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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

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a cura di don Franco LOCCI

 

MAGGIO 2003

 

 

GIOVEDI’ 1 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

TU SEI CON NOI TUTTI I GIORNI, FINO ALLA FINE DEL MONDO. (Mt. 28,20)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIUSEPPE, Lavoratore, Santo sposo di Maria

Ricordando il lavoro di carpentiere di Giuseppe, pensiamo all’ambiente in cui Cristo ha voluto nascere, ha ricevuto la sua formazione umana ed ha vissuto trent’anni della sua vita. Questa festa voluta da Pio XII nel 1955 ci invita, guardando a Giuseppe, a ricercare sempre più un volto umano e giusto per il lavoro.

Parola di Dio: At 5, 27-33; Sal. 33; Gv. 3,31-36

Parola di Dio nella memoria del Santo: Gen.1,26 –2,3 oppure:Col.3,14-15. 17. 23-24; Sal. 89; Mt.13,54-58

 

“NON E’ EGLI FORSE IL FIGLIO DEL CARPENTIERE?”. (Mt. 13,55)

Iniziamo il mese di maggio e subito lo mettiamo non solo sotto la protezione di Maria a cui è tradizionalmente dedicato, ma anche sotto la protezione di Giuseppe che con il suo lavoro e la sua presenza attiva, silenziosa e amorosa ha permesso e agevolato lo svolgersi del compito della Santa famiglia nella storia della salvezza.

Gesù viene riconosciuto come “il figlio del carpentiere” ma quello che dovrebbe essere un segno dell’amore di Dio per l’uomo, quello che dovrebbe indicarci il modo di amare di Dio diventa invece per i conterranei di Gesù un segno di scandalo, di difficoltà a capire la persona stessa di Lui. Purtroppo succede spesso anche nel nostro modo abituale di vivere: magari fai di tutto per esprimere il tuo amore per una persona e i tuoi gesti vengono letti come gesti interessati, egoisti; magari taci per non offendere e il tuo silenzio viene interpretato come scontento; altre volte con le parole cerchi una soluzione favorevole all’altro e invece vieni interpretato malamente… Dio, per dirci quanto ci voleva bene ha mandato suo Figlio che si è fatto uno di noi in tutto, che è vissuto in una famiglia come le nostre, che ha dovuto affrontare prove, esilio, difficoltà del lavoro… e noi stentiamo a riconoscerlo perché lo vorremmo più Dio, più Onnipotente, più solutore dei nostri problemi con miracoli e opere prodigiose. Maria e Giuseppe invece hanno accolto il mistero di un Dio che girava per casa, che cresceva in casa loro, che dava la sua parte di fatica per il buon andamento della famiglia. Anche per loro non deve essere stato a prima vista facile vivere con questo mistero quotidiano, ma sia Maria che Giuseppe vivevano di fede: “Nulla è impossibile a Dio” aveva detto l’Angelo a Maria e i sogni avevano guidato le scelte di Giuseppe, loro si fidavano di Dio e allora pensate anche a quanto bella dovette essere la loro vita con Gesù per casa: vederlo crescere, sapere di essere chiamati a proteggere e formare la sua umanità, pregare con Lui, sperimentare davvero quel nome che l’Angelo aveva indicato: Emmanuele, Dio con noi. Se noi non pretendiamo un Dio a nostra misura, se non diciamo a Dio quello che dovrebbe fare, anche noi, nella fede, possiamo fare la stessa quotidiana esperienza. Dio è con noi: lo possiamo incontrare nell’Eucarestia, nella sua Parola, nei Sacramenti, nella preghiera, negli avvenimenti lieti e tristi, nelle persone che quotidianamente incontriamo… Gesù non ci lascia mai soli, è con noi fino alla fine dei nostri giorni, nei poveri, dove due o tre si riuniscono nel suo nome, è con noi nelle nostre feste è con noi con la consolazione, la forza e la speranza della sua croce nei momenti del dolore, è con noi anche nel momento della nostra morte per parlarci di vita. Dio per dirmi come e quanto mi vuol bene non ha preteso la mia fede e il mio amore a suon di miracoli ma scegliendo di essere il figlio del carpentiere  da allora non ha mai smesso di girar per la mia casa.

 

 

VENERDI’ 2 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

IL SIGNORE E’ MIA LUCE E MIA SALVEZZA, DI CHI AVRO’ PAURA? (Sal. 27,1)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ATANASIO, Santo, Patriarca

Atanasio (295—373)   aveva conosciuto fin da ragazzo la persecuzione di Diocleziano. Divenuto patriarca di Alessandria dovette difendere il suo gregge da un altro pericolo, quello dell’eresia ariana che negava la divinità di Cristo. Questo gli costò l’esilio per ben cinque volte successive.

Parola di Dio: At 5,34-42; Sal. 26; Gv. 6,1-15

 

“DOVE POSSIAMO COMPERARE IL PANE PERCHE’ COSTORO ABBIANO DA MANGIARE?”. (Gv. 6,5)

Nella vita di Gesù e nel Vangelo il pane ha un posto molto importante. Ieri pensavamo a Gesù “figlio del carpentiere”, quindi uno che certamente sapeva che il pane costava sudore e fatica. Gesù, poi, da bambino aveva visto Maria tutte le settimane impastare la farina e poi portarla al forno comune perché fosse cotta, sapeva per esperienza diretta che cosa volesse dire essere poveri e esuli in cerca di pane, magari amaro, in terra straniera, conosceva la storia del suo popolo e che cosa volesse dire attraversare il deserto bruciati dalla fame e dalla sete… Gesù vede la fame delle folle, la fame materiale ed anche la fame del desiderio di una parola che incoraggi, che riapra alla speranza… E Gesù anticipa con la moltiplicazione dei pani quello che sarà il suo dono: farsi Pane per noi. Nel deserto il pane di Dio era stata la manna qui è Dio stesso che si fa pane per il nostro cammino. Quel corpo che Maria ha generato nel mistero del suo corpo verginale è lo stesso corpo che soffrirà gli spasimi della croce e che sarà glorioso nella risurrezione, ed è lo stesso corpo che ci viene offerto nell’Eucarestia perché tutte le nostre povertà si cibino di Dio. Non so se ci avete mai pensato, facendo la Comunione: Maria ha vissuto una esperienza tutta particolare  specialmente in quei nove mesi in cui ha sentito in sé, in comunione perfetta, nascere e crescere il corpo di Gesù, ma noi ogni volta che facciamo la comunione abbiamo la stessa opportunità. Il Dio creatore dei cieli, il Dio morto e risorto per noi, entra in noi, si fa masticare da noi, diventa noi per donarci se stesso nella maniera più completa e più intima e chiede a noi, come a Maria di portarlo nel mondo. Se pensassimo a questo le nostre Eucaristie non sarebbero fatte guardando l’orologio, le nostre Comunioni non sarebbero determinate in primo luogo dalla nostra più o meno affermata purità legale, d’altra parte non andremo neanche con troppa superficialità a ricevere un dono così grande. Vi propongo un pensiero molto semplice che a me sovente è servito per vincere l’abitudine o la superficialità nell’accostarsi  all’Eucarestia. Prima di andare a ricevere Gesù chiedete a Maria che vi faccia ricevere Lui come Lei lo ha ricevuto. Poi provate a pensare quali siano stati i suoi sentimenti e atteggiamenti e cercate di ripeterli. Con una maestra del genere è difficile fare delle Comunioni con poco gusto e poco senso.

 

 

SABATO 3 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, MOSTRACI IL PADRE E CI BASTA. (Gv. 14,8)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ROSAZ  EDOARDO GIUSEPPE, Servo di Dio

Nasce a Susa il 15 febbraio 1830 da Romualdo Rosaz e Giuseppina Dupraz, settimo di otto figli. Sentì presto il desiderio di diventare sacerdote. Nel 1854 dopo alcune malattie che lo avevano impedito, riesce finalmente ad essere ordinato. Il centro della sua giornata era la celebrazione Eucaristica; grande spazio dedicava alla predicazione semplice nella forma ma ricca nella sostanza. Altro cardine del suo ministero era il confessionale dove, anche da Vescovo, passava molte ore. Un'altra attenzione che avrà per tutta la sua vita è la cura dei bambini e il catechismo. Amava Maria  e sovente si recava nei suoi santuari, predicava con gioia il mese mariano. Assecondò l’iniziativa con cui 130.000 fanciulli di tutta Italia raccolsero i fondi per una statua a Maria, “Vergine più candida della Neve” da mettere in cima al Rocciamelone e benedisse la statua che “governa montagne e valli”. Il 24 febbraio 1878 veniva ordinato Vescovo nella cattedrale di Susa. Non cambiò il suo stile di vita, aumentò solo i suoi impegni e le sue responsabilità. La sua casa era aperta a tutti. Visitò più volte la sua diocesi, si interessò alle vocazioni e al seminario, fu predicatore di esercizi spirituali per il clero e per i laici. Fu vicino alla sua gente in momenti difficili come il colera, valanghe, terremoti. Intanto la sua salute declinava e il 3 maggio 1903 moriva.

Parola di Dio nella festa dei santi Filippo e Giacomo: 1Cor.15, 1-8; Sal. 18; Gv. 14,6-14

 

“IO SONO LA VIA, LA VERITA’ E LA VITA”. (Gv. 14, 6)

E’ molto facile lasciarci confondere: spesso gli uomini pensano di conoscere le vie per una esistenza felice, credono che qualche legge possa garantire la verità e la giustizia e, stupidamente, si credono padroni della vita. In realtà non è così. Noi conosciamo molto poco di noi stessi, delle realtà che ci circondano e nonostante il grande progresso della scienza balbettiamo appena qualcosa in questo universo. Possiamo poi dire di cercare la verità ma non abbiamo la garanzia di possederla nella sua integrità, basta leggere un po’ di storia degli uomini per vedere come verità date per sicure in una certa epoca sono poi risultate fasulle in quella susseguente. Noi crediamo di poter gestire la vita, di poterla manipolare, ma ci rendiamo conto che noi siamo venuti al mondo senza che questo sia stato una libera scelta da parte nostra e che siamo vivi in questo istante e non sappiamo se avremo ancora la vita tra un momento? Dunque uno che afferma di essere la Via, la Verità e la Vita è uno che afferma di essere Dio. Ma questo Dio “si è fatto come noi, per farci come lui”, dunque è Gesù a comunicarci la vera Vita, quella che dura per sempre, anche dopo la morte, è solo in Lui che posso trovare la Verità ed è ancora Lui la strada per poterla raggiungere. Spesso noi andiamo in cerca di surrogati della vita, pensiamo che vivere consista nello star bene, nell’avere tante cose, confondiamo la Verità con le nostre piccole verità, ci affidiamo a personaggi strani come maghi e sedicenti profeti per cercare il senso della nostra vita, qualche volta siamo anche disposti a fare chilometri o a pagare pur di incontrare quella persona che riteniamo illuminata. Abbiamo Gesù e cerchiamo facili miracoli. Il segreto della vita è avere Colui che è la vita. Il mistero della verità e della giustizia è conformarsi a Colui che è la Verità e la Giustizia. E Gesù è venuto proprio per questo, per darci se stesso, la Vita, per indicarci con le sue scelte la Via per raggiungere la Verità.

 

 

DOMENICA 4 MAGGIO: 3^ DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA B

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI LA PACE DI CRISTO RISORTO. (Lc. 24,36)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

SILVANO, Santo, Vescovo e Martire

Era un soldato, ma la vita delle armi mal si accordava alle idee di pace e di amore che lo ispiravano. Silvano alfine scelse: abbracciò la causa cristiana facendosi sacerdote. Ma erano gli albori del IV secolo, a Cesarea: tempi non certo facili per i cristiani. Silvano venne arrestato e inviato nelle miniere di rame dove, dai deportati fedeli di Cristo, venne eletto vescovo di Gaza (Palestina). Morì decapitato, verso il 310, unendo la sua sorte a quella di altri 39 martiri.

