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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

a cura di don Franco LOCCI

 

OTTOBRE 2002

 

MARTEDI’ 1 Ottobre

SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO, Vergine; SAN REMIGIO

Parola di Dio: Gb. 3,1-3.11-17.20-23; Sal 87; Lc. 9,51-56

 

"GESU’ SI DIRESSE DECISAMENTE VERSO GERUSALEMME". (Lc. 9,51)

Gesù è deciso nelle sue scelte. Sa che i sacerdoti e responsabili dell’ebraismo lo stanno aspettando a Gerusalemme per ucciderlo. Lui non ha nessuna voglia di morire ma, nonostante tutto. va decisamente per la sua strada di fedeltà a Dio e agli uomini cui è stato mandato. In questo ti somiglio ben poco, o Gesù. Sono, a volte, facile alle grandi idee di libertà, di verità e di giustizia; sovente la mia bocca è piena di discorsi su ideali e su come il mondo dovrebbe andare, ma quando sento puzza di bruciato, quando so che certe idee, dando fastidio, procurerebbero prove e difficoltà, allora comincio a tentennare. Finché si tratta di discutere di carità sono pronto ad avere tutte le soluzioni, a discutere su metodi e forme, quando si tratta di accogliere in casa mia, anche solo per un momento, quel barbone che puzza, le scuse vengono fuori a migliaia: "In casa ci sono dei bambini… e se avesse qualche malattia? Non è meglio trovarsi in un posto neutro? Anzi, non è meglio che io dia un po’ di soldi a qualcuno che faccia l’elemosina per me?" Eppure dovrei saperlo bene il Tuo modo di intendere, conosco il tuo Vangelo: "Il vostro parlare sia sì, sì; no, no; il resto viene dal diavolo", "Chi pon mano all’aratro e poi si volge indietro non è degno di me", "Lascia che i morti seppelliscano i morti, tu vieni e seguimi". A chi decide di seguirti, Tu, o Gesù non prometti "né tana né nido", ma prometti Te stesso ed un cammino di libertà nel tuo Regno. La santa che festeggiamo oggi, Santa Teresina, ci ricorda che se vogliamo seguire Gesù senza tentennamenti e indecisioni, c’è una strada sola: lasciarci amare da Lui ed essere a nostra volta "innamorati cotti" di Lui.

 

 

MERCOLEDI’ 2 Ottobre

SANTI ANGELI CUSTODI

Parola di Dio: Es. 23,20-23; Sal. 90; Mt. 18, 1-5.10

 

GUARDATEVI DAL DISPREZZARE UNO SOLO DI QUESTI PICCOLI, PERCHE’ VI DICO CHE I LORO ANGELI NEL CIELO VEDONO SEMPRE LA FACCIA DEL PADRE MIO CHE E’ NEI CIELI, (Mt. 18,10)

Quando io ero bambino, mio padre faceva "il custode" in una stamperia, e faceva i turni. Quando dunque sentivo parlare di Angeli custodi, per me era facile immaginarmi questi amici con le stesse funzioni esercitate nel lavoro da mio padre. Lui per me era l’eroe che difendeva la fabbrica e la serenità del posto di lavoro di chi era dentro, era anche quello che guardava fuori per impedire che qualcuno entrasse per far del male o per rubare e questo lo faceva di giorno, ma anche di notte quando io andavo a dormire e poi, guardate la fantasia dei bambini, siccome mio padre curava anche un giardinetto nell’ingresso della fabbrica, io mi immaginavo che "i custodi" fossero anche quelli che curavano il giardino delle nostre anime. Sono passati tanti anni da allora, ma ancora oggi ringrazio Dio di aver messo vicino a ciascuno di noi dei "custodi" che non ci lasciano mai soli, che ci tengono d’occhio, che vegliano su di noi per cercare di impedire che il male esterno e interno ci assalga all’improvviso, che si prendono cura della nostra anima per piantarvi e farvi crescere qualche fiore di bontà, di giustizia, di verità. E me lo immagino il mio angelo custode con un occhio a me e uno a Dio per cercare di far scendere Lui a me e di far salire me a Lui. "Man mano che gli anni passano mi accorgo di quanti guai ti ho combinato, Angelo custode, di quanta porcheria a cui ti ho fatto assistere, di quante volte sono stato sordo ai tuoi inviti, e mi accorgo anche di tutta la protezione che mi hai dato, di quante volte mi hai retto perché non cadessi, di quante volte mi hai tirato su per poter ricominciare. Grazie anche per tutte le volte che con il tuo aiuto e quello di tutti santi, sono riuscito a fare qualche cosa nella volontà di Dio, grazie della tua preghiera per me e di aver portato a Dio anche le mie preghiere. Ti prego: non stancarti di me e continua a custodirmi, giorno e notte, perché non solo non perda le occasioni che il Signore mi dà, ma possa vivere anch’io un po’ come te, con un occhio rivolto a terra ma con l’altro ben fisso al cielo".

 

 

GIOVEDI’ 3 Ottobre

SAN GERARDO; SANT’EDMONDO

Parola di Dio: Gb. 19,21.27; Sal 26; Lc. 10, 1-12

 

"NON SALUTATE NESSUNO LUNGO LA STRADA". (Lc. 10, 4)

Sono molte le indicazioni che il Vangelo di oggi ci dà circa la missione degli apostoli e circa il nostro compito di essere oggi missionari del Vangelo. Gesù ci chiede di essere semplici, di non fidarci delle organizzazioni mastodontiche, di andare all’essenziale… Ma che cosa avrà voluto farci capire dicendoci di non salutare nessuno per la strada? Certamente non è una indicazione da prendere alla lettera infatti, se siamo fratelli il saluto è il minimo e il primo modo di comunicare. Credo che Gesù voglia dire invece che il cristiano missionario non è uno che deve perdersi in chiacchiere vane. Noi spesso pensiamo che la missione consista nel parlare, nel persuadere l’altro a base di ragionamenti e allora moltiplichiamo incontri e riunioni e rischiamo di ridurre il Vangelo ad una serie di tesi, di enunciati, di dogmi, di parole, di chiacchiere salottiere che, il più delle volte, lasciano il tempo che trovano. Noi dobbiamo annunciare il Figlio di Dio che ci ha fatto entrare nel suo Regno e, allora, l’unica cosa da fare è guardare a Lui e cercare di fare come ha fatto Lui. Il Gesù dei vangeli non si perde mai in chiacchiere, va sempre all’essenziale, anche quando scribi e farisei cercano di tirarlo in vane discussioni religiose, Gesù non si lascia portar via dalle parole, ma attraverso poche e decise parole annuncia il Regno. Quando Gesù va a mangiare a casa dei farisei o dei pubblicani, non va per un bel banchetto e neanche per "fare la pastorale degli inviti a pranzo", per dirla come qualcuno che ai giorni nostri giustifica il suo passare da un invito all’altro con il fatto che a tavola, con la pancia piena e magari con qualche bicchier di vino in più, si parla più facilmente anche di religione. Gesù va a pranzo per chiedere conversione (vedi Simone il fariseo) o per confermare una conversione avvenuta (vedi Zaccheo). Se noi e la Chiesa di oggi producessimo meno "documenti religiosi" e testimoniassimo un po’ di più Gesù Cristo con le scelte di una vita secondo Lui, non credete che sarebbe meglio?

 

 

VENERDI’ 4 Ottobre

SAN FRANCESCO D`ASSISI, Patrono d’Italia

Parola di Dio: Gal. 6, 14-18; Sal. 15; Mt. 11,25-30

 

"TI BENEDICO, O PADRE, SIGNORE DEL CIELO E DELLA TERRA, PERCHE’ HAI TENUTO NASCOSTE QUESTE COSE AI SAPIENTI E AGLI INTELLIGENTI E LE HAI RIVELATE AI PICCOLI". (Mt. 11,25)

Lo dicevamo già ieri: noi spesso crediamo che il Regno di Dio si espanda a base delle grandi opere della chiesa, in base alla forbite e scelte parole dei predicatori, Gesù, invece, ce lo dice chiaro: il regno di Dio è rivelato ai piccoli e sono ancora i piccoli a manifestarlo.. Francesco era piccolo anche di statura, pure bruttino, con poca salute eppure ha fatto più bene Lui che interi eserciti di predicatori. Leggendo la vita di Francesco nella versione di Tommaso da Celano si rimane stupiti di certi fatterelli, di certi, diremo noi, "miracoli inutili". A noi, ‘eruditi’ possono sembrare delle inutili fanciullaggini (ma, allora, anche Gesù che cammina sulle acque o che cambia acqua in vino, sono stupidaggini?) Vi riporto un episodio della vita di Francesco con le stesse parole e commento del Celano. "Francesco voleva un giorno recarsi ad un eremo per dedicarsi più liberamente alla contemplazione, ma, poiché era assai debole, ottenne da un povero contadino di poter usare il suo asino. Si era d’estate e il povero campagnolo che seguiva il santo arrampicandosi per sentieri di montagna, era stanco morto per l’asprezza e la lunghezza del viaggio. Ad un tratto, prima di giungere all’eremo, si sentì venir meno riarso dalla sete. Si mise a gridare dietro al Santo, supplicandolo di avere misericordia di lui, perché senza il conforto di un po’ d’acqua sarebbe certamente morto. Il Santo, sempre compassionevole verso gli afflitti, balzò dall’asino e, inginocchiato a terra, alzò le mani al cielo e non cessò di pregare fino a quando si sentì esaudito. "Su, in fretta – gridò al contadino – là troverai acqua viva, che Cristo misericordioso ha fatto scaturire ora dalla roccia per dissetarti". Mirabile compiacenza di Dio, che si piega così facilmente ai suoi servi! L’uomo bevve l’acqua scaturita dalla roccia per merito di chi pregava! Non vi era mai stato in quel luogo un corso d’acqua, ne si trovò dopo, per quante ricerche siano state fatte."

 

 

SABATO 5 Ottobre

SAN PLACIDO

Parola di Dio: Gb 42,1-3.5-6.12-17; Sal 118; Lc. 10,17-24

 

"NON RALLEGRATEVI PERCHE’ I DEMONI SI SOTTOMETTONO A VOI, RALLEGRATEVI PIUTTOSTO CHE I VOSTRI NOMI SONO SCRITTI NEI CIELI". (Lc. 10, 20)

Spesso anche noi ci fermiamo all’esteriorità e diventiamo contabili. Qualche esempio: il Giubileo del duemila è andato bene perché tot numero di milioni di persone sono andate a Roma; l’ostensione della Sindone non è andata come si preventivava in base a quella precedente. La missione ai ragazzi ha funzionato: ce n’erano ben trecento ai giochi di inizio missione! E’ un po’ come succedeva già una volta che un buon missionario si considerava dal numero di battesimi che era riuscito ad amministrare. Succede anche ai 72 apostoli che tornano dalla loro missione soddisfatti. Tutto è filato liscio, secondo le previsioni, Sono riusciti ad andare in molti posti, a tutti coloro che hanno incontrato hanno detto che Gesù e il regno di Dio sono vicini. Molta gente li ha accolti bene e poi, sono riusciti a fare miracoli e a cacciare demoni…! Che gioia! Certo, quando le cose vanno bene anche in campo religioso siamo tutti contenti! Ma la vera gioia, il vero successo non è lì. Gesù ci insegna ad essere servi ma anche servi inutili che dopo che hanno fatto tutto quello che devono fare lasciano al Signore che faccia Lui. Noi siamo seminatori chiamati a buttare il seme a tempo opportuno e inopportuno, in terreno buono, sassoso o spinoso, ma chi fa crescere e raccoglie è Dio stesso. Qual è la nostra gioia? E’ essere consapevoli che Dio si fida di noi, nonostante tutto, e ci affida la sua Parola e questo fa sì che noi siamo nel suo cuore, che i nostri nomi siano destinati all’eternità del suo amore.

