Archivio

 
     
     

SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

http://spazioinwind.libero.it/schegge

a cura di don Franco LOCCI

 

APRILE 2003

 

MARTEDI’ 1 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                  

TU SEI PER NOI RIFUGIO E FORZA, AIUTO SEMPRE VICINO NELLE ANGOSCE. (Sal. 46,2)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ENRICO (ALFIERI) DA Asti, Beato  

Nacque ad Asti, da nobile famiglia, verso l’anno 1315. Entrò tra i Francescani  che subito seppero apprezzare le sue doti cristiane e umane e lo elessero a superiore della provincia genovese. Nel 1370 fu poi ministro generale, e questo, fino alla sua morte. Cercò con tutte le sue forze di rinnovare l’impegno religioso che in quei tempi si era un po’ affievolito a causa di tanti scismi sia nella Chiesa che nell’Ordine. Favorì la riforma degli Osservanti.  Morì a Ravenna nel 1405 il fama di santità

Parola di Dio: Ez. 47,1-9.12; Sal. 45; Gv. 5,1-3.5-16

 

“ECCO CHE SEI GUARITO; NON PECCARE PIU’ PERCHE’ NON TI ABBIA AD ACCADERE QUALCOSA DI PEGGIO”. Gv 5,14

Lo conoscevo da anni e più volte, in confessione, avevamo parlato dei suoi problemi, ma quel giorno lo vidi più frastornato, addolorato e dispiaciuto che mai. “Don Franco, sono di nuovo qui. Il problema è sempre lo stesso: lei mi conosce da anni e da anni sa che mi giro e mi rivolto sempre nella stessa situazione. So che non è giusto che io mi comporti in questo modo; mi può attestare lei che  ho provato tante volte a venirne fuori; più cerco di farlo, più ci ricasco e ogni volta mi trovo più legato di prima. Mi sembra perfino di prendere in giro il Signore a venirmi a confessare quando nel fondo del mio cuore so che non ce la farò a liberarmi da questa situazione negativa…” In quel giorno avevamo letto nella Messa il Vangelo di oggi, glielo rilessi  nella speranza che il vedere un uomo guarito da Gesù dopo trent'otto anni di malattia, lo confortasse, ma egli prese solo la frase che meditiamo oggi e mi disse: “Ecco che cosa spetta a me: Dio ne ha abbastanza , mi ha perdonato tante volte ed io non sono cambiato: certo mi succederà qualcosa di terribile!”. “Il terribile ti succede se perdi Dio, e il maligno, che è furbo, sta cercando attraverso la tua debolezza, di allontanarti da Lui! Ti dice che Dio è stufo di te e delle tue incapacità, arriva poco per volta a farti credere che Dio non ti perdona più, fa passare per vigliaccheria il tuo continuo tornare a chiedere perdono, ti dice che non vale la pena di ricominciare e allora ti suggerisce la cosa più terribile, il vero male, quello di togliere Dio di mezzo". Credo che Gesù ha detto la frase di oggi a quell’uomo non tanto per spaventarlo, non tanto per far vedere un Dio che ripaga l’uomo con la stessa moneta, non tanto per agitare spauracchi di coscienza, ma per mettere in guardia lui e noi sull’effettivo rischio del totale fallimento. Il peccato non è tanto la singola debolezza, il vero peccato è non fidarsi più di Dio, è volerlo eliminare dalla nostra vita oppure costruirselo a misura propria. Ci sono delle mancanze della nostra vita contro le quali dobbiamo combattere ogni giorno e ne avremo fino alla fine dei nostri giorni. Dio non si spaventa di queste nostre debolezze se ci vede lottare e magari anche perdere. Dio però ci chiede di non perdere Lui perché se già con lui siamo così deboli, senza di Lui che cosa ci capiterà?

 

 

MERCOLEDI’ 2 APRILE

Una scheggia di preghiera:

            

TU SEI LA RISURREZIONE E LA VITA, SIGNORE,  CHI CREDE IN TE NON MORIRA’ IN ETERNO. (Gv. 11,25-26)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIOVANNINO COSTA, Beato, Martire   

Questo beato è ricordato e venerato soprattutto a Volpedo, ma alcuni pensano che fosse nativo di Tortona. Era un semplice pastore convinto della sua fede che proprio in odio a questa venne ucciso il 2 aprile 1468 (qualcuno dice, senza fondamenti storici, assassinato dagli Ebrei). Il suo corpo era venerato a Tortona, il suo capo a Volpedo. Nel 1820 anche il corpo venne portato a Volpedo.

Parola di Dio: Is. 49,8-15; Sal. 144; Gv. 5,17-30

 

“QUELLO CHE IL PADRE FA, ANCHE IL FIGLIO LO FA. IL PADRE HA RIMESSO OGNI GIUDIZIO AL FIGLIO CHI ASCOLTA LA MIA PAROLA E CREDE A COLUI CHE MI HA MANDATO HA LA VITA ETERNA ED E’ PASSATO DALLA MORTE ALLA VITA” (Gv. 5,19; 5,22; 5,24)

Un Vangelo difficile da comprendere quello che abbiamo letto oggi. Provo a semplificare: Gesù dice di essere Figlio del Padre e la prova è che Egli fa tutto quello che il Padre fa. Gesù ama talmente il Padre che fa esattamente ciò che il Padre vuole. Gesù ha ricevuto l’incarico dal Padre di essere giudice del mondo, il giudizio di Gesù esprime dunque il giudizio del padre. Come e quale sarà questo giudizio? Prima di tutto è un giudizio per la vita e non per la morte perché il Padre è il Dio che dà la vita, sempre. Detto in altre parole: Dio ci ha creati per la vita e il suo desiderio è che noi siamo felici nella vita che dura per sempre. Quindi Gesù ha il compito di richiamarci alla vita, di darci la vita, di regalarci la sua vita, la vita di figli di Dio. E questo Gesù lo ha fatto e lo fa quotidianamente con noi e lo farà anche quando la morte sembrerà avere la sua apparente vittoria sulla vita. L’unica cosa che Gesù non fa perché non la fa neanche il Padre è quella di andare contro alla nostra libertà di scelta. Quando Gesù dice che i morti “usciranno dai sepolcri, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna”, significa che Lui, il giudice che dà la vita a tutti rispetta anche coloro che hanno scelto la vita lontano da Lui. Il giudizio dunque che il Padre e Gesù danno non è mai per la morte ma sempre per la vita, la morte, quella definitiva al massimo è una scelta nostra.

 

 

GIOVEDI’ 3 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                        

PERDONA, SIGNORE, LE COLPE DEL TUO POPOLO. (dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

SISTO, Santo, Papa     

Il nome Sisto è facile da capire, deriva da Sesto. Infatti il nostro Sisto è il sesto successore di San Pietro, eletto Papa nel 115. Fu riformatore della liturgia. Morì nel 129. Le sue spoglie riposano ad Alatri perché la mula che le portava lì si fermò e non ci fu verso di farla andare oltre.

Parola di Dio: Es. 32,7-14; Sal. 105; Gv. 5,31-47

 

“VOI SCRUTATE LE SCRITTURE CREDENDO DI AVERE IN ESSE LA VITA ETERNA: EBBENE, SONO PROPRIO ESSE CHE MI RENDONO TESTIMONIANZA”.( Gv. 5,39)

Quando mi capita di parlare di Bibbia, qualche volta ‘scandalizzo’ i miei uditori raccontando il fatto vero che mi è capitato quando ero ragazzino undicenne nel seminario minore. Avevo ereditato da uno zio prete una Bibbia e pensando di fare una cosa buona me l’ero portata in seminario  per leggerne qualche pagina, finiti i compiti. Il mio assistente mi chiese cosa leggessi e alla vista della Bibbia me la sequestrò dicendo che non era un libro adatto per me. Per riavere il volume dovette andare mio padre a ritirarlo dal Rettore. Quale differenza dalla mentalità odierna! Ma non stupiamoci neppure troppo: in un periodo di imperante giansenismo, con l’uso nella liturgia della lingua latina ormai non più capita, la Bibbia poteva apparire un libro riservato solo “agli addetti ai lavori”. Poi, grazie al cielo ci fu un Concilio Ecumenico e tutti abbiamo capito che la Bibbia è “Il libro” dei cristiani. Lì ci sono le nostre radici, la storia di ieri è anche storia di oggi, e il progetto di Dio è ancora sempre lo stesso: quello di volere felice l’uomo. Ma qualcuno può dire: “Va bene la Bibbia, ma non è un libro facile, specialmente l’Antico Testamento; ci sono storie tutt’altro che edificanti, guerre che sembrano benedette da Dio e poi lo stesso volto di Dio spesso è il volto del geloso vendicatore di ogni male…”

Penso sia proprio la frase di Gesù che meditiamo oggi a darci la chiave giusta di lettura della Bibbia e particolarmente dell’Antico Testamento: è solo leggendo la storia della salvezza con la prospettiva di Gesù che possiamo comprenderla nel suo significato più profondo. Dio ci ha parlato attraverso i fatti della storia che poi si sono solidificati in tradizioni e in parole scritte, ma il suo progetto, graduale per tener conto del cammino di comprensione dell’uomo, aveva ed ha ancora un solo scopo, quello di portarci a Gesù suo Figlio, quello di farci avere in Lui la massima manifestazione del suo amore e del suo perdono. Quando leggiamo qualche pagina della Bibbia (e facciamo benissimo a farlo, magari anche guidati da qualche buon commento) leggiamola sempre pensando che è Dio che mi vuol parlare oggi  ed anche se sono fatti lontani e magari di difficile interpretazione, la persona di Gesù che porta a compimento tutto il piano di Dio, che è la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto (l’alfa e l’omega) è Colui che spiega e dà senso a questa lunga storia di amore tra Dio e noi.

 

 

VENERDI’ 4 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                              

TU, SIGNORE, SEI VICINO A CHI HA IL CUORE FERITO, TU SALVI GLI SPIRITI AFFRANTI. (Sal. 34,19)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ISIDORO, Santo, Vescovo e Dottore della Chiesa 

Nato in Spagna, a Siviglia, fu amante della cultura al punto di essere considerato uno degli uomini più sapienti del suo tempo, scrittore eccezionale che tramandò la cultura antica. Fu Vescovo di Siviglia, persona umile, amante dei poveri. Come povero, dopo aver donato tutto, morì nel 636.

Parola di Dio: Sap. 2,1.12-22; Sal. 33; Gv. 7,1-2.10.25-30

 

“ALLORA CERCARONO DI ARRESTARLO”. (Gv. 7,30)

Tante volte mi sono fatto queste due domande: Perché tanto accanimento contro Gesù?  Ed  erano poi proprio in buona fede quei giudei che per difendere una supposta verità religiosa mettono sulla croce il Figlio di Dio? Ho tentato di abbozzare queste risposte che vi offro non solo per cercare di avvicinarci maggiormente la mistero di Gesù, ma anche per cercare di comprendere il senso di tante realtà di vita in cui siamo immersi.

Gesù è passato in mezzo alla gente “facendo bene ogni cosa”, offrendo parole di vita e guarigioni, presentando Dio come un padre e annunciando la sua verità. I cuori semplici lo hanno accolto ma coloro che sono gelosi del bene, quelli che pensano di avere l’esclusiva di Dio, quelli a cui la verità fa male e ad essa preferiscono le proprie leggi, quelli che preferiscono le proprie catene piuttosto che la libertà di figli, si sentono scossi da un tale uomo e, allora come oggi, tutte le persone che sono scomode al potere è meglio farle tacere ora con una croce, ora con una calunnia, ora con l’isolamento fisico o morale. E la maschera religiosa serve a giustificare questo, come un velo trasparente posto su una nudità.Questi capi religiosi ebraici potevano avere tutti i loro dubbi su Gesù,  ai loro orecchi poteva anche sembrare una bestemmia quella che Gesù  esprimeva dicendo di essere Figlio di Dio, ma questo non giustifica l’uccisione di un uomo. Anche oggi qualcuno giustifica odi, addirittura guerre in nome di verità spesso piccole e parziali o in nome di assurdi integralismi religiosi (e non solo musulmani, ma qualche volta anche cristiani), ma la maschera non nasconde mai la cattiveria, i propri interessi nascosti, lo smodato desiderio di potere. Anche i grandi della terra siano essi iman, vescovi o presidenti, dopo poco sono nudi nelle loro intenzioni. E il giusto? Qui rimane il mistero: Gesù il Giusto paga per tutti e i giusti della terra, se davvero sono con Lui e non anch’essi mascherati di veli, seguono la sua strada.