Parola di Dio: Atti 3,13-15.17-19; Sal. 4; 1Gv. 2,1-5; Lc. 24,35-48

 

“STUPITI E SPAVENTATI CREDEVANO DI VEDERE UN FANTASMA”. (Lc. 24,37)

Una buona notizia, di solito, non spaventa, può però essere talmente strabiliante da suscitare stupore, meraviglia, timore. E’ quello che succede agli apostoli. Da una parte hanno avuto fiducia in Gesù credendo alle sue parole, ma l’impatto con sua condanna religiosa e civile, con l’apparente insuccesso del suo Regno, con la morte in croce, con il proprio tradimento e abbandono, li rendono vulnerabili. Vorrebbero che la risurrezione fosse vera, che le parole delle donne non fossero frutto di esaltazione, che la tomba vuota non fosse un estremo insulto al loro maestro, che quei due discepoli tornati di corsa da Emmaus non fossero visionari invasati: “ Come sarebbe bello se tutto fosse vero!” E poi appare Gesù… e la gioia si mischia al timore: “ Sarà proprio Lui o il fantasma delle nostre paure e dei nostri desideri?” Nella mia piccola esperienza personale e in quella di parecchie altre persone incontrate, mi sono reso conto che gioire pienamente è spesso difficile, non solo perché la gioia vera è rara, ma anche perché spesso noi non sappiamo gustarla. La gioia la si desidera, la si cerca e, quando la si trova, spesso siamo noi stessi ad impedirci di viverla in pieno: ci pare impossibile averla trovata, abbiamo paura di perderla nuovamente, ce ne sentiamo indegni… Anche nella fede abbiamo spesso paura di gioire. Quasi preferiamo (almeno inconsciamente) la religione delle sofferenze qui, per la gioia poi dopo, la religione delle paure a quella dell’amore. Stentiamo a credere nella misericordia immensa di Dio nei nostri confronti, preferiamo rifugiarci in norme e leggi che ci garantiscano un Dio sicuro piuttosto di fidarci di un Cristo che ci spinge a mete ed avventure sempre nuove. Gesù non si spaventa di questi dubbi, ma ci rincuora dicendo: “Toccatemi!” e “Mangiate con me”. Sembra suggerirci: Guarda che io sono vivo nella tua storia, nelle persone che incontri. Toccami in chi opera il bene, in chi soffre. Mangia alla mia mensa e non avere paura, lascia che la meraviglia si espanda nel tuo cuore, non temere di gioire. Anzi, mentre ti mando nel mondo, sia proprio la tua gioia nella mia buona notizia, a renderti vero testimone di me”.

 

 

LUNEDI’ 5 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI IL CIBO CHE NON PERISCE, QUELLO CHE DURA PER LA VITA ETERNA. (Gv. 6,27)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

PRINETTI FELICE ,Fondatore delle Figlie di San Giuseppe, Servo di Dio                 

Nacque a Voghera (Pavia) il 14 Maggio 1842. Si laureò ingegnere all’Università di Torino; fu sottotenente di artiglieria e poi capitano. Volontario nell’esercito del re di Sardegna prese parte alla guerra contro l’Austria. Ebbe però nella sua vita un incontro decisivo quello con il Padre Abbona che doveva partire per la missione in Birmania. Ne fu affascinato, lasciò l’esercito e il 23 Novembre 1873 entrò nel noviziato di Nizza Marittima degli Oblati di Maria Vergine di cui padre Abbona faceva parte. Il 23 Dicembre 1876 fu ordinato sacerdote. Prima fu insegnante a Nizza, poi fu segretario del vescovo di Cagliari dove diede vita ad una congregazione femminile composta di “donne generose che accettassero di consacrarsi al servizio del Signore e della Chiesa sotto il patronato di San Giuseppe”. Rientrò poi in Piemonte dove diresse un collegio di aspiranti alla Congregazione e dove resse la Chiesa di San Francesco di Assisi in Torino (1903-1906). Fu poi a Pisa ad aprire una nuova casa. Pastore instancabile, aperto a tutti i modi di evangelizzazione fu anche autore di libri di meditazioni e riflessioni. Morì a Pisa il 5 Maggio 1916.

Parola di Dio: Atti 6,8-15; Sal. 118; Gv. 6,22-29

 

"PROCURATEVI NON IL CIBO CHE PERISCE MA QUELLO CHE DURA PER LA VITA ETERNA E CHE IL FIGLIO DELL’UOMO VI DARA' ". (Gv. 6, 27)

Per renderci conto della portata di questa parola di Gesù nei nostri confronti basta farci qualche semplice domanda: “Oggi, nella mia giornata, quali saranno le più gravi preoccupazioni? Nella mia vita per che cosa sto correndo, impegnandomi, lavorando?”  Se rispondiamo con onestà a queste domande, noi vediamo che la maggioranza dei nostri sforzi sono per le cose. Spesso il lavoro è soprattutto per avere denaro, perché il denaro serve a vivere e il denaro dà benessere; siamo poi preoccupati per la nostra salute e spesso spendiamo molto danaro e tempo per la salute del nostro corpo. Altro tempo poi lo spendiamo per apparire, per avere successo e anche per ritagliarci il nostro piccolo spazio di potere e spesso anche negli affetti siamo più preoccupati per l’amore che essi ci possono dare che non per il valore in se stesso dell’amore. Quando vogliamo esprimere ad un amico il nostro augurio gli diciamo: “Che tutto ti vada bene”, ed in quello spesso pensiamo al suo benessere fisico e materiale. Ma tutte le cose, almeno materialmente, finiscono. I soldi e le cose che abbiamo messo da parte finiscono e  se non finiscono nella nostra vita non sono più nostre dopo la morte; il corpo, anche il più ben curato, ha delle sue date di scadenza  che forse la medicina può allungare un poco ma che arrivano inesorabili; anche negli affetti basta un nulla perché siano modificati o finiscano. Qual è dunque il cibo che non perisce? E Dio, è Gesù e in Lui allora anche tutto il resto assume un valore di eternità. Anche noi credenti spesso corriamo il rischio di considerare Dio e Gesù e il Suo Spirito come una delle tante cose della nostra vita. Sappiamo che c’è, ci rivolgiamo a lui magari nelle necessità, ce lo teniamo buono con qualche preghiera e speriamo che, se ci sarà un’eternità, sia buono e misericordioso con noi. No! Dio non è una delle tante cose, Dio è la mia vita: se Lui non mi avesse pensato dall’eternità, io non ci sarei, se Lui non mi sostenesse con il suo pensiero e con il suo amore, io cesserei di esistere. Dio è la vita stessa e allora solo in Lui ha senso il mio lavorare, il mio preoccuparmi per le persone e per le cose perché solo in Lui le cose e le persone hanno il loro vero senso, quello dell’eternità. A me non piace pensare a questa vita come un esilio in attesa del ritorno in patria, penso che Dio voglia la mia gioia già in questa vita e ci metto tutta la mia parte per cercare la mia e l’altrui felicità, ma cammino sapendo che non tutto finisce qui con un lasso più o meno lungo di anni di buona salute, di cose che vanno bene per i fortunati e male per gli altri. E’ vero: la vita è un mistero ma chi vive questa vita con Dio, vive già la vita eterna.

 

 

MARTEDI’ 6 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

TU SEI IL PANE DELLA VITA, CHI VIENE A TE NON AVRA’ PIU’ FAME. (Gv. 6,35)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

DOMENICO SAVIO, Santo

Domenico Savio nacque a Riva di Chieri il 2 Aprile 1842 da Carlo Savio e Brigida Agagliate, e fu battezzato lo stesso giorno. Domenico frequentò le scuole elementari a Castelnuovo e poi a Mondonio, dove si era trasferita la famiglia. L’8 aprile 1849 giorno di Pasqua, Domenico fece la Prima Comunione,  L’incontro di Domenico con S. Giovanni Bosco ebbe luogo ai Becchi, presso la casa nativa del santo educatore, il 2 ottobre 1854, e il 29 dello stesso mese Domenico entrava nell’oratorio di Valdocco in Torino. In occasione della proclamazione del dogma dell’Immacolata (8 dicembre 1854). S. Giovanni Bosco attesta: “La sera di quel giorno, compiute le sacre funzioni in Chiesa, col consiglio del confessore, Domenico andò avanti all’altare di Maria, rinnovò le promesse fatte nella prima Comunione, e poi disse: “Maria, vi dono il mio cuore: fate che sia sempre vostro, Gesù e Maria, siate voi sempre gli amici miei! ma per pietà, fatemi morire piuttosto di commettere un solo peccato”. Nella primavera del 1855 intesa una predica di S. Giovanni Bosco sulla santità, non ebbe più pace e andava ripetendo che doveva farsi santo e presto, altrimenti gliene sarebbe mancato il tempo. Da quel tempo fino alla morte fu quindi esemplare in tutto, e si notò in lui una pietà straordinaria, unita ad una serena allegria, a uno zelo ardente per la salvezza dei compagni e anche  doni carismatici straordinari. L’8 giugno 1856, nove mesi prima di morire, fondò la Compagnia dell’Immacolata, di cui scrisse il regolamento che è testimonianza di un’alta spiritualità in un giovanetto di soli quattordici anni. Restò nell’Oratorio soltanto tre anni. Non reggendo più alla vita di studio e di collegio, fu deciso di rimandarlo presso la famiglia, che si era stabilita a Mondonio. Accolse la notizia, che era una condanna, con la consueta docilità, salutando i compagni con un “arrivederci dove saremo sempre col Signore.” A casa sua consolò i genitori. Li invitò a celebrare “eternamente le lodi del Signore”. Le ultime sue parole furono per il padre, che vedeva troppo addolorato: “Addio, caro Papà. Oh, che bella cosa io vedo mai!”  Era il 9 marzo 1857.

Parola di Dio: At. 7,51-8,1; Sal. 30; Gv. 6,30-35

 

“IL PANE DI DIO E’ COLUI CHE DISCENDE DAL CIELO E DA’ LA VITA AL MONDO” . (Gv 6,35)

Ci sono delle cose che noi non dimentichiamo mai nel nostro vivere fisico ma che sono talmente iscritte nel nostro dna da diventare automatiche. Ad esempio non ci dimentichiamo di respirare, se questo succede per una serie di cause fisiche, noi moriamo. Lo stimolo della fame e della sete ci ricordano il nostro bisogno di “combustibile” per vivere e per agire. Lo stesso stimolo sessuale è uno dei motivi di base perché la vita continui. Eppure con molta facilità e superficialità noi dimentichiamo di alimentare il nostro spirito. Ci lamentiamo che la fede è difficile, ma quanto spendiamo per alimentarla? Vogliamo che la nostra coscienza sia arbitro morale delle scelte della nostra vita, ma quanto alimentiamo la coscienza informandola rettamente? Dio, in Gesù, si è fatto parola e pane per noi, ma quanto noi sentiamo il bisogno di accostarci a queste due mense per avere in noi la vita di Figli di Dio? Come dicevamo già ieri, spesso siamo più preoccupati per le cose che per il senso delle cose, più preoccupati per la salute fisica, che per il senso della vita, preferiamo magari dedicare un ora del nostro tempo dall’estetista o dal parrucchiere per curare il nostro aspetto esteriore e “non abbiamo tempo” per andare a ricevere il Pane della vita. Non stupiamoci poi se la nostra vita diventa asfittica, se la nostra fede si inaridisce, se nel momento della prova non troviamo più la forza di Dio in noi. Io trovo che non ci sai nulla di più assurdo di quella frase dietro la quale spesso si mascherano alcune persone: “Io sono credente, non praticante”. Posso avere tutte le difficoltà che voglio a seguire la religiosità ufficiale spesso mal rappresentata, ma come posso vivere la vita di Figlio di Dio se non la alimento con i Sacramenti? Come posso dire di credere in Gesù Figlio di Dio se poi non utilizzo i segni che il Figlio di Dio mi ha lasciato perché la sua vita possa crescere dentro di me? Andare a ricevere i Sacramenti, cercare di ascoltare la Parola di Dio, dedicare tempo alla preghiera non è un qualcosa che serve a Dio: Dio è già grande in se stesso, non ha bisogno delle nostre lodi per esserlo di più! La preghiera, i sacramenti, L’Eucarestia sono un dono vitale per noi, trascurarli non è solo offendere chi per amore ce li ha donati, ma è anche soprattutto suicidare la nostra vita spirituale.

 

 

MERCOLEDI’ 7 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

GRANDI SONO LE TUE OPERE, SIGNORE. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

PALEARI FRANCESCO  Servo di Dio    

Era nato a Pogliano Milanese, da una famiglia povera il 22 ottobre 1863. Studiò dai Tommasini del Cottolengo e fu ordinato sacerdote il 18 settembre 1886. Era piccolo di statura, ma dotato soprattutto nell’insegnamento e nella direzione delle anime. Nel 1922 fu canonico onorario del Corpus Domini, come il Cottolengo. Fu insegnante nel seminario Cottolenghino e in quello dei Missionari della Consolata dell’Allamano. Fu per quaranta anni confessore e direttore spirituale del seminario diocesano. Fu anche provicario generale della Archidiocesi di Torino, ma non perse mai candore e schiettezza d’animo. A causa di una malattia cardiaca gli toccarono gli ultimi tre anni di vita in completa inabilità. Morì a Torino il 7 maggio 1939. La sua salma ora si trova al Cottolengo presso la salma del fondatore.

