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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

a cura di don Franco LOCCI

AGOSTO 2002

 

 

GIOVEDI’ 1 AGOSTO

SANT`ALFONSO MARIA DE` LIGUORI.

Parola di Dio: Ger. 18,1-6; Sal.145; Mt. 13,47-53

 

"IL REGNO DEI CIELI E’ SIMILE AD UNA RETE GETTATA NEL MARE CHE RACCOGLIE OGNI GENERE DI PESCI" . (Mt. 13,47)

Gesù è venuto per comunicare la sua buona notizia e allora usa un linguaggio che giunga facilmente alle orecchie e poi al cuore dei suoi discepoli. Essi erano pescatori? Gesù aveva detto che li avrebbe fatti diventare "pescatori di uomini"? Ecco allora che essi e noi possiamo facilmente comprendere la parabola della rete gettata nel mare. Essa è il Regno di Dio che Gesù ha portato e che i discepoli devono annunciare. Quando i pescatori buttano la rete non possono pretendere di raccogliere solo pesci di una determinata razza: la rete in sé non è selettiva e anche il compito dei pescatori in un primo tempo non è selettivo è semplicemente quello di far giungere l’annuncio del regno in più posti possibile, a più persone possibili. A me piace molto quanto la parabola sottintende per ogni cristiano. Ognuno di noi, se davvero abbiamo incontrato la gioia del Regno di Dio che Gesù ci ha proposto, è chiamato a trasmettere questa gioia. Non importa come, se con parole, con esempi, con gesti di giustizia o di carità o di perdono; siamo chiamati a portare Gesù, con fantasia, in tutto il tessuto della società in cui viviamo, a tutte le persone che incontriamo, senza preoccuparci troppo né delle forme, né delle appartenenze… a noi spetta di seminare e di proporre, non sta neppure a noi controllare l’ortodossia o meno di chi è entrato nella rete, il grado della sua conversione, questi sono criteri che volentieri dobbiamo lasciare agli "angeli del Signore". L’importante è buttare e trascinare con forza la rete. Se la fede rimane nascosta, non è fede, se la gioia del Vangelo non si comunica vuoi dire che il Vangelo non è arrivato al cuore. E non bisogna scoraggiarci di gettarla questa rete anche se, almeno all’apparenza, sembra non prendere granché o raccogliere alghe e pietre.

 

 

VENERDI’ 2 AGOSTO

SANT`EUSEBIO DI VERCELLI, Vescovo

Parola di Dio: Ger. 26,1-9; Sal. 68; Mt. 13,54-58

 

"E SI SCANDALIZZAVANO PER CAUSA SUA". (Mt. 13,57)

Potremo intitolare il Vangelo di oggi: "Come riuscire a non accogliere un messaggio". Gesù è andato nella sua città, quella che ha visto la sua infanzia e la sua crescita. Noi diremmo: "Finalmente un posto dove sarà accolto con tutti gli onori e con tutte le attenzioni!", Invece proprio la presunta troppa conoscenza di Gesù fa sì che gli abitanti di Nazareth trovino tutte le scuse per non accogliere il messaggio di gioia e di conversione che viene proposto da Gesù. Questo può succedere anche a noi. Ad esempio ci sono personaggi che dicono di conoscere molto bene la Bibbia, ma ne usano malamente citando secondo i propri fini qualche versetto e impedendo quindi al messaggio di essere conosciuto nella sua interezza. Ci sono cristiani che dicono di conoscere molto bene Gesù, ma lo conoscono solo secondo parametri che essi stessi hanno applicato a Lui. Ci sono persone che accettano Gesù e il suo messaggio quando è comodo, appagante, ma che rifiutano Gesù quando è esigente o li tocca nei loro interessi privati. Ancora oggi il sapere che Gesù è il "figlio del carpentiere" per molti è un titolo di vanto (è un operaio come noi!) per altri è un abbassamento indegno di un Dio. E davanti ai messaggeri del Vangelo non succede forse la stessa cosa? Ascoltiamo magari una predica, e invece di cercare che cosa Dio vuol dirci, che profitto spirituale ne possiamo trarre, osserviamo che la pronuncia del predicatore non è perfetta, che l'idea espressa in una frase non è tanto chiara, che c'è qualche obiezione possibile; oppure pensiamo che anche il predicatore non è senza difetti, che la sua famiglia è troppo ricca, o che è troppo modesta, che lui non è poi riuscito troppo bene nel suo ministero, e così via. E con tutte queste considerazioni ci dispensiamo dal ricevere il messaggio. Davanti ad una testimonianza di vita invece di gioirne e prenderne esempio sottolineiamo subito tutto ciò che può essere limitante nella persona che ce l’ha proposta. Facendo così, invece che far crescere la gioia di un messaggio liberante, proprio quello che avrebbe dovuto aiutarci diventa ostacolo e invece di nascere amore ne nasce l’invidia con tutte le sue conseguenze.

 

 

SABATO 3 AGOSTO

SANTA LIDIA; SAN PIETRO GIULIANO EYMARD

Parola di Dio: Ger. 26,11-16.24; Sal. 68; Mt. 14,1-12

 

"ERODE MANDO’ A DECAPITARE GIOVANNI NEL CARCERE". (Mt. 14,10)

Nel nostro mondo di solito succede così: quando qualcuno grida una verità; magari in un primo tempo lo si guarda interessati ed ammirati, ma poi la verità gridata comincia a dare fastidio, soprattutto a coloro che hanno interessi personali a tener nascosta la verità o a far apparire la propria verità, e allora? Bisogna far tacere quella persona! Gli uomini pensano che per far tacere la verità basti tagliarle il collo; e la cosa può essere cruenta o attuata in mille altri modi, magari blandendo il personaggio scomodo, offrendogli posti di onore all’interno del sistema oppure tagliandogli i ponti attorno, distruggendo la persona con falsità sul suo conto, insomma la storia si ripete continuamente dalla gelosia di Caino, alla crocifissione di Gesù, da Giovanni Battista ai martiri di ieri e di oggi uccisi dai totalitarismi di sinistra o di destra che si sentono disturbati da voci diverse dalla loro. Eppure dovremmo averlo imparato: il tagliare una testa, l’imbavagliare una bocca fanno gridare ancora più forte la verità. Il marcio non basta rivestirlo di vesti sontuose: la sua puzza infetta comunque. L’aver fatto tacere personaggi come Padre Pio, come don Mazzolari o don Milani non è servito ad altro che a far emergere ancora di più il loro messaggio e a far capire quanto il potere anche ecclesiastico usato malamente sia corrotto e fautore di danni. Erode fa tagliare la testa a Giovanni che anche in questo precorre la fine di Gesù, ma di certo non riesce a far tacere la sua voce tant’è vero che nella sua confusione e nelle sue paure penserà che Gesù è Giovanni redivivo. Non sarebbe più semplice e più giusto, quando sentiamo qualche voce che ci disturba nel nostro comodo e nelle nostre abitudini, prima di volerla far tacere, chiederci se non ha un messaggio di verità anche per noi?

 

 

DOMENICA 4 AGOSTO - 18^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY

Parola di Dio: Is. 55,1-3; Sal. 144; Rom. 8,35.37-39; Mt. 14,13-21

 

1^ Lettura (Is. 55, 1-3)

Dal libro del profeta Isaia.

Così dice il Signore: "O voi tutti assetati venite all'acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e, senza spesa, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete. Io stabilirò per voi un'alleanza eterna, i favori assicurati a Davide ".

 

2^ Lettura (Rm. 8, 35. 37-39)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore.

 

Vangelo (Mt. 14, 13-21)

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, quando udì della morte di Giovanni Battista, Gesù partì su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città. Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: "Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare". Ma Gesù rispose: "Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare". Gli risposero: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci". Ed egli disse: "Portatemeli qua". E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla. Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

 

RIFLESSIONE

 

Mi piace oggi, prima di ogni altra riflessione, ripeterci ancora le parole di Paolo della seconda lettura: "Nulla potrà mai separarci dall’amore di Cristo". Il suo amore ha vinto le tribolazioni, le angosce e aiuta anche noi in tutte le prove della nostra vita. Noi potremo anche aver momenti di buio, persino di dubbio, potremo forse anche percorrere strade diverse dalle sue, potremo anche rinnegarlo e tradirlo, il suo amore sarà sempre pronto ad accoglierci, sostenerci, perdonarci, sarà sempre pronto a ricominciare con noi un cammino, sarà sempre disponibile a moltiplicare il pane per noi, anzi, ancor di più a farsi pane per noi. Infatti il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci, oltre a tutti gli insegnamenti che ci offre è anche un chiaro anticipo del dono gratuito che Cristo ci fa di se stesso nell’Eucaristia. Lo stesso profeta Isaia, nella prima lettura ce lo ha anticipato ricordandoci che è Dio che ci chiama alla sua mensa: "Venite voi tutti che siete assetati..", affamati, venite alla mia mensa dove io mi do gratuitamente a voi, venite anche se non avete denaro perché io mi dono gratis, per amore a ciascuno di voi. Dio dice che noi uomini non facciamo che spendere il nostro patrimonio per cose che non saziano la nostra fame, che non ci appagano. Fin qui siamo pronti a riconoscere che è vero. Noi, infatti, spendiamo la vita, le risorse, il tempo, per inseguire dei traguardi che non sono in grado di saziarci, cioè di darci pace, serenità e gioia. Questi traguardi sono le ricchezze, il piacere, le realizzazioni che hanno di mira solo noi stessi. Chi guarda indietro alla propria esistenza dalla soglia della vecchiaia, quante volte deve accorgersi della profonda verità di ciò e dire amaramente dentro di sé: che cosa mi resta? Dio ci dice di cercare qualcos'altro, di cercare da un'altra parte, ma dove? Nel brano stesso di Isaia è contenuta una certa risposta: "Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete ". La prima cosa da cercare è dunque la parola di Dio. Questo è il fondamento di ogni vita umana: "Questa parola è la vostra vita » dice il libro del Deuteronomio. Mettersi in atteggiamento di ascolto, tendere l'orecchio dell'anima per udire la parola di Dio: « Cercate per primo il Regno di Dio... ». E' su questo tema che si innesta il brano evangelico. Quella folla aveva seguito Gesù nel deserto per ascoltare la sua parola; ne aveva talmente desiderio di questa parola che non avevano neppure pensato al mangiare, avevano cercato davvero, come prima cosa, il Regno di Dio. Ma davanti a questa indicazione della parola di Dio da mettere al primo posto esplode l’obiezione dell’uomo di oggi: "Che senso ha fare riferimento alla parola di Dio, o dire agli uomini di cercare prima di tutto il suo Regno, quando si ha ancora fame di pane di farina, quando ci sono milioni di bambini denutriti che muoiono per le conseguenze della fame; che senso ha che i nostri missionari vadano nel terzo mondo ad annunciare il Regno di Dio a uomini che non hanno per nutrirsi, in certe regioni, se non un pugno di granoturco o di riso al giorno, per dissetarsi acqua fangosa e per vestirsi stracci colorati? Non è un insulto da parte nostra continuare a dire: cercate prima di tutto il Regno di Dio?" Sì, è un insulto atroce, se noi cristiani ci fermiamo lì; se non facciamo come fece il Signore Gesù. Egli non disse alle folle: "Andate, adesso, la predica è finita e chi ha i soldi si compri il pane e chi non li ha si arrangi." Disse, piuttosto, ai suoi discepoli: « Date voi stessi da mangiare a loro ». Notate: i discepoli in un primo tempo pensavano di sbrigarsela così: rimanere loro con Gesù e mandar via la folla perché provvedesse da sola ai propri bisogni, ma Gesù non ci sta! Il missionario porta il Vangelo e conferma il Vangelo con la lotta concreta contro il male; dà la parola ma cerca anche di dare il pane. Il primo miracolo che la parola deve aver operato nel missionario è quello di renderlo disponibile a mettere insieme agli altri le sue cose. Sono poche le cose: cinque pani e due pesci; però qualcuno che aveva belle e pronto il suo pasto ha cominciato a condividerlo. Di fronte a questa pagina di Vangelo, che confusione per noi cristiani, specie per noi che apparteniamo ai popoli ricchi, di fronte a una folla immensa di affamati - circa i tre quarti dell'umanità - noi siamo tra coloro che hanno cinque pani e due pesci, ma si guardano bene dal cederli e dal condividerli. Qualcuno ha paragonato la terra a un'astronave con cinque persone a bordo. Di questi cinque, uno, da solo si è accaparrato l'85% delle risorse di cibo e di ossigeno e briga per giungere a disporre, da solo, del 90% di ciò che c'è a bordo. Quell'uomo è il mondo sviluppato dell'emisfero nord, cioè in massima parte i paesi che si dicono cristiani! Gesú, nel deserto, moltiplicò i pani e li diede ai suoi discepoli perché li distribuissero. Egli continua anche oggi a moltiplicare i pani e i pesci nella natura, solo che i più favoriti, anziché distribuirli alle folle, tentano di tenerseli per sé. Piuttosto avviene, qualche volta, che li distruggono, se avanzano, per non abbassare il prezzo sul mercato. E intanto c'è chi muore di fame. Che fare allora? Smettere di dire agli uomini: « Cercate anzitutto il Regno di Dio » e cominciare a dire loro, come più d'uno è tentato di fare: cercate delle armi e fate la rivoluzione? Anche al tempo di Gesù c'erano terribili ingiustizie. Eppure egli non disse: cercate prima la rivoluzione, ma disse: cercate prima il Regno di Dio. Bisogna ancor più ripetere oggi il detto di Gesù: cercate anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia, perché dal Regno di Dio, cioè dalla parola di Gesù e dalla sua giustizia, gli uomini potranno essere indotti ad aprire la mano, a distribuire alle folle il loro pane e a lottare per l'altra giustizia, quella di questo mondo. "Il resto vi sarà dato in sovrappiù ": cioè, se ascoltate veramente la parola di Dio, essa vi aiuterà a risolvere anche gli altri problemi: la fame, la sete, la povertà, la pace, e alla fine ci saranno ancora ceste da ritirare. Lo canta oggi il salmo responsoriale con la fiducia ingenua, ma fondata, del credente dell'Antico Testamento: "Buono è il Signore verso tutti la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. Tu apri la mano e sazi la fame di ogni vivente ". Torniamo, dunque, a questa parola di Dio, dopo aver guardato in faccia l'obiezione dell'uomo e averne preso atto. Cercarla, metterla in cima a tutte le cose, non è alienarsi dalla realtà, non è tradire l'attesa dei poveri e degli affamati, ma è, anzi, mettersi in condizione di dare ad essa la vera risposta. San Paolo, lo ricordavamo all’inizio, ci ha detto una cosa importante: la parola che Dio ci offre non è vuota, fredda e sterile come la parola umana: è l'amore di Dio in Cristo. Quest'amore di Cristo ora si fa pane per nutrire la nostra fame; si moltiplica per noi, perché noi lo distribuiamo ai fratelli, insieme con quell'altro pane, quello che nutre la fame del corpo. Egli ci chiede di non stringere la mano e trattenere per noi soli ciò che ci dà per tutti: la sua parola, il suo amore, la sua gioia.