 

 

DOMENICA 6 Ottobre

27^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

SAN BRUNO, MONACO

Parola di Dio: Is. 5,1-7; Sal 79; Fil. 4,6-9; Mt. 21,33-43

 

1^ Lettura (Is 5, 1-7)

Dal libro del profeta Isaia.

Canterò per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l'aveva vangata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato scelte viti; vi aveva costruito in mezzo una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica. Or dunque, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha fatto uva selvatica? Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi.

 

2^ Lettura (Fil 4, 6-9)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi.

Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!

 

Vangelo (Mt 21, 33-439

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: "Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?". Gli rispondono: "Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo". E Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri? Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare ".

 

RIFLESSIONE

 

Per cercare di comprendere meglio il significato delle letture di oggi vi invito a fare con me tre passi successivi: prima ci chiederemo perché e per chi Gesù ha raccontato questa parabola e che cosa essa voglia dire per i suoi primi uditori. Un secondo passo è chiedersi come si può applicare questa parabola alla Chiesa di oggi e, terzo passo: in che modo mi interpella personalmente questa parabola? Già nelle due domeniche precedenti abbiamo ascoltato due parabole che Gesù rivolge ai Sommi sacerdoti e agli anziani ed anche la parabola della vigna e dei vignaioli omicidi è rivolta a loro. Gesù ricorda ai capi degli Ebrei la storia sacra. Dio ha voluto bene a Israele, lo ha scelto in mezzo agli altri popoli, gli ha affidato una Promessa, ha stretto una Alleanza, ha donato una terra e poi, per rispettare la sua libertà, ha affidato questa vigna ben costruita e difesa a dei vignaioli. Ma che cosa è successo? I vignaioli hanno pensato di poter far a meno del loro Signore, hanno pensato di essere diventati i proprietari della vigna. La Legge che era stata data per amore è diventata un peso, l’Alleanza è osservata solo più formalmente, la Promessa un vago ricordo da tirare fuori nelle solennità. I capi del popolo hanno ridotto la fede a religiosità, la preghiera a riti, il popolo a caste su cui esercitare il proprio potere. I vignaioli vogliono tenersi i frutti per sé, e non solo non accolgono gli inviati del loro Signore (i profeti) ma li maltrattano, li bastonano e li uccidono. E’ un doppio crescendo da una parte Dio che non si lascia smontare dalle risposte negative e continua a mandare messaggeri, e un crescendo di violenza da parte dei vignaioli. E qui la parabola diventa autobiografica per Gesù che la racconta: Dio manda suo Figlio, ma i vignaioli con un ragionamento tenebroso decidono: "uccidiamo l’erede ed erediteremo noi", e lo faranno. Stimolati da Gesù saranno proprio i sommi sacerdoti e gli anziani di Israele a stabilire quale sarà la condanna per i vignaioli omicidi: "Farà morire miseramente quei vignaioli e darà la vigna ad altri". La vigna, il Regno di Dio, a causa dei capi che hanno rifiutato Dio passa ad un nuovo popolo e a nuovi vignaioli. E qui siamo al secondo passo: oggi il Regno di Dio è affidato a nuovi vignaioli, ma questi devono far tesoro di quanto è successo ai primi e non rifare lo stesso errore di volersi considerare padroni della vigna. Quindi la parabola in primo luogo si rivolge a chi ha autorità nella Chiesa. Se l’autorità non è per il servizio ma per il potere non è da Dio, anzi è il peggior attentato contro Dio; se la religione non viene attuata per aiutare la fede fonda solo l’idolatria; se la liturgia non è per la preghiera vera che riconosce Dio Padre di Gesù nello Spirito Santo, decade nel ritualismo e Dio non se ne fa niente del vuoto di preghiere-chiacchiere o di offerte senza amore. Se i capi delle comunità cristiane non amano il popolo, non servono il popolo, non si sentono parte del popolo ma formano una casta a parte per sfruttare il popolo, tradiscono sia Dio che la sua vigna; se non sanno accogliere i segni e i richiami che Dio continuamente manda specialmente attraverso i profeti odierni che richiamano i capi delle chiese all’umiltà, al servizio, alla povertà, rischiano di perdere il Regno e di rovinare la vigna. Dunque anche la vigna può rovinarsi e non portare più frutto, o portare un frutto immangiabile, e qui possiamo inserire la riflessione sulla nostra società occidentale a maggioranza cristiana. Accadeva allora. La morte di Cristo venne decretata per salvare la nazione. Lo proclamerà il Sommo Sacerdote Caifa: "È meglio che muoia un solo uomo per il popolo, e non perisca la nazione intera". E di fatto i capi "quel giorno decisero di ucciderlo". Accade anche oggi. Oggi c'è la scelta materialista e atea della visione del mondo, e c'è l'egoismo sfrenato che porta a violare il rispetto della vita altrui, a emarginare il fratello. Conosciamo i temi di moda dell'informazione oggi: la mafia, le tangenti, l'aborto, l'usura, la droga... C'è gente battezzata, che magari continua a dirsi cristiana. Chi è più cristiano dei calciatori che prima della partita si fanno il segno di croce o dei "padrini di mafia"? Eppure per loro il dio denaro e il dio successo o le stragi di mafia sono le cose più importanti. Anche noi corriamo il rischio, nelle nostre scelte quotidiane, di scartare Cristo, pietra d'angolo della nostra vita, perché diventa troppo scomodo. Molti di voi forse ricordano Padre Mariano. Già nel 1967 gli fu chiesto :"Come mai, dopo duemila anni di Cristianesimo in Europa, il Cristianesimo stesso non è praticato integralmente che da una minoranza, mentre la maggior parte dei cosiddetti cristiani sono ancora dei buoni pagani?". Ecco la risposta di Padre Mariano. "La domanda — scriveva — è sensata e scottante, mentre la risposta è certamente umiliante. Il noto eremita Sandar Singh, dopo un viaggio in Europa, ha affermato: "Ho trovato in Europa un paganesimo peggiore che in altri Paesi. Da noi, in India, c’è chi adora gli idoli, ma in Europa c’è gente che adora se stessa: il che è orribile! La colpa di chi è? Lo dirò sotto il velo di una parabola. Un giorno stavo seduto sulla riva di un fiume. Trassi dall’acqua una pietra grossa e bella e la spezzai. Quella pietra era stata a lungo nell’acqua, ma l’acqua non era penetrata nella pietra. Lo stesso è avvenuto agli Europei. Sono stati per secoli tuffati nel Cristianesimo, ma il Cristianesimo non è penetrato e non vive in loro. La colpa non è del Cristianesimo, ma della durezza del loro cuore. Il naturalismo e l’intellettualismo hanno indurito i cuori". Parole da meditarsi commentava padre Mariano — perché vere: vi aggiungerei l’egoismo che è il vero antagonista del Cristianesimo, e gli impedisce d’impadronirsi dei nostri cuori". Sulla scorta di questa riflessione proviamo ancora ad applicare la parabola a noi stessi. Dio ci ha amati fin dall’eternità. Noi non abbiamo nessun merito e non vantiamo nessun credito nei suoi confronti. Tutto ci è stato dato, e gratis. Ci è stato donato anche Gesù e il suo sangue prezioso che ci salva, i suoi segni, i Sacramenti e la sua Parola, Dio ci ha donato il suo regno e ci ha chiamati alla gioia di farlo fruttificare… Ed io come rispondo? Ho riconoscenza verso Colui che mi ha dato e mi dà tante cose o sono anch’io come quei vignaioli che, via il padrone, si sentono padroni loro? Mi occupo del Regno di Dio o mi interessa molto di più il regno degli uomini con il suo potere? Ascolto i richiami che la pazienza del Signore continua a mandarmi o faccio orecchie da mercante quando addirittura non li allontano da me? Chi è Gesù per me? Uno da tenere buono per un’eventuale vita eterna, uno che dà fastidio e che quindi è meglio eliminare o violentemente o ignorandolo, o il Figlio di Dio inviato per darmi ancora, attraverso la conversione, la salvezza di Dio? Proviamo in questa settimana a cercare qualche risposta sincera a queste domande per non correre il rischio che anche a noi personalmente il Regno venga tolto e dato a qualcuno che lo sappia far fruttificare.

 

 

LUNEDI’ 7 Ottobre

BEATA MARIA VERGINE DEL ROSARIO

Parola di Dio: Atti 1,12-14; Salmo da Lc. 1,46-55; Lc. 1,26-38

 

"TI SALUTO, O PIENA DI GRAZIA, IL SIGNORE E’ CON TE". (Lc. 1,28)

Oggi, festa della Vergine del Rosario, ci viene proposto nel vangelo il primo dei misteri che siamo invitati a contemplare in questa preghiera, quello della Annunciazione e ci vengono riproposte le parole dell’Angelo a Maria, quelle stesse parole che noi siamo invitati a ripetere tante volte recitando questa preghiera. Sul Rosario penso che tutti noi abbiamo sentito le opinioni più diverse, da chi lo esalta al punto da ritenerlo essenziale per la nostra salvezza, a chi lo considera una preghiera noiosa, ripetitiva, da chi per meditarlo ci mette delle ore, a chi riesce ad infilare cinquanta Ave Maria in meno di un quarto d’ora. Io rispetto il Rosario. Per me non è una preghiera da donnicciole e anche se sovente lo vedo usato male, penso che su quelle corone intere generazioni di persone si sono rivolte a Dio tramite Maria per portare a Lui la propria fede, le proprie pene, i desideri e le speranze. E’ una preghiera che hanno recitato Papi e analfabeti, santi e poveri diavoli. Amo poi il rosario perché è una preghiera legata direttamente alla Parola di Dio. In pratica, se vogliamo, noi possiamo far passare le tappe principali del Vangelo e ogni volta rivivere i doni della misericordia di Dio attraverso Gesù e Maria. E’ vero che pur essendo una preghiera semplice, adatta a tutti, il Rosario è tutt’altro che facile (sfido chiunque a dire un Rosario, ma anche solo una decina senza distrazioni), ma è anche vero che quando si ama non ci si stanca mai dirlo alla persona interessata e allora non mi sembra infantile poter ogni giorno offrire a Maria un mazzo di rose per dirle che le voglio bene e la ringrazio per averci dato Gesù e per esserci Madre; e se spesso le mie rose sono un po’ appassite dalle distrazioni, credo che Maria gradisca ugualmente almeno il tentativo di comunione che attraverso questa preghiera posso avere con Lei e, tramite Lei, con Gesù.

 

 

MARTEDI’ 8 Ottobre

SANTA BENEDETTA; SAN GIOVANNI CALABRIA

Parola di Dio: Gal. 1, 13-24; Sal 138; Lc. 10,38-42

 

"UNA DONNA DI NOME MARTA LO ACCOLSE IN CASA SUA". (Lc. 10, 38)

Sovente ho pensato e meditato a quella casa accogliente di Betania. Gesù in mezzo alla fatica della predicazione, in mezzo alle discussioni religiose, in mezzo a tante incomprensioni proprio da parte di coloro che maggiormente avrebbero dovuto capirlo e accoglierlo, trova in quella casa un’accoglienza calda e una amicizia preziosa e disinteressata. Gesù ama tutti, ma ama anche ciascuno in modo particolare e in quella casa si trova capito, apprezzato, ricambiato dall’accoglienza di Marta, dall’attenzione di Lazzaro, dall’ascolto amoroso di Maria. In quel luogo Gesù può perfino fare dei piccoli appunti alla padrona di casa troppo preoccupata delle cose materiali. Non ci si offende tra coloro che si amano, anzi anche le osservazioni sono bene accolte. Mi piacerebbe che il mio cuore fosse Betania. Un luogo amico dove Gesù possa venire quando vuole, e possa sentirsi amato, accolto gioiosamente, ascoltato, ringraziato. Ma purtroppo spesso il nostro cuore è occupato, dentro ci sono tutte le nostre preoccupazioni, gli egoismi… vi abbiamo accumulato talmente tante cose materiali che spesso non c’è più posto per nessuno e già grazie se queste cose non hanno sfrattato anche noi. Gesù passa, bussa e si sente rispondere: "Oggi non posso, sono occupato" oppure : "Ti farei entrare ma non c’è più posto". E il Signore, venuto non per prendere ma per dare, con tristezza deve andare oltre.

