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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

a cura di don Franco LOCCI

 

GENNAIO 2002

 

Martedì 1

MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO - S. FULGENZIO

Parola di Dio: Num. 6,22-27; Sal. 66; Gal. 4,4-7; Lc. 2,16-21

Giornata mondiale della pace.

 

1^ Lettura (Nm 6, 22-27)

Dal libro dei Numeri.

Il Signore si rivolse a Mosè dicendo: "Parla ad Aronne e ai suoi figli e riferisci loro: Voi benedirete così gli Israeliti; direte loro: Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò".

 

2^ Lettura (Gal 4, 4-7)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Galati.

Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio.

 

Vangelo (Lc 2, 16-21)

Dal vangelo secondo Luca.

In quel tempo, i pastori andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.

Quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.

 

RIFLESSIONE

 

Nella giornata di oggi, da un punto di vista religioso si intrecciano talmente tante proposte, inviti di riflessione che, magari già un po’ frastornati per aver atteso l’anno nuovo o per essere stati tenuti svegli da chi lo ha celebrato rumorosamente, rischiamo di fare una gran confusione.

Prima di tutto anche noi cristiani celebriamo il Capodanno non tanto come data convenzionale (sappiamo infatti che a seconda delle culture ci sono date diverse per festeggiare l’inizio d’anno) e neanche per tutte le tradizioni pagane spenderecce e goderecce ad esso unite, ma per ringraziare Dio per il dono del tempo. Il cristiano è uno che sa nel profondo di se stesso che tutto quello che ha è dono. Non sono io che ho chiesto di nascere, non sono io che ho scelto di nascere in quella famiglia, in quella società, non sono io che stabilisco il tempo della mia vita.

Ogni momento è un dono e una chiamata. Il ricordarci lo scorrere degli anni per noi cristiani è quindi prima di tutto lode e ringraziamento a chi ci offre ancora il dono del tempo, un dono prezioso nel quale noi possiamo ritrovare tutti gli altri doni di Dio e nel quale possiamo realizzare, con delle scelte di vita, la nostra risposta al suo amore per prepararci all’incontro definitivo con Lui nella eternità. Purtroppo per noi, non sempre succede così. Spesso noi bruciamo il tempo, lasciamo passare il tempo, crediamo di avere tutto il tempo e invece esso passa inesorabile. Il tempo di ieri non è più nostro, al massimo diventa ricordo, il tempo di domani non sappiamo se sarà nostro, al massimo diventa progetto sulla speranza, il tempo di adesso è l’unico che possediamo è il momento irripetibile di un dono di Dio ed è l’unico momento in cui io posso lasciarmi amare da Lui costruendomi proprio nell’amore. Grazie, dunque a Dio del tempo e di tutto ciò che esso comporta: grazie della vita, della natura, dei sentimenti, delle persone, grazie delle gioie e grazie anche per le prove, ogni cosa è talmente preziosa che nulla va gettato via, ma che tutto può tornare a Dio carico del nostro grazie. E poi, perdono, o Signore, perché il tempo mette anche in evidenza la nostra precarietà, le nostre povertà, il nostro egoismo che non ci permette di costruirci come vorresti tu nella pace.

Ed ecco allora un altro stimolo che ci viene dalla giornata di oggi: il capodanno è considerato sempre più come la giornata della pace da quando Paolo VI° volle dichiararla come tale.

E noi, specialmente in questo anno passato ci siamo resi conto come, ancora una volta, la pace sia un elemento molto precario della vita dell’uomo e di come ci siano uomini che hanno fatto credo della propria vita l’odio, il terrore, la guerra. Certe nefandezze, in certi momenti, portano perfino i credenti a pensare che l’unica strada di uscita sia la risposta forte che spesso diventa poi violenta. Eppure lo sappiamo che la guerra non ha mai portato salvezze, ma solo violenza e morte, sappiamo che dietro alle guerre ci sono spesso solo gli interessi di alcuni che spesso sono ben mascherati, sappiamo dalla storia passata e attuale che si cerca addirittura di benedire le guerre e di farle passare per sante. E’ ora di ritrovare il coraggio di fare scoppiare la pace. Ma che cosa posso farci io? Che cosa possiamo fare noi, per far scoppiare la pace? Sono i violenti, i grandi della terra che decidono… E’ vero, spesso siamo impotenti a livello mondiale, spesso noi stessi siamo frastornati e non sappiamo più come sia giusto reagire… e allora riprendiamoci in mano il Vangelo e proviamo a sentire che cosa ha da dirci Gesù: "Io vi lascio la pace, vi dono la mia pace. Non come la dà il mondo". La pace di Gesù non è dichiarazione di impotenza, non è serie di compromessi, è lotta interiore profonda perché là dove è istintiva la rabbia per una palese ingiustizia non prevalga la vendetta ma il perdono, è cominciare a costruire la pace là dove viviamo. Avete mai provato a pensare quanto coraggio ci vuole per essere uomini di pace sulle strade, mentre guidiamo la nostra auto nel traffico? A volte bisogna essere davvero degli eroi per non rispondere con altrettanta violenza nei nostri uffici alla violenza, ai soprusi, alle cattiverie che ci vengono fatte o all’uso del proprio piccolo potere per angariare gli altri e sentirsi loro superiori. Preghiamo per la pace mondiale, cerchiamo di far sentire ai potenti signori della guerra che noi crediamo alla pace, facciamo anche gesti concreti di rinunce o di scelte di prodotti per non aiutare quelle multinazionali che finanziano le guerre, ma poi cominciamo a cercare con tutte le forze di far scoppiare la pace nelle nostre case, a rinunciare alle nostre piccole vendette personali, a offrire ancora e sempre una possibilità a chi crediamo abbia sbagliato. Guardiamo a Gesù. Lui non è un pacifista che dice: "Fatemi tutto quello che volete perché intanto io sono buono", è uno che dice quello che ha da dire senza guardare in faccia nessuno, ma lo dice per redimere, è uno che fa saltare il banco dei cambiavalute ma per ricordare che commercio e religione non possono andare avanti insieme, ma è anche uno che quando, durante la sua passione, riceve uno schiaffo, non si vendica nei confronti di chi glielo ha dato, ma dice chiaramente: "Se ho sbagliato dimostramelo, se no, perché mi percuoti?", è uno che va con i peccatori, non perché non consideri i loro errori o le loro colpe, ma va con loro per salvarli, è uno che dice all’adultera che ha peccato, non le fa nessuno sconto, ma nello stesso la salva e la perdona. E per metterci sulla strada per realizzare la pace ecco che la Chiesa ci offre ancora, oggi, una immagine che dovrebbe riempirci di tenerezza e di coraggio. Maria è davvero la Madre di Dio, la Madre vera di quel Gesù che il vero Figlio di Dio. Maria è la donna della realtà, colei che offre il suo corpo e la sua vita al Figlio di Dio, ma è anche la donna che vive nel mistero, sia il mistero di quel Figlio che, che per arrivare agli uomini sceglie Lei, come il mistero degli uomini che rifiutano il dono e la luce, il mistero di una maternità divina e il mistero di diventare Madre di quegli stessi uomini che hanno messo in croce il suo Figlio. E Maria accetta questo difficile compito: portare Dio e vivere nella fede, essere madre della gioia ed essere Madre del dolore, Madre del Principe della pace nel nome del quale ci saranno divisioni, discordi e guerre. "Maria meditava queste cose nel suo cuore". Forse il segreto e il suggerimento che la Madre di Gesù da oggi a noi, suoi figli, è proprio questo: "Prima di ogni cosa, prima di parlare, prima di passare all’azione, abituati ad entrare in punta di piedi, con umiltà, nel mistero. Accogli il dono di Gesù e gioiscine, ma ricordati che è Dio, non lasciarti portare via il mistero senza il quale saresti solo un povero uomo…".

Ed ecco allora anche il senso degli auguri che la chiesa ci fa oggi riproponendoci la benedizione di Mosè "Ti benedica il Signore e ti protegga" cioè, Dio possa dire bene di te, possa trovare in te accoglienza, donazione, volontà di pace e allora Egli sarà con te, non perché scegliendo te si mette contro qualcun altro, ma perché sia Lui stesso ad accompagnare le tue opere di pace. "Faccia brillare il suo volto su di te" cioè, ci illumini nel mistero di modo che noi possiamo vedere il suo volto e diventare il suo volto anche per altri, allora avremo pace vera.

 

 

Mercoledì 2

Santi BASILIO MAGNO E GREGORIO NAZIANZENO

Parola di Dio: 1 Gv 2,22 - 28; Sal.97; Gv.1,19 –28

 

"IN MEZZO A VOI STA UNO CHE VOI NON CONOSCETE". (Gv. 1,26)

"Questa frase del Vangelo non mi riguarda! Io, Signore, ti conosco!

Fin dai primi giorni della mia vita sono stato battezzato, nella mia infanzia mi hanno parlato di te, sono stato al catechismo, mi hanno insegnato le preghiere, ho ricevuto i sacramenti, ho studiato dai preti, vado quasi abitualmente a Messa la domenica, sono amico del parroco, due o tre volte l’anno faccio una bella elemosina… Signore ti conosco, so la tua storia, osservo quasi tutti i tuoi comandamenti, a parte le debolezze che mi sono proprie e che certo tu scuserai, e poi vivo in una società che è cristiana nella sua maggioranza e, a parte i soliti cattivi che noi cerchiamo di eliminare, molti credono in te e fanno del loro cristianesimo una bandiera…"

Mentre facevo questa riflessione, riportando le mie impressioni e le parole che tante volte ho sentito da altri, mi pareva che una voce dentro di me dicesse:

"Dici che mi conosci e questa mattina mentre uscivi di casa non mi hai salutato perché avevo il volto di quel tuo vicino che pensi ce l’abbia con te. Hai preso la macchina e sei passato a quell’incrocio dove normalmente ci sono cinque o sei prostitute nigeriane: hai detto: "Che schifo!" e quasi subito hai aggiunto: "Meno male che io non ho questo vizio" e non ti sei accorto che in quelle povere donne c’ero io sofferente e umiliato; hai telefonato dall’ufficio a tua moglie e le hai detto: "Questa sera ritardo", come se fosse una novità! e non mi hai riconosciuto, stanco e solo in lei con il desiderio di essere un po’ più amata, ascoltata, apprezzata; domenica ero nei tuoi figli che aspettavano giocassi un po’ con loro ma tu non avevi tempo, il tuo computer era più importante; sei venuto in chiesa, ti sei fatto vedere dal parroco, hai parlato con il Commendator Tal dei Tali, hai espresso la tua opinione sulla predica, hai ripetuto come un pappagallo tutte le risposte della messa, anche con voce forte perché si accorgessero che sei "religioso", ma non mi hai parlato neanche un momento: avevi per la testa di avvicinare il Presidente della San Vincenzo per dirgli che la smettano di aiutare quella persona perché se è povero è solo perché non ha voglia di lavorare…Dici che vivi in una società cristiana: e come mai allora fate le guerre? Come mai voi cristiani avete cibo da buttar via mentre Io nei paesi non cristiani sto morendo di fame e di stenti in milioni di persone? Come mai vi dimostrate tanto scandalizzati dai bambini che saltano sulle mine antiuomo? Provate a prenderne qualcuna in mano, scoprirete che una su tre è di fabbricazione italiana!

Io sto in mezzo a tutti i fatti della tua vita, sono con te per tutti i tuoi giorni, ma tu riconosci Me o le maschere religiose che tutti mi avete appioppato sul volto e che, invece di farmi trovare, spesso, ipocritamente, mi nascondono?

 

 

Giovedì 3

Santa GENOVEFFA; San FIORENZO

Parola di Dio: 1Gv. 2,29 - 3,6; Sal.97; Gv.1,29-3,6

 

"QUALE GRANDE AMORE CI HA DATO IL PADRE PER ESSERE CHIAMATI FIGLI DI DIO, E LO SIAMO REALMENTE!". (1Gv. 3, 1)

E’ bello, fin dai primi giorni dell’anno ricordarci che siamo Figli amati e preziosi agli occhi di Dio, Figli a cui Egli fa il dono del tempo.

Forse in questi giorni avrete acquistato o vi avranno regalato l’agenda per l’anno nuovo, magari una di quelle belle agende in cui trovate curiosità, aneddoti e anche ricette. Oggi, voglio regalarvene una un po’ strana anch’io:

 

Ricetta per un anno

 

Prendete dodici mesi completi.

Puliteli accuratamente da ogni amarezza, odio, e invidia.

Tagliate ogni mese in 29, 30 o 31 pezzi diversi, ma non cuoceteli tutti contemporaneamente.