 

 

LUNEDI’ 5 AGOSTO

DEDICAZIONE DELLA BASILICA DI S. MARIA MAGGIORE

Parola di Dio: Ger. 28,1-17; Sal. 118; Mt. 15,1-3.10-14

 

"LASCIATELI! SONO CIECHI E GUIDE DI CIECHI". (Mt.15,13)

Gesù ha detto più volte di non essere venuto per abolire l'antica Legge. Gesù era un 'osservante' dei comandamenti. Gesù è nella linea della continuità della religione ebraica. Però, Gesù non sopporta l'ipocrisia e non c'è ipocrisia più grande di quella che può riguardare la religione quando cioè si usa del Sacro per giustificare i propri interessi, quando, come nel caso del Vangelo di oggi, si usa di una tradizione umana facendola passare per divina per aver occasione di condannare un uomo. E qui Gesù è chiarissimo: certi maestri vanno lasciati! Non, in nome di un falso buonismo, accettati, sopportati, ma lasciati se no rischi che il cieco ti faccia cadere con lui nella fossa! Provate a pensare se anche noi, nella nostra vita, non dovremmo fare qualche taglio un po' più netto quando, ad esempio, ci accorgiamo che certe persone che si fanno passare per religiose sono solo in cerca di apparire, di aver prestigio e ruoli di onore all'interno di una comunità. Quando certi "maestri" ci insegnano la strada della povertà attraverso mezzi che costano carissimi e che, per essere sostenuti hanno bisogno di soldi abilmente spillati proprio ai poveri, quando la religione viene usata per arrivare al potere… per salvarsi da certi "religiosi – atei" c'è un'unica strada: "Lasciateli!". Stai tranquillo: non manchi alla carità, non manchi all'unità della comunità (sono loro che non la vogliono). Gesù lo ha detto più volte: "Li riconoscerete dai loro frutti". Se un frutto è marcio non lo mangi, se è velenoso, poi, sarebbe un suicidio mangiarlo.

 

 

MARTEDI’ 6 AGOSTO

TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE

Parola di Dio: Dn. 7,9-10.13-14; Sal. 96; 2 Pt. 1,16-19; Lc. 9, 28-36

 

"… ASCOLTATELO!. APPENA LA VOCE CESSO’, GESU’ RESTO’ SOLO." (Lc. 9,35-36)

Per capire bene l’episodio della trasfigurazione bisogna partire dal fondo. Gesù ha portato i suoi amici su quella montagna e, lì, essi sono rimasti storditi dalla luce, dalla bellezza, da Mosè, da Elia e soprattutto dalla voce del Padre: "Che bello stare qui!"; ma invece, alla fine, Gesù rimane solo. E’ il Gesù che ha smesso l’abito della luce ed ha ripreso il vestito dei giorni feriali, e il Gesù dell’ordinario che mi riporta alla quotidianità. Gesù ci fa frequentare, almeno per qualche istante le altezze, perché riusciamo a sollevare gli occhi nelle cose quotidiane e banali. Abbiamo bisogno di portare la speranza nella concretezza del nostro vivere. Ma poi si tratta di ritornare al banale, al quotidiano, alla prova anche se con nel cuore qualcosa che può cambiare tutto. Anche per questo è importantissimo quell’ "Ascoltatelo!" che la voce del Padre ci suggerisce: Ascoltatelo anche se vi dice cose difficili da credere e da affrontare. Ascoltatelo anche se l'esperienza celestiale della sua gloria passa attraverso l'umiliazione detestabile del patibolo della croce... Ascoltatelo perché Egli è realmente Figlio di Dio, e questa voce dalla nube che è presenza di Dio, ne testimonia, insieme alla Legge e ai profeti la verità, l'autenticità. Ascoltatelo anche se lo vorreste diverso da com'è. Nel saper ascoltare Gesù a tutti i costi c'è la prova di consistenza della nostra fede autentica. Da qui deriva una serie di conseguenze anche per la cosiddetta etica e morale: se si ascolta Dio con fedeltà, senso della ricerca, impegno ed umiltà, la vita quotidiana non può non risentirne! Ascoltare Gesù fa vedere chiaro nella propria esistenza (e anche in quella degli altri per non esserne solo giudici!) Se nel mio lavoro la strada più facile è quella del disimpegno o del minimo indispensabile per prendere lo stipendio o addirittura della disonestà, confrontandomi con Gesù mi rendo conto che la mia fedeltà a Dio esige un atteggiamento ben diverso. Se nei legami affettivi seguo una ricerca personale di non valori, di piacere o di egoistico bisogno di attenzione, confrontandomi con Gesù scopro l'importanza del donarmi, dell'essere per gli altri, e mi rendo conto di che cosa significhi indissolubilità del matrimonio, convivenza con persone già sposate, procreazione responsabile... Grazie al Signore, quindi, quando ci fa sperimentare la gioia della trasfigurazione, ma soprattutto quando ci aiuta ad ascoltare con amore la sua Parola nei giorni feriali e a metterla in pratica.

 

 

MERCOLEDI’ 7 AGOSTO

Santi SISTO II, Papa, e Compagni, Martiri; SAN GAETANO

Parola di Dio: Ger. 31,1-7; Sal. da Ger. 31, 10.11-12.13; Mt. 15,21-28

 

"PIETA’ DI ME, SIGNORE, FIGLIO DI DAVIDE". (Mt. 15,22)

Tra i tanti insegnamenti che questo conosciutissimo episodio evangelico ci può suggerire, mi piace oggi sottolineare questo aspetto: noi non abbiamo nessun diritto alle grazie di Dio: esse sono gratuite, sono un dono del suo amore, e noi possiamo solo pregare per ottenerle dalla sua misericordia. La donna Cananea supplica Gesù per la guarigione della figlia, "ma Egli - dice l'evangelista - non le rivolse neppure una parola". Anzi a un certo momento risponde quasi per sbarazzarsi di lei, come se le dicesse: Non hai diritto al mio intervento! La donna insiste, gli si prostra davanti... E Gesù questa volta le dà una risposta umiliante, paragonandola ai "cagnolini" (addolcimento della parola "cane infedele" usata sia al tempo di Gesù che dopo). Sarà l'umiltà di questa pagana, unita alla sua fede, ad ottenere il miracolo: "Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri". È una profonda lezione per noi: non abbiamo diritti. Quanto abbiamo non è dovuto e se riteniamo che ci manca qualcosa non abbiamo alcuna vertenza sindacale da svolgere. Quando otteniamo delle grazie non possiamo mai pensare di averle meritate; peccheremmo di superbia e ci allontaneremmo da Dio, che agisce sempre sul piano dell'amore, in risposta alla nostra umiltà e fiducia. Eppure provate a pensare: io non merito nulla, eppure ho tutto. Io non sono capace di Dio, ma Dio viene a me. La nostra fede è un granellino di senapa, ma Dio se ne serve per far nascere un grand’albero. Io sono incapace di amore, ma l’Amore mi riempie e si serve di me per

amare…

 

 

GIOVEDI’ 8 AGOSTO

SAN DOMENICO; SAN CIRIACO

Parola di Dio: Ger. 31, 31-34; Sal. 50; Mt. 16,13-23

 

"DA ALLORA GESU’ COMINCIO’ A DIRE APERTAMENTE AI SUOI DISCEPOLI CHE DOVEVA ANDARE A GERUSALEMME E SOFFRIRE MOLTO DA PARTE DEGLI ANZIANI, DEI SOMMI SACERDOTI E DEGLI SCRIBI, E VENIRE UCCISO E RISUSCITARE IL TERZO GIORNO. MA PIETRO GLI DISSE: DIO TE NE’ SCAMPI, SIGNORE; QUESTO NON TI ACCADRA’ MAI". (Mt. 16,21-22)

Con ogni probabilità, anch’io, come Pietro mi sarei preso del "Satana divisore", perché anch’io non amo la sofferenza, mi auguro sia sempre lontana dalla mia vita e da quella dei miei cari, e quando vi devo passare, piuttosto che dire stupidaggini su una cosa tanto seria e preziosa, preferisco tacere. Per cui per commentare questo episodio e questo primo annuncio di sofferenza che Gesù fa per se stesso lascio le parole a Yvonne Stretti:

Credo che il dolore sia il battesimo eroico di ciascuno di noi.

Credo che la sofferenza costituisca la risplendente certezza di tutte le anime.

Credo che le tribolazioni fioriscano su tutti i sentieri e che ogni pena nasconda una gemma, ma penso che possa conoscere questa, solo chi venga ferito da quella.

Credo che il dolore pesi il cuore e misuri il passo, accenda l’anima e illumini la coscienza.

Credo che la sofferenza trasfiguri il nostro destino terreno e lo elevi verso l’infinito dove risplende la luce di Dio.

Credo che le tribolazioni di una certa durata sveglino energie latenti in ognuno di noi, rendendole valide cooperatrici del nostro progresso morale.

Credo che il dolore sia la base che dovremmo edificare con amore, per le nostre anime.

Credo che fra tutte le forze a nostra disposizione, la sofferenza unita alla Croce diventi la più potente per salvare l’umanità.

Credo che le tribolazioni siano sentieri aperti ad ognuno di noi per raggiungere la meta e unirsi al coro di tutti. Ma tu che hai condiviso la mia prova come il pane quotidiano e sorridi per farmi sorridere e hai fatto tua ogni mia pena, tu sai veramente soffrire. Così benedico la vita e credo nel dolore che crea l’Amore. E credo che se gli uomini imparassero a soffrire meglio, si amerebbero di più.

 

 

VENERDI’ 9 AGOSTO

SAN ROMANO; SANTA TERESA BENEDETTA DELLA CROCE (Edith Stein)

Parola di Dio: Na. 2,1-3; 3,1-3.6-7; Sal. da Dt. 32,35-41; Mt. 16,24-28

 

"QUALE VANTAGGIO INFATTI AVRA’ L’UOMO SE GUADAGNERA’ IL MONDO INTERO, E POI PERDERA’ LA PROPRIA ANIMA?". (Mt 16,26)

Facciamo attenzione a queste parole di Gesù. Egli non ci invita soltanto ad un semplice ragionamento di prudenza umana, come dire: a che serve accumulare ricchezze se poi si muore?

