione: chi giudica, chi pone nella categoria del bene o del male un’altra persona solo in base ai suoi ragionamenti, alla sua piccola verità dice a Dio: “Io giudico per quello che vedo, le altre motivazioni non mi interessano”. Piacerebbe a noi essere giudicati in questo modo?

 

 

MARTEDI’ 24 GIUGNO: NATIVITA’ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Una scheggia di preghiera:

 

          GRAZIE, SIGNORE, PERCHE’ CI HAI VISITATO DALL’ALTO CON UN SOLE CHE SORGE, CRISTO SIGNORE. (Lc. 1,78)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIOVANNI BATTISTA, Santo, Precursore di Gesù

La Chiesa celebra spesso la figura di Giovanni, il Precursore di Gesù. Egli conduce a Gesù, lo annuncia, poi sparisce. Come Gesù combatte l'ipocrisia, sottolinea le esigenze di Dio e come Gesù muore per la sua fedeltà alla Parola di Dio.

Parola di Dio: Is. 49,1-6; Sal. 138; Atti 13,22-26; Lc. 1,57-66.80

 

“VISSE IN REGIONI DESERTE FINO AL GIORNO DELLA SUA MANIFESTAZIONE A ISRAELE”. (Lc. 1,80)

Oggi, festa di Giovanni Battista, proprio davanti alla figura di questo ultimo profeta dell’Antico Testamento, gigante della fede, viene opportuna una riflessione sul profetismo oggi. Chi sono i profeti? Alle volte si pensa che siano persone che predicono il futuro... no, quelli sono gli indovini! I profeti sono amici di Dio che, animati nel profondo dallo Spirito Santo, indicano al popolo l'interpretazione di eventi, ammoniscono, scuotono, a volte anche con metodi piuttosto inusuali e rudi. Alcune considerazioni, allora. I profeti esistono ancora, sono presenti in mezzo a noi. Uomini e donne che vivono il Vangelo con tale coinvolgente semplicità e convinzione da diventare un segno di conversione per noi tutti. Quella coppia che allarga la propria casa per prendere in affido un bimbo, quel giovane che dedica il pomeriggio a tenere i ragazzi e ad educarli alla vita, quel consacrato che consuma giorni e salute a dare speranza ai disperati... siamo circondati da silenziosi testimoni, da migliaia di profeti che danno testimonianza a Gesù! Accogliere profeti e quanto ci insegnano significa scrutare, interrogarsi, non dare per scontata la vita di fede e la fedeltà al vangelo. Tempi nuovi chiedono modi nuovi di vivere ed annunciare il Vangelo. I profeti hanno faticato e tribolato per scrutare i segni dei tempi. Le nostre comunità lo fanno? Lo vogliono fare? Sicuramente come comunità siamo chiamati a riscoprire il nostro ruolo profetico. Non basta inanellare la consueta litania di Messa - sacramenti - devozione per diventare testimoni: è urgente, vitale riappropriarsi del ruolo profetico - scomodo della Chiesa per il mondo d'oggi. Guai ad una Chiesa che è sempre dalla parte del forte! Occorre davvero riscoprire la grazia del camminare con i poveri, del denunciare le ingiustizie, del proporre evangelicamente cammini di conversione. Ciascuno di noi è chiamato a diventare profeta, a diventare segno là dove vive, ad essere almeno un po' trasparenza di Dio. Mi viene in mente il sospiro di Mosè che, commentando il fatto che alcuni profetizzavano senza suo permesso, sognava: "fossero tutti profeti i figli di Israele!"


MERCOLEDI’ 25 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

SALVA IL TUO POPOLO, SIGNORE, BENEDICI LA TUA EREDITA’ E SII SUA GUIDA PER SEMPRE. (Sal. 28,9)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MASSIMO VESCOVO DI TORINO, Santo

Ricordiamo oggi il primo grande vescovo di Torino. Siamo all’incirca attorno agli anni 80 del secolo IV quando la diocesi di Torino viene stralciata da quella di Vercelli e affidata al Vescovo Massimo il quale era probabilmente originario delle Alpi Retiche ed era stato certamente educato a Milano, alla scuola di sant’Ambrogio. Cristiani in questa zona che si stendeva dalle Alpi Marittime a quelle Cozie ce n’erano, questo è attestato fin dal secolo precedente. Torino, poi non aveva più di diecimila abitanti. Massimo aveva il carattere duro del montanaro, ma anche sincero, non aveva peli sulla lingua anche davanti ai potenti di allora. Era un buon predicatore. Era severo nel difendere i poveri e gli oppressi contro l’avidità e le prepotenze. Quello che lo guidò fu un intenso amore di Cristo: “Null’altro mi sta a cuore se non che a voi sia annunziato il Vangelo di Cristo” era il suo motto. Nella sua predicazione si sforzava di indicare le verità di fede ma anche il modo con cui viverle nella vita pratica.