Preparateli un giorno alla volta con i seguenti ingredienti:

un pizzico di fede, un pizzico di pazienza, un pizzico di coraggio e un pizzico di lavoro.

Aggiungete a ciascuno un po’ di speranza, e fedeltà.

Mescolate bene con una parte di preghiera, di meditazione, una di applicazione.

Condite con una presa di buon umore, di azione e un abbondante dose di umorismo.

Mettete in un recipiente d’amore.

Guarnite con un sorriso e servite.

 

 

Venerdì 4

Santa ELISABETTA SETON; Beata ANGELA DA FOLIGNO; Beato SECONDO POLLO

Parola di Dio: 1Gv. 3,7-10; Sal.97; Gv.1,35-42

 

"MAESTRO DOVE ABITI?". (Gv. 1, 38)

La frase che i discepoli di Giovanni il Battista, mandati da lui verso Gesù, gli rivolgono, ci aiuta a continuare la riflessione che abbiamo cominciato due giorni fa. Spesso ci sembra non essere facile incontrare il Signore, anzi, sembra quasi che Lui ami mimetizzarsi e allora, dove cercarlo? C’è chi ha intrapreso il giro del mondo per andare alla ricerca di un guru che indichi il senso del vivere, c’è chi pensa che il più grande libro attraverso cui Dio parla sia la natura, chi si affida alle religioni, chi cerca Dio in alto, nel Trascendente, nei riti misterici, e chi lo ricerca nella materia.

Ogni ricerca ha un suo senso e tutto può parlarci di Dio. Ma se noi crediamo a Gesù Figlio di Dio, stiamo ad alcune indicazioni pratiche che lui stesso ci ha dato per poterlo cercare e incontrare. Gesù è vivo e lo incontri prima di tutto nella sua parola: ("Chi ascolta la mia parola e la mette in pratica ha la vita eterna"). La sua parola dovrebbe essere talmente il nostro cibo da illuminarci in ogni situazione di vita.

Poi Gesù lo trovi nella testimonianza dei cristiani veri, non quelli che parlano e non fanno ma quelli che fanno le stesse cose che ha fatto Cristo ("Chi ascolta voi, ascolta me").

Puoi trovare anche Cristo nella comunità, quando questa però è guidata dal suo amore, agisce nel suo nome e non in nome di altri poteri fossero pure religiosi ("Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro").

Gesù lo trovi in ogni fratello ma soprattutto nel povero, nell’ammalato, nel derelitto ("Io avevo fame…), Gesù lo trovi nei sacramenti e in particolare nell’Eucarestia ("Fate questo in memoria di me").

E poi Gesù abita in noi e sembra quasi dirci: "Non passarmi vicino senza accorgerti della mia presenza. Resta con me nella preghiera, vedi di capire chi sono, che cosa sono venuto a portarti, innamorati di me scoprendo quanto io ti amo. Non c’è bisogno di fuggire, di andare lontano, di cercare chissà quali imprese. Basta che tu scenda nel tuo cuore per incontrarmi. Lì ho posto la mia dimora perché ti voglio bene."

 

 

Sabato 5

Santa AMELIA

Parola di Dio: 1Gv. 3,11-21; Sal 99; Gv.1,43-51

 

"SE UNO HA RICCHEZZE DI QUESTO MONDO E VEDENDO IL SUO FRATELLO IN NECESSITA’, GLI CHIUDE IL PROPRIO CUORE, COME DIMORA IN LUI L’AMORE DI DIO?". (1Gv. 3,17)

Sovente dalla parola di Dio siamo stimolati alla povertà e alla carità, e non sempre troviamo facili queste indicazioni, sia per il nostro attaccamento alle cose, sia per visioni molteplici e a volte distorte sul senso della povertà evangelica. Ho trovato illuminanti per me queste poche righe del Cardinal Martini che vi propongo.

"La povertà cristiana non è stoicismo o disprezzo del creato. È atto di fede in Dio come Padre e conoscenza del vero tesoro dell’uomo. È la fine del mondo vecchio che fa consistere la vita in ciò che si ha, è la nascita del mondo nuovo, in cui uno scopre ciò che è. È figlio! E per questo vive da fratello, privilegiando gli ultimi, perché sa che il Primo si è fatto ultimo e il servo di tutti (Mc. 9, 35). La ricchezza inoltre porta alla vanagloria e all’orgoglio. Avere, potere, apparire è il trinomio sul quale si struttura la schiavitù del mondo.

La povertà invece costringe a servire, e porta all’umiltà, principio di ogni benedizione.

Come la ricchezza è l’espressione prima dell’egoismo, che tutto prende, così la povertà è l’espressione dell’amore, che tutto dona. Uno non è ciò che ha, ma ciò che dà; solo chi ha nulla, può essere se stesso, perché se vuol dare qualcosa, non può che dare se stesso.

Questa povertà è il mistero stesso più profondo di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo: ogni persona è se stessa nel dono d’amore di sé all’altra".

 

 

Domenica 6

EPIFANIA DEL SIGNORE; San GUERRINO DI SION

Parola di Dio: Is. 60,1-6; Sal. 71; Ef. 3,2-3.5-6; Mt. 2,1-12

Giornata mondiale della santa infanzia missionaria

 

1^ Lettura (Is 60, 1-6)

Dal libro del profeta Isaia.

Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.

 

2^ Lettura (Ef 3, 2-3. 5-6)

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini.

Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro beneficio: come per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che i Gentili cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo.

 

Vangelo (Mt 2, 1-12)

Dal vangelo secondo Matteo.

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo". All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele". Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo". Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

 

RIFLESSIONE

 

Gli usi, le tradizioni, le fantasie popolari possono forse farci fare un po’ di confusione sulla festa di oggi. Qualcuno la ritiene la festa dei magi, qualcuno la festa della Befana con le sue calze di carbone o di cioccolatini tanto per finire in gloria questi giorni di feste e di abboffate. Il vero senso della festa dell’Epifania ce lo dice la parola stessa: è la festa della manifestazione di Gesù. Gesù è la luce che è venuta nel mondo per illuminare tutti coloro che sono nelle tenebre. E’ Dio che è venuto a cercare l’uomo e per questo si è fatto sua carne, perché l’uomo possa cercarlo e trovarlo e diventare così Figlio di Dio. L’Epifania è poi anche una festa missionaria per eccellenza perché tutti i popoli sono invitati a questo incontro, a questa festa con l’unico Dio.

Noi, qualche volta pensiamo che Dio sia una conquista da parte dell’uomo invece, perché noi possiamo incontrare Dio è necessario che sia Lui per primo a venirci incontro. Noi non possiamo incontrare il Signore con le nostre sole forze, abbiamo bisogno di Lui. E Lui desidera incontrarci. Pensate: tutta la Bibbia è lo sforzo di amore del nostro Dio che viene incontro all’uomo. Il progetto di Dio era la comunione con la sua creatura, il libro della Genesi con una immagine ardita e poetica ci ricorda che Dio, la sera amava passeggiare con Adamo nel giardino di Eden dove tutto era concordia e gioia. Quando l’uomo, con il suo egoismo ha rotto questo equilibrio e Dio ha dovuto accettare questa sua libera scelta, non ha però smesso di cercare la sua creatura: perfino l’omicida Caino è protetto con un segno particolare da Dio. Poi Dio sceglie Abramo e un popolo per rivelarsi. Dio accompagna il faticoso cammino di liberazione di questa gente perché possano riconoscerlo come unico Dio; Dio prepara, attraverso la storia, la venuta di suo Figlio Gesù, che non si accontenta di una regale passeggiata sulla terra tra fuochi e lampi, ma che viene nella carne, che nasce da donna, che si fa piccolo proprio perché non ci siano steccati, barriere, ma ponti all’incontro tra Dio e la sua creatura.

Ma Dio, pur venendoci incontro, rispetta il cammino dell’uomo. Non si impone, si propone. Ed ecco allora il racconto dei Magi che vanno in cerca del Salvatore diventa paradigma di ogni ricerca, di ogni uomo di buona volontà per incontrare Dio, il senso della sua vita.

Mi è capitato sovente di incontrare persone che, quasi con rammarico, mi dicevano: "Vede io ho tanti dubbi, sulla vita, su Dio, sull’aldilà. Sto cercando, a volte mi sembra di aver trovato la luce, altre volte brancolo nel buio". Non stupiamoci, Gesù continua ad essere un piccolo bambino nato in una grotta di un paese quasi sconosciuto. Lui ci viene incontro, ma a volte la strada per raggiungerlo è lunga e difficile e soprattutto è una strada personale che ognuno deve percorrere con le sue forze. E’ vero che Dio non ci fa mancare i suoi segni. Per i magi sono i segni della propria sapienza acquisita con fatica, è la stella che li accompagna in certi momenti, è il coraggio di uscire dalla propria casa, dai propri libri è il coraggio di mettersi in viaggio, di correre una avventura che ad altri può sembrare un rischio inutile… Per noi quali saranno i segni? Ciascuno di noi, per cercare il Dio che ci viene incontro, ne ha moti di segni. Prima di tutto le vicende della propria vita personale possono parlarci se non le subiamo ma ne cerchiamo il senso. Perfino un dolore una prova può abbatterci o indicarci la strada a seconda di come sappiamo viverlo. Poi c’è la rivelazione, la parola di Dio. Anche qui non tutto è facile, anzi il mistero giustamente avvolge questa Parola che spesso è rivestita anche di tanta povertà umana, ma essa può guidare la nostra conoscenza e soprattutto può indicarci modi di vita consoni all’incontro. Ci può essere la nostra intelligenza, possono esserci amici che ci indicano la strada. Ma ricordiamoci che per incontrarlo davvero dobbiamo fare come ha fatto Lui, metterci in movimento.

Gli scribi e i farisei hanno le Scritture, alla domanda di Erode sanno rispondere con esattezza perfino sulla cittadina della nascita del Messia; sanno tutto, ma non si muovono. Sono solo a otto chilometri di distanza, ma non si smuovono dai loro libri, dalle loro pergamene, dalla propria religiosità rassicurante e ripetitiva. Erode pensa di avere il potere, ma anche Lui non si muove e come tutti i potenti e i diplomatici della terra fa muovere gli altri per Lui, chiede informazioni, trama insidie: in fondo l’unico interesse che potrebbe avere per il Messia sarebbe quello di far sì che non lo disturbi nel suo potere, e pur di avere questa tranquillità sarà disposto anche a fare uccidere dei bambini (intanto non contano, non producono, non votano).

I Magi invece partono da lontano, si fidano delle proprie ricerche, dei segni ricevuti, vogliono controllare che siano veri, si muovono. Chissà quante volte si saranno sentiti scoraggiati, in fondo quella stella non era il pilota satellitare, per oscurare una stella bastano un po’ di nuvole. Eppure continuano il cammino, quando non sanno hanno l’umiltà di chiedere e, alla fine, arrivano.

Penso che oggi possa succedere esattamente la stessa cosa: Dio ci viene incontro, magari non con le forme come le vorremmo noi, ci viene incontro a volte anche non per le strade ufficiali delle religioni, ma togliamoci dalla testa di poterlo incontrare senza uscire di casa. Tra le pagine polverose dei libri o nei portali di Internet potrai forse trovare delle preziose indicazioni o anche il Dio degli altri, ma se vuoi delle risposte vitali devi incontrarlo di persona. E allora: "Esci dalla tua terra", e questa parola che Dio aveva detto ad Abramo per poter misurare la sua fede e su di essa fondare l’Alleanza con lui, Dio la dice anche a noi, specialmente a noi che corriamo il rischio, tra il benessere e le parole suadenti di mille annunciatori di verità da buon mercato, di essere indifferenti, apatici. Purtroppo credo che oggi la maggior difficoltà ad incontrare Dio e con Lui il senso del nostro vivere, non sia la mancanza di fede ma l’indifferenza, il sentirci sazi, il non aver voglia di uscire da noi stessi, il preferire accodarci a chi ha la maggioranza, il preferire di pagare le tasse a religioni ammuffite e rattrappite piuttosto che correre il rischio dell’avventura, preferire le chiese della tradizione piuttosto che cercare Gesù sulle strade. In questo caso troveremo solo la tradizione, perché da quelle chiese senz’anima Cristo è uscito per andare incontro all’uomo che lo cerca sulla strada della vita.