Parola di Dio: Atti 8,1-8; Sal. 65; Gv.6,35-40

 

“QUESTA E’ LA VOLONTA’ DEL PADRE MIO, CHE CHIUNQUE VEDE IL FIGLIO E CREDE IN LUI ABBIA LA VITA ETERNA; IO LO RISUSCITERO’ NELL’ULTIMO GIORNO”. (Gv. 6,40)

Spesso, nella mia vita di prete mi sono sentito porre questa obiezione: “Quando leggi certe pagine di Vangelo sembra evidente che Gesù ci abbia presentato la figura di un Dio Padre buono e misericordioso, un Dio che ci cerca, ci vuol bene, ci vuol donare se stesso, desidera la nostra gioia… poi ti trovi davanti ad altre pagine in cui Dio è terribile giudice, condanna a fuochi eterni ed inestinguibili… Allora come la mettiamo con la misericordia di Dio e con inferni pieni di anime brucianti?” Per rispondere a questa domanda basta partire dalla parola di Gesù che noi mediamo oggi. La volontà di Dio non è per la condanna dell’uomo, ma perché l’uomo sia salvo. Dio non è un cacciatore di peccatori, il suo occhio non ci spia dall’alto per poter cogliere ogni minimo segno di disobbedienza e per poterlo castigare, tutta la storia della Salvezza e soprattutto Gesù ci dicono della bontà di Dio nei nostri riguardi, del suo desiderio che la nostra vita si realizzi nel bene, dei suoi aiuti per combattere il male. “Ma allora l’inferno non esiste! Se Dio vuole bene ai suoi figli non li salverà tutti alla fine?” Un esempio forse può aiutarci a rispondere a questo interrogativo: immaginiamo di essere su una barca che improvvisamente, o perché mal governata o perché sono intervenuti fattori esterni, imbarca acqua e poi affonda. Noi ci troviamo in balia delle onde e stentiamo a nuotare. Si avvicina a noi un bastimento e ci viene lanciato un salvagente legato ad una cima per poterci issare a bordo, ma noi non vogliamo attaccarci a quel salvagente, o perché non ci fidiamo, o perché non ci piace la barca di soccorso o perché non vogliamo avere a che fare con dei salvatori. La colpa di chi è, se anneghiamo? Di chi è venuto in nostro soccorso o di noi che non abbiamo approfittato del salvagente?

 

 

GIOVEDI’ 8 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

MIA FORZA E MIO CANTO E’ IL SIGNORE, EGLI E’ STATO LA MIA SALVEZZA. (Es. 15,2)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

VITTORE Santo Martire

Nativo della Mauritania (attuale Marocco), insieme ai compagni Nabore e Felice, era soldato di stanza a Milano; ma nel IV secolo, l’imperatore Massimiliano pretendeva dai suoi soldati una scelta ben precisa: o Dio o l’imperatore. Vittore scelse Dio; venne arrestato e imprigionato per sei giorni senza poter mangiare né bere. Vittore confermò la sua scelta. Fu flagellato e riportato in carcere dove gli versarono piombo fuso nelle piaghe. Ma il Santo non cedette. Non rimase allora che lapidarlo.

Parola di Dio: Atti 8,26-40; Sal. 65; Gv. 6,44-51

 

“IO SONO IL PANE VIVO DISCESO DAL CIELO. SE UNO MANGIA DI QUESTO PANE VIVRA’ IN ETERNO E IL PANE CHE IO DARO’ E’ LA MIA CARNE PER LA VITA DEL MONDO” . (Gv. 6, 51)

Lo scopo di tutta la vita di Gesù è quello di farsi pane per noi. La sua incarnazione è il farsi tutto a tutti perché ciascuno accogliendolo abbia da Lui la vita eterna. E Gesù continua a dare questa possibilità di comunione a ciascuno di noi particolarmente nell’Eucarestia. Noi spesso non comprendiamo a fondo questo dono, ci arriviamo distratti, stanchi, slegati fra di noi. Eppure Lui è lì che ci attende, che ci chiama, che ci raduna da ogni parte, che ci fa suo popolo, sua famiglia. E’ Lui che ci accoglie, che ci rianima, ci illumina con la sua parola. Ci fortifica. Ci rende il vero senso della nostra vita. E’ il Signore che ci prepara il banchetto del suo Corpo e del suo Sangue e chiede il nostro modesto, umile, quasi insignificante contributo, perché ci vuole partecipi, attivi, corresponsabili. In ogni Eucarestia il Signore ci chiede con insistenza se noi lo amiamo, dimenticando i nostri tradimenti, le nostre inadempienze, le nostre infedeltà. In ogni Eucarestia il Signore ci coinvolge nella sua missione verso il suo gregge, anche se in maniera diversa gli uni dagli altri e ci ripete il suo invito: “Seguimi”. In ogni Eucarestia il Signore ci dona la forza, nonostante le difficoltà e le contraddizioni, di annunciare il suo nome, di proclamare  che Lui è il Cristo, il Signore, e di rimanere nella pace anche quando siamo oltraggiati per amore del suo nome, come avveniva per gli apostoli, per i primi cristiani, come avviene ancora oggi per gli autentici testimoni della fede.

 

 

VENERDI’ 9 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

               

TU SEI L’AGNELLO IMMOLATO E SEI DEGNO DI RICEVERE POTENZA E RICCHEZZA E SAPIENZA E FORZA E ONORE. (Ap. 5,12)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

REFFO  EUGENIO, Confondatore della Congregazione di San Giuseppe, Servo di Dio             

Nacque a Torino il 2 gennaio 1843, sempre a Torino studiò presso i Fratelli delle Scuole Cristiane e poi presso i Gesuiti di Massa Carrara. Ritornato a Torino studiò teologia al seminario Metropolitano e fu ordinato sacerdote il 26 maggio 1866. Fu giornalista di varie testate cattoliche tra cui in particolare “La Voce dell’Operaio” il periodico fondato dal Murialdo che diventerà “La voce del Popolo”. Fu Giuseppino e si diede da fare per la sua congregazione che allargò in Brasile e in Equador. Continuò a guidare la congregazione anche negli ultimi anni della sua vita pur essendo diventato completamente cieco. Morì il 9 agosto 1925.  Il suo corpo riposa nella chiesa della Salute a Torino.

Parola di Dio: Atti 9,1-20; Sal. 116; Gv. 6,52-59

 

“I GIUDEI SI MISERO A DISCUTERE TRA DI LORO: COME PUO’ COSTUI DARCI LA SUA CARNE DA MANGIARE?”. (Gv. 6, 52)

Continua anche oggi il discorso di Gesù sul pane di vita, per questo propongo a me e a voi alcune riflessioni di Carlo Carretto sull’argomento che sintetizzo dal suo libro: Il  Dio che viene. Sembrerebbe una fiaba e invece è la verità: Dio si è fatto pane nel Cristo. Dio viene a me nascosto in un pezzo di pane! L’Eucarestia è questa povertà di Dio, è questo nascondimento ravvicinato di Dio. A pensarci bene c’è da rimanere allibiti e comprendiamo le perplessità dei contemporanei di Gesù, eppure il Dio che si è fatto storia di amore nell’Antico Testamento, è diventato presenza visibile e toccabile in Gesù. Potrebbe bastare!. All’uomo che cerca il suo appuntamento con Dio  non mancano ora gli appuntamenti e i luoghi di incontro. Ebbene, l’inventività di Dio, la creatività di Dio ha trovato ancora un modo per concretizzare, attualizzare la sua Presenza in mezzo a noi, vicino a noi, a due passi da noi, dentro di noi. Si è trasformato in un pezzo di pane. Può essere difficile crederlo, ma Lui dal tabernacolo continua a dirmi: “Sono qui, non temere. Sono qui e ti amo, non aver paura dell’oscurità, sii bambino davanti alle mie parole. Io ho voluto diventare pane per farmi mangiare dagli uomini, perché mangiando me, mangino la vita eterna. Del resto perché trovi strano che io abbia voluto diventare pane per amore? Non hai mai fatto esperienza d’amore? Quando hai amato, amato veramente, non hai desiderato diventare pane per chi ami?” No, non è cosa strana l’Eucarestia: e la cosa più logica del mondo, è la storia del più grande amore che sia stato vissuto su questa terra da un uomo chiamato Gesù. Nell’Eucarestia ognuno lo può vedere, lo può toccare, lo può prendere, te ne puoi cibare perché l’Eucarestia è nutrimento. Gesù non è il capo del personale che mi osserva, è il fratello che mi nutre, è il cibo che mi trasforma. Mi cambia lasciandosi mangiare da me.

 

 

SABATO 10 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

LE TUE PAROLE SONO SPIRITO E VITA. (Gv. 6,63)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

FRODOINO, Abate della Novalesa, Santo. 

Era figlio del nobile franco Magafredo. Fu al monastero della Novalesa del quale fu abate dal 10 febbraio 773. Fu un grande amico di Carlo Magno. Infatti quando questi venne in Italia chiamato da papa Adriano in lotta con Desiderio re dei Longobardi, dopo aver varcato il Moncenisio trovò una forte resistenza alla Chiusa di San Michele. Ricoverò allora alla abbazia della Novalesa, ben accolto da Frodoino e di lì si preparò alla battaglia (immortalata nell’Adelchi del Manzoni). Incoronato a Roma, Carlo Magno sulla via del ritorno, dopo aver fatto larghe donazioni all’Abbazia, lasciò a Frodoino il proprio figlio Ugo affinché ne facesse un buon monaco (anche Ugo diventerà poi abate). Tra le donazioni di Carlo Magno al Convento ci fu anche il corpo di San Valerico (lo stesso che oggi è conservato nel santuario della Consolata a Torino). Frodoino morì in fama si santità nell’ 816.

Parola di Dio: Atti 9,31-42; Sal. 115; Gv. 6,60-69

 

“SIGNORE, DA CHI ANDREMO? TU HAI PAROLE DI VITA ETERNA; NOI ABBIAMO CONOSCIUTO E CREDUTO CHE TU SEI IL SANTO DI DIO”. (Gv. 6, 68-69)

L’uomo da sempre ha sentito il bisogno di comunicare e la parola è diventata il suo maggior mezzo per esprimersi, per accogliere il pensiero dell’altro, per rapportarsi. Ma se le parole sono un mezzo, a seconda di come esse vengono usate possono o costruire o distruggere, vendere o comprare, creare amore o creare odio, indicare una strada per il bene o spalleggiare il male. Noi, specialmente in questa nostra società delle “comunicazioni in tempo reale” siamo subissati da parole, parole che comunicano, parole che informano, parole che stordiscono, parole che ci indicano strade, parole di amicizia e parole di interesse, parole di fede e parole di malignità. Gesù non è un maestro “facile”. Le sue parole sul pane di vita, sul “farsi mangiare” sono incomprensibili Gli Apostoli stentano a farlo rientrare nelle proprie categorie. Ed ecco serpeggiano tra loro il dubbio, gli interrogativi, il malumore. Qualcuno deluso se ne va. Gesù sente profondamente la tristezza della incomprensione e chiede ai dodici: “Volete andarvene anche voi?”. La risposta di Pietro è bellissima. Pietro sa che le parole degli scribi sono parole vecchie, ripetute, inficiate di luoghi comuni, sa che le parole di sedicenti messia non sono comprovate dai segni che accompagnano quelle di Gesù, sa che è difficile trovare qualche persona che onestamente ti indichi parole di Verità e di Vita senza interessi personali e allora si fida di Gesù. E’ quasi se dicesse: “Io non vado più a cercare altre parole, io cerco una persona, cerco la Parola. Non capisco, ma mi fido di questa Parola, di questa Persona”. La fede è proprio lì: quando ci riesce difficile conciliare il Vangelo con la vita; quando Dio non rientra più nei nostri schemi; quando tutto sembra dirci: “Vale la pena credere?”; quando Dio sembra essere latitante davanti al nostro dolore o muto davanti ai tanti perché, ecco il momento favorevole per la fede. Non hai più nulla di tuo su cui appoggiarti, non rischi di farti un Dio su tua misura e allora puoi scegliere Lui, la sua parola. Non sai neppure dove ti condurrà... questo però è proprio il momento di fidarti di Lui.

 

 

DOMENICA 11 MAGGIO: 4^ DOMENICA DI PASQUA B

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE GESU’ NON C’E’ ALTRO NOME SULLA TERRA IN CUI VI SIA SALVEZZA. (At 4,12)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BERTILLA, Santa

Bertilla e Gualberto erano due sposi del VII secolo. Ebbero due figlie, Aldegonda e Valdertrude. Impostarono tutti e quattro la loro vita su valori evangelici e tutti si fecero santi. Bertilla e il suo sposo vengono onorati lo stesso giorno.

Parola di Dio: Atti 4,8-12; Sal. 117; 1Gv. 3,1-2; Gv. 10,11-18

 

“IL BUON PASTORE DA’ LA VITA PER LE SUE PECORE… CONOSCO LE MIE PECORE… ED HO ALTRE PECORE CHE NON SONO DI QUEST’OVILE…”. (Gv. 10, 11. 14. 16)

Ogni anno, nella quarta domenica di Pasqua siamo invitati a guardare a Gesù Buon Pastore. E’ Lui stesso che si proclama così. E’ un pastore che dà la vita: Egli non si è sottratto a nessun pericolo, a nessun impegno, non ha ceduto a nostro svantaggio. Ci ha consegnato la sua vita, ha versato il suo sangue per noi e continua a darsi, a consegnarsi nelle nostre mani: ci offre la sua parola, ci nutre con il suo Corpo e con il suo Sangue, ci guida per mezzo del suo Spirito e attraverso coloro che, in nome suo, continuano il suo servizio pastorale. Lui ci “conosce”. Cioè Lui ha un rapporto profondo, vitale con ciascuno di noi perché ci dona di partecipare alla sua vita, perché ci rende suoi fratelli, suoi amici, fa di noi dei tralci uniti alla vite fino a fare un tutt’uno, fa di noi delle membra unite al capo per formare un solo corpo. Ma l’amore di Gesù non si ferma solo “ai suoi”, il suo è un amore universale. Non si accontenta di avere molti fratelli, molti discepoli, molti seguaci: il suo sguardo e il suo cuore si rivolgono a tutti senza eccezione alcuna, abbracciano tutti, senza escludere nessuno. Egli non è il pastore soltanto dei cristiani, è il pastore di tutti, anche di coloro che non lo conoscono o non lo accettano come Salvatore. Ed ecco allora che Egli fa sì che noi possiamo partecipare al suo servizio pastorale ciascuno secondo i doni ricevuti. Se abbiamo capito l’amore particolare e universale di Gesù ciascuno di noi deve essere pronto a darsi senza riserve agli altri, prendendosi a cuore i problemi e i bisogni dei fratelli; il nostro rapporto con gli altri dovrebbe modellarsi su quello di Gesù, diventando sempre più attento, premuroso, cordiale, fraterno. Inoltre la nostra attenzione dovrebbe rivolgersi a tutti, vicini e lontani, desiderosi che ciascuno, in qualche modo, anche se misteriosamente,  possa incontrarsi con il Signore, l’unico Salvatore.