Il detto di Gesù è molto più profondo. Egli per ‘anima’ intende l’essenza stessa dell’uomo nel suo vivere attuale e nella sua prospettiva futura. Il guadagno materiale è un elemento tanto comune nella vita dell'uomo; spesso però, se egli oltrepassa i limiti, lo assorbe completamente. E qui è lo sbaglio.

La cosa più importante è l'essere stesso dell'uomo, l'uomo nella sua totalità, chiamato alla comunione con Dio già da questa terra e poi eternamente nell'altra. Con ciò Gesù non ci insegna a disprezzare il mondo, che è opera di Dio. Ma è altrettanto vero che Egli ci mette in guardia a non fare dei beni terreni il tutto della nostra esistenza, bensì ad usarli in modo tale che essi non prendano nel nostro cuore il posto di Dio. Gesù ci apre gli occhi sulle vere dimensioni di questa nostra breve vita: essa è un cammino, un viaggio verso una splendida meta. Sarebbe un grande errore limitarla, fermarla alle cose di quaggiù. La perderemo un giorno, perché ha un termine, e perderemo anche l'altra vita, perché, se ci attacchiamo stoltamente a ciò che passa, per noi non ci sarà. Dobbiamo dunque camminare nel tempo, col cuore agganciato all'eterno.

 

 

SABATO 10 AGOSTO

SAN LORENZO, Diacono e Martire

Parola di Dio: 2Cor. 9,6-10; Sal. 111; Gv. 12,24-26

 

"CHI SEMINA SCARSAMENTE, SCARSAMENTE RACCOGLIERA’ E CHI SEMINA CON LARGHEZZA, CON LARGHEZZA RACCOGLIERA’ ". (2 Cor. 9,6)

Quando il contadino semina sembra uno sciupio. Tutto quel seme buttato nella terra potrebbe diventare una fragrante pagnotta. Eppure il contadino sa che se non semina, e bene, e abbondantemente, l’anno successivo non ci sarà raccolto. Quando il contadino semina lo fa al buio ma nella speranza, cioè non sa quale sarà il raccolto ma spera che quei chicchi portino frutto. Ci vorrà il terreno buono, l’acqua, il sole, un mucchio di concause perché le messi possano essere abbondanti. Il contadino che semina poi, non sa neppure se sarà lui a raccogliere o qualcun altro. Nella nostra vita spirituale è esattamente la stessa cosa. Noi siamo seminatori: nella nostra vita siamo chiamati a seminare nelle nostre famiglie, nella società, nel mondo intero. Possiamo seminare buon seme: speranza, valori, carità... o anche semi cattivi: egoismo, odio e rancori, cattiveria... possiamo anche essere seminatori pigri, indifferenti. Anche il Regno che è come quel granellino di senapa ha bisogno di seminatori, non tanto di raccoglitori, a questo ci penserà Gesù alla fine dei tempi. Il buon seminatore deve fare tanti atti di fiducia: deve fidarsi del seme, del terreno, del tempo, deve avere il coraggio di separarsi dal seme e deve seminare con abbondanza. Noi possiamo davvero fidarci del seme perché è Gesù, possiamo aver speranza nel terreno perché è formato da uomini per i quali Gesù ha dato la vita, e dobbiamo lasciar fare ai tempi di Dio che, pur diversi dai nostri, sono guidati dal suo Spirito di amore. E anche per quanto riguarda noi stessi, vale lo stesso ragionamento. Se non hai seminato abbondantemente la Parola di Dio, come puoi pretendere che nel momento del buio, della difficoltà, essa ti possa aiutare? Se non ti sei abituato a pregare, ad avere un rapporto diretto con Dio, non puoi aspettarti di incontrarlo con facilità nel terribile banale, ripetitivo quotidiano! Se non ti sei abituato a perdonare nelle piccole cose, riuscirai a non portare rancore o a non cercare la vendetta quando ti sentirai offeso seriamente? Ed è solo seminando gesti di amore nel quotidiano che potrai capire a fondo l’amore che Dio ha per te. Certo, tra il seminare e il raccogliere ci vuole la pazienza del contadino. I frutti vengono col tempo, non pretendendo di raccoglierli subito dopo la semina.

 

 

DOMENICA 11 AGOSTO - 19^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

SANTA CHIARA, Vergine

Parola di Dio: 1Re 19,9.11-13; Sal. 84; Rom. 9,1-5; Mt 14,22-33

 

 

1^ Lettura (1 Re 19,9.11-13)

Dal primo libro dei Re.

In quei giorni, essendo giunto Elia al monte di Dio, l'Oreb, entrò in una caverna per passarvi la notte, quand'ecco il Signore gli disse: "Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore". Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna.

 

2^ Lettura (Rm. 9, 1-5)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, dico la verità in Cristo, non mentisco, e la mia coscienza me ne dà  testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

 

Vangelo (Mt. 14, 22-33)

Dal vangelo secondo Matteo.

Dopo che la folla si fu saziata, subito Gesù ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù. La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: "E’ un fantasma" e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro: "Coraggio, sono io, non abbiate paura". Pietro gli disse: "Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque". Ed egli disse: "Vieni!". Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!". E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?". Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: "Tu sei veramente il Figlio di Dio! ".

 

RIFLESSIONE

 

Anche il Vangelo di questa domenica è così ricco di spunti di riflessione per la nostra vita cristiana che, con voi, vorrei proprio chiedere che come per Elia, Dio ci accompagni con il mormorio di un vento leggero, il suo Spirito, perché possiamo cogliere i suoi insegnamenti e poi li possiamo mettere in pratica per trovare la felicità che anche oggi il Signore con la sua parola viene a portarci. Il brano di Vangelo odierno continua quello di domenica scorsa. Era stata una giornata pesante per Gesù e per i suoi amici ed anche una giornata esaltante, in quanto più di cinquemila persone erano andate dietro a Gesù in "luoghi deserti" per ascoltare la sua parola e Gesù aveva raccontato le parabole del Regno e la buona notizia di un Dio Padre buono; poi, con la moltiplicazione dei pani e dei pesci aveva sfamato tutta questa folla. Ora bisognava evitare che la gente, mal interpretando il miracolo, volesse fare re Gesù. Allora egli ordina agli apostoli di prendere la barca e di precederlo all’altra riva. Un primo insegnamento: con Gesù non ci si può mai fermare. Per Pietro sarebbe stato bello fermarsi sul monte della trasfigurazione, ma bisogna scendere a valle e sentire anche il discorso di Gesù che preannuncia la sua dolorosa morte, qui sarebbe bello fermarsi con questa folla, rallegrarsi del miracolo, sentirsi importanti per essere stati testimoni di un fatto così eccezionale, far progetti per il futuro… no! Bisogna risalire sulla barca, bisogna lavorare di remi, andare con il vento contrario, affrontare il mare (ricordiamo che per gli Ebrei "mare" spesso significava "male"). Se noi accettiamo di seguire Gesù, siamone pur certi, la nostra vita non mancherà di gusto e di avventura, difficilmente potremo calzare le pantofole. Questa è la dimensione della Chiesa, quella dell’andare avanti, del non fermarsi mai. Quando vediamo una Chiesa ferma vuol dire che ha già perso il treno. Ma mentre questi apostoli remano sul mare Gesù fa un’altra cosa. Dopo il bagno di folla, ha bisogno di silenzio per trovare il rapporto con il Padre nella preghiera: azione e contemplazione, fare e pregare, cose che a noi sembrano spesso degli opposti, per Gesù sono in perfetto equilibrio. L’azione non può che nascere dalla preghiera, perché l’amor di Dio ricevuto e ricambiato è il motore dell’agire, e la preghiera non può che essere il riportare a Dio ciò che nel suo nome si è compiuto. Tra l’altro, anche visivamente è bello vedere questo Gesù che è sul monte solo in preghiera, ma con un occhio verso quella barchetta sulla quale gli apostoli affrontano la tempesta. La preghiera non è mai disgiunta dall’amore dei fratelli. Penso che molti di voi siano stati ad Assisi all’Eremo delle carceri, quel conventino addossato alla montagna e sorto nei luoghi dove Francesco si recava a pregare. A ridosso dell’orrido di un fiume ora asciutto, tra una natura aspra, tra rocce e lecci, ci sono ancora le grotte dove Francesco, frate Elia e altri, andavano a passare lunghi tempi di preghiera. La prima volta che ci andai il frate che mi accompagnava mi fece vedere una cosa: "Se ti giri verso la montagna tu hai la solitudine, il deserto, il silenzio, la preghiera, ma ogni tanto volgiti verso la valle e là, in fondo, vedrai la città, la casa della gente: non si può andare a Dio dimenticandosi dei fratelli e non si può andare ai fratelli se non hai Dio da portare loro". Gesù, dopo aver pregato va incontro ai suoi amici che faticano e lottano contro le onde e il vento, e cammina sulle acque (bellissima figura di Colui che domina non solo le forze della natura ma anche le forze del male che esse in quel momento rappresentano). Ma qui i discepoli non riescono a conoscere Gesù e lo confondono con un fantasma. Può capitare nella vita di confondere Gesù. Gli occhi pieni di lacrime di lacrime di Maddalena faranno sì che essa lo confonda con un giardiniere, i discepoli di Emmaus lo confonderanno con uno strano viandante.. anche noi in certi momenti della nostra vita, presi da tante preoccupazioni, magari tutti intenti per riuscire in qualche nostro progetto, forse anche buono, rischiamo di non capire, di non vedere più Gesù, di confonderlo con qualche fantasma che la paura, la solitudine, le fatiche del quotidiano fanno emergere dall’ombra. E’ il momento del dubbio: perché Gesù è così lontano mentre io fatico lotto? Ma ci sarà davvero una Provvidenza di Dio quando vedo persone giuste soffrire e morire? Ho gridato, pregato, invocato, anche offerto… e Dio tace… anche la sua Parola non sembra più dirmi niente, le convinzioni sembrano svanire, tutto diventa ombra inconsistente… "Coraggio, sono io, non abbiate paura", è questa la Parola di Gesù che dissipa le tenebre, che apre gli occhi, che allontana i fantasmi. Gesù usa modi diversi per farsi presente con ciascuno: con Maddalena basterà che Egli pronunci il suo nome, con i discepoli di Emmaus occorrerà "spezzare il pane", con noi forse sarà un amico, un sorriso, una fatica alleviata, una preghiera… se non siamo proprio distratti Gesù è con noi, vicino a noi sempre. E qui si inserisce l’episodio di Pietro che vuol anche lui camminare sulle acque. Anche se è una richiesta avventata essa è più che lecita. Pietro è il discepolo. Egli, che dovrà portare il maestro ai suoi fratelli, deve fare come il maestro, deve poter combattere il male come Lui. Infatti Gesù lo invita ad andare verso di Lui sull’acqua, e Pietro ci riesce anche per un primo pezzo ma poi lo coglie la paura e il marinaio che pur sapeva nuotare bene, sta per affogare. La chiesa ha il diritto e il dovere di fare come il Maestro. E finché si fida di Lui, di se stessa, nel senso che è consapevole di portare Lui con i suoi doni, riesce anche in quello che è impossibile. Pensate ad esempio alla Chiesa dei martiri che riesce a dare testimonianza fino al sangue. Ma quando comincia a pensare a se stessa come artefice di salvezze, quando comincia a fare ragionamenti umani, quando cerca la strada non della povertà ma della ricchezza, non della donazione gioiosa, ma del potere, non della gratuità, ma del calcolo, allora comincia ad affondare; e per ciascuno di noi è la stessa cosa, se ti fidi di Lui la paura scompare, se pensi a te stesso le paure diventano fantasmi e ti attanagliano. Meno male che anche in questo caso c’è ancora un salvagente importante. Gesù non ha girato le spalle a te che le hai girate a Lui, è sempre lì, è ancora e sempre pronto ad intervenire, basta che glielo chiedi. E questa volta Pietro, con l’acqua alla gola ci insegna un’altra di quelle preghiere che nel Vangelo sono schegge che puntano diritte sul cuore di Gesù: "Signore, salvami" . "E subito Gesù stese la mano e lo afferrò". Che bello, essere nelle mani del Signore: esse sono il porto sicuro: non son più io che voglio camminare sulle acque è Lui che mi fa camminare tenendomi per mano. La sentiamo anche per noi la frase di dolce rimprovero che Gesù rivolge a Pietro, perché anche noi siamo uomini di poca fede, perché non abbiamo il coraggio di fidarci di Lui e di pensare cose grandi con Lui, perché spesso siamo meschini e ripiegati su noi stessi. E anche noi al termine di questa riflessione lasciamo che lo Spirito Santo che, con il suo mormorio, ci ha accennato tante cose, ci conduca a fare con Pietro e gli apostoli la nostra professione di fede: "Veramente tu sei il Figlio di Dio", permettendo a Gesù di salire sulla nostra barca per far sì che anche per noi il vento cessi e si possa giungere in fretta al sospirato porto.