Parola di Dio: Gn. 15,1-12.17-18; Sal 104; Mt. 7,15-20

 

“DAI LORO FRUTTI DUNQUE LI POTRETE RICONOSCERE”. (Mt. 7, 20)

Ieri con Mosè ci auguravamo che tutti nelle comunità cristiane fossero profeti, oggi però Gesù ci mette in guardia: possono esserci anche dei falsi profeti! E questo sia all’interno che all’esterno del cristianesimo. Provate a pensare ad esempio se nel mondo delle comunicazioni sociali non ci imbattiamo sovente in profeti e in falsi profeti. Questi mezzi così potenti oggi possono essere usati per indirizzare al bene o al male e, purtroppo, essendo essi  quasi tutti legati alla legge del potere e del profitto, portano i frutti che quelle radici permettono loro. Ma ci sono anche persone che si sono auto nominate profeti per interessi particolari, per esempio pensate a quella caterva di predicatori presenti specialmente nel mondo americano ma che cominciano ad attecchire anche nel nostro mondo, persone che dicono di parlare nel nome di Gesù, che hanno riferimenti più o meno vaghi con le grandi religioni, ma che alla fine con parole e a volte anche mezzi da saltimbanchi cercano adepti che portino loro gloria e soldi. E ci sono ancora falsi profeti anche tra i cristiani, nelle nostre comunità, nella nostra gerarchia, cioè persone che usano la religione per i propri interessi. Gesù dice. “Potrete riconoscerli dai loro frutti”. Per un contadino basta uno sguardo alla pianta per riconoscere se essa sia selvatica o commestibile, un non contadino può anche ingannarsi, ma se ha pazienza di aspettare il tempo dei frutti, se con umiltà chiede a chi se ne intende, se affina il suo sguardo, anche lui presto saprà riconoscere i frutti buoni da quelli cattivi. Ci sono infatti alcuni criteri di fondo attraverso i quali poter discernere il vero profeta dall’impostore. Prima di tutto i fatti. Mi risulta subito evidente uno che predichi la povertà, la comunione dei beni e poi personalmente viva una vita comoda, da nababbo non è persona attendibile, e neanche e solo  perché è stata messa la nomea cristiana ad una grossa iniziativa caritativa penso subito che essa sia valida e santa, spesso questa può essere un ottima maschera per attirare soldi. Non mi basta uno che parli di poveri, voglio vederlo vivere con loro e vedere come li tratta in concreto, come non mi basta uno che predichi bene, che conosca un po’ di citazioni bibliche (da un computer ne puoi sempre ottenere di più!) voglio vederlo come si comporta dopo la predica, come gestisce la sua famiglia, come affronta le difficoltà quotidiane per essere cristiano. Non corro dietro al primo assertore di Amori universali, di forme energetiche vicine alla divinità… In tutte le cose può esserci del buono però, attenzione a non lasciarci prendere dal naso da chi con la scusa di un Dio universale ci riduce Gesù Cristo ad un grand’uomo o Dio ad un’entità. Almeno questi frutti abbastanza evidenti ci aiutino a non morire avvelenati.

 

 

GIOVEDI’ 26 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

CELEBRIAMO TE, SIGNORE, PERCHE’ SEI BUONO, ETERNA E’ LA TUA MISERICORDIA. (Sal. 106,1)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

RODOLFO, Santo, Vescovo

Doveva  essere  dotato  di  eccezionale carisma, Rodolfo. Giovanissimo - nacque a Gubbio nell'XI secolo - convinse tutti i suoi familiari non solo a donare le  loro terre  perché venisse fondato un monastero, ma addirittura a ritirarsi a vita monastica con lui. A Gubbio capirono presto che non avrebbero potuto avere un vescovo migliore di lui e così fu eletto, ma non per questo rinunciò a una vita di preghiera e penitenza. Ricco di saggezza e santità, morì nel 1064, a soli 30 anni.