 

 

LUNEDI’ 12 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

TU SEI IL BUON PASTORE; CONOSCI LE TUE PECORE E LE TUE PECORE CONOSCONO TE. (Gv. 10,14)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

PANACEA (PANASIA), Beata     

Nacque a Quarona in Valsesia nel 1368 da Lorenzo de Muzzi e da Maria de’ Gambini. A tre anni le muore la madre. Il padre si risposò, ma la matrigna le fece subire ogni genere di soprusi. Pur essendo piccola, Panacea doveva provvedere a tutte le necessità della casa, dal guardare le pecore, al lavare, al filare, e tutto questo a suon di botte, tanto che una volta il padre rientrando la trovò tramortita nel pagliaio a causa delle botte prese dalla matrigna e dalla sorellastra. Tutto questo non fece però che aumentare in lei il desiderio di Dio a cui si rivolgeva con la preghiera più fervida. Una sera , aveva quindici anni, essendosi trattenuta più a lungo del solito sul colle a raccogliere legna e a pregare, ed essendo il gregge ritornato da solo, la matrigna corse al pascolo e trovata la ragazza che pregava la percosse sul capo con la pesante rocca per filare e poi con il fuso la colpi a morte. Era, molto probabilmente il 27 Marzo 1383. Da allora il culto di questa Beata si è tramandato ed è particolarmente diffuso nella diocesi di Novara.

Parola di Dio: Atti 11,1-18; Sal. 41 e 42; Gv. 10,1-10

 

“CHI NON ENTRA NEL RECINTO DELLE PECORE PER LA PORTA , E’ UN LADRO E UN BRIGANTE”. (Gv. 10, 1)

Continua anche oggi la lettura del brano di Giovanni dove Gesù si definisce sia Buon Pastore sia porta dell’ovile. Chi passa attraverso Lui può entrare e uscire, cioè fa parte del suo gregge convocato per essere il popolo di Dio e mandato ad annunciare al mondo la sua buona notizia. Bisogna però fare attenzione a passare solo attraverso Lui perché ci sono anche dei falsi pastori. Il vero pastore per Gesù è sempre una porta aperta che lascia entrare e uscire che invita a intraprendere un cammino. La porta infatti non è mai un punto di arrivo, non ci si ferma mai alla porta, si passa sempre oltre. I falsi pastori invece bloccano entro qualcosa di definitivo, fermano il cammino nel chiuso della propria esperienza, nell’ambito ristretto della loro logica, soprattutto sentono il dovere di attirare alla loro persona. La porta che è Gesù, è sempre una apertura verso un’esperienza nuova, verso una libertà senza confini, verso la novità, nonostante i rischi che tutto questo può comportare. Se seguiamo questo ragionamento scopriamo allora che la disgregazione della Chiesa non è tanto da imputare ai fedeli, ma ai pastori che hanno abusato del loro servizio. Il turbamento di tanti tra i discepoli di Gesù non è da imputare ai dubbi e alle idee diverse che circolano nella comunità cristiana, ma ai troppi pastori che hanno voluto prendere il posto di Dio e che cercano di fare propri discepoli gli uomini che invece devono passare oltre per andare al Padre attraverso la porta che è Gesù. Dobbiamo avere il coraggio di denunciare in casa nostra gli abusi del potere non tanto per polemizzare o aggredire, ma per amore della libertà che Dio ha lasciato ad ogni uomo. Il Vangelo non è la difesa di un diritto, né del gregge, né dei pastori, ma vuole invece proclamare il diritto di vivere il messaggio di Gesù nella propria storia e nella storia del mondo.

 

 

MARTEDI’ 13 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

                                   

SEI TU, GESU’, CHE MORENDO HAI DISTRUTTO LA MORTE E RISORGENDO HAI RIDATO LA VITA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GARBEROGLIO GIOVANNI, (Fratel Teodoreto). Servo di Dio 

Nacque a Vinchio d’Asti il 9 febbraio 1871. Dopo aver superato alcune difficoltà postegli dalla famiglia, entrò nella Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane dove prese il nome di Fratel Teodoreto. Eserciterà il suo ministero soprattutto nelle varie case di Torino. Fondò i Catechisti del Santissimo Crocifisso e di Maria Immacolata che, pur mantenendo i propri impegni di vita laicale, coadiuvavano l’opera dei catechisti. Culmine della sua attività fu l’aver fondato la casa di carità Arti e mestieri di Corso Benedetto Brin. Morì il 13 maggio 1954,

Parola di Dio: Atti 11,19-26; Sal.86; Gv. 10,22-30

 

“LE MIE PECORE ASCOLTANO LA MIA VOCE E IO LE CONOSCO ED ESSE MI SEGUONO” . (Gv. 10,27)

In questi giorni abbiamo puntato il nostro sguardo su Gesù Buon pastore, ma se Lui è la nostra “porta”, la nostra guida, noi abbiamo dei doveri come pecore del suo gregge. Il vangelo di oggi riassume i compiti delle pecore di Gesù con due verbi: Ascoltare e Seguire, ascoltare non vuol dire solo “stare a sentire”, ascoltare la sua voce come una delle tante voci,  bisogna che la sua parola ci penetri dentro, metta in discussione, provochi delle reazioni. Ascoltare la sua voce vuol dire amare la sua parola, cercare la sua parola, leggere e meditare la sua parola, scoprila come una parola viva che ci sprona ad incarnarla nel quotidiano. E allora ascoltare la parola di Gesù significa anche mettersi in cammino e quindi seguirlo. Seguire Gesù non significa conoscere tutte le  sue leggi e rispettarle, rigar diritto, andare in processione, si tratta di camminare dietro a Lui nella speranza . Si tratta di saper usare la propria testa, i doni che ci sono stati dati, ma di indirizzarli come ha fatto Lui, di mettere i piedi sui sentieri che ha seguito Lui, anche quelli che conducono al Calvario. Essere il gregge di Cristo non significa essere intruppati, camminare a testa bassa, considerarsi dei perdenti, è invece iniziare ogni giorno, magari anche a novant’anni, un’avventura nuova con Lui con la certezza che non solo non ci tradisce ma ci conduce verso la realizzazione delle sue promesse.

 

 

MERCOLEDI’ 14 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, FA CHE CI AMIAMO GLI UNI GLI ALTRI, COME CI HAI AMATO TU. (Gv. 15,12)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

CLARET DE LA TOUCHE MARGHERITA CELINA

Fondatrice della Congregazione delle Suore di Betania e del Sacro Cuore, serva di Dio.

Nacque a Saint Germain en Laye il 15 marzo 1868.  A 22 anni entrò nella Visitazione di Valenza (Dipartimento della Dorme). Il 6 Marzo 1906 la sua comunità dovette emigrare in Piemonte. Giunge dunque a Revigliasco il 6 maggio di quell’anno. Ma nel 1909 ecco un nuovo trasferimento: le suore devono spostarsi a Mazzè (Ivrea). Di qui in avanti il vescovo di Ivrea avrà grande influenza su di lei. La vorrà superiora a Parella. Poi le chiederà di fondare una seconda casa a Vische Canavese. Qui essa resterà fino alla morte, il 14 maggio 1915. Operò nello spirito di san Francesco di Sales, offrendo se stessa per la santità dei sacerdoti. Tra le sue opere ricordiamo “Il Sacro cuore di Gesù e il Sacerdote” e il “Libro dell’amore infinito”.

Parola di Dio nella festa di san Mattia:  Atti 1,15-17.20-26; Sal. 112; Gv. 15,9-17

 

“QUESTO VI HO DETTO PERCHE’ LA MIA GIOIA SIA IN VOI E LA VOSTRA GIOIA SIA PIENA” (Gv. 15,11)

In certi momenti della nostra vita e della nostra storia questa frase di Gesù sembra essere assurda. E’ difficile essere nella gioia, avere gioia, quando vedi attorno a te tante sofferenze, quando subisci ingiustizie palesi, quando vedi il male e l’odio avere sempre il sopravvento, quando la finale bella è solo quella delle telenovela o dei romanzi romantici. Eppure la gioia che Gesù annuncia e porta è reale. La sua non è la gioia delle cose che oggi ci sono e domani non più, la sua non è la gioia delle risate perché spesso esse nascondono soltanto le realtà, la sua è una gioia profonda. Voglio raccontarvi un fatto. In una delle parrocchie dove sono stato (forse alcuni dei lettori lo ricorderanno) c’era un “matto”, si chiamava Luigi ed era uno dei dimessi dagli ex ospedali psichiatrici. Era un uomo grande e grosso e per un bicchiere di vino era disposto a qualunque cosa. Era un po’ il terrore di noi preti perché entrava in chiesa mentre magari stavi dicendo messa e si metteva a fare due o tre capriole davanti all’altare ripetendo sempre la stessa frase: “solo i buoni vedono i colori, i cattivi non vedono i colori”. Quando non ci si arrabbiava si sorrideva delle sue stranezze, e vi dico che per un certo periodo questa frase era stata presa come motteggio per indicare le stranezze di Luigi e di altre persone. Ho però avuto poi motivo di pensare a questa frase ed ho scoperto la saggezza profonda del messaggio di un “matto”. E’ vero che chi è buono dentro riesce a vedere la vita nei suoi colori anche quando gli altri vedono solo grigio e nero. E’ vero che chi si sente amato da Dio riesce sempre a spandere attorno a se un po’ di amore, come è altrettanto vero che chi è chiuso in se stesso, chi è legato alle cose e alla paura di perderle vede tutto “in bianco e nero”, è pessimista, trasmette negatività, è privo di ogni entusiasmo, è cattiva compagnia. Se divento cosciente dell’amore che Dio ha per me, della sua stima, del suo perdono, della fiducia che ripone in me, non posso non aver gioia: Dio, il Creatore, il Sapiente, l’Unico, mi ama di un amore totale e personale, e me lo ha dimostrato e dimostra attraverso suo Figlio Gesù. Posso ancora essere pessimista, triste, posso ancora sentirmi solo? E se io sono amato così, posso tenermelo per me solo o non devo sprizzare gioia da tutti i pori? Il mondo ha bisogno della mia gioia... Nel mondo c’è il grande contagio del possedere, della tristezza, io ho l’antidoto della gioia e ce l’ho in abbondanza; perché non regalarlo? Se farò così scoprirò un’altra meraviglia: donare gioia non ci impoverisce di essa, anzi, ce la moltiplica.

 

 

GIOVEDI’ 15 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

SEI TU, SIGNORE, IL TESTIMONE FEDELE, IL PRIMOGENITO DEI MORTI. (Apoc. 1,5)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ARIBERTO, Santo, Vescovo di Tortona  

Di lui non si sa nulla di sicuro. Secondo alcune fonti sarebbe stato il secondo vescovo di Tortona nei primi secoli. Altri invece pensano che a quell’epoca la diocesi di Tortona non ci fosse  e credono che Ariberto fosse un certo Eriperto  vescovo nel 984. Altri ancora pensano che sia il vescovo Roberto del VIII secolo.