 

 

LUNEDI’ 12 AGOSTO

SANT’ERCOLANO

Parola di Dio: Ez. 1,2-5.24-28; Sal.148; Mt. 17,22-27

 

"IL VOSTRO MAESTRO PAGA LA TASSA DEL TEMPIO? PIETRO RISPOSE: SI’ " (Mt. 17, 24-25)

C’è una gran differenza tra il fare una cosa per forza e farla per amore, dal dover per forza sborsare una tassa con la paura di incorrere in pene ancora più gravi, al condividere con amore cose proprie con altri. Gesù è venuto sulla terra non per pagare delle tasse. Dio non ha bisogno della tassa di sangue di suo Figlio per rabbonirsi con gli altri figli peccatori. Gesù, poi, non aveva e non ha nessun obbligo nei nostri confronti. Gesù è venuto unicamente per amore del Padre e per amore nostro. La scelta del donare la sua vita per amore nostro, di Dio e della verità è una scelta totalmente libera, piena di amore. Gesù chiede anche a noi, non di pagare delle tasse religiose a Dio, ma di rispondere liberamente, con amore e con gioia ad un amore che ci viene proposto gratuitamente. Come è triste sentire dei cristiani che stancamente la domenica dicono: "Devo andare a Messa e speriamo che il prete non la tiri troppo lunga!", "Devo dire le orazione del mattino e della sera", "Devo andare a confessarmi almeno una volta all’anno". Se la religione è una tassa faremmo bene a non pagarla e a buttarla via, perché il nostro Dio non se fa proprio niente di riti e di gesti che non partono dal cuore. Se invece ho capito anche solo un pochino l’amore che Dio ha per me non sarà una gioia il poter stare con Lui , il parlargli insieme, il rivivere la passione e morte di Cristo, il fare comunione, il ricevere i suoi segni meravigliosi?

 

 

MARTEDI’ 13 AGOSTO

Santi PONZIANO Papa e IPPOLITO Sacerdote, Martiri

Parola di Dio: Ez. 2,8-3,4; Sal. 118; Mt. 18,1-5.10.12-14

 

"IL PADRE VOSTRO CELESTE NON VUOLE CHE SI PERDA NEANCHE UNO SOLO DI QUESTI PICCOLI". (Mt. 18,14)

Una mamma disperata, dopo avermi raccontato le scelte del figlio su strade sbagliate e devastanti, mi diceva: "Glielo ricordi al Signore, questo mio figlio. Che il Signore non lo dimentichi". "Certo che glielo ricordo, ma sono sicuro che non ce n’è bisogno. Lei può forse dimenticarselo suo figlio solo perché ha scelto una strada sbagliata? Anzi, proprio per questo lo ricorda ancora di più. E Dio può forse dimenticarsi di un suo figlio solo perché questi si è allontanato da Lui? Gesù ha detto di non essere venuto per i sani, ma per i malati, non per i giusti o coloro che presumono di esserlo, ma per i peccatori. Dio è a fianco di suo Figlio, di questo sia sicura, preghiamo perché suo figlio possa accorgersene e accoglierlo!" Per Dio non esiste gente senza importanza. Dio ama ciascuno di noi, ci valuta col prezzo del sangue di suo Figlio, ci cerca continuamente. La sua presenza non è opprimente, indagante, ma discreta e amichevole. Ho letto, nelle recensioni del film di Bellocchio: "L’ora di religione" presentato recentemente al festival di Cannes, che in esso la scena iniziale presenta il figlio del protagonista che si aggira nervosamente nel giardino di casa gridando ad un misterioso e invisibile interlocutore: "Vattene! Lasciami in pace!". La madre, preoccupata gli chiede con chi stia parlando e il bambino risponde: "Con Dio. Mi ha detto l’insegnante di religione che mi è sempre vicino, che ascolta i miei pensieri. Io invece voglio restare solo" Dio c’è e ti vede, ma non come si usava scrivere in modo terroristico sopra i cavalcavia dove di solito si fermavano le prostitute per adescare i loro clienti. Dio non è un castigamatti, non è presenza opprimente, non è il giudice armato di block notes su cui scrivere ogni minimo errore per poter condannare. Dio è con te per ricordarti una possibilità di vita, di gioia, di serenità, Dio è paziente, suo desiderio non è farti soffrire, non inibire la tua libertà, ma portarti a "pascoli di erbe fresche e ad acque di sollievo".

 

 

MERCOLEDI’ 14 AGOSTO

S. MASSIMILIANO MARIA KOLBE, Sacerdote e Martire; SAN ALFREDO

Parola di Dio: Ez. 9,1-7;10,18-22; Sal.112; Mt. 18,15-20

 

"IN VERITA’ VI DICO: SE DUE DI VOI SOPRA LA TERRA SI ACCORDERANNO PER DOMANDARE QUALUNQUE COSA, IL PADRE MIO CHE E’ NEI CIELI VE LA CONCEDERA’. PERCHE’ DOVE SONO DUE O TRE RIUNITI NEL MIO NOME, IO SONO IN MEZZO A LORO". (Mt. 18,19-20)

Abbiamo letto nel Vangelo che Gesù raccomanda più volte la preghiera e insegna come si fa ad ottenere. Oggi Egli ci dice che perché la preghiera possa ottenere una risposta dal cielo, esige una richiesta da parte di più persone, una comunità. Dice: «Se due di voi». Due. È il numero più piccolo che forma una comunità. A Gesù dunque importa non tanto il numero quanto la pluralità dei credenti. Devono mettersi d'accordo sulla domanda da fare, certamente; ma questa richiesta, deve poggiare soprattutto su una concordanza dei cuori. Gesù afferma, in pratica, che la condizione per ottenere quanto si chiede è l'amore reciproco tra le persone. Gesù stesso ci dice dove sta il segreto della riuscita di questa preghiera. Esso è tutto in quel «riuniti nel mio nome». Quando si è uniti così, c'è fra noi la Sua presenza e tutto ciò che si chiede con lui e più facile ottenerlo. Infatti, Gesù, presente dove l'amore reciproco unisce i cuori, è lui stesso che chiede con noi le grazie al Padre. E possiamo pensare che il Padre non ascolti Gesù? Il Padre e Cristo sono una sola cosa. E adesso domandiamoci: che cosa vuole Gesù che chiediamo? Egli stesso lo dice chiaramente: «qualunque cosa». Non c'è quindi nessun limite. E allora mettiamo anche questa preghiera nel programma della nostra vita. Forse la nostra famiglia, noi stessi, i nostri amici, le associazioni di cui facciamo parte, la nostra patria, il mondo che ci circonda mancano di innumerevoli aiuti perché non li abbiamo ancora chiesti insieme. Che bello poterci accordare con i nostri cari, con chi comprende, con chi condivide il nostro stesso cammino di fede, poter essere disposti ad amare come il Vangelo comanda, cosi uniti da meritare la presenza di Gesù tra noi, e poter chiedere con fiducia. Ci fosse davvero questa fede nelle nostre assemblee liturgiche! Se noi cristiani sapessimo pregare così, gli uomini sorriderebbero di più, gli ammalati spererebbero; i bimbi crescerebbero più protetti, i focolari familiari sarebbero più armoniosi; i grandi problemi potrebbero essere affrontati nell'intimo delle case... E noi ci guadagneremmo in gioia perché la preghiera per i bisogni dei vivi e dei morti è anch'essa una di quelle opere di misericordia che mettere in pratica rende più felici.

 

 

GIOVEDI’ 15 AGOSTO - ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Parola di Dio: Ap. 11, 19;12,1-6.10 Sal. 44; 1 Cor. 15, 20-26; Lc. 1, 39-56

 

1^ Lettura (Ap. 11, 19; 12, 1-6.10)

Dal libro dell’Apocalisse

Si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l'arca dell'alleanza. Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni. Allora udii una gran voce nel cielo che diceva: "Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo".

 

2^ Lettura (1 Cor. 15, 20-26)

Dalla prima lettera di san Paolo ai Corinti

Fratelli, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte.

 

Vangelo (Lc, 1, 39-56)

Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni, Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore". Allora Maria disse: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre". Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

 

RIFLESSIONE

 

A prima vista sembra che questa festa di Maria caschi male. Il ferragosto è il clou del momento delle vacanze: sulle spiagge, ai monti, in campagna oggi si svolgono riti che sottolineano il corpo, la materialità dell’uomo. La festa di Maria sembra un qualcosa di completamente diverso. E, invece, a me piace, anche se purtroppo oggi in chiesa ci andrà pochissima gente, che i cristiani proprio oggi festeggino il corpo di una Donna, la madre di Gesù che è stato portato in cielo e che è destinato all’eternità. Dio ci ha dato la vita, dono meraviglioso, ed essa è legata ad un corpo che con noi è cresciuto, che ci ha fatto soffrire e gioire; questo corpo, macchina meravigliosa, bello o meno bello che esso sia, ci accompagnerà fino alla fine dei nostri giorni; ma poi? La terra ritorna alla terra, tutto finisce in cenere…? No, per noi cristiani sia Gesù, il Figlio di Dio, è vivo e con il suo corpo è tornato al Padre, sia la mamma di Gesù, primizia delle creature, è stata portata a Dio nell’eternità con il suo corpo. Maria diventa dunque la vera icona della nostra umanità. Dio l’ha amata, ha pensato a lei da tutta l’eternità, l’ha chiamata, l’ha scelta. Lei è vissuta come tutti noi in mezzo alle gioie e alle prove, Lei ha avuto fede e nella sua vita ci sono stati pure momenti di buio nei quali doveva conservare nel cuore le cose che non comprendeva completamente, è passata attraverso il dolore della morte in croce di suo Figlio ed ha gioito pienamente della sua risurrezione, ha assistito gli apostoli ed ha partecipato alle vicissitudini dei primi cristiani e Dio ha voluto portarla con sé nella gioia eterna anche col suo corpo, quel corpo che ha generato l’umanità di suo Figlio, per essere l’anticipo e figura della nostra chiamata all’eternità anche con il nostro corpo. E’ una doppia gioia per noi cristiani oggi perché in Maria assunta in cielo finalmente possiamo superare quel dualismo che ci faceva pensare al valore dell’anima e al disvalore del corpo. Per Dio noi valiamo nella nostra interezza: non solo la nostra anima è chiamata a vedere Dio, ma il nostro corpo misteriosamente è destinato all’eternità. Maria diventa dunque per noi segno di consolazione e di speranza e via al cielo, infatti in Lei non solo il peccato è stato vinto, ma anche la morte. E colei che ai piedi della croce ha accolto l’incarico che Gesù le affidava, cioè di essere madre di tutti noi, dal cielo ci insegna come raggiungerla indicandoci la strada. Proviamo anche solo riprendendo il brano di Vangelo che abbiamo letto oggi a cogliere alcuni preziosi consigli di Maria. Dopo l’annunciazione Maria "si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda". Maria è una che si mette in viaggio. Una volta detto il suo "sì", non si siede aspettando che tra cori di Angeli si compia in Lei il mistero della maternità divina, è una che si dà da fare. L’angelo le aveva dato il segno della sua cugina anziana che deve avere un bambino e lei parte, sia per andare ad avere una conferma, sia per dare una mano. Dice poi il Vangelo che andò "in fretta". La sua non è la fretta del correre e del dover fare tante cose, è il cammino deciso e gioioso per vedere il compimento dell’opera di Dio. E’ un primo suggerimento per noi che oggi spesso bruciamo la nostra vita o con la sedentarietà o con la fretta di voler gustare tutto a tutti i costi; Dio ci dà la vita perché noi la viviamo pienamente, la assaporiamo in pieno. Ascoltiamo questo brano scritto da Giuseppina Vecchione, una ragazza tetraplegica e, mentre magari ci vergogniamo un po’, impariamo da lei ad amare la vita. "La vita è l’essenza di tutto ciò che è bello. E’ gioia, amore, fede: è speranza. La vita è bella per tutti, non soltanto per pochi, bisogna cercare sempre la via giusta e non sentirsi soli. Imparare a comprendere la sofferenza del mondo, a non essere egoisti, a non lamentarsi, perché c’è sempre qualcuno che soffre più di te. Occorre cioè rendere più attenti i nostri cuori distratti, solo così riusciremo ad ascoltare gli altri e amare chi ci è accanto. Avere il coraggio di saper perdonare e soprattutto procurare al nostro prossimo la voglia di vivere, di amare, donare e scoprire che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. E’ bello svegliarsi la mattina e ringraziare Dio per ogni nuovo giorno, per il richiamo degli animali, per il profumo e il respiro della natura, e per il battito del cuore che fa vibrare il corpo e la voce dell’anima; per la voglia di vivere, di lottare, di amare il bene e non il male, di spalancare le braccia e abbracciare il mondo senza paura e scoprire il sapore antico della vita e tutto quello che riceviamo. Amiamo e rispettiamo la vita, perché è unica e sarebbe un vero peccato sprecare anche un solo istante. Seguiamo insieme la via della pace: rispettiamo ed amiamo la terra e l’azzurro del cielo; rispettiamo ed amiamo la nostra vita e la vita degli altri per poter sperare in un mondo migliore per tutti" Se queste cose le dice una ragazza tetraplegica, quanto dovremmo dirle e viverle noi persone a cui Maria indica non solo la via della terra ma anche quella dell’eternità. Maria non va a mani vuote nella casa di Elisabetta, lei porta Gesù, se stessa e la gioia. Noi abbiamo dei doni preziosi nella nostra vita, abbiamo Gesù che ci ha salvato, abbiamo la buona notizia del Vangelo, abbiamo i Sacramenti della chiesa, perché non portarli agli altri? Non è forse vero che quelle poche volte che abbiamo incontrato nella nostra vita un cristiano contento di esserlo (è ben diverso dall’esaltato) abbiamo a nostra volta provato nel cuore il desiderio di bontà, il senso della gioia? E allora perché agli altri ci accontentiamo di dare parole vuote, perché ci accontentiamo di essere compagnoni e non amici, perché quasi ci vergogniamo di parlare di Gesù, perché quelle poche volte che si accenna a Dio si deve o sempre discutere (il più delle volte di problemini di chiesa) oppure apparire sempre estremamente composti e seri? Gesù è si o no la nostra gioia? Siamo chiamati a finire in una tomba o come ci suggerisce la festa di oggi, siamo destinati al paradiso. Maria poi non è andata a fare una visita solo di cortesia a sua cugina, non è andata a far salotto e a prendere un caffè. E’ andata ad aiutare concretamente. All’Angelo aveva detto: "Sono la serva del Signore" e in quella casa ha fatto la serva, aiutando questi anziani in quel particolare momento della loro vita. Maria, la donna di poche parole, ma di tanto servizio ci richiama proprio a questo: "Se il tuo corpo e quello dei tuoi fratelli è destinato all’eternità perché non manifestare la tua fede nella risurrezione proprio con il servizio concreto ai tuoi fratelli? Pensiamo in questo momento in particolare ai malati, a quei corpi che non possono far bella mostra di se sulle spiagge, ma a quei corpi feriti, malandati, doloranti. Servire l’umanità che soffre significa affermare per noi e per i fratelli che crediamo davvero alla risurrezione anche dei corpi. Quando queste due cugine si incontrano la gioia trabocca sia dall’una che dall’altra e Maria, oserei dire, che solidifica i suoi sentimenti con quel bellissimo cantico che è il Magnificat. Un canto in cui usa parole già presenti nella Bibbia ma le trasforma in storia personale di ringraziamento, riconoscenza, lode. Chi è destinato alla vita eterna non può che essere gioioso e contento. Non abbiamo forse anche noi mille motivi per ringraziare? La vita non ce la siamo data da soli, la fede neppure. Non è per merito nostro che Gesù è venuto a salvarci, i Sacramenti sono dei doni e così pure la parola del Vangelo, Con Maria impariamo a ringraziare e a lodare perché anche per noi Dio fa cose grandi e, dopo averci salvati e accompagnati nella vita terrena ci chiama anche ad una gioiosa eternità con Lui e con la nostra Madre che è già in cielo anche col suo corpo e che ci aspetta per far festa per sempre con tutti i suoi figli.