 

 

MERCOLEDI’ 9 Ottobre

Santi DIONIGI, Vescovo e Compagni Martiri; SAN GIOVANNI LEONARDI

Parola di Dio: Gal. 2,1-2.7; Sal. 116; Lc. 11,1-4

 

"QUANDO PREGATE DITE: PADRE…". (Lc. 14,2)

Per me, questa pagina di Vangelo in cui Gesù ci insegna a chiamare Dio con il nome di Padre è il centro della buona novella. In tutto l’Antico Testamento ci sono decine di appellativi per indicare Dio, anche perché il nome di Jahvè era talmente sacro che non poteva essere pronunciato, ma tutti questi nomi sottolineano attributi di grandezza e di potenza: Dio è il Santo, l’Onnipotente, il Giudice… E’ vero che anche l’Antico Testamento chiama qualche volta Dio col nome di Padre, ma è ancora la figura di Padre-Padrone, di un capo clan a cui si deve obbedienza assoluta. Gesù invece ci fa entrare in intimità con Dio: è il Figlio che aiuta i suoi fratelli a scoprire la dolcezza e la bellezza di avere Dio per Padre buono. Se Dio è davvero il mio e il nostro Padre buono, cambiano tante cose nel mio modo di vivere la religiosità. Non è più la paura di un inferno a guidare le mie scelte, ma è la gioia di poter vivere sereno in famiglia con Lui che mi spinge a mettere in pratica le sue indicazioni per il mio bene e per quello dei fratelli. Che "Dio mi veda" in ogni istante della mia vita, non diventa la presenza asfissiante del Giudice pronto a condannarmi ma la serena compagnia di Colui che vuole solo e sempre il mio vero bene. La presenza del male, di ogni male, non è più la punizione per le mie malefatte o l’angoscia che il male abbia il sopravvento sul bene, con Dio il male è vincibile, Gesù ha già trasformato la croce in salvezza. Se Dio è il Padre di Gesù e il Padre mio, cambia anche il mio atteggiamento verso il prossimo: gli altri non sono solo i miei concorrenti, sono figli di Dio come me, sono miei fratelli e se è vero che anche tra fratelli ci possono essere incomprensioni, lotte, sotterfugi, tra essi non dovrebbe mai venire a mancare quel legame che li fa sentire parte di un Uno. Come è bello al mattino, quando comincia il dono di una nuova giornata poterci ricordare queste cose recitando la preghiera di Gesù: è aprire il tempo ad una presenza amica con la quale camminare per tutto lo svolgersi della giornata.

 

 

GIOVEDI’ 10 Ottobre

SAN DANIELE

Parola di Dio: Gal. 3,1-5; Sal. da Lc. 1,69-75; Lc. 11,5-13

 

"CHIEDETE E VI SARA’ DATO". (Lc., 11,9)

Davanti alla richiesta degli apostoli: "Signore insegnaci a pregare", Gesù ha appena donato il Padre nostro, ed ora invita ad una preghiera incessante, perseverante, costante. Qualcuno dice che la preghiera non serve a nulla: "Dio sa già tutto, che bisogno abbiamo noi di chiedergli qualcosa o di dirgli quanto sia grande o di parlargli delle nostre pene". Qualcun altro dice di non aver tempo di pregare: "Col ritmo di vita che devo sostenere per portare avanti la giornata e la famiglia, altro che trovare il tempo per la preghiera, preghino i preti e le suore che lo fanno per professione e non hanno nient’altro da fare!". Qualcun altro non sa che cosa dire nella preghiera, altri ancora si rifugiano nelle formule per cui la preghiera spesso diventa un dovere e un atteggiamento pappagallesco, mentre il cuore è tutto da un’altra parte. Chiariamo solo velocemente alcune cose: Dio non ha bisogno delle nostre preghiere. No! Siamo noi che abbiamo bisogno di Lui e la preghiera ci aiuta a rendercelo presente, a scoprire la nostra indigenza e la sua Provvidenza. La preghiera di richiesta non deve essere l’unica forma di preghiera ma è importante perché Il "chiedere" non è il semplice questuare grazie e aiuti ma è il riconoscere Dio attraverso la fede, l’incontrarlo, l’informare la nostra vita di Lui, il lodarlo per i suoi benefici, l’affidarci alla sua volontà... La preghiera non è "tempo perso": quando vuoi bene davvero ad una persona è un piacere trovare un momento per stare con essa. La preghiera non è un qualcosa a cui devono solo pensare preti e suore: vogliamo di nuovo dividere le persone in categorie e pensare che Dio limiti la sua paternità solo ai consacrati? Dio non ha bisogno di pappagalli o di registratori che ripetano fedelmente delle formule, ha bisogno di "adoratori in spirito e verità". E se non sempre il Signore risponde alle nostre richieste, siamo poi proprio sicuri che le nostre domande fossero per il nostro vero bene? C’è poi un dono che il Signore dà sempre a coloro che glielo chiedono, ed è il dono dello Spirito Santo, ma quando ce lo manda dopo la nostra richiesta noi siamo ancora lì, pronti a riceverlo o siamo già scappati da un’altra parte?

 

 

VENERDI’ 11 Ottobre

SANTA EMANUELA; SAN FIRMINO

Parola di Dio: Gal. 3,7-14; Sal. 110; Lc. 11,15-26

 

"CHI NON E’ CON ME E’ CONTRO DI ME, CHI NON RACCOGLIE CON ME, DISPERDE". (Lc.11,23)

Questa frase del Vangelo a prima vista sembra non piacerci: Gesù sembra un integralista e, lo sappiamo anche dai fatti recenti, tutti gli integralismi e specialmente quelli religiosi, sono fautori di grandi danni, come le lotte di religione o le "guerre sante". Gesù non parla di integralismo ma vuole aiutarci a smetterla di essere maestri di compromesso, e noi lo siamo tutte le volte che diciamo: "Io voglio bene al Signore, sono religioso ma devo badare agli affari miei", "Perdonare? Si, ma, per esempio, nella giungla del mondo del lavoro chi si fa pecora il lupo la mangia!". Ci diciamo cristiani ma viviamo secondo la mentalità di questo mondo e se volete un esempio eclatante provate a chiedervi come mai, nel mondo, i paesi ad "origine cristiana" sono quelli che mangiano di più e mangiano anche la parte di molti altri poveri che magari cristiani non lo sono. Per Gesù non c’è spazio al compromesso, non si può tenere il piede in tante staffe diverse. Lui non è per le mezze misure. Lui che è stato il ‘sì’ definitivo e totale a Dio e agli uomini fino alla morte di croce, ci dice chiaramente che "il vostra parlare sia sì, sì; no, no", ci dice di lasciare il superfluo e qualche volta anche il necessario se davvero vogliamo andargli dietro. Quando uno non accetta la luce, cerca il buio, quindi chi non accetta il Cristo totalmente o non si mette sulla strada per accettarlo, va contro di Lui; smettiamo con l’assurdità di chi dice: "Io sono cristiano ma non praticante": puoi avercela, magari anche con motivi giusti, con i preti o con certi atteggiamenti di Chiesa, ma questo non ti giustifica perché se stai con Cristo non puoi non vivere i suoi Sacramenti e i suoi insegnamenti perché se no, a forza di non praticare ti accorgi poi di aver anche perso il Cristo o di averne uno che ti sei costruito a misura delle tue necessità.

 

 

SABATO 12 Ottobre

SAN SERAFINO

Parola di Dio: Ga.. 3,22-29; Sal. 104; Lc. 11,27-28

 

"BEATO IL VENTRE CHE TI HA PORTATO E IL SENO DA CUI HAI PRESO IL LATTE". Lc.11,27

Con Gesù gli elogi, i complimenti, non attaccano e quando pensi di averne azzeccata una giusta spesso capisci che Lui intende esattamente l’opposto. Una donna del popolo, forse entusiasmata dalla figura e dalla predicazione di Gesù, dice: "Fortunata sua madre ad avere un figlio del genere!". Magari lo diceva perché suo figlio non era proprio uno stinco di santo, perché magari, secondo lei, non aveva avuto la ‘fortuna’ di avere una famiglia "all’onor del mondo". Gesù però le risponde: "La fortuna non è avere un 'figlio bravo", è essere fedeli a Dio!". La tua vita di padre, di educatore può anche essere un insuccesso e ne puoi essere dispiaciuto, ma se sei stato fedele a Dio e al tuo compito, tu per Dio puoi essere davvero beato. Secondo il vangelo non si è beati perché le cose vanno bene, perché economicamente non abbiamo grossi fastidi, perché mio figlio non è un drogato o un perdigiorno, perché i miei hanno fatto carriera… ma si può essere beati sempre se si cerca la volontà di Dio, se Dio è il nostro fine, la nostra unica "ricompensa". Maria è beata non tanto perché è la Madre di Dio, e per questo Dio l’ha colmata di ogni dono, Maria è beata anche ai piedi della croce quando il suo "figlio buono" verrà considerato un pubblico bestemmiatore e ucciso con la massima ignominia, perché sia quando ha detto il suo sì all’angelo, sia ai piedi della croce, in mezzo alla sofferenza, cerca solo e sempre la volontà di Dio.

 

 

DOMENICA 13 Ottobre

28^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

SAN TEOFILO; SAN ROMOLO; SANT’EDOARDO Confessore

Parola di Dio: Is. 25,6-10; Sal. 22; Fil. 4,12-14.19-20; Mt. 22,1-14

 

1^ Lettura (Is 25, 6-10)

Dal libro del profeta Isaia.

Il Signore degli eserciti preparerà su questo monte, un banchetto di grasse vivande, per tutti i popoli, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: "Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza. Poiché la mano del Signore si poserà su questo monte".

 

2^ Lettura (Fil 4, 12-14. 19-20)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi.

Fratelli, ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alla mia tribolazione. Ben sapete proprio voi, Filippesi, che all'inizio della predicazione del vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa aprì con me un conto di dare o di avere, se non voi soli; ed anche a Tessalonica mi avete inviato per due volte il necessario. Non è però il vostro dono che io ricerco, ma il frutto che ridonda a vostro vantaggio. Adesso ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un profumo di soave odore, un sacrificio accetto e gradito a Dio. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza in Cristo Gesù. Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

Vangelo (Mt 22, 1-14)

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, rispondendo Gesù riprese a parlar in parabole ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo e disse: "Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti".

