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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

a cura di don Franco LOCCI

MARZO 2002

 

VENERDI’ 1

Sant’Albino, Santa Eudossia; Santa Nina

Parola di Dio: Gen. 37,3-4.12-13a.17b.-28; Sal. 104; Mt. 21,33-43.45

 

VI SARA’ TOLTO IL REGNO E SARA’ DATO AD UN ALTRO POPOLO CHE LO FARA’ FRUTTIFICARE". (Mt. 21,43)

Gesù ha raccontato la parabola dei vignaioli cui è stata affidata la vigna che non solo si sono comportati male, ma hanno voluto appropriasi della vigna non tenendo affatto conto dei vari inviti e proposte fatta dal padrone, e termina con l’affermazione che meditiamo oggi.

Noi spesso ce la caviamo dicendo che queste parole si sono già realizzate in quanto, non avendo il popolo di Israele accolto Gesù, Lui ha passato il suo Regno ai cristiani. Ma anche se fosse effettivamente così (e ci sarebbe ancora molto da dire) ciò non toglie che Egli non ci abbia dato la garanzia che questo fatto non possa ripetersi. Dio ha molta pazienza (sia la storia del popolo ebraico che quella del popolo cristiano lo dimostra) ma sappiamo benissimo che se noi cominciamo a non accettare più la voce dei profeti che ci parlano a nome di Dio, se ci dimentichiamo di Gesù e costruiamo il Regno solo con le nostre forze, secondo gli schemi del mondo, se in fondo uccidiamo Cristo, interpretandolo a nostro uso e consumo, se abbiamo la pretesa di diventare gli unici possessori del Regno dei cieli, Dio può benissimo dare il suo Regno ad un altro popolo. Ma facciamo ancora un passo e mettiamoci in gioco personalmente. Noi pensiamo di essere nel Regno, noi abbiamo ricevuto i Sacramenti del Regno, ma siamo sicuri che tutte queste cose bastino per garantirci di appartenere al Regno e di averlo per sempre? Se la fede diventa una abitudine, se la religione formale ha il sopravvento sulla fede, se pensiamo di essere gli unici depositari della Verità e dell’Amore di Dio e per questo ci ergiamo giudici sugli altri, se abbiamo ridotto il Regno di Dio ad un club elitario di persone perbene chiudendolo agli altri, se pensiamo di poter essere noi personalmente a dire una parola più forte di quella che troviamo nella Parola di Dio, se, in una parola, Gesù, il Figlio di Dio non è per noi vivo ogni giorno, se non ci sforziamo quotidianamente di ripetere con gesti il nostro assenso al messaggio di salvezza che ci ha portato, beh, Dio non farà molta fatica a fare la sua proposta ad altri perché noi il vero Regno di Dio lo abbiamo già disertato.

 

 

SABATO 2

San Quinto il Taumaturgo

Parola di Dio: Mi. 7,14-15.18-20; Sal. 102; Lc. 15,1-3.11-32

 

"GESU’ DISSE LORO QUESTA PARABOLA: UN UOMO AVEVA DUE FIGLI…". (Lc. 15,1ss)

Oggi ci viene proposta una delle più belle parabole del Vangelo, ma anche una parabola che l’uso ha sempre fatto interpretare in un certo modo, abbiate pazienza con me se invece del solito pensierino provo ad approfondirne uno stile di lettura e di interpretazione un po’ più ampio (cercherò di essere più breve in altri giorni). Nella parabola del "figliol prodigo" che leggiamo oggi non stupisce tanto la figura di questo figlio che scappa di casa, si pente, decide di ritornare: è la parabola della nostra vita, il desiderio di "libertà" che ci allontana dalla gioia vera per farci correre attraverso strade effimere, la nostalgia del bello e del buono che può spingerci al ritorno, la gioia ritrovata dopo il perdono. Non stupisce neppure l’atteggiamento del figlio maggiore perché tante volte, sentendoci già buoni, "a posto", ci permettiamo di giudicare i nostri fratelli e diventiamo gelosi e invidiosi del perdono altrui. Stupisce invece l’atteggiamento del padre non tanto per il fatto del perdono (ogni padre vero dovrebbe essere sempre pronto al perdono) quanto al modo del perdono. E’ un padre che aspetta, che corre incontro, che non chiede rendiconti e non rinfaccia, che fa festa, che esce incontro al figlio maggiore, che ragiona con lui, che vuole bene ad entrambi anche se con entrambi, come padre, non è stato molto fortunato. Gesù ci dice: Dio è così! Impariamo a vederlo così e facciamo festa per la sua misericordia che si manifesta nei nostri confronti e nei confronti di ogni uomo. Il figlio maggiore incarna coloro ai quali Gesù rivolge la parabola (erano gli scribi e i farisei che mormoravano perché Gesù sedeva a mensa con i peccatori) Questo figlio, osservando la condotta del padre, si permette di muovere delle rudi critiche alle scelte compiute, motivandole con la scusa che sono ingiuste e discriminatorie (in fondo questo figlio dimostra di avere un "buon senso" a noi tanto caro, che giustifichiamo con tanta forza. Meditiamoci un po', invece!). Quando la religione ha perso di vista la bontà di Dio e l’oggetto del suo amore, l’uomo, ed è diventata solo serie di norme da osservare per garantirsi "un pezzo di paradiso", tutto è legato al diritto, alla fatica di dover "rigar dritto" e perde allora il senso la gratuità, la gioia, il poter stare con Dio già fin d’ora. Il figlio minore. Gesù non idealizza questo personaggio, non lo tratta per niente bene. Quando quest'ultimo decide di fare ritorno a casa è spinto soprattutto dalla fame, dalla riflessione sulla differenza tra la propria condizione di guardiano di maiali e la condizione di vita dell'ultimo dei servi di suo padre. Si direbbe che è la "cinghia" che lo fa tornare a casa, quasi una decisione interessata.

Se vogliamo essere fedeli al Vangelo l'intenzione di Gesù non era quella di mostrarci un esempio di pia persona che si pente e opera un'autentica conversione. Dio vuol bene sempre anche a chi continua ad essere poco pentito del male che fa e Gesù ne è il grande, scandaloso segno vivente.

Se avessimo dovuto "star buoni" per "meritarci" la salvezza, Gesù sarebbe ancora "in cielo" invece di essere venuto "sulla terra" a morire in croce mentre noi eravamo ancora nel peccato. Ecco dunque il centro della parabola: Dio per amarci non aspetta che siamo buoni o che ci convertiamo, Egli ci ama comunque e in qualunque condizione ci troviamo, che piaccia o meno alle nostre concezioni di "giustizia". La conversione non è la condizione indispensabile perché Dio smetta di fare il broncio e torni a sorridere, caso mai la conversione è accettare con gioia e coscienza ogni momento il perdono che è un regalo libero, gratuito del Padre.

L'amore di Dio precede ogni nostro atto, anche buono. Ogni atto del padre è una sorpresa, è imprevedibile! Davanti alla richiesta del figlio minore, egli concede tutto e accetta, silenzioso, la libertà del ragazzo. Dio rispetta la libertà umana anche quando è usata male. Al ritorno del figlio egli rivela di averlo sempre aspettato e agisce in modo profondamente "saggio": non fa calcoli (chissà se avrà messo giudizio!), non mette condizioni (ti perdono, ma guai se ci riprovi!), non fa prediche (sei contento ora, spero che ti basti!), fa, invece, una cosa molto bella: fa festa e desidera che tutti partecipino. Il padre ama anche il figlio che "non se lo merita" e si comporta con molta pazienza, tanto da ascoltare le recriminazioni del figlio maggiore e cercare di farlo ragionare Dio fortunatamente non ragiona col dare e avere degli uomini e la sua contabilità ci lascia gioiosamente perplessi. Dopo questo tentativo di lettura possiamo allora sintetizzare:

Dio non solo perdona chi si pente e sceglie la conversione (che continuano ad essere ottime cose, non dimentichiamolo), ma ama anche chi è nel peccato (cioè chi trascura o rifiuta la sua figura paterna), Il padre perdona il figlio mentre è nel peccato e la sua grazia santificante è prima di qualunque atto positivo, buono, pio dell'uomo. Chi si allontana dal Padre ha più bisogno di aiuto, anche se sta sbagliando e Dio lo sa benissimo; per questo lascia al sicuro le 99 pecorelle nell'ovile per andare a cercare l'unica pecorella smarrita. Non si può ragionare a suon di calcoli nel rapporto Dio - uomo perché ciascuno ha una strada particolare ed Egli cerca di andare incontro ad ognuno sulla strada particolare, anche quando questa porta lontano dagli schemi usuali dei benpensanti sempre pronti a "giudicare" le "vie del Signore"!

Proprio perché "le vie del Signore sono infinite", infiniti sono i modi, i momenti, le opportunità, le situazioni attraverso le quali Dio cerca di arrivare al cuore dell'uomo e non ci deve nemmeno sfiorare l'idea di sindacare sul come e perché Egli decida di accogliere un "lontano" e far festa per lui. Nostro preciso dovere è accogliere con la stessa gioia i fratelli e far festa con loro. Se ci sentiamo "osservanti" (ma è meglio che facciamo un po' di esame di coscienza!) prima di tutto ringraziamo il Signore che ci ha ospitato per tutti questo tempo in casa sua . Pare che in "paradiso" (se ci andremo) avremo attorno molti delinquenti, prostitute, peccatori, ecc, che magari, all'ultimo momento... Dio solo sa!... ci stiamo preparando?

 

 

DOMENICA 3

3° Domenica del tempo di Quaresima – S. Cunegonda; S. Marino di Cesarea; S. Camilla

Parola di Dio: Es. 17,3-7; Sal. 94; Rom. 5,1-2.5-8; Gv. 4,5-42

 

1^ Lettura (Es 17, 3-7)

Dal libro dell'Esodo.

In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: "Perché ci hai fatti uscire dall'Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?". Allora Mosè invocò l'aiuto del Signore, dicendo: "Che farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!". Il Signore disse a Mosè: "Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani di Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te sulla roccia, sull'Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà". Mosè così fece sotto gli occhi degli anziani d'Israele. Si chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: "Il Signore è in mezzo a noi sì o no?". Parola di Dio

 

2^ Lettura (Rm 5, 1-2. 5-8)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Parola di Dio

 

Vangelo (Gv 4, 5-42)

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù giunse ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere". I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva".

Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?". Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna".

"Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua". Le disse: "Va’ a chiamare tuo marito e poi ritorna qui". Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse Gesù: "Hai detto bene "non ho marito"; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero". Gli replicò la donna: "Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare". Gesù le dice: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità". Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa". Le disse Gesù: "Sono io, che ti parlo". In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: "Che desideri?", o: "Perché parli con lei?". La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?". Uscirono allora dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbì, mangia". Ma egli rispose: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete". E i discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?". Gesù disse loro: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro". Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto". E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo". Parola del Signore

 

RIFLESSIONE

 

Se domenica scorsa avevamo intitolato il tema di riflessione: "la voce di Dio", possiamo, dopo aver ascoltato le lunghe e belle letture di questa domenica, scoprire che è il tema dell’acqua viva ad unificare l’insegnamento di questa domenica.

Tutto parte dalla sete.

Il popolo ebraico in viaggio nel deserto ha sete e il non poter rispondere con immediatezza ed abbondanza a questa esigenza fondamentale lo porta a lamentarsi di Dio: "Il Signore è in mezzo a noi sì o no?"

Chissà se noi abbiamo ancora sete? Non tanto la sete di acqua che, bene o male, almeno nel nostro mondo occidentale, riusciamo ancora a soddisfare, quanto quella sete di qualcosa di più grande, di più importante, la sete del senso della vita, la sete di Dio.

Qualche volta si ha l’impressione che l’uomo comune non abbia più queste seti e si accontenti di bottigliette di acqua, a volte anche un po’ putrida, preconfezionata dai tanti che per denaro e per potere si presentano come coloro che hanno le risposte a tutti i problemi dell’uomo: desideri qualcosa? Con il denaro puoi comprare tutto! Ti piacerebbe sapere che cosa ti aspetta nel futuro? Basta andare dal mago Tal dei Tali e, pagando, troverai ogni risposta. Ti sembra di aver ancora bisogno di un Dio per tranquillizzarti? Rivolgiti alla Fiera delle religioni, ce ne sono di tutti i gusti e puoi sceglierti il tuo Dio su misura.

E quante volte l’uomo e noi, per non far fatica, per saziare subito i nostri desideri ci accontentiamo di acqua marcia e velenosa piuttosto che cercare l’acqua viva!

Uno strano incontro, quello del pozzo di Sicar che ci ha proposto il Vangelo odierno: proviamo a ripercorrerlo in alcuni particolari.

Sembra a prima vista un incontro casuale quello di Gesù con la Samaritana. Ma sarà proprio così?

Gesù si è messo in viaggio dall’eternità e dal cielo per venirci incontro. Il suo amore non è casuale tant’è vero che il Vangelo ci dice che Gesù era in cammino ed era pure stanco di questo camminare.

Gesù mi cerca, ti cerca. E’ venuto apposta nel mondo perché ci ama uno ad uno e per ciascuno di noi c’è un pozzo di Sicar al quale ti aspetta.