Parola di Dio: Gen. 16,1-12.15-16; Sal 105; Mt. 7,21-29

 

“NON CHIUNQUE MI DICE : SIGNORE, SIGNORE, ENTRERA’ NEL REGNO DEI CIELI, MA COLUI CHE FA LA VOLONTA’ DEL PADRE MIO CHE E’ NEI CIELI”. (Mt. 7,21)

Certi raccontini–parabole a volte possono lasciarci perplessi, ma se li leggiamo con attenzione altre volte possono anche illuminarci sulle parole di Gesù, ve ne propongo uno di Antony de Mello:

Passando accanto allo stagno vidi un fiore di loto in piena fioritura e istintivamente gli dissi: “Come sei bello, mio caro! E come deve essere bello il Dio che ti ha creato!” Ed esso arrossì. Perché non era affatto cosciente della propria bellezza. E gli fece piacere che Dio fosse lodato. Era il più bello perché era totalmente inconsapevole della propria bellezza. E mi attirò perché non tentava affatto di attrarre la mia attenzione. Più avanti c’era un altro stagno, dove trovai un altro fiore di loto che allargava verso di me i suoi petali e diceva sfacciatamente: “Guarda come sono bello e rendi lode al mio creatore”. Io proseguii disgustato. Si può costruire per cercare di impressionare altri, per sentirsi migliori, si può perfino arrivare all’assurdo di pensare di poter comprare Dio con le preghiere o con qualche gesto di carità. Dio non puoi blandirlo con le parole, Lui vede ciò che c’è dietro le parole e siccome Lui cerca l’uomo, Lui vede il nostro cuore. Che cosa conta di più? Dirgli: “Sia fatta la tua volontà” o cercare e fare, come ne siamo capaci, la sua volontà? Conta di più che sì facciano esercizi spirituali, riunioni, simposi sulla povertà oppure dedicare un paio d’ore alla settimana per stare vicino ad un malato? Conta di più dire a uno che ti chiede un po’ di tempo: “Non posso, devo pregare”, o la­sciare la preghiera per accogliere chi ha bisogno di te?

 

 

VENERDI’ 27 GIUGNO: SACRO CUORE DI GESU’

Una scheggia di preghiera:

 

GUARDA, SIGNORE, ALL’IMMENSA CARITA’ DEL CUORE DEL TUO FIGLIO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MAGGIORINO, Vescovo di Acqui, Santo.

E’ da ritenersi il primo vescovo di Acqui dove la festa si celebrava il 27 Giugno. Non si sa nulla della vita di questo santo, nessuno scritto e i documenti su di lui sono poche iscrizioni eppure la sua memoria dura da sempre, non per merito di leggende (sulla sua origine non ce ne sono) non per merito di miracoli compiuti o attribuiti e neanche per ragioni di folklore. L’argomento più valido per la storicità è soprattutto la devozione che ebbe per lui il più grande vescovo di Acqui, San Guido. San Maggiorino sarebbe stato il primo o quello che maggiormente lavorò per l’evangelizzazione e la conversione della popolazione delle città e dei territori dipendenti e per l’organizzazione della Chiesa locale.

Parola di Dio: Os. 11,1-3.4.8-9; Cantico da Is. 12; Ef. 3,8-12.14-19; Gv. 19,31-37

 

“UNO DEI SOLDATI GLI COLPI’ IL COSTATO CON LA LANCIA E SUBITO NE USCI’ SANGUE ED ACQUA”. (Gv.19,34)