 

 

SABATO 5 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                                               

SIGNORE, MIO DIO, IN TE MI RIFUGIO. (Sal. 7,2)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

VINCENZO FERRER Santo 

Era nato infatti a Valencia (Spagna) probabilmente il 23 gennaio 1350 Ferrer fu insegnante a Salamanca e solo dopo il compimento dei 50 anni divenne predicatore errante, disgustato dalle discordie allora molto comuni di papi e antipapi che si scomunicavano a vicenda. Nel suo predicare annunciava la fine del mondo, richiamava alla vigilanza, ma intanto era attento ai malati (si parla di 800 guarigioni avvenute durante la sua predicazione e di 80 indemoniati liberati). C’è una sua lettera che descrive il suo passare in terra di Piemonte: ne cito alcuni stralci: “Passai nel territorio del Marchese di Monferrato e anche là trovai numerosi valli infestate dai Valdesi e dai Catari. Ho percorso in seguito la diocesi di Torino, visitando ciascuna località e predicandovi la verità cattolica contrariamente agli errori in cui era stata immersa quella brava gente. Grazie a Dio hanno ricevuto la sana dottrina con una sollecitudine e un rispetto veramente toccanti”. Il Ferrer morì a Vannes il 4 aprile 1419

Parola di Dio: Ger. 11,18-20; Sal. 7; Gv. 7,40-53

 

“E NACQUE DISSENSO TRA LA GENTE RIGUARDO A LUI… E TORNARONO CIASCUNO A CASA SUA”. (Gv. 7,43; 7,53)

E’ proprio vero che il Vangelo non solo è parola di vita, ma anche, attraverso situazioni di vita lontane da noi circa duemila anni, racconta quello che capita tra noi oggi. Gesù era segno di contraddizione: c’era chi credeva in Lui come Messia, come Figlio di Dio incarnato, chi gli andava dietro per vedere o ottenere miracoli, chi ammirava le sue parole senza pronunciarsi su di Lui, chi lo riteneva un millantatore, un bugiardo, un bestemmiatore, chi gioiva per poterlo avere a pranzo a casa sua e chi avrebbe voluto solo “estirpare la mala pianta”. E oggi non è forse ancora così? Gesù è l’uomo più amato e più disprezzato della terra, c’è chi crede in Lui, chi è fanatico, chi si fa scudo del suo nome per nascondere i propri desideri e progetti, chi lo cerca solo in certe occasioni, chi bestemmia il suo nome, chi lo identifica con una religione e chi lo aborrisce proprio perché una religione dice di rappresentarlo. Gesù è il punto di divisione come aveva annunciato il vecchio Simeone al tempio, è la scelta “O con me o contro di me” è il giudizio del nostro presente e del nostro futuro: “Chi crede in me ha la vita eterna”. Sta dunque a noi scegliere. Ma il Vangelo ci mette in guardia anche contro un’altra cosa. Non pensiamo di far dipendere la nostra scelta su Gesù solo da ragionamenti e discussioni. Avete sentito che cosa succede nel Vangelo. Tutti discutono, tutti dicono la propria opinione, si insultano persino per aver pensato uno una cosa diversa dall’altro… e poi? “E tornarono ciascuno a casa sua”. Le parole, gli arzigogoli intellettuali, le prese di posizione per…, le discussioni, lasciano il tempo che trovano, anzi, spesso dopo una discussione si rischia di essere nemici e ciascuno ancor più convinto della propria opinione. Parliamo pure di Gesù, confrontiamoci sul vangelo, approfondiamo la fede con il dono dell’intelligenza, ma è nel tuo e nel mio cuore che possiamo e dobbiamo scegliere il Signore non tanto per dirgli : “Ho capito, sono sicuro, ho le prove…”, ma per dirgli. “Grazie, Credo, aiutami nella mia incredulità, Ti amo”.

 

 

DOMENICA 6 APRILE: V DOMENICA DI QUARESIMA B

Una scheggia di preghiera:

                                 

  TU, O CRISTO, SEI CAUSA DI SALVEZZA ETERNA PER TUTTI QUELLI  CHETI OBBEDISCONO. (Ebr.5,9)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

CATERINA DA PALLANZA Beata 

Il dolore può distruggere una persona oppure far nascere in lei cose meravigliose. Caterina da Pallanza fu provata fin da piccola. Era nata nel 1437 a Pallanza, ma subito, a causa della peste perse entrambi i genitori e 12 tra fratelli e sorelle. Si prese cura di lei la madrina, donna premurosa ed esemplare ma dopo pochi anni anch’essa morì. Questi dolori, invece che distruggerla, rafforzarono Caterina e le diedero uno slancio mistico sempre più ardente. A Milano poi, durante le predicazione del Beato Alberto da Sarteano  essa che lo aveva udito parlare della Passione di Gesù con tanto amore e commozione, promise di diventare testimone di quella Passione per tutta la sua vita..  Avrebbe voluto entrare in convento, ma il suo tutore si oppose. Appena le fu possibile si ritirò sul Sacro monte di Varese insieme ad altre donne devote. Anche qui le prove non mancarono: sorsero su questo gruppo di donne sole tutta una serie di maldicenze e di sospetti.. Allora Caterina chiese ed ottenne dal Papa Sisto IV di aderire alla regola di Sant’Agostino. Caterina fu superiora di questa nuova comunità ma quasi subito morì, quarantenne, nel 1478.

Parola di Dio: Ger. 31,31-34; Sal. 50; Ebr. 5,7-9; Gv. 12,20-33

 

“ALCUNI GRECI SI AVVICINARONO A FILIPPO E GLI CHIESERO:  SIGNORE, VOGLIAMO VEDERE GESU’ ”. (Gv, 12, 21)

Quando qualcuno ci avvicina e ci esprime il desiderio di ‘vedere Gesù’, il nostro cuore gioisce. E’ bello vedere che anche nel nostro mondo c’è ancora il desiderio di Dio ed è anche estremamente bello, commovente che proprio noi, povera gente, siamo chiamati a portare a Gesù qualcuno. Se guardate bene, lungo tutta la storia della Chiesa, in mille modi diversi, con grandi fatiche, con un dispendio meraviglioso di santità, i cristiani hanno sempre cercato di manifestare al mondo il volto di Gesù, e di questo non possiamo che gioirne, come non possiamo non gioire e dare tutta la nostra collaborazione a tutte quelle iniziative parrocchiali, diocesane,  che ci invitano a portare Gesù al mondo, e il mondo assetato di fede a Gesù. Ma, proprio guardando alla pagina del Vangelo di oggi, dobbiamo stare attenti a non cadere in alcuni errori. Qualcuno di noi pensa che mostrare il volto di Gesù sia aiutare qualcuno a ‘convertirsi alla Chiesa’, qualcun altro che per avvicinare i lontani si debba parlare la loro lingua fino al punto di essere talmente vaghi nel nostro annuncio da correre il rischio di presentare un Gesù diverso da quello che in realtà è, qualcun altro ancora pensa che siano le tecniche di evangelizzazione e le cose religiose a mostrare il volto del Signore. Quando Filippo e Andrea vanno da Gesù a riferire la richiesta di quei Greci, Gesù a prima vista non solo non sembra rispondere alla loro richiesta ma sembra cominciare a parlare d’altro. Se però noi leggiamo tra le righe del Vangelo di oggi scopriamo che Gesù manifesta il suo vero volto sia a quei Greci che agli apostoli che a noi e, contemporaneamente, ci insegna a mostrare agli altri il suo vero volto. A chi cerca il volto glorioso e trionfante di Gesù e della sua Chiesa Gesù mostra un volto sì glorioso ma ferito, sofferente. La vera gloria di Gesù non è quella delle acclamazioni di piazza o quella trionfante di mirabili processioni, è quella di aver offerto, nella sua passione e morte, la sua vita per noi. Il vero volto di Cristo è quello di sparire, confondersi, nella terra, di morire, per portare il frutto. Chi vuol seguire Cristo può andargli dietro e allora “sarà dove sono io”, ma Gesù prima di salire al cielo accetta  e vive la sua croce e la croce non è bella né per lui, né per noi. Diamoci dunque da fare per rispondere alla richiesta dei nostri contemporanei che desiderano vedere il volto di Gesù, ma offriamo loro questo volto soprattutto stando noi al posto dove Cristo è, nella gloria dei cieli , ma anche nelle croci della terra.

 

 

LUNEDI’ 7 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                     

TU SEI LA LUCE DEL MONDO. CHI TI SEGUE NON CAMMINERA’ NELLE TENEBRE. (Gv. 8,12)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ERMANNO, Santo, Monaco      

Nato a Colonia, in Germania, tra il 1150 e il 1160, sembra abbia esercitato in un primo tempo il mestiere di orologiaio ma poi, innamorato di Maria entrò in convento dove si prestò sempre per tutti i lavori umili come il servizio a tavola o in sacrestia. Scrisse anche libri di devozione dove si vede il suo particolare attaccamento a Gesù Bambino e alla Vergine. E’ considerato protettore dei celibi perché sposò misticamente Maria, ed è patrono dei Sacrestani.

Parola di Dio: Dan. 13,1-9.15-17.19-30.33-62; Sal. 22; Gv. 8.1-11

 

“MAESTRO, QUESTA DONNA E’ STATA SORPRESA IN FLAGRANTE ADULTERIO”. (Gv. 8,4)

Sabato scorso  meditavamo sul fatto che su Gesù ci sono state e ci sono le opinioni più diverse; oggi, pensando sia alla storia di Susanna letta nella prima lettura, sia alla donna adultera del Vangelo, scopriamo che ci sono anche morali ‘contraddittorie’ e che la contraddizione, anche tra cristiani, spesso avviene per interpretazioni diverse in campo morale. Facciamo proprio l’esempio dell’adulterio. C’è chi lo condanna senza remissione e in ogni caso, si fa forte in questa scelta nientemeno che dei dieci comandamenti di Mosé e, se non arriva come l‘Antico Testamento alla lapidazione della colpevole (guarda caso è sempre la donna: perché, l’uomo non ha fatto nulla o lui ha sempre diritto di essere ‘cacciatore’ e ‘galletto’?), vorrebbe punizioni esemplari, a chi dice: “Ma se ormai è una cosa comune, che cosa vogliamo moralizzare su queste cose?” a chi afferma esserci caso e caso, alcuni colpevoli e altri no, a chi dice “Ognuno si faccia gli affari suoi, purché non faccia del male a me”.

Che cosa ne pensa Gesù? Provate a rileggere il Vangelo di oggi. A Gesù in sé non interessa tanto l’adulterio, a Gesù interessano la donna e coloro che vogliono lapidarla. Noi non abbiamo davanti degli adulteri, abbiamo davanti delle persone con tutti i loro problemi con scelte sbagliate o giuste nella propria vita, e siamo anche noi persone. Non si può parlare, tranciare giudizi, predicare morali senza essere coinvolti. Prima di tutto per Gesù c’è la vita di questa donna e ci sono degli uomini che nell’ucciderla si macchierebbero di una colpa ancora maggiore, ecco perché quel: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra” deve farci riflettere: “Se io mi fossi trovato in quella situazione, con gli stessi limiti di quella persona, con la sua storia, sono sicuro che mi sarei comportato diversamente?” o, peggio ancora: “Io che condanno, non sto forse condannando anche me stesso perché, magari in altre cose, sto peccando anch’io”? e poi: “Serve a qualcosa una condanna a morte?” Non è che Gesù non abbia un criterio sull’adulterio infatti indirizza la  donna ad una cosa non molto facile: “non peccare più”, ma prima di tutto Gesù vuol dare a lei una nuova possibilità e vuol fare capire che Dio  non è il ragioniere dei peccati ma il Padre che ama il figlio e vede sempre per lui una possibilità di bene.

 

 

MARTEDI’ 8 APRILE

Una scheggia di preghiera:

 

TU CHE SEI STATO INNALZATO SULLA CROCE, ATTIRA TUTTI A TE. (Gv. 12,32)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ALBERTO Patriarca di Gerusalemme, Vescovo di Vercelli, Santo

Alberto nasce a Castel Gualtieri vesto la metà del secolo XII, dalla famiglia Avogadro. Nel 1180 è eletto priore dei Canonici Regolari di Santa Croce di Mortara (Pavia). Nel 1184 viene nominato Vescovo di Bobbio e nel 1185 trasferito a Vercelli dove resse la diocesi per 20 anni. Fu mediatore tra Clemente III e Federico Barbarossa. Per incarico di Innocenzo III nel 1199 mise pace tra Parma e Piacenza. Fu anche mediatore di tante altre paci tra nobili ecclesiastici e comuni. Nel 1205 Viene eletto Patriarca di Gerusalemme. Non potendo però entrare nella città perché occupata dai saraceni, fissò la sua sede ad Acco (San Giovanni d’Acri). Anche qui si prestò a mettere pace tra il re di Cipro e quello di Gerusalemme, fra il re di Armenia e il conte di Tripoli. Il 19 aprile 1213 il papa, che lo stimava molto, lo invitò al Concilio Lateranense IV al quale non poté partecipare perché durante un processione morì ucciso a colpi di martello da parte del maestro dell’Ospedale di Santo Spirito che egli aveva destituito dall’incarico per il suo dubbio comportamento.

Parola di Dio: Num. 21,4-9; Sal. 101; Gv. 8,21-30

 

“QUANDO AVRETE INNALZATO IL FIGLIO DELL’UOMO, ALLORA SAPRETE CHE IO SONO”. (Gv. 8,28)

Come sempre le cose che vengono molto usate spesso perdono il loro senso originale e vengono ‘abusate’.  Così qualche volta succede al segno della croce di Gesù. Che cos’è la croce? Prima di tutto nella sua cruda realtà è un segno di male: la croce è un supplizio atroce con cui l’uomo si arroga il potere di far soffrire un altro uomo e di ucciderlo a seconda di un suo giudizio di condanna. Sulla croce non è morto solo Gesù sono morti migliaia prima di Lui, bastava essere uno schiavo ed aver commesso una qualsiasi mancanza per finire sulla croce, sono morti a migliaia dopo di Lui pensate ai martiri cristiani e non solo quelli dell’epoca di Roma, ma anche recentemente ad esempio nelle rivoluzioni Spagnola e Messicana oppure nei lager, e poi la croce è diventata il segno di tutte le sofferenze anche nel nostro comune modo di parlare. Dunque la croce è in sé un male come erano un male i serpenti che mordevano gli Israeliti ed era un segno di quel male anche il  serpente di bronzo fatto innalzare da Mosè, eppure chi guardava quel serpente di bronzo veniva sanato. La croce diventa santa, fonte di salvezza perché sul quel terribile strumento di tortura segno di quanto gli uomini possano essere perversi, c’è Gesù,  e allora chi riconosce l’amore di Dio inchiodato a quella croce, da quella croce ottiene salvezza. Quando sono attento e consapevole, al mattino, facendo il segno della croce, compio questo gesto con un po’ di tremore ma anche con tanta gioia. Il tremore è dovuto alla mia incapacità di amare fino in  fondo. La croce e le croci mi fanno paura e se posso le evito, ma mi fa paura pensare alle croci inevitabili e allora facendo quell’ampio segno su di me chiedo a Gesù, il crocifisso, di darmi la capacità di somigliargli un po’ e di far sì che almeno alcune croci della giornata possano essere trasformate in amore e donazione, ma poi sono contento di farmi avvolgere in un abbraccio dalla croce di Gesù, perché è proprio la croce che mi difende dal male e dal maligno, perché è il crocifisso che mi insegna ad amare, perché è il segno della croce che mi apre ai sacramenti della salvezza e perché spero che al termine della mia vita sia ancora una croce misericordiosa a perdonare i miei peccati e l’abbraccio del crocifisso ad accogliermi nel suo regno.