 

 

Lunedì 7

San RAIMONDO DE PENAFORD; San CRISPINO

Parola di Dio: 1Gv., 3,22-4,6; Sal. 2; Mt. 4,12-17.23-25

 

"GESU’ PERCORREVA TUTTA LA GALILEA, INSEGNANDO NELLE LORO SINAGOGHE E PREDICANDO LA BUONA NOVELLA DEL REGNO E CURANDO OGNI SORTA DI MALATTIE E DI INFERMITA’ NEL POPOLO". (Mt. 4,23)

Matteo inizia il racconto della vita pubblica di Gesù inquadrandolo in alcune parole: "Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino", e in alcuni gesti di liberazione operati dal Messia.

Predicare e guarire, contemplare e agire, parlare e fare, tutte serie di verbi che nel cristianesimo viaggiano accoppiati: uno non può fare a meno dell'altro. Il regno di Dio è annuncio e azione; non possiamo dire beati i poveri se concretamente non ci mettiamo dalla loro parte, non possiamo dire che Dio è buono se la nostra vita non annuncia la sua bontà, non possiamo dire che Dio è misericordioso con noi se anche noi non ci facciamo misericordia e perdono in modo concreto con il fratello. Un cristiano che non dice niente di Gesù e che non compie i suoi stessi gesti di liberazione è solo "sale che ha perso il suo sapore e che non serve ad altro che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini".

Ma noi non sappiamo fare i miracoli che faceva Gesù!

E’ vero, ma i miracoli non sono solo le risurrezione dei morti, le guarigioni miracolose senza una causa apparente, le apparizioni straordinarie… ciascuno di noi può operare miracoli: far nascere un sorriso, aprire un cuore ad una speranza, guarire da una tristezza, farsi carico di una preoccupazione di altri, non chiudere la porta in faccia ad una richiesta, cercare con chi è in ricerca, dire una parola evitando l’arroganza, dedicare un po’ del nostro prezioso tempo a qualcuno, saper vedere nel mondo anche il positivo, saper dire grazie… Pensate: se tutti i cristiani facessero alcuni di questi miracoli, il mondo non andrebbe un po’ meglio?

 

 

Martedì 8

San SEVERINO; San LUCIANO

Parola di Dio: 1Gv. 4,7-10; Sal. 71; Mc. 6, 34-44

 

"IN QUESTO STA L’AMORE: NON SIAMO STATI NOI AD AMARE DIO, MA E’ STATO LUI CHE HA AMATO NOI E HA MANDATO IL SUO FIGLIO COME VITTIMA DI ESPIAZIONE PER I NOSTRI PECCATI" . (1Gv, 4,10)

"Ti amo..."

E’ la parola più piacevole e desiderabile che una persona possa ascoltare. La sentiamo ripetere sovente, ma il più delle volte ad essa non corrisponde alcuna realtà o solo realtà parziali.

Uno solo l’ha detta e vissuta con assoluta sincerità e totale dedizione: Dio.

Egli ti ha creato gratuitamente a sua immagine e somiglianza perché potessi dialogare con lui, vivere immerso nel suo amore e un giorno contemplare il suo volto e partecipare alla sua gloria e felicità infinita.

Anche quando lo rifiuti, calpesti la sua legge, lo offendi come fosse un tuo nemico, non cessa di amarti.

Per te ha creato l’universo, regolato da leggi meravigliose che non finiranno mai di stupirti.

Per te ha inviato sulla terra il suo Unigenito perché diventasse tuo fratello, compagno e guida nel pellegrinaggio terreno. Per te non ha esitato a lasciarlo morire in croce, abbandonato e tradito da tutti, perché espiasse i tuoi peccati e ti riaprisse le porte del paradiso, dove tu, vero figlio di Dio, vivrai eternamente beato.

Per te ha voluto rimanere sempre presente mediante la grazia dei sacramenti che ti rendono partecipe, già qui sulla terra, della vita divina; per te ha istituito il sacerdozio, per perdonarti ogni colpa, si rende presente nell’Eucarestia per donarsi tutto a te, sotto la specie del pane e del vino, caparra e garanzia di vita immortale: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno" (Giovanni 6,54).

Dimmi, poteva amarci di più?...

Anche nel cammino di fede qualche volta bisogna allora fare esercizio di analisi logica, bisogna imparare a cambiare soggetto: "Ti amo con tutto il cuore", diciamo al mattino e alla sera nella preghiera del ‘Ti adoro’. Forse prima di fare promesse di questo genere è meglio dire: "Tu, mio Dio, mi ami con tutto il cuore" perchè solo rendendoci conto di essere amati per primi da Dio e per di più gratuitamente che possiamo imparare ad amare, a rispondere, pur nella nostra debolezza, "con tutto il cuore".

 

 

Mercoledì 9

San GIULIANO; San BASILISSA

Parola di Dio: 1Gv. 4,11-18; Sal. 71; Mc. 6,45-52

 

"NELL’AMORE NON C’E’ TIMORE, AL CONTRARIO L’AMORE PERFETTO SCACCIA IL TIMORE". (1Gv. 4,18)

Uno dei sentimenti più profondi che accompagnano l'uomo durante tutto l'arco della vita è la paura: paura del male fisico, paura di non riuscire nella vita, paura di non essere compresi, amati, aiutati, paura di sbagliare... paura di Dio!

Il terrorismo si basa sulla paura. Le guerre ingenerano la paura. Le false religioni si costruiscono sulle paure e sui falsi sensi di colpa dell’uomo.

Se nella nostra vita piccola e precaria non possiamo fare a meno delle paure che qualche volta hanno anche la virtù di renderci attenti e di evitarci certi rischi, di una paura dobbiamo liberarci. E’ la paura di Dio. Di Dio si deve aver timore, cioè rispetto, ma non paura

Gesù sovente dice: "Non abbiate paura" (Mt. 12,27), "Non preoccupatevi per la vostra vita.., guardate i gigli dei campi" (Mt. 6,24—29). Il vero problema è credere alla Parola di Dio, è lasciarci amare e amare sul serio, è fidarsi che Dio può trarre il bene anche dal male.

Solo quando ci sentiremo davvero amati da Dio, quando con Gesù lo riconosceremo Padre e non padrone, quando accetteremo allora dalle sue mani ogni cosa, anche quelle difficili perché date con amore, Dio sarà per noi ciò che Egli veramente è: Colui che ama totalmente.

 

 

Giovedì 10

Sant’ALDO; San DOMIZIANO

Parola di Dio: 1Gv. 4,19-5,4; Sal. 71; Lc. 4, 14-22

 

"LO SPIRITO DEL SIGNORE MI HA MANDATO PER ANNUNZIARE AI POVERI UN LIETO MESSAGGIO, PER PROCLAMARE AI PRIGIONIERI LA LIBERAZIONE, AI CIECHI LA VISTA, PER RIMETTERE IN LIBERTA’ GLI OPPRESSI…". (Lc. 4,18)

Il vangelo di Luca ci presenta Gesù che inizia la sua vita pubblica predicando nella sinagoga del suo paese. E Gesù attualizzando la Bibbia ci dà subito un quadro di chi sia Lui e di quale sia il suo compito.

Gesù non è un uomo con velleità né politiche né religiose, è un mandato dallo Spirito Santo di Dio; quello che Lui opera non è iniziativa di un uomo, di un gruppo religioso o politico, è opera di Dio: "Chi vede me, vede il Padre… Io e il Padre siamo una cosa sola"

E qual è il compito di Gesù? Non quello di portare un lieto messaggio, una notizia buona, ma "il" lieto messaggio, "la" Buona notizia. Quando ci arriva una buona notizia, ci fa sempre piacere, ma le buone notizie terrene sono piene di limiti. Con Gesù siamo davanti alla Buona notizia di Dio, quindi ad una notizia eterna e immutabile: Dio è nostro Padre e ci vuole liberi dal peccato e dal male, per sempre.

Ma questa buona notizia chi sa accoglierla? Solo i poveri, cioè coloro che non avendo altro, che non essendo legati a mire terrene, sentono di aver bisogno di tutto e riconoscono che Dio solo può dare loro il necessario. Quindi la liberazione cristiana non è prima di tutto fare ricchi i poveri, ma è dire ai ricchi e ai poveri che senza Dio non si può nulla e che Dio è disposto a liberarci dal carcere del nostro egoismo, del nostro peccato, che Dio è disposto ad aprire quegli occhi che stentano a vedere Lui e i fratelli.

Dunque questa frase di Isaia che Gesù applica a se stesso e che noi, battezzati nel nome di Cristo, possiamo e dobbiamo applicare a noi stessi, non è solo per indicare i miracoli che Gesù compirà guarendo i malati, ridonando la vista ai ciechi, facendo camminare gli storpi, è soprattutto il messaggio dell’intera vita di Gesù. La Buona notizia è Lui, il Figlio di Dio che si dona totalmente a noi, che ci ama e va sulla croce mentre noi siamo ancora peccatori, che ci indica la via verso il Padre. Così dovrebbe essere anche il cristiano: l’annuncio vivente della buona notizia di Gesù che mentre ci salva ci manda anche per essere segno di speranza per ogni uomo sulla terra.

 

 

Venerdì 11

Sant’IGINO; San LEUCIO

Parola di Dio: 1Gv. 5,5-13; Sal. 147; Lc. 5,12-16

 

"FOLLE NUMEROSE VENIVANO PER ASCOLTARLO E FARSI GUARIRE DALLE LORO INFERMITA’. MA GESU’ SI RITIRAVA IN LUOGHI SOLITARI A PREGARE". (Lc. 5,15-16)

Gesù, la Buona notizia di Dio, è venuto sulla terra per farsi conoscere, e nei tre anni della sua vita pubblica, noi vediamo quanti viaggi, quanta predicazione, quanti gesti e miracoli Gesù compia per manifestarsi agli uomini. Risultati? Dodici apostoli che capiscono poco e che fuggiranno al momento giusto, un gruppetto di donne, un ladro salvato all’ultimo momento… Può sembrarci proprio poco, ma perché? Perché, allora come oggi, succedeva che si va volentieri dietro l’ultima novità, che si discute volentieri di teologia, che si è terribilmente abitudinari nella religione, che si preferiscono le apparenze miracolistiche piuttosto che il confronto con una persona concreta. E’ anche per questo che Gesù prende sovente le distanze dalla folla e, pur non lesinando la sua presenza tra gli uomini, pur parlando un linguaggio facile e comprensibile, pur cercando di fare da buon pastore ad una folla sbandata, Gesù non si ferma agli umori della gente, scappa quando vogliono farlo re per acclamazione, rifugge dai miracoli-tira- applausi. Gesù sa che le folle sono ancora più volubili che non i singoli, che gli applausi di un giorno possono diventare le grida di "A morte!" del giorno dopo… e allora? Egli sovente si ritira a pregare e indica anche a noi, Chiesa di oggi, quale sia la strada per continuare il suo annuncio: non la conquista del mondo delle apparenze che sono mutevoli, non i facili successi delle manifestazioni di piazza, ma la profonda comunione con Dio.

Quando sento dire che i cristiani per conquistare i giovani devono farsi come loro, dissento: noi dobbiamo offrire ai giovani dei valori, non scimmiottare certi loro comportamenti imbecilli. Quando sento parlare di missione da professionisti delle parole che vedi chiaramente perfetti conoscitori di teologie ma non senti la loro unione a Dio, dico apertamente che le chiacchiere religiose non hanno mai portato alla fede nessuno, quando sento parlare più di Chiesa che di Cristo dico: "Povera chiesa: gran bella struttura, ma solo di uomini!"

Per portare la Buona notizia di Gesù, bisogna essere almeno un po’ Gesù e questo non lo si ottiene con le chiacchiere, le teologie, gli applausi della gente, ma solo se ti innamori di Lui.

 

 

Sabato 12

San MODESTO; Santa CESIRA; Sant’ARCADIO

Parola di Dio: 1Gv. 5,14-21; Sal. 149; Gv. 3,22-30

 

"DICEVA GIOVANNI: EGLI DEVE CRESCERE E IO INVECE DIMINUIRE". (Gv. 3,30)

Giovanni il Battista possiede la vera umiltà, quella che afferma solo la verità. E’ consapevole del suo ruolo di battistrada del Messia e per esserne fedele sarà disposto a dare la vita, ma non si lascia tentare dall’orgoglio di farsi più grande di ciò che è: "Bisogna che io diminuisca affinché Lui cresca ","Non son degno di sciogliere il legaccio del suo sandalo".

Quanta differenza dall‘atteggiamento saccente di certi cristiani che si sentono in prima persona salvatori del mondo: "Se non ci fossi io in quella parrocchia, tutto andrebbe a catafascio". "Il nostro gruppo è l’unico dove si prega veramente". Ricordo un vecchio prete che davanti alle mie intemperanze ed esagerazioni giovanili nella pastorale parrocchiale, tra il faceto e il serio mi diceva: "Guarda che il mondo l’ha già salvato Gesù Cristo!".