Quando noi parliamo del cuore di Gesù, vogliamo arrivare all’intimo di Dio, della sua rivelazione. Anche San Giovanni nel raccontarci il fatto del soldato che colpisce il cuore di Gesù, non solo riferisce un atto di cui è testimone ma vuole indicarci che il cuore di Gesù è un cuore ferito per sempre dall’amore per gli uomini per i quali, attraverso la Chiesa egli continuerà ad effondere i suoi Sacramenti di amore e di salvezza. Oltre a questo proviamo a fare ancora due semplici ma profonde riflessioni. Gesù ci ha detto che chi vede Lui vede il Padre quindi il cuore di Gesù è immagine del cuore del Padre. Noi spesso, vediamo in Gesù l’amore, il perdono e nel Padre la severità, la giustizia; il cuore di Gesù ci dice che il Padre è infinito amore e tenerezza: Dio non ha creato le cose per manifestare la propria grandezza, ma per amore di ciò che ha creato; il Padre non si è lasciato disilludere neppure dal peccato dell’uomo ma accettando le conseguenze della libera scelta umana ha fatto di tutto per venirgli incontro ed ha intessuto una intera storia di salvezza, e “nella pienezza dei tempi” ha mandato il suo Figlio che si è caricato del nostro male per inchiodarlo sulla croce e nella morte e, per ridarci la vita e l’amore del Padre, continua a donarcene i frutti attraverso i suoi Sacramenti. C’è davvero da essere meravigliati e riconoscenti davanti ad un simile amore! Ed ecco allora anche l’altro aspetto che la devozione al Sacro Cuore ha sottolineato lungo la storia, quella della riparazione. Quando uno è amato in questo modo, se non è un insensibile e un ingrato, sente non solo di dover cercare in qualche modo di ricambiare, ma davanti al male che è stato fatto all’amato cerca di porre qualche rimedio. Gesù ha amato ed è stato messo in Croce, Gesù offre se stesso ed è misconosciuto e bestemmiato, i suoi sacramenti di amore sono spesso trascurati e vilipesi… ecco allora il desiderio di dire a Gesù che il suo amore non va perso, ecco il dispiacere per tutte le volte che con il peccato non ho corrisposto a questo amore, ecco il desiderio di fare qualcosa perché tutti possano comprendere e accogliere l’amore di Cristo. La riparazione, allora, non è solo dire delle preghiere o fare dei sacrifici, è operare concretamente perché l’amore di Gesù e del Padre non vadano perduti ma trovino in noi e nei fratelli dei cuori riconoscenti che sanno accoglierli e fanno loro portar frutto.

 

 

SABATO 28 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

                       

SIGNORE, NON SONO DEGNO CHE TU ENTRI SOTTO IL MIO TETTO, DI’ SOLTANTO UNA PAROLA E SARO’ GUARITO. (Mt. 8,8)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

IRENEO, Santo, Vescovo e Martire

Ireneo (c. 130 c. 202) fu degno del suo nome, che significa "uomo di pace", Divenuto vescovo di Lione nel 177, riuscì a spegnere la controversia che era sorta a proposito della data della Pasqua tra papa Vittore e le chiese d'Asia.  Ma più ancora lavorò per la pace attraverso i suoi scritti contro le eresie, che dividevano i cristiani corrompendo la fede che avrebbe dovuto unirli.  Teologo della Chiesa, egli fa vedere che la sua universalità non nuoce alla sua unità, purché ci si mantenga fedeli alla tradizione apostolica.

Parola di Dio: Gen. 18,1-15; Cantico da Lc. 1,46-55; Mt. 8,5-17

 

“ENTRATO GESU’ NELLA CASA DI PIETRO, VIDE LA SUOCERA DI LUI CHE GIACEVA A LETTO CON LA FEBBRE. LE TOCCO’ LA MANO E LA FEBBRE SCOMPARVE; POI ESSA SI ALZO’ E SI MISE A SERVIRLO”. (Mt. 8,14-15)

Forse qualcuno si stupirà, dopo aver ascoltato il brano odierno del Vangelo, che mi fermi a commentare ‘un piccolo miracolo’ come quello della guarigione della suocera di Pietro da alcune febbri e non mi sia invece fermato sul grande miracolo e sul grande insegnamento della guarigione del servo del centurione. Ma per me questo piccolo miracolo esprime molte cose sui  rapporti tra Gesù e noi. Prima di tutto: Gesù va nella casa di Pietro. Gesù non si accontenta di chiamare Pietro, di mandare Pietro, Gesù vuole entrare nella vita, nell’intimità di Pietro. Gesù non si accontenta del nostro formalismo religioso, non si accontenta di opere di religione, Gesù ci dà il suo cuore, ma desidera entrare nel nostro cuore e nell’intimo della nostra vita. Ma Gesù entra in casa nostra non per violentare la nostra libertà, per imporci dei comandamenti gravosi, vuole entrare nella nostra vita per portare se stesso, il suo amore, la sua gioia e allora se vede che nella nostra vita c’è qualcosa che non va vi pone rimedio: in casa di Pietro c’è preoccupazione per la suocera malata; Gesù la guarisce. Fin qui l’atteggiamento di Gesù nei nostri confronti, ma è altrettanto bello l’atteggiamento di questa donna nei confronti di Gesù e dei suoi amici: appena alzata, guarita, si mette a servirli; ecco l’atteggiamento vero del discepolo: ho ricevuto la visita di Gesù, ho potuto gioire dei suoi doni, ho capito che l’amore è la cosa più importante, la riconoscenza la gioia mi portano ad esprimere nella concretezza del servizio il grazie per quanto ho ricevuto. Questa suocera di Pietro che  poi non comparirà più nel Vangelo è dunque un esempio concreto di come dovremmo essere noi, guariti, graziati dall’amore di Gesù, dovremmo essere delle persone che proprio dall’amore ricevuto hanno imparato la gioia del servire.