 

 

MERCOLEDI’ 9 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                              

 BENEDETTO SEI TU, SIGNORE, DIO DEI NOSTRI PADRI, BENEDETTO IL TUO NOME GLORIOSO E SANTO. (Dan. 3,52)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ANTONIO PAVONI Beato

Quando noi sentiamo parlare di Inquisizione storciamo giustamente il naso, infatti non è con la coercizione che si ottiene la fede. Il beato che ricordiamo oggi fu Inquisitore generale del Piemonte ma, pur essendo figlio della sua epoca, seppe dare a questo suo compito, l’impegno di una missione. Era nato a Savigliano nel 1326. Fin da ragazzo ebbe grande facilità allo studio. A quindici anni aveva ottenuto di poter entrare nel convento domenicano della sua città e dieci anni più tardi era stato ordinato sacerdote. Il fervore della sua fede, la sua dirittura morale e le sue capacità intellettuali, lo portarono a 39 anni ad essere Inquisitore. In Piemonte c’erano diverse comunità ereticali e spesso le questioni religiose diventavano politiche e più spesso ancora si ricorreva alle armi. Egli cercò di portare pace e di predicare. Ottenne anche alcuni risultati positivi, ma si fece nemici acerrimi. Ecco come venne raccontata la sua morte.  Una mattina si presentò al Barbiere di Bricherasio dicendogli: “Fammi bene la barba, perché oggi devo andare ad un matrimonio” Il barbiere sapeva benissimo che non c’erano matrimoni e si stupiva perché il frate con un sorriso misterioso gli diceva che doveva andare al suo matrimonio. Infatti celebrata la messa, dopo aver predicato il vangelo, mentre usciva di chiesa venne attaccato da sette sicari che lo uccisero barbaramente. Molti miracoli sono raccontati sul luogo della sua sepoltura a Savigliano. E’ particolarmente ricordato anche nella chiesa di san Domenico a Racconigi dove sono presenti anche alcune sue reliquie.

Parola di Dio: Dan. 3,14-2046-50.91-92.95; Cantico da Dan. 3; Gv. 8,31-42

 

“VOI CERCATE DI UCCIDERMI PERCHÉ’ LA MIA PAROLA NON TROVA POSTO IN VOI”. (Gv. 8,37)

Facciamo un esempio per cercare di comprendere meglio questa parola di Gesù. Se vado alla fontana a prendere acqua e non ho il secchio, non posso portarla a casa; se vado con un secchio pieno di altre cose non ci sarà posto per l’acqua; se voglio portare a casa l’acqua della fontana devo avere un secchio vuoto, ed integro da poter riempire. Gesù dice a quei Giudei e a noi: “Tu rischi di non accogliermi, di uccidermi perché la mia parola non riesce a raggiungerti”. Infatti si può uccidere Gesù e la sua grazia in tanti modi. C’è chi è contrario a Gesù per principio ed ogni occasione è buona per accanirsi contro di Lui, la sua parola, chi lo rappresenta; ma c’è anche chi uccide Gesù dolcemente, giorno per giorno, quando ad esempio diciamo: “Tu, o Signore, mi fai degli inviti, delle proposte di vita... ma non oggi, oggi ho altro da fare!”; quando avremmo il tempo per la preghiera, per andare a Messa, per leggere una pagina di Vangelo ma... “Signore, non ne ho voglia!”; quando vediamo un fratello in difficoltà e sappiamo che almeno qualcosetta potremo tentare per lui... “Ma poi, questa situazione mi coinvolgerebbe troppo!”. E dagli oggi, dagli domani, Gesù, la sua parola, la sua Grazia diventano sempre più lontane, Gesù diventa un personaggio storico il suo Vangelo un qualcosa che magari conosciamo  a memoria ma che non è più vivo, che non coinvolge più la nostra vita. Per accogliere Gesù e non rischiare di essere tra quelli che lo uccidono bisogna guardare a lui con il cuore (avere il secchio) e con il cuore sgombro (il secchio vuoto) solo allora il Signore diventa acqua viva per la nostra sete. Gesù è il Vivente, ma se non trova persone vive, che accolgono la Sua Vita nuova, non può trasformarci dal di dentro.      

 

 

GIOVEDI’ 10 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                 

TU, O DIO, CI HAI DATO GESU’ E CON LUI CI HAI FATTO DONO DI OGNI COSA. (Rom. 8,32)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ANTONIO NEYROT (NEIROTTI, NIGER) Beato, Martire

A Rivoli si indica il luogo della nascita di questo beato nel posto dove sorse una cappella a lui dedicata. Fece professione religiosa nel convento di San Marco in Firenze. Si recò poi in Sicilia dove rimase per vari anni. Volendo ritornare in continente si era imbarcato su una caravella ma venne catturato con tutto l’equipaggio il 2 agosto 1458 da un corsaro, e portato in prigione a Tunisi. Fu poi liberato per opera di fra Giovanni, cappellano dei genovesi. Ma il sei aprile 1459 il Neirotti passava alla religione musulmana, si sposò e si accinse a tradurre in italiano il Corano. A causa di una apparizione, o a causa della notizia della morte di Sant’Antonino, decise di ritornare alla fede cristiana e di compiere pubblicamente abiura per cercare di riparare lo scandalo. Si recò quindi pubblicamente davanti al re di Tunisi, indossando il saio, pentendosi pubblicamente di aver abiurato alla fede e facendo la sua professione in Cristo. Il re lo fece gettare in prigione e condannare a terribili amputazioni e poi al rogo. Sul luogo del tormento fu colpito con sassi e spade e morì, ma quando si cercò di bruciare il suo corpo non vi riuscirono. Lo gettarono allora nella fossa delle immondizie. Alcuni mercanti Genovesi, però, ritrovarono il corpo e lo riportarono a Genova. Avvennero parecchi miracoli  e questi ne accrebbero la fama. Il beato Amedeo IX di Savoia chiese ed ottenne il corpo  del Beato per riportarlo a Rivoli, cosa che avvenne solennemente il 29 agosto 1469. A Tetti Neirotti c’è una pala d’altare che fino a qualche tempo fa era nella collegiata di Rivoli che raffigura il beato mentre viene martirizzato che guarda verso la Madonna della Stella (a cui è dedicata la Colleggiata di Rivoli).

Parola di Dio: Gen. 17,3-9; Sal. 104; Gv. 8,51-59

 

“SE UNO OSSERVA LA MIA PAROLA NON VEDRA’ MAI LA MORTE”. (Gv. 8,51)

Cerchiamo di interpretare con correttezza queste parole di Gesù per non correre il rischio di fargli dire qualcosa che non sia vero. Gesù non garantisce dal non morire terreno, anzi queste parole preludono di pochi giorni la sua stessa morte. Chi più di Gesù ha creduto nelle Parola di Dio? Eppure Gesù muore sulla croce come fisicamente sono morti grandi santi e peccatori e come fisicamente moriremo anche noi sia che abbiamo creduto sia che abbiamo rifiutato Dio. Anche i miracolati, coloro che per una grazia particolare sono stati salvati una volta da morte poi muoiono di nuovo. Lazzaro è davvero risorto ma poi anche per lui è arrivato il momento della fine della propria vita terrena. Gesù qui parla di un’altra morte per cui noi oggi possiamo vedere con i nostri occhi e anche sperimentare nella nostra vita cose meravigliose: morti che sono vivi e vivi che sono morti. Se Dio è il Dio della vita non è la nostra morte fisica che può far terminare il suo amore per noi, quindi la morte fisica non è che un passaggio, una dolorosa apparenza che porta  non alla fine, ma alla pienezza, mentre nello stesso tempo si può essere vivi fisicamente ma morti se ci chiudiamo a quello che è l’amore di Dio, alla sua linfa vitale. Se nella mia vita ripongo le mie speranze, le mie attese solo nelle cose, le cose finiscono, passano come passano i poteri e i piaceri terreni. Non è Dio che uccide, è l’uomo che ha la terribile possibilità di uccidersi non realizzandosi secondo il progetto di Dio. E qual è il progetto di Dio su di noi? Tutto ciò che è vita vera, amore, donazione, gioia, in una parola sola tutto ciò che Gesù ci ha detto e che ci ha testimoniato. Se dunque io accolgo la sua parola e cerco di metterla in pratica, io, oggi ho già vinto la morte, cioè io vivo in un progetto che il Dio della vita ha su di me e che non può aver fine.

 

 

VENERDI’ 11 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                

TI AMO, SIGNORE, MIA FORZA, MIA ROCCIA, MIA FORTEZZA, MIO LIBERATORE.(Sal. 18,2-3)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ANGELO DA CHIVASSO Beato   

Il suo nome è Antonio Carletti. Nato verso il 1441 fu Francescano Osservante nel monastero di Genova dove, data la sua cultura, fu insegnante dei giovani frati. Bene amato da tutti presto ricoprì importanti cariche nel suo ordine. Sisto VI che lo aveva conosciuto personalmente a Genova lo fece nunzio pontificio per organizzare una crociata contro i musulmani, ma non riuscendo a trovare l’accordo tra i principi cristiani la crociata fallì e Angelo voleva ritirarsi, ma il nuovo papa Innocenzo III lo nominò nunzio e commissario apostolico nella crociata contro i Valdesi. Predicò a Pinerolo, a Susa e poi nel Monferrato. Riuscì ad evitare che Filippo II ‘Monsignore’ scendesse in armi contro i Valdesi, anzi nel 1493 arrivò ad un accordo con i Valdesi di Pinerolo. Essendo un grande predicatore lo troviamo in Piemonte, Lombardia ed Emilia per cicli di predicazioni e quaresimali. Morì a Cuneo forse l’11 aprile 1495.

Parola di Dio: Ger. 20,10-13; Sal. 17; Gv. 10,31-42

 

“VI HO FATTO VEDERE MOLTE OPERE BUONE DA PARTE DEL PADRE MIO; PER QUALE DI ESSE MI VOLETE LAPIDARE”,(Gv. 10,32)

Sono parole cariche di meravigliata ironia quelle che Gesù dice a quei Giudei che andavano a cercare pietre per lapidarlo, ma sono anche parole di estremo verismo che constatiamo quotidianamente. Gesù “aveva fatto bene ogni cosa” dice il Vangelo. Non era venuto a riscuotere tasse, neppure da parte di Dio, aveva portato solo doni, miracoli, guarigioni, liberazioni; aveva detto parole che non portavano nessuno a morire ad odiare ma parole di vita, di speranza di gioia, eppure c’è gente che vuole ucciderlo e che ci riuscirà a farlo. Perché? Perché spesso gli uomini, specialmente i potenti, preferiscono che l’uomo sia schiavo piuttosto che libero, che abbia paura piuttosto di essere sereno, che continui battersi il petto tenendo gli occhi bassi  piuttosto che lotti contro il male e il peccato ma ad occhi aperti e allora tutti coloro che parlano di libertà, che, magari anche sbagliando, lottano per la liberazione dell’uomo dalle sue schiavitù, tutti coloro che insomma “cantano fuori del coro”, non la pensano con il potere costituito, hanno la presunzione di avere idee proprie, sono potenziali nemici da far star zitti o a colpi di pietre o  in mille altri modi purché stiano zitti, non diano fastidio, purché l’ignoranza e la paura continuino a regnare di modo che qualcuno, sia intellettuale o ricco, o religioso, o potente della terra, possa continuare a considerarsi migliore degli altri e padrone del suo prossimo. Ma il potere, qualunque esso sia, ha una debolezza: proprio mentre uccide mette il seme per un qualcos’altro che moltiplica ciò che si è ucciso. Il Vangelo di oggi ci ricorda  nella sua ultima parte che molti seguaci di Giovanni credettero a Gesù. La testimonianza di Giovanni non è finita con il colpo di spada che gli ha reciso la testa. I capi religiosi e politici di Israele penseranno di essersi liberati di Gesù, mettendolo in croce, ma quella croce diventerà proprio il segno del cristianesimo, gli imperatori romani pensavano che uccidendo un po’ di cristiani avrebbero messo a tacere questa “fastidiosa setta di poveracci” ma il sangue dei martiri ha generato nuovi cristiani e anche oggi quanti “difensori di ordini o di religioni precostituite” pensano di far tacere la verità mettendole delle maschere o reprimendola. Si può ferire, far soffrire  uccidere coloro che annunciano la verità, ma la verità non si può nasconderla o farla tacere, prima o poi griderà ancora più forte e “guai a chi si troverà ad aver combattuto contro Dio” (cfr. Atti 5,39).