Parola di Dio: Atti 13,13-25; Sal 88; Gv. 13,16-20

 

“UN SERVO NON E’ PIU’ GRANDE DEL SUO PADRONE. NE’ UN APOSTOLO PIU’ GRANDE DI CHI LO HA MANDATO”. (Gv. 13,16)

Sarà capitato anche a voi, se bazzicate chiese, parrocchie o gruppi ecclesiali, di incontrare tante persone che, ‘in tutta umiltà’ pensavano di essere più grandi di Gesù Cristo, magari vescovi e  preti che avevano preso talmente sul serio la propria responsabilità da credere di essere indispensabili e che manifestavano che chi non la pensava come loro era fuori dalla Chiesa e dalla salvezza o tanti laici che, "consapevoli del ruolo che la chiesa postconciliare aveva affidato loro" erano diventi più clericali di certo clero, più sacrestani del sacrestano  (che nel frattempo è andato in disuso). L’errore è sempre lo stesso, e noi, con somma gioia del tentatore, ci cadiamo abitualmente. Gesù è venuto per servire, non per comandare, Gesù è venuto a proporre e non ad imporre, Gesù è venuto a perdonare e non a giudicare insindacabilmente, Gesù è venuto a chiamare per servire e non a creare una gerarchia di comando, Gesù è venuto a lavare i piedi e non a far strisciare sotto i piedi, Gesù è venuto a farsi pane, non a mangiare il nostro pane…, il cristiano, allora, dovrebbe essere servo del fratello, uomo di proposta e non di imposizione, persona che non giudica  ma che offre, uomo disposto a lasciarsi mangiare dai fratelli…

Ridimensionarci non può che farci bene sotto tanti aspetti. Per prima cosa ci rendiamo conto che al mondo, anche nel cammino della fede, non ci siamo solo noi, ma ci sono tanti altri e che è bello essere tutti originali ma nessuno indispensabile. E poi, per me, è anche estremamente rasserenante il pensare che io devo mettercela tutta per il Regno di Dio, ma che dopo aver fatto la mia parte c’è ancora Dio che lo fa andare avanti.

 

 

VENERDI’ 16 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

TU, GESU’, HAI FATTO DI NOI UN REGNO DI SACERDOTI PER IL NOSTRO DIO. (Apoc. 5,10)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GEMMA, Santa

Nata a Borgonuovo di Camigliano (Lucca) il 12 marzo 1878, ebbe una vita misteriosa e tormentata. Provata da molte malattie soffri nel corpo e nell’anima. A 8 anni, orfana di madre, già accudiva ai sette fratelli. Perennemente ammalata, venne respinta la sua domanda d’entrare in convento. L’8 giugno 1899 ricevette le stigmate. Tra dilanianti sofferenze, malattie, tormenti, Gemma seppe mantenere fino alla fine sorriso e buonumore. Morì giovanissima a soli 25 anni nel 1903.

Parola di Dio: Atti 13,26-33; Sal.2; Gv. 14,1-6

 

“IO VADO A PREPARARVI UN POSTO; QUANDO SARO’ ANDATO E VI AVRO’ PREPARATO UN POSTO, RITORNERO’ E VI PRENDERO’ CON ME, PERCHE’ SIATE ANCHE VOI DOVE SONO IO” . (Gv. 14, 2-3)

Chissà quante volte abbiamo fantasticato a proposito di questo posto che Gesù ci ha promesso.

Qualcuno si immagina un paradiso come un luogo dove finalmente si possono portare a compimento tutti i desideri che non si sono realizzati sulla terra, qualcun altro lo vede come una contemplazione gioiosa e continua di Dio, qualcuno lo considera riposo e qualcuno dice che passare tutta un’eternità solo a contemplare deve essere di una noia terribile, qualcuno poi dice di sperare che ci sia un paradiso, ma dallo sperare al credere…,qualcun altro dice di averne le prove perché nelle sedute spiritiche… Io spero e credo che un paradiso ci sia: ce lo ha detto Gesù, il Figlio di Dio che non racconta bugie e non distribuisce caramelle per ingannarci. Come sia in effetti non lo so e non mi preoccupo neppure troppo di saperlo, mi fido di Dio che se è già così grande nelle cose della natura, che pure è limitata, quanto sarà ancora più grande e meraviglioso nell’eternità.  Ma poi faccio ancora un ragionamento: Gesù ha detto che verrà a prenderci perché “dove sono io siate anche voi” e allora scopro che già oggi io posso essere là dove è Gesù, non solo per la comunione di preghiera con Lui che può iniziare già nel tempo, ma anche perché Gesù continua ad essere in mezzo a  noi uomini in mille modi: io, se voglio posso vederlo sia nel povero che nella Eucarestia, sia nella comunità cristiana riunita nel suo nome che nel profondo del mio cuore. E allora, se riusciamo ad essere in comunione con Gesù in questo mondo non è già un po’ anticipare il Paradiso?

 

 

SABATO 17 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

FA’ CHE SIAMO FEDELI ALLA TUA PAROLA E DIVENTIAMO TUOI VERI DISCEPOLI. (Gv. 8,31)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

RESTITUTA MATRONO, Madre di S. Eusebio di Vercelli, Santa

Sembra del tutto fittizia la storia di questa santa dovuta alla facile fantasia di un agiografo del VIII secolo per ingrandire  oltremisura la vita si sant’Eusebio. Racconta così: la madre di Eusebio si chiamava  Restituta. Aveva due figli Eusebio ed Eusebia. Rimasta vedova portò a Roma  i bue bambini che furono battezzati dal Papa Eusebio. Tornata in patria vi subì il martirio. Niente comprova questa storia come neanche le reliquie di una Santa Restituta  venerata a Cagliari . Probabilmente Restituta fu una martire uccisa a Cartagine sotto il proconsole Anolino.

Parola di Dio: Atti 13.44-52; Sal. 97; Gv. 14,7-14

 

“IN VERITA’ VI DICO: ANCHE CHI CREDE IN ME COMPIRA’ LE OPERE CHE IO COMPIO E NE FARA’ DI PIU’ GRANDI” . (Gv 14, 12)

È questa una di quelle affermazioni di Gesù che appaiono più sbalorditive: come mai i suoi discepoli potranno fare opere come le sue o addirittura superiori alle sue? Intanto, per prima cosa, Gesù dice che solo chi crede in Lui, chi è unito a Lui e vive della sua vita, è in grado di compiere le opere che Egli compie, anzi ne farà di più grandi. Come si vede, Gesù non intende parlare qui di qualsiasi azione, ma di quelle che compie Lui, in continuità cioè con tutto ciò che Egli ha fatto, per riaprire agli uomini la comunione col Padre, per comunicare loro la salvezza. E non significa che i discepoli saranno superiori al Maestro, perché, attraverso il loro operare, è Gesù stesso che, anche dopo il suo ritorno al Padre, continua ad agire nel mondo. Dipende da noi che Gesù ripassi oggi sulla terra a compiere l'opera sua: Egli agisce mediante noi, se lo lasciamo fare. Anche per la sua prima venuta sulla terra Dio ha chiesto il consenso di Maria, una di noi. Maria ha creduto: ha aderito totalmente ai piani del Padre. E quale «opera» ha fruttato la sua fede? Per il suo “sì”, “il Verbo si è fatto carne” in lei ed è stata resa possibile la salvezza dell'umanità. Abbiamo anche noi una grande responsabilità: dobbiamo credere in Gesù perché Egli possa vivere in noi e operare tramite noi. Dobbiamo accogliere e mettere in pratica le sue Parole, che si sintetizzano nel comandamento dell'amore. Dimentichiamo noi stessi e mettiamoci ad amare come ha amato Lui, con un amore che non misura. E, sulla tomba del nostro io, vivrà ogni giorno di più il Risorto, con la sua potenza, la sua luce, la sua gioia, in ciascuno di noi e in mezzo a noi. Il mondo ha estremo bisogno di questa sua presenza. Sia questa l'opera nostra, l' “opera più grande”: vivere in modo da offrire, a quanti incontriamo, il Risorto vivo in noi e in mezzo a noi. In Lui tanta parte di umanità troverà ciò che fuori di Lui è vano cercare: la speranza, il bene, la verità, l'unità, la pace. E con Lui lavoreremo alla trasformazione vera del mondo.

 

 

DOMENICA 18 MAGGIO: 5^ DOMENICA DI PASQUA B

Una scheggia di preghiera:

 

A TE LA MIA LODE, NELL’ASSEMBLEA DEI FRATELLI. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

LEONARDO MURIALDO, Santo

Leonardo Murialdo nacque a Torino il 26 ottobre 1828 da una famiglia benestante di forti tradizioni cristiane che lo educò fin dall’infanzia ad un amore concreto verso i poveri. A 18 anni, al termine di una crisi giovanile decise di farsi sacerdote e si avviò agli studi teologici nell’Università di Torino. Ordinato sacerdote il 20 Settembre 1851, iniziò il suo Ministero Sacerdotale in un ambiente agitato da fermenti sociali, religiosi e politici, collaborando attivamente a tutta una fioritura di attività apostoliche a fianco di uomini come S. Giuseppe Cafasso e Don Bosco, dal quale gli fu affidata la direzione dell’Oratorio di “San Luigi”. Qui spese quasi per un decennio tutto se stesso, il suo tempo e il suo denaro, dando vita e sviluppo ad ogni sorta di attività ricreative e formative a favore dei ragazzi sbandati e turbolenti della zona. Nel 1866 rinunciando agli agi della sua condizione sociale accettò di divenire Rettore del collegio degli Artigianelli in Torino, una istituzione per i ragazzi poveri e abbandonati. Il Murialdo collaborò attivamente alla fondazione delle “Unioni Operaie Cattoliche” e a diversi organismi e servizi sociali, prodigandosi per ottenere una legislazione sociale più umana e più giusta. Fu lui a promuovere a Torino nel 1883 la fondazione del primo giornale Cattolico italiano per i lavoratori, “La Voce dell’Operaio”, esteso più tardi ad una più vasta cerchia di lettori e tutt’ora fiorente, come settimanale Cattolico Torinese, col nome di “Voce del Popolo”. Per dare stabilità ed efficacia alle opere da lui iniziate per la gioventù povera, fondò a Torino, il 19 Marzo 1873, la congregazione di San Giuseppe (Giuseppini del Murialdo). All’inizio del nuovo secolo il 30 Marzo 1900 a 72 anni, il Murialdo concluse il suo cammino terreno.

Parola di Dio: Atti 9,26-31; Sal. 21; 1Gv. 3,18-24; Gv. 15,1-8

 

“IO SONO LA VERA VITE … RIMANETE IN ME E IO IN VOI” (Gv. 15,1.4)

Gesù si paragona alla vite e afferma che noi siamo i tralci. Con questa immagine vuole indicarci la profonda e intima unione che esiste fra noi e Lui. Non è immaginabile una comunione più ricca. Nell’alleanza, nell’amicizia, nel matrimonio, si creano legami fortissimi, però rimane una distinzione fra le persone. La vite e i tralci, invece, formano un tutt’uno. E’ il Signore che ci unisce a sé, non siamo noi a scegliere Lui e a tentare questo legame. Per questo è insistente il richiamo di Gesù: “Rimanete in me e io in voi”. Si tratta di dimorare in Lui, di permettere che la sua parola rimanga in noi. Questa è l’esigenza fondamentale per ogni discepolo e questa è la condizione essenziale per portare frutto, adempiendo così alla missione di testimonianza che ci è affidata. Questo legame dei tralci con il tronco della vite è comunione con il Signore, ma è anche comunione tra i tralci stessi che si intrecciano tra loro e formano un cuor solo e un’anima sola. Comunione perciò con il Signore e comunione nella comunità dei credenti di cui facciamo parte. Se diminuisce la prima, si indebolisce anche la seconda e viceversa.

Questo nostro rimanere nel Signore diventa poi la glorificazione del Padre che è il vignaiolo. Egli ama la vite, ne ha cura, tanto che anche la potatura dei tralci è un gesto della sua premura verso di noi, perché Egli vuole che noi gioiamo sempre di più nel portare frutti belli e buoni. Anche in questo rimanere nel Signore ci è esempio Maria. La sua comunione con la volontà del Padre è stata totale, lo Spirito Santo è stato su di lei, la comunione con Gesù è stata quella di una madre con il Figlio ed è durata in ogni momento della vita di Gesù. Anche Maria ha avuto potature dolorose, ma ha portato il frutto più bello di tutta l’umanità: il dono del figlio di Dio.

 

 

LUNEDI’ 19 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

MANDA A NOI IL TUO SPIRITO PERCHE’ CI RICORDI TUTTO CIO’ CHE CI HAI DETTO. (Gv. 14,26)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

IVO, Santo

Giudice Ecclesiastico, lvo era nato in Bretagna nel 1253 e aveva compiuto i suoi studi a Parigi. Profondamente umile  “il più meschino dei servi di Dio”, come si definiva egli stesso, fu amato soprattutto per la straordinaria generosità e carità. Più di una volta dormì sul pavimento dopo aver ceduto il suo letto a chi giudicava più bisognoso di lui. Divenuto sacerdote, non riposò sugli allori, ma anzi raddoppiò le opere di bene: trasformò la sua casa in ricovero, ospedale, mensa e perfino bagno pubblico, aprendola a tutti i bisognosi della regione. Ma una vita tanto intensa non poteva durare a lungo. Stanco, piagato dalle mortificazioni corporali, malato, lvo rinunciò al sacerdozio e si dedicò totalmente ai poveri, compiendo per loro addirittura dei miracoli. Morì consumato dalle fatiche nel 1303, pianto dalla marea dei suoi beneficati.