E’ importante ritrovare il nostro e il suo ruolo. Siamo importanti: Gesù ci chiede di essere suoi collaboratori nel Regno, ma chi salva è Lui; siamo annunciatori ma non di noi stessi, di Lui; dobbiamo imitare in tutto il Cristo, ma l’originale è Lui.

 

 

Domenica 13

BATTESIMO DEL SIGNORE - Sant’ILARIO

Parola di Dio: Is. 42, 1-4; 6-7; Sal 28; At. 10,34-38; Mt. 3,13-17

 

1^ Lettura (Is. 42, 1-4. 6-7)

Dal libro del profeta Isaia.

Così dice il Signore:

Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza; non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra; e per la sua dottrina saranno in attesa le isole. Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre.

 

2^ Lettura (At. 10, 34-38)

Dagli Atti degli Apostoli.

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: "In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d'Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti. Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui".

 

Vangelo (Mt. 3, 13-17)

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: "Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?". Ma Gesù gli disse: "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia". Allora Giovanni acconsentì. Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto".

 

RIFLESSIONE

 

Terminato il ciclo natalizio, con un balzo di circa trent’anni, ecco che questa domenica ci propone la festa del Battesimo di Gesù. Se la cosa può sembrarci strana da un punto di vista cronologico, invece questa festa si pone in diretta continuità con l’Epifania, cioè la manifestazione di Gesù a tutte le genti della terra. Infatti se Dio viene incontro a tutti coloro che lo cercano, ecco che la festa di oggi ci spiega chi sia questo Gesù che è venuto.

Il battesimo di Gesù, infatti, con i suoi segni: i cieli che si aprono, lo Spirito che scende su di Lui come colomba, la voce del Padre che indica Gesù nella sua missione, non solo serve a Gesù per confermarlo nel suo compito di Figlio di Dio venuto sulla terra per salvare gli uomini attraverso una donazione totale, ma serve anche a far capire a noi chi sia questo Messia e come possiamo e dobbiamo seguirlo e manifestarlo.

Ecco alcune caratteristiche del Messia così come emergono dalle letture di oggi:

Il messia viene con potenza ma con umiltà.

Giovanni il Battista, nella sua predicazione aveva annunciato un Messia potente, "con il mano il ventilabro per purificare la sua aia", uno, insomma, che finalmente avrebbe messo a posto le cose, avrebbe fatto piazza pulita dei peccatori e dei pagani, avrebbe riportato la fede di Israele alla sua integrità. Gesù invece appare, stupendo anche il Battista, in fila con i peccatori, a ricevere un battesimo di penitenza di cui personalmente non aveva bisogno.

Il Cristo che è venuto è potente. E’ "il Figlio diletto del Padre", è, come diciamo nel Credo "Colui che verrà a giudicare i vivi e i morti", è Colui che ha la potestà di guarire gli ammalati, di ridare la vista ai ciechi, di fare camminare i paralitici, di far risorgere chi è morto, ma è anche Colui che sceglie di stare non dalla parte di coloro che si sentono giusti, di coloro che si fanno paravento della religione per giustificare il proprio essere, ma dalla parte dei poveri, dei peccatori, di coloro che fanno fatica ma che riconoscono di aver bisogno prima di tutto della misericordia di Dio.

Fin dalla sua prima apparizione pubblica, ancora prima che il Padre lo confermi nella sua missione, Gesù manifesta pienamente quale sarà il suo servizio all’umanità :"si è fatto peccatore per salvare i peccatori", è davvero l’Agnello che sarà immolato per togliere il peccato del mondo, è il capro espiatorio che si è caricato di tutto il peccato e il male del mondo per morire insieme a questo male e liberare chi da solo non ce l’avrebbe fatta.

La grande potenza di Cristo non consiste quindi nella straordinarietà della sua persona, ma nell’umiltà e nell’amore che Egli ha per il Padre e per noi. Ben si adatta allora alla figura di Gesù il brano messianico di Isaia che abbiamo letto come prima lettura

"Egli non griderà né alzerà il tono": Gesù, nella sua vita pubblica sarà sì in tutti i luoghi di vita dell’uomo, predicherà il Regno, ma il suo tono non sarà quello dei predicatori televisivi ora roboante ora suadente a seconda delle occasioni, Gesù non cercherà "audience" per catturare la benevolenza delle persone, Gesù non imporrà se stesso a nessuno, sarà soltanto la decisa proposta del Padre. Gesù non catturerà la fede degli altri a colpi di miracoli, anzi fuggirà davanti alla gente che vuol farlo re perché ha sfamato gratis cinquemila persone. Egli, dice ancora Isaia: "Non spezzerà la canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta". Non userà il modo di certi predicatori che è quello di far sempre sentire tutti (eccetto se stessi) estremi peccatori degni solo delle fiamme dell’inferno. Gesù dirà quello che è giusto e quello che è vero senza scendere a compromessi, ma anche a seconda delle capacità di comprensione delle persone che lo ascoltano, esecrerà e prenderà le distanze dal peccato, ma avrà tutte le attenzioni per il peccatore.

Se dunque il nostro Maestro è così, anche noi dobbiamo imitarlo e allora la festa del Battesimo di Gesù, oltre che presentarci chi sia il nostro Salvatore ci ricorda che noi, proprio nella misericordia di Gesù abbiamo ricevuto un Battesimo che ci ha fatto cristiani. Come per Gesù nel Giordano, anche per noi nell’acqua del nostro Battesimo, Dio Padre ci ha aperto il cielo, ci ha resi suoi figli, ci ha totalmente rinnovati con il dono del suo Spirito, ci ha introdotti nella sua famiglia togliendoci ogni macchia di peccato. Per grazia sua siamo Figli di Dio e non c’è grazia più grande di questa. Dio si impegna ad esserci Padre, ma anche noi ci impegniamo a vivere da figli, a vivere come Gesù. A continuare la missione di Gesù, quella di portare il Vangelo e l’amore e la salvezza di Dio a tutti, anche a costo di sacrifici.

Purtroppo per molti cristiani il battesimo è un fatto che è avvenuto quando erano ancora piccoli e che, a parte qualche stinta fotografia, è rimasto un gesto, un rito del nostro passato.

Non è forse vero che molti di noi infatti non vivono il proprio battesimo ma preferiscono delegare ad altri il compito di comportarsi come Cristo? Incarichiamo i missionari di andare ad annunciare il Vangelo al posto nostro, le monache a sostituirci nella nostra preghiera, i volontari e gli impegnati a mettersi a servizio degli altri e anche della parrocchia al posto nostro. Incarichiamo l’elemosina di farci sentire buoni e generosi. Pensiamo che qualche rito possa risolvere i problemi della nostra anima, tacitiamo le nostre coscienze (quando ancora ci rimordono per qualcosa) dicendoci che non tutto è nelle nostre possibilità che: "Intanto che cosa posso farci io davanti ai problemi immani della fame nel mondo, delle malattie, delle guerre?", affidiamo ai giornali o alla televisione il compito di pensare al posto nostro, Diamo ai preti e agli "addetti ai lavori" il compito di rispondere alla "vocazione".

Troppo facile essere cristiani così, cristiani che hanno sempre dei supplenti a disposizione.

Quel Battesimo che abbiamo ricevuto e che anche oggi riconosciamo come dono è un impegno personale, è una fede che va compresa, resa consapevole, matura, è essersi rivestiti di Cristo, è appartenere a Lui, è cercare, pur con mille povertà, di manifestare quotidianamente Lui. Il Battesimo deve diventare totalmente "nostro", un fatto che ci veda protagonisti in prima persona. E se Gesù ha adempiuto al suo compito con umiltà, anche il nostro modo di proporci agli altri deve essere umile, non legato ai successi di massa, propositivo, attento al prossimo, solidale, capace di gesti donazione totale.

Il battesimo non è soltanto un documento che sta rinchiuso in qualche archivio parrocchiale è un dono sempre nuovo che ciascuno deve rinnovare ogni giorno e che poco per volta ci deve far diventare simili a Gesù "il Figlio diletto nel quale il Padre si è compiaciuto."

 

 

Lunedì 14

San FELICE DA NOLA; San MALACHIA;

Parola di Dio: 1Sam. 1,1-8; Sal, 115; Mc. 1,14-20

 

"GESU’, PASSANDO LUNGO IL MARE DI GALILEA VIDE SIMONE E ANDREA…E DISSE LORO: SEGUITEMI, VI FARO’ PESCATORI DI UOMINI. E SUBITO, LASCIATE LE RETI, LO SEGUIRONO". (Mc. 1,16-18)

Nei tre anni di vita pubblica Gesù macina tanta strada. Quasi mai è fermo. Non aspetta che la gente vada a Lui, ma va a cercarla là dov'è. E quando chiama a seguirlo non invita ad andare in chiesa, ma a mettersi in cammino dietro a Lui per imparare da Lui.

Dio è sempre in movimento e mette in movimento: sono i nostri disegni sbagliati che ci hanno rappresentato un Dio seduto sul trono a cui la barba è diventata bianca, ma la realtà non è questa: Cristo cammina, ci cerca dove siamo, è sulla strada con noi, si stanca, si affatica con noi, soffre e gioisce dei nostri dolori e delle nostre gioie.

"Seguitemi!". Per diventare apostoli non basta "imparare a memoria una lezione", non basta neppure superare gli esami, bisogna andare dietro, vedere, fare esperienza, lasciarsi coinvolgere, imitare. Seguire Gesù non significa, allora, farsi una posizione, sedersi su uno scranno e legiferare, arrivare alle chiavi del potere, ma mettersi in cammino, rischiare di seguirlo sul trono della croce, essere continuamente scomodati, fare spazio ad un mucchio di gente. Sarà, forse, proprio per questo che oggi scarseggiano le vocazioni sacerdotali, religiose, missionarie. E, forse, è anche per questo che scarseggiano le vocazioni "cristiane". Ci si accontenta spesso di un cristianesimo di etichetta, di formalismo religioso. Eppure, se seguire Gesù significa scomodarsi, è anche estremamente entusiasmante poter fare esperienza di Lui. Lui ti libera dagli affanni, ti rende capace di amare tutti, capace di perdonare; con Lui la vita è un’avventura sempre nuova, piena. Con Lui trovi, in mezzo a tante difficoltà, il senso del vivere.

 

 

Martedì 15

San PAOLO EREMITA; Sant’ EFISIO; San MAURO

Parola di Dio: 1Sam. 1,9-20; Salmo da 1Sam. 2,1.4-8; Mc. 1,21-28

 

"UN UOMO POSSEDUTO DA UNO SPIRITO IMMONDO SI MISE A GRIDARE: CHE C’ENTRI CON NOI, GESU’ NAZARENO? SEI VENUTO A ROVINARCI? IO SO CHI TU SEI: IL SANTO DI DIO". (Mc. 1, 23)

Può stupirci il fatto di constatare che subito, all’inizio della sua vita pubblica, e per di più in un luogo santo, la sinagoga, si manifesti il diavolo accanto a Gesù, anzi può stupirci ancora di più il fatto che sia proprio il diavolo il primo a riconoscerlo come Figlio di Dio.

Dove c’è il bene, lì il male si accanisce.

Il diavolo non va a tentare quelli che sono già suoi, gli basta la loro mediocrità. Il diavolo si accanisce là dove è il bene. Pensate alla vita dei santi: essa non fu mai una beata passeggiata mistica ma una lotta continua. Il diavolo se la prendeva di persona con il curato d’Ars e a volte lo buttava giù dal letto e lo chiamava "mangia patate" per le sue penitenze. Ma il Curato d’Ars nella sua semplicità sapeva una cosa: "Se è venuto il diavolo significa che c’è qualcosa che non gli va: Oggi arriverà un anima che si convertirà e a Lui questo dispiace e allora si agita".

Con Gesù il diavolo si manifesta e grida forte proprio perché sa che Gesù lo caccerà via. Questa è la certezza di fede che il cristiano dovrebbe avere: quando il male si agita, grida forte, fa soffrire, ce la mette tutta per farsi sentire forte, lo fa perché sta per essere sconfitto. Il male, in qualunque modo si presenti sa di essere perdente davanti a Dio e sa di essere perdente anche davanti all’uomo che ha con se la forza di Dio: vi ricordate uno dei primi episodi della Bibbia? Caino risentito per il fatto che Dio aveva preferito i doni di Abele, si lamenta. Dio gli dice: "Il male sta accucciato alla porta di casa tua, ma se vuoi puoi vincerlo". Caino non ci riesce perché fidandosi solo di se stesso, dei suoi ragionamenti, della sua gelosia, del suo senso di giustizia, si rende debole e il male che era solo accucciato morde e Caino uccide suo fratello, ma se Caino si fosse fidato di Dio, lasciando a Lui il giudizio sul bene e sul male, se avesse visto in suo fratello non un concorrente ma un fratello, il male non avrebbe potuto nulla contro di lui.