 

RIFLESSIONE

 

Se all’inizio di questa riflessione chiedessi a voi di dirmi, secondo le vostre esperienze e i vostri desideri, che cosa sia la cosa più importante a cui aspirate nella vita, penso che ascolterei più o meno queste risposte: "Lo star bene, l’essere contenti, aver pace in famiglia, godere di buona salute, avere il necessario per sé e per gli altri…". Se cerchiamo un comune denominatore tra queste ed altre eventuali risposte, scopriamo che la più grande aspirazione dell’uomo per questa vita (e anche per la prossima per chi crede all’aldilà) è la felicità. L’uomo cerca la felicità, la cerca sempre in ogni suo gesto, con tutte le sue forze. Quando si cerca l’amore, si cerca la felicità per sé e per l’altro, quando si desiderano le cose di pensa che esse diano la felicità, quando qualcuno lotta per la giustizia pensa che questa dovrebbe dare la felicità. Mi domando allora: perché quando la felicità ci viene offerta per questa vita e per quella eterna siamo così restii ad accoglierla? La prima lettura di oggi, dove si parla di un grande banchetto che Dio prepara per tutti i popoli, viene ripresa nella parabola di Gesù che parla di un banchetto per le nozze del figlio del re, dove tutto è preparato con cura e con dovizia. Il Regno di Dio con la sua proposta gioiosa per noi (e non solo il paradiso che sarà la sua realizzazione gloriosa) è preparato da Dio per la nostra gioia. La creazione è per il completamento e la gioia dell'uomo, il perdono offerto è per far ritrovare all'uomo la gioia di sapersi amato e pienamente riabilitato, le nozze del Figlio di Dio, che con l’incarnazione sposa la nostra umanità, sono per la felicità dell’uomo che scopre la propria dignità di figlio di Dio, la predicazione di Gesù è la buona notizia della salvezza dell’uomo, i Sacramenti sono il segno della gioia della comunione dell’uomo con Dio, le promesse di una vita eterna nella luce di Dio, sono per ampliare e completare la gioia che l’uomo, amato da Dio, può già realizzare su questa terra. Eppure l’uomo che cerca la gioia stenta ad accettarla quando Dio gliela propone, e spesso coloro che dovrebbero essere "i ministri della nostra gioia" sono proprio quelli che fanno di tutto per nasconderla e ucciderla. L’elezione di Israele, l’Alleanza che Dio aveva stretto con questo popolo erano per la gioia di tutti, ma ecco che i garanti di questa alleanza, i capi di Israele, i cosiddetti Maestri, i Sommi sacerdoti, hanno fatto di tutto per intristirla e ridurla ad una serie di norme da osservare e di riti da celebrare, anzi come dice Gesù nella parabola hanno cercato tutte le scuse immaginabili e possibili per evitare l’invito alla gioia e con il loro rifiuto hanno detto a Dio: "Di te, di quello che fai per noi, non ce ne importa, siamo autosufficienti noi, con le nostre cose, Di te non vogliamo saperne". Ma Dio non si lascia smontare dal rifiuto. Lo accetta anche con le sue conseguenze di morte, per rispettare la libertà dell’uomo, ma nello stesso tempo offre la sua gioia a tutti, specialmente ai più miseri che vengono ricercati, invitati e ai quali oltre che il pranzo viene anche offerto, secondo la tradizione orientale, il vestito bianco da indossare per la festa. La fede nel Dio Padre di Gesù Cristo e Padre nostro è una gioia, perché non la gustiamo in questo modo e ne abbiamo fatto un insieme di formule e riti tutt’altro che appetibili circondati di tristezze e di paure? Chi di noi ha un po’ di anni sa benissimo che noi siamo stati educati alla religione delle osservanze e delle paure. Invece di aver Timor di Dio (che significa rispetto) ci hanno insegnato ad aver paura di Dio che col suo occhio vigile era sempre pronto a cogliere ogni nostro più piccolo sbaglio per poterlo punire. Dio più che essere un Padre buono era un padrone, i Sacramenti più che essere la gioia di un incontro, di un perdono. di una comunione erano talmente nascosti nel mistero o contornati da norme al punto da renderli inaccessibili o al punto da creare talmente tanti scrupoli che, invece della gioia, spesso essi portavano altra paura e scrupoli, ad esempio la confessione invece di essere la scoperta della propria finitezza ma anche della grande misericordia di Dio e della fiducia che nonostante tutto Lui continua a riporre in noi, era diventata il tribunale (qualche volta è ancora così da parte di chi l’amministra) dove contava soprattutto ricordarsi "quante volte, dove e come e perché", l’Eucaristia un premio per i buoni, l’Estrema Unzione, il Sacramento per coloro per cui non c’era più altro da fare, le sofferenze erano il modo migliore per onorare Dio e la miglior riparazione per i peccati era quella di fare grosse offerte alle chiese o far dire centinaia di Messe per la salvezza delle anime. E la buona novella di Gesù dove è andata a finire? Ecco perché molti ieri e oggi non hanno accolto l’invito al banchetto. Perché davanti ad una simile tristezza hanno preferito cercare un po’ di gioia altrove. Ma il rischio di rispondere negativamente all’invito, o perlomeno il rifiuto di indossare l’abito della festa lo corriamo anche noi. Tutte le volte che noi intristiamo la fede, vediamo in negativo, ci lasciamo sopraffare dalle paure è come se dicessimo a Dio che del suo banchetto di festa non ce ne importa nulla, preferiamo le nostre tristezze e il nostro pessimismo. E le scuse che a volte anche noi portiamo per respingere l’invito di Dio alla sua gioia non sono forse assurde? Noi spesso confondiamo ciò che è importante con ciò che riteniamo urgente. Il banchetto rappresenta dunque la cosa importante nella vita, anzi l'unica cosa importante, perché, "che giova all'uomo guadagnare anche il mondo intero se poi perde la sua anima?". E chiaro allora in che consiste l'errore commesso dagli invitati; consiste nel tralasciare l'essenziale per il contingente! Facciamo alcuni esempi per noi. Anzitutto, appunto, sul piano religioso. Tralasciare l'importante per l'urgente, sul piano spirituale, significa rimandare perché ogni volta si presenta qualcosa di urgente da fare. E’ domenica ed è ora di andare alla Messa, ma c’è da fare quella visita, quel lavoretto in giardino, il pranzo da preparare. La Messa può aspettare, il pranzo no; allora si rimanda la Messa e ci si mette intorno ai fornelli. Per altri questo avviene per la preghiera. Sentono che dovrebbero dedicare con calma del tempo alla preghiera; ma si ricordano che c’è quella faccenda da sbrigare, quella telefonata da fare e cosi rinviano, rinviano…il guaio è che di cose urgenti, o supposte tali, ne abbiamo sempre a decine da fare, e cosi finiamo per rimandare sistematicamente per le preoccupazioni materiali. Una sola è la cosa assolutamente importante e necessaria nella vita: incontrare Dio e accogliere la sua vera gioia; trascurare questo per piccole faccende, per quanto urgenti, è stoltezza, è fallire tutto. Nella vita si può fallire in molti modi: come marito o come moglie, come padre o come madre, come uomo d'affari, come artista, come prete... Ma sono tutti fallimenti relativi. Uno può essere un fallito in tutti questi campi ed essere una persona degnissima di stima. Vi sono stati dei santi che nella vita furono un fallimento unico. Non cosi quando si perde Dio. Qui il fallimento è radicale, senza appello. E’ un tagliarsi le gambe da soli, è avere la felicità alla portata di mano e chiudersi nella tristezza.

 

 

LUNEDI’ 14 Ottobre

SAN CALLISTO I, Papa e Martire

Parola di Dio: Gal. 4,22-24.26-37.31. 5,1; Sal. 112; Lc. 11,29-32

 

"QUESTA GENERAZIONE CERCA UN SEGNO, MA NON LE SARA’ DATO NESSUN SEGNO FUORCHE’ IL SEGNO DI GIONA". (Lc.11,29)

Quale sarà questo segno di Giona che Gesù promette a coloro che continuano a chiedere miracoli per poter credere in Lui? Giona era un profeta della Bibbia che Dio aveva mandato a Ninive per preannunciare che la città, a causa del suo cattivo comportamento, sarebbe stata distrutta. La storia di Giona si svolge fondamentalmente in due parti. La prima è la fuga di Giona: Egli non ha voglia di essere un profeta di sventure e allora si imbarca per scappare, ma succede una tempesta e i marinai si accorgono che è imbarcato qualcuno che "porta male". Prendono Giona e lo buttano a mare. Egli viene inghiottito da un grosso pesce che lo tiene per tre giorni nel suo ventre e poi lo ributta sulla spiaggia di Ninive. Seconda parte della storia: Giona predica la distruzione della città ma i niniviti si convertono e fanno penitenza fino al punto che Dio li perdona. Gesù dice dunque che alla sua generazione e anche alle nostre sarà dato il segno di Giona. Cioè Gesù è venuto a predicare la conversione al regno, se accoglieremo queste sue parole saremo salvati. E il segno che Gesù è davvero il Messia sta nel fatto che come Giona è rimasto tre giorni nel ventre del pesce prima di essere rigettato in vita, così succederà a Gesù, morto sulla croce, verrà inghiottito dal sepolcro, ma la morte non lo terrà con sé, al terzo giorno sarà nuovamente vivo. Anche per noi dunque il grande segno per credere è la risurrezione di Gesù e quello per vivere è convertirci alla sua parola.

 

 

MARTEDI’ 15 Ottobre

SANTA TERESA D’AVILA, Vergine e Dottore della Chiesa

Parola di Dio: Gal. 5,1-6; Sal. 118; Lc. 11,37-41

 

"PIUTTOSTO DATE IN ELEMOSINA QUEL CHE C’E’ DENTRO ED ECCO, TUTTO PER VOI SARA’ MONDO". (Lc. 11,41)

Che cosa vorrà dire Gesù quando invita il fariseo e noi a non badare troppo alle formalità religiose quanto piuttosto a dare in elemosina quello che c’è dentro? Penso che Gesù volesse dire: "Finché ti preoccupi dell’osservanza delle norme, le norme uccidono il tuo spirito perché tu pensi di poterti comprare Dio con le tue osservanze mentre invece non fai altro che diventare ipocrita, quando invece ti preoccupi di svuotare il tuo cuore per far posto a Dio, allora ti prepari davvero ad accogliere Lui e i suoi doni. Capita sovente di sentire certi direttori spirituali tutti dediti a far sì che i loro discepoli "acquistino la virtù", camminino sulla "strada della perfezione" e che questi, tutti presi da questa forma di ascesi, si dimentichino di Dio e del prossimo. Gesù sembra dirci: prima di ogni ascesi c’è lo sgombero. Incomincia a dare in elemosina i frutti dell’egoismo che hai accumulato, restituisci a Dio la parte del cuore che ai affittato ai tuoi interessi e ai tuoi piaceri, butta via le carabattole delle esagerate preoccupazioni terrene, fai piazza pulita di certe spiritualità bacchettone che allontanano dalla realtà concreta dei fratelli e di Dio che abita in loro, liberati dalla religiosità della fredda osservanza, da quella della paura…Finito lo sgombero scoprirai di avere un cuore grande in cui Dio può porre davvero la sua dimora e dove, con Lui entreranno anche i fratelli.

 

 

MERCOLEDI’ 16 Ottobre

SANTA MARGHERITA MARIA ALACOQUE, Vergine; SANTA EDVIGE

Parola di Dio: Gal. 5, 18-25; Sal. 1; Lc. 11,42-46

 

"GUAI A VOI DOTTORI DELLA LEGGE CHE CARICATE GLI UOMINI DI PESI INSOPPORTABILE E VOI QUEI PESI NON LI SPOSTATE NEPPURE CON UN DITO".