 

 

VENERDI’ 16 AGOSTO

SANTO STEFANO DI UNGHERIA; SAN ROCCO

Parola di Dio: Ez. 16,1-15.60.63; Salmo da Is. 12,2-6; Mt. 19,3-12

 

"E’ LECITO AD UN UOMO RIPUDIARE LA PROPRIA MOGLIE?". (Mt. 19,3)

Pensiamo a quanti matrimoni si dividono (a Torino nel 2001 sono state 6800 le coppie che hanno chiesto una separazione o una divisione), a quanti litigi nelle famiglie… Se sapessimo che la vita finisce domani, perderemmo ancora tempo a litigare? Butteremmo via in frammenti le ore preziose, rifugiandoci dietro quel muro di freddo silenzio, uscendone fuori solo per lanciare un’altra diga di parole furiose, invisibili missili, ma in ogni caso micidiali come mattoni o bottiglie rotte? Se sapessimo che la vita finisce domani, conserveremmo tutto un sistema di errori, decisi a non essere i primi a cedere? O la smetteremmo di badare a chi aveva cominciato, sapendo che nessuno sta del tutto nel giusto, e che in questo tipo di guerra finiremmo entrambi per essere dei perdenti? Se sapessimo che la vita finisce domani, sicuramente faremmo tesoro dell’oggi. Riempiremmo le ore fino all’orlo di amore e di riso invece che di rabbia e di amarezza, creando ricordi brillanti come gioielli che possano illuminare i nostri cuori, invece di oscuri rimpianti che potrebbero ritorcersi contro e distruggere. Se sapessimo che la vita terminerà domani… ma chi può dire che non accadrà? L’unico giorno di cui possiamo essere certi è l’oggi. Così oggi cercherò di porgerti la mano. Oggi ti dirò: "Mi dispiace" e "Ti amo".

 

 

SABATO 17 AGOSTO

SAN GIACINTO

Parola di Dio: Ez. 18,1-10.13.30-32; Sal. 50; Mt. 19,13-15

 

"LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME PERCHE’ DI QUESTI E’ IL REGNO DEI CIELI". (Mt. 19,14)

Il riferimento di Gesù ai bambini mi dà occasione oggi di proporre come riflessione il pensiero di due genitori. "Nostro figlio ha ricevuto tanti bei doni. E ognuno di essi è un simbolo del gioioso benvenuto per lui. Ma ci sono due cose di cui avrà bisogno, che il denaro non può acquistare e che nessuna mano amorevole può fabbricare. Ti preghiamo, Dio, mostraci come possiamo dare questi preziosi ma invisibili doni a questo nostro nuovo figlio : radici ed ali; sicurezza e libertà. I libri dicono che gli sarà necessario sentirsi sicuro, sapere che lo ameremo sempre, qualunque cosa accada. Ma siamo solo degli esseri umani, principianti nella scuola di come essere genitori. Può accadere a volte che non ci sentiamo tanto amorevoli, quando la vita quotidiana è troppo "quotidiana" e la struttura della nostra vita di famiglia scricchiola negli angoli. Dacci il tuo amore, allora, o Dio; aiutaci a capire che se i genitori, esseri umani, di tanto in tanto sbagliano, possiamo però affidarci completamente ad un Padre celeste che non sbaglia mai. Il desiderio di libertà è più arduo. Ci sono tanti pericoli intorno a lui. Il nostro istinto è di modellare e istruire, per riparare e proteggere. E questo è giusto. Ma in mezzo alle nostre cure, deve trovare spazio per se stesso. Per crescere come quel particolare individuo che abbiamo messo al mondo, e non come la copia di un altro. Allora aiutaci ad esplorare insieme il tuo mondo. Aiutalo a scoprire i suoi propri doni e a svilupparli pienamente. E quando avremo fatto tutto ciò che possiamo, dacci il coraggio di metterci da parte e consentirgli di prendere il volo, certi che le tue braccia saranno sempre intorno a lui, ovunque egli vada.

 

 

DOMENICA 18 AGOSTO - 20^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

SANTA ELENA

Parola di Dio: Is. 56,1.6-7; Sal. 66; Rom. 11,13-15.29-32; Mt. 15,21-28

 

1^ Lettura (Is. 56, 1.6-7)

Dal libro del profeta Isaia

Così dice il Signore: Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché prossima a venire è la mia salvezza; la mia giustizia sta per rivelarsi. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saliranno graditi sul mio altare, perché il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli .

 

2^ Lettura (Rm. 11, 13-15.29-32)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, ecco che cosa dico a voi, Gentili: come apostolo dei Gentili, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una risurrezione dai morti? Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, così anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!

 

Vangelo (Mt. 15, 21-28)

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio". Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: "Esaudiscila, vedi come ci grida dietro". Ma egli rispose: "Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele". Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: "Signore, aiutami!". Ed egli rispose: "Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini". "E’ vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni". Allora Gesù le replicò: "Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita.

 

RIFLESSIONE

 

Oggi, faremo una riflessione un po’ diversa dalla solita ‘predica’. L’episodio del vangelo è talmente bello che, forse qualcuno lo ricorderà, già tempo fa avevo cercato di romanzarlo brevemente. Ve lo ripropongo. Dopo questo tireremo solo alcune conclusioni per la nostra vita. Stravedeva per sua figlia, e non solo nella misura comune ad ogni madre. Era ciò di migliore gli fosse stato dato dalla vita, quella vita terribile che l'aveva privata, giovanissima dei suoi genitori e poi si era portata via anche suo marito. Per far crescere quella bambina si era adattata ad ogni genere di lavoro; si era indurita per difendersi da chi da lei, donna sola, cercava solo 'quello'. Ed ora, questa sua ragazzina di dodici anni era entrata in quella strana malattia. Improvvisamente crollava a terra, la sua voce diventava cavernosa, le sue mani erano artigli che ghermivano, il suo volto dolce e amato si trasformava in un ghigno in cui non sapevi più distinguere cattiveria da sofferenza. Si strappava le vesti di dosso e offriva la sua nudità agli occhi di tutti, provocando, in gesti che non poteva aver imparato. E quando la crisi passava entrava in una specie di trance, di assenza dal mondo che a volte durava anche giorni, priva di forze, insensibile a tutto, anche a sua madre. Aveva provato coi medici, coi maghi, coi santoni… nulla da fare! Ciarlatani ne aveva visti in abbondanza e la vita le aveva insegnato a distinguere e a non buttare soldi sempre così scarsi, in persone incapaci e subdole. Le notizie di quel Gesù erano arrivate in tanti modi: chi le aveva raccontato di un profeta che parlava a nome di Dio, chi le aveva detto che amava i poveri, i derelitti, i lontani, si fermava persino a parlare con i Samaritani e c'erano delle donne al suo seguito. Una di queste era stata guarita dopo una lunga malattia solo per aver toccato il suo mantello, una prostituta aveva cambiato vita, dicevano che aveva risuscitato il figlio di una vedova a Naim, aveva liberato due ossessi mandando il diavolo ad annegarsi insieme ad una mandria di maiali… Si era decisa. Aveva chiesto ad una amica di guardarle la figlia per qualche giorno e si era messa in cammino. Ma che può una donna, per di più Cananea, considerata dai benpensanti Ebrei come sentina di ogni perversione e fonte di ogni perdizione, avvicinare un Rabbi circondato da Ebrei osservanti? Bisogna farsi sentire: "Non mi lasciano parlare? Non mi lasciano avvicinarlo? E allora mi metto a gridare. Quanto ho gridato alla morte dei miei genitori! Ho gridato di dolore, come ogni madre, alla nascita di mia figlia, ho urlato alla morte di mio marito, ho dovuto gridare più volte per difendermi dai molestatori, posso gridare per mia figlia.. è l'urlo della speranza affinché essa mi nasca un'altra volta…" "Pietà di me, Signore, figlio di Davide…!!!" Ma Egli non le rivolse neppure una parola. "Perché non mi ascolta? Guardali quelli, pieni di superbia e di arroganza, padroni del mondo… non c'è una parola per una madre che grida, se non l'invito ad andarsene? Li sento: Zittitela! Che vuole quella? Vada dai suoi idoli, dai suoi maghi, ne hanno tanti i Cananei e si fanno pagare… in natura!' Ma di loro non m’importa! Chi mi turba è Lui che tace… ma non sarà forse un buon segno? Gli altri correvano per i soldi, Lui non punta di certo a questo…Ecco che dice qualcosa, non a me, ma a quei "puri" che ha intorno…" "Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele!" "Ma, allora è come loro? Predica la fratellanza, il perdono, l'amore, ma solo tra gli Ebrei! Avranno la loro storia, ma noi, chi siamo? Non ha parlato di un Dio che è Padre di tutti? No! Devo parlargli; deve parlarmi! La strada è stretta, la gente lo subissa, di qui deve passare… non mi calpesterà". Si buttò a terra dicendo: "Signore, aiutami". E finalmente le parla. Ma non è un volto dolce, una parola suadente quella che la donna sente, è una specie di insulto: "Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini". "Mi ha dato del cane straniero! Il primo impulso è aggredirlo, cavargli gli occhi!… ma, che cosa ne otterrei? Quei pii ringalluzziti da queste parole mi lapiderebbero subito e, che cosa sarebbe di mia figlia? E se, invece, volesse solo provocarmi, perché non provocare anche Lui, prenderlo in torta proprio dalle sue parole?". "E' vero, Signore, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni!". "Come mai i suoi occhi, appena ho iniziato a parlare, si sono posati sui miei e non mi hanno più mollata? E non sono più occhi duri, ma dolci, sorridenti…proprio mentre stavo per rendere pan per focaccia, ha cominciato a sorridere ed ho rivisto nei suoi occhi il sorriso della mia bambina…" "Ti sia fatto come desideri". E da quell'istante sua Figlia fu guarita. La Cananea è una donna di fede perché è disposta a tutto pur di ottenere la grazia desiderata. Supera le barriere della "buona educazione religiosa" che prevedeva che una donna, per di più straniera, non dovesse non solo non importunare, ma neppure parlare con un Rabbì. Non parla ma grida. E’ talmente insistente che gli apostoli arrivano ad intercedere per lei, purché si tolga dai piedi il più in fretta possibile. "Ho chiesto una grazia al Signore, ma si vede che Lui non mi ascolta", diciamo noi. Ma come l’abbiamo chiesta? Siamo disposti a lottare per questa grazia? Siamo disposti a lasciarci coinvolgere personalmente nella realizzazione di questo dono? Siamo disposti a perdere un po’ la faccia purché la nostra richiesta venga esaudita? Siamo disposti a ‘tentarle tutte’ o ci arrendiamo davanti ai primi presunti ‘no’? Anche davanti ad una risposta dura, questa donna non perde la sua dignità e risponde con altrettanta fermezza e proprio in questo dimostra di aver fiducia in Gesù. Una certa mentalità religiosa ci ha fatto pensare l’umiltà come uno star sempre zitti, un subire, e la fede come un qualcosa di passivo. Ma non è così, non siamo burattini in mano a qualcuno che tira i fili. Dio ci vuole persone, decise, pronte, dignitose, fiduciose. In un altro brano del Vangelo, Gesù ci dice che domandiamo e non otteniamo perché non sappiamo chiedere. Non vorrà forse Gesù farci capire che la nostra preghiera deve essere più sincera, più dignitosa, più sicura in Colui che sempre ci ascolta? Questa donna, oltre a manifestare una grande fede, ci aiuta a capire il valore delle briciole, delle piccole cose. Siamo troppo abituati alle pagnotte (magari buttate via) per accorgerci delle briciole.. Anche nella fede, abbiamo tutto. Abbiamo l’Eucarestia e non la apprezziamo, abbiamo abbondanza della Parola di Dio ma essa, spesso, scorre su di noi... Se vogliamo ricominciare ad apprezzare le cose bisogna partire dalle briciole. La limpida giornata può essere una briciola ma ti parla della vita, del tempo che ti è regalato. Il sorriso che puoi ricevere o regalare è una briciola ma ti parla della possibilità di un mondo migliore. Quella "Ave Maria" detta passando davanti alla immagine di Maria dipinta su un muro, è una briciola, ma può metterti in comunione con l’Eterno. Forse imparando ad apprezzare le briciole impareremo di nuovo a gustare il pane.