Non spaventiamoci dunque se nella nostra vita ci sono tentazioni anche forti, non perdiamoci d’animo quando ci sembra che il male abbia il sopravvento sul bene, quando vediamo il giusto tra mille prove, quando ci sembra che davanti al male anche Dio taccia. E’ il momento di fidarsi non di noi stessi ma di Dio: se il male grida è perché sa che sta per essere sconfitto da Dio.

 

 

Mercoledì 16

San MARCELLO; Santa PRISCILLA

Parola di Dio: 1Sam. 3,1-10.19-20; Sal. 39; Mc. 1,29-39

 

"LA SUOCERA DI PIETRO ERA A LETTO CON LA FEBBRE E SUBITO GLI PARLARONO DI LEI. EGLI, ACCOSTATOSI, LA SOLLEVO’ PRENDENDOLA PER MANO; LA FEBBRE LA LASCIO’ ED ESSA SI MISE A SERVIRLI". (Mc.1,30-31)

E’ solo con un amico vero, sincero che ci si comporta così. Pietro ha invitato Gesù a casa sua, è meravigliato di questo personaggio e ancor più contento che un Rabbi lo abbia degnato di un onore così grande. Ma Pietro ha subito capito una cosa: con uno come Gesù si può essere semplici, sinceri, si può avere confidenza, "Allora, di chi gli parlo? Della mia famiglia dei guai che in questo momento ci sono in casa, della malattia di mia suocera".

Noi possiamo avere questa confidenza con il Signore. Anzi, Lui desidera che noi abbiamo questo atteggiamento con Lui. Gesù non si stanca di ascoltarci, anche dei nostri piccoli bubù quotidiani.

Sono molto belle le preghiere ufficiali. La preghiera migliore poi è l’Eucarestia offerta, partecipata, ricevuta, cosa ottima è la preghiera della Chiesa, il breviario. Ma se qualche volta nelle preghiere ufficiali possiamo sentirci staccati, se qualche volta i salmi che preghiamo non corrispondono affatto ai sentimenti che proviamo, nella preghiera personale possiamo davvero essere noi stessi. Mi stupisco sempre quando qualcuno mi chiede: "Che cosa devo dire nella preghiera?" E’ quasi come se un fidanzato venisse a chiedermi: "Mi suggerisca le parole che devo dire alla mia fidanzata, perché non so che cosa dirle".

Con Dio puoi parlargli di tutto, con Lui puoi cantare e anche fischiettare, con Lui puoi piangere, se hai occhi, poi, riesci a vedere anche le sue risposte nella natura, negli occhi di un bambino nelle sofferenze di un malato… puoi perfino sentire la sua voce nella Bibbia, nella voce del fratello che hai incontrato, nelle notizie del tuo giornale. Puoi farti portavoce anche di altri, del tuo vicino di casa che deve affrontare una operazione, di quella coppia di sposi che finalmente è riuscita ad avere il figlio tanto desiderato… puoi con Lui spaziare nel mondo intero essere con i sacerdoti prigionieri in Cina, con quello scienziato del Canada che sta facendo una scoperta che potrà aiutare molti malati, con l’amico che non vedi da tre anni perché è andato a lavorare in Australia, puoi camminare con quel missionario che sta marciando da tre giorni per andare a trovare una tribù dell’Amazzonia, puoi essere solidale con quegli operai che sono alla fame a causa della chiusura di quella miniera, puoi entrare in punta di piedi negli ospedali, puoi essere in chiesa ad adorare l’Eucarestia, puoi sentire Maria e i santi che pregano e adorano con te… Dio ti ascolta, sempre e se anche non sempre risolve i problemi come vorresti tu, sta sicuro che la sua mano si posa ancora e sempre su di te e su tutti coloro di cui tu gli hai parlato.

 

 

Giovedì 17

Sant’ANTONIO ABATE

Parola di Dio: 1Sam. 4,1-11; Sal. 43; Mc. 1,40-45

 

"VENNE A GESU’ UN LEBBROSO". (Mc. 1,40)

E’ piombata di colpo su di te. Non te l’aspettavi. Le cose avevano il loro corso. Avevi delle ottime prospettive. E poi all’improvviso quella disgrazia. Ti ha umiliato. Ti ha allontanato dal mondo della produzione. Altri ne hanno subito approfittato. Ti sei sentito compatito e non ti ha fatto piacere. Sei diventato scorbutico, velenoso…

Perché non ti decidi ad andare da Gesù?

Perché spesso stai lì a crogiolarti nella tua sofferenza e nella tua impotenza, quasi odiandoti poi per la tua debolezza?

Perché da una parte vorresti raccontare il tuo male a tutti, quasi scaraventarlo addosso agli altri e d’altra parte taci perché sei convinto che nessuno ti capirebbe e che anche le eventuali parole di conforto ti darebbero fastidio?

Perché bruciare così questa tua sofferenza, sprecarla quando è parte della tua vita?

Deciditi ad andare da Gesù come quel lebbroso!

Non sentirti sminuito se ti inginocchi davanti al Figlio di Dio, se le tue mani sono vuote, anzi, coperte di piaghe puzzolenti.

Non aver paura di riversare tutta la tua sofferenza su di Lui. Lui è "l’uomo dei dolori che conosce ogni forma di patire". Le ha sperimentate sulla sua pelle.

Non vergognarti della puzza e dello schifo delle tue ferite. Lui è venuto per caricarsi il peccato del mondo e per inchiodarlo sulla croce.

Deciditi ad andare da Gesù, non tanto perché Lui ti tolga da ogni sofferenza, ti faccia andare bene tutto, ma perché Lui ti liberi dal non senso del soffrire, dia uno scopo al tuo dolore e un significato perfino al tuo peccato.

Non chiuderti in te stesso, non estraniarti dal prossimo, non stordirti di droghe per nascondere, va a cercare quella mano che non ha paura di contagio, quegli occhi che non esprimono ribrezzo, quella voce che vuol solo pronunciare parole di liberazione, di conforto, di gioia.

Non perdere la tua malattia e non lasciare che il male ti perda. Deciditi: va da Gesù.

 

 

Venerdì 18

Santa MARGHERITA D’UNGHERIA; Santa PRISCA

Parola di Dio: 1Sam 8,4-7.10-22; Sal. 88; Mc. 2,1-12

 

"GESU’, VISTA LA LORO FEDE, DISSE AL PARALITICO: FIGLIOLO, TI SONO RIMESSI I TUOI PECCATI". (Mc. 2,5)

Un paralitico viene portato davanti a Gesù. I suoi amici hanno fatto tanta strada con quella lettiga, poi hanno dovuto usare astuzia e fantasia per far giungere il malato davanti a Gesù, ma scoperchiando un tetto ci sono riusciti. Dunque ci sarà il miracolo!? "Ti sono rimessi i tuoi peccati".

Ma, allora anche Gesù parla di peccato, anzi sembra quasi affermare la mentalità corrente degli Ebrei che la malattia sia una conseguenza del peccato. Ma il peccato non è un qualcosa di quasi inventato dalle religioni per tenere l’uomo in soggezione?

Il peccato esiste: guardati attorno e scopri che se nel mondo ci sono guerre, se le famiglie sono divise, se il male impera nel mondo, se la giustizia è vilipesa, se per il mondo valgono di più i soldi che le persone, è perché il peccato c’è.

Se ti accorgi che nella tua vita tu vorresti operare il bene e poi ti scopri a fare il male, se ti sorprendi a dire: "Che me ne importa di quel mio fratello: se ne stia a casa sua, al suo paese e lasci in pace chi è per bene", se la rabbia domina certe tue scelte, se pensi di essere l’unico giusto della terra e che "se tutti fossero così…", allora ti rendi conto che il peccato c’è e che è proprio la radice del male, di ogni male.

E’ vero, però, che peccato non può essere solo il trasgredire delle norme che il più delle volte sono frutto della storia dell'uomo. Per la Bibbia, nel suo insieme, peccato è mancare il segno, non realizzarsi secondo il piano di Dio ed anche non mantenere i patti, quindi infedeltà a se stessi, al prossimo e a Dio.

E allora mi accorgo che tante cose sono inutili. Non servono i sensi di colpa che non aiutano l'uomo a costruirsi con realismo nel suo insieme secondo il programma di Dio.

E' assurdo fondare il peccato sulla semplice trasgressione di una norma o pensare che dipenda da cose e non sia invece in riferimento ai rapporti interpersonali. Non è giusto cancellare il peccato in nome di facili permissivismi ma è veramente sbagliato volerlo vedere ovunque o, dietro la sua paura, privarsi del giusto gusto della vita, della libertà e delle creature di cui il Signore stesso ci fa godere. E' sbagliato pensare al peccato collegandolo con un Dio attentissimo, contabile di peccati. Stando alla Bibbia peccato è un amore mancato, non corrisposto, è voler rifiutare Dio nel costruirsi.

Ecco perché Gesù parte proprio di lì per liberare quell’uomo, ecco perché Gesù è l’Agnello di Dio che è venuto ad offrire la liberazione dal peccato. L’uomo che ritrova il suo equilibrio, si mette nella giusta direzione nei confronti di se stesso, di Dio e del prossimo diventa allora capace di affrontare il male.

 

 

Sabato 19

San MARIO; San BASSIANO

Parola di Dio: 1Sam. 9,1-4.10.17-19; 10,1; Sal. 20; Mc. 2,13-17

 

"NON SONO VENUTO A CHIAMARE I GIUSTI MA I PECCATORI". (Mc. 2,17)

Quello di dividere il mondo tra buoni e cattivi, peccatori e giusti è un errore evidente, però rischiamo di cascarci tutti. Quando andavo a scuola io, e la maestra doveva assentarsi, il capoclasse, quello che era considerato il più ‘buonino’, si metteva davanti alla lavagna che aveva diviso in due parti e sotto la scritta "Buoni" elencava i nomi di quelli che non facevano niente e sotto quella "Cattivi", gli agitati, quelli che parlavano.

Gesù sta con i "cattivi", va a pranzo con i "peccatori", dice che le prostitute e i peccatori precederanno i giusti nel Regno di Dio, afferma di essere venuto non per i giusti ma per i peccatori.

Gesù con molta ironia risponde agli scribi e ai farisei che lo accusano di essere a tavola con delle persone poco di buono e ricorda loro che chi pensa di essere giusto non ha bisogno di nessun altro, non ha bisogno di aiuto perchè ritiene di avere già abbastanza, non ha bisogno di perdono perché crede di non aver niente da farsi perdonare; non ha bisogno di amore perché pensa di essere l'unico capace ad amare in maniera completa e totale.

Gesù vede il male e il bene. Gesù combatte il male e la sua radice che è nel cuore di ogni uomo, ma, ai di là di ogni esteriorità, Gesù vede l'uomo. L'uomo nella sua ipocrisia o l'uomo nella sua realtà buona, anche se l'apparenza non dice così.

Se vogliamo che Gesù possa aiutarci, perdonarci, amarci, bisogna che con realtà ci mettiamo anche noi nella categoria dei peccatori perché solo così potremmo ricevere ciò che Gesù è venuto a portarci, far festa e stare al banchetto del Signore.

 

 

Domenica 20

2^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

San FABIANO; San SEBASTIANO; Beato GIUSEPPE NASCIMBENI

Parola di Dio: Is. 49,3.5-6; Sal. 39; 1Cor 1,1-3; Gv. 1,29-34

 

1^ Lettura (Is. 49, 3. 5-6)

Dal libro del profeta Isaia.

Il Signore mi ha detto: "Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria". Ora disse il Signore che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele, poiché ero stato stimato dal Signore e Dio era stato la mia forza mi disse: "E` troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Ma io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra".

 

2^Lettura (1 Cor. 1, 1-3)

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.

Paolo, chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è in Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.

 

Vangelo (Gv. 1, 29-34)

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele". Giovanni rese testimonianza dicendo: "Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio".

 

RIFLESSIONE

 

Riprendiamo la scena evangelica appena letta: Giovanni, vedendo venire Gesù verso di lui, lo indica ai suoi discepoli dicendo: "Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo". Questo termine, "Agnello", che a noi, a prima vista, sembra strano per indicare il Figlio di Dio è poi ripreso diverse volte, specialmente durante la liturgia Eucaristica. Ad esempio, invochiamo Gesù con questo nome nella preghiera del Gloria a Dio; si ripete tre volte proprio la frase di Giovanni dopo il segno della pace; il Sacerdote quando ci mostra il pane Eucaristico prima della comunione dice: "Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo".