(Lc. 11,46)

In uno dei più rinomati salotti televisivi, l’inossidabile presentatore aveva schierato per questa occasione, tanto di psicologi, educatori e pedagoghi e, manovrando con maestria tra due fronti, affrontava il problema di quale metodo educativo fosse il migliore nei confronti dei figli. Naturalmente le due schiere di opposta visione si fronteggiavano. C’erano quelli che sostenevano che per educare i figli ci vogliono norme certe e indiscutibili, affermate chiaramente anche fino ad imporle con autorità e forza, e c’era la schiera di coloro che affermavano che, in nome della libertà assoluta, non si deve imporre nulla. Naturalmente dopo un paio d’ore di discussione intervallata dal cantante di turno, dal battutista d’occasione, e dall’immancabile pubblicità ogni quarto d’ora, non si giunse a nessuna conclusione e ancora oggi trovi, per l’educazione dei figlio, il padre-padrone che, fin che può, impone se stesso anche in maniera oppressiva e il cosiddetto padre-amico che ha perso la funzione di padre ed è troppo distante di età e di mentalità per poter diventare davvero e solo amico per il proprio figlio. Gesù in ambito religioso (ma questo si può applicare anche a tutti gli altri campi, soprattutto quello educativo) non si accampa da una parte o dall’altra, ma invita a pensare ai valori. Prima di imporre ad un altro una determinata cosa, tu la credi? E, se la credi, cerchi di viverla? Cioè, in parole povere, che esempio stai dando sulla cosa che chiedi ad un altro? Ad esempio un padre che chieda ai figli di andare a messa e lui non ci vada mai, che cosa crede di ottenere? Uno che richieda amore e rispetto per la famiglia ma che trascuri i nonni e dimostri di sopportarli a stento, a che cosa pensa di educare? Non è tanto questione di essere permissivi o meno, è questione di credere e di vivere ciò si afferma e che si vuole trasmettere!

 

 

GIOVEDI’ 17 Ottobre

SAN IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Vescovo e Martire; SAN RODOLFO

Parola di Dio: Ef. 1,1-10; Sal. 97; Lc. 11,47-54

 

"GUAI A VOI DOTTORI DELLA LEGGE CHE AVETE TOLTO LA CHIAVE DELLA SCIENZA; VOI NON SIETE ENTRATI E A QUELLI CHE VOLEVANO ENTRARE L’AVETE IMPEDITO". (Lc.11,52)

Alcuni anni fa mi era capitato, con i ragazzi che stavano preparandosi a ricevere la Cresima, di organizzare una intervista sulla Bibbia. Li avevo mandati in giro a chiedere alla gente se sapevano che cosa fosse la Bibbia, che cosa ne pensavano, se ne avevano una copia in casa, se la leggevano… Il risultato dell’inchiesta rispettava il livello medio di cultura cristiana. Molti vagamente sapevano che cos’era la Bibbia, alcuni ne ricordavano episodi salienti, soprattutto per aver visto sceneggiati televisivi, una buona parte la ritenevano "una cosa da preti"… alla domanda specifica che riguardava coloro che si erano definiti cristiani e che dichiaravano di conoscere poco la Bibbia sul perché di questo, buona parte delle risposte, ricordo che diceva così: perché la maggioranza dei nostri educatori religiosi ci hanno parlato un po’ di Gesù, molto di chiesa e di norme morali da osservare ma poco di Bibbia. Un signore aggiungeva: "Le uniche frasi della Bibbia che ricordo sono quelle che appoggiavano certe norme che mi veniva chiesto di osservare". Negli anni immediati del dopo Concilio ecumenico Vaticano secondo, ricordo di aver letto in una rivista che passava per cattolica questa definizione. "Tutti i Concili che hanno valso qualcosa nella storia della Chiesa sono quelli che hanno affermato dogmi o hanno imposto nuove norme, questo Vaticano II° ha solo chiacchierato di Bibbia gettandola impunemente in pasto a tutti". Sento vivo per me e per la Chiesa il richiamo di Gesù: per troppo tempo abbiamo nascosto la Bibbia o la abbiamo utilizzata solo per i nostri comodi. E’ vero che essa non è facile. E’ vero che in essa troviamo pagine scandalose. E’ vero che, a prima vista, a certi problemi esistenziali dell’uomo, essa sembra dare risposte diverse, spesso legate al tempo e alla mentalità di chi l’ha scritta. Ma essa è la parola che Dio ha rivolto agli uomini! Ogni credente dovrebbe avere carissimo questo libro. Ognuno di noi dovrebbe leggerlo spesso, con molta umiltà e attenzione, confrontandosi con essa. chiedendo aiuto alla Chiesa nell’interpretarla, ma facendo ad essa continuo riferimento e cercando di adeguare la propria vita ai suoi insegnamenti. Dio ha parlato e proprio noi, uomini di chiesa, dovremmo nascondere la sua parola preferendo ad essa le nostre norme religiose?

 

 

VENERDI’ 18 Ottobre

SAN LUCA, Evangelista

Parola di Dio: 2Tim. 4,10 -17; Sal 144; Lc. 10,1-9 (Lc. 11,47-54)

 

"IL SIGNORE DESIGNO’ ALTRI SETTANTADUE DISCEPOLI E LI INVIO’ " . (Lc. 10,1)

La festa di San Luca e il brano di Vangelo che abbiamo letto ci invitano a pensare al dovere cristiano di essere testimoni e missionari del Vangelo. Luca lo fu in quanto non solo scrisse il Vangelo che noi leggiamo ma lo testimoniò con San Paolo in lunghi viaggi missionari. Gesù chiama e manda. Dio ha bisogno di uomini non per sé, non per il suo onore (che nessuno può togliergli e nemmeno mettere in pericolo), ha bisogno di noi… per gli altri, ha bisogno di noi per noi, per darci la gioia di poter assomigliare a Lui, che è altruista all’infinito. Un cristiano che non sente bollire nell’anima la voglia di gridare il Vangelo, che non sente il dovere di parlare di Dio, che non sente l’urgenza di impegnarsi nell’apostolato… non è un cristiano. Se sei cristiano, sei apostolo. Ma, nel vangelo di oggi, quello che colpisce ancora di più è il modo della missione. Non si tratta di andare con tanti mezzi ad imporre, si tratta di proporre con amore. Ecco le parole fortissime di Gesù: "Vi mando indifesi in un mondo violento". Noi ci aspetteremmo: "Armatevi almeno del bastone per difendervi", invece Cristo dice il contrario: "Vincerete se sarete agnelli, se sarete miti, se sarete poveri e distaccati perché convinti e attratti da un’altra ricchezza". Così deve essere la vera comunità cristiana. Il mondo ci fa paura quando lo combattiamo con i suoi stessi mezzi: violenza con violenza, orgoglio con orgoglio, torto con torto, dispetto con dispetto, cattiveria con cattiveria… Ma il mondo non fa più paura quando si combatte con i mezzi di Dio: mansuetudine, pazienza, perdono, generosità, preghiera. D’altra parte, guardiamo a Gesù stesso: Lui chiede a noi di essere agnelli perché Lui il mondo l’ha vinto salvandolo come "agnello innocente, condotto al macello". Finché la Chiesa e noi cristiani pensiamo di vincere il mondo combattendolo, facendoci lupi anche noi, perderemo perché ci mancherà l’aiuto e la forza del Signore che è il Buon Pastore delle pecore e non dei lupi.

 

 

SABATO 19 Ottobre

SAN PAOLO DELLA CROCE

Parola di Dio: Ef. 1,15-23; Sal. 8; Lc. 12,8-12

 

"CHI BESTEMMIERA’ LO SPIRITO SANTO NON GLI SARA’ PERDONATO". (Lc. 12,10)

Quando sentiamo la parola bestemmia ci vengono subito in mente certe parole rivolte contro Dio, contro la Madonna che, purtroppo, sentiamo sempre più in bocca a tante persone che il più delle volte non sanno neppure cosa dicono. Ma, se ci pensiamo un momento, si può bestemmiare Dio in tanti altri modi oltre che con le parole; ad esempio, sentendoci noi unici padroni del creato e manipolandolo a nostro piacimento pur di far soldi, sentendoci noi padroni della vita, capaci di decidere chi deve nascere o meno o scegliendo chi deve vivere e chi deve morire… Ma qui Gesù parla di una "bestemmia contro lo Spirito Santo". Quale sarà? Si bestemmia contro lo Spirito Santo quando il nostro atteggiamento di vita esclude allo Spirito ogni possibilità di agire in noi e attorno a noi, quando in pratica ci si organizza esclusivamente da soli senza lasciare spazio a Dio, quando si esclude la speranza per noi e per il prossimo, quando troppo pieni di noi e dei nostri peccati si pensa che Dio non abbia più fiducia in noi e non possa perdonarci. E’ allora che anche quel "non gli sarà perdonato" diventa reale, non perché Dio non possa perdonarci, ma perché io gli ho chiuso la porta e non permetto che il suo perdono mi raggiunga e faccia di me un uomo nuovo.

 

 

DOMENICA 20 Ottobre

29^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

SANTA ADELINA

Parola di Dio: Is. 45,1.4-6; Sal. 95; 1Tes. 1,1-5; Mt. 22,15-21

 

1^ Lettura (Is 45, 1. 4-6)

Dal libro del profeta Isaia.

Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: "Io l'ho preso per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni, per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, per aprire davanti a lui i battenti delle porte e nessun portone rimarrà chiuso. Per amore di Giacobbe mio servo e di Israele mio eletto io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non v'è alcun altro; fuori di me non c'è dio; ti renderò spedito nell'agire, anche se tu non mi conosci, perché sappiano dall'oriente fino all'occidente che non esiste dio fuori di me. Io sono il Signore e non v'è alcun altro".

 

2^ Lettura (1 Ts 1, 1-5)

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi.

Paolo, Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: grazia a voi e pace! Ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere, continuamente memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo. Noi ben sappiamo, fratelli amati da Dio, che siete stati eletti da lui. Il nostro vangelo, infatti, non si è diffuso fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con potenza e con Spirito Santo e con profonda convinzione.

 

Vangelo (Mt 22, 15-21)

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva ridotto al silenzio i Sadducei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli Erodiani, a dirgli: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: E` lecito o no pagare il tributo a Cesare?". Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: "Ipocriti, perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo". Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: "Di chi è questa immagine e l'iscrizione?". Gli risposero: "Di Cesare". Allora disse loro: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio".

 

RIFLESSIONE

 