 

 

SABATO 12 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                                                          

TU CAMBIERAI IL NOSTRO LUTTO IN GIOIA.(Ger. 31,13)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GUALBERTO DI SAVOIA Beato

Nacque verso la fine del XII secolo o verso l’inizio del XIII. Era certamente a Bologna al momento della morte di San Domenico e assistette anche alla guarigione di un indemoniato sulla sua tomba. Si fece domenicano e predicò il vangelo  per vent’anni tra le montagne della Savoia e del Piemonte. Aveva celebrato la sua prima messa in un paese che si chiamava Acquabella e lì volle celebrare anche la sua ultima Eucarestia, dopo la quale morì. Si dice che sulla sua tomba avvenissero molti miracoli. La data della sua morte dovrebbe essere prima del 1260.

Parola di Dio: Ez. 37,21-28; Cantico da Ger. 31; Gv. 11,45-56

 

“E’ MEGLIO CHE MUOIA UN SOLO UOMO PER IL POPOLO E NON PERISCA LA NAZIONE INTERA. NON VERRA’ EGLI ALLA FESTA?” (Gv. 11,49.56)

Domani, domenica delle Palme, inizierà la settimana santa di Gesù, quindi concludiamo oggi il cammino della quaresima con due frasi del Vangelo. La prima è del Sommo sacerdote Caifa. Sembra la frase di un consumato diplomatico è invece una profezia: sì, perché le profezie possono esserci anche mentre si condanna a morte un uomo. Gesù muore perché il popolo, noi, abbiamo la vita. E’ l’amore di Dio che ha il sopravvento sulla cattiveria. Mentre i rappresentanti del potere preparano la morte di un uomo, quell’uomo attraverso il dono della vita offre a tutti, anche a loro la possibilità di vivere. Di qui una prima indicazione per rivivere la passione di Gesù in questi giorni: il senso del meravigliato ringraziamento. Gesù si è addossato il nostro peccato, Gesù ha sofferto e patito le conseguenze del mio male perché non dovessi patirle io, Gesù trasforma le croci in amore, Gesù mi ama fino a donarmi tutto se stesso anche il suo corpo, la sua vita. Ed è per questo che Gesù “andrà alla festa”. No, non perderà l’appuntamento con la Pasqua e la sua Pasqua, non scapperà davanti alla croce, saprà affrontare la sua passione e anche l’apparente silenzio di Dio, sicuro della fedeltà del Padre, certo che come Lui morrà con le braccia aperte per accogliere tutti noi anche il Padre avrà le braccia aperte per accogliere Lui e noi nella vita che dura per sempre. Gesù è fedele al suo appuntamento con l’amore donato, con la passione, la morte, con la vita, con suo Padre, ma noi ci saremo a questa Pasqua? Noi oggi abbiamo un appuntamento con l’amore, anche noi, oggi possiamo trasformare qualche croce in risurrezione, anche noi abbiamo appuntamento con un Dio fedele che vuol farci fare il passaggio dal male alla vita… Signore,  fa che non manchi questo appuntamento di oggi per non correre il rischio di mancare l’appuntamento finale.

 

 

DOMENICA 13 APRILE: DOMENICA DELLE PALME B

Una scheggia di preghiera:

                                               

DIO MIO, DIO MIO, PERCHE’ MI HAI ABBANDONATO? (Mt.27,46)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

CELSO Vescovo di Vercelli, Santo.

Celso è il 26° Vescovo di Vercelli, nacque nel 610 e morì il 13 aprile del 665. Pur essendo vissuto in epoca non molto facile a causa delle invasioni longobarde, crebbe  culturalmente e spiritualmente nel cenobio voluto da Sant’Eusebio. Uomo casto e semplice, ebbe a cuore la popolazione cristiana, era disponibile all’ascolto, clemente nell’amministrare, di fede ortodossa . Fu ricordato nella Chiesa di Vercelli finché duro il rito Eusebiano e cioè nella seconda metà del secolo XVI.

Parola di Dio: Is. 50,4-7; Sal. 21; Fil. 2,6-11; Mc. 14,1-15,47

 

“OSANNA, BENEDETTO COLUI CHE VIENE NEL NOME DEL SIGNORE!…TUTTI GLI RISPOSERO: SIA CROCIFISSO!” (Mc. 11,9; Mc. 15,13)

La domenica delle Palme sembra, a prima vista una grande contraddizione. Ricordiamo l’ingresso gioioso di Gesù in Gerusalemme, accolto da segni e canti di gioia, e leggiamo la sua passione e morte avvenuta proprio in quella settimana con l’avallo di tutte quelle persone che solo pochi giorni prima lo avevano acclamato. Battiamo le mani al passaggio della processione, agitiamo i rami di ulivo, li portiamo nelle nostre case come segno di festa e benedizione e poi accettiamo come male minore che Cristo muoia nelle guerre che noi giustifichiamo, nelle mille forme di violenza quotidiana che a parole esecriamo ma che nei fatti accettiamo come inevitabili. Rivestiamo le nostre celebrazioni religiose dei paludamenti più ricchi ed appariscenti e spesso confondiamo il fasto con l’onore da tributare a Dio, mischiamo croce e resurrezione. Ma è proprio questo il senso della domenica delle palme, della redenzione, dell’amore smisurato di Dio e della grettezza dell’uomo. L’Osanna non ha senso se non è indirizzato a ‘colui che viene’ per dare la sua vita per noi. La croce non ha senso se non è amore. La gloria esteriore della Chiesa è putridume se non è riflesso amoroso  della gloria di un Dio che per amore si è donato totalmente a noi. Il ramo di ulivo agitato e portato a casa non ha senso se non è accoglienza vera al Cristo della storia e al Cristo che bussa oggi alle porte della Chiesa. E non ha senso neanche solo piangere davanti alla passione di Cristo se non siamo capaci di piangere e di cercare di agire davanti alle passioni degli uomini, e non ha senso inorgoglirci per essere cristiani se non riconosciamo che questo è solo grazia e che portiamo in noi stessi la possibilità del tradimento di Giuda, del rinnegamento di Pietro, della fuga degli apostoli, della supponenza dei religiosi che ‘per fede’ fanno morire. Contraddizione sì, perché celebriamo gioia e dolore, morte e dono di vita, atto di fede e tradimento, ma contraddizione che è superata da una sola cosa, sulla quale dovremmo fermarci a meditare questa settimana e sempre: un amore, gratuito, immenso, di un Dio che ci ama così come siamo “fino alla morte e alla morte di croce”.

 

 

LUNEDI’ DELLA SETTIMANA SANTA 14 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                           

SALVE O NOSTRO RE, TU SOLO HAI COMPASSIONE DI NOI PECCATORI. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MARIA CLOTILDE DI SAVOIA – BONAPARTE, Serva di Dio

Nata a Torino il 2 Marzo 1843, era figlia primogenita di Vittorio Emanuele II e di Maria Adelaide d’Austria. All’età di quindici anni fu data in sposa a Girolamo Bonaparte, nipote di Napoleone I e cugino di Napoleone III. Era un matrimonio imposto e molte erano le differenze, specialmente religiose tra i due, inoltre Girolamo aveva 20 anni più di lei. Dal matrimonio nacquero tre figli: Vittorio Napoleone, Luigi Napoleone e Maria Letizia. Maria Clotilde, nonostante le difficoltà e il fasto della corte parigina conservò lo spirito di pietà e il distacco dai beni dedicandosi interamente alla educazione dei figli e alle opere di carità. Subì le prove che vennero quando la dinastia napoleonica venne detronizzata. Nel 1871 entrò a far parte del Terz’Ordine Domenicano prendendo il nome di Maria Caterina del Sacro Cuore. Nel 1878 rientrò in Italia e si stabilì nel castello di Moncalieri. Tra i due sposi si era stabilita una separazione amichevole e vi erano buoni rapporti tanto che quando Girolamo morì lei era al suo capezzale e riuscì a vederlo morire da cristiano. A Moncalieri si dedicò sempre alla preghiera e alle opere di carità, tanto che i suoi concittadini, specialmente i più umili la chiamavano : “La santa di Moncalieri”. Fu sepolta a Superga. Un monumento le fu dedicato, ad opera di Pietro Canonica nella collegiata di Santa Maria della Scala di Moncalieri.

Parola di Dio: Is. 42.1-7; Sal. 26; Gv. 12,1-11

 

“MARIA, PRESA UN LIBBRA DI OLIO PROFUMATO DI VERO NARDO, COSPARSE I PIEDI DI GESU’ E LI ASCIUGO’ CON I SUOI CAPELLI, E TUTTA LA CASA SI RIEMPI’ DEL PROFUMO DELL’UNGUENTO”. (Gv. 12,3)

Ci sono linguaggi che superano le parole, ci sono gesti che valgono più di lunghi discorsi. A volte una stretta di mano, un sorriso, vale più di una lunga, arzigogolata spiegazione. Maria ha un gesto in cui esprime tutto quello che c’è nel suo cuore e quel gesto nello stesso tempo, proprio perché nasce dall’amore, supera anche quello che Maria stessa voleva significare. Maria di Betania è già abituata a stare ai piedi di Gesù per ascoltarlo e non solo pende dalle sue labbra per comprenderne le parole, ma tutto il suo essere è in comunione con il suo maestro. Lei è lì, mente, cuore, sentimenti, vibrazioni del corpo, tutto per lei è conoscenza, ascolto, amore. Maria ha capito con l’intuizione profonda della donna che il suo posto è lì ora anche per un altro motivo: la riconoscenza. Gesù vuole bene alla sua famiglia, Gesù ha portato in quella casa se stesso, la gioia, il perdono, l’amicizia profonda, Gesù ha fatto risorgere suo fratello, Gesù ha dato fondamento alla fede delle due sorelle. Ecco allora il suo gesto: vuol dire grazie, vuol dire gioia, vuol dire aver capito qual è il proprio posto e rispettarlo, vuol dire avere delicatezza ed esprimere la donazione totale di sé, vuol dire “benedire i piedi dei messaggeri di buone notizie”, vuol dire essere servitori premurosi, innamorati e le sue lacrime sono lacrime di nostalgia e di gioia, lacrime di fedeltà e di adorazione. Esse più che dagli occhi nascono dal cuore. E Maria con questo suo gesto così bello e silenzioso, così umile e così profondo fa anche qualcosa che va oltre alle sue intenzioni. Lei unge il Re, il Signore: Il Padre lo aveva “unto”, incaricato nel Battesimo e nella Trasfigurazione, Maria lo unge come aveva fatto Samuele con Davide: Gesù è l’unto di Dio l’incaricato della nostra salvezza, il Messia. E lo unge anche anticipando gli unguenti usati  per la sepoltura. Maria, capitemi bene, quasi da l’estrema unzione a Gesù, la forza, il coraggio per affrontare la sua passione e la morte. Non posso che rimanere ammirato davanti a questo gesto dettato dall’amicizia profonda e un po’ vergognoso della mia fede spesso fatta solo di parole: Signore, che nella mia vita ci siano dei gesti per dirti che ho capito quanto mi vuoi bene  e che aldilà delle parole possa aleggiare sempre in casa mia il profumo della riconoscenza.

 

 

MARTEDI’ DELLA SETTIMANA SANTA 15 APRILE

Una scheggia di preghiera:

    

SALVE, NOSTRO RE, OBBEDIENTE AL PADRE: SEI STATO CONDOTTO ALLA CROCE COME AGNELLO MANSUETO AL MACELLO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

CAMILLA PIO DI SAVOIA, Beata  

Nasce verso il 1446 da Gilberto II Pio di Savoia, signore di Carpi e da Elisabetta Migliorati di Fermo. Desiderosa di vita monastica fonda a Carpi un convento secondo la regola di Chiara d’Assisi dove vive modesta, esemplare e pia. Muore dopo una lunga malattia il 15 Aprile 1511.

Parola di Dio: Is. 49,1-6; Sal. 70; Gv. 13, 21-33.36-38

 

“PIETRO DISSE: DARO’ LA MIA VITA PER TE”. (Gv. 13,37)

La Chiesa, i papi hanno fatto tanto per affermare il Magistero di Pietro e dei suoi successori ed io lo rispetto e lo amo, ma Pietro non ha avuto bisogno di dogmi per essermi maestro. Mi è maestro nella sua defettibilità e nel suo entusiasmo, nelle sue velleità e nelle lacrime amare che versa, nella furia del suo venirti dietro e nell’umiltà di dirti  “Tu sai che ti amo”. Più che al Pietro delle definizioni teologiche faccio riferimento a quel Pietro concreto che tu, Gesù, hai scelto e fatto diventare tuo apostolo, tuo fondamento della Chiesa con tutti i pregi e limiti del suo carattere, perché in tante cose assomiglio a Pietro e in altre vorrei somigliare a Lui. Quante volte, anch’io come Pietro ti ho detto: “Darò la mia vita per te!” ma nello stesso tempo come lui ho preferito le parole, le preghiere piuttosto che cercare di correre dietro al traditore appena svelato e appena uscito per cercare di capirlo, di ragionarlo. Troppe volte ho trovato “più giusto” (o più comodo) stare in chiesa ad aspettare i miei fratelli piuttosto che mettermi sulle loro strade; quante volte in momenti di entusiasmo ho sentito nel cuore la voglia di spaccare le montagne per te, Gesù, ma erano le montagne della fantasia che si spaccano bene stando seduti. Quante volte ti ho promesso di emendarmi dai miei mali e dai miei peccati :”Ti prometto, non lo farò più” e mentre lo dicevo già il mio intimo  poneva le basi per la prossima volta… Pietro mi è maestro e mi ha insegnato  a diffidare di me stesso: è da parecchio ormai che ti prometto poco o Signore, che invece di dirti: “farò” cerco di dirti: “Se tu mi guiderai, faremo”. E vorrei continuare ad imparare dal maestro Pietro il saper accogliere il tuo perdono con gioia, il suo entusiasmo ma fondato su di Te, vorrei imparare da lui e dai suoi successori la pastoralità che sta nell’andare a cercare le pecore per curarle, per dare loro la vita e non nell’ergere solo steccati per dividere i buoni dai cattivi, vorrei imparare da Pietro anche a confrontarsi con gli altri come gli succederà con Paolo e a cercare la verità non solo in se stessi ma anche  ovunque il Tuo Spirito operi.