Anche noi, forse, possiamo aspettare questo incontro e desiderarlo; qualcuno, come la donna Samaritana può persino saperne di teologia per immaginarsi di come sarà questo incontro: "Quando verrà il Messia ci svelerà ogni cosa", gli dice. Ma Gesù è sempre una sorpresa, te lo trovi là dove meno ti aspetteresti di incontrarlo, te lo trovi pieno di polvere e affaticato nel luogo della tua fatica quotidiana.

Ti aspetteresti che Lui subito ti fornisca tutte le risposte, che sazi ogni tua sete, che ti eviti di dover venire a prendere acqua ogni giorno, e invece Lui ti spiazza e chiede a te da bere.

Dio per darti qualcosa ha bisogno di te.

I suoi doni non te li fa piovere dall’alto ma vuole suscitare in te il desiderio. Ma noi, spesso, proprio come la Samaritana che sembra intuire a distanza la pericolosità di Gesù, cerchiamo di premunirci e di tirare fuori tutte le nostre difese.

La donna comincia con l’ironia: "Guarda un po’, un rispettabile Rabbi Giudeo, che si crede migliore di tutti gli altri, che da del protestante ai Samaritani e che poi si abbassa a chiedere un sorso d’acqua ad una donna (ma le donne non erano considerate dai Rabbi impure per eccellenza?) e ad una donna Samaritana?"

Provate a pensare se qualche volta non ci è successa la stessa cosa: "Tu Signore sai quanto sono peccatore e quanto sono incapace e chiedi proprio a me di diventare catechista? Rivolgiti ai preti, agli addetti ai lavori, a quei maggiorenti della parrocchia che sanno tutto e non aspettano altro che di potersi esibire tra gli applausi di tutti". Oppure: "Tu, o Signore sembri dirmi che hai bisogno di me per aiutare quei barboni, ma ci pensi la società, il comune, a quei disgraziati: che cosa centro io? Al massimo posso fare una offerta per la mensa del Cottolengo…"Gesù ha sete di te, di me, di noi. Gesù per poterci dare l’acqua viva, ha bisogno della nostra disponibilità a spegnere qualche sete.

Ma, le difese della donna continuano: dall’ironia passa alla teologia: "Tu che dici di avere risposte vive per ogni problema comincia a dirmi chi ha ragione: i Samaritani o i Giudei e quale è il Dio giusto: il nostro o il loro e il culto vero è quello di Gerusalemme o quello del monte Garizim?" E spesso è proprio ammantandoci di presunta cultura teologica che noi opponiamo resistenza al Signore. Lui ci parla di acqua viva e noi gli opponiamo diatribe teologiche.

Lui ci parla di amore profondo e vero e noi arzigogoliamo su norme e spacchiamo il capello in quattro per stabilire fino a che punto una cosa sia o non sia peccato.

Lui muore per noi sulla croce e noi ci chiediamo se sia più bravo Padre Pio o Papa Giovanni nel fare miracoli, dimenticandoci che i santi non fanno mai miracoli in proprio ma li ottengono sempre dalla misericordia di Dio.

Gesù vuole arrivare al nostro cuore e noi gli offriamo una apparenza di intelligenza orgogliosa impaludata nei luoghi comuni del barboso sapere di teologi ammuffiti.

Ma Gesù non demorde. Ci vuole troppo bene. E allora ci tocca nel vivo. Alla Samaritana si mette a raccontarle la sua vita, le scopre gli altarini, le fa sentire che la conosce bene, che conosce le sue seti di affetto nascoste e non risolte. Non la fa sentire un verme, non la giudica, le fa solo capire che dietro alle sue costruzioni di difesa ci sta lei donna, samaritana, con tutti i suoi problemi, ma anche con tutti i suoi desideri veri inappagati.

E soprattutto le fa sentire che Lui è disponibile a riempire il suo cuore.

Fratelli, non nascondiamoci dietro false sicurezze, non mascheriamoci per sembrare diversi da quello che siamo, Gesù ci conosce, ci ama così come siamo, ci cerca, ci aspetta, e non con il bastone in mano; Lui è là, o sulla spalletta di un pozzo, o in ufficio, o sul tram o in casa nostra, ma ci aspetta perché ci ama, ci aspetta per donarci se stesso.

Perché farlo aspettare ancora lungo?

E se poi ci pensiamo bene quell’acqua viva che zampilla per l’eternità è già in noi fin dal giorno del nostro battesimo: perché tenere il rubinetto ermeticamente chiuso?

 

 

LUNEDI’ 4

San Casimiro; San Lucio I°

Parola di Dio: 2Re. 5,1-15; Sal. 41e 42; Lc. 4,24-30

 

"NESSUN PROFETA E’ BENE ACCETTO IN PATRIA". (Lc. 4,24)

Spesso la saggezza popolare coglie nel segno. Il proverbio citato da Gesù infatti dice una realtà ben provata nel corso della storia passata e nel presente. Tutti coloro che in qualche modo emergono, che hanno un messaggio particolare, fuori dei luoghi comuni e che magari sono apprezzati e capiti da parte di persone anche lontane, trovano le maggiori difficoltà proprio in casa propria, nel proprio mondo.

I profeti avevano un messaggio che li superava, veniva da Dio, eppure basta scorrere la Bibbia per accorgerci che non hanno fatto mai una bella fine.

I Santi che magari oggi sono osannati, applauditi, invocati (pensate anche solo a Padre Pio) in vita furono bistrattatti, disprezzati, fatti tacere, relegati proprio da coloro che avrebbero maggiormente dovuto capire, apprezzare, desiderare il loro insegnamento.

A Gesù è successa la stessa cosa: apprezzato da pagani e peccatori e disprezzato e messo in croce dai religiosi, da coloro che tutti reputavano i buoni di allora, apprezzato a Cafarnao e disprezzato a Nazaret.

Gesù dicendoci queste cose e offrendoci l’esempio della sua vita, vuole metterci all’erta nei confronti di facili errori di comprensione del suo messaggio. Essere cristiani, seguire Gesù, lasciarci guidare dallo Spirito Santo, non significa scegliere la strada più facile della vita, non significa avere tutte le risposte a tutti gli interrogativi, non significa non avere più difficoltà, essere sempre capiti e apprezzati per lo meno da coloro che professano la stessa fede. Significa "prendere la propria croce e andare dietro a Gesù". E la croce di Gesù non è neanche bella, scolpita in legno prezioso, è ignominiosa e il più della volte ti viene messa sulle spalle proprio da coloro che sono i tuoi, i buoni, coloro per i quali tu stai spendendo la tua vita.

Tutto questo potrebbe però portarci al vedere solo il negativo. Se sei onesto, se la croce da portare è dura, se soffriamo nel vedere le incomprensioni, siamo però contenti perché nonostante i nostri limiti somigliamo un po’ di più a Gesù.

 

 

MARTEDI’ 5

Sant’Adriano di Cesarea; San Teofilo

Parola di Dio: Dn. 3,25.34-43; Sal. 24; Mt. 18,21-35

 

"NON DOVEVI FORSE ANCHE TU AVER PIETA’ DEL TUO COMPAGNO, COSI’ COME IO HO AVUTO PIETA’ DI TE?" (Mt. 18,33)

Forse non ci pensiamo mai abbastanza, se no, tutte le volte che diciamo il Padre nostro, prima di ripete a cantilena certe frasi, ci fermeremmo, forse modificheremmo certe affermazioni: "Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo a i nostri debitori" cioè: "Signore, mi raccomando, trattaci esattamente come noi trattiamo coloro che ci hanno offeso"!

"Quell’uomo mi ha ingannato, mi ha derubato e io "per giustizia" gliela sto facendo pagare"

"Io sono più buono: quel mio parente mi ha soffiato una parte di eredità. Avrei potuto andare avanti per tribunale, invece ho preferito cancellarlo: per me è come fosse già morto".

"Signore ho perdonato, una, due tre volte… e poi basta: non è giusto farsi prendere per il naso in continuazione!"

Dio si è comportato così con te? Sei proprio certo che al giudizio finale desiderai essere giudicato con lo stesso metro con cui hai giudicato il tuo prossimo?

Forse puoi dire con me e come me: "La strada del perdono è difficile", "Non ci riesco", "L’istinto mi porta ad essere vendicativo". Quante volte troviamo difficile il perdono. Vorremmo farlo, capiamo che la vendetta e il rancore sono già una punizione, un peso per noi, ma il male ricevuto (o presunto) ritorna a galla e ci impedisce di vedere il bene.

Gesù ci indica la strada per incamminarci verso il perdono: è solo se ti rendi conto che tu sei un "graziato", un perdonato che puoi capire quanto sia giusto e bello perdonare. Nella parabola di oggi c’è un debito enorme, non solvibile, che gratuitamente viene perdonato. Davanti a Dio noi abbiamo diritto al perdono? E’ solo un amore forte e gratuito come quello di Dio che può giungere fino a noi. E davanti a questo, chi sono io per ergermi a giudice del mio fratello?

Il dovere cristiano del perdono non è una legge fredda e impersonale ma una necessaria conseguenza del perdono ricevuto.

 

 

MERCOLEDI’ 6

San Colletta; Beata Agnese di Boemia

Parola di Dio: Dt. 4,1.5-9: Sal. 147; Mt. 5,17-19

"NON SONO VENUTO AD ABOLIRE, MA A DARE COMPIMENTO". (Mt. 5, 17)

Cito il brano di una lettera recentemente ricevuta perché mi sembra adatto a commentare questa affermazione di Gesù. "…I Vangeli e soprattutto la Chiesa mi sembra che certe volte dicano tutto e subito dopo il contrario di tutto quello che hanno detto prima, ad esempio Gesù dice di essere la novità assoluta di Dio, dice che non si può mettere vino nuovo in otri vecchi e poi dice di non essere venuto ad abolire neanche una virgola della legge. San Paolo nelle sue lettere dice che la legge è fonte del peccato e poi si attarda a dare delle norme facendo credere che vengano da Dio quando (come quella che le donne in chiesa stiano zitte e velate) sono frutto della sua mentalità (non troppo benevola) nei confronti delle donne…E la chiesa, parla di leggi di libertà, parla di valore della coscienza e poi ti rifila tutta una serie di norme e, come se non bastasse, te le codifica pure in codici di diritto canonico…"

Sarebbe lungo e complesso cercare di approfondire le questioni suscitate da queste poche righe. Cerco di rifarmi soprattutto a Gesù.

Gesù è l’uomo più libero che sia esistito ed ha insegnato a noi uomini il cammino della libertà vera. Eppure dice di non essere venuto ad abolire neanche il minimo precetto della legge antica. Sembra un controsenso ma questo è dovuto al falso concetto di libertà che spesso noi abbiamo. Mi è capitato spesso sentire definire la libertà come: "Fare ciò che voglio". Libertà per Gesù è invece realizzare il progetto di uomo secondo la volontà di Dio. Il piano di Dio è un piano amorevole nei nostri confronti. Egli desidera che noi, individualmente e come comunità di suoi figli, troviamo il senso della vita e incontriamo Lui, pienezza della nostra realizzazione. Per questo la Bibbia racconta la sua e la nostra storia della salvezza. La legge di Dio, allora, non è un peso, il vincolo di un padrone che per tener buoni i suoi schiavi, impone norme e pene, è la strada della vera libertà. Gesù, come uomo libero, accetta la legge di Dio e la osserva perché è in essa che realizza la volontà del Padre. Io sarò perfettamente libero e aiuterò i miei fratelli nella libertà se accetterò la legge di Dio non come imposizione ma come dono di Dio per giungere liberamente a Lui.

La legge del peccato ci rende schiavi del peccato, la legge di Dio ci rende capaci di Dio stesso.

 

 

GIOVEDI’ 7

Sante Perpetua e Felicita

Parola di Dio: Ger. 7,23-28; Sal. 94; Lc. 11,14-23

 

"CHI NON E’ CON ME E’ CONTRO DI ME; E CHI NON RACCOGLIE CON ME, DISPERDE". (Lc. 11,23)

Attenzione al come leggere certe frasi del Vangelo. Ad esempio la frase di oggi se letta in modo becero, può portare addirittura all’integralismo cristiano e noi sappiamo benissimo che non c’è nulla di tanto opposto al Vangelo come l’integralismo incapace di vedere Dio e il prossimo al di là delle norme religiose. Qui Gesù vuol dirci che essere cristiani non è uno scherzetto ma un impegno totale e definitivo.

Noi siamo maestri del compromesso. Ci diciamo cristiani e viviamo secondo la mentalità dei mondo. Gesù non ci sta a questi compromessi. Lui non è per le mezze misure. Lui ha detto di sì al Padre e a noi e per quel "sì" andrà fino in fondo, fino alla donazione totale della croce.

Rifiutare la luce, significa combatterla, non accettare Cristo totalmente significa agire per il nemico di Cristo. E lo vediamo chiaramente nella nostra storia attuale. Spesso sentiamo dire quella frase assurda: "Sono un cristiano non praticante" e a forza di "non praticare" la preghiera, i sacramenti, il Vangelo, la carità, non solo non sei più cristiano ma agisci come uno che il cristianesimo lo denigra e lo estirpa e vai a metterti nelle mani dei nemici del Cristo.

 

 

VENERDI’ 8

San Giovanni di Dio

Parola di Dio: Os. 14,2-10; Sal. 80; Mc. 12,28-34

 

"AMERAI IL SIGNORE DIO TUO CON TUTTO IL TUO CUORE, CON TUTTA LA TUA MENTE, E CON TUTTA LA TUA FORZA". (Mc. 12,29)

Davanti a Gesù che ci chiede di amare Dio con tutto il cuore può, in certi momenti, prenderci l’angoscia: " Io voglio bene a Dio, ma il mio cuore non sempre è tutto per Lui, la mia mente spesso divaga, le mie forze sono impegnate in vari campi".