 

 

LUNEDI’ 19 AGOSTO

SAN GIOVANNI EUDES, Sacerdote

Parola di Dio: Ez. 24,15-24; Sal da Deut. 32,18-21; Mt. 19,16-22

 

"MAESTRO CHE COSA DEVO FARE DI BUONO PER OTTENERE LA VITA ETERNA?" (Mt. 19,16)

Noi diciamo di odiare tutte le imposizioni, gli schemi, le norme, però ci starebbe bene un bell’elenco di cose da fare per poterci dire cristiani a pieno titolo, per avere il passaporto vidimato e pronto per la vita eterna. E’ la solita tentazione: Dio aveva dato la legge (dieci comandamenti di vita) e il legalismo ebraico ha codificato più di 700 norme da osservare per essere buoni Ebrei. Vorremmo delle leggi specifiche per ogni cosa e nello stesso tempo anche il modo per non osservarle e sentirci egualmente a posto. Ma la vita è imprevedibile. Non c’è un manuale che copra tutte le situazioni, e allora? E’ vero che i comandamenti ci danno delle indicazioni, ma non sempre sono validi per tutto. Gesù risponde a quest’uomo buono indicando, più che norme, due atteggiamenti, direi movimenti: la spoliazione, la liberazione da ciò che ti

lega troppo alle cose della terra; e l’acquisizione di Lui. E le due cose sono legate: non puoi metterti alla sequela di Gesù se sei affardellato di troppe cose. La povertà in se stessa non è una bella cosa. Diventa però valida quando serve per incontrare Colui che può riempirci di se stesso. Provate a pensare se non è vero questo anche per la Chiesa: ogni volta che ci fidiamo di noi stessi, delle nostre risorse, ogni volta che la Chiesa fa affidamento sulle cose e sul potere, si allontana "triste" da Gesù, piena di se stessa e dei suoi miseri progetti umani; ogni volta che ci si fida della povertà, che si diventa semplici, si scopre la bellezza dell’amore di Dio che ci chiama a camminare gioiosamente insieme, che è Provvidenza che non dimentica nessuno, che moltiplica i pochi pani e i pochi pesci, che riempie anche le piccole cose di significazione eterna.

 

 

MARTEDI’ 20 AGOSTO

SAN BERNARDO, Abate e Dottore della Chiesa; SAN SAMUELE

Parola di Dio: Ez. 28,1-10; Sal. da Deut. 32,26-30.35-36; Mt. 19,23-30

 

"CHIUNQUE AVRA’ LASCIATO CASE, O FRATELLI, O SORELLE, O PADRE, O MADRE, O FIGLI, O CAMPI PER IL MIO NOME, RICEVERA’ CENTO VOLTE TANTO E AVRA’ IN EREDITA ‘ LA VITA ETERNA". (Mt. 19,29)

La legge del nostro mondo è avere, accumulare, quasi che le tante cose possano davvero darci la felicità.

L’indicazione per essere discepoli di Gesù è esattamente l’opposto: lasciare, abbandonare, spoliarsi…ma anche ritrovare la Provvidenza, sentirla, viverla. Giovanni Battista Peruzzo, che fu poi arcivescovo di Agrigento, soleva raccontare che, quando era semplice frate passionista, fu incaricato di reperire i fondi per la costruzione di un convento a Caravate, in provincia di Varese. Aveva avuto però ordine di non fare collette là dove c’erano benefattori di altri conventi, perché i suoi superiori erano molto guardinghi dei rispettivi orticelli dove assolutamente non volevano che qualcuno andasse a raccogliere in vece loro. Padre Peruzzo non sapeva da che parte incominciare e si recò da un suo vecchio amico che aveva costruito la chiesa del Corpus Domini a Milano, pregandolo di indicargli qualche persona disposta ad aiutare un’opera benefica. L’amico lo guardò come se gli avesse chiesto la luna e gli disse, mettendosi il pollice della mano aperta sulla punta del naso: chiappa il merlo! Se vai a mietere tu dove semino io, bella coppia facciamo! Quelli poi si mettono ad aiutare te e mi lasciano con un palmo di naso! Padre Peruzzo, desolato e mortificato, non ebbe nulla da rispondere; sfogliando il bollettino ‘La Divina Provvidenza’ che stampava Don Guanella, gli venne in mente d’andare a trovare questo sacerdote di cui aveva saputo con quanta rapidità aveva fondato tante case di accoglienza. Lo andò a trovare e fu ricevuto con grande cordialità. Don Guanella ascoltò tutti i suoi motivi, le difficoltà, quindi lo condusse in cappella a fare una visita al Santissimo Sacramento. Lo tenne quindi a mangiare ed a dormire discutendo vari aspetti dell’impresa. Finalmente quando seppe che non aveva neppure uno spicciolo per dar mano ai lavori, disse: ma, Padre Peruzzo, questo è il modo migliore per iniziare un opera: così ci fidiamo della Provvidenza e ci convinciamo che è Dio che fa per noi e non noi che facciamo per lui! Don Guanella, prima di congedare Padre Peruzzo, gli fece una lista di persone generose alle quali poteva rivolgersi e l’indomani lo accompagnò in una visita presso coloro che più potevano aiutarlo e consigliarlo. Con questo primo giro le cose cominciarono ad avviarsi bene e Padre Peruzzo, al colmo della riconoscenza, ricordando quel: "Chiappa il merlo!" chiese a Don Luigi se la sua richiesta non lo avesse danneggiato.

Ma non sono io che faccio un piacere a lei; è lei che fa un piacere a me! Non poteva farmi proposta migliore, perché chi crede che la Provvidenza aiuti fino a un certo limite, non crede nella Provvidenza! Per ogni benefattore che faccio trovare a lei, la Provvidenza ne manderà cento a me; o comunque quanti ne avrò bisogno... L’ha detto il Signore.

 

 

MERCOLEDI’ 21 AGOSTO

SAN PIO X, Papa

Parola di Dio: Ez. 34,1-11; Sal. 22; Mt. 20,1-16

 

"UN PADRONE DI CASA USCI’ PER PRENDERE A GIORNATA LAVORATORI PER LA SUA VIGNA". (Mt. 20,1)

La parabola di oggi ci ricorda che il Signore chiama a tutte le ore. Ma noi ci facciamo trovare?

Ecco un’esperienza trovata nella rivista Il Seme del 1993. "Mi ero addormentata dopo mezzanotte con la luce accesa. La pesantezza alla testa e la stanchezza, forse dovuta al caldo soffocante della giornata, mi avevano fatto cadere in letargo. Alle 2, uno squillo. Mi sono svegliata con un balzo, senza capire se era notte o giorno, sera o mattina. Dalla provincia di Savona mi chiamava Adriana. Ha 71 anni, vive sola, cammina con le stampelle, perché soffre di una malattia che le provoca il rammollimento delle ossa con conseguente decalcificazione e dolori fortissimi. Ieri sera si era rotta il braccio destro all’altezza del polso, cadendo in casa. Al pronto soccorso l’avevano «tirata» per metterlo a posto a poi ingessata, ma ora sentiva un male insopportabile. A nulla era valso il sedativo che le avevano consigliato, non ne poteva più. Aveva paura e si sentiva tanto sola. Continuava a chiedermi scusa per avermi svegliata. Le ho risposto che era meglio essere svegliati per aiutare qualcuno che chiede aiuto, piuttosto che essere svegliati dal male che si ha addosso, o da un terremoto, da un incendio, uno scoppio o qualche altro brutto accidente. Ci siamo fatte un po’ di compagnia; ogni tanto perdevo il filo del discorso, perché ero un po’ intontita e poi perché la voce di Adriana era proprio un "filo di voce"; solo dal tono capivo la sua sofferenza. Quando ci siamo salutate, Adriana sentiva ancora il suo male, ma era più calma, aveva meno paura. So per esperienza cosa vuol dire poter chiamare e chiedere aiuto a qualcuno nel pieno della notte, ed essere sicuri di essere ascoltati, capiti, amati: non sopportati o mandati a quel paese. E un modo d’aiutare — questo — che è più divino che umano, perché è la grazia di Dio che passa fra noi. «Dove c’è carità e amore, lì c’è Dio». Non è necessario andarlo a trovare chissà dove, magari con fantasticherie inutili. E mi è venuto in mente Samuele, chiamato dal Signore nel pieno della notte. Stanotte ha chiamato anche me, attraverso Adriana e mi ha chiesto di ascoltarlo. Se fossimo davvero convinti che è sempre il Signore che ci chiama, in qualunque ora del giorno o della notte, non diremmo, come spesso diciamo: "Non posso, non ho tempo, sono stanco, devo riposare, chiama un’altra volta". Ma, un’altra volta verrà?"