Grazie Gesù per avermi dato un maestro così come quel povero San Pietro!

 

 

MERCOLEDI’ DELLA SETTIMANA SANTA 16 APRILE

Una scheggia di preghiera:

               

TU, GESU’, SEI VENUTO NON PER ESSERE SERVITO MA PER SERVIRE E DARE LA TUA VITA   IN RISCATTO PER TUTTI GLI UOMINI. (Mt. 20,29)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

UGOLINA DI VERCELLI, Beata

Una storia molto strana quella di questa Beata vercellese vissuta sulla fine del 1200 – inizio 1300. Essa andò a chiudersi in un romitorio, facendosi passare per uomo e vi rimase per quarantasette anni per sfuggire alle mire di suo padre.  Per non svelare il  suo segreto si fece chiamare Ugo senza rivelare a nessuno la sua identità. Nel romitorio essa crebbe nella fede e nella preghiera. Quando morì allora si venne a sapere che era una donna e si poté ricostruire la sua vicenda in mezzo alla sorpresa e ammirazione di tutti.

Parola di Dio: Is. 50,4-9; Sal. 68; Mt. 26,14-25

 

“IN VERITA’ VI DICO: UNO DI VOI MI TRADIRA’ ”. (Mt. 26.21)

Giuda è stato chiamato da Gesù ad essere apostolo: è uno dei 12. E’ amato da Gesù. Ha ascoltato, seguito il Maestro. Quando Gesù manda gli apostoli per una prima breve missione, anche lui va a predicare la buona novella. San Giovanni ci ricorda che ha un compito particolare nel gruppo: quello di tenere la cassa comune. Si sono fatte molte supposizioni sul motivo del suo tradimento. Qualcuno sottolinea il motivo dell’avidità di denaro (30 denari era il costo della vendita di uno schiavo), qualcuno parla di predestinazione, qualcuno interpreta l’atto di Giuda come quello di uno che aveva interpretato Gesù come liberatore politico, ma vedendo che Gesù non agiva, lo vuoi mettere in condizioni di agire con i suoi poteri straordinari, o per lo meno di essere causa di una sommossa popolare. Forse è un bene non sapere esattamente il motivo del tradimento di Giuda. Si può tradire per mille motivi: ogni discepolo sa di poter essere lui a tradire il suo maestro. Infatti ogni discepolo può, come Giuda, non capire il dono. Il tradimento si consuma attraverso un bacio o abbraccio di amicizia, che è il saluto tipico del discepolo al suo Maestro. E’ forse la somma di tutti i baci con i quali l’uomo si impossessa dell’uomo e lo tradisce in ciò che ha di meglio: l’amore, il dono. Infatti il tradimento di Giuda è volersi impossessare di Gesù, costringerlo ai propri progetti. E’ l’antico peccato di Adamo (voler diventare come Dio) ed è il peccato di ogni uomo quando si vuoi costringere Dio ai nostri pensieri, quando non si accetta il suo amore, quando si considera più importante la “nostra libertà”, la nostra morale piuttosto che l’accettazione del suo dono che ci libera nel profondo. Ma qual è il vero grande peccato di Giuda? Non è il tradimento, che poteva essere perdonato come il rinnegamento di Pietro, è la disperazione. Giuda, dice il Vangelo, si pente di ciò che ha fatto, cerca persino di riparare il male commesso, andando a restituire i denari, ma poi si chiude in se stesso, gli manca di sperare nel perdono, non si lascia toccare dalla misericordia di Gesù: “Dopo quello che ho fatto, Dio non può più perdonarmi”. Gesù lo aveva detto chiaro: “Tutti i peccati potranno essere perdonati, eccetto quelli contro lo Spirito Santo”. E il peccato è proprio non permettere allo Spirito che faccia giungere a noi la misericordia di Dio. In fondo il peccato di Giuda è quello di essersi voluto mettere lui al centro, di aver voluto essere lui a gestire Gesù e dopo di essersi ancora messo lui al centro e di non aver saputo vedere e accogliere colui che avrebbe potuto liberarlo da se stesso e dal suo peccato.

 

 

GIOVEDI’ DELLA SETTIMANA SANTA 17 APRILE: CENA DEL SIGNORE

Una scheggia di preghiera:

            

ANNUNCIAMO LA TUA MORTE, SIGNORE; PROCLAMIAMO LA TUA RISURREZIONE,  NELL’ATTESA DELLA TUA VENUTA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

INNOCENZO, Vescovo di Tortona, Santo.  

Sarebbe il primo vescovo di Tortona ordinato da Eusebio di Vercelli che esercitò il suo ministero tra il IV e il V secolo. Una sua “Vita” invece lo dice nato a Tortona alla fine del III secolo arrestato come cristiano e torturato. Liberato miracolosamente si trovò a Roma e fu ordinato vescovo di Tortona da Papa Silvestro. Ritornato a Tortona “si mostrò zelante pastore, distrusse molti templi pagani, edificò parecchie chiese, operò miracoli e convertì tutta la città”. Qualunque sia la vera versione della sua storia, il culto in Tortona è molto antico.

Parola di Dio: Es. 12,1-8.11-14; Sal. 115; 1Cor. 11,23-26; Gv. 13,1-15

 

“DOPO AVER AMATO  I SUOI CHE ERANO NEL MONDO LI AMO’ SINO ALLA FINE”. (Gv. 13,1)

Dopo l’ultima Cena Gesù si consegna nelle mani degli uomini per il servizio totale e per il dono completo di sé. Tutto questo lo vediamo raffigurato nel segno della lavanda dei piedi e nel dono dell’Eucarestia.

Per lavare i piedi ai suoi discepoli Gesù depone le vesti: è il segno della sua spoliazione in nostro favore; ci ha dato tutto ed ora anche se stesso. Comprendiamo, dunque, che non vi è autentica partecipazione all’Eucarestia se non aumenta in noi, di volta in volta, lo spirito del servizio, che può esprimersi e realizzarsi in tanti modi diversi. Esso, secondo il Vangelo deve avere queste caratteristiche: l’amore, la gratuità, la fedeltà perseverante, la scelta degli ultimi, la spoliazione di noi stessi. Ogni domenica, ad ogni Eucarestia, dobbiamo deporre le nostre vesti, spogliarci di qualche cosa, renderci più disponibili, rivestirci dei sentimenti che furono in Cristo Gesù. Lo spirito di servizio del credente deve essere innanzitutto verso il Signore: mettere Lui al di sopra di tutto, fare la sua volontà, donargli un po’ del tempo che Lui ci dà per la preghiera, la contemplazione, l’adorazione, l’ascolto docile e silenzioso della sua parola, l’apertura perché ci riempia del suo Spirito. Ma poi il Signore ci chiede non soltanto di servire, ma anche di lasciarci servire da Lui. Egli vuol servirci con le sue consolazioni: “Venite a me voi tutto che siete affaticati e oppressi e io vi consolerò”. Lasciarci servire dal Signore fino a quando ci farà sedere alla mensa della pienezza del suo regno e ci servirà per sempre. Lasciarci servire da Lui non significa passivismo, significa trovare forza, rinnovare lo spirito perché quando la Messa è finita, quell’ “Andate in pace” possa diventare non un vivere nel proprio intimismo che qualche volta sconfina nel proprio egoismo, ma sia un andare per donarci e servire a nostra volta.

 

 

VENERDI’ DELLA SETTIMANA SANTA 18 APRILE: PASSIONE DEL SIGNORE

Una scheggia di preghiera:

                                     

 PADRE, NELLE TUA MANI AFFIDO IL MIO SPIRITO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

FRONTIGNANO DI ALBA, Santo  

San Frontignano, patrono di Alba è uno di quei personaggi che le tante leggende alla fine confondono. Si dice fosse di origine francese, di Carcassonne, fu martire nei primi secoli, forse anche lui un soldato o di quella famosa legione Tebea o di qualche altra legione che dovette scegliere tra il culto dell’imperatore o del Dio di Gesù. Certo che il culto di questo martire sembra antico ad Alba. Già nel IV secolo il suo corpo era venerato in una basilica a lui dedicata. Nel 1455 venne poi trasportato nella cattedrale di Alba.

Parola di Dio della azione liturgica del Venerdì Santo: Is. 52,13-53,12; Sal: 30; Ebr. 4,14.16; 5,7-9; Gv. 18,1-19,42

 

“DONNA, ECCO TUO FIGLIO” . “FIGLIO, ECCO TUA MADRE”. (Gv. 19,26)

Oggi, venerdì santo tutto parla di dolore, ma tutto parla anche di estremo amore. Oggi trionfa il peccato che ancora una volta attraverso un uso sbagliato del potere sia religioso che civile è riuscito a mettere in croce un giusto, trionfa il peccato del tradimento di un amico con un bacio, del rinnegamento per paura, della fuga per non compromettersi, parla la cattiveria che infierisce in mille modi contro un innocente, ma parla anche una sofferenza sopportata per amore, un farsi carico di tutte le sofferenze di ogni uomo, il voler crocifiggere il male per liberarci dal male e Giovanni ci ricorda questo attraverso alcuni segni: dal costato squarciato di Gesù escono sangue ed acqua, simbolo del battesimo e della Eucarestia. Egli  morendo “emise lo Spirito” cioè donò lo Spirito. Battezzati, nutriti e sostenuti dall’Eucarestia, illuminati e guidati dallo Spirito, viviamo la nostra vita di discepoli nella logica di Gesù che è quella del dono totale, dell’amore, della condivisione. In questa prospettiva anche le nostre sofferenze fisiche, psicologiche, morali, spirituali acquistano senso, valore e fecondità.. E per sostenerci Gesù ci fa ancora un dono: ci ha donato tutto, ora ci dona anche sua Madre. Maria ha donato un corpo a Gesù, ora attraverso quel corpo morente Gesù dona a noi sua Madre e Maria, da quel giorno, Lei, la Gloriosa, l’assunta al cielo, non ha mai smesso di essere vicina a tutte le vicende di ogni uomo come madre Consolatrice e Ausiliatrice. Maria vede e piange per le sofferenze di ogni suo figlio, Ci genera quotidianamente nel dolore, ci sostiene con il suo calore e tenerezza di donna e di madre, con–patisce le nostre sofferenze, ha un desiderio solo portarci a suo Figlio, far sì che per noi la passione di Gesù non risulti vana. Quel giorno con Suo Figlio Maria ha provato tutto del dolore, ha provato anche con Lui la paura dell’abbandono di Dio, ma c’era ai piedi di quella croce, il suo sì all’angelo lo ha ripetuto in quel momento e penso anche davanti al buio, al dolore e alla morte le siano ritornate in mente anche le altre parole che l’angelo le aveva rivolto: “nulla è impossibile a Dio” e vedendo i sussulti di quel corpo di Dio che moriva aveva nel cuore ferito la speranza della potenza di Dio e del suo amore. E così, da quel giorno, Maria ai piedi di ogni nostra croce continua il suo calvario di amore ma è anche per noi segno di speranza: colui che muore è destinato ad una vita che non muore.

 

 

SABATO DELLA SETTIMANA SANTA 19 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                

 NELLA MEMORIA DELLA MORTE DI CRISTO VENGANO A NOI IL PERDONO E LA  CONSOLAZIONE. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BONONIO DI LUCEDIO. Santo

Molto probabilmente era di origine Bolognese. Visse sulla fine del primo millennio, fu monaco benedettino. Partì però un giorno verso l’oriente, tentato dalla vita eremitica, ma presto là divenne un personaggio di importanza addirittura politica. Stabilitosi presso il Cairo conquistò simpatie e amicizie che gli permisero addirittura di restaurare chiese e fondare un monastero benedettino. Quando nel 982 un gran numero di cristiani stava per essere avviato verso i mercati della schiavitù essendo fatti prigionieri dopo una disfatta militare Bononio cercò la liberazione di molti di essi. In molti casi ci riuscì. Libero il Vescovo di Vercelli Pietro che accompagnò con altri a Costantinopoli per farli imbarcare per la patria. Sperava il Bononio di potersene stare in pace alle pendici del Sinai, ma Pietro vescovo di Vercelli gli chiese di diventare abate del monastero di Lucedio (presso Trino Vercellese). Egli, sebbene a malincuore, accettò, ma nel viaggio di ritorno incontrò ancora tante peripezie che prima di arrivare a Lucedio ebbe ancora tempo di fondare un monastero in Toscana. A Lucedio visse ancora a lungo, fino alla sua morte nel 1026.

Parola di Dio: Oggi non c’è liturgia. 

 

“ORA LA TERRA ERA INFORME E DESERTA”. (Gen. 1,2)

Lo sappiamo bene tutti che oggi è il giorno del silenzio. Le chiese sono spoglie, vi troneggia solo la croce. Non ci sono liturgie fino a questa sera. Tutto tace.