Gesù non ci chiede l’impossibile ma chiede la totalità. Ognuno di noi ha dei doni, delle capacità, è su queste che va giocata la nostra vita. Non c’è un misuratore per dirci che l’amore è così e così e tutti dobbiamo arrivare a 100. Ricordate nella parabola del seminatore dove viene detto che il buon seme portò ora il 30, ora il 60, ora il 100 per uno? Gesù non chiede 100 a chi può portare 30, chiede però 30!

Non scoraggiarti perciò dei tuoi limiti, delle tue debolezze; non perderti d’animo se il tuo modo di amare Dio e i fratelli non corrisponde a quanto indicano certi libri di spiritualità. Sentiti però impegnato per quello che sei, gioca bene le carte che hai, fa fruttificare i tuoi doni, rischiali per l’amore e le capacità che ti ritrovi e fidati dello Spirito Santo e della misericordia di Dio che certamente coprono i buchi della tua povertà.

E, a proposito di amore di Dio e dei fratelli, questa piccola parabola può forse suggerirci qualcosa:

Abul, il marocchino, viveva sotto un ponte di una grande arteria del Nord. Una notte fece un sogno di pace e vide in una gran luce un angelo che scriveva su un libro d’oro.

Abul disse all’angelo: "Cosa scrivi?".

L’ angelo levando il capo rispose:"Scrivo i nomi di coloro che amano il Signore".

"E il mio nome è tra questi" chiese Abul.

"No, il tuo nome non c’è", rispose l’angelo.

Abul abbassò gli occhi e tacque; poi, timoroso, disse all’angelo: "Ti prego, allora scrivimi come uno che ama i suoi simili".

L’angelo scrisse e il sogno finì.

La notte seguente l’angelo riapparve in una gran luce e gli mostrò i nomi di quelli amati dal Signore. Ed ecco! Il nome di Abul era il primo fra tutti.

 

 

SABATO 9

S. Francesca Rom.; S. Gregorio di N.; S. Caterina da B.

Parola di Dio: Os. 6,1-6; Sal. 50; Lc. 18,9-14

 

"DUE UOMINI SALIRONO AL TEMPIO A PREGARE: UNO ERA FARISEO E L’ALTRO PUBBLICANO". (Lc. 18,10)

Tanto per essere fedeli al titolo dei nostri foglietti, vi offro alcune schegge sulla parabola del fariseo e del pubblicano, sperando che con la vostra meditazione diventino scintille di amore per Gesù.

- Già al tempo di Gesù esistevano personaggi che presumevano di essere giusti e con questo si arrogavano il diritto di giudicare e disprezzare gli altri: non vi sembra una istantanea di certi personaggi che circolano nelle nostre parrocchie?

- "Due uomini salirono al tempio a pregare". C’è ancora qualcuno che sente il bisogno di pregare? E c’è ancora qualcuno che non risolve la preghiera come un fatto puramente personale, ma sente il bisogno di andare al Tempio per pregare?

- Il fariseo è uno che sa come pregare: la sua preghiera inizia bene, con un ringraziamento a Dio. Oltre che a chiedere siamo capaci, qualche volta, di dire grazie al Signore?

- Ma per che cosa ringrazia il Fariseo? Una preghiera iniziata con il profumo del ringraziamento si manifesta con la puzza del giudizio e dell’autoincensazione. Anche noi siamo di quelli che si lamentano sempre che "Il mondo non va bene, sono tutti ladri… se fossero tutti come me!" ?

- Oltretutto il Fariseo, mentre prega (ma il suo è pregare o parlare con se stesso?) è pure distratto: ha tempo di vedere e di catalogare il pubblicano che è in chiesa con lui. La domenica in Chiesa ci vado per il Signore o per vedere chi c’è, per vedere come si è vestita quella persona, per tagliare i colletti a quell’altra…?

- Quali sono i motivi per cui posso pensare che Dio abbia dei debiti con me?

- Battersi il petto, chiedere perdono non è un gesto da vili?

- Che cosa ci sta dietro alla preghiera? Chiacchiere o sincero incontro con Dio?

 

 

DOMENICA 10

4° Domenica del tempo di Quaresima - S. Macario; S. Vittore; Santa M. Eugenia Milleret

Parola di Dio: 1Sam. 16,1.4.6.7.-10.13; Sal. 22; Ef. 5,8-14; Gv. 9,1-41

 

1^ Lettura (1 Sam 16, 1.4. 6-7. 10-13)

Dal primo libro di Samuele.

In quei giorni, il Signore disse a Samuele: "Riempi di olio il tuo corno e parti. Ti ordino di andare da Iesse il Betlemmita, perché tra i suoi figli mi sono scelto un re". Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato. Quando furono entrati, egli osservò Eliab e chiese: "E’ forse davanti al Signore il suo consacrato?". Il Signore rispose a Samuele: "Non guardare al suo aspetto né all'imponenza della sua statura. Io l'ho scartato, perché io non guardo ciò che guarda l'uomo. L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore". Samuele chiese a Iesse: "Sono qui tutti i giovani?". Rispose Iesse: "Rimane ancora il più piccolo che ora sta a pascolare il gregge". Samuele ordinò a Iesse: "Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui". Quegli mandò a chiamarlo e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e gentile di aspetto. Disse il Signore: "Alzati e ungilo: è lui!". Samuele prese il corno dell'olio e lo consacrò con l'unzione in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore si posò su Davide da quel giorno in poi. Parola di Dio

 

2^ Lettura (Ef 5, 8-14)

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini.

Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate ciò che è gradito al Signore, e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente, poiché di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare. Tutte queste cose che vengono apertamente condannate sono rivelate dalla luce, perché tutto quello che si manifesta è luce. Per questo sta scritto: "Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà". Parola di Dio

 

Vangelo (Gv 9, 1-41)

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?". Rispose Gesù: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo". Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: "Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)". Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: "Non è egli quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?". Alcuni dicevano: "E’ lui"; altri dicevano: "No, ma gli assomiglia". Ed egli diceva: "Sono io!". Allora gli chiesero: "Come dunque ti furono aperti gli occhi?". Egli rispose: "Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Và a Sìloe e lavati! Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista". Gli dissero: "Dov'è questo tale?". Rispose: "Non lo so". Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo". Allora alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato". Altri dicevano: "Come può un peccatore compiere tali prodigi?". E c'era dissenso tra di loro. Allora dissero di nuovo al cieco: "Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: "E’ un profeta!". Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: "E’ questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?". I genitori risposero: "Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco; come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di se stesso". Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano gia stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età, chiedetelo a lui!". Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Da’  gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore". Quegli rispose: "Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo". Allora gli dissero di nuovo: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?". Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?". Allora lo insultarono e gli dissero: "Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia". Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla". Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?". E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: "Tu credi nel Figlio dell'uomo?". Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?". Gli disse Gesù: "Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui". Ed egli disse: "Io credo, Signore!". E gli si prostrò innanzi. Gesù allora disse: "Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi". Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: "Siamo forse ciechi anche noi?". Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane". Parola del Signore

 

RIFLESSIONE

 

Un altro grande simbolismo battesimale ci viene riproposto in questa domenica. La settimana scorsa era l’acqua della samaritana a ricordarci la purificazione avvenuta nel nostro battesimo e la sete di Dio colmata da Gesù, oggi è il tema della luce che illumina la vita del credente che si è lasciato guarire dalle tenebre della cecità e che, rivestito di Cristo, a sua volta è chiamato a riflettere questa luce nel mondo. Le letture sono state molto lunghe e soprattutto tutte ricche di spunti, mi permetto di ripercorrere con voi solo alcuni passi fondamentali del miracolo della guarigione del cieco nato perché ciascuno di noi possa per conto suo in questa settimana ripercorrere la pagina e trovarvi la luce che Gesù vuole donare a chi lo cerca con cuore sincero. Ha peccato Lui o i suoi genitori per nascere cieco? Né lui, né i suoi genitori!" La prima cosa che stupisce è che questo è uno dei pochi miracoli che Gesù compie senza esserne stato richiesto. Sembra quasi che Egli lo compia quasi per reazione nei confronti dei suoi stessi discepoli che vogliono incasellare tutto e tutti in una visione rassicurante del mondo. No, non sta espiando alcuna colpa il povero cieco, tutt’altro, ha il grande merito di diventare segno vivente della potenza dell’amore di Dio.

Gesù non risolve a colpi di miracoli tutti i mali di questo mondo, ma Gesù passa ed è vicino ad ogni sofferente. Gesù non accetta discussioni teologiche teoriche sulla pelle dei sofferenti. C’è da rabbrividire quando anche oggi qualcuno spiega la sofferenza come punizione di un male specifico o quando addirittura si fa passare il male come "volontà di Dio". Come può Dio, che ama tutti infinitamente, che ha dato la sua vita per noi, colpirci con le malattie, con le sciagure, con la morte? Dio è il nemico del male; da quando il male è entrato nel mondo si è scatenata una grande lotta tra Dio e il male, e Gesù, il Figlio di Dio, ha già vinto il male con la sua risurrezione dai morti.

Gesù sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi.

Gesti strani quelli di Gesù. Egli si serve di piccole e povere cose che si vedono e che si toccano per parlarci di cose che non si vedono e non si toccano. In fondo questo prefigura ciò che succede nei Sacramenti dove attraverso segni materiali vengono dati altrettanto reali doni spirituali. Anche qui, la saliva è un qualcosa di Gesù. Il fango ci ricorda quando Dio modellò il primo uomo. Il toccare gli occhi ciechi e ridare la vista significa ricreare l’uomo

Vai a lavarti. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

Se, come dicevamo, Gesù non ha chiesto al cieco se voleva essere guarito, il miracolo però non si compie senza la partecipazione del cieco. Il cieco ha dovuto andare, muoversi, obbedire, aver fiducia nel compiere questo gesto. Spesso i miracoli non avvengono non perché Dio non sarebbe disposto a farli, ma perché noi uomini non abbiamo fede sufficiente da credere che possano avvenire.

Ma i Giudei non vollero credere.

Fin che il cieco era seduto a chiedere l’elemosina era ancora accettato, magari commiserato, ma ora che è guarito comincia a diventare ingombrante, a dare fastidio. Dispute tra vicini, chiacchiere, interpretazioni varie, indagini, processi. Invece di gioire perché un cieco nato ora ci vede nuovamente, ecco tutta questa ridda incredibile di contestazioni.

Gesù è il grande nemico del male. Quando Gesù vince il male, il male si scatena e da quel momento anche il cieco è un nemico, si vanno a cercare i suoi genitori per comprovare un eventuale trucco, lo si accusa di essere peccatore.

Chi accoglie il dono di Gesù sa che incontrerà il male, l’opposizione. Più si cerca di stare vicino a Gesù e più la potenza del male ce la metterà tutta per allontanarci da Lui. Non bisogna lasciarci vincere dalla paura: con Gesù si può lottare sicuri che la vittoria finale sarà sua e nostra.

Una cosa sola so: prima ero cieco e ora ci vedo. Questa è la risposta incalzante che il cieco dà a tutti coloro che gli si oppongono. Loro, i potenti, i teologi ufficiali, abbiano pure tutto il sapere, il potere, il linguaggio, mentre il cieco non ha mai potuto leggere libri, o istruirsi a fondo tutto intento a cercare di tirare avanti in un mondo buio e difficile, ma ha dalla sua l’esperienza: ha incontrato uno che lo ha guarito. Gli altri facciano pure ipotesi e teorie varie, lui rimane solidamente attaccato a quel fatto. Possono dire quello che vogliono, possono essere scandalizzati che il miracolo sia stato compiuto di sabato, a Lui non importa, l’importante e che ora ci vede.

Anche per noi: la fede non sta nei libri (qualche volta possono aiutare), non sta neanche nelle chiese (che se non annunciano Gesù confondono soltanto), non sta neppure nelle norme morali (che possono indirizzare ma che possono anche far diventare ipocriti e legalisti) la fede sta nei fatti. Con i fatti dimostri di avere fede e permetti a Dio di operare in te, e con i fatti concreti dimostri agli altri "l’opera di Dio".

La vera testimonianza cristiana non è quella delle parole anche se queste possono aiutare, è far vedere con la propria vita che Dio opera concretamente in noi e anche per mezzo nostro. Tu credi?… Io credo, Signore!

Quando il cieco guarito, rinnegato e maltrattato dai suoi correligionari si trova triste davanti a Gesù, finalmente lo vede e arriva allora con i suoi occhi a riconoscerlo come Messia. E’ stato un cammino, anche quello della fede in Gesù. Era partito da un "non so", poi era arrivato a dire: "è un profeta", "E’ da Dio", ma ora arriva alla fede totale. Adesso il miracolo è completo: non sono solo più i due occhi a vedere, ma il cuore e la persona intera che aderiscono a Gesù. E questo fatto mette in evidenza un ultima cosa: se c’è un cieco guarito in compenso ci sono molti ‘vedenti’ che non ci vedono e questa volta proprio per colpa loro, perché non vogliono vedere, non vogliono muoversi dalle loro posizioni, non vogliono aprire i loro occhi alla luce, si contentano dei loro piccolo sapere e mettono davanti agli occhi spesse lenti scure per proteggersi da Colui che è venuto ad illuminare ogni uomo. Il racconto dunque ci lascia questo ultimo interrogativo: Tu che dici di vederci, ci vedi davvero perché ti sei lasciato guarire da Gesù o dici di vederci, ma in te non sono che tenebre?