Parola di Dio: Atti 14,5-18; Sal. 113; Gv. 14,21-26

 

“SE UNO MI AMA, OSSERVERA’ LA MIA PAROLA E IL PADRE MIO LO AMERA’ E PRENDEREMO DIMORA PRESSO DI LUI… IL CONSOLATORE VI INSEGNERA’ OGNI COSA”. (Gv. 14,23.26)

Nel mese di maggio mi piace leggere la pagina del Vangelo di oggi con gli occhi rivolti a Maria per vedere come Lei e Dio hanno realizzato in pieno queste parole. Gesù dice che l’essenziale della fede è l’amore e non soltanto un amore fatto di parole o di sentimenti ma un amore che coinvolge talmente la vita da diventare un cieco affidarsi e quindi un accogliere i comandamenti non come imposizione ma come grazia per poter corrispondere all’amore infinito di Dio. Maria ha fatto esattamente questo: donna di fede profonda, quando attraverso l’angelo viene interpellata da Dio, prima usa di tutti i suoi doni di intelligenza e chiede informazioni, abbozza obiezioni umane, ma appena rassicurata del fatto che la missione che le viene chiesta è opera di Dio, accetta totalmente e si fida anche se non capisce tutto. Chi compie però in Lei l’opera di comunione totale e la realizzazione della sua maternità divina ? E’ lo Spirito Santo  che inonda Maria, la coinvolge con tutta se stessa nel mistero che si compie al punto che anche Lei diventa corredentrice con Gesù. Se noi amassimo davvero Dio e ci lasciassimo amare da Lui non sarebbero un peso i comandamenti, le opere della carità, il cammino del perdono, ma sarebbero il modo per poter dire al nostro amato: “Ti voglio bene e se anche c’è qualcosa di ostico, di difficoltoso per la mia natura umana, mi fido di te!” A questo punto anche noi avremmo aperto le porte allo Spirito Santo che con la sua forza e con la sua delicatezza ci renderebbe partecipi in maniera piena del mistero di Dio. E questo non è già un anticipo di paradiso sulla terra?

 

 

MARTEDI’ 20 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI, SIGNORE, LA TUA PACE. (Gv. 14,27)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BERNARDINO DA SIENA, Santo

Autentico francescano, Bernardino (1380—1444) sapeva farsi ascoltare per ore, tanto la sua predicazione era vivace, semplice e piena di brio. La sua devozione per il nome di Gesù, raffigurato dalle lettere IHS (iniziali di “Jesus Hominum Salvator” cioè Gesù Salvatore degli uomini), fu il pretesto di cui si servirono i suoi nemici per calunniarlo e per gettare sospetti sulla sua fede, senza riuscire a turbare la sua serenità.

Parola di Dio: Atti 14, 19-28; Sal 144; Gv. 14,27-31

 

“VI LASCIO LA PACE, VI DO’ LA MIA PACE. NON COME LA DA’ IL MONDO, IO LA DO’ A VOI”. (Gv. 14,27)

Specialmente in questi ultimi tempi abbiamo invocato la pace, pregato per la pace, manifestato per la pace. Ci crediamo veramente. Vorremmo che gli uomini usassero strade diverse dalle guerre e dalle violenze per costruire la pace…E poi spesso ci accorgiamo che non solo nelle controversie internazionali ma anche nel nostro vivere quotidiano abbiamo idee di pace molto diverse o addirittura adottiamo strade tutt’altro che pacifiche per risolvere i nostri problemi, provate anche solo a pensare alle forme di prepotenza e di sopruso che spesso sono usate negli uffici e nelle fabbrica, sulle strade e, più sovente di quello che pensiamo, nei rapporti familiari. Si può dunque essere in pace se viviamo continuamente in climi di guerra, di intimidazione, di soprusi dove contano i potenti, i ricchi che operano anche contro le maggioranze? La pace che Gesù ripetutamente augura nel Vangelo è una pace diversa da quella che abitualmente intendono gli uomini. La pace di cui parla Cristo è completamente diversa dalla pace del mondo. La pace di Cristo si può averla anche in momenti di  dolore, di prove, di umiliazioni, di privazioni di ogni genere. E’ la pace dei missionari, dei martiri, dei santi, dei veri cristiani. Mentre la pace del mondo è soltanto tregua ottenuta spesso come conseguenza di paure e compromessi, la pace di Cristo nasce da un atto di fede totale nella bontà di Dio; nasce dalla certezza che Dio ha in pugno la vita e la storia, nasce da un abbandono confidente all’Onnipotente. Questa pace resta anche in mezzo a malattie terribili in mezzo alle più orribili prove, questa pace resiste anche in mezzo alla povertà e ai soprusi. Guardiamo ancora a Maria: il suo fiducioso abbandono la rende capace di fare cose impossibili agli uomini, ma possibili a Dio. Lei, una donna che diventa madre di Dio; una donna che rompe con tutte le tradizioni; una donna capace di amare al punto di accettare di essere la madre dei crocifissori del suo Figlio; una donna che non capisce tutto, ma che conserva tutto nel suo cuore perché lo Spirito Santo possa poi ordinare, dare senso, far rivivere.

 

 

MERCOLEDI’ 21 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

TU SEI LA VERA VITE. FA’ CHE RIMANIAMO IN TE PER PORTARE FRUTTO. (Gv. 15,5)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

VITTORIO, Santo, Martire

Misteriosa la sua vita, misteriose le circostanze della sua morte. Di certo questa avvenne a Roma, durante le persecuzioni anticristiane e fu la morte più atroce, fu il martirio. Vittorio non ha lasciato notizie di sé, ma un martire non ha bisogno di troppe parole.

Parola di Dio: Atti 15,1-6; Sal. 121; Gv. 15,1-8

 

“OGNI TRALCIO CHE IN ME NON PORTA FRUTTO, LO TOGLIE E OGNI TRALCIO CHE PORTA FRUTTO, LO POTA PERCHE’ PORTI PIU’ FRUTTO. (Gv. 15, 2)

Non è facile capire la potatura!  Magari arriviamo a comprendere che vengano eliminati i rami secchi, quelli che danno fastidio, ma è estremamente difficile comprendere come un ramo che apparentemente ci sembra ancora buono debba venire potato a volte duramente. Eppure la potatura è fatta proprio perché la pianta possa portare frutti migliori. Rimanere nel Signore è essenziale per la nostra crescita di discepoli fino a giungere ad una maturità di fede che non ci è data una volta per sempre, ma che esige una continua liberazione da scorie e limitazioni di vario genere. Spesso rischiamo di confondere la fede con una generica religiosità, corriamo il pericolo di guardare e aspettare i doni di Dio e non Lui, il donatore. Le scorie da eliminare sono la magia, la superstizione, la ricerca di forti emozioni, la paura di Dio, il mettere il Signore accanto ai nostri idoli. La crescita nella adesione al Signore è faticosa, ma va compiuta se non vogliamo rimanere tralci inutili e ingombranti. In questa fatica però non siamo soli, c’è lo Spirito del Signore risorto che ci illumina, ci sostiene nel cammino. Se rimaniamo attaccati a Gesù, la vite vera, porteremo i frutti della santità e della testimonianza.

 

 

GIOVEDI’ 22 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, CHE LA TUA GIOIA SIA IN NOI E LA NOSTRA GIOIA SIA PIENA. (Gv. 15,11)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

RITA, Santa

Nata nel 1381 a Roccaporena in Umbria, per eccesso d’obbedienza verso gli anziani genitori Rita accettò di sposare un uomo violento ed inquieto; ma con dolcezza e remissività soffrì e pregò in silenzio per anni. Rita però non sì accontentò di subire passivamente; l’esempio della sua pazienza, della sua dolcezza e, soprattutto, della sua incrollabile fiducia, fu tale che il marito capì e cambiò vita. Ma fu troppo tardi; uno dei suoi tanti nemici lo uccise e i due figli, sconvolti, giurarono vendetta. Fu contro questa decisione che Rita lottò con le uniche armi che conosceva: la dolcezza e la persuasione. Ma, vista persa la battaglia, si rivolse al Signore con una preghiera terribile ma coerente, anche se umanamente inaccettabile: pregò dunque perché i suoi figli morissero piuttosto che macchiarsi di assassinio. E fu esaudita. Rita, poco più che trentenne, indossato il saio, dedicò la sua vita alla preghiera e alla penitenza.

Parola di Dio: Atti 15,7-21; Sal. 95; Gv. 15,9-11

 

“QUESTO VI HO DETTO PERCHE’ LA MIA GIOIA SIA IN VOI E LA VOSTRA GIOIA SIA PIENA”. (Gv. 15, 11)

Più di una volta abbiamo meditato sulla gioia come ci viene proposta nel Vangelo. Oggi vi offro in sintesi una pagina di Enzo Bianchi, priore di Bose che ci può far riflettere su alcuni aspetti concreti della felicità e del cristianesimo:

“Se c’è per il cristiano, oggi un peccato mortale, questo è quello della schizofrenia egli infatti, sovente ha il cuore diviso tra amore di Dio e amore del prossimo, fra sacro e profano, tra gioia terrena e gioia spirituale, fra il presente fedele alla terra e il futuro del Regno. Ma soprattutto  nei confronti della gioia, del piacere, dello humor, delle risa terrestri i cristiani hanno impegnato molte energie e pagine di letteratura teologica e spirituale, molte regole per combatterle, arginarle addirittura negarle. Secondo questa teologia e spiritualità ridere per il cristiano è diventato sconveniente, cercare piacere in cose terrestri una grave mancanza, godere e rallegrarsi dei valori che la vita ci offre è diventato un segno di scarso e tiepido anelito per l’eternità. Forti conseguenze di questo modo di pensare si sono fatte sentire ovunque: dalla liturgia che dalla celebrazione di festa è diventata spesso solo un serio ritrovarsi davanti a Dio a compiere dei riti, alla sessualità intesa come doveroso esercizio per chi era sposato, alla astinenza dai cibi e dalle bevande avvertita come necessaria per una robusta vita di fede. Gioia, piacere, godimento, risa, sono valori umani che né Israele né Cristo hanno voluto rinnegare. Anzi, li hanno sottolineati con forza ponendo accanto ad essi come unico criterio di fruizione, il primato dell’amore e della condivisione. Nel vero amore cristiano questi valori ricevono addirittura una trasfigurazione, divenendo immagini dei beni eterni, primizie del tempo che viene: tempo in cui la gioia dell’uomo coinciderà con le gioie di Dio, e l’uomo riderà con Dio e Dio riderà con l’uomo, bevendo insieme vino inebriante, perché non sparirà la terra né le creature, ma ci saranno terra nuova e cieli nuovi”.

 

 

VENERDI’ 23 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

SEI TU LA MIA LODE, SIGNORE, IN MEZZO ALLE GENTI. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIOVANNI BATTISTA DE ROSSI, Santo. Confessore della fede

Era nato a Voltaggio, presso Alessandria da una modestissima famiglia. Quando era ancora ragazzo fu accolto da un nobile Genovese che lo prese per paggio, ma che in cambio gli diede una accurata educazione. Fu poi chiamato a Roma da un parente che gli permise di studiare presso i Gesuiti del Collegio romano. Ce la mise tutta negli studi fino al punto che si ammalò. Non divenne un colto prete come si era immaginato, divenne invece un prete amico dei poveri e degli umili, consolatore degli ammalati, conforto di tutti gli abbandonati e dei carcerati. Fondò istituzioni per l'infanzia abbandonata e associazioni di preghiera, insegnò sempre con parole semplici ma che toccavano il cuore. Morì il 23 maggio del 1764.

Parola di Dio: Atti 15,22-31; Sal. 56; Gv. 15,12-17

 

“NON VI CHIAMO PIU’ SERVI, MA VI HO CHIAMATO AMICI”. (Gv. 15,14)

Gesù è il culmine dell’amicizia tra Dio e l’uomo ma il valore dell’amicizia, sia quella di Dio con l’uomo che l’amicizia umana ci è testimoniata da tutta la scrittura. Ecco, cercando di mettere insieme le indicazioni bibliche nella prospettiva di Gesù una sintesi di ciò che la Bibbia ci dice di essa. L’amico vero è la maggiore delle ricchezze infatti l’amico è colui che ci accoglie come siamo, che ci ama senza giudicarci, che ci accetta senza criticarci, che sa leggere nel nostro cuore e che ci lascia leggere nel suo cuore. Amico è chi interpreta bene tutto ciò che facciamo, chi crede nella nostra buona fede e nella nostra retta intenzione. Amico è chi non ci tradisce anche quando deve pagare cara la sua fedeltà; amico è chi è solidale ed è capace di sintonizzarsi sui nostri sentimenti, capace di condividere dolori e gioie. Amico è chi non ci lascia soli, abbandonati alla nostra sorte e, anche quando è lontano, fa sentire la sua presenza benefica. Amico è chi non permette al tempo di distruggere l’amicizia; amico è chi ci lascia liberi; chi ci rivela saggiamente la verità e fraternamente ci corregge; amico è chi ci accompagna nel cammino della vita. L’amicizia fa brillare il sole nella nostra vita perché ce la fa accettare anche quando il sole è coperto dalle nubi; l’amicizia distrugge l’asprezza della vita e ci rivela il valore e la forza redentrice della Croce. L’amicizia non si improvvisa: si costruisce pazientemente giorno dopo giorno. L’amicizia autentica, cristiana è come la stella dei re magi: se tu segui questa stella affascinato dalla sua luce, arriverai certamente a Cristo, perché è Lui l’anima e la fonte di ogni vera amicizia. Questa amicizia con Cristo ci chiede soltanto una risposta di amore fedele, ci chiede di accettarlo come Egli è e ci chiede di diventare come Lui ci vuole, sino alle estreme conseguenze. L’amore di amicizia ha le sue esigenze: l’accoglienza piena dell’Amico, l’affidarsi a Lui e l’abbandonarsi ai suoi progetti, il coraggio di rischiare, il coraggio di credere e di fidarsi. La maggior espressione dell’amicizia è il perdono. Chi è incapace di perdonare non potrà mai essere un vero amico, perché chi non perdona non ama; il perdono è indispensabile perché l’altro possa sentirsi nuovamente accolto e amato. Per questo Gesù ci perdona sempre: per dimostrarci quanto sia grande la sua amicizia che non viene meno nonostante la nostra meschinità e i nostri tradimenti. Cristo perdona sempre e vuole che facciamo lo stesso. Per questo ci sostiene con il suo aiuto.