Sembra che quella pietra posta sul sepolcro dell‘uomo - Dio abbia chiuso ogni possibilità di dialogo. L’uomo non ha ritrovato se stesso perché ha ucciso Dio. Dio che era venuto a parlare e a donarsi non può più farlo perché lo abbiamo messo, morto, in una tomba chiusa. Come è difficile il silenzio specialmente per noi abituati alle parole continue, ai continui rumori. Come è difficile star zitti anche nella preghiera. Eppure è proprio dal silenzio e nel silenzio che dovrebbe maturare il senso della vita. Il nostro corpo si è formato nel silenzio di un grembo prima di sbocciare alla vita, il seme caduto nella terra in silenzio muore per poi spuntare e portare frutto… Il silenzio può essere vuoto, paura e allora si cerca di riempirlo con suoni parole, cose che stordiscano, ma il silenzio può essere il gran momento in cui prendiamo coscienza di chi siamo, di chi è Dio per noi, di che cosa sia davvero la nostra vita. Sia il silenzio ad accompagnarci oggi per prepararci al grido di gioia di questa notte: Cristo è davvero risorto, dunque noi possiamo risorgere con Lui.

 

 

DOMENICA 20 APRILE: PASQUA, RISURREZIONE DEL SIGNORE B

Una scheggia di preghiera:

                                   

CONCEDICI DI RINASCERE NELLA LUCE DI CRISTO RISORTO. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

SARA, Santa, Martire      

Sara aveva sposato un funzionario di Diocleziano e poi era diventata cristiana. Il marito, allo scoppiare della  persecuzione abiurò. Lei fuggì con i figli verso Alessandria, dove voleva farli battezzare. Durante il viaggio una tempesta si abbatté e Sara rimase ferita al petto. Con il suo stesso sangue volle battezzare i figli. Si salvarono dal mare ma al ritorno fu lo stesso marito a denunciarla e lei e i figli morirono sul rogo.

Parola di Dio: Atti 10,34.37-43; Sal. 117; Col. 3,1-4 opp. 1Cor. 5,6-8; Gv. 20,1-9

 

“MARIA DI MAGDALA SI RECO’ AL SEPOLCRO DI BUON MATTINO…” (Gv. 20, 1)

Maria di Magdala che va di buon mattino al sepolcro  diventa un segno per tutti noi. E facile immaginare il suo passo. E’ tipico di chi si reca al cimitero. Non si corre di certo quando si ha un appuntamento con la morte. Così come non si corre allorché si è intruppati in un corteo che segue una bara. Non si corre quando si va a versare lacrime sulla tomba di Colui nel quale si erano investite tutte le speranze, che si era amato più di tutto e di tutti. E poi c’è paura e preoccupazione: c’è una grossa pietra da smuovere…Anche a noi ogni ostacolo, ogni difficoltà, ogni fatica, mettono paura: sono come pietre tombali che rendono difficile il nostro cammino. Anche le nostre infedeltà, i nostri peccati, le nostre reciproche incomprensioni ci appaiono impedimenti al nostro cammino. Ma poi anche noi come Maria siamo testimoni di un incidente, l’incidente della tomba vuota. Gesù non è più lì nel regno dei morti. E’ la morte  che ha avuto la peggio. Nonostante tutto, la potenza e la bontà di Dio sono più grandi di noi. Non spaventiamoci di fronte agli ostacoli: il Signore è capace di spalancare tutti i sepolcri; non rattristiamoci, non chiudiamoci in noi stessi, non cerchiamo altrove la soluzione ai nostri problemi, ai nostri interrogativi, anche quelli più inquietanti. Mettiamoci a correre anche noi per la gioia di Pasqua. Andiamo dietro a Gesù. Lasciamoci condurre da Lui che mai delude e chiediamogli con fiduciosa insistenza di voler ribaltare tutte le pietre, tutti i massi, di voler smascherare tutto ciò che è tenebra, menzogna, ingiustizia; di voler asciugare tutte le lacrime e preghiamolo perché, nonostante la nostra pochezza voglia associarci a sé in questa missione di liberazione, di costruzione della giustizia, della pace, della crescita del suo regno.

 

 

LUNEDI’ 21 APRILE

Una scheggia di preghiera:

               

CRISTO, SEI DAVVERO RISORTO: TU, RE VITTORIOSO, PORTACI LA TUA SALVEZZA. (Dalla sequenza di Pasqua)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ANSELMO D’AOSTA, Santo, Vescovo   

Nacque ad Aosta nel 1033, figlio di nobili. Presto sentì il desiderio del monastero ma fu impedito in questa scelta da suo padre. Dopo un periodo di dissipazione morale riuscì ad entrare nei benedettini. Fu insegnante di grande dottrina e fine educatore. Nel 1093, contro la sua volontà, fu eletto Arcivescovo di Canterbury, Ebbe gran parte nelle dispute religiose della sua epoca. Fu anche riformatore del clero e soprattutto scrittore e fine teologo. Morì il 21 aprile 1109.

Parola di Dio: Atti 2,14. 22-32; Sal 15; Mt. 28,8-15

 

“CON TIMORE E GIOIA GRANDE LE DONNE CORSERO A DARE L’ANNUNCIO AI SUOI DISCEPOLI”. (Mt.28,8)

Nell’annuncio della risurrezione si intrecciano sentimenti di gioia e di timore, di dubbio e di speranza, ma soprattutto si riscopre la gioia di correre perché c’è una buona notizia che urge dentro, che in qualche modo ti scoppia tra le mani. Timore-stupore perché ci si trova davanti ad un avvenimento straordinario, sconvolgente. Anche se preannunciata, la risurrezione di Cristo aveva cozzato contro la morte, la sofferenza, il tradimento, la croce. Ora nel suo manifestarsi propone la grandezza di Dio e l’essere debole degli uomini. Gioia nel vedersi ridonato Gesù, nel sentire rinascere dentro la speranza (“non ci sentivamo forse ardere il cuore, lungo la via, mentre ci spiegava le scritture?”), nel sapere che con Lui l’avventura può continuare, nell’accorgersi che il Risorto non solo non punta il dito contro le nostre fughe e paure ma rinnova la chiamata, e corsa, perché la gioia mette le ali ai piedi, è contagiosa, riempie il cuore fino a farlo traboccare. Chissà se a noi la risurrezione di Cristo fa lo stesso effetto, oppure ci passa sulla testa come cosa risaputa, sedimentata nell’abitudine religiosa? Domani si rientra nella normalità dopo questi giorni festivi e.. anche questa Pasqua può essere archiviata! Se è così, siamo i più grandi irriconoscenti, Cristo è morto invano, invano è risorto se coloro per i quali è morto e risorto preferiscono il buio, la noia, l’abitudine. Il Vangelo della buona notizia era iniziato con un “Buon Giorno” rivolto dall’angelo a Maria, la giornata di Pasqua inizia con un “buon giorno” che Colui che ha vinto la morte rivolge ai suoi amici: “Buon giorno” ci dice Gesù, perché é il giorno della nuova creazione, perché la speranza ha il motivo di gioire, perché la misericordia e il perdono sono arrivati, perché inizia il tempo della Chiesa, perché il Padre con la risurrezione ha confermato l’opera di Gesù, perché le porte dei cieli si sono spalancate. Si può essere ancora pessimisti o distratti?

 

 

MARTEDI’ 22 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                          

 QUESTO E’ IL GIORNO FATTO DAL SIGNORE, RALLEGRIAMOCI ED ESULTIAMO. (Sal. 117,24)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

TEGULO Santo, Martire

Le reliquie di questo santo martire restarono ignorate per molto tempo in campagna nelle vicinanze di Ivrea. Esse furono ritrovate dal Vescovo Veremondo negli ultimi anni del secolo X e furono traslate solennemente nella cattedrale di Ivrea alla cappella di San Giacomo. Si ritiene che Tegulo fosse un martire, forse della legione Tebea. Fino al 1962 Tegulo era venerato come patrono secondario di Ivrea.

Parola di Dio: Atti 2,36-41; Sal. 32; Gv. 20,11-18

“GESU’ LE DISSE: MARIA ! “ (Gv. 20, 16)

Oltre che essere un bellissimo racconto, il vangelo di oggi è una vera parabola per ogni cristiano di ogni tempo. Provo a lanciare alcune schegge di meditazione:

-  Siamo cristiani, figli del Dio vivo o siamo ancora cristiani che piangono presso la tomba (vuota!) di un Dio morto?

-  Sono tantissimi i motivi per cui i nostri occhi si riempiono di lacrime nella vicenda del nostro mondo e non è una vergogna piangere, ma ci sono lacrime senza speranza, lacrime solo di sentimento, lacrime di rabbia e qualche volta queste lacrime ci impediscono di vedere, ci chiudono in noi stressi, fanno morire la speranza. Dio apprezza le lacrime della compassione accoglie con gioia le lacrime del pentimento, ritiene preziosissime quelle del dolore e vuole trasformarle in vita, ma ci chiede di far sì che le nostre lacrime non siano senza speranza, anzi diventino lenti preziosissime per farci scorgere ancora meglio attraverso esse il volto del vivente che ci viene incontro in mille volti diversi.

-  Il risorto chiede a Maria: “Chi cerchi?”. Maria attraverso l’amore per il suo Redentore ha già fatto un passo notevole: nella vita non cerca cose, soldi, benessere, cerca una persona, cerca il Figlio di Dio e anche se ancora il velo e la paura della morte le fanno cercare un cadavere, questo almeno la unisce al Maestro che ha amato. Noi nella nostra vita cerchiamo le cose: il denaro, il successo, il potere, cerchiamo le filosofie o le ideologie o cerchiamo Dio?  Guarda a come spendi il tuo tempo e capirai subito chi o che cosa cerchi dalla vita.

-  Dio conosce il mio e il tuo nome. Dio ci chiama per nome. Il suo amore non è un amore generico uguale per tutti, non è semplice filantropia, è un amore personale. Gesù è davvero morto e risorto in croce per me e per te, personalmente e, senza far nascere gelosia alcuna, Dio ama te e me di un amore particolare, specifico. E io lo amo personalmente? Dio è ancora il Dio padrone delle sorti dell’uomo di cui avere paura o il Dio, spesso senza volto, della ritualità delle religioni o il Dio vecchio, barboso, attento alle più piccole norme della legge, il Dio dalla lente di ingrandimento per cogliere i più piccoli peccati, oppure il Dio di Gesù, incarnato, fatto uomo, il Dio che riempie il mio cuore e i miei visceri di gioia, come per Maria, il Dio che, se lo voglio, ha il potere di farmi risorgere ogni giorno di vita, Il Dio che nonostante le mia pochezza, i miei sbagli, i miei occhi che vedono poco, mi manda con fiducia per essere annunciatore ai miei fratelli della sua gioiosa resurrezione?

 

 

MERCOLEDI’ 23 APRILE

Una scheggia di preghiera:

        

RESTA CON, SIGNORE, PERCHE’ SI FA SERA E IL GIORNO GIA’ VOLGE AL DECLINO. (Lc. 24,29)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

MAURIZIO, GIORGIO E TIBERIO, Santi, Martiri a Pinerolo

Oggi, giorno in cui la chiesa ricorda il famoso San Giorgio (quello del drago), noi ricordiamo Giorgio e due suoi compagni martiri Pinerolesi che la chiesa del luogo ricorda domani. Maurizio, Giorgio, Tiberio, secondo una antica leggenda sarebbero tre soldati della legione Tebea che, sfuggiti al massacro dei loro commilitoni, sarebbero giunti nelle valli del Pinerolese e ne avrebbero convertito le genti e poi sarebbero stati raggiunti e martirizzati. Qualcun altro invece pensa che fossero gente originaria del luogo uccisa perché cristiana ad opera di qualche banda di saraceni in una delle loro scorrerie nel Piemonte. Il culto di questo santi è antichissimo, giustificato anche da molte chiese e cappelle sorte in loro onore. Le loro reliquie erano conservate nella chiesa maggiore dell’abbazia di Santa Maria di Pinerolo e oggi risultano disperse.

Parola di Dio: Atti 3,1-10; Sal. 104; Lc. 24,13-35

 

“ED ECCO SI APRIRONO LORO GLI OCCHI E LO RICONOBBERO” (Lc. 24,31)

Anche oggi vi offro solo alcune schegge di meditazione per commentare il bellissimo Vangelo dei discepoli di Emmaus.

-  Noi siamo sempre in cammino nella nostra vita. E’ il cammino del tempo, della ricerca, della gioia e del dolore, della speranza e della delusione. Ma anche Dio è sempre in cammino. E’ in cammino lungo la creazione per sostenerla, lungo la storia per venire incontro all’uomo, lungo ogni giornata della nostra storia personale. Noi possiamo accorgercene e gioirne oppure passargli accanto mille volte, magari dicendo di cercarlo o imprecando di non averlo trovato, mentre Lui è lì, spinto dall’amore per noi.

-  Gesù non si spaventa della nostra cecità, delle nostre delusioni, dei nostri cammini di ritorno, è a nostro fianco per stimolarci, per provocarci. Non è lì per puntare il dito contro le nostre miserie e il nostro peccato, è lì per accogliere il nostro dubbio ma per farlo maturare. Dio non si spaventa neanche quando, a causa magari di un grande dolore, lo nego, ma attraverso la mia negazione continua a provocarmi per giungere più in profondità nel mio cuore. L’uomo può deludersi ma Dio continua ad avere speranza nell’uomo, anche se egli lo ha messo in croce.