 

 

LUNEDI’ 11

San Costantino; Santa Rosina

Parola di Dio: Is. 65,17-21; Sal.29; Gv. 4,43-54

 

"QUELL’UOMO CREDETTE ALLA PAROLA CHE GESU’ GLI AVEVA DETTO E SI MISE IN CAMMINO". (Gv. 4,50)

Credere e mettersi in cammino, ecco i due elementi della fede.

Questo padre disperato che vede suo figlio morire si era già messo in cammino una volta per andare a cercare Gesù. E’ il viaggio della disperazione e della speranza: la disperazione umana nel vedere il figlio morire e la speranza che quel Gesù possa ridargli vita. Quanti di noi hanno intrapreso questi viaggi della speranza: un malato terminale; ci hanno detto di quel dottore che ha ottenuto qualche risultato, nasce la speranza, ci si gioca tutto pur di ottenere un risultato di cui non si è neppure sicuri.

Ma per il padre del Vangelo c’è ancora un altro cammino da fare: ha incontrato Gesù, gli ha strappato una promessa, ma non ha ancora visto niente, deve tornare a casa credendo e sperando.

Anche il nostro cammino quotidiano è un viaggio verso Gesù, ma è anche un viaggio da Gesù verso la vita. Anche noi non "vediamo" chiaramente, non "sappiamo" per filo e per segno. Si tratta di fidarsi. Se credi che Gesù è il Figlio di Dio, che le sue parole sono verità, cammina sicuro, Lui non ti deluderà. Ma bisogna coniugare sempre insieme il credere con il mettersi in cammino. Non basta credere se non concretizzi la fede in fatti, in azioni. La fede parolaia, davanti alle difficoltà svanisce, evapora come acqua al sole. E non basta neppure l’azione, il fare da soli, potrebbe essere un camminare senza meta. Per aver fede occorre dare fiducia a Gesù e anche senza aver visto "fare quello che egli ci dirà", come aveva consigliato la Madonna in quell’altro miracolo compiuto proprio a Cana di Galilea.

 

 

MARTEDI’ 12

Santa Fina; San Massimiliano; Beato Luigi Orione

Parola di Dio: Ez. 47, 1-9.12; Sal. 45; Gv. 5,1-3.5-16

 

"GESU’, VEDENDOLO, GLI DISSE: VUOI GUARIRE?". (Gv. 5,6)

Sembra una domanda assurda. Gesù chiede a uno che è ammalato da trentotto anni se vuole guarire. Noi diremmo "Certo che vuole guarire!". Ma non sempre è così. Provate a chiedere a qualche amico medico se non ci sono malati o presunti tali che non solo non vogliono guarire, ma anzi qualche volta amplificano e aumentano le loro malattie, pur di restare al centro dell’attenzione! Ci sono perfino malattie reali procurate per forme di isterie religiose: gente che vuole e che riesce a soffrire per "pagare per i peccati", per "somigliare maggiormente a Cristo"… Ma, lasciamo da parte i malati fisici. Mi sembra che Gesù oggi mi chieda e ci chieda: "E tu, vuoi guarire? Vuoi davvero uscire fuori da quella situazione di peccato per cui continuamente preghi, ma nella quale in fondo in fondo ti ci trovi bene e dalla quale, per uscirne dovresti pagare un prezzo che consideri troppo grosso? Mi dici che mi ami con tutto il cuore e che vorresti amarmi sempre più, ma se io ti aiuto in questa strada chiedendoti di amare concretamente quel fratello che ti crea tante difficoltà, sei disposto a farlo? Mi chiedi di perdonarti perché sei gretto, avaro, io sono disposto a farlo ma tu sei disposto a cominciare a donare qualcosa gratuitamente?…" Nei miracoli di Gesù, sia materiali che spirituali occorre per lo meno sempre una cosa: che tu desideri realmente ciò che Gesù può darti.

 

 

MERCOLEDI’ 13

Santa Patrizia; San Rodrigo; Sant’ Ansovino

Parola di Dio: Is. 49,8-15; Sal 144; Gv. 5,17-30

 

"IN VERITA’ VI DICO: CHI ASCOLTA LA MIA PAROLA E CREDE A COLUI CHE MI HA MANDATO, HA LA VITA ETERNA E NON VA INCONTRO AL GIUDIZIO, MA E’ PASSATO DALLA MORTE ALLA VITA. (Gv. 5, 24)

In uno dei tanti romanzi a sfondo psicologico religioso che sono apparsi specialmente negli ultimi tempi, leggevo della perigliosa ricerca da parte della solita avvenente archeologa, di papiri in cui si sarebbe trovato il segreto della vita eterna che Gesù avrebbe svelato a qualcuno durante la sua vita pubblica. In fondo anche la trama del romanzetto non è altro che l’espressione di quel desiderio di fondo che troviamo in ciascuno di noi: come superare la morte? Nel nostro modo di pensare siamo abituati a fare distinzioni. Ad esempio, noi distinguiamo vita terrena da vita eterna: se questo può essere comprensibile in quanto noi usiamo la categoria tempo, davanti a Dio è assurdo in quanto ieri, oggi, domani, sono per Lui eternità. Quindi, ogni nostro gesto non solo ha sapore di eternità, ma è già eternità. Ogni mio atto di bene e di male è per sempre. La creazione è ieri come oggi. La redenzione operata da Gesù è di circa 2.000 anni fa ma è oggi, unica ed eterna. Quindi Gesù nella frase di oggi ci dice che se noi crediamo in Lui e in Colui che lo ha mandato (il Padre) siamo già passati da morte a vita: la morte, il giudizio, l’eternità non fanno paura al credente anche se in noi rimane il timore di non portare a compimento questo cammino di fede. E’ per questo che Gesù ci invita alla vigilanza, alla coerenza, alla perseveranza, ed è anche per questo che S. Paolo, con una frase che a prima vista può sembrare banale, ma che è estremamente profonda, ci ricorda che "chi sta in piedi, badi a non cadere".

 

 

GIOVEDI’ 14

Santa Matilde; San Leone

Parola di Dio: Es. 32,7-14; Sal. 105; Gv. 5,31-47

 

"GIOVANNI ERA UNA LAMPADA CHE ARDE E RISPLENDE E VOI AVETE VOLUTO SOLO PER UN MOMENTO RALLEGRARVI DELLA SUA LUCE". (Gv. 5,35)

Gesù parla di Giovanni il Battista e rimprovera i suoi uditori perché non hanno saputo accogliere il dono della sua presenza.

Man mano che gli anni della mia vita si snodano mi ritrovo spesso a pensare alle tante persone "lampade" che il buon Dio ha messo sul mio cammino. Non facciamo i poeti: è vero che abbiamo incontrato tanto male e molta malvagità, ma quante persone a volte piccole e umili che ci hanno insegnato a sorridere, a sopportare, a riflettere, che ci sono state esempio di perdono, di preghiera, di sofferenza vissuta con amore!

Grazie, Signore, per quanti mi hanno dato; in questo momento, sia qui sulla terra che nel Paradiso ringraziali tu per me; e perdonami, Signore, se i miei occhi troppe volte non hanno saputo vedere; perdonami per quando ho visto solo il male e non ho voluto rallegrarmi del bene che tu hai seminato in mille persone passate al mio fianco. Donami occhi e cuore per vedere e rallegrarmi del bene che tu semini ogni giorno nel cuore di tante persone e aiutami a scoprire che anche in me è seminato il tuo bene e che, se voglio, posso essere buon terreno per farlo crescere.

 

 

VENERDI’ 15

Santa Luisa de Marillac; San Clemente M. Hofbauer

Parola di Dio: Sap. 2, 1.12-22; Sal. 33; Gv. 7,1-2.10.25-30

 

"ALLORA CERCARONO DI ARRESTARLO". (Gv. 7,30)

Il potere, quando viene disturbato ha un modo semplice di risolvere: eliminare il disturbatore.

Il potere dei religiosi del tempo di Gesù, mascherato di perbenismo, di religiosità dedita a conservare le giuste e buone tradizioni, si sentiva minato da questo rabbì non troppo ortodosso, che facilmente smascherava le ipocrisie religiose, libero nel parlare e, allora, in un primo tempo, cerca scuse per poterlo accusare: fa miracoli in giorno di sabato, si rende impuro andando a casa dei peccatori, fa una vita troppo indipendente e forse non paga le tasse, ha tra i suoi discepoli persone non troppo fidate come gli zeloti, parla con autorità che non viene da nessuno sulla terra, dice di essere Figlio di Dio e quindi è un bestemmiatore…

Come comportarsi con una persona del genere? O rientra nei ranghi o ci sono tanti modi per farla fuori: la si zittisce, gli si tagliano i viveri, o, come nel caso di Gesù, la si fa fuori con la copertura della legge e con la forza. E’ molto facile, un po‘ in tutti i campi dalla politica, all’industria fino purtroppo anche alle comunità che pur si dicono cristiane, riscontrare che questo modo di agire è tuttora in voga. Ma prima di puntare il dito sugli altri, fermiamoci a noi stessi. Qual è il nostro comportamento nei confronti di chi è diverso, di chi non si comporta secondo i canoni prestabiliti, di chi magari ci rimprovera certi errori e certe ipocrisie, di chi da fastidio alla nostra mediocrità? Siamo persone capaci di confrontarsi o preferiamo far finta di non vedere, di non sentire? O preferiamo eliminare, cancellare, escludere chi non la pensa come noi, o addirittura, sotto sotto, cerchiamo appoggi per far fuori, per allontanare, eliminare chi ci da fastidio? Se usiamo questi metodi, possiamo ancora dirci cristiani?

 

 

SABATO 16

Sant’Agapito; Sant’Eriberto; San Taziano

Parola di Dio: Ger. 11,18-20; Sal. 7; Gv. 7,40-53

 

"NON DICE FORSE LA SCRITTURA CHE IL CRISTO…. E NACQUE DISSENSO TRA LA GENTE RIGUARDO A GESU’ (Gv. 7,41.43)

Anche la scienza biblica non sembra essere sempre sufficiente per conoscere Cristo. Gli scribi e i farisei erano la più alta autorità dottrinale in fatto di Sacra Scrittura, eppure per loro Gesù non adempie le caratteristiche tipiche del Messia.

Questa situazione sembra dunque dirci che se vogliamo conoscere il Signore è importante la scienza, la conoscenza, la Scrittura ma occorre soprattutto il cuore e l’umiltà, bisogna rinunciare alle proprie vedute, bisogna lasciarsi condurre.

Per arrivare a Cristo bisogna passare attraverso Cristo, ce lo ha detto Lui stesso: "lo sono la Via, la Verità, la Vita". La Sacra Scrittura può essere una strada privilegiata, ma solo se accolta come parola viva di Cristo vivo. Se noi la consideriamo solo come parola da investigare, da manipolare a nostro uso e consumo, invece di rivelare, essa nasconde a noi ciò che vuol dire. Non l’avete mai notato quante differenze di interpretazione della Sacra scrittura ci sono? E quante divisioni sono avvenute tra credenti proprio a causa di discussioni teologiche!

Nella sua vita Gesù crea attorno alla sua persona entusiasmi e aspri contrasti, canti di "osanna" e urla di "a morte". E oggi, Gesù non è forse amato, rispettato, cercato da milioni di persone e odiato, osteggiato, vilipeso da tanti altri?

Gesù è davvero la discriminante della storia. Se lo si accetta può essere gioia, motivo di vita, di speranza, conforto; se lo si nega può essere considerato il più grande millantatore della storia, odiato nella sua persona e nella persona dei suoi rappresentanti.

Gesù dice: "O con me o contro di me"; o lo si ama e lo si segue o lo si odia e in mille modi si cerca di estirparlo. Non ci sono vie di mezzo, anche l’indifferenza è già un modo per contrastarlo. Avvicinandoci sempre più alla Pasqua, dove vedremo questo contrasto ancora più esasperato attorno alla sua croce, chiediamoci da che parte stiamo noi. Gesù è davvero parte della mia vita, delle mie scelte? Lo ritengo solo una grande figura morale del passato che mi lascia indifferente? Lo contrasto con il mio modo di vivere? La sincerità della risposta a queste domande ci dirà da che parte siamo.

 

 

DOMENICA 17

5^ Domenica del tempo di Quaresima - San Patrizio; Santa Gertrude di Nivelles

Parola di Dio: Ez. 37,12-14; Sal. 129; Rom. 8,8-11; Gv. 11,1-45

 

1^ Lettura (Ez 37, 12-14)

Dal libro del profeta Ezechiele.

Così dice il Signore Dio: "Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d'Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò". Parola di Dio

 

2^ Lettura (Rm 8, 8-11)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Parola di Dio

 

Vangelo (Gv 11, 1-45)

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, era malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, il tuo amico è malato". All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato". Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. Poi, disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!". I discepoli gli dissero: "Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?". Gesù rispose: "Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce". Così parlò e poi soggiunse loro: "Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo". Gli dissero allora i discepoli: "Signore, se s'è addormentato, guarirà". Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: "Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!". Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: "Andiamo anche noi a morire con lui!". Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era gia da quattro giorni nel sepolcro. Betania distava da Gerusalemme meno di due miglia e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà". Gesù le disse: "Tuo fratello risusciterà". Gli rispose Marta: "So che risusciterà nell'ultimo giorno".