 

 

GIOVEDI’ 22 AGOSTO

BEATA VERGINE MARIA REGINA; SAN FABRIZIO

Parola di Dio: Ez. 36,23-28; Sal. 50; Mt. 22,1-14

 

"TUTTO E' PRONTO; VENITE ALLE NOZZE". (Mt. 22,4)

Mi sono sempre chiesto il perché, eppure è successo tante volte nella storia e tante volte anche nella mia vita. Dio non solo non è venuto a prendere alcunché della vita dell’uomo, ma ci ha regalato la libertà, la vita, la redenzione, Dio ha preparato un lauto banchetto per noi, si è fatto Lui stesso cibo per noi, e noi sbuffiamo davanti ai suoi inviti, cerchiamo scuse per nasconderci, non abbiamo voglia di far festa con Lui, brontoliamo, giudichiamo il suo operato e, se portati quasi di forza a quel banchetto, evitiamo di metterci il vestito della festa. E’ il colmo dell’ingratitudine. Provo ad andare a fondo di questa mia ingratitudine e scopro che il più delle volte essa è dovuta ad una cattiva visione che ho di Dio e ad un attaccamento sbagliato alle cose. Non ho ancora capito che Dio mi è amico e non aguzzino, che Egli è per me e non contro di me, che Egli desidera la mia gioia vera e non la mia sofferenza. Un certo tipo di educazione religiosa ed una mia incapacità ad andar oltre alle forme stereotipe della fede mi impedisce di cogliere il volto luminoso di un Dio liberante. L’essere poi attaccato alle cose, la paura di mettere in discussione certe piccole sicurezze umane, il preferire le pantofole all’avventura cristiana, fanno sì che preferisca queste cose all’amore di Dio che vuol fare della mia vita una festa. E pensare che so per esperienza diretta che cosa sia il subire ingratitudine, l’aver fatto di tutto per una persona e vedersi non solo rifiutati, ma snobbati, presi in giro nel tentativo di fare a lui il bene. Signore, perdonaci per tutte le ingratitudini nei tuoi confronti e per aver preferito la nostra tristezza alla tua gioia.

 

 

VENERDI’ 23 AGOSTO

SANTA ROSA DA LIMA, Vergine

Parola di Dio: Ez. 37,1-14; Sal. 106; Mt. 22,34-40

 

"AMERAI IL SIGNORE DIO TUO E IL TUO PROSSIMO COME TE STESSO". (Mt. 22,37- 39)

L’uomo è un insieme di equilibri precari. Ad esempio il nostro sistema immunitario se non riconosce con esattezza i propri nemici corre il rischio di scambiare amici per nemici e invece di salvare, uccide. Se non sappiamo equilibrare bene le nostre forze, rischiamo di compromettere il nostro lavoro, se non c’è equilibrio tra cuore, intelligenza e capacità l’uomo, sproporzionandosi da una parte, rischia di non costruirsi in modo omogeneo ed equilibrato.Quando poi si entra in campo religioso gli squilibri sembrano innumerevoli: nel nome delle religioni si sono fatte le cose più belle della storia dell'umanità, ma anche le cose più assurde, più atroci, più oscene. Proviamo invece a guardare all'equilibrio rispettoso dell'uomo e di Dio nella sintesi dei comandamenti fatta da Gesù.

Gesù parte dalla realtà: che cos’è la vita di un uomo senza amore? Niente più che un assurdo scorrere di ore senza senso. Ma se invece scopriamo che in essa l’amore è importante, esso deve essere dosato nella maniera giusta. C’è un giusto amore di sé che permette sopravvivenza, rispetto di se stesso, gusto di vivere. Forse non è la parte più esaltante dell’amore, bisogna stare attenti che non debordi in facile egoismo, individualismo, ma bisogna partire di lì. Chi non sa volere il vero bene di se stesso non è capace poi neanche ad amare né il prossimo né Dio. Il secondo passo infatti è scoprire che l’uomo è fatto per aprirsi agli altri, non è una monade autosufficiente, si realizza con gli altri, e questo suo rapporto può essere regolato, dalla lotta per la supremazia, dall’arrivismo oppure dalla riscoperta che l’altro mi completa e che io completo lui. Se poi scopro che Dio non è lontano ma è il Padre di questa umanità. Se scopro che Egli ama tutti e ciascuno di un amore unico, individuale, profondo, fatto di concretezza per tutti e per ciascuno ecco che l’Amore diventa il fondamento del mio vivere e del mio agire. In teoria sembra facile, evidente. In realtà non sempre è così. Ma se la strada che vogliamo seguire è quella indicata da Gesù, se costantemente correggiamo il nostro equilibrio in questo senso, volete che l’Amore di Dio poco per volta non entri anche nel nostro modo di vivere?

 

 

SABATO 24 AGOSTO

SAN BARTOLOMEO, Apostolo

Parola di Dio: Ap. 21, 9-14; Sal. 144; Gv. 1,45-51

 

"FILIPPO INCONTRO’ NATANAELE E GLI DISSE: ABBIAMO TROVATO IL MESSIA… VIENI E VEDI!". (Gv. 1,45- 46)

Filippo, volendo portare Natanaele (il Bartolomeo che festeggiamo oggi) da Gesù, prima gli dice che pensa di aver trovato il Messia e poi davanti alle obiezioni del dotto amico ha una strada sola da indicargli: "Vieni e vedi, constata tu di persona!" Credo sia esattamente quello che la Chiesa deve fare oggi se vuole essere fedele alla propria missionarietà: annunciare Gesù, portare da Gesù, far vedere Gesù. Eppure, posso farvi una confidenza? Nella mia lunga esperienza di parrocchia ho spesso incontrato persone che hanno risposto all’invito dell’annuncio di Gesù, ho trovato gente che si è entusiasmata davanti al Vangelo, ma io spesso ho avuto paura e difficoltà nel dire loro: "Bene, adesso vieni, entra nella comunità, nella chiesa gerarchica e vedi!" "Vieni e vedi la gioia cristiana che c’è tra noi!, vieni e vedi il rapporto sereno che c’è tra i sacerdoti, guarda come superiamo le gelosie tra i gruppi parrocchiali, prova la gioia di essere accolto in quel gruppo e vedi che non c’è diffidenza o paura nei tuoi confronti…" Certo se aspettiamo l’ideale, il perfetto, non lo troveremo mai, ma credo che certamente il nostro maggior sforzo di missionarietà non deve essere quello di convertire gli altri, ma quello di convertire noi stessi per poter offrire anche agli altri la giusta e bella testimonianza di Cristo che hanno bisogno di vedere testimoniata proprio da coloro che dicono di aver incontrato il Cristo.

 

 

DOMENICA 25 AGOSTO - 21^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Santi LUDOVICO E GIUSEPPE CALASANZIO, Sacerdoti

Parola di Dio: Is. 22,19-23, Sal. 137; Rom. 11,33-36; Mt. 16,13-20

 

1^ Lettura (Is. 22, 19-23)

Dal libro del profeta Isaia.

Così dice il Signore contro Sebna sovrintendente del palazzo: "Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto. In quel giorno chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkia; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua sciarpa e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide; se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un paletto in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre.

 

2^ Lettura (Rm. 11, 33-36)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio? Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.

 

Vangelo (Mt: 16, 13-20)

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: "La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". Risposero: "Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". Disse loro: "Voi chi dite che io sia?". Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.

A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

 

RIFLESSIONE

 

Spesso, molti predicatori, commentando le letture di questa domenica, sono portati, tenendo conto di alcune indicazioni della prima lettura e dell’ultima parte del Vangelo, a porre l’accento sul primato di Pietro. Non è certamente sbagliato e anche noi vi accenneremo, ma credo che il Vangelo di oggi abbia un altro centro di interesse. Gesù ha camminato per quasi tre anni con i suoi discepoli, ha predicato, guarito i malati, discusso con i suoi oppositori, ora, prima del momento decisivo in cui Egli si incamminerà verso la sua morte di amore, momento sconvolgente nella vita dei suoi discepoli, pone questa domanda cruciale su se stesso, e la pone in due tempi. Prima Gesù suscita l’attenzione, parte da lontano, compie una specie di sondaggio di opinione. Chiede: "La gente, coloro che sono lontani, coloro che sono venuti in contatto con me che cosa pensano di me?" Gli vengono riferite alcune risposte: qualcuno pensa che Egli sia Giovanni Battista redivivo, qualcuno lo eguaglia agli antichi profeti… c’è da restare scoraggiati!. "Ma se la gente la pensa così, voi che siete miei discepoli che cosa pensate di me?". La domanda si è fatta incalzante, non permette più scappatoie e Simone che certamente dimostra di avere la stoffa del leader del gruppetto, parla a nome di tutti e fa la sua professione di fede: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Prima di andare oltre nel racconto evangelico fermiamoci per farci anche noi queste due domande. Dando uno sguardo al nostro mondo, chiediamoci: "Che cosa ne pensa di Gesù, la gente di oggi?" La prima risposta che troviamo suffragata da molte testimonianze è quella che Gesù sia solo un uomo. "Era un uomo, soltanto un uomo" dice la Maddalena del film Jesus Christe Superstar, magari un grand’uomo dotato di molto fascino e ascendente sulla gente, ma un uomo. Alcuni anni fa un gruppo di Hippies statunitensi aveva incollato sui muri un poster (si trova ancora in giro) su cui appariva il volto di Gesù con sotto la scritta "Wanted", ricercato. Vi si leggeva: "Attenzione, quest’uomo è estremamente pericoloso. Il suo messaggio di libertà e di amore è incendiario, insidia soprattutto i giovani. Questo predicatore vagabondo è ancora in libertà e costituisce un pericolo enorme per la nostra società dei consumi". Troviamo in queste parole una ammirazione incondizionata per Gesù, ma si parla di Lui indicandolo solo come "quest’uomo". Altri anche oggi lo considerano un profeta, cioè un qualcuno che ha un forte messaggio per aiutare a ritrovare la vera identità dell’uomo, addirittura movimenti politici si sono riferiti a Lui, pensate alla Democrazia Cristiana, a Cristo socialista, pensate anche alla esasperazione di certe frange della teoria della liberazione. Per quanta gente, ancora oggi Gesù è un modello esemplare, un martire che ispira un impegno per un mondo più giusto, che spinge a lotte di liberazione, alla ricerca di uguaglianza. Per quanto possa sembrare buffo, ci sono alcune nuove sette religiose che considerano Gesù addirittura come un extraterrestre, piovuto da qualche pianeta lontano. Vengono in mente - con una certa tristezza - le parole di Giovanni Battista ai suoi concittadini duemila anni fa: «In mezzo a voi c'è uno, che voi non conoscete». E per noi chi è Gesù? Mi è piaciuta la definizione di una catechista che insegnava ai bambini che "Gesù di cognome si chiama Dio" e mi è piaciuta anche la risposta di un bambino che diceva che: "Gesù è Dio con la pelle sopra". Noi, in termini più, seri tra poco diremo nel credo: "Credo in un solo Signore Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal padre prima di tutti i i secoli, Dio da Dio…" Ma non basta sapere, che cosa vuol dire questo nella nostra vita? Credere che Gesù è il Figlio di Dio venuto sulla terra per salvarmi cambia qualcosa nel mio modo di intendere e vivere la vita? Davvero il suo Vangelo diventa per me la Buona notizia? La mia lotta per la libertà e la giustizia è testimonianza diversa da quella di uomini che fanno la mia stessa strada ma solo per convinzioni umane? Che razza di testimonianza diamo di Gesù Cristo? Infatti, anche solo per il fatto di essere cristiani e di dichiararci tali, con ogni nostra azione noi costituiamo per gli altri un argomento pro o contro Gesù Cristo. Diceva l’Abbe Pierre: Quando arriveremo alla meta non ci domanderanno: "Sei stato credente?", ma: "Sei stato credibile? La tua maniera di vivere ha reso credibile a tutti gli uomini che Dio li ama?" Gesù, a Cesarea di Filippo, dopo aver ascoltato la risposta di Pietro si complimenta con Lui anche se gli fa notare che quella risposata non è esclusiva farina del suo sacco, ma è venuta da un suggeritore speciale: lo Spirito Santo. E’ comunque la risposta giusta da vivere in modo nuovo. E’ per questo che Gesù in quel momento cambia il nome di Simone in Pietro. Presso i popoli antichi, il nome era considerato molto importante. A Roma dicevano «il nome è un augurio» per la vita, e un programma, quasi un ruolo da svolgere. Un destino, insomma. Il cambiamento di nome operato da Gesù è molto significativo per Simone, addirittura viene a indicare il ruolo che egli svolgerà nel progetto di salvezza che il Signore sta realizzando in terra. Ecco le parole di Gesù: «Io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia chiesa». Così Simone, diventato Pietro, nonostante i suoi tradimenti confermerà i suoi fratelli nella fede, e sarà la pietra fondamentale della Chiesa. Ma Gesù, così contento che Pietro lo ha capito bene, non si ferma lì, e gli attribuisce la carica del sovrintendente di palazzo, il plenipotenziario del re, che ha il compito di portare le chiavi come ha suggerito anche la prima lettura: «A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Da tutti i tempi, quando gli artisti intendono raffigurare Pietro, gli mettono in mano due grosse chiavi. E così, noi lo riconosciamo subito. Ma quello che è più importante sottolineare è che l’incarico nasce dall’atto di fede. Anche oggi il compito del Papa e della Chiesa è quello di farci vedere la fede in Gesù, di portarci a Lui. Il ministero del Papa, dei Vescovi, dei preti ha come principio per loro, e come fine per tutti di portarci a Gesù vero uomo e vero Dio. E’ Lui che salva, è Lui che è morto in croce per noi, è Lui, l’uomo nuovo a cui ispirare il nostro cammino. Ogni volta dunque che il magistero del Papa e della Chiesa mi guidano verso Gesù, sono i mezzi stessi che Gesù usa per parlarmi. Certamente Pietro con il suo nome nuovo è depositario della promessa, del dono dello Spirito Santo per l’unità dei credenti, ma Pietro si porta dietro anche il vecchio nome di Simone con tutta la sua povertà umana. Sarà dunque anche per noi lo stesso Spirito Santo ad aiutarci nel discernimento dell’umano dal divino, per aiutarci anche a comprendere le povertà umane di una Chiesa fatta di poveri uomini, ma per accogliere anche con gioia l’autorità che Dio ha affidato a questi uomini per il bene dell’intera comunità.