Specialmente in queste ultime domeniche, attraverso la lettura di alcune parabole, ci siamo resi conto di quanto a Gesù stessero a cuore le persone, particolarmente quelli che erano diventati i suoi nemici. Gesù racconta le parabole proprio in particolare per i capi del popolo, farisei, dottori della legge e sacerdoti per invitarli a non compiere l’errore di rifiutare il regno di Dio e la sua gioia. Ma se in Gesù c’è tutta questa preoccupazione per queste persone, esse ormai sono entrate nella mentalità di coloro che vogliono a tutti i costi "far fuori Gesù" e cercano di convincersi che questa sia una buona azione. Ce l’hanno a morte con Lui per le verità che ha loro dette e che li bruciano dentro, ma nello stesso tempo non gliele perdonano e cercano una parvenza di legalità e di religiosità nel volerlo condannare. Sono talmente paurosi e vigliacchi che non hanno il coraggio di andare di persona da Gesù e allora mandano i loro discepoli ad interrogarlo per poterlo cogliere in fallo nei suoi discorsi. Questi elogiano, quasi con ironia, Gesù, come uno che non nasconde mai la verità e che non ha paura di nessuno perché non fa preferenze di persone, poi arrivano alla domanda faziosa. Il comportamento dei farisei chiaramente discutibile, è però a volte tanto simile al nostro, quando interroghiamo Dio, quasi per rimproverarlo per quello che di ingiusto, violento, disastroso, succede attorno a noi. Quasi vogliamo anche noi mettere alla prova Dio per vedere come risponde alle nostre domande più profonde: "Perché la morte dei giovani e degli innocenti? Perché la sofferenza dei giusti? Perché il benessere dei disonesti? Perché Dio non interviene? Perché non ci da spiegazioni?". Domande più che giustificate dai fatti della vita ma spesso faziose perché fatte con malizia già pensando alla risposta che consiste nel fatto di far cadere tutta la responsabilità su Dio ingiusto, lontano o non attento ai suoi figli. Gesù tratta con durezza quelli che nel Vangelo lo avevano interrogato e li invita a riflettere e a guardare la realtà. Gli avevano chiesto: "È lecito pagare il tributo a Cesare?". Problema allora di grande attualità, e sentito dalla gente. Come è sentito da noi oggi: "Siamo proprio tenuti a pagare le imposte? Non possiamo almeno rubacchiare qualcosa? Visto che le tasse sono esose e spesso ingiuste non è logico cercare di evaderne una parte per ristabilire una forma di giustizia?" Ma era anche una domanda trabocchetto, un tranello teso a Gesù. I suoi interlocutori si proponevano di squalificarlo agli occhi della gente. In realtà allora la situazione era complessa. Gli ebrei, religiosissimi, mettevano Dio al centro di tutto, anche i loro re avevano per lo meno una origine religiosa. Invece ora i Romani occupanti imponevano agli ebrei un imperatore, Tiberio, che viveva nell'idolatria e favoriva il paganesimo. La moneta usata di solito per il tributo, circolante in tutto l'impero, recava l'immagine di Tiberio, e con l'iscrizione lo proclamava "divino e pontefice massimo". E proprio a quell'imperatore pagano, che si faceva passare per un essere divino, gli ebrei avrebbero dovuto pagare il tributo? Di fatto c'erano anche allora nel popolo i partiti, gli schieramenti opposti: gli erodiani, simpatizzanti dei Romani, erano favorevoli al pagamento di quelle tasse. Gli zeloti, rivoluzionari, si opponevano al tributo e anzi predicavano la lotta armata contro le legioni di Roma. I farisei, si opponevano al tributo, ma per evitare il peggio al paese si rassegnavano a pagarlo. Ora alla domanda-tranello: "È lecito pagare il tributo a Cesare?", Gesù poteva rispondere con un sì o con un no. E comunque avesse risposto, si sarebbe squalificato davanti alla gente. Se diceva sì, i farisei e gli zeloti potevano replicargli: "Tu non sei un messia liberatore, ma un nemico del tuo popolo, un venduto agli stranieri. Perché mai dovremmo seguirti?". Se diceva no, gli erodiani potevano rinfacciargli: "Ti metti contro i Romani, spingi il popolo a ribellarsi, e in questo modo attiri su di noi la repressione violenta dei soldati". Gesù sembrava senza vie d'uscita. Ma lui la trovò. Per prima cosa chiamò i suoi interlocutori con l'epiteto che si meritavano: "Ipocriti!". Poi scese a quel dialogo serrato: "Mostratemi la moneta del tributo... Di chi è l'immagine e l'iscrizione?". I farisei dovettero guardare con disgusto l'effigie esecrata di Tiberio e l'iscrizione che lo proclamava divino, e gli risposero: "Di Cesare". Allora Gesù, re in incognito di un regno che non è di questo mondo, concluse come sappiamo: "Rendete a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio". E gli erodiani con i farisei rimasero con un palmo di naso. Non avevano previsto la scappatoia della sapienza divina. La risposta di Gesù, che aveva tappato la bocca ai suoi nemici, non consisteva solo, come potrebbe sembrare, in un gioco di parole, in un sotterfugio dialettico. La cosa in se stessa, a pensarci bene, poteva sembrare assurda. Come si fa a staccare da una moneta l'immagine e l'iscrizione coniate sopra, per darle a qualcuno? Però Gesù aggiusta le prospettive, mette le cose a posto, evidenziando la sproporzione esistente fra i due termini a confronto: da una parte il Cesare descritto sulla moneta, che tutto sommato è solo un uomo (e ciò che gli compete si riduce a immagine e iscrizione), e d'altra parte Dio, creatore del mondo, degli uomini e delle loro monete. Inoltre, sembra suggerire il Signore, questo pagare il tributo a Cesare (cioè allo Stato) non risulta necessariamente in contrasto col rendere a Dio quel che gli è dovuto, cioè adorazione e amore filiale. Che, anzi, Gesù mette in risalto i diritti di Dio, senza toccare i diritti dell'imperatore. Lo Stato ha pur sempre un ruolo sociale da svolgere, a vantaggio di tutti. Ci sono quindi per i cittadini dei doveri verso il potere civile, che in coscienza vanno armonizzati col valore assoluto di Dio. Quando lo Stato svolge lealmente il suo ruolo, il tributo diventa un dovere di coscienza. Gesù con la sua risposta suggerisce in sostanza di soppesare quel che è dovuto allo Stato, e nello stesso tempo di ricordare che il valore preminente e assoluto è sempre e comunque Dio. Ma aldilà di queste discussioni che. Spesso. da rapporto tra potere divino e potere terreno sono scadute nel potere dello stato e potere della Chiesa, Gesù ci dà una regola che vale in ogni campo della vita, anche nelle piccole scelte quotidiane: se Dio è il Signore di tutte le cose, il primo posto deve averlo sempre Lui. Le cose buone che Egli ci ha affidato non sono da disprezzare ma il loro valore è sempre relativo a quello divino. Noi, come gli interlocutori di Gesù diciamo: "O Dio o Cesare", Gesù ci insegna a dire: "Dio e Cesare".. Noi spesso mettiamo in contrasto Dio con le cose umane, Gesù ci dice di mettere Dio al primo posto proprio nell’interessarsi delle cose umane necessarie per noi e per i nostri fratelli. "Preghiera o azione?": prega per poter agire nel giusto modo. "Scelta religiosa o impegno sociale" Se davvero hai scelto Dio non ti fermerai solo al tu per tu con Lui, ma sarà lo stesso amore che hai per Lui a spingerti all’azione amorevole verso il prossimo.

 

 

LUNEDI’ 21 Ottobre

SANTA ORSOLA; SAN GASPARE DEL BUFALO

Parola di Dio: Ef. 2,1-10; Sal. 99; Lc. 12,13-21

 

"ANCHE SE UNO E’ NELL’ABBONDANZA, LA SUA VITA NON DIPENDE DAI SUOI BENI" (Lc 12,15)

Se ci pensiamo bene, spesso la nostra vita è un insieme di progetti e calcoli. Quando si è ragazzi si pensa a crescere: "Quando sarò grande!" Poi si pensa a farsi una carriera, poi si pensa ad avere denari per poter essere sereni, poi ci si preoccupa di investirli nel miglior modo perché possano permetterci una vecchiaia serena: "Lavorerò ancora per vent’anni, farò sacrifici, a 65 anni sarò sereno.., farò tutto quello che non ho fatto prima". Essere previdenti non è sbagliato, avere delle mete può dar senso ad una vita, ma sei sicuro di arrivare a quell’età e del come ci arriverai? E poi, dove è il negozio che vende la serenità? Nelle banche ci sono tanti sportelli per ricevere e per dare, ma nessuno ha quella scritta sopra. Nella banca di Dio c’è un solo sportello per dare e ricevere con scritto sopra "AMORE". Lì contano in un modo strano: chi dà, guadagna, chi tiene perde, le divisioni diventano moltiplicazioni, soprattutto, se hai fiducia nel "banchiere", sei sicuro di non andare mai in rosso

 

 

MARTEDI’ 22 Ottobre

SAN DONATO

Parola di Dio: Ef. 2,12-22; Sal. 84; Lc. 12,35-38

 

"SIATE PRONTI, CON LA CINTURA AI FIANCHI E LE LUCERNE ACCESE". (Lc. 12,35)

Siamo abituati a leggere queste pagine di vangelo sull’attesa e sulla vigilanza come se riguardassero unicamente l’attesa della venuta definitiva di Gesù giudice al termine dei tempi. Certamente Luca, riportando queste parole sapeva che Gesù aveva inteso questa venuta definitiva, e i primi cristiani erano talmente desiderosi di entrare nel Regno definitivo di Gesù che aspettavano questa venuta come imminente. Ma Luca sa anche molto bene che Gesù chiede la vigilanza e l’attenzione non solo in vista del giudizio universale, ma in vista alle sue mille venute quotidiane. Se noi non siamo presenti a noi stessi e a quello che succede, rischiamo di far sì che sia la vita a vivere e consumare noi, se noi siamo attenti e partecipi, nel bene e nel male, diventiamo protagonisti della nostra vita. La fede, poi, così come Gesù ce l’ha presentata non è un francobollo che si mette sulla lettera della vita, ma è proprio quello che le dà senso. Per noi cristiani la fede non è una serie di dogmi a cui credere, ma soprattutto una persona viva da incontrare: Gesù Cristo. E Lui viene in mille modi nella nostra vita. Bussa alla porta del mio cuore nelle vesti del povero, è presente quando i cristiani si trovano riuniti nel suo nome, ci dà la sua grazia attraverso i Sacramenti, ci parla attraverso la nostra coscienza, sta volentieri nella nostra famiglia come stava volentieri nella casa di Betania, mi chiede che gli impresti viso, parola e mani per essere ancora presente nel mondo… Se sono distratto, se non rinnovo ogni giorno la mia fede, se non sono abituato ad ascoltare la sua voce, corro il rischio che Gesù venga, mi passi accanto e che io non lo riconosca, lo accolga e possa fare festa con Lui

 

 

MERCOLEDI’ 23 Ottobre

SAN GIOVANNI DA CAPESTRANO, Sacerdote

Parola di Dio: Ef. 3,2-12; Sal. da Is. 12,2-6; Lc. 12,39-48

 

"A CHIUNQUE FU DATO MOLTO, MOLTO SARA’ CHIESTO; A CHI FU AFFIDATO MOLTO, SARA’ CHIESTO MOLTO DI PIU’ ". (Lc. 12,48)

Tutte le volte che leggo questa frase del Vangelo, mi viene un po’ di pelle d’oca, e non tanto per la paura di un giudizio duro di Gesù nei miei confronti, ma per la responsabilità dei doni ricevuti. Tutti abbiamo ricevuto dei doni, qui sulla terra, nessuno di noi può dire di "essersi fatto da sé", ma qualcuno ha ricevuto più di altri. Proviamo a pensare: che merito ne abbiamo noi di aver già vissuto parecchi anni, mentre quel bambino di cinque anni è morto in mezzo a gravi sofferenze? Sono forse io che ho deciso di nascere sano e non handicappato? Ho forse dei meriti per il fatto di essere nato nella parte ricca del mondo dove non devo lottare tutti i giorni con la fame e le malattie. L’essere nato in un paese cristiano, l’aver potuto conoscere la buona novella di Gesù è forse frutto di una scelta esclusivamente personale? E io personalmente posso aggiungere: il mio essere prete è solo un pallino mio o un dono meraviglioso che il Signore mi ha affidato. Noi certamente siamo tra coloro che hanno ricevuto di più. Ma allora siamo anche più responsabili perché i doni del Signore sono per noi ma devono giungere anche agli altri: siamo responsabili se noi mangiamo troppo e altri soffrono la fame, siamo responsabili se non sappiamo dimostrare la nostra fede con i fatti. Io devo rendere conto dei talenti che ho trafficato e di quelli che ho nascosto e non sarà neanche tanto Gesù a chiedermi conto della mia inedia e della mia pigrizia, quanto i fratelli che potranno dirmi: "Il Signore tramite te voleva farmi giungere quel dono: e tu che ne hai fatto?". Sono ormai parecchi anni che ho aggiunto alla serie delle mie preghiera quotidiani anche questa: "Per tutti coloro che in qualche modo ho defraudato dei doni che Tu, tramite me, volevi far giungere loro, affinché la tua misericordia supplisca a quanto non son stato capace di dare loro".