Gesù le disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?". Gli rispose: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo". Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: "Il Maestro è qui e ti chiama". Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: "Va al sepolcro per piangere là". Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!". Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: "Dove l'avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!". Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: "Vedi come lo amava!". Ma alcuni di loro dissero: "Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?". Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesù: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto: "Signore, gia manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni". Le disse Gesù: "Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?". Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato". E, detto questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!". Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: "Scioglietelo e lasciatelo andare". Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui. Parola del Signore

 

RIFLESSIONE

 

Ci avviamo ormai verso la fine del tempo della Quaresima e la liturgia ci avvicina sempre più al senso cristiano della Pasqua. La Pasqua, con la risurrezione di Cristo, è il grande dono di Dio che ci ridà la vita, ci apre il cuore della sua misericordia e ci fa passare definitivamente da tutto ciò che è finito, temporale, parziale, alla sua vita definitiva e totale. Le letture di oggi vogliono dunque quasi anticipare quello che celebreremo nella passione, morte e risurrezione di Cristo. Là ci viene detto che, nell’amore, Gesù affronta la sua morte per giungere alla risurrezione, qui ci viene detto come si colloca Gesù davanti alla morte dell’amico.

Come affrontiamo noi la morte? Per molti è un tema da nascondere il più possibile. Sappiamo che dobbiamo morire, siamo continuamente a contatto con la morte degli altri, ma proprio per la paura di dover affrontare questa realtà si preferisce nasconderla, mascherarla. Altre persone, davanti alla morte invece, vivono il terrore di essa, del buio, della paura, del nulla e qualcuno, per paura, arriva addirittura ad anticiparla con il suicidio. Altri ancora hanno cercato religioni e filosofie per cercare di inventarne un antidoto, ed ecco allora vite ultraterrene di ombre o reincarnazioni continue. Gli stessi cristiani non hanno idee chiare di fronte alla morte propria e altrui. Nel ‘Credo’, diciamo: "Credo la risurrezione dei morti", ma ci crediamo realmente? Le gamme dei modi di manifestare questa fede dei cristiani vanno da chi dice: "Brutta vita, bel paradiso", a chi dice che paradiso e inferno sono già qui sulla terra, da chi davanti alla morte di un uomo consola chi rimane dicendo: "Ci rivedremo in Paradiso" a chi tace perché pensa di non avere risposte.

Come si comporta Gesù davanti alla morte?

E’ morto un suo amico, Lazzaro di Betania. E proprio qui, direi, sta il primo punto. Per Gesù non muore un uomo qualsiasi, per Gesù non sono morti 280 persone in quell’aereo che è caduto, non sono morti centomila uomini in quel terremoto. Per Gesù è sempre morto l’amico. Gesù ama tutti, ma ama ciascuno in particolare. Gesù è venuto per salvare tutti gli uomini, ma è venuto per salvare me in particolare.

Il Vangelo ci ricorda che Gesù amava particolarmente quella casa di Betania dove poteva fermarsi lui e i suoi discepoli, dove poteva contare sull’accoglienza premurosa di Marta, sull’amore attento di Maria e sulla amicizia profonda di Lazzaro. E questi amici sanno di poter contare sulla sua amicizia tant’è vero che Marta, dopo la morte del fratello si sente autorizzata di mandare a chiamare Gesù e che, quando lo vede, gli può dire con fede, ma anche quasi con rimprovero: "Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!"

Per Gesù sta morendo un amico, eppure invece di correre al capezzale di un morente, Egli si ferma ancora due giorni, gioca sull’ambiguità dei termini "sonno" e "morte" e arriva addirittura a dire ai suoi discepoli: "Sono contento di non essere stato là"

Che cosa vuol dirci Gesù con questo? Gesù non vuol crearci false speranze. Gesù non è una macchina per miracoli a gettoni. Gesù vuol farci capire che aldilà delle sofferenze e della morte c’è una vita ben più grande e importante. La seconda lettura ce lo ha indicato dicendo: i vostri corpi sono mortali, ma se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, Egli darà la vita anche a voi.

E’ vero, umanamente il mistero rimane. "Signore perché non intervieni davanti alla morte di quell’uomo, ancora giovane che lascia una moglie e tre figli? Perché sembri dormire davanti all’olocausto continuo di migliaia di bambini che muoiono di fame e di malattie? Se siamo davvero tuoi amici perché ci lasci soffrire e morire? Immediatamente non sappiamo rispondere a questi interrogativi e, allora, guardiamo ancora a Gesù.

A Gesù importa che anche un evento negativo come la morte dell’amico Lazzaro, permetta un cammino di fede per i suoi discepoli, per Marta, per Maria, per i Giudei e per noi.

Tommaso arriva a dire ai suoi amici: "Andiamo a morire con lui" e dice una cosa più grande di se stesso. Morire con lui: con Lazzaro, ma, ancor più profondamente con Cristo perché il passaggio attraverso la morte è la condizione per risorgere.

Con Marta il modo di comportarsi di Gesù sarà quello quasi di prenderla per mano e accompagnarla attraverso una catechesi precisa fino a portarla alla professione di fede più completa ed alta: "Si, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, Figlio di Dio che deve venire nel mondo".A Maria Gesù non dice nulla, ma ben più importante per lei sarà la catechesi delle lacrime di Gesù che si commuove e piange.

Ed è proprio in queste lacrime l’altro grande atteggiamento di fronte alla morte di Gesù. Dio piange davanti alla morte dell’amico. Sono le lacrime dell’amore: "Vedi come l’amava". Neppure Cristo è d’accordo con il male, con la morte. Oggi piange per la morte di Lazzaro, presto suderà sangue al pensiero della propria morte dolorosa, e sulla croce griderà. Non è facile accettare certe separazioni. Le lacrime di Gesù si uniscono alle lacrime di tutti coloro che piangono i loro cari e queste lacrime sembrano assicurarci, come dice il libro dell’apocalisse che sarà proprio Dio, un giorno ad asciugare le nostre lacrime quando non ci sarà più né pianto né lutto e la morte sarà vinta definitivamente. Perché noi, dopo la morte, aspettiamo la vita definitiva. Marta, davanti alla richiesta di Gesù di aprire il sepolcro si affretta a dire: "Già puzza, è di quattro giorni". E’ vero, l’uomo, quella meravigliosa creatura voluta da Dio a sua immagine e somiglianza è stata deturpata dal male, dal peccato e dalle sue conseguenze. L’uomo puzza di morte, di cattiveria, di egoismo, ma Cristo è venuto per farlo rinascere, per ridargli la vita che dura per sempre. E mi piace, dopo quella preghiera spontanea di Gesù, sentire che Lui grida per richiamare alla vita. Colui che aveva sgridato il vento durante la tempesta sedata, colui che aveva gridato ai demoni per cacciarli dagli ossessi, qui grida alla morte per dirle che non è la parola definitiva della vita, per ricordarle che essa ormai ha perso il ghigno della beffa contro la vita per acquistare invece il senso della vita piena. Fratelli, non c’è tempo di dire tante altre cose che questa bellissima pagina di Vangelo ci suggerisce, ma mi pare che possiamo fare un ultima riflessione: possiamo noi cristiani permetterci di essere negativi, tristi, paurosi nei confronti della vita? Può essere vero che la vita in tante sue manifestazioni sia personali che sociali puzza di marcio. Possiamo anche piangere con Gesù per la morte della persona cara o per un popolo che non ha ancora capito l’amore di Dio, ma noi che crediamo a Colui che è risurrezione e vita non possiamo permetterci di non essere uomini che fondano la propria speranza non su cose o teorie, ma su una persona che non solo ha fatto risorgere il suo amico Lazzaro da morte, ma che, dopo avere donato la sua vita per nostro amore, è vivo per sempre.

 

 

LUNEDI’ 18

San Cirillo di Gerusalemme

Parola di Dio: Dn. 13,1-9.15-17.19-30.33-62; Sal.22; Gv. 8,1-11

 

"CONDUCONO A GESU’ UNA DONNA SORPRESA IN ADULTERIO". (Gv. 8,3)

La liturgia odierna ci propone il bellissimo brano dell’adultera salvata dalla lapidazione e perdonata da Gesù. Oggi, specialmente in certi ambienti si è così indulgenti nei confronti dell’adulterio che quasi l’atteggiamento di Gesù non ci sorprende più. Si cercano, in questo caso come in molti altri, tutte le scusanti: quelle psicologiche, quelle sociali, si accampa il diritto dell’amore che è cieco, si fa passare per amore ciò che è solo avventura.. La mentalità di Gesù non è questa: Gesù chiama peccato ciò che è peccato. Non rassicura l’adultera dicendole che ciò non è importante, che in fondo è un suo diritto, al contrario le dice: "D’ora in poi non peccare più". Gesù non si fa connivente del peccato, tuttavia non vuoi rinchiudere gli uomini nel loro peccato, crede nella possibilità di conversione per ciascuno di noi, chiama ad una vita rinnovata. La grande tentazione in cui facilmente cade l’uomo "religioso" è quella di essere giudice inflessibile e senza misericordia contro coloro che non hanno raggiunto le sue "altezze". Così, chi si ritiene di essere un grande uomo di preghiera disprezzerà facilmente quelli che non condividono la sua esperienza; chi si è spogliato di tutti i suoi averi sarà facilmente tentato di condannare chi non agisce come lui. Ma questo non è certo un atteggiamento da credente: ben altre cose ci insegna la parola di Dio. Davanti alla donna sorpresa in flagrante adulterio possiamo, come gli scribi e i farisei, esigere che le sia fatto quello che la legge prescrive: "sia lapidata" (il peccato degli altri dà fastidio perché ricorda il nostro quindi la soluzione più semplice è togliere di mezzo il peccatore) oppure possiamo assieme a Gesù, tacere, condividere il vuoto e la paura che ogni peccato si porta dietro e perdonare, sapendo che anche noi abbiamo molto da farci perdonare.

 

 

MARTEDI’ 19

SAN GIUSEPPE; San Quinto

Parola di Dio: 2 Sam 7,4-5.12-14.16; Sal 88; Rom. 4,13.16-18.22; Mt. 1,16.18-21.24

Liturgia quaresimale: Num. 21,4-9; Sal. 101; Gv. 8,21-30

 

"SE NON CREDETE CHE IO SONO MORIRETE NEI VOSTRI PECCATI". (Gv. 8,24)

Riesco a comprendere la grande difficoltà che ebbero i Giudei nel comprendere Gesù come Figlio di Dio. La loro religione era rigorosamente monoteista: Dio è uno solo; al massimo Dio aveva mandato dei suoi rappresentanti, i profeti; nella pienezza dei tempi avrebbe mandato il Messia, ma anche questo era solo "l’unto di Dio" il suo incaricato per liberare definitivamente il popolo da ogni schiavitù. Gesù invece afferma di essere "Dio che salva" e loro continuano a vederlo solo come un uomo. Anche oggi succede così. Molti riescono a vedere in Gesù il grand’uomo, il filosofo, il moralista ma non lo riconoscono come Figlio di Dio. E Gesù dice: "Ma se io non sono Dio, come posso salvarvi dai peccati? Se la mia morte in croce è solo quella di un martire per una ideologia, come può salvarvi?". "Se credessimo in Cristo solo su questa terra saremmo i più stupidi tra gli uomini" scriverà San Paolo in una delle sue lettere, in quanto se Gesù non è il Figlio di Dio risorto, da che cosa ci può salvare e quale prospettiva futura può avere la nostra vita? Ma Gesù si presenta a noi come "lo sono", cioè come Dio. E’ davvero il vivente risorto dai morti; le sue parole sono vere; noi siamo a pieno titolo suoi fratelli e figli del Padre, siamo destinati all’eternità. Solo l’accoglierlo così ci dà la possibilità di non "morire nei nostri peccati".

 

 

MERCOLEDI’ 20

Sant’ Isidoro; S. Claudia; S. Alessandra; B. Ambrogio Sansedoni

Parola di Dio: Dn 3,14-20.46-50.91-92.95; Sal. da Dn. 3,52-56; Gv. 8,31-42

 

"CHIUNQUE COMMETTE PECCATO E’ SCHIAVO DEL PECCATO". (Gv. 8,34)

La tentazione ci presenta il peccato come un bene, come un qualcosa che ci libera, che risponde ad esigenze ben fondate in noi. Pensate al racconto del primo peccato. Il serpente insinua che la situazione di Adamo sia una situazione di schiavitù nei confronti di Dio. "Tu puoi essere come Lui, ma Lui non vuole e ti ha reso schiavo della legge di non mangiare dell’albero del bene e del male" Ed Adamo perde di vista il fatto che Dio sia Dio e che lui sia sua creatura e perde di vista anche la possibilità di riconoscere a Dio la facoltà della conoscenza del bene e del male. Il commettere il peccato è allora inteso come appropriazione della libertà. Ma commesso il peccato, acquisita la conoscenza del bene e del male l’uomo si trova schiavo di esso. Questa conoscenza lo spaventa, lo rende nudo davanti a Dio, ha bisogno di nascondersi, entra la paura nella sua vita e con essa il dolore e la morte e quella che sembrava una liberazione è diventata una schiavitù. Ed anche oggi è così: la droga? E un qualcosa che ti libera, ti disinibisce, ti da la facoltà di liberarti, almeno per un momento, da tutte le negatività della vita… e poi ti rende schiavo di se stessa e di tutti coloro che su di essa speculano e vivono. Il danaro? Ti permette tutte le libertà, ma devi averne molto e devi reperirlo ad ogni costo e poi, sia tu avaro o dilapidatore ne sarai per sempre schiavo… e potremmo continuare l’elenco a lungo così è per l’egoismo, il sesso, il successo…Con Gesù scopriamo allora che la libertà non dipende dalle cose che abbiamo o meno, dipende da ciò che tu hai dentro. E ancora, la vera libertà è solo quella di Dio e l’uomo sarà veramente libero quando, abbandonandosi in Dio e accettandolo totalmente, permetterà a Lui di liberarlo definitivamente.