-  Gesù però non si impone, non ci costringe contro la nostra volontà. Se non lo inviti a rimanere proprio perché è sera, perché è buio, lui tira dritto, accetta la sconfitta, se ne va. Ma se tu pur non conoscendolo lo inviti, fosse anche solo per condividere con lui la tua delusione, Egli è ben contento di fermarsi e di rivelarsi attraverso il pane spezzato, il dono di se stesso, la condivisione di ogni dolore e di ogni gioia.

-  Parola e pane sono i due elementi attraverso cui Gesù risorto può essere conosciuto. Parola: il Vangelo, la buona notizia, quella che ci scuote dalla abitudine, dalla abulia, dal camminare a vuoto, verso la morte, e pane quello che ci dà il coraggio e la forza del cammino: in una parola l’Eucarestia.

-  Quando il tuo cuore e i tuoi occhi si sono liberati dai veli e dalle catene e riescono a riconoscere Gesù, allora la sua presenza fisica può anche scomparire. Tu sai che Lui è vivo, che non ti abbandona più, che ti è al fianco nelle difficoltà. Con Lui non ti fa neppure paura la notte che pur prima  ti aveva fermato, puoi ripartire, anzi correre, non più col passo di sepoltura, ma con la corsa gioiosa di un ragazzino appena rinato, per andare a portare l’annuncio di gioia che riempia anche il cuore e gli occhi di altri.

 

 

GIOVEDI’ 24 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                

O SIGNORE NOSTRO DIO, QUANTO E’ GRANDE IL TUO NOME SU TUTTA LA TERRA. (Sal. 8,2)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIORGIO DI LIDDA, Santo, Patrono di Chieri

Ecco che cosa raccontano le Storie a volte leggendarie che riguardano questo santo palestinese che è patrono della città di Chieri. Giorgio figlio di Geronzio e di Policronia viene educato religiosamente fino al momento in cui entra nel servizio militare. Egli ha il coraggio di professarsi cristiano davanti all’imperatore Daciano e distribuisce i suoi beni ai poveri, rifiuta di sacrificare agli dei viene allora battuto, sospeso, lacerato e gettato in carcere. Lì riesce a convertire il mago Atanasio. Succedono tutta una serie di fatti miracolosi tra cui risurrezioni di morti. Viene condannato alla decapitazione, ma prima di questa promette protezione a chi onorerà le sue reliquie. L’episodio più famoso della sua ‘vita’ è quello della liberazione di una fanciulla dal drago, ma certamente è un racconto posteriore nato all’epoca delle crociate. L’anno del martirio di Giorgio è fissato da alcuni nel 284 da altri nel 303. Il culto di Giorgio si diffuse in tutto il mondo (pensiamo anche solo all’Inghilterra con l’Ordine di San Giorgio, quello della giarrettiera), Giorgio è inoltre protettore dei cavalieri, dei soldati, degli arcieri degli alabardieri, degli armaioli, dei sellai; viene invocato contro la peste, la lebbra e la sifilide, nei paesi slavi contro le streghe

Parola di Dio: Atti 3,11-26; Sal. 8; Lc. 24,35-45

 

“STUPITI E SPAVENTATI CREDEVANO DI VEDERE UN FANTASMA”. (Lc. 24,37)

Nella vita è molto facile confondere la realtà con i fantasmi. Quanti esempi quotidiani abbiamo di questo: c’è gente che dà più credito ad un oroscopo di quanto dia credito alle persone che vivono con loro. I vari fitness e il trucco valgono più della realtà e vedi spesso andare in giro dei “fantasmi di bellezza” che se li avessi visti al mattino appena alzati saresti fuggito inorridito, spesso dietro pellicce o abiti sontuosi che sembrano indicare la massima rispettabilità o dietro incarichi “al massimo livello” , scopri cadaveri ambulanti o persone arriviste che sono state messe a ricoprire ruoli importanti proprio perché sono cretine. E non è forse facile prendere per oro ciò che non è, giocare la propria vita su cose che sono passeggere e lasciarsi sfuggire l’essenziale…? Anche gli apostoli, che pur avevano avuto esperienza diretta di Gesù, spesso cadono nel tranello dei “fantasmi”. Gesù che cammina sulle acque per venire loro incontro è un “fantasma” che mette terrore, Gesù trasfigurato sul Tabor fa parlare a sproposito perché Pietro “non sapeva quel che diceva”. Gesù trasfigurato dal dolore nell’orto degli ulivi non ha diritto neanche ad un momento di condivisione e di preghiere perché “i loro occhi erano appesantiti dal sonno”, il Risorto viene scambiato per un fantasma anche se i discepoli già avevano avuto la testimonianza della tomba vuota, di Maria Maddalena… E anche la formalità delle  religioni spesso ci aiuta a credere che Gesù sia un fantasma: un battesimo ricevuto per tradizione senza un minimo di impegno da parte dei genitori è il modo per convincersi che Dio sia un fantasma a cui bastano pochi riti per tenerlo buono, una Eucarestia che è diventata un rito senza la certezza che quel pane sia il Cristo vivente che viene a sostenere il mio cammino, è ridurre il dono più grande ad un fantasma, una predicazione senza convinzione, un sacramento della Confessione solo come lavanderia a gettone, una testimonianza senza gioia sono fantasmi di Gesù.

Gesù non è un fantasma e mi piace il modo concreto con cui Gesù lo dimostra: “Toccate le mie ferite!” Gesù, il risorto è il Crocifisso. La risurrezione non ha cancellato la crocifissione. Chi vuole seguire Gesù e non un fantasma, deve sapere che è certa la risurrezione, ma anche che non ci viene cancellato il fatto che per giungervi bisogna passare attraverso la crocifissione.

 

 

VENERDI’ 25 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                   

FA’ CHE ALLA SCUOLA DEL VANGELO IMPARIAMO A SEGUIRE CRISTO. (Dalla liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BARRIERE GIOVANNI BATTISTA (de la) , Beato 

Nacque a Saint-Cere nella diocesi di Cahors il 29 aprile 1544. Fin da ragazzo ebbe propensione per la pietà e desiderò essere prete. A diciotto anni fu nominato, suo malgrado, abate commendatario di Feuilma. Continuò i suoi studi alla Sorbona, divenne novizio e fu poi ordinato sacerdote. Cercò subito di riformare l’ordine a Feuillants ma i monaci e i nobili gli si ribellarono fino a far assalire il convento da una banda di briganti. Si ritirò a Tolosa, ma per tornare a Feuillants ed imporre la riforma. Molti se ne andarono e il De la Barriere fu accusato come ribelle e anche scomunicato per essere poi subito giustificato dal suo ordine. Egli insisteva soprattutto sulla osservanza stretta della Regola Benedettina, nell’esercizio della virtù, nella pratica della austerità e nel silenzio assoluto interrotto solo per la predicazione. La riforma questa volta ebbe successo e poco per volta si propagò anche ad altri monasteri. Sisto V lo mandò a Torino a presiedere il capitolo dei Foglianti. Qui fu confermato superiore generale non senza però una certa diffidenza dei padri capitolari infatti per falsità e delazioni fu quasi subito addirittura deposto, sospeso a divinis. Questa pena durò otto anni, solo allora venne riabilitato, ma poco dopo il 25 aprile 1600 moriva.

Parola di Dio: Atti 4,1-12; Sal. 117; Gv. 21,1-14

 

“GESU’ DISSE LORO: VENITE A MANGIARE!” (Gv. 21, 12)

Ricordo che parecchi anni fa nel preparare il notiziario settimanale che davamo in chiesa con le indicazioni delle letture della domenica seguente, mi ero divertito a scrivere: “Domenica prossima un cuoco speciale ti invita alla cena”. E poi sul disegno di un cartiglio, sotto l’indicazione: Menù, avevo scritto: pesce arrostito alla brace con contorno di parole di amicizia, Pane vivo, disceso dal cielo con parole di salvezza con sorpresa finale: la morte distrutta dalla vita.” Ps. Per partecipare non occorrono vesti speciali, si può arrivare in barca o a nuoto, ben vestiti o anche solo con un sopravveste bagnata. Il tono era scherzoso, ma se ci pensate bene…Gesù, il risorto che si fa cuoco per i suoi discepoli non la dice forse lunga su qual tipo di amore sia il suo verso di noi? Il risorto non è cambiato, è proprio lo stesso Gesù di prima, la sua incarnazione continua come prima, il suo “lavare i piedi” continua con il “preparare la cena”, il suo manifestarsi continua, il suo è lo stesso perdono, lo stesso amore concreto e familiare per i suoi. E quel suo aver spezzato il pane ed essersi “spezzato il corpo” per noi non continua forse con quell’invito: “Venite a mangiare”? Anche oggi Gesù continua a preparare tavola, continua a farsi pane per noi, ci invita ad una festa, si fa “toccare”, “mangiare” perché abbiamo la certezza concreta e familiare che Lui è per noi e con noi. Alla sua mensa possono accostarsi i grandi di questa terra, quelli ben vestiti come quelli che hanno sulla pelle l’odore della fatica o la salsedine del mare, possono venire anche quelli che magari sono senza vestiti ma che per arrivare prima a stare con il maestro non hanno avuto paura di buttarsi in acqua e di arrivare bagnati fradici. Perché dunque tanta freddezza, tanto formalismo intorno alle nostre Eucaristie?

 

 

SABATO 26 APRILE

Una scheggia di preghiera:

 

MIA FORZA E MIO CANTO E’ IL SIGNORE, EGLI E’ STATO LA MIA SALVEZZA.(Sal. 118,14)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

BONIFACIO DI VALPERGA, Vescovo di Aosta, Beato

Nasce nella famiglia dei conti di Valperga, a Torino, nella seconda metà del XII secolo. Suo zio, Arduino, era vescovo di Torino e provvide sia alla sua istruzione letteraria che alla formazione cristiana. Bonifacio volle diventare religioso ed entrò alla Abbazia della Fruttuaria. In seguito passò al monastero di S. Orso in Aosta e anche qui furono subito pubbliche le sue virtù di santità. Venne eletto vescovo di Aosta . Era umile, amante dei poveri, scrupoloso nei suoi doveri, attento nei confronti dei suoi fedeli. Fu vescovo amato per 24 anni. Morì il 25 aprile 1291

Parola di Dio: Atti 4,13-21; Sal. 117; Mc. 16,9-15

 

“GESU’ LI RIMPROVERO’ PER LA LORO INCREDULITA’… E DISSE LORO: ANDATE IN TUTTO IL MONDO E PREDICATE IL VANGELO AD OGNI CREATURA”.

(Mc. 16,14-15)

Al termine dell’ottava di Pasqua ci viene proposto questo Vangelo che conclude lo scritto di Marco ed è la sintesi dei racconti della risurrezione. Penso che dopo averlo letto almeno due cose ci colpiscano. Viene ripetuto più volte che gli apostoli non credettero agli annunci e testimonianze della risurrezione, al punto che Gesù in persona deve rimproverarli per la loro poca fede. E poi colpisce il fatto che a questi uomini di poca fede venga affidata invece la grande missione di andare in tutto il mondo per annunciare il Vangelo.

Su questi argomenti possiamo fare alcune riflessioni per noi. Gesù non si spaventa né delle debolezze, né dei tradimenti, né della poca fede, anche se rimane “meravigliato” davanti alla durezza della nostra testa e del nostro cuore che stenta a comprendere le meraviglie di Dio che ci sono davanti ogni giorno, desidera solo perdonarci e rinfrancarci nella fede.

Noi, quando qualcuno ci tradisce o non ci comprende ripetutamente o dimostra di non fidarsi in noi tendiamo a cancellarlo, escluderlo, andare avanti per conto nostro, scegliere altre persone, Gesù invece ama personalmente al di là dei limiti, ha fiducia che, nonostante i tanti errori ce la faremo ad avere fede in Lui, crede nel dono dello Spirito Santo che ci vuole dare perché noi possiamo diventare suoi rappresentanti e testimoni. Questo dovrebbe far sorgere dentro di noi il sentimento della gratitudine e la gioia della missionarietà.

Un altro elemento che ci colpisce è che, mentre Gesù era in vita, la missione era in pratica riservata al popolo ebraico, ora che Lui risorto, sale al cielo, la missione è invece affidata agli apostoli “per ogni creatura”. Gesù è morto e risorto e in questo è il frutto della nostra redenzione avvenuta una volta per tutte per ogni uomo di ogni tempo e luogo, ma questa buona notizia deve poter arrivare alla mente e al cuore di ogni uomo per essere accettata, e questo è compito nostro. Capiamo allora sempre meglio che missionario non è quell’uomo con la barba lunga che lascia tutto e parte per paesi esotici in mezzo a mille peripezie per battezzare bambini indigeni. E neanche che missionaria deve essere solo la chiesa gerarchica con tutti i suo piani e progetti che qualche volta sono più sulla carta che nella vita. Missionario che porta la gioia della redenzione, della risurrezione di Cristo devo essere io oggi in mezzo alle persone con cui vivo. Tutti allora come i Testimoni di Geova a suonar campanelli? Non è necessario questo, missione non significa neppure in prima istanza conquistare adepti per la religione o distribuire sacramenti a persone che non hanno la capacità di apprezzarli, essere testimoni e missionari comincia dall’avere il cuore pieno di serenità perché Cristo è davvero risorto ed è il mio redentore, dal sapere in mezzo alle difficoltà quotidiane che Gesù non ci abbandona, che Dio è nostro Padre, che la fede in Lui, pur con tutte le difficoltà, è quello che da senso alla vita. Se tutto questo traspare da noi allora siamo già missionari per ogni uomo che incontriamo sul nostro cammino.