Ma qual è il significato profondo di questa frase che attribuisce le doti di un agnello nientemeno che al Figlio di Dio venuto sulla terra?

La Bibbia, che è nata in un popolo principalmente dedito alla pastorizia, usa sovente questa immagine. Ecco allora che il primo modo di intendere, per altro comune a tante altre religioni, vede l’agnello come il simbolo dell’offerta dell’uomo a Dio, per propiziarlo, placarlo, ringraziarlo. Dalle prime pagine della Bibbia, pensate al sacrificio di Abele, e nella storia di tutte le religioni noi troviamo sacrifici ed olocausti di agnelli a Dio. Ad esempio all’epoca di Gesù due agnelli venivano immolati ogni giorno nel Tempio, davanti al Signore, uno al mattino e un altro al tramonto.

Ma nella Bibbia a questa immagine universale se ne aggiungono anche altre che fanno riferimento alla storia del popolo ebraico, ad esempio nella storia di Abramo, quando Dio gli chiede di sacrificargli l’unico figlio, Isacco viene visto come l’agnello che viene offerto a Dio, segno di fedeltà assoluta dell’uomo a Lui. Dio viene prima di tutto. Ma parlando dell’agnello il nostro pensiero va senz’altro all’agnello pasquale, quell’agnello ch, veniva immolato e consumato nella notte di Pasqua per ricordare il passaggio dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, quell’agnello il cui sangue, spruzzato sugli stipiti delle porte aveva salvato dalla strage i primogeniti degli Israeliti.

Gesù, dunque, assumendo il ruolo dell’Agnello è colui che è mediatore tra Dio e gli uomini, è colui che accetta di prendere su di sé le conseguenze del male del mondo con un estremo atto di amore e di offerta di sé a Dio, in solidarietà con tutti gli esseri viventi, facendosi per così dire, come gli agnelli sacrificati nel Tempio, "olocausto perenne per tutte le generazioni".

Un altro fatto molto importante, confermato anche dalla prima lettura di oggi è che il termine Agnello ha lo stesso significato del termine "servo di Dio". In questo senso già i libri del Nuovo Testamento hanno visto la figura di Gesù, ad esempio quando gli Atti degli Apostoli dicono che Gesù "come pecora fu condotto al macello, e come agnello senza voce davanti a chi lo tosa, così egli non apre la bocca e accetta la sua sorte"

Tutto questo ci porta a dire che Gesù è il Messia, il Servo di Dio, l’Agnello che realizza tutte le attese, perché è fedele fino alla fine, perché è obbediente a Dio e lo mette al primo posto, perché si carica del peccato, di ogni peccato quindi anche del mio peccato, per fare morire con sé il peccato e donarci il perdono di Dio.

E tutto questo Gesù lo fa nella mitezza.

La mitezza è l’unica capace a prevalere sulla prepotenza. Il male sembra inattaccabile. Più lo attacchi con violenze e più il male ingrandisce, pensate anche ai fatti recenti della nostra storia, per estirpare un male enorme si ricorre ad un altro male ancora peggiore. Eppure il male, nella sua tracotanza non riesce a sopportare la mitezza, l’innocenza, la forza disarmata dell’amore.

Nonostante le apparenze, e nonostante che nella realtà immediata, l’agnello appaia come vittima sacrificale, predestinata ad essere sgozzata dal carnefice, alla fine è Lui che appare trionfante. Questo ci ha indicato e ci indica Gesù. Il cristiano, la Chiesa, se vuole vincere il male, deve confrontarsi con un Dio che si fa Agnello immolato.

A questo proposito, lascio le mie parole e vi propongo una preghiera di Alessandro Pronzato che invita noi Chiesa ad essere Chiesa dell’Agnello.

"Chiesa dell’Agnello, non illuderti ti sia risparmiata la fatica e il rischio dell’aspro combattimento contro il peccato del mondo. Ma non illuderti neppure di venirne a capo con armi diverse da quelle dell’Agnello.

Se cerchi l’alleanza con i ricchi e con i potenti, sei già sconfitta in partenza. La forza sarebbe la tua debolezza fatale che ti condurrebbe alla rovina.

Se al posto della innocenza metti la furbizia, al posto della semplicità la diplomazia, al posto dell’amore la costrizione, al posto della trasparenza l’inganno dell’apparenza e il luccichio del prestigio, al posto delle parole luminose le formule pesanti del potere, non contribuirai a far cessare il tempo e il dominio del peccato, ma te ne renderesti complice.

Poni piuttosto le tue energie a servizio della debolezza.

Se vuoi restare fedele all’Agnello, non hai nessun diritto da rivendicare se non quello di donare tutto, di donarti tutta, di non appartenerti.

E allorchè sei afferrata dalla tentazione di contare sulla grandezza, il numero, il sapere, lo spettacolo, mettiti a coniugare con i fatti, il verbo che ti è stato insegnato e illustrato con inequivocabili esempi pratici dal tuo Maestro e Signore: servire.

Tieni sempre presente che l’Agnello si scortica i piedi prima che le sue carni immacolate vengano inchiodate contro due assi, sulle strade degli uomini.

Chiesa dell’Agnello, rischia il candore, la non importanza, l’insuccesso, nel gioco dei signori di questo mondo. Abbi il coraggio della sconfitta, la gioia dell’oscurità.

Non dimenticare, mi raccomando: è il Condannato che ti assicura un futuro. La gloria la ricevi da Lui, a patto non vada ad elemosinarla da coloro che l’hanno impiccato.

Chiesa dell’Agnello, se credi davvero nel tuo Signore, mostrati piccola, modesta, povera, umile, serva.

Renditi conto che lo spazio più grande sottratto all’impero sterminato del male lo occupi quando stai in ginocchio in preghiera e a servizio dell’uomo, non quando cammini trionfalmente a fianco dei potenti e a braccetto dei grandi di questo mondo.

Chiesa, popolo in cammino, aiuta tutti noi, tremebondi, a credere che siamo al sicuro, non allorchè riusciamo a prendere a randellate i lupi, ma quando seguiamo, indifesi, le orme dell’Agnello.

Lo confesso con rossore, come l’ultimo e il più miserabile della carovana in marcia. Ma ho l’impressione che non abbiamo paura dei lupi.

Chi ci fa paura è l’Agnello.

Per questo spesso stiamo tanto a distanza…"

 

 

Lunedì 21

Sant’AGNESE

Parola di Dio: 1Sam. 15,16-23; Sal 49; Mc. 2,18-22

 

"NESSUNO CUCE UNA TOPPA DI PANNO NUOVO SU UN VESTITO VECCHIO E NESSUNO VERSA VINO NUOVO IN OTRI VECCHI". (Mc. 2,21-22)

Una delle più grandi difficoltà che Gesù ha incontrato proponendo se stesso è che gli uomini fanno resistenza alla novità. Specialmente in campo religioso gli usi, le abitudini, le ritualità, fanno comodo, non disturbano troppo, danno la sensazione di sicurezza. "E poi, specialmente quando si parla di religione ci vuole un viso serio, un atteggiamento sussiegoso, misterico e non il sorriso, la gioia che conducono alla confusione e rischiano di avvicinare troppo Dio all’uomo!"

Con le sue parole sul vecchio e sul nuovo, Gesù individua una prima fondamentale resistenza al suo messaggio: si può rifiutare la conversione evangelica in nome dell’equilibrio e della tradizione. I farisei pensavano che "convertirsi" a Gesù significasse semplicemente introdurre qualche perfezionamento o abbellimento nel loro sistema di vita, come se la novità di Gesù fosse una pezza nuova da inserire su un vestito vecchio, come se fosse possibile mettere la novità di Gesù nelle vecchie botti.

E’ per questo che il miracolo della conversione, nonostante l’incontro con la parola di Dio, non avviene.

E oggi, non succede spesso la stessa cosa? Certe religioni abitudinarie, certe celebrazioni ritualistiche e stantie, certi preti e vescovi troppo ligi alle norme, ma troppo lontani dalla gente e sicuramente non testimoni di un Vangelo che cambia la vita, non rendono forse il peggior servizio alla parola di Dio spuntandola da tutta la sua efficacia? E quando noi preferiamo le tradizioni, le abitudini, i musi lunghi, non siamo forse tra coloro che preferiscono nascondere sotto un vestito vecchio le proprie nudità piuttosto che andare a lavarsi e indossare il colorato vestito della gioia e della vita che Gesù ci ha regalato?

 

 

Martedì 22

San VINCENZO; San GAUDENZIO; Beata LAURA VICUNA

Parola di Dio: 1Sam. 16,1-13; Sal 88; Mc. 2,23-28

 

"IL SABATO E’ STATO FATTO PER L’UOMO E NON L’UOMO PER IL SABATO" . (Mc. 2,27)

L’osservanza delle norme (anche quelle religiose) se è fatta da persone stupide risulta quanto di più insulso e stupido ci sia.

Il legalismo è una malattia terribile. Il volersi sentire "a posto" a tutti i costi, il voler osservare nei minimi particolari ogni tipo di legge, uccide l'amore, uccide la fede e nasconde il vero volto di Dio. La legge, che è necessaria per guidare l'uomo, in questi casi diventa un peso tale che è impossibile da sopportare. I farisei sono scandalizzati perché i discepoli di Gesù camminando cominciano a strappare alcune spighe, e fanno questo in giorno di sabato. Per gli ebrei il sabato era sacro ma attorno alla sacralità di questo giorno erano sorte talmente tante norme da renderlo impossibile all'uomo: pensate che avevano codificato 39 cose che non si potevano fare di sabato!

Tutto questo ci sembra lontano, ma i legalisti cristiani non sono da meno. In ogni epoca spuntano, codificano, giudicano, "mettono sulle spalle degli altri dei pesi che essi non sollevano neppure con un dito"... "Non è lecito! E' peccato! Non si deve! E' vietato!"

E allora tutto diventa difficile, tutto freddo, tutto impossibile e perdi di vista che la norma era stata scritta per salvarti e non per ucciderti.

Ma se volete possiamo ancora fare una ulteriore riflessione su questo argomento. Oggi, nel nostro modo di vivere, quando il sabato supera l’uomo? Quando le burocrazie uccidono l’uomo. Quando entrando in un ospedale non sei più il Signor Tal o Talaltro ma il "letto numero 12". Quando il lavoro diventa solo più ricerca di guadagno, non importa a quale prezzo umano. Quando l’amore diventa solo più la soddisfazione che me ne viene. Quando uno che ha peccato diventa solo più un peccatore.

Gesù ci ricorda che prima c’è l’uomo. La legge umana o religiosa è importante, ma a servizio dell’uomo. Il lavoro, il guadagno sono importanti ma solo se rispettano l’uomo e il suo vero progresso. E’ importante vincere il peccato, ma salvando il peccatore.

 

 

Mercoledì 23

Santa EMERENZIANA; Sant’ILDEFONSO DA TOLEDO

Parola di Dio: 1Sam. 17,32-33.37.40-51: Sal. 143; Mc. 3,1-6

 

"NELLA SINAGOGA C’ERA UN UOMO CHE AVEVA UNA MANO INARIDITA". (Mc. 3,1)

Il racconto del miracolo del Vangelo odierno ci presenta un uomo che ha una mano rattrappita. Certamente una malattia invalidante, ma a me questa mano rattrappita fa venire in mente mani rattrappite nello sforzo di tenere e cuori rattrappiti perché si sono chiusi all’amore. Quante volte siamo meschini: abbiamo ricevuto tutto gratuitamente e non solo non sentiamo la necessità di farne parte ad altri ma addirittura siamo invidiosi se qualcuno ha qualcosa in più di noi e ci roviniamo la vita con l’ansia di perdere le cose ottenute

La scena della guarigione, poi, avviene nella sinagoga, la chiesa di allora. E’ facile dunque pensare che anche nelle nostre chiese, tra noi cristiani ci siano uomini avari e incapaci di amare. Quest’uomo, per guarire, ha avuto la fortuna di incontrare Gesù che gli ha dato la possibilità di usare nuovamente la sua mano, per allargarla, per prendere ma anche per dare.

Se il tuo essere in chiesa, nonostante la tua grettezza, è sincero può succederti la stessa cosa.

Se incontri Gesù che ha dato tutto, vita compresa, non puoi chiuderti agli altri. Forse le dita delle tue mani scricchioleranno prima di aprirsi specialmente le prime volte. Forse il tuo cuore ci metterà un po’ di tempo prima di sbloccarsi definitivamente, ma se Gesù è il modello, l’amico, Colui che perdona, poco per volta, guardando a Lui giungerà la tua guarigione.