 

 

GIOVEDI’ 21

San Nicola di Flue;

Parola di Dio: Gn. 17,3-9; Sal. 4; Gv. 8,51-59

 

"SE UNO OSSERVA LA MIA PAROLA, NON VEDRA’ MAI LA MORTE ". (Gv. 8,51)

Vi chiedo una cosa a bruciapelo: rileggete la frase del Vangelo che meditiamo oggi e rispondete subito: qual è la parola che vi colpisce maggiormente? Probabilmente avete risposto come ho risposto io, la parola è: la morte. Probabilmente per accorgerci che qui Gesù parla di morte vinta ci vuole un po’ più tempo: è meno immediato.

Mi chiedo se crediamo veramente al fatto che, nella fede, la morte è vinta. Morire è una parola che fa paura. Quante persone non vogliono neppure pronunciarla. Abbiamo coniato addirittura una serie di termini per sostituire questo verbo, quasi che eliminando la parola possiamo anche eliminare la realtà. Piuttosto che dire: "morire" si preferisce dire: decedere, spegnersi, estinguersi, spirare, addormentarsi, chiudere gli occhi, andare nel numero dei più, far l’ultimo viaggio...

La realtà della morte c’è, e dobbiamo imparare a conviverci. Ma per il credente in Cristo c’è anche la realtà della vita.

E’ vero però che la frase che meditiamo ci può lasciare perplessi. Vediamo infatti che sia coloro che osservano la parola di Gesù che quelli che non la osservano soggiacciono alla morte.

Che cosa vuole dirci, allora, Gesù?

C’è una morte che è peggiore di quella fisica ed è morire al nostro vero fine, è non realizzarsi secondo il progetto di Dio, è fondare tutta la nostra vita su cose che sono destinate a finire. Gesù, con la sua parola, ci invita invece a fondare il nostro vivere quotidiano su qualcosa che dura sempre, o meglio, su Qualcuno che "è" sempre e che ci fa essere sempre. Osservare la parola di Gesù non è osservare delle leggi, è vivere in Lui, per Lui, con Lui, è essere già fin d’ora nell’eternità. Certo, la morte ci colpirà ancora ma se sono con Lui anche questa è già vinta e con Paolo riusciremo a dire che "il pungiglione della morte è il peccato", ma che vinto questo con la grazia di Gesù, la morte non ci atterrisce più, o arriveremo con San Francesco a chiamarla "sorella" in quanto non fa altro che confermarci nell’amore totale e definitivo di Dio.

 

 

VENERDI’ 22

San Benvenuto; Santa Lea; Sant’Ottaviano

Parola di Dio: Ger. 20,10-13; Sal. 17; Gv. 10,31-42

 

"I GIUDEI PORTARONO PIETRE PER LAPIDARE GESU’". (Gv.10,31)

E’ più facile portare pietre che accogliere la novità di un messaggio. Certamente Gesù non era un personaggio facile, il suo insegnamento andava molto più in là di quello dei maestri dell’epoca e per di più era comprovato da segni che nessuno era in grado di compiere, segni che si rifacevano proprio alle caratteristiche che i profeti avevano usato per indicare il Messia, ma era una persona difficile da incasellare: un liberatore politico non sembrava, un liberatore morale neppure in quanto sembrava contravvenire alcune norme della legge e andava con i peccatori, per di più dicendosi Figlio di Dio sembrava bestemmiare contro l’unicità di Dio stesso.

E allora quando una persona è scomoda è meglio ancorarsi ai saldi principi delle tradizioni sicure e con qualche colpo di pietra ci si libera dell’incomodo.

Spesso anche oggi Gesù ed alcuni dei suoi veri rappresentanti sono scomodi. Gesù è scomodo quando mi invita ad uscire da un ipocrita legalismo per infilare le vie non sempre chiare della comprensione e dell’amore; Gesù è scomodo quando mi invita a passare dal banchetto Eucaristico a quello della condivisione con i poveri; è scomodissimo quando mi dice che devo perdonare 70 volte sette… Allora basta farlo tacere. Spesso i colpi di pietra non sono sassate ma tentativi di annacquare la sua pericolosità, di nascondersi dietro a formule preconfezionate. E nella storia, non succede la stessa cosa a certi personaggi scomodi che agiscono nel nome di Gesù? Quel vescovo prende troppo le parti dei poveri? Basta farlo diventare un Vescovo–rosso o se proprio dà fastidio come il vescovo ROMERO, basta sparargli una bella scarica di mitra mentre dice Messa. Quei cristiani stanno facendo scelte un po’ troppo precise rischiando di dare fastidio ai benpensanti della comunità? Basta dire che non c’è posto per loro nella parrocchia: un buona scusa la si trova sempre. Ma attenzione che a forza di tirare pietre a Gesù e ai suoi veri rappresentanti si rischia di rimanere senza Gesù e senza richiami alla sua vera identità. E poi, come dice un vecchio proverbio a lanciar pietre in aria c’è sempre pericolo che qualcuna ci caschi sulla testa.

 

 

SABATO 23

San Turibio de Mogrovejo; San Domizio; Santa Pelagia

Parola di Dio: Ez. 37,21-28; Sal. da Ger.31,10-13; Gv. 11,45-56

 

"CHE VE NE PARE? NON VERRA’ EGLI ALLA FESTA?". (Gv.11,56)

Tutto è pronto ormai: i preparativi per celebrare una Pasqua che ricorda la liberazione dalla prigionia dell’Egitto sono terminati. Molti pellegrini stanno andando verso Gerusalemme. Il tempio con i suoi sacerdoti e i suoi cambiavalute e venditori è al culmine delle attività, il Sinedrio ha ormai decretato la sorte dell’uomo Gesù… Ma verrà Gesù alla festa?

Gesù sa che è giunta la sua ora. Gesù non manca all’appuntamento d’amore con l’uomo. E’ un calice difficile da bere, ma Lui ci sarà, puntuale.. Deve ancora regalare gli ultimi insegnamenti e soprattutto se stesso nell’Eucarestia e poi.. la Croce, ma poi anche la Risurrezione.

Oggi finisce la Quaresima, inizia la Settimana Santa, anche per noi tutto è pronto per la festa: si celebreranno i soliti riti, gli esodi per le vacanze di Pasqua, le code sulle autostrade, la strage di agnelli… Anche le nostre chiese funzioneranno al massimo (anche se Pasqua tira meno che Natale), si ripercorreranno riti, cerimonie suggestive…

" Verrà Gesù alla festa?"

Io penso proprio di sì. Il suo amore per noi, nonostante 2000 anni di ingratitudini, non è scemato di una virgola. Lui c’è sempre all’appuntamento dell’amore. Lui è vicino alla sofferenza, perché è l’uomo della croce e la conosce fino in fondo. Lui è vicino ad ogni tentativo di liberazione dell’uomo, è la Pasqua di Dio. Lui e vicino ad ogni risurrezione perché e risurrezione e vita…ma ci saremo noi alla Pasqua di Gesù e alla Pasqua nostra?

 

 

DOMENICA 24

Domenica delle Palme - Santa Caterina di Svezia

Parola di Dio: Vangelo alla commemorazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme: Mt.21,2-11

Alla Messa: Is. 50,4-7; Sal. 21; Fil.2,6-11; Mt. 26,14-27,66

(Oggi si celebra la XVII giornata mondiale della gioventù sul tema: "Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo")

 

Per lasciare più spazio per la preghiera e la riflessione vi offro questa settimana solo l’indicazione delle parola di Dio odierna e solo il testo della seconda lettura

 

2^ Lettura (Fil 2, 6-11)

Dalla lettera ai Filippesi

Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre. Parola di Dio

 

RIFLESSIONE

 

"Verrà Gesù alla festa?" si chiedevano chi con ansia, chi con speranza i contemporanei di Gesù. "Verrà Gesù alla festa?" si chiedevano i sacerdoti e i capi del popolo che avevano ormai decretato la morte del Signore. E Gesù, puntuale, viene alla festa, alla festa della Pasqua ebraica che ricorda le meraviglie del Signore operate nel suo popolo, alla festa del suo appuntamento con l’amore totale per Dio e per l’uomo e anche alla festa della nostra Pasqua, della nostra possibilità di risurrezione.

La Settimana Santa che abbiamo iniziato oggi con la festosa accoglienza di Gesù, nel ricordo del suo ingresso in Gerusalemme, con il ramo d’ulivo segno e impegno di pace e benedizione per la nostra famiglia, e con l’ascolto della Passione di Gesù, ci aiuterà a rivivere il centro della nostra fede, la Passione, morte e Risurrezione di Cristo. Non sempre i ritmi della vita del giorno d’oggi ci permetteranno di partecipare a tutte le celebrazioni del Triduo Santo e allora, cominciamo a fermarci oggi, mettendoci davanti alla croce di Gesù. Io ho provato a farlo per me e per voi, voi fatelo facendo vostre e ampliando queste povere parole.

Gesù, oggi, dopo aver ascoltato la storia della tua Passione e morte, mi metto in ginocchio davanti alla tua croce. Davvero mi sembra di essere là, sul Golgota, inginocchiato davanti all’Amore che appeso alla croce, come frutto arrossato di sangue, in mezzo alle sofferenze più atroci, dona se stesso per noi e grida misericordia al Padre non per sé e per le proprie sofferenze, ma per me e per noi.

Sento il bisogno di essere in ginocchio, non per ritualismo o per falsa umiltà, ma perché davanti a un amore così grande deve parlare non solo la mia lingua ma anche il mio corpo che riconosce con il centurione che Tu sei davvero il Figlio di Dio, che io sono davvero poca cosa davanti a te, che anch’io ho partecipato e partecipo con le mie colpe alla tua continua passione di amore e di misericordia per noi.

Davanti alla croce rabbrividisco. E per tanti motivi.

Non mi piace la tua croce e non mi piacciono le croci.

Chi ha potuto inventare un supplizio cosi sadico e cattivo? Dove’ è la giustizia umana nel far soffrire un uomo così a lungo, nell’inchiodarlo scientemente ad un legno, nel lasciarlo soffocare poco per volte a causa del proprio peso e della propria stanchezza?

I Romani pensavano che tale supplizio servisse per gli schiavi, e tu ti sei fatto schiavo della Verità, dell’Amore e come schiavo che già si era inchinato davanti ai piedi sporchi dei tuoi discepoli e che si è messo a servizio dell’uomo e che è stato tradito e venduto al prezzo di trenta monete, quello dello schiavo, hai accettato questo supplizio. Si crocifiggeva perché la cosa servisse da esempio e da monito e Tu, lì appeso ci sei da esempio e da monito non per ricordarci l’ira di Dio incombente ma per indicarci il suo amore totale che supera ogni nostra fantasia.

Non mi piacciono le croci! Ma guardando alla cattiveria che ha inventato un simile supplizio ripenso con dolore alle croci che noi uomini civili inventiamo ogni giorno. Le croci dell’ignoranza e del potere che tengono legati e crocifissi migliaia di bambini resi schiavi, obbligati a lavorare anche sedici o diciotto ore al giorno per poco meno di un dollaro per la loro fame e quella della loro famiglia, penso alle donne crocifisse da ciò che hanno di più bello, la loro stessa femminilità, e costrette a non contare nulla, a tacere e soffrire, penso alla presunta saggezza civile che fa marcire innocenti in prigioni o che ha inventato modi detto "meno crudeli" per giustiziare un uomo, dopo magari averlo fatto aspettare per anni nel braccio della morte. Penso alle croci che la voglia di potere e di danaro di alcuni ha messo sulle spalle di altri, alla croce dell’assuefazione alla droga, alla violenza, al sesso rubato e profanato per tante bambine povere, alla morte silenziosa per avvelenamento causata dalla incuria di altri interessati solo a far soldi.

E penso anche alle croci che ho costruito io, con il mio mettermi al centro del mondo, con il pensare di essere l’unico ad aver sempre ragione su tutto, alle croci che ho fatto pesare sulle spalle dei miei compagni di lavoro, mettendo sempre e solo in evidenze le loro mancanze, alle croci di sopportazione che ho fatto subire ai miei familiari quando davanti ad un loro errore ho voluto essere giudice insindacabile che punisce.

Gesù, guardo alla tua croce e ti dico che non mi piacciono le croci, quelle della malattia, della solitudine, delle sofferenze, del non amore... Eppure quante ce ne sono nel mondo! Tu sei riuscito a tramutare la tua croce in amore, io spesso bestemmio solo la croce senza riuscirci.

Aiutami a guardare a te!

Ti hanno steso su quel letto di legno. Ti hanno inchiodato lì sopra. Avevano paura che fuggissi. E tu gridando per il dolore lo hai accettato.