 

 

DOMENICA 27 APRILE : II DOMENICA DI PASQUA B

Una scheggia di preghiera:

                                          

MIO SIGNORE E MIO DIO ! (Gv. 20,28)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

ZITA, Santa         

Nasce nel 1218 nei pressi di Lucca, figlia di poveri contadini. A 12 anni è messa a servizio a Lucca nella casa del nobile Pagano Fatinelli dove, proprio per la sua bontà, onestà e semplicità, viene angariata sia dai padroni che dai servi. Essa sopporta tutto considerandosi al servizio di Dio. Col passar del tempo i suoi padroni la capirono e la misero a capo della casa. Ella, anche da questa posizione, seppe perdonare tutti e amare e servire fino alla morte avvenuta il 27 Aprile 1278.

Parola di Dio: At. 4,32-35; Sal. 117; 1Gv. 5,1-6; Gv. 20,19-31

 

“BEATI QUELLI CHE PUR NON AVENDO VISTO CREDERANNO” (Gv. 20,29)

Nel Vangelo di Giovanni “vedere” Gesù è di un’importanza capitale. È la prova evidente che Dio si è fatto veramente uomo. Già nella prima pagina del Vangelo leggiamo l’appassionata testimonianza dell’Apostolo: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria”. Soprattutto dopo la resurrezione di Gesù sentiamo riecheggiare il grido di quanti lo hanno visto. Lo annuncia Maria di Magdala: “Ho visto il Signore”, così come gli apostoli: “Abbiamo visto il Signore”. Anche il discepolo che Gesù amava “vide e credette”. Soltanto l’apostolo Tommaso non vide il Signore risorto, perché non era presente il giorno di Pasqua quando egli apparve agli altri discepoli. Tutti avevano creduto perché avevano veduto. Anche lui, così disse, avrebbe creduto se, come gli altri, avesse veduto. Ma quando, otto giorni dopo Gesù lo accontentò pronunciò anche un'altra beatitudine che riguarda noi che con i nostri occhi non abbiamo visto:«Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!» Anche noi come Tommaso vorremmo vedere Gesù. Specialmente quando ci sentiamo soli, nella prova, sotto il peso delle difficoltà... Come sarebbe stato bello, ci diciamo, se fossimo vissuti al tempo di Gesù: avremmo potuto vederlo, toccarlo, ascoltarlo, parlare con lui. Gesù pensava a noi che non possiamo più vederlo con questi nostri occhi, ma che pure possiamo vederlo con gli occhi della fede. La nostra condizione non è poi così diversa da quelli che vivevano al tempo di Gesù. Anche allora non bastava vederlo. Tanti, pur vedendolo, non gli credettero. Gli occhi del corpo vedevano un uomo, occorrevano altri occhi per riconoscere in lui il Figlio di Dio. Credere è scoprire di essere amati da Dio, è aprire il cuore alla grazia e lasciarsi invadere dal suo amore, è affidarsi totalmente a questo amore rispondendo all’amore con l’amore. Se tu ami, Dio entra in te e testimonia dentro di te lui stesso. Lui dà un modo tutto nuovo di guardare la realtà che ci circonda. La fede ci fa vedere gli avvenimenti con i suoi stessi occhi, fa scoprire il disegno che egli ha su di noi, sugli altri, sulla creazione intera.

In Cielo vedremo Dio così come egli è, ma la fede già da ora ci spalanca il cuore sulle realtà del Cielo e ci fa intravedere tutto con la luce del Cielo.

 

 

LUNEDI’ 28 APRILE

Una scheggia di preghiera:

         

STENDI LA MANO, SIGNORE, PERCHE’ SI COMPIANO GUARIGIONI, MIRACOLI E PRODIGI, NEL NOME DEL TUO SANTO SERVO GESU’. (Atti 4,30)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

PIETRO CHANEL, Santo, Martire  

Nato in Francia a Cuet di Belly nel 1803, fu uno dei primi sacerdoti maristi. Fu inviato in missione in Polinesia. Con fatica predicò per tre anni. Finalmente cominciarono le prime conversioni tra le quali anche quella del figlio del re il quale per rabbia condannò a morte sia il figlio che il missionario. Vennero martirizzati il 28 Aprile 1841.

Parola di Dio: Atti 4,23-31; Sal.2; Gv. 3,1-8

 

“COME PUO’ UN UOMO NASCERE QUANDO E’ VECCHIO ?” (Gv.. 3,4)

Penso che tutti, nella nostra vita abbiamo più volte fatto l’esperienza dell’incontro con persone che dimostrano una vivacità di vita e di interessi che hanno messo anche in noi una carica di entusiasmo e, altre volte, invece, abbiamo incontrato certi personaggi amorfi, inetti, chiusi in se stessi, brontoloni e negativi che solo a stare con loro mettono tristezza e amarezza di vita. Vi sarà capitato di incontrare giovani debosciati che hanno tutto e a cui non va bene nulla e ragazzi dall’argento vivo addosso che tutto gustano, vogliono sperimentare, che non si lasciano abbattere dalla prima difficoltà che incontrano, oppure vecchi che si piangono continuamente addosso, che mettono davanti la propria vecchiaia per impedirsi ogni sprizzo di vita, che giudicano tutto e tutti negativamente, ma avrete incontrato anche vecchi che nonostante anni e acciacchi sono ancora curiosi della vita, che partecipano alle vicende della propria epoca, che sanno di poter dare ancora qualcosa senza imporsi, vecchi insomma che ti fanno venir voglia di vivere appieno ogni istante della tua vita. Nicodemo, uomo di fede ma anche uomo che va da Gesù di notte, stenta a credere che un uomo vecchio possa rinascere, ma Gesù gli risponde che quello che fisicamente sembra impossibile è invece una grande realtà per ogni uomo. Noi, a qualunque età, in qualsiasi esperienza di vita possiamo essere viventi-morti o morti-viventi. Questo nella vita, ma ancor di più nella fede. In qualunque momento possiamo “rinascere di acqua e di Spirito Santo”. Anche se siamo morti con il peccato, Gesù è disponibile a farci risorgere, anche se la fede sembra essersi persa nei meandri delle difficoltà della vita, ne basta un granello per cominciare a spostare le montagne, anche se magari avessimo abbandonato il Cristo nella nostra giovinezza, Lui è ancora lì per darci una possibilità a qualunque età della vita siamo arrivati. Vogliamo farci vivere dagli anni, intristire come uomini senza speranza o piuttosto gustare in pieno il dono della vita e nella vita incontrare Colui che è la nostra vita eterna?

 

 

MARTEDI’ 29 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                           

IN TE, SIGNORE, HO POSTO LA MIA GIOIA. (Dalla Liturgia)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

CATERINA DA SIENA, Vergine, Dottore della Chiesa e Patrona di Italia.

Ancora ventenne, Caterina Benincasa (1347- !380) raccoglieva attorno a sé tutta una “famiglia” di discepoli attratti dalla sua vita di preghiera e penitenza. Il suo raggio di azione raggiunse ben presto una ampiezza straordinaria. Caterina convinse Papa Gregorio XI ad abbandonare Avignone e a tornare a Roma e, in seguito, al momento del grande scisma, prese posizione con forza per Urbano VI, il papa di Roma. Sfinita dal lavoro e dalla passione divorante per la Chiesa, tormentata da acuti dolori fisici, morì il 29 aprile 1380.

Parola di Dio nella festa di Santa Caterina da Siena: 1Gv. 1,5-2,2; Sal. 44; Mt. 25,1-13

Parola di Dio del giorno feriale: At. 4, 32-37; Sal. 92; Gv. 3,7-15

 

“TU SEI MAESTRO IN ISRAELE E NON SAI QUESTE COSE?”. (Gv. 3,10)

Nicodemo è un personaggio del Vangelo che mi è sempre piaciuto. E’ un notabile, un capo dei giudei, è uno legato alla Legge, alla Tradizione, ma anche uno che vuol pensare con la sua testa, non si accontenta dei sentito dire a riguardo di Gesù e, anche se di notte (forse per non farsi vedere dagli altri), va a confrontarsi con questo Maestro. E Gesù lo apprezza ma non gli fa nessun sconto, anzi proprio perché Nicodemo è uno che ha avuto la fortuna di studiare deve essere anche uno che non solo ha acquistato l’intelligenza, la conoscenza delle cose, ma uno che ha maturato la sapienza. Per essere “Maestri di Israele” o Maestri della fede, della preghiera, della Chiesa, non basta aver studiato, sapere un sacco di Teologia, di ascetica o di quelle altre grosse parole che spesso invece di far accogliere meglio il Vangelo lo nascondono, non basta neppure aver acquistato un qualche grado nella scala gerarchica della Chiesa per essere al sicuro sia da un punto di vista intellettuale che vitale della salvezza. Gesù invita Nicodemo all’umiltà  e alla ricerca vera. Gesù in fondo sembra dire a me e a voi: “Anche se hai studiato un po’ di Bibbia , anche se credi di sapere tutto di fede e di religione, anche se vai a Messa ogni domenica… se non cerchi la vera Sapienza, se non ti lasci guidare dallo Spirito Santo, se non metti Me e l’uomo al primo posto, sarai magari un maestro di fede, ma non un uomo di fede, sarai magari uno che dice preghiere, ma non un uomo di preghiera, potrai addirittura essere un religioso ma rischi di essere ateo se non hai Dio nel cuore”.

 

 

MERCOLEDI’ 30 APRILE

Una scheggia di preghiera:

                           

ANNUNZIERO' IL TUO NOME AI MIEI FRATELLI, O SIGNORE. (Sal. 22,23)

 

Tra i santi di oggi ricordiamo:

GIUSEPPE BENEDETTO COTTOLENGO, Santo, Sacerdote

Nacque a Bra il 3 Maggio 1786 da una famiglia di solida tradizione cristiana. Sacerdote nel 1811 si dedicò al ministero prima a Torino e poi come viceparroco a Corneliano d’Alba, poi ancora a Bra. Nel 1818 fu nominato canonico della chiesa del Corpus Domini a Torino. Lo chiamavano “il canonico buono” per la sua dedizione ai poveri. Vista la situazione disperata in cui versavano le persone che si ammalavano, cominciò ad aprire due stanze per accoglierli. Fidandosi della Provvidenza presto allargò la sua opera. Una vedova, Maria Nasi, diede la sua collaborazione con un gruppo di ragazze. Poco per volta nacquero la Piccola casa della Divina Provvidenza, i preti della Santissima Trinità, diverse famiglie di suore. Invocando la Madonna morì il 30 Aprile 1842.

Parola di Dio: Atti 5,17-26; Sal. 33; Gv. 3, 16-21

 

“DIO NON HA MANDATO IL FIGLIO NEL MONDO PER GIUDICARE IL MONDO, MA PERCHE’ IL MONDO SI SALVI PER MEZZO DI LUI”. (Gv. 3,17)

Gesù ci svela il vero volto di Dio, che è amore, e l'aspetto più toccante di questo amore è la sua misericordia. L'amore ha spinto il Padre a mandare il Figlio suo nel mondo; ed in tutto l'agire di Gesù noi tocchiamo questo amore sconfinato del Padre. E un amore che va in cerca dell'uomo, che lo aspetta sempre, che va al di là di tutte le sue colpe, che perdona e che salva. Basta ricordare certi episodi del Vangelo, che ci mostrano l'amore di Gesù verso i peccatori, o le parabole della misericordia. L'amore infinito di Dio aspetta dunque da noi una risposta: credere al Figlio suo, credere che Gesù ci accetta a braccia aperte tutte le volte che, sinceramente pentiti per averlo offeso con il nostro peccato, facciamo ritorno a Lui, credere nella sua misericordia. Oggi si può mancare in diversi modi contro la misericordia di Dio. Un primo modo, purtroppo assai diffuso, è quello di non riconoscere più la realtà del peccato e quindi anche il proprio peccato. E, quando uno non si riconosce peccatore, non sente più il bisogno del Salvatore, cosi come chi non riconosce di essere malato non sente più il bisogno del medico.Un tale atteggiamento sbarra automaticamente la strada alla misericordia di Gesù, il quale è venuto non per coloro che si ritengono giusti ed autosufficienti, ma per coloro che si riconoscono peccatori ed incapaci di praticare il bene senza il suo aiuto. Si può mancare contro la misericordia di Dio anche non credendovi pienamente. Molti cristiani credono nella misericordia di Dio, perché lo hanno imparato dal catechismo. Ma si tratta di una fede rimasta a livello intellettuale, che non riesce di fatto ad impregnare la vita di ogni giorno. Ci si rinchiude magari in tanti ragionamenti, si pensa continuamente ai propri peccati con un senso di rimpianto, che scaturisce più dall'orgoglio che dal dolore di aver offeso Dio. E tutto ciò dimostra che ci si appoggia più su di noi che sulla misericordia infinita di Gesù e sulla potenza della sua Grazia. Credere nella misericordia divina, invece, significa essere effettivamente convinti che, se noi gli chiediamo perdono, Gesù cancella completamente i nostri peccati, e da questo perdono possiamo rimetterci subito a seguirlo. Se vogliamo davvero gustare la sua misericordia dobbiamo fargli il dono del nostro nulla tutte le volte che le nostre mancanze e le nostre debolezze ce ne facessero fare l'esperienza, convinti che questo dono, se accompagnato dal proposito di ricominciare subito, non è un atto di superficialità, ma un atto di amore puro, che attira il suo perdono e la sua grazia, ed è la risposta più bella che possiamo dare al suo amore.

     
     
 

Archivio