 

 

Giovedì 24

San FRANCESCO DI SALES

Parola di Dio: 1Sam. 18,6-9;19,1-7; Sal. 55; Mc. 3,7-12

 

"GESU’ NE AVEVA GUARITI MOLTI, COSI’ CHE QUANTI AVEVANO QUALCHE MALE GLI SI GETTAVANO ADDOSSO PER TOCCARLO". (Mc. 3,9)

Spesso, nelle mie strambe elucubrazioni mentali, mi sono chiesto: ma perché Dio per salvarci ha dovuto incarnarsi? Non poteva salvarci con un suo pensiero o con un gesto grandioso un po’ come il principe che, con aria regale, lascia cadere la grazia sul suo suddito? Questo Gesù dei Vangeli, affamato, assetato, stanco del suo camminare, aggredito dalla gente in cerca di facili miracoli, sembra quasi aver perso la dignità del Dio… Eppure è proprio qui la grandezza e l’amore di Dio. Egli non è un Dio che non sa che cosa voglia dire faticare; Lui non è uno che parla di povertà, l’ha vissuta; non è il teorico della sofferenza, sa che cosa costi e lui stesso nella sua umanità ha chiesto al Padre di allontanarla. Il nostro Dio non è uno che consola standosene al calduccio, Lui di croce può parlarne perché l’ha portata; Lui riesce a comprendere anche le manifestazioni di fede che sanno quasi di superstizione, lui capisce le mani che si tendono verso di Lui per toccarlo e per strappargli un miracolo, Lui capisce il cuore umano quando è tentato: ha dovuto combattere contro il male e il diavolo!

Si! Dio poteva salvarci in mille modi, ma il suo modo grandioso per dirci: "Ti amo" lo ha manifestato facendosi uno di noi.

 

 

Venerdì 25

CONVERSIONE DI SAN PAOLO; Sant’ANANIA

Parola di Dio: At. 22,3-16 (9,1-22); Sal. 116; Mc. 16,15-18

 

"CHI SEI O SIGNORE?" "SONO GESU’ CHE TU PERSEGUITI". (Atti 9,5 o Atti 22,8)

Paolo è in viaggio. Sta andando a cercare cristiani per farli arrestare.

Pensa di fare bene ad estirpare questa nuova razza di eretici che sta invadendo la religione ebraica. Ed ecco che viene fermato da questa apparizione che lo butta giù da cavallo e che gli scombina tutte le sue credenze.

Saulo interroga quella "forza" che lo ha fermato.

E’ la domanda che da sempre si sono posti gli uomini. Una malattia, una sofferenza, un qualcosa ti ha fatto capire la tua povertà, la tua finitezza: improvvisamente, i tuoi occhi alteri che sempre avevano "visto lontano", avevano giudicato, ti paiono coperti di scaglie che non ti permettono più di "vedere": ti accorgi di essere piccolo, steso a terra e allora cerchi di guardare in su e di vedere... Qualche volta vorresti vedere il Dio Immenso, altre volte il Giudice che finalmente mette a posto le cose... E invece trovi, come Saulo, un Dio che avevi già incontrato ma che nella tua presunzione non avevi riconosciuto, quel Dio che ha fame, ha sete, è nudo, è ammalato, quel Dio dai mille volti quotidiani, quel Dio che se ti specchi è anche già nel tuo volto e nel tuo cuore perchè ti ama.

E poi Gesù si presenta a Paolo identificandosi con i cristiani perseguitati. Gesù era già salito al cielo, ma aveva promesso ai suoi discepoli: "Io sono con voi fino alla fine dei tempi", quindi Gesù è il cristiano perseguitato.

Anche oggi Gesù è presente nei cristiani. Mi chiedo se chi mi incontra riesce a riconoscere in me la presenza di Cristo, e mi chiedo anche se io riesco a riconoscere Cristo non solo nell'Eucarestia ma anche nei cristiani, in tutti i cristiani.

 

 

Sabato 26

Santi TIMOTEO E TITO; Santa PAOLA

Parola di Dio: 2Tm. 1,1-8; (Tt 1,1-5); Sal. 88; Lc. 22,24-30

 

"CHI GOVERNA SIA TRA VOI COME COLUI CHE SERVE". (Lc. 22,26)

Sembra proprio che il Signore ci prenda gusto a "girare le frittate". Il mondo dice: "Beato te se hai tanti soldi!" Gesù replica: "Beato te se sei povero". Il mondo proclama: "Guadagnati la stima di tutti" e Gesù: "Sarai fortunato se nel mio nome sarai disprezzato". Ancora, ti viene insegnato che il mondo è dei furbi, che il potere da gioia e Gesù ci spara: "Chi ha potere deve essere l'ultimo, il servitore di tutti".

E' inutile, noi abbiamo cercato in tanti modi di addomesticare, addolcire il Vangelo e Gesù. Ma non è così. Gesù è intransigente, la sua via non è larga e comoda, ma stretta ed impervia; la porta del suo regno è piccola; bisogna bussare, chiedere, diventare piccoli, farsi servi. Oltretutto non si può neppure dire al Signore: "Bravo, fai presto a dirlo tu che sei là seduto nella tua eternità beata". Gesù ci ha proprio dato l'esempio: "Non c'è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici" e la croce ce ne dà testimonianza.

 

 

Domenica 27

3^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Santa ANGELA MERICI; San VITALIANO; San GIULIANO DA SORA

Parola di Dio: Is. 8,23-9,3; Sal. 26; 1Cor.1,10-13.17; Mt. 4,12-23

 

1^ Lettura (Is. 8,23 - 9,2)

Dal libro del profeta Isaia.

In passato il Signore umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano e il territorio dei Gentili. Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si gioisce quando si spartisce la preda. Poiché tu, come al tempo di Madian, hai spezzato il giogo che l'opprimeva, la sbarra che gravava le sue spalle e il bastone del suo aguzzino.

 

2^ Lettura (1 Cor. 1,10-13. 17)

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.

Vi esorto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d'intenti.

Mi è stato segnalato infatti a vostro riguardo, fratelli, dalla gente di Cloe, che vi sono discordie tra voi. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: "Io sono di Paolo", "Io invece sono di Apollo", "E io di Cefa", "E io di Cristo!". Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo.

 

Vangelo (Mt 4, 12-23)

Dal vangelo secondo Matteo.

Gesù, avendo saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea e, lasciata

Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti; il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata. Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino". Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini". Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono. Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

 

RIFLESSIONE

 

La chiesa, dopo le feste natalizie che ci hanno aiutato ad entrare nel mistero dell’incarnazione, attraverso le letture domenicali, tende a presentarci sempre meglio chi sia Gesù e quale sia la sua missione. Domenica scorsa Giovanni il Battista ci ha indicato Gesù come l’Agnello di Dio, Colui che consacra se stesso a Dio e si fa peccato perché il peccato di noi uomini sia vinto, oggi ci viene presentata la missione di Gesù. Gesù è la Luce che illumina ogni uomo. Abbiamo sentito sia nella prima lettura poi citata anche nel Vangelo di Matteo, quel brano che tanto ci aveva colpito a mezzanotte di Natale: "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce…" Gesù è Colui che ci illumina con la sua persona su chi sia Dio e sul modo con cui noi possiamo entrare in comunione con Lui. Gesù porta questa luce e questo buon Messaggio: Dio non è un padrone terribile, non è uno che è sempre adirato, sempre pronto a lanciare fulmini, interessato più al peccato che alle persone, non è uno che gode della morte dell’uomo, è un Padre, buono e misericordioso, lento all’ira e pieno di grazia… e per giungere ad incontrarlo l’uomo non deve compiere chissà quali grandi imprese ma deve solo volgere il suo sguardo a Lui, deve convertirsi. Questo messaggio è sì, legato alla storia della salvezza, ma è anche totalmente nuovo. E Gesù, lo abbiamo sentito, comprova questa buona notizia con dei segni che solo Dio può compiere e che illustrano il nuovo Regno da lui instaurato, sono i miracoli che riguardano ciechi che ci vedono, storpi che camminano, sordi che odono, poveri che hanno il primo posto. Gesù non solo annuncia personalmente questo, non solo compie i segni di Dio, ma affida anche il suo regno a degli uomini che chiama come suoi collaboratori.

Proviamo allora a fermarci brevemente su alcuni di questi aspetti cercando di applicarli alla vita quotidiana.

Per noi, Gesù è ancora una buona notizia? Due sono i nemici delle buone notizie: il pessimismo e l’abitudine. Conosco un amico che in certi momenti mi manda in tilt, perché è sempre di un pessimismo nero. Tu gli dici: "Vedi che oggi stai bene" e lui ti risponde: " Sì ma potrei star meglio, vedi ho ancora il fegato che mi punge…". Gli dici: Non puoi sempre lamentarti: in fondo hai casa, hai delle persone che ti vogliono bene, hai un lavoro che ti permette una certa serenità…"E lui, pronto, ti interrompe: "Si, ma mi manca…" Gli dico: "Dici di essere un credente, quindi, almeno di Dio sarai contento!" E Lui abbassando la testa: "Sì, ma se fossi io al posto suo…" Per personaggi così, tanto cari ma tetri, non ci sarà mai una buona novella perché anche se gli dicessero che ha vinto un miliardo alla lotteria, avrebbe da ridire sul fatto che non ha vinto anche il secondo e il terzo premio… "E poi con le tasse… alla fine ne porto a casa poco".. La buona notizia di Gesù ha il suo effetto se io aspetto di essere liberato e, accorgendomi che da solo non ce la faccio, gioisco per il Fatto che Gesù lo fa per me. La buona notizia è scoprire che Dio mi ama senza alcun merito da parte mia, la buona notizia è scoprire di essere perdonati, di essere rispettati nella dignità di uomini, è scoprire che Gesù è mio fratello, che Dio è mio Padre, che il mio prossimo è mio fratello salvato con me, che io sono veramente figlio di Dio destinato ad una vita che dura per sempre.

Altro nemico della Buona notizia è l’abitudine. Voi lo sapete che a me piace (è una Grazia grandissima) celebrare l’Eucarestia presiedendola come sacerdote, ma piace anche andare a celebrarla insieme con i fedeli, nei banchi delle chiese. Ebbene, spesso entrambe le esperienze mi portano a questa conclusione: l’abitudine uccide il dono. E’ possibile che cristiani che celebrano la gioia di poter essere commensali di Dio, che possono sperimentare la fraternità dello spezzare insieme il Pane di Cristo, siano sempre così tetri e così musoni? E’ possibile che preti tirino giù delle Messe senza un minimo di entusiasmo, che recitino delle preghiera grandiose, che dicano delle parole che fanno scendere il Signore in mezzo a noi, con lo stesso entusiasmo con cui si potrebbe leggere un elenco telefonico? E’ possibile che non sentiamo la voglia di gioire insieme, di cantare, di affidarci a Colui che è lì presente? Vediamo a volte l’entusiasmo per un divo, per un giocatore di calcio per un cantante, per il Presidente della Repubblica, per il Papa… e per Cristo che dà la sua vita per noi ci sono solo quattro preghiere biascicate mentre la testa è altrove. Qualcuno direbbe: "questa è mancanza di fede", io non vado così lontano dico "No! Questo è aver ridotto Cristo ad una abitudine!".

Anche davanti a questo allora risuona bene il messaggio di Gesù, all’inizio del suo predicare il Vangelo: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!". Queste parole costituiscono il cuore del messaggio evangelico. Esse sono chiare e non lasciano spazio a dubbi di sorta. Dinanzi ad esse bisogna prendere posizione e questo vuol dire scegliere o rifiutarsi di seguire Colui che le ha pronunciate. Infatti noi cristiani del 2000 siamo ancora nella stessa situazione della Galilea di allora, siamo popolo che cammina nelle tenebre. Basta guardarsi intorno, aprire un giornale, seguire un notiziario con il racconto di guerre, violenze, soprusi, paure, interrogativi irrisolti, per rendersi conto di come questo mondo, nonostante duemila anni di cristianesimo vaghi ancora nelle tenebre.

Eppure Cristo è venuto, ha pagato per noi, è risorto ed è vivo in mezzo a noi, eppure Cristo continua a parlarci attraverso fatti e parole nella nostra vita. Non sarà perché i nostri cuori sono ancora divisi tra mille cose e non ci siamo ancora decisamente rivolti a Cristo?