Gesù ti vedo inchiodato sulla croce come nel letto di quell’anziana che da tre anni non può più alzarsi e come è inchiodato suo marito che da tre anni con amore non abbandona quel letto, ti vedo sulla carrozzina, inchiodato a quelle due ruote come quel ragazzo nel pieno della sua giovinezza che sa che non potrà mai più né correre né camminare.

Gesù la tua passione continua e, come ai piedi della croce leggo la tua passione negli occhi e nel cuore e nel corpo di tua madre, così la vedo continuare negli occhi, nel cuore e nel corpo di quella madre che ha portato il suo figlioletto in fin di vita all’ospedale e aspetta con ansia e tremore una risposta che si fa aspettare dai medici.

Ma ti vedo anche solo, abbandonato. Dove sono le folle che solo pochi giorni fa gridavano: "Osanna"? dove sono i tuoi baldanzosi discepoli che promettevano di andare a morire con te? A parte Maria, Giovanni e quelle poche donne, ai piedi della tua croce non c’è nessuno. No, qualcuno c’è: la Chiesa dei giudei, ma sono lì solo per accertarsi che tu muoia davvero e la smetta di essere un fastidio per loro, per il loro perbenismo e per la loro religione ufficiale. Quante volte ti ho lasciato solo, quante volte davanti alla sofferenza ho preferito far finta di non vedere, nascondermi dietro i luoghi comuni, pensare che di sofferenza ce ne è già tanta nella vita senza aver bisogno di addossarsi anche quella degli altri.

Signore, sei nudo su quella croce.

Ti hanno voluto togliere anche la dignità di un po’ di pudore e penso ai nostri occhi indecenti che vogliono violare la dignità dell’uomo e della donna, e penso a quelle donne messe in vetrina o spogliate e violate nei giornali e nelle televisioni per soddisfare il gusto di una sessualità bacata, penso a quelle prostitute di cui noi ben pensanti ci scandalizziamo e vogliamo far piazza pulita, che venute per un sogno di libertà si sono trovate costrette a suon di botte e di violenze a questo mestiere che certamente non amano.

Signore stai soffocando, il dolore, il tuo peso ti fanno mancare l’aria, ogni tuo respiro è un rantolo doloroso uguale al rantolo a volte protratto per giorni dei moribondi. Eppure tu hai ancora la forza per parlare, per dirci qualcosa. Non sono le parole dell’eroe. Tu gridi anche il tuo dolore, tu senti la sofferenza sia fisica che morale e come uomo provi anche la presunta assenza di Dio al tuo soffrire, ma le tue parole sono soprattutto di donazione, di fiducia, di misericordia.

Ti hanno spogliato e tu ti spogli anche di tua Madre, per donarcela.

Ti abbiamo giudicato colpevole e reo di morte e Tu chiedi a tuo Padre di perdonarci.

Quasi nessuno ti ha riconosciuto ed ha accettato il tuo invito alla salvezza e Tu assicuri ad un ladro, ad un crocifisso come te, il Paradiso.

Anch’io, come te, davanti alla tua croce e alle croci del mondo e della mia vita, grido: "Dio dove sei?" ma poi continuo a guardate Te crocifisso e mi sembra di capire che Dio c’è in ogni prova in ogni lotta, in ogni dolore. Tu sei il crocifisso di sempre, tu stai patendo ogni nostro patimento, Tu redimi ogni nostra sofferenza, Tu sei il figlio di Dio morto e risorto in ogni momento, sei inchiodato alle nostre sofferenze per sempre ma sei anche il risorto che ha trasformato i segni del dolore in segni di vita che dura per sempre, che ha trasformato la vendetta in perdono. E allora ritrovo il bambino che spesso ho seppellito in me, mi alzo e mi butto tra quelle braccia aperte, inchiodate sulla croce, sicuro, nonostante la mia povertà di essere accolto, nella misericordia, e, nella fede di quell’abbraccio, riesco anch’io a balbettare: "Nelle tue mani, Signore affido il mio spirito"

 

 

LUNEDI’ 25

S. Isacco

Parola di Dio: Is. 42,1-7; Sal. 26; Gv. 12,1-11

La Solennità della Annunciazione del Signore sarà celebrata l’8 Aprile

 

"MARIA, PRESA UNA LIBBRA DI OLIO PROFUMATO, COSPARSE I PIEDI DI GESU’ E LI ASCIUGO’ CON I SUOI CAPELLI". (Gv. 12,3)

Ieri abbiamo sentito gli "Osanna" rivolti a Gesù che entrava in Gerusalemme e, nella lettura della Passione, gli "A morte!" che lo condannavano vittima innocente sulla croce, oggi, primo giorno della settimana santa, sembra che invece le voci tacciano e si odori solo quel profumo di nardo che Maria, nella familiarità di quella casa accogliente e riconoscente, versa sui piedi di Gesù..

Tra i rumori delle folle, gli intrighi dei potenti Gesù ha bisogno di un po’ di silenzio, di pace, di calore di una famiglia che gli vuole bene.

Fratelli, amici, noi ci prepariamo a ripercorrere la settimana di Gesù. Forse molti gesti e preghiere sono frutto dell’abitudine, forse davvero sentiremo l’amore concreto di Gesù che offre se stesso per noi, forse i riti liturgici ci prenderanno la mano… Che cosa cerca Gesù da noi? Cerca un cuore capace di amare, cerca il calore dello stare con noi in intimità e lo cerca non solo perché Lui, Dio, si è fatto mendicante di amore, ma anche perché vuole donarci ancora una volta e totalmente se stesso.

Riusciremmo in questa settimana a trovare il tempo per invitare Gesù a casa nostra? Vorremmo metterci come Maria ai suoi piedi per ascoltarlo? Troveremo qualche lacrima da versare sui suoi piedi per dirgli quanto ci dispiace la nostra ingratitudine e grettezza nei suoi confronti? Cercheremo, come Marta, di fare qualcosa di bello e di buono perché Gesù si trovi bene con noi? Staremo con lui, magari anche solo in silenzio, nella sua sofferenza? Gioiremo con Lui nella sua e nostra risurrezione?

 

 

MARTEDI’ 26

Santa Lucia Filippini; Sant’Emanuele; San Marciano

Parola di Dio: Is. 49,1-6; Sal.70; Gv. 13,21-33.36-38

 

"DARO’ LA MIA VITA PER TE". (Gv. 13, 37)

Pietro è un uomo all’apparenza duro, capace di guidare il gruppo dei pescatori del lago, ma proprio per questo è anche un entusiasta, uno capace di gesti estremi in determinati momenti, però anche fragile e debole. Sono contento che Gesù abbia scelto uno come lui per farlo diventare Pietra, punto di riferimento per ogni cristiano di ogni tempo, perché Pietro non è solo uno di noi, ma ci somiglia in tantissime cose. Io voglio bene a Gesù, riconosco che Lui è il Figlio di Dio, l’unico mio Salvatore. Se poi, come particolarmente in questi giorni, contemplo la sua passione di amore per me, il mio cuore si riempie di gratitudine. Ogni mattina ed ogni sera dico al Signore: "Ti amo con tutto il cuore". In certi momenti di entusiasmo ho perfino pensato che, forse, con la sua grazia, sarei quasi disposto a dare la mia vita per lui, ma poi mi accorgo che spesso l’incontro con una persona sgradevole, la non riuscita di un mio piccolo progetto, le paure di ciò che potrebbe accadermi, l’attaccamento alle cose, bastano per farmi dimenticare l’amore di Dio o per farmelo mettere decisamente in secondo piano. Quante mattine partite con l’entusiasmo di mettere Dio davanti ad ogni cosa, e quante giornate vissute quasi senza più un pensiero per Lui. Signore, spesso ho vergogna quando dico il "Ti adoro" o quando nell’atto di dolere ti dico: "Prometto di non offenderti mai più", e sai che più di una volta ho modificato queste preghiere. Ma tu sai anche che ti voglio bene, che non è soltanto un modo di dire il mio, ma è il balbettamento sincero di uno che in tutti questi anni non sa ancora bene che cosa voglia dire amare davvero. Tu a Pietro, dopo la tua risurrezione, per perdonarlo e confermarlo, chiederai una cosa sola: "Mi ami, tu?", perché sapevi che solo sollecitando l’amore nel suo cuore avrebbe poi avuto la forza di superare le sue debolezze. Ti prego, fa’ la stessa cosa con me, con noi, e, scusa se esagero nella richiesta, non solo fa’ che noi ti rispondiamo di sì, insegnaci poi soprattutto ad amare veramente!

 

 

MERCOLEDI’ 27

Sant’Alessandro; San Ruperto

Parola di Dio: Is. 50,4-9; Sal. 68; Mt. 26,14-25

 

"DOVE VUOI CHE TI PREPARIAMO, PER MANGIARE LA PASQUA?". (Mt. 26,17)

Tutto il brano di vangelo che meditiamo oggi, oltre che il racconto dello svelamento del traditore, è pieno di simbolismi che ci aiutano ad entrare nel clima giusto di meditazione dei tre grandi giorni della settimana santa. Ne esplicito solo qualcuno. Non è un caso che "l’ora" di Gesù coincida con la festa della Pasqua. Essa era la festa principale degli Ebrei, ricordava la liberazione dalla schiavitù, il passaggio del Mar Rosso, lo scampato pericolo dall’Angelo della morte attraverso il sangue dell’Agnello che aveva segnato lo stipite delle porte delle case degli ebrei. In Gesù, si compie per il cristiano la liberazione definitiva, la morte non ha più potere, il regno di Dio si compie grazie al sangue di Gesù, l’Agnello innocente immolato. E Gesù è conscio di tutto questo, non subisce solamente gli eventi, è disposto positivamente a dare la sua vita per noi. Gesù è venduto per trenta monete d’argento. Nella Bibbia era esattamente il prezzo di uno schiavo ed era anche il salario di un buon pastore. Quindi al di là dei loro intenti, sia Giuda che i sommi sacerdoti, con questa cifra sottolineano ancora due caratteristiche di Gesù: Lui, il Figlio di Dio, si è fatto schiavo e viene venduto come tale per riscattare la nostra schiavitù al peccato, e Lui è veramente il buon pastore che dà la vita per il suo gregge. Giuda, poi, è inevitabilmente in ritardo. E’ questo il suo vero dramma. Quando va a vendere Gesù ai suoi nemici, non si rende conto di essere stato preceduto dall’interessato stesso che si era già "offerto" a tutti gli uomini. Ciò è avvenuto durante l’Ultima Cena. La malvagità degli uomini non riuscirà mai a precedere la misericordia di Dio.

 

 

GIOVEDI’ 28

Giovedì Santo - San Gontrano; San Sisto III°; B. Giovanna de Maillé

Parola di Dio: Messa della Cena del Signore:

Es. 12,1-8.11-14; Sal. 115; 1Cor. 11,23-26; Gv. 13,1-15

 

"VI HO INFATTI DATO L’ESEMPIO, PERCHÉ COME HO FATTO FACCIATE ANCHE VOI" (Gv. 13,15)

Il giovedì santo è il giorno dei doni: Gesù ci invita al banchetto nel quale si dà a noi come cibo e bevanda. Si fa mangiare, consumare da noi anticipando il Venerdì Santo dove offre se stesso sulla croce. E l’Eucarestia, la comunione fraterna è il dono per aiutarci a diventare come Lui.

E allora non si può disgiungere l‘Eucarestia dalla lavanda dei piedi. Fare memoria di ciò che ha fatto Gesù significa metterci a servizio, lavarci i piedi a vicenda.

Ma per essere capaci di servire occorre assolutamente aver sperimentato il servizio per noi di Gesù: se non ci lasciamo "lavare i piedi" da Gesù non potremo condividere la sua vita e la sua missione, e "farsi lavare i piedi" significa sapere di averli sporchi, significa riconoscerci bisognosi di tutto, significa gridare il nostro bisogno di essere amati, compresi, perdonati.

Dobbiamo dunque fare attenzione: noi abbiamo bisogno dell’Eucarestia, non la meritiamo, ne abbiamo bisogno, ma non basta coccolarsi Gesù nel cuore, non basta neppure lasciarsi amare da Lui, dobbiamo amare chi si è donato per noi, e per far questo è ora di cominciare a lavare piedi ai fratelli.

Siamo disposti a fare molte cose per i nostri fratelli: insegnare loro la verità (quasi che noi la possedessimo), dare consigli sul modo di comportarsi, persino dare dei nostri soldi (purché gli altri ne usino come vorremo noi), ma siamo disposti a "lavarci i piedi"?

Siamo disposti a cercare la verità, insieme e con umiltà? Siamo pronti ad amare chi la pensa diversamente da noi e ci dà fastidio? Siamo disposti a perdere del nostro tempo prezioso per qualcuno dal quale molto probabilmente non riceveremo nulla in contraccambio? Siamo disposti a non storcere il naso davanti a una piaga da medicare che pure ti sconvolge? Siamo disponibili a non giudicare con preconcetto quel familiare che non la pensa come noi? Lavare i piedi, fare questi servizi, non dà gloria, non ti mette nelle pagine dei giornali, spesso non è riconosciuto neppure dai fratelli di fede, ma è la più bella Eucarestia che possiamo celebrare.