 

 

GIOVEDI’ 24 Ottobre

SAN CLAUDIANO; SAN ANTONIO MARIA CLARET

Parola di Dio: Ef. 3,14-21; Sal. 32; Lc. 12,49-53

 

"SONO VENUTO A PORTARE IL FUOCO SULLA TERRA". (Lc. 12,49)

Durante un incontro in cui cercavo di dire che il Vangelo è buona notizia, gioia di vivere, che Gesù è venuto a liberarci dalle paure, che Dio è Padre e non padrone e sottolineavo che noi cristiani spesso ne abbiamo fatto una religione triste, piena di osservanze, un signore che mi ascoltava con molta acutezza mi ha fatto notare che la fede non è solo un momento bello e gioioso, ma anche molto impegnativo, che non è un placebo per leccarci le ferite della vita, ma un "fuoco" che Gesù è venuto a portare. Approfittai dell’obiezione per chiarire meglio il mio pensiero: la fede in Gesù è una buona notizia che ci libera dalle paure ma non dall’impegno, essa non ci fa ignorare la sofferenza ma ci aiuta a darle un senso, non ci esime dal mistero, ma ci fa entrare umilmente in esso, non ci esclude da norme ma ci dà il modo per viverle non come imposizione ma come gioia. Quando noi confondiamo la gioia del Vangelo o la libertà che esso insegna con il fare quello che vogliamo, noi tradiamo il Vangelo come lo tradiscono coloro che ne fanno una religione di osservanze formali e rituali. Gesù lo dice chiaro di essere venuto a portare il fuoco e dice altrettanto chiaro che nel suo nome avverranno lotte e divisioni. Vi ripropongo un brano già scritto alcuni anni fa su questo argomento. La fede non è un lusso o una occupazione per pensionati, non è e non deve essere un allevamento per esaltati religiosi o per bigotti decrepiti, non è neanche il giardino di infanzia per bambini o l’oratorio per ragazzi sottosviluppati che hanno paura di confrontarsi con i propri coetanei sul loro terreno di vita, non è il rifugio dei falliti, degli invertebrati, dei rinunciatari. Il cristianesimo è gioventù continua, è impegno duro, ma splendido. Ci insegna la fede nell’invisibile, la speranza nell’impossibile, l’amore dell’inafferrabile; è autodisciplina, ma senza costrizione, è conquista senza rapina. Non troverete santi melanconici, pessimisti, rinunciatari, tristi, disfatti. Chi ha fatto delle rinunce le ha fatte non per meschinità, ma per magnanimità; essi sono dei vinti che però sono vincitori, sembrano miserabili ma sono signori, obbedienti ma non servili. Quando la fiamma di Dio si accende nel cuore di un uomo non c’è più requie: la fede è impaziente, le avversità non lo scoraggiano ma lo provocano. Se incontra un ostacolo, lo salta e se non può lo aggira, ma non si ferma. Vive nel mondo con i piedi ben ancorati sulla terra, ma non è del mondo, è prudente come un serpente, ma libero e semplice come una colomba, non disdegna niente e non esclude nessuno. Piange con coloro che piangono e ride con coloro che ridono. Neanche la morte lo ferma perché sa con chi può superarla. Come mai non abbiamo ancora incendiato questo nostro mondo?

 

 

VENERDI’ 25 Ottobre

SANTA DARIA; SAN MINIATO

Parola di Dio: Ef. 4,1-6; Sal. 23; Lc. 12,54-59

 

"SAPETE GIUDICARE L’ASPETTO DEL CIELO E DELLA TERRA, COME MAI QUESTO TEMPO NON SAPETE GIUDICARLO?". (Lc. 12,56)

E’ facile confondersi, avere giudizi erronei sulle cose. Anche Gesù normalmente ci invita a non giudicare ma a lasciare ogni giudizio a Dio. Però Lui ci dice che abbiamo abbastanza sapienza, abbastanza segni e dati per poter riconoscere e giudicare i tempi che stiamo vivendo, non tanto per poter dire che sono migliori o peggiori di quelli di ieri, quanto per poter capire che, in questi giorni che ci sono dati, noi ci giochiamo l’eternità. Se voglio, riesco a capire che il tempo è dono; se uso il dono della sapienza, capisco che Gesù è venuto per amore nei miei confronti e mi offre oggi la possibilità di rispondere a questo suo amore; se appoggio la mia sapienza a quella del Vangelo, capisco in cosa consista lo scegliere il bene per rispondere con generosità a Dio che mi ha amato tanto; se ho occhi di amore, capisco che il prossimo non è il nemico ma il fratello , che Dio è il Padre buono di tutti, che il perdono vale di più dell’odio e del rancore. Ecco che cosa significa saper giudicare il tempo presente: è cogliere in esso tutte le prospettive di salvezza che esso ha nei nostri confronti ed approfittarne.

 

 

SABATO 26 Ottobre

SAN LUCIANO; SAN EVARISTO

Parola di Dio: Ef. 4,7-16; Sal. 121; Lc. 13,1-9

 

"QUEI DICIOTTO SUI QUALI ROVINO’ LA TORRE DI SILOE CREDETE CHE FOSSERO PIU’ COLPEVOLI DI TUTTI GLI ABITANTI DI GERUSALEMME? NO, VI DICO, MA SE NON VI CONVERTITE, PERIRETE TUTTI ALLO STESSO MODO. (Lc. 13,4-5)

Continua anche oggi il discorso iniziato ieri: come fare a giudicare e leggere il mio tempo, i fatti che succedono? Il fatalista legge i fatti della sua e della altrui vita con distacco: "Sono eventi che succedono", "Speriamo che il male non capiti a me", "In ogni caso non posso farci nulla". C’è poi la categoria delle persone che cercano sempre il colpevole di ciò che succede: "Se è successo quel fatto negativo di chi sarà la colpa: di Dio, degli uomini, del caso?". C’è poi chi spiritualizza troppo tutto e vede l’opera di Dio anche in cose che dipendono esclusivamente dagli uomini. C’è chi è semplicemente curioso di conoscere fatti e chi è talmente abituato a sentire notizie che le incamera semplicemente come dati, purché non lo tocchino personalmente. Forse sarà infantile quello che vi propongo ma una mattina che non sapete come fare un po’ di meditazione, vi invito a prendere in mano un giornale, a leggerne cinque o sei titoli e poi a farvi una serie di domande su essi. Per esempio la pagina della politica invece di farci dire come sempre: "governo ladro!" non potrebbe farci fare una riflessione su quale sia il potere che cerchiamo noi nell’imporre le nostre idee agli altri? La sofferenza di quelle persone non potrebbe aiutarci a capire come spesso noi passiamo davanti alle prove dei nostri vicini di casa con sufficienza, senza mai soffermarci troppo? Quell’incidente improvviso non potrebbe richiamarmi alla precarietà della vita? Quell’uso smodato di danaro non potrebbe aiutarmi a capire quanto siano inutili certe forme di avarizia? I grandi problemi del mondo non potrebbero far sorgere dentro di me tanti motivi di preghiera e di conversione?

 

 

DOMENICA 27 Ottobre

30^DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

SAN FRUMENZIO

Parola di Dio: Es. 22,21-27; Sal. 17; !tes. 1,5-10; Mt. 22,34-40

 

1^ Lettura (Es 2, 20-26)

Dal libro dell'Esodo.

Così dice il Signore: "Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri nel paese d'Egitto. Non maltratterai la vedova o l'orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l'aiuto, io ascolterò il suo grido, la mia collera si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani. Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all'indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando invocherà da me l'aiuto, io ascolterò il suo grido, perché io sono pietoso".

 

2^ Lettura (1 Ts 1, 5-10)

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi.

Fratelli, ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene.E voi siete diventati imitatori nostri e del Signore, avendo accolto la parola con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande tribolazione, così da diventare modello a tutti i credenti che sono nella Macedonia e nell'Acaia. Infatti la parola del Signore riecheggia per mezzo vostro non soltanto in Macedonia e nell'Acaia, ma la fama della vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, di modo che non abbiamo più bisogno di parlarne. Sono loro infatti a parlare di noi, dicendo come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti a Dio, allontanandovi dagli idoli, per servire al Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, che ci libera dall'ira ventura.

 

Vangelo (Mt. 22, 34-40)

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: "Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?". Gli rispose: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti".

 

RIFLESSIONE

 

Noi, uomini di oggi, viviamo a contatto con moltissime norme e leggi. Ci sono norme per il corretto comportamento nel traffico, il codice della strada; leggi che regolano i nostri rapporti con gli altri; perfino nelle piccole cose ci sono norme da osservare per esempio non salire in più di tre su certi ascensori, divieti e ordini sugli autobus; nei contratti a volte ci clausole scritte in caratteri piccolissimi che poi si rivelano autentici capestri; i finanzieri e i giudici dicono che non è ammessa l’ignoranza della legge; ci sono codici di diritto civile, penale, addirittura ecclesiastico che dovrebbero guidare e scandire la nostra vita. Le leggi sono nate per regolare i rapporti con gli uomini. Senza legge si vivrebbe ancor più nel caos e varrebbe solo la forza. Ma in mezzo a tutte queste norme e queste leggi ci sarà qualcosa, qualche norma più importante delle altre, ci sarà qualche legge che dà lo spirito per osservare tutte le altre? Nel mondo Ebraico, al tempo di Gesù c’erano moltissime leggi. Dal decalogo, che era stato dato a sigla dell’Alleanza, erano state emanate leggi di ogni tipo e di ogni genere, da quelle che regolavano i contratti, alle norme sanitarie, a quelle religiose. Gli studiosi hanno fatto i conti: hanno elencato 613 precetti importanti da osservare, di cui 248 positivi (fai questo), e ben 365 negativi (non fare quest'altro). E a volte certe norme parevano pure in contraddizione tra loro, comunque non sempre risultavano chiare. Poi, da qualche tempo erano arrivati in Palestina i Romani, e alle altre leggi avevano aggiunto le loro. Bisognava mettere ordine, almeno per incoraggiare le persone oneste e di buona volontà. Di qui grandi discussioni fra gli studiosi, un po' come oggi per la finanziaria, la nostra Costituzione, le tasse. Pensavano: occorre individuare il comandamento più grande, al quale poter ricondurre tutti gli altri. Il dottore della legge del gruppo dei farisei va dunque da Gesù sia per chiedere la sua opinione, sia per metterlo alla prova perché qualunque risposta avesse dato si sarebbe schierato con una parte di intellettuali mettendosi in contrasto con chi apparteneva ad un’altra scuola di ragionamento. Ora Gesù rispose: "Amerai il Signore Dio tuo", e lo definì "il primo e il più grande dei comandamenti". Ma poi, a sorpresa, ne aggiunse un secondo, precisando che era simile al primo: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". E la gente rimase stupita. Non tanto per gli enunciati proposti da Gesù: tutt'e due si trovavano da più parti nella Legge antica, mescolati in mezzo agli altri, e la gente li conosceva. Ma la novità di Gesù consisteva nel loro accostamento l'uno accanto all'altro e nell'indicazione che erano simili. Rileggendo la risposta di Gesù, infatti, possiamo chiederci: ma i comandamenti più importanti sono uno, due o tre? Infatti potrebbe essere uno solo, quello di amare oppure due ben distinti: l’amor di Dio e quello del prossimo, oppure addirittura tre se contiamo che l’amore per se stessi viene dato come misura di paragone per l’amore del prossimo. Non credo che conti né il numero né la graduatoria, conta avere nel cuore il senso profondo dell’amore. E qui facciamo attenzione perché la parola amore è talmente inflazionata da tanti usi che oggi ad essa si danno i significati più diversi. Certo è che una delle esigenze fondamentali dell’uomo per essere felice è quella di essere amato e di amare. Gesù è la dimostrazione concreta che Dio ci ama. Noi non siamo nati per caso, siamo nel pensiero di Dio da sempre e il suo non è solo un pensiero intellettuale è un pensiero di amore concreto, un pensiero creativo. Lui è nostro Padre, Lui ha interesse alla nostra felicità, Lui ci ha fatti a sua immagine e somiglianza e ha soffiato il suo Spirito in noi perché noi potessimo vedere il suo volto, gioire della sua presenza, godere dalla sua amicizia. E anche quando l’uomo gli ha detto di no, quando in mille modi gli ha detto che voleva fare a meno di Lui, pur rispettando la sua libertà, ha continuato ad intessere una storia di amore nei suoi confronti per offrirgli nuovamente la sua amicizia. E Gesù, il Figlio di Dio incarnato morto è risorto è il dono più grande che Dio ha fatto all’uomo perché potesse scoprire attraverso il suo amore l’amore del Padre. Come cambia la mia vita se io so di essere amato e di essere amato da Dio. Tutto prende senso, perfino la sofferenza e la prova. Io valgo il Sangue del Figlio di Dio morto sulla croce, io sono fatto degno di poter ricevere in me il Corpo di Gesù, io, nonostante le mie colpe posso essere continuamente perdonato. Non ho più paura di essere solo, non ho più paura di un Dio punitore quando scopro che Dio è mio Padre, che Dio ha accettato di soffrire e morire nel Figlio per dirmi che mi vuole bene, quando so che mi chiama a vivere l’eternità con Lui. Questo è il primo grande passo dell’amore: sapere di essere amati e di essere amati da Dio. E questo porta allora alla scoperta di un’altra bellissima realtà: scopro che anch’io, piccolo uomo posso amare Dio. Sono limitato da molte cose ma il mio cuore è capace di Dio, Lui mi ha dato la capacità di poter rispondere al suo amore. Io posso vederlo, riconoscerlo, ammirarlo nella sua creazione, posso incontrarlo nello svolgersi quotidiano della mia storia, ho la possibilità altissima e terribile di dirgli: "Ti voglio bene", oppure "Vattene da me". Attraverso Gesù posso riconoscerlo presente nel mio prossimo, perché con Gesù ogni uomo è diventato un mio fratello, non siamo più in concorrenza uomo contro uomo, ma siamo in cammino insieme come fratelli amati da Dio che è Padre di tutti. Ecco su che cosa deve fondarsi il mio amore per il prossimo. E’ vero che non sempre è facile, che ci sono persone che mi sono ostiche, che con certuni è difficile la convivenza, ma in ogni caso sono sempre miei fratelli, figli dello stesso Padre che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi. E faccio ancora una scoperta meravigliosa: Dio non è geloso di me quando cerco il mio bene, la mia gioia, la mia felicità, anzi ne è contento e in Gesù mi dice: nella stessa maniera in cui tu cerchi il tuo vero bene cerca anche il bene del tuo prossimo e così troverai Dio. Può sembrare difficile questo discorso, per qualcuno può risultare addirittura impossibile riuscire ad amare tutti, compresi i nemici. Gesù, i santi, i veri cristiani ci hanno dimostrato che è possibile con la grazia di Dio, e allora, se ci accorgiamo di non saper amare ancora totalmente ma se ne sentiamo il desiderio e se cerchiamo ogni giorno di lasciarci amare e di volere bene, con l’aiuto di Gesù siamo già sulla strada dell’amore e Dio che è amore non aiuterà un suo figlio che pur pieno di errori e di difetti, cerca però con la sua vita di balbettare la parola amore?