 

 

SABATO 24 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

BUONO SEI, SIGNORE, ETERNA E’ LA TUA MISERICORDIA. (Sal. 100,5)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

AMALIA, Santa, Martire

Morì martire a Tavio in Galizia (Turchia centrale), nella seconda metà del II secolo, insieme ad un generale d’armata, 252 tra ufficiali e soldati, compresi le loro mogli e i loro figli. Amalia fu tanto forte che, nonostante la ferocia delle persecuzioni di quel tempo, ebbe il coraggio, sino alla fine, di predicare ai potenti il nome di Cristo.

Parola di Dio: Atti 16,1-10; Sal. 99; Gv. 15,18-21

 

“IO VI HO SCELTI DAL MONDO – UN SERVO NON E’ PIU’ GRANDE DEL SUO PADRONE”. (Gv. 15 19. 20)

Ho scelto due frasi dal vangelo che ci è proposto oggi perché mi pare che una spieghi l’altra e che se noi cristiani le tenessimo presenti entrambe, eviteremmo certi gravi errori che affliggono le nostre comunità. E’ vero che la missione  affidataci da Gesù è una missione importante, è vero che l’autorità di Gesù accompagna la sua Chiesa, è vero che noi entriamo a contatto con il mistero esaltante dei suoi Sacramenti e viviamo nella fede delle sue promesse, ma tutto questo non è per merito nostro. E’ Gesù stesso che ha scelto per me  questa strada mentre per un altro ne ha scelta un’altra. Se Dio mi ha scelto affinché io sia un cristiano buon padre di famiglia, sono onorato e riconoscente per questo dono ma è proprio la riconoscenza che non mi permette di inorgoglirmi e che mi impegna a svolgere bene la mia vocazione. Se il Signore ha voluto o permesso che io fossi suo ministro, che a nome di Lui Buon Pastore fossi a guida di una comunità, questo ruolo non è per l’onore, anche se davvero è un dono grande e impegnativo, ma è per il servizio ai miei fratelli. Quel titolo che spesso lungo i secoli è diventato un blasone e che definisce il papa: “Servo dei servi di Dio”, è un qualcosa che dovrebbe essere proprio di ogni ministro. Se ho un ruolo è per il servizio e non per la gloria. Il Papa, il Vescovo, il prete, il cristiano sono doni meravigliosi che ci dicono quanto Dio ci voglia bene ma non fanno sì che il servo diventi più grande del padrone. Tutte le volte che questo è successo e succede nella Chiesa, la comunità diventa piramide giuridica, l’amore cede il posto alle norme, la gioia perde la sua smagliantezza, il giuridismo tarpa le ali alla fantasia, le strutture prendono il sopravvento sul messaggio, si annuncia sempre di più una chiesa o se stessi e meno Gesù Cristo unico Salvatore e Pastore. Quanto è bello e gioioso invece riconoscere i doni vicendevoli che ci dicono l’amicizia particolare di Cristo per ciascuno e il suo amore per tutto il corpo. Un dono particolare allora non mi mette al di sopra di te, anzi mi impegna ancor di più verso di te perché io possa donarti quanto il Signore mi ha dato e tu nella fraternità e solidarietà mi faccia parte del dono che Egli ha affidato a te.

 

 

DOMENICA 25 MAGGIO 6^ DOMENICA DI PASQUA B

Una scheggia di preghiera:

           

RINNOVACI NELLO SPIRITO PERCHE’ POSSIAMO RISPONDERE MEGLIO  ALL’OPERA DELLA TUA GRANDE BONTA’. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BEDA IL VENERABILE, Santo, Monaco

Fu un grande appassionato della Parola di Dio. Monaco benedettino a Wearmouth, e poi nella fondazione di Jarrow, Beda (673—735) scrisse dei commenti alla Bibbia che ricordano lo stile e il sapore delle opere dei padri della Chiesa. Passò tutta la sua vita in convento, fedele alla preghiera liturgica, lavoratore intellettuale indefesso, ma disponibile anche ai compiti più umili a servizio della comunità.

Parola di Dio: Atti 10,25-27.34-35.44-48; Sal. 97; 1Gv. 4,7-10; Gv. 15,9-17

 

“VOI SIETE MIEI AMICI SE FARETE CIO’ CHE IO VI COMANDO”. (Gv. 15,14)

Ancora una volta ritornano nella liturgia di questa domenica tutta una serie di “Buone notizie” per cui il nostro cuore non dovrebbe che provare gioia e riconoscenza davanti a Gesù che ci rivela Dio amore, che ci dice: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi”, ma rivelazione ancora più bella è quella della amicizia totale che ci viene offerta da Gesù. Già in questa settimana abbiamo cercato di riflettere su questa amicizia, oggi vorrei invece offrirvi una preghiera di W. Mc Kelly con cui siamo noi che possiamo rispondere a questo dono meraviglioso.

Solidale con tutti noi, amico di un’amicizia  eterna, tu vuoi, Signore, che io cerchi il tuo volto fra la folla che mi turbina intorno, mi spinge, mi soffoca, mi assale. Non è cosa facile. Eppure è questo il modo per dirti la mia amicizia: stringo una mano callosa ed è la tua; sorrido ad un volto accigliato ed è il tuo; e tu sei quell’uomo puzzolente, questa donna volgare, questo tipo presuntuoso, questo noioso scocciatore, questo bimbo che piange, questo vecchio pieno di manie, questo giovane irritante. “Non sono venuto per i giusti…”.  Ed io non andrò dai giusti: è facile averli amici. E’ questa amicizia difficile che tu hai vissuto e che vuoi da me: quella che costa, che qualche volta fa soffrire, quella che ti lascia vuoto. Tu sei un amico difficile. Ma più difficili ancora sono i tuoi amici più cari. Chi piange mi infastidisce. Chi soffre mi rende inquieto. Chi sbaglia e poi sbaglia ancora vorrei prenderlo a sberle. E invece su ogni miseria, su ogni gemito, debolezza, pena, su ogni fame, dolore, lotta, su ogni male, su ogni errore, su ogni grido io devo far scendere me tutto intero, per dirti che ti amo davvero. E’ tremendo quello che mi chiedi. Non chiedermelo troppo sovente. E tu vieni nel mio cuore per insegnarmi il sorriso, la cordialità, il soccorso concreto e per guidare tu la mia mano a stringere tutte le mani che brancicano nel vuoto in cerca di un po’ d’amore.

 

 

LUNEDI’ 26 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

DONACI, SIGNORE, DI POTER GUSTARE IN OGNI TEMPO I FRUTTI DELLA PASQUA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

FILIPPO NERI, Santo

Mantenere la santa allegria è il modo migliore per progredire nella virtù. Questo consiglio è stato dato da un mistico che visse a Roma nel sedicesimo secolo e che potrebbe essere il patrono degli umoristi. Ricco di gioia e di fantasia, sempre pronto a inventare forme d’azione inattese, Filippo Neri (1515—1595) esercitava sui giovani, e anche sui meno giovani, un fascino irresistibile. Ciò che lo spingeva era un grande amore per Dio e per i poveri. Nella libertà, nella gioia e nel fervore, si formò intorno a lui una comunità: era il primo Oratorio, da cui si sviluppò la congregazione che porta lo stesso nome. Con la sua originalità, “il più italiano dei santi” ci ricorda che la santità sfugge a tutte le regole umane e non dipende che dallo Spirito.

Parola di Dio: Atti 16,11-15; Sal. 149; Gv. 15,26-16,4

 

“VI HO DETTO QUESTE COSE PERCHE’ NON ABBIATE A SCANDALIZZARVI”. (Gv. 16,1)

Scandalizzare è il verbo tipico dell’opera del diavolo, egli, infatti, cerca di “mettere il bastone tra le ruote”, cerca di “fare inciampare”, travisa la verità e distorce il pensiero, fa apparire la verità debole e con la menzogna sporca ciò che è pulito, inserisce il dubbio sulla bontà, soffoca tra le spine il bene e la parola del Signore. Ma non c’è bisogno di immaginarci il diavolo con corna e forchettone per vedere quotidianamente la tentazione allo scandalo. Faccio qualche esempio: davanti alle guerre, al male, alla violenza a chi di noi non è nato il pensiero: “Ma se c’è Dio perché permette questo, perché il giusto deve sempre essere bastonato mentre il malvagio riesce a farla franca?”. L’interrogativo è più che lecito ma se noi andiamo avanti ecco che Dio, invece di essere di aiuto a comprendere, vivere, proiettare la nostra dura realtà in un progetto che non ha solo fini temporali, diventa di scandalo, di inciampo, e il male ha ottenuto il suo fine, quello di distorcere la realtà e di allontanarci da Dio.

Abbiamo visto nel Vangelo di oggi che Gesù non promette agli apostoli che tutto andrà bene. Il Regno di Dio non è una situazione privilegiata in cui cesseranno le guerre, tutti saranno buoni, esso non è un nuovo paradiso terrestre, anzi, proprio perché si contrappone al male e lo lotta scatenerà tutte le sue forze: ”penseranno di rendere culto a Dio uccidendovi”. Se dunque credo a Gesù, se il suo Spirito Consolatore ha trovato dimora in me, non solo non mi lascio scandalizzare dal male ma poco per volta rivesto il pensiero di Cristo e sono disposto a combattere il male non con altra violenza ma cercando poco per volta di mettere al suo posto il bene, l’amore. Questo mi costerà la persecuzione? Ma a Gesù non è capitata la stessa cosa?. Ci aiuti lo Spirito di Gesù non solo a non “scandalizzarci” della persecuzione ma ad avere la forza e la capacità, vivendola in comunione con Gesù, di trasformarla in amore.

 

 

MARTEDI’ 27 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

A TE VOGLIO CANTARE DAVANTI AGLI ANGELI. (Sal. 138,1)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

AGOSTINO Dl CANTERBURY, Santo, Vescovo

Inviato nel 596 da papa Gregorio Magno ad evangelizzare l’Inghilterra, Agostino si fermò con i suoi quaranta monaci nel Kent, il cui re si convertì, seguito da tutto il popolo. Di fronte a un ambiente pagano, Agostino seguì le direttive missionarie di Gregorio, cercando di adottare invece che distruggere, ogni volta che trovava nelle consuetudini pagane autentici valori religiosi. Divenne vescovo di Canterbury, prima sede episcopale dell’Inghilterra, e morì verso l’anno 605.

Parola di Dio: Atti 16,22-34; Sal. 137; Gv. 16,5-11

 

“SE NON ME NE VADO NON VERRA’ A VOI IL CONSOLATORE”. (Gv. 16, 7)

E’ bellissimo e significativo il nome che Gesù dà allo Spirito Santo proprio mentre ce lo promette: Egli è il Consolatore, cioè Colui che sta con coloro che rischiano di essere soli. Se guardiamo alla Bibbia lo Spirito Santo aleggiava sulle acque, cioè non ha permesso alla creazione di rimanere sola ma l’ha riempita della vita; nel Battesimo di Gesù è ancora lo Spirito Santo che garantisce Gesù nella sua missione e nella comunione con il Padre; in Maria è lo Spirito Santo che riempie il suo cuore e le fa generare il Figlio di Dio ed è ancora Lui, lo Spirito, che accompagna Maria in mezzo al mistero della sua vita, nella solitudine dell’esilio, nel dolore della croce, nel restare in mezzo ai discepoli mentre Gesù è salito al cielo. (Maria assumerà talmente a fondo i doni dello Spirito che anche Lei diventerà Consolata e Consolatrice, come la veneriamo noi a Torino). E la Chiesa perché è nata, perché dopo duemila anni di povertà umane è ancora in piedi? Perché non è sola, perché nella solitudine degli egoismi umani è costituita, sostenuta, perdonata, formata dallo Spirito Santo, da quello Spirito che, se ascoltato, fa ricordare chi sia Gesù, ci aiuta a ritrovare il suo modo di pensare e di agire e a manifestarlo agli uomini. Non è forse lo Spirito Santo che ha dato la forza a tante persone deboli di diventare martiri per la fede? Non è ancora lo Spirito Santo  che ha sostenuto e sostiene tanti cristiani nella fede? Una delle cose più brutte e più difficili per l’uomo è quella di non sentirsi amato, di vedersi abbandonato, non considerato. Se noi nel silenzio lasciamo parlare in noi lo Spirito di Gesù ecco che Lui ci ricorda una realtà bellissima: “Se anche una mamma si dimenticasse del suo bambino, Dio non si dimentica di te”, “Dio ha guardato alla tua miseria e vuol fare cose grandi in te”, “Io vi chiamo amici, e non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici”, “Anche se i vostri peccati fossero rossi come lo scarlatto diventeranno bianchi come la neve”…

 

 

MERCOLEDI’ 28 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

GESU’, MANDACI IL CONSOLATORE CHE RIMANGA CON NOI PER SEMPRE. (Gv. 14,16)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

EMILIO, Santo

Di questo santo si conosce ben poco, ma la sua gloria si completa nel martirio, doloroso epilogo di una vita interamente dedicata alla fede e all’amore per il Signore.