 

 

DOMENICA 29 GIUGNO: SANTI PIETRO E PAOLO

Una scheggia di preghiera:

                   

FA’ CHE LA TUA CHIESA SEGUA SEMPRE L’INSEGNAMENTO DEGLI APOSTOLI DAI QUALI HA RICEVUTO IL PRIMO ANNUNCIO DELLA FEDE. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

PIETRO E PAOLO, Santi, Apostoli, Martiri

Pietro,  la  pietra  fondamentale della Chiesa, "Ti farò pescatore di uomini", gli disse Gesù, e Pietro lo seguì. Umile, fedele.  Fedele nonostante il tradimento durante la Passione. Fu il primo a predicare,  dopo la discesa dello Spirito Santo. Paolo,  l'evangelizzatore  dei  pagani, il suo nome era Saulo, fiero di essere "cittadino romano".  Saulo perseguitò i cristiani e approvò l'uccisione di Stefano,  il primo martire per Cristo, tanto da conservare i vestiti dei lapidatori. Ma poi, folgorato dalla verità, trasformato  nel  profondo da l’amore per Gesù e per la sua "buona  notizia", cambiò  nome in Paolo e predicò e insegnò e morì per lui.

Parola di Dio: Atti 12,1-11; Sal. 33; 2Tim. 4,6-8.17-18; Mt. 16,13-19

 

“RISPOSE SIMON PIETRO: TU SEI IL CRISTO IL FIGLIO DEL DIO VIVENTE”. (Mt. 16.16)

Certamente la festa di oggi ci riporta all’origine della nostra fede e ci invita a professare la stessa fede di Pietro  nel Cristo, il Figlio del Dio vivente, riconoscendo nel vescovo di Roma il successore di Pietro che garantisce l’unità dei credenti; certamente pensare a Paolo e al suo apostolato ci sprona a trovare l’entusiasmo per la testimonianza, ma questa festa può anche farci fare una riflessione piccola, che però ritengo importante e rasserenante. Si può essere santi ed avere idee diverse? Leggendo ormai da sei mesi le piccole biografie dei santi che premetto ad ogni giornata di “Schegge e scintille”, penso vi siate resi conto che ci sono tanti modi di vivere la santità e che possono manifestare Gesù Cristo sia vescovi e papi, sia umili ragazze, sia monaci e suore  alcuni votati fin dall’infanzia, altri arrivati alla fede dopo esperienze diverse, laici e bambini. Si può diventar santi in secoli di Inquisizione, come nei momenti delle rivoluzioni, si può essere santi nei momenti di pace o in mezzo alle guerre, si può sottolineare maggiormente il valore della sofferenza o quello della gioia… Pietro e Paolo sono molto diversi, uno è un pescatore dalla cultura molto limitata, ma capace di concretezza, l’altro è un fine uomo di cultura, il primo manifesta i suoi sentimenti in modo evidente, l’altro li ha affinati alla luce dell’ebraismo, uno è credente, in cerca di un Messia che ancora non sa bene identificare, l’altro un integralista disposto ad uccidere pur di salvare il rigore della fede, uno ha la visione del Regno di Dio chiusa tra le mura del suo popolo l’altro sente l’urgenza della universalità. E questi due vengono anche a parole: Paolo in una delle sue lettere ci racconta del proprio rispetto nei confronti di Pietro e ci dice di essere andato a consultarlo per essere sicuro della fede che annunziava ma nello stesso tempo ci dice anche di essersi opposto a lui a viso aperto. Ecco allora la risposta alla nostra domanda: la santità non è uno stampino o una sopravveste uguale per tutti che possiamo indossare per essere tutti uguali davanti a Dio; l’unità non significa uniformità. Dio ci ama come siamo. Ognuno di noi è unico, ciascuno ha le sue radici, ognuno di noi è la storia dei propri avi, ognuno poi è stato forgiato dalla storia della propria vita, abbiamo ciascuno doni diversi, ciascuno di noi vive in situazioni diverse e con persone diverse e se Dio ama ciascuno in modo particolare anche la nostra risposta a Lui dovrà essere una risposta personale e particolare. La cosa che però ci accomuna è che vogliamo amare il Dio di Gesù al di sopra di ogni altra cosa. Puoi essere come Pietro, con un carattere impulsivo e riuscire a farti santo, puoi essere come Paolo e riuscire a farti santo nonostante la tua cultura, puoi sedere sul soglio di Pietro e cercare di farti santo come puoi essere casalinga sconosciuta e sapere che puoi amare Dio con tutto il tuo cuore. Nel cuore di Dio c’è spazio per tutti purché ci si senta amati da Lui e si voglia corrispondere a questo amore. E si possono avere anche idee diverse? La fede è una, Pietro è segno e garanzia di unità, ma per tutto il resto Dio non ci chiedere di vendere la nostra testa e la nostra storia all’ammasso. Se si mantiene la carità e l’amore e non l’interesse personale, è addirittura un dono avere idee diverse perché esse ci possono spronare ad amare meglio sia il Signore che i fratelli.