Può stupire, leggendo la seconda parte del Vangelo di oggi, il vedere come Gesù si rivolga ai pescatori del lago chiamandoli a diventare suoi discepoli e come essi, subito, "lasciate le reti lo seguirono". Certo, sappiamo che anche per loro la strada della conversione, della comprensione di Gesù sarà ancora lunga, sappiamo che ci saranno ancora giornate buie anche per loro, sappiamo che la conversione dura tutta la vita, ma a Gesù che oggi ci dice "Convertiti e credi al Vangelo", che cosa rispondiamo?

Non è questione di diventare tutti preti o suore, è questione di prendere sul serio Gesù e la sua buona notizia e riscoprire che ciascuno di noi, in qualsiasi stato di vita si trovi è un chiamato a condividere i doni di Cristo, ma anche a diventarne annunciatore gioioso.

Noi ci affanniamo tanto per conquistarci un po’ di felicità su questa terra. Ma la verità è semplice, alla portata di tutti. Noi possiamo essere felici, illuminati da Cristo, luminosi a nostra volta facendo felici gli altri nel limite delle nostre possibilità. E allora davvero il Regno di Gesù è qui sulla terra . Vedete, noi spesso leggendo la vocazione dei primi apostoli diciamo: "Che coraggio hanno avuto, che sacrificio hanno compiuto lasciando le loro cose, il loro lavoro, le persone cui erano affezionati…" E può essere vero, ma non ci chiediamo mai "Ma che cosa e chi hanno trovato lasciando le loro piccole cose"? Anche per noi è così: se il convertirci ci chiede di lasciare qualcosa, e molto più quello che troveremo di quello che avremo lasciato.

 

 

Lunedì 28

San TOMMASO D’AQUINO

Parola di Dio: 2sam. 5,1-7.10; Sal. 88; Mc.3,22-30

 

"CHI AVRA’ BESTEMMIATO CONTRO LO SPIRITO SANTO, NON AVRA’ PERDONO IN ETERNO". (Mc. 3,29)

Gesù dice che la misericordia di Dio, raggiungerà ogni uomo ma non potrà nulla in favore di colui che avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo. Forse, per capire meglio questa affermazione di Gesù, dobbiamo cercare di approfondire meglio chi sia lo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo è l’amore che intercorre tra il Padre e il Figlio, è l’amore di Dio per noi uomini. Dunque chi pecca contro l’amore esclude all’amore la possibilità di donare la misericordia. Se io non accolgo l’amore di Dio manifestato in Gesù e offerto in continuazione, io vanifico la sua opera, non accolgo il perdono. E un po’ come quel giovane che sconsolato dice: "Io amo quella ragazza, ho fatto tutto il mio possibile per dirglielo, per dimostrarglielo, ma a lei non importa nulla". Dio ha un bel dirmi che mi ama, un farmelo capire in continuazione, se io gli dico di no, il suo amore per me diventa vano.

Lo Spirito Santo è l’amore che genera, è la creatività di Dio. Si pecca contro lo Spirito Santo tutte le volte che non siamo aperti alla vita. C’è chi disprezza la vita, chi la mette a repentaglio inutilmente, chi per denaro o potere attenta alla propria o all’altrui vita, chi non ha rispetto della natura in cui vive. Dio, attraverso il tempo, la natura, le persone, ci parla continuamente di vita, ma se preferiamo la morte per noi e per il nostro prossimo, Dio con grande dispiace, ci rispetta nelle nostre scelte di morte, però, attenzione, a noi resta solo la morte.

Lo Spirito Santo è il Consolatore, cioè colui che ci dà forza nei momenti difficili del nostro cammino, Colui che ci richiama ai nostri valori, Colui che ci fa fare memoria della storia della salvezza, ma se io mi concentro unicamente sui miei guai, sulla ‘ingiustizia’ di quanto mi accade, se muoio alla speranza, se divento un pessimista inguaribile, sono come colui che si lamenta perché sta annegando, ma rifiuta di attaccarsi alla corda che gli viene gettata da riva.

Lo Spirito Santo è l’Avvocato difensore dell’uomo. Ma se io non penso di aver bisogno di avvocati, perché sono giusto per conto mio, perché al massimo è Dio che ha dei debiti con me, non solo non ricorro a Lui, ma non mi difendo neanche da solo, anzi offendo Dio perché mi metto al suo posto.

Lo Spirito Santo è Colui che porta i doni: Sapienza, intelletto, fortezza… , ma i doni per far felice e per portare frutto vanno almeno scartati e utilizzati, ad esempio, se mi viene offerta la Sapienza e io invece mi accontento della furbizia che mi serve per mettere nel sacco gli altri, è come se dicessi allo Spirito santo: "Non ho bisogno di te".

Dio Padre, Gesù, lo Spirito Santo, vogliono perdonarci sempre, ma se io chiudo la porta, se giro le spalle, se penso di non averne bisogno, impedisco che questa grazia giunga fino a me.

 

 

Martedì 29

San VALERIO; San COSTANZO

Parola di Dio: 2Sam. 6,12-15.17-19; Sal. 23; Mc. 3,31-35

 

"CHI E’ MIA MADRE?". (Mc. 3,33)

Questa domanda espressa in una forma così dura da parte di Gesù ci stupisce perchè sembra colpire Maria. Se poi diamo uno sguardo di insieme al Vangelo di Marco restiamo ancor più perplessi: in esso non si parla esplicitamente di Maria. Marco sarà dunque un antimariano? Gesù stesso con questa frase non accomuna sua madre a quei parenti che pensano nel loro "buon senso" che Egli sia impazzito?

San Marco e Gesù non solo non vogliono denigrare Maria, ma dando il giusto posto alle cose, alle scelte e alle persone, esaltano in maniera non melensa o falsamente sentimentale la figura di Maria. Maria è colei che fin dall'inizio è la "serva del Signore" e siccome "nessun servo è maggiore del suo padrone", è Colei che vive nel servizio nascosto, è Colei che compie la volontà del Padre e lascia spazio a Gesù. Troppa retorica venata di sentimentalismo ha fatto di Maria quasi una semidea, talmente alta da diventare lontana da noi e qualche volta da oscurare quasi Gesù o Dio. Gesù ama Maria, la affida a noi, a lei affida la Chiesa, ma per Gesù la grandezza di Maria sta nell'aver accettato umilmente il piano di Dio su di lei.

Nella vita quotidiana spesso contano i ruoli: presidente, ministro, avvocato, ragioniere, dottore... nella Chiesa gerarchica contano i titoli: papa, cardinale, vescovo, parroco, reverendo... Qualche volta poi i ruoli servono per appoggio: "Con la spinta del ministro tal dei tali...". Con Gesù non è così: neppure i sacri ruoli della famiglia servono per costringere la Parola o per aver raccomandazioni. Anzi, tutti possiamo essere i parenti più stretti e gli amici più cari di Gesù, unica condizione: cercare e compiere la volontà di Dio.

Nel giudizio finale il Signore non esaminerà le nostre carte di appartenenza, non potremo vantare parentele umane ("ho uno zio prete: sono cristiano") ma ci chiederà semplicemente se avremo ascoltato e vissuto, secondo i doni che Lui stesso ci ha dato, la sua Parola.

 

 

Mercoledì 30

Santa MARTINA; Santa GIACINTA; Beato SEBASTIANO VALFRE’

Parola di Dio: 2Sam. 7,4-17; Sal. 88; Mc. 4,1-20

 

" USCI’ IL SEMINATORE A SEMINARE…". (Mc. 4,3)

Davanti alla parabola del seminatore faccio un esame di coscienza personale. Ciascuno di voi può fare altrettanto.

Tu, o Dio sei davvero un seminatore instancabile. Non hai guardato all’aridità del mio cuore, non ti sei spaventato dei rovi, non hai fatto caso ai grossi uccelli neri che vi abitano e si sfamano, hai seminato e seminato con abbondanza. Hai avuto talmente fiducia nel tuo seme, nella tua parola, che l’hai buttata con generosità anche quando la crosta esterna della mia vita non dava fiducia. E’ vero, tanti semi son andati perduti, tanti hanno germogliato e poi sono seccati, altri li ho lasciati soffocare dal mio egoismo, ma qualche seme è anche cresciuto, certamente non nella quantità e nella qualità che tu ti aspettavi da me. Ti ringrazio e ti chiedo perdono perché avrei dovuto rendere di più.

Anch’io ho cercato di imitarti e a mia volta ho seminato. Ho seminato tanto. Certo il mio seme non era puro come il tuo. Spesso nella mia povertà insieme alla tua parola ho seminato anche me stesso, ma ho seminato: se penso anche solo alle montagne di carta che ho scritto in tuo nome o alle innumerevoli parole dette… Ma con quale risultato? Come Te, anch’io spesso sono deluso: Sono riuscito a far innamorare qualcuno di te? Ho portato qualcuno ad entusiasmarsi e ad andarti dietro con coraggio? Non ti nego che qualche volta, o perché sono cieco, o perché ho seminato male, sono deluso e mi vien voglia di dire: "Ma vale la pena?", ma poi ripenso a Te e a me. Anche tu potresti dire: "Ti ho dato così tanto e tu mi hai dato così poco…Forse se avessi seminato nel campo di qualcun altro avrebbe reso di più…" Ma tu hai seminato in me. Tu continui a seminare in me. Le delusioni che ti ho dato e che ti do non ti spaventano. Tu continui ad amarmi anche quando io non ti amo. E allora posso io, piccolo seminatore, incaricato da te, essere deluso? Posso chiudermi in me stesso? Posso sentirmi offeso perchè non tutti i semi che ho gettato hanno portato frutto?

Da Te capisco che il mio compito non è quello di raccogliere, a quello ci penserai Tu, ma solo quello di continuare a seminare, con riconoscenza per il seme ricevuto e con la stessa fiducia e amore con cui tu continui a seminare in me.

 

Giovedì 31

San GIOVANNI BOSCO; Santa MARCELLA

Parola di Dio: 2Sam. 7, 18-19.24-29; Sal. 131; Mc. 4,21-25

 

"NON C’E’ NULLA DI NASCOSTO CHE NON DEBBA ESSERE MANIFESTATO E NULLA DI SEGRETO CHE NON DEBBA ESSERE MESSO IN LUCE". (Mc. 4,22)

Mi piace concludere il mese di Gennaio (ricorrenza di questo grande santo piemontese che spesso faceva uso di racconti e di sogni nel suo parlare ai ragazzi), con un significativo racconto di Teofane il monaco:

Mi ero recato da Lui nella mia ricerca, con tanta speranza. Dal suo aspetto traspariva tanta santità che, semplicemente, gli chiesi: « Ditemi, com’è Dio? »

Con estrema soavità replicò: « Siamo in Quaresima, e durante la Quaresima sono solito astenermi dal parlare. Comunque, prendi questo libro ». Era il libro in cui egli stesso scriveva. « Se lo leggerai al momento giusto ti saprà dire com’è Dio ».

Non vedevo l’ora di portarlo a casa e leggerlo con mia moglie.

Ma quando fui a casa, mia moglie non si lasciò contagiare dal mio stesso entusiasmo, perché in quel periodo la sua mente era rivolta al nostro futuro primogenito che ella ancora portava in grembo. « Ma cosa vuoi dire "al momento giusto"?» - domandò. Effettivamente non lo sapevo. Incominciammo a riflettere. Forse a mezzogiorno di Venerdì Santo, o dopo la veglia di Pasqua. O forse in un momento di profondo abbattimento. Chissà, forse avremmo dovuto attendere che Dio stesso ci rivelasse quale fosse il momento giusto. Avrebbe anche potuto essere chissà fra quanti anni. Decidemmo di attendere un segnale.

Due settimane dopo nacque il nostro primo figlio Come spiegare quello che provai? Prima l’ansia, poi, quel bimbo. Ero padre. Si cresce quando si diventa padri. Guardavo quel bimbo e ne ero orgoglioso. Mi sentivo qualcuno. Eppure mi umiliava. Quasi non sapevo come tenerlo in braccio, e tanto meno come crescerlo. Pensavo di aver capito tutto, ma quel piccolo era più grande di me.

Quella notte sognai mio figlio. « Com’è Dio? » mi chiedeva.

Mi alzai e andai a prendere il libro. Lo portai a mia moglie e le dissi: « E questo il momento giusto. Apriamolo ora ».

Aprii a caso e lessi: « È molto semplice. Dio è un padre ».

Mia moglie lo aprì a sua volta, e lesse: « È molto semplice. Dio è un figlio ».

« Apriamolo insieme ora », dissi. Le presi la mano ed ella lo aprì. « E molto semplice», c’era scritto. « Ogni vostro respiro è il respiro di Dio ».

     
     
 

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