 

 

LUNEDI’ 26 AGOSTO

SANT’ALESSANDRO

Parola di Dio: 2Tes. 1,1-5.11b-12; Sal. 95; Mt. 23,13-22

 

"GUAI A VOI SCRIBI E FARISEI IPOCRITI!". (Mt. 23,13)

Una delle cose che, lungo i secoli, ha maggiormente impedito alla Chiesa di essere in pieno una buona testimone del Vangelo di Gesù è stata la paura, dovuta alle tante prove e tentazioni subite, di perdere il suo ruolo, la sua ortodossia completa e allora abbiamo visto spesso la Chiesa chiusa in se stessa a cercare di difendersi da nemici reali e fantastici: la caccia agli eretici e alle strega ne è stato un segno, l’aver chiuso sempre più le porte della sua misericordia a favore dell’osservanza formale purtroppo ha fatto e fa sì che tanti che pur cercano il volto di Cristo stentino a trovarlo nascosto tante volte sotto l’aspetto della diplomazia e della burocrazia. Allora quel "Guai!" che Gesù rivolge ai farisei non è solo per gli stretti osservanti di quell’epoca che nel loro desiderio di purezza religiosa rischiavano di rendere inaccessibile il vero senso dell’ebraismo, ma anche per noi, uomini di Chiesa, quando richiudiamo la fede nelle nostre formule e la rendiamo inaccessibile ai piccoli, quando rattristiamo un messaggio di gioia e di liberazione, quando pretendiamo assensi e applausi alle nostre organizzazioni e ci dimentichiamo di far vedere il vero volto di Cristo, quando nascondiamo la Parola dietro ai nostri paroloni, quando abbiamo fatto della fede solo una religione a nostro uso e consumo, quando, con la scusa dell’ortodossia tarpiamo le ali a chi non la pensa come noi e ci da fastidio… Con i suoi : "Guai!" Gesù vuole mettermi in guardia e mettere in guardia la Chiesa da un pericolo sempre incombente, quello di appropriarci di Dio al punto da imprestargli le nostre idee e poi farle passare per sue. Convertire non vuoi dire far sì che l’altro la pensi come me, ma che io e l’altro ci incontriamo in Dio.

 

 

MARTEDI’ 27 AGOSTO

SANTA MONICA

Parola di Dio: 2Tes. 2,1-3.13-17; Sal. 95; Mt 23,23-26

 

"FARISEO CIECO, PULISCI PRIMA L’INTERNO DEL BICCHIERE, PERCHE’ ANCHE L’ESTERNO DIVENTI NETTO". (Mt. 23,26)

Anche oggi il rimprovero deciso di Gesù deve far cadere qualcuna delle nostre maschere. Spesso noi confondiamo l’esterno con l’interno, spesso anche la nostra preghiera è formalista e rischia di non essere vera. Padre Gheddo ci racconta questo episodio che per noi può diventare testimonianza: Quando sono andato in Cina nell’estate 1986 ho incontrato diverse comunità cristiane appena uscite dalle catacombe, dopo trenta e più anni di persecuzione. Era con me un missionario del PIME di Hong Kong che parla bene la lingua cinese. Portavamo con noi, come dono per i cristiani, pacchi di Rosari, medaglie, immagini sacre, piccoli libretti di preghiere in cinese. Ho fatto felici tanti cristiani, anche sacerdoti, suore e qualche vescovo, donando loro questi segni di pietà e di identità cristiana. Un sacerdote di Sheqi mi ha detto:

"In vent’anni di carcere e più di otto di lavori forzati, non ho mai avuto la consolazione di avere con me un Rosario, un crocifisso, un libro di preghiere". "Come faceva a pregare, senza alcun segno esterno?"

"Ho imparato che la vera preghiera viene dal profondo del cuore, dall’unione con Dio ricercata nell’amore e nella donazione a lui. Avevo anche dimenticato molte formule di preghiera ma ripetevo continuamente: Signore, tu sai che io ti voglio ho bene. Aiutami ad esserti fedele, fammi capire cosa vuoi che io faccia.".

Cari amici, credo dobbiamo imparare tutti la «preghiera del cuore». Le formule delle nostre orazioni vanno bene e dobbiamo rimanervi fedeli, come segno esterno, come richiamo quotidiano. Ma guai se ci fermiamo ad una preghiera esterna, formalistica, abitudinaria.

 

 

MERCOLEDI’ 28 AGOSTO

SANT`AGOSTINO, VESCOVO E DOTTORE DELLA CHIESA

Parola di Dio: 2Tes. 3,6-10.16-18; Sal. 127; Mt. 23,27-32

 

"GUAI A VOI , SCRIBI E FARISEI IPOCRITI, CHE INNALZATE I SEPOLCRI AI PROFETI E ADORNATE LE TOMBE DEI GIUSTI…". (Mt. 23,29)

Vi siete mai accorti che cosa succede al momento della morte di una persona. Prima era o un illustre sconosciuto, o una persona di cui avevamo pronti tutti i dati negativi, al momento della morte tutti diventano buoni. Facciamo un giretto nei nostri cimiteri: leggendo quanto scritto sulle lapidi, al mondo dovrebbero esserci stati solo "angeli della casa" "persone integerrime", "lavoratori fedeli", "amici ineffabili", "spose e sposi fedelissimi", "commercianti onesti", "politici giusti", "padri adorabili", sacerdoti amati e misericordiosi"…Eppure il mondo, anche per quella generazione non andava poi molto meglio di adesso! Specialmente in campo religioso ho avuto opportunità di leggere "brevi biografie" di personaggi che avevo conosciuto personalmente… il tempo e il fine per cui le cose sono pubblicate cambiano completamente giudizi, letture, interpretazioni e magari il santo che durante la sua vita proprio a causa delle sue scelte e delle sue parole era considerato un "integralista", un "mezzo matto", un "uomo di sinistra neanche troppo ortodosso", da morto diventa un profeta che aveva già visto anni prima quello che noi diciamo oggi, uno magari da tenersi buono non solo perché dovrebbe essere in paradiso, ma perché può venir utile a comprovare le nostre tesi. E se noi cercassimo di rispettare gli uomini così come sono, oggi, senza aspettare che siano morti per fare loro un monumento? E se i cristiani invece di farsi la guerra tra loro oggi, imparassero ad accogliere con gioia ciò che li accomuna, fede per prima, piuttosto che sottolineare ciò che divide?

 

 

GIOVEDI’ 29 AGOSTO

MARTIRIO DI SAN GIOVANNI BATTISTA; SANTA SABINA

Parola di Dio: Ger. 1, 17-19; Sal. 70; Mc. 6,17-29

 

"GIOVANNI DICEVA AD ERODE: NON TI E’ LECITO! ". (Mc 6,18)

Giovanni Battista è il Precursore e in tutto anticipa Gesù: lo annuncia, testimonia la verità, lo anticipa anche nel suo martirio. Giovanni è fedele alla volontà di Dio come Gesù e quando c’è da gridare a un re, non ha peli sulla lingua. Il profeta è la coscienza critica dell’umanità e per questo è sempre scomodo. Egli non tace davanti al male, non se ne fa complice, prende le difese del bene, della giustizia, dei piccoli e degli oppressi, smaschera l’ipocrisia, e questo suo impegno per la verità, per la causa di Dio, gli garantisce una brutta fine. La morte del testimone passato, presente e futuro diventa rinnovamento della passione di Gesù. Non dovremmo stupirci di dar fastidio a qualcuno con il coerente comportamento cristiano, anzi, se non diamo fastidio non sarà forse perché viviamo poco coerentemente la nostra fede? Racconta Leonard Boff come moltissimi altri preti e laici, per la giustizia sociale in America Latina, così fu ucciso anche il Francescano Ivan Bettencourt, nel 1975: figura ideale dei discepoli di Gesù. Aveva solidarizzato con i contadini espulsi dalle loro terre dai potenti latifondisti. Lo sequestrarono e lo torturarono, perché confessasse che era marxista e sovversivo. Gli tagliarono le orecchie e lo interrogarono. Gli tagliarono il naso e lo interrogarono. Lo castrarono e lo interrogarono. Gli tagliarono la lingua e smisero d’interrogarlo. Lo ferirono in tutto il corpo, e, poiché si muoveva ancora, lo mitragliarono.

Infine lo gettarono in un pozzo profondo e riempirono il pozzo. Fu ucciso, perché difendeva i fratelli.

 

 

VENERDI’ 30 AGOSTO

SANTA FAUSTINA; SAN FELICE

Parola di Dio: 1Cor. 1,17-25; Sal. 32; Mt. 25,1-13

 

"ECCO LO SPOSO, ANDATEGLI INCONTRO!". (Mt. 25,6)

Ringrazio di cuore Gesù che con questa parabola, ancora una volta, ci dice la sua buona notizia. Noi, sì, dobbiamo vivere nella vigilanza, dobbiamo stare attenti a come giochiamo la nostra vita. Lui certamente verrà al termine del nostro cammino e di quell’umanità, ma Lui viene come lo sposo che vuol far festa con la sua sposa. Come le dieci ragazze della parabola di oggi, anche noi siamo invitati alla festa anzi, direi, lo Sposo, Gesù, viene proprio per noi. Ci ha anche dotati di lampade (il dono della fede). Se Lui tarda ci lascia anche assopire. L’unica cosa che dobbiamo fare è portare l’olio delle lampade, esso ci permette di accenderle, di riconoscere lo Sposo, di andargli incontro. Un cristiano è senz’olio quando è diventato insipido, quando la legge del Signore, per lui, è solo un peso, quando i sacramenti sono un dovere, quando non c’è gioia nel suo cuore, quando la Parola di Dio, la preghiera non sono più ricercati come motivo di conoscenza, di incontro, di approfondimento. Un cristiano è senz’olio quando non ha più occhi per vedere le necessità dei fratelli che incontra, quando delega sempre altri, quando non si lascia smuovere dal suo comodismo, quando si nasconde nelle tradizioni... E ricordiamoci che in certi momenti non basta neppure chiedere la fede in prestito ad altri. "Ecco lo Sposo, andategli incontro!" Ma a che serve una lampada spenta? C’è il rischio di passare accanto allo Sposo e non riconoscerlo.

 

 

SABATO 31 AGOSTO

SANT`ARISTIDE

Parola di Dio: 1Cor. 1, 26-31; Sal 32; Mt. 25,14-30

 

"COLUI CHE AVEVA RICEVUTO UN SOLO TALENTO ANDO’ A FARE UNA BUCA NEL TERRENO E VI NASCOSE IL DENARO DEL SUO PADRONE". (Mt. 25,18)

La paura è spesso una cattiva consigliera, ma è sempre uno sbaglio nei riguardi di Dio. Dio è un Padre buono e di certo non gradisce un clima di paura per i suoi figli. Essa blocca ogni sviluppo del bene, non comprende l’amore di Dio, ci rende uomini di poca fede, sconfitti prima di affrontare la battaglia. La paura è capace di "scavare una buca" per l’unica cosa che non va sepolta: i talenti di Dio. Si seppellisce la libertà, quando si ha paura di usarla o se ne abusa per fare il male; si seppellisce l’intelligenza, quando si va consapevolmente contro la verità o quando si maschera la verità con l’ipocrisia; si seppellisce l’amore, quando lo si chiude in noi stessi e lo si nega a quanti ce lo chiedono; si seppellisce la giustizia, quando si fa preferenza di persone; si seppellisce la bontà, quando si sceglie la via dell’egoismo; si seppellisce la fede, quando non la si coltiva, non la si approfondisce e non la si comunica agli altri, chiudendola nel nostro privato, soffocandola con gli scandali della nostra vita; si seppellisce la pace e la fraternità, quando se ne distruggono le condizioni; si seppellisce la vita, quando se ne comprime la crescita; si seppelliscono tutte le nostre abilità, quando si orientano al solo nostro interesse. Tutto ciò che non è donato, è sepolto. Ma tutto ciò che è sepolto anticipa la nostra morte.

     
     
 

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