 

 

LUNEDI’ 30 GIUGNO

Una scheggia di preghiera:

 

E’ GRANDE, SIGNORE, LA TUA MISERICORDIA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MARTIRI DI ROMA

Intorno all’anno 100 lo storico Tacito, pagano, scrisse che Nerone dopo aver incendiato Roma “per far tacere le voci che lo accusavano, discolpò se stesso accusando e sottoponendo ai supplizi più atroci quelle persone che il popolo chiamava cristiani” Nel 64 infatti numerosi cristiani furono o crocifissi o bruciati vivi nei giardini di Nerone. Molti affermano che Pietro fosse tra loro.

Parola di Dio: Gen. 18,16-33; Sal. 102; Mt.8,18-22

 

“SIGNORE, PERMETTIMI DI ANDARE PRIMA A SEPPELLIRE MIO PADRE”. GESU’ GLI RISPOSE: “SEGUIMI E LASCIA I MORTI SEPPELLIRE I LORO MORTI”.

(Mt. 8, 21-22)

Ci sono alcune frasi di Gesù che appena lette ci sembrano difficili da conciliare con la stessa figura del Redentore e con l’insegnamento di tutto il Vangelo. Qui Gesù, ad una persona che gli chiede di poterlo seguire, ma che prima gli conceda di essere libero dai propri impegni familiari, risponde a prima vista dicendo quasi che i doveri familiari nei  confronti dei genitori siano “cose da morti”, ben lontane dal Regno. Eppure Gesù ha invitato sempre ai valori della famiglia e solo nel capitolo precedente (Mt. 7,10) aveva criticato duramente coloro che con le loro speculazioni religiose si credevano dispensati dall’aiuto ai genitori anziani. Che cosa vuol dunque dirci Gesù?

Prima di tutto che seguire Lui non è uno scherzo, non è una cosa da prendere alla leggera.  Per essere suoi discepoli veri non basta lo slancio iniziale che ci porta a dire come lo scriba del Vangelo di oggi: “Ti seguirò ovunque tu andrai”, occorre la costanza, l’impegno giornaliero, si tratta di orientare tutta la propria vita non soltanto sull’osservanza di qualche norma, ma sull’aderire alla persona stessa di Gesù, si tratta di sapere che non lo si segue per il  successo ma che con Lui prima di arrivare al premio si sale su una croce. Gesù certamente non è come certi predicatori o procacciatori di vocazioni che fanno tutto facile, che vedono solo onori e sicurezze nelle scelte di discepolato, Gesù ci mette davanti la sua realtà: “Se vuoi accettarmi sappi che sono il Risorto – crocifisso, e se si accetta l’uno si accetta anche l’altro perché sono un'unica persona.” Seconda cosa Gesù non vuole assolutamente che il discepolo sia uno che ha rinunciato ai suoi sentimenti o uno talmente staccato dalla propria famiglia da dimenticarla, dice soltanto che il vero discepolo mette prima di tutto Dio e il suo regno e cerca di trasporre nella sua vita familiare, sociale e di comunità i valori stessi del Vangelo e non i valori “morti” del mondo. Io mi realizzo come discepolo di Cristo vivificando i miei rapporti familiari e umani con i valori e i doni della fede, quindi non è che non amo più i miei genitori, i miei familiari o il mio prossimo, tutt’altro!, li amo di più e nel modo vero perché li amo non soltanto con i miei poveri sentimenti umani, ma come li ama Dio, cercando davvero non solo per loro i beni effimeri della terra, ma il vero bene.

     
     
 

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