Parola di Dio: Atti 17,15.22-18,1; Sal.148; Gv. 16,12-15

 

“MOLTE COSE HO ANCORA DA DIRVI, MA PER IL MOMENTO NON SIETE CAPACI DI PORTARNE IL PESO”.(Gv. 16,12)

Noi spesso, con mentalità riduttiva, consideriamo fortunati i contemporanei di Gesù perché pensiamo che allora, davanti a qualsiasi difficoltà, problema, interrogativo vitale, bastasse andare da Gesù che aveva la soluzione per ogni cosa. Gesù afferma chiaramente di non aver detto tutto. Gesù, il Vangelo non sono una ‘summa’ di risposte per ogni problema. Gesù è una persona da conoscere e scoprire ogni giorno ed è proprio in questo camminare quotidiano con Lui che, attraverso il suo Spirito, Egli ci stimola a trovare strade nuove per cercare soluzioni ai problemi della nostra vita e a quelli dei fratelli. Per capire meglio questo, pensiamo ancora una volta a Maria. L’angelo le dice che diventerà Madre di Dio, ma non le dà molte spiegazioni. Maria davanti a Gesù sa, crede che Lui è il Figlio di Dio ma non ha soluzione immediata a quelli che sono i problemi del quotidiano, questa, Lei e Giuseppe la devono cercare ogni giorno, magari anche fidandosi dei “sogni”; davanti a Gesù ritrovato nel tempio, Maria deve fare uno sforzo umano per comprendere le sue parole e le mediterà a lungo nel suo cuore. Però anche se non ci sono tutte le risposte e tutte le indicazioni, lo Spirito del Signore la accompagna, le suggerisce, la stimola a fare ogni giorno quello che Lei ha promesso: compiere la volontà di Dio. Anche per noi, nella nostra vita spesso ci sono più interrogativi che sicurezze, spesso come cittadini di questa umanità siamo interdetti su quali siano le scelte davvero cristiane per un mondo migliore, come genitori sovente non siamo sicuri di dare quello che è giusto ai nostri figli; davanti ad un certo modo di comportarsi del mondo siamo tentati anche noi di trovare le vie più semplici del potere e del successo…Gesù non ci ha dato tutte le risposte, ma se noi lasciamo parlare il suo Spirito in noi, se noi guardiamo al suo modo di comportarsi, se ci facciamo aiutare da una coscienza ben formata e dal pensiero più genuino della Chiesa, allora davvero si realizza quello che Gesù ha promesso e cioè che lo Spirito Santo “prenderà del mio e ve lo annunzierà”.

 

 

GIOVEDI’ 29 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, CAMBIA LA NOSTRA AFFLIZIONE IN GIOIA! (Gv. 16,20)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MASSIMINO, Santo, Vescovo

Nacque in Francia: divenne vescovo di Treviri (Germania) e si dimostrò uno dei più accaniti oppositori degli eretici. Su di lui fiorirono molte leggende. Sì narra che, durante un viaggio, il Santo fu aggredito da un orso che si mangia l’asino su cui viaggiava: ma, per effetto miracoloso, l’orso, terminato il pranzo, rivestì il basto e portò in groppa il Santo continuando con lui il viaggio.

Parola di Dio: Atti 18,1-8; Sal. 97; Gv. 16,16-20

 

“IN VERITA’ VI DICO: VOI PIANGERETE E VI RATTRISTERETE, MA IL MONDO SI RALLEGRERA’. VOI SARETE AFFLITTI MA LA VOSTRA AFFLIZIONE SI CAMBIERA’ IN GIOIA”. (Gv. 16, 20)

Poche parole di Gesù descrivono l’arco della nostra vita umana e anche di quella cristiana. Quanta fatica sofferenza, prove ci sono nella nostra vita, quanto dolore c’è nel nostro mondo e quanto sono piccole e fragili a volte le gioie della vita, ma  lo sbocco definitivo è la gioia e la festa. La sofferenza, dunque, non va vissuta come un’iniquità contro di noi o come noncuranza di Dio nei nostri confronti, ma quale intrinseco fardello da portare coraggiosamente. L’importante è sapere che ha un senso, che è una soglia da superare per entrare nella gioia piena e definitiva. Soprattutto è importante sapere che Cristo è sempre con noi. Scriveva Sertillanges. “Per andare verso la luce, è necessario che noi passiamo attraverso l’oscurità. Ma con la mano nella mano del nostro amico divino, possiamo sopportare la prova. E’ la fiducia, in questo caso, il viatico che ci consola”.

 

 

VENERDI’ 30 MAGGIO

Una scheggia di preghiera:

 

A TE LA GLORIA, O DIO, RE DELL’UNIVERSO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MARELLO GIUSEPPE Fondatore degli Oblati di San Giuseppe, Beato

Nato a Torino il 26 dicembre 1844 da Vincenzo, che proveniva da san Martino Alfieri, e da Anna Viale che morirà mentre il piccolo aveva solo quattro anni. Nell’ottobre 1856 entrò nel seminario di Asti (il padre infatti era tornato al suo paese) ma nel 1862 ne uscì per iscriversi a Torino ad un corso per ragionieri. Colpito nel 1863 dalla febbre tifoidea e guaritone improvvisamente lesse il fatto come un segno che il Signore lo chiamava davvero. Rientrò in seminario e il 19 settembre del 1868 veniva ordinato sacerdote. Fu segretario del Vescovo Savio, direttore spirituale del seminario. Il 14 marzo 1878, nella cappella dell’orfanotrofio Michelario dava inizio alla nuova famiglia religiosa degli Oblati di San Giuseppe, chiamati poi Giuseppini di Asti per distinguerli da quelli del Murialdo di Torino. Il 28 novembre 1888 il Papa Leone XIII lo proponeva Vescovo di Acqui. Il suo episcopato non fu lungo morì infatti improvvisamente a cinquant’anni il 30 Maggio 1895.

Parola di Dio: At 18,9-18; Sal.46; Gv. 16,20-23

 

“NESSUNO VI POTRA’ TOGLIERE LA VOSTRA GIOIA”. (Gv. 16,23)

Provate a pensare a quanto lavoro e quanti sacrifici per poter realizzare le nostre aspirazioni! Quante rinunce, quanti bocconi amari inghiottiti, quanti giorni della nostra vita impegnati, consumati per raggiungere una meta, sia essa un titolo di studio, una carriera, una buona posizione sociale! E non tutti la raggiungono. Spesso una malattia, una disavventura, la sorte, che a volte s'accanisce contro, hanno mandato per aria tanti progetti. Altri più fortunati ci sono arrivati, e hanno avuto delle soddisfazioni, ma quanto tempo sono durate? Basta un nulla perché anche cose belle, costate fatica diventino inutili o svaniscano in un momento Quante volte abbiamo invidiato i vincitori delle grandi lotterie, quante volte abbiamo guardato con occhi sgranati dalla meraviglia i divi del cinema, i primatisti dello sport, gli idoli della vita mondana? Eppure quanti di questi idoli sono andati in frantumi! La gioia che Dio ci può dare non conosce tramonto, non teme intrighi, non corre alcun rischio: è al sicuro. Perché non legata a beni che da un momento all'altro possono sparire, essere rubati o liquidati, corrotti o appassiti, bensì prodotta dalla presenza divina, che nessuno e nessuna cosa potrà mai toglierci: Egli è sempre e dovunque. E, se  lo vogliamo, è sempre con noi. Né la malattia, né la vecchiaia, né un dolore, né una disavventura o contrarietà ce lo potrà mai strappare dal cuore. Le prove potranno farci gemere, potranno anche farci versar delle lacrime, ma non potranno mai estirpare la gioia che solo Dio può accendere nel cuore. Potremmo nella vita incontrare dei ricchi disperati o trovare dei giovani nauseati e dei dotti smarriti, ma non capiterà mai di incontrare  un solo santo malinconico o disperato. Perché il santo sa che tutto può essergli tolto, che le prove della vita possono farlo soffrire e anche condurlo alla morte ma mai potrà essere tolto loro il Signore.

 

 

SABATO 31 MAGGIO: VISITAZIONE DELLA VERGINE MARIA

Una scheggia di preghiera:

 

LA TUA VISITA, SIGNORE, CI COLMA DI GIOIA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BENEDETTO,Abate di San Michele della Chiusa, Santo

Non sappiamo quando sia nato, veniva da Tolosa attirato dalla fama dell’abbazia di San Michele. Qui fu eletto abate nel 1002. Sappiamo che partecipò al concilio di Limonges nel 1028. Fu un ottimo abate, attento alle necessità dei suoi e dell’Abazia che, tra l’altro, provvide ad ampliare e dotare anche di una scuola. Morì verso il 1046.

Parola di Dio nella festa della Visitazione: Sof.3,14-18 oppure Rm12,9-16; Cant. da Ct.2,8.10-14; Lc.1,39-56

 

“MARIA SI MISE IN VIAGGIO VERSO LA MONTAGNA E RAGGIUNSE IN FRETTA UNA CITTA’ DI GIUDA”. (Lc. 1,39)

Il mese di maggio si conclude con questa festa della Madonna: è la festa del servizio, del dono e della esaltazione del piccolo e dell’abbassamento della potenza umana. Cerco allora, con l’aiuto di alcuni autori, di ripercorrere  alcune strade che Maria ci offre con il vangelo di oggi. Maria si mette in viaggio. Il fatto di essere stata scelta per essere la Madre di Dio non solo non la pone in una situazione di privilegio, ma la spinge ancor più al mettersi in cammino e a servizio. Essa cammina per oltre cento e quaranta chilometri senza privilegi, senza attenuanti, senza dispense dalla fatica. Eppure quel viaggio è il primo segno della straordinaria grandezza di Maria, meravigliosa creatura che accoglie i doni di Dio non come privilegi da contemplare, ma come impegni che esigono una risposta continua. Simon Weil ha scritto : “Se la vita è un dono, può essere vissuta solo donandosi. Se trattengo qualcosa il dono si avvelena nelle mie mani”. La fede non è una comoda poltrona, ma uno stimolo continuo. E quando Maria ed Elisabetta si trovano sulla porta di quella casa sono due donne comuni ma che hanno un qualcosa di diverso che le accomuna: hanno una grande speranza. Una dice: “Beata te che hai creduto” e l’altra risponde: “Io sono nulla ma mi fido di Lui che è Onnipotente”. Anche noi cristiani dovremmo essere gli uomini della speranza. Anche noi portiamo, come Maria il Cristo nel nostro cuore. E Lui vuole essere portato ovunque per poter donare la sua gioia. Non possiamo allora farci prendere dallo scoraggiamento davanti alle negatività del nostro mondo, dobbiamo fidarci non delle nostre grandezze, ma dell’opera che Lui vuole compiere con le nostre povertà. Maria è convinta di questo e allora dice: “Dio rovescia i potenti dai troni ed innalza gli umili, allontana i ricchi a mani vuote, mentre i poveri ricolma di beni”: Ma come poteva Maria pronunciare queste parole? A quel tempo Erode regnava sicuro in Palestina, Cesare Augusto era imperatore di Roma e il suo trono sembrava ben solido e duraturo. Eppure un’umile donna ha il coraggio di dire: “Dio rovescia i potenti ed innalza gli umili”. Maria, piccola donna ebrea, può dire questo perché è una donna di fede e oggi , a venti secoli di distanza, la sua parola si è perfettamente avverata: Maria è proclamata Beata, mentre i potenti del momento sono pagine veloci della storia. Maria ha avuto ragione e ce l’ha ancora perché ha creduto in Cristo, l’ha accolto, gli ha fatto posto, ha creduto che le frontiere del mondo non sono quelle segnate dalle nostre carte geografiche, ma la vera frontiera del mondo è al di là del mondo: è Cristo risorto. Maria ha certamente avuto da Dio il dono unico di essere scelta per la più grande maternità. Però il dono ha avuto in Lei una straordinaria risposta: Maria ha impostato tutta la sua esistenza solo e sempre in funzione di Cristo, da Nazareth al Calvario, alla gloria del cielo. E noi allora celebriamo in Maria anche il nostro futuro, la nostra speranza: un giorno anche noi avremo la gioia di Maria, se quaggiù cammineremo nell’umiltà, nel servizio, nella pazienza della sua stessa fede.

     
     
 

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