 

 

LUNEDI’ 28 Ottobre

SS. SIMONE E GIUDA, Apostoli

Parola di Dio: Ef. 2,19-22; Sal. 18; Lc. 6,12-16

 

"CI SONO SEI GIORNI IN CUI SI DEVE LAVORARE. IN QUELLI DUNQUE VENITE A FARVI CURARE E NON IN GIORNO DI SABATO". (Lc. 13,14)

Leggendo il Vangelo penso che ciascuno di noi resti, stupito e anche scandalizzato davanti al capo della sinagoga che non solo non sa gioire davanti ad un miracolo ma che se la prende con Gesù che ha fatto un lavoro (il miracolo!) in giorno di sabato. Eppure anche oggi è facile cadere in queste forme di religione legalistica che hanno perso il senso della gioia e della liberazione che Gesù è venuto a portare. E’ più facile mascherarsi dietro l’osservanza della legge ("Io non rubo, non ammazzo, non bestemmio, quando posso vado a Messa…"), che non avventurarci con qualche fatica e rischio per le strade della carità sincera. Credo che in gran parte questo dipenda dall’idea che noi abbiamo di Dio. Se Dio, per noi, è un ragioniere che conta le Messe, che guarda di più all’osservanza di norme che non alla felicità dei suoi figli, che ci gode a sentire tante preghiere o che "mangia candele" è molto probabile che il nostro rapporto con Lui, sia quello di tenercelo buono osservando delle norme. Se Dio è un Padre buono che ama i suoi figli più delle cose, allora tutto cambia perché scopro che solo l’amore vero è in grado di mettermi in rapporto con Lui.

 

 

MARTEDI’ 29 Ottobre

SANTO ONORATO; SANT’ERMELINDA

Parola di Dio: Ef. 5,21-33; Sal. 127; Lc. 13,18-21

 

"IL REGNO DEI CIELI E’ SIMILE AD UN GRANELLINO DI SENAPA.. E’ SIMILE A LIEVITO." Lc.13,18.20

La mentalità del giorno di oggi ci porta a contemplare e ad ammirare soprattutto le cose grandi, le grandi conquiste dell’uomo, i grandi poteri, le grandi realizzazioni della scienza e spesso ci dimentichiamo che anche le cose grandi sono nate da cose piccole, da piccole idee, da tanti piccoli contributi che messi insieme le hanno realizzate. Gesù ci invita a guardare e considerare il Regno di Dio non tanto per la sua grandezza quanto per la forza e la potenza del suo divenire. Il regno di Dio ha il suo avvenire proprio perché è Regno di Dio e non regno di uomini ma, sempre per lo stesso motivo, ha tempi di crescita diversi da quelli degli uomini e soprattutto non identifichiamo il regno di Dio con la struttura chiesa. Noi spesso diciamo: "Oggi la Chiesa è in espansione, oppure in diminuzione", questo non vuole affatto dire che il Regno di Dio subisca esattamente la stessa sorte. Lo stesso criterio del Regno di Dio, piccolo ma in espansione, può poi applicarsi al Regno presente in noi: noi spesso pensiamo di essere buoni o cattivi a seconda dei risultati di osservanza religiosa che riusciamo a riscontrare o meno nella nostra vita. Non è ancora detto che questi siano i frutti del Regno. Entrare nel Regno significa soprattutto accettare questa forza apparentemente piccola e misteriosa che è però capace, se ci lasciamo fare, di fermentare tutta la nostra vita. Il vero successo, per noi e per la Chiesa, non è la realizzazione dei nostri progetti, ma essere disponibili a che Dio, in noi e attraverso noi, realizzi i suoi progetti.

 

 

MERCOLEDI’ 30 Ottobre

SAN GERMANO

Parola di Dio: Ef. 6.1-9; Sal. 144; Lc. 13,22-30

 

"UN TALE GLI CHIESE: SIGNORE, SONO POCHI QUELLI CHE SI SALVANO?". (Lc. 13,23)

Ecco di nuovo la tentazione dei numeri! Si salveranno tutti nella misericordia di Dio? Saranno solo pochi gli eletti? Come sarà il Paradiso? Come si conciliano le pene dell’inferno con la misericordia di Dio? Tutte domande in sé lecite ma alle quali, proprio per non farci cadere nel rischio di considerare l’eternità come un qualcosa che si può comprare sul mercato, Gesù non da risposte definite, ci invita solo a stare attenti, ci invita a farci piccoli per entrare attraverso una porta stretta dove solo i piccoli possono passare, ci invita a non fermarci alla mentalità del nostro mondo, perché nel regno di Dio non valgono le spintarelle di personaggi illustri né le bustarelle date sottobanco, non servono le maschere e l’ipocrisia perché davanti a Dio siamo nudi. E soprattutto Gesù in questi casi parla sì al futuro, ma il suo futuro si confonde spesso con il presente: ci sarà un giudizio finale, ma ce lo stiamo costruendo nel presente, ci sarà un premio o un castigo ma le nostre scelte di oggi ce li rendono già presenti. Il paradiso sarà stare per sempre con Dio, ma noi possiamo stare con Dio fino da oggi; il tormento dell’egoista, dell’avaro, del peccatore non è solo qualcosa di futuro è un qualcosa che ti fa già soffrire e vivere male oggi. Non è dunque questione di sapere il numero dei salvati, è questione di lasciarci salvare oggi.

 

 

GIOVEDI’ 31 Ottobre

SAN QUINTINO

Parola di Dio: Ef. 6,10-20; Sal. 143; Lc. 13,31-35

 

"PRENDETE DUNQUE L’ARMATURA DI DIO, PERCHE’ POSSIATE RESISTERE NEL GIORNO MALVAGIO". (Ef. 6,11)

San Paolo ci ricorda una realtà della nostra vita cristiana: chi sceglie di servire Cristo si troverà a dover combattere contro tutto quello che a Lui si oppone. Gesù è venuto a portare il bene, ma il male si è accanito contro con di Lui e, almeno umanamente, per un certo tempo sembra averne avuto il sopravvento; Gesù è venuto a portare la libertà ed è finito schiavo, inchiodato ad una croce, ha portato la giustizia e la giustizia umana l’ha condannato innocente, Egli è la Verità ma in tutti i modi hanno cercato di farlo tacere, Lui è il Dio della Vita, ma lo hanno messo a morte. Dunque anche a noi, se vogliamo essergli fedeli, toccherà la lotta contro il male. Noi però abbiamo un armatura con cui difenderci dal male, e dal maligno ed è l’armatura di Dio. Essa non ci esime dagli attacchi del male, ma ci protegge, la passione di Cristo ci aiuta a dare senso alle nostre e alle sofferenze degli uomini, la sua Verità ci aiuta non aver paura di chi grida forte le menzogne, la Giustizia divina ci aiuta a non giudicare solo in base alle apparenze o ai sentimenti, l’amore per la Vita ci aiuta a combattere generosamente e con amore per il fratello, la preghiera poi ci tiene uniti al Signore e ci fa non aver paura neppure del Diavolo autore e principio di ogni male. Certo, se combatto da solo la forza del male è più forte di me, ma "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?" e anche se a alla fine, come per Gesù, il male sembrerà averci inchiodati ad una croce siamo sicuri che "Se con Lui moriremo, con Lui anche risorgeremo".

 

UN GRAPPOLO DI PROVERBI

 

Uomo vecchio, ogni giorno un male nuovo. (Pr. Spagnolo)

Per capire gli anziani bisogna ritornare bambini. (Pr. Turco)

Cavallo giovane porta i soldati, cavallo vecchio porta letame. (Pr. Piemontese)

A cane vecchio la volpe sputa in faccia. (Pr. Piemontese)

Alla vecchia rincresce di morire perché ne impara una nuova tutti i giorni. (Pr. Piemontese)

E' vecchio chi muore. (Pr. Piemontese)

Povertà e malattia in vecchiaia sono un bagaglio di tristezza. (Pr. Francese)

Scarpe nuove son belle ma fan male. Le scarpe vecchie son brutte ma son buone.

Triste il tavolo e la panca ove non c'è più barba bianca.

La terra attira talmente i vecchi, che camminano curvi. (pr. Armeno)

Il peso degli anni è il maggior peso che l'uomo possa portare.

Niente invecchia quanto la vecchiaia.

La vecchiaia è una malattia mortale.

     
     
 

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