 

 

VENERDI’ 29

Venerdì Santo - San Secondo di Asti; B. Paola G. Costa

Parola di Dio: Is. 52,13-53,12; Sal. 30; Eb. 4,14-16; 5,7-9; Gv. 18,1-19,42

 

"STAVANO PRESSO LA CROCE DI GESU’…". (Gv. 19,25)

Oggi mi fermo davanti a Te, Gesù, Amore crocifisso e riprendo la preghiera di domenica scorsa..

Dicono che tu hai amato la croce. Dicono che noi cristiani dobbiamo amare la croce. Permettimi, io non la amo la croce, né la tua, né le mille croci che gli uomini ogni giorno sono costretti a portare. La croce è una bieca invenzione di uomini che, con la scusa di esercitare la giustizia, hanno inventato un sadico modo per far soffrire altri e per godere di queste sofferenze passando per persone rispettabili: inchiodare un uomo su un legno, farlo morire tra gli spasimi di soffocamento non è di certo esercitare la giustizia, come non lo è lapidare a colpi di pietra una adultera, o far rimanere magari per anni un uomo in attesa della morte e poi, noi che siamo progrediti culturalmente, iniettargli del veleno in un braccio. Ma non sono belle neanche le altre croci, la croce della fame e della miseria che i latifondisti mettono sulle spalle dei poveri contadini, la precarietà e la paura che certe famiglie subiscono perché è meglio licenziare piuttosto che rischiare di non ottenere più gli stessi interessi economici da parte degli azionisti.. E non sono belle neanche quelle altre croci che non dipendono direttamente dagli uomini: non è bello vedere un papà in coma da mesi, un giovane su una carrozzella dalla quale non si alzerà più, un vecchio tremolante che se la fa addosso in un angolo di una casa di riposo. Sono sicuro che la croce, checché ne dicano certi maestri di spiritualità, non è piaciuta neppure a te. Non l’hai cercata come massima aspirazione della tua vita, non hai goduto quanto ti piantavano i chiodi nei polsi, ma hai gridato, hai sudato sangue prima di accettarla, e soprattutto non hai mai amato le croci degli uomini, hai predicato e lottato per la fratellanza, hai detto tutta la tua benevolenza verso i poveri gli emarginati e i peccatori, hai fatto miracoli per vincere il male e le malattie che crocifiggono gli uomini. E allora, perché la Croce?

La croce è la conseguenza del male. Tutte le croci, quelle costruite dagli uomini e quelle naturali sono conseguenza del male. E come il male non lo si vince con altro male, così le croci non le si vince col costruirne altre più grandi. Il male lo si vince con il bene. La croce la si vince con l’amore. E’ solo così che posso capire l’Amore appeso ad una croce, ed è solo così che posso cercare di accettare e di trasformare le mie croci. Tu non ami la croce, ma perché sei l’Amore ti lasci crocifiggere e trasformi questo segno negativo in braccia aperte, accoglienti per tutti. Gesù per me è difficile abbracciare la croce, ma vorrei riuscire ad abbracciare Te che stai sulla croce.

 

 

SABATO 30

Sabato Santo - San Giovanni Climaco; Sant’ Amedeo

Parola di Dio: Veglia: Mt. 28,1-10

Fino a questa sera, nella grande veglia di Pasqua, c’è silenzio. Non c’è la Messa, la liturgia non indica neppure un brano della parola di Dio. Anche le chiese sono spoglie. Provo allora a fermarmi davanti alla tomba di Gesù.

Tutto è finito. La grande "livella" è passata anche su di Te, ti ha spianato, ha ucciso tutte le speranze, ti ha tolto la gioia di camminare, di guardare i gigli dei campi e gli uccelli del cielo, il sorriso dei bimbi, lo sguardo di tua madre, ti ha cancellato gli affetti dei tuoi cari, le speranze del domani, i progetti di un Regno meraviglioso, di una terra dove la giustizia sarebbe possibile…

Mi accorgo Gesù, che la tua tomba è simile alle nostre tombe, alla tomba della vedova che vede sepolto il suo amore e che vede la precarietà del suo stato, alla tomba della mamma davanti alla quale il bambino pensa di non farcela più o alla tomba dell’anziana sposa davanti alla quale il vecchietto si sente improvvisamente solo e inutile, quasi col desiderio di finirci in fretta anche lui in una tomba. Tutto è finito? Dio è morto? Signore, taccio. Signore sento l’amaro venirmi in bocca. Forse vorrei che le lacrime scorressero dai miei occhi per lenire un po’ questo senso di paura e di arsura che sento dentro. Eppure cerco di trattenerle: non vorrei che mi succedesse come a Maria Maddalena, nel caso tu apparissi vivo… perché mi pare già sentire, prima sommessa e poi sempre più forte l’affermazione degli angeli alle donne: "Non è qui, Non è qui!, NON E’ QUI!" Gesù, non è finito un bel niente in quella tomba. Quella tomba spalancata è il sorriso di Dio davanti alla morte . "Non è qui!". Non sono sepolte lì le nostre speranze. Il tuo amore non è serrato né tra quattro assi, né da una pietra. "Non è qui". Se Lui non è lì. non sono lì neanche i nostri morti, non è lì la nostra casa definitiva. Si può sorridere, davanti ad una tomba? Con Gesù, sì!

 

 

DOMENICA 31

Pasqua di Risurrezione del Signore - S. Amos; S. Beniamino

Parola di Dio: At. 10,34.37-43; Sal. 117; Col. 3,1-4; Gv. 20,1-9

 

1^ Lettura (At 10, 34. 37-43)

Dagli Atti degli Apostoli.

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: "Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio. Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome".

Parola di Dio

 

2^ Lettura (Col 3, 1-4). Oppure (1 Cor 5, 6-8)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi.

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria. Parola di Dio

 

Vangelo (Gv 20, 1-9)

Dal vangelo secondo Giovanni.

Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!". Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. Parola del Signore

 

RIFLESSIONE

 

Abbiamo sentito, specialmente nella sequenza di Pasqua il grande annuncio: "Cristo è risorto" E’ il saluto che i cristiani dovrebbero scambiarsi particolarmente in questa mattina. Ma che cosa vuol dire : "Risorgere"? Ci sono alcune situazioni nella vita nelle quali ci viene naturale usare la parola: risurrezione, risorgere. Cerchiamo di evocarne alcune perché esse ci possono introdurre al messaggio della festa di oggi meglio di tanti ragionamenti.

Una persona è passata attraverso una grave malattia, o il timore di avere una grave malattia. L’ha superata, o quel timore si è rivelato infondato, ed ora torna al suo lavoro, a frequentare gli amici. Diciamo: è risorto! Un uomo politico, o un atleta, ha subito una cocente sconfitta. Tutti lo danno per finito. Ma ecco che egli ha un ritorno di fiamma e alla prossima occasione ottiene un successo strepitoso. Diciamo anche di lui: è risorto!

Tolstoi ha scritto un celebre romanzo intitolato Risurrezione. Dietro la parola Risurrezione del titolo, c’è qui una storia di redenzione dal male. Un uomo sacrifica la sua posizione sociale e la carriera per riparare il torto fatto in gioventù a una ragazza.

Ognuna di queste situazioni ci aiuta a capire qualcosa della risurrezione di Cristo. Essa è tutto questo E’ ritorno alla vita, vittoria sui nemici, trionfo dell'amore. Se ci sono tante piccole risurrezioni nella vita - anche nella nostra -, è perché c’è stata la risurrezione di Cristo. Essa è la causa di tutte le risurrezioni: alla vita, alla speranza, all'innocenza.

Proprio per riprendere questo concetto non si può commentare il vangelo di Pasqua senza collocarlo dentro il cammino che la liturgia ci ha fatto fare in questa notte. All'inizio di tutto erano le tenebre, la notte, nella quale i cristiani si sono radunati con un cuore molto simile a quello di Maddalena. Camminando verso la chiesa, come lei verso il sepolcro, ognuno aveva nel cuore il ricordo di una passione e di una croce. La Pasqua comincia dal cammino nella notte e non è soltanto la notte della schiavitù degli Ebrei nell’Egitto, è la notte delle nostre città e dei nostri paesi, dove spesso, nella tristezza del nostro agire, si arriva ad una terribile conclusione: Dio è morto. Il mondo attorno a noi, con le sue luci effimere, con la violenza delle strade cittadine, con l'indifferenza per i barboni o i drogati che muoiono sui marciapiedi, con il lamento silenzioso di due terzi dell'umanità che diventano sempre più poveri, sembra dirci che Dio è morto. Dio è morto con tutta questa gente. Nessuno si preoccupa della loro morte. Anche per la morte di Dio nessuno si preoccupa. Anzi è proprio l'indifferenza per i fratelli, che fa morire Dio nel cuore del mondo.

La celebrazione del venerdì santo ci ha ricordato che 2000 anni fa, Dio stava morendo in croce, tra la totale distrazione dei presenti. E la stessa indifferenza sembra esserci oggi. Queste sono le tenebre in cui cammina Maddalena all'inizio del vangelo, queste sono le tenebre nelle quali questa notte abbiamo acceso un fuoco, un fuoco nuovo, una luce nuova che il cero ha riportato dentro la nostra chiesa. Perché anche nella Chiesa spesso si è insinuato il buio, spesso le stanchezze, le abitudini, le commistioni con il potere terreno hanno spento la vita, hanno tarpato le ali al messaggio, hanno zittito le voci dei profeti e anche lì spesso c’è il buio

Il cero ha di nuovo acceso la luce. Ma quale luce? Quale messaggio ci porta questo fuoco nuovo che vuol scaldare ed illuminare il cuore della terra? Cosa vuol dire oggi l'annuncio di quel mattino: Dio è risorto?

Torniamo a Maria Maddalena che nonostante il buio va lo stesso verso quel sepolcro Lei sente il bisogno di tornare vicino al suo Signore, per testimoniare ad un morto, che in lei l'amore non è morto e non è forse morta neppure la speranza. Dio è morto nel cuore del mondo, ma nel cuore di Maddalena Egli è ancora vivo. Come Maddalena questa notte siamo venuti a testimoniare la nostra fede, a testimoniare la nostra speranza in una resurrezione che può ancora avvenire. Dio può risorgere nel cuore del mondo.

Maddalena si accosta al sepolcro, all'ultimo ricordo di un Dio che era vivo nel cuore della gente, come noi abbiamo fatto accostandoci alla porta della chiesa. Ma Lei ha trovato il sepolcro vuoto. E' il sepolcro che interessa: lo si nomina sette volte; ed è un sepolcro vuoto. Nicodemo vi aveva deposto Gesù. Ora Gesù non c'è più. La scoperta è descritta gradualmente e ci dà la possibilità di riflettere. . "Hanno tolto il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'abbiano posto". "Hanno tolto": se non c'è, qualcuno l'ha trafugato, un cadavere non si muove da sé.

Ed ecco che si viene a vedere. Non tutti, perché si ha paura. Non tutti, perché forse non ne vale la pena. Non tutti, perché potrebbe essere compromettente. Ma comunque due vanno. Quel vuoto che chiama a muoversi, a mettersi in cammino per vedere e per comprendere sta conquistando i cuori. Pietro e l'altro discepolo si mettono in cammino. C’è chi corre più forte con le ali dell’amore e chi ha il fiato più lungo come la Chiesa ufficiale, ma questi due arrivano a vedere il vuoto del sepolcro. Il vangelo ci ha presi per mano facendoci constatare il fatto e anche alle nostre orecchie risuona il grido: "Non è qui, è risorto!" Anche la chiesa come il sepolcro questa notte appariva solo la muta custode di un ricordo, la sopravvivenza di un passato. Una chiesa vuota ed un sepolcro vuoto, testimonianze di un fallimento, di una speranza che è finita o segni di un cambiamento totale?

La liturgia ci propone una chiesa vuota e buia perché dobbiamo essere noi a portare di nuovo al suo interno la vita e la luce. Gradualmente la chiesa si è riempita, le luci si sono accese, il popolo è entrato, e guardandoci con stupore abbiamo scoperto che Dio non è più morto nel cuore dei fratelli, che Dio è vivo nella speranza e nella fede di chi ci sta accanto. "Dove due o più sono riuniti nel mio nome, Io sono vivo in mezzo a loro". Questa è l'esperienza pasquale che abbiamo vissuto e che dobbiamo comprendere e testimoniare. Se oggi è possibile vedere, sperimentare il Signore vivo, l'unica via è quella di guardarlo vivente nella fede e nel cuore dei fratelli. Nella messa di pasqua, il Signore risorto si rivela a chi ha occhi per vederlo. Come accadde allora, dice il libro degli Atti, Gesù non apparve a tutti, "ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti".

Questa messa va vissuta dunque con gli occhi ben aperti, per scorgere la presenza del Signore in mezzo a noi, come gli occhi di Maria Maddalena e dei due discepoli che scrutano il sepolcro e dal vuoto di esso sanno cogliere la realtà di quello che è successo.

Fratelli e amici, se ci scopriamo vuoti, poveri, incapaci di speranza, se scopriamo una comunità cristiana che spesso non ci piace perché lontana dal suo Salvatore, se scopriamo un mondo che stancamente cammina sulle strade della morte perché indifferente ai valori e a Dio, è il momento di lasciare scoppiare la vita, di gridare la gioia della fedeltà del Signore, di far parlare la misericordia, di far trasparire il risorto dal nostro volto e dal nostro agire. Se il mondo, la chiesa e noi siamo vuoti, è ora anche per noi, come per Cristo, con la forza dello Spirito Santo di uscire fuori, di ricominciare da capo di sentirci vivi con Lui.

     
     
 

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