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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

a cura di don Franco LOCCI

 

DICEMBRE 2001

 

 

Sabato 1 Dicembre 2001

SANT`ELIGIO

Parola di Dio: Dan. 7,15-27; Cant. da Dan. 3,82-87; Lc. 21,34-36

 

"STATE BEN ATTENTI CHE I VOSTRI CUORI NON SI APPESANTISCANO IN DISSIPAZIONI, UBRIACHEZZE E AFFANNI DELLA VITA…VEGLIATE E PREGATE IN OGNI MOMENTO". (Lc. 21,34.36)

Sappiamo per esperienza che quando lasciamo che nella nostra vita abbiano il sopravvento le preoccupazioni materiali, il denaro, il mangiare, il bere, il divertirci, le paure per la salute, per il futuro, l’affanno del voler sempre di più, queste cose, poco per volta, ci mangiano la vita e alla fine ci accorgiamo che non siamo più noi a vivere, ma sono questi affanni che ci vivono e spesso ci uccidono. Gesù non ci vuole disincarnati dalla vita e dalla storia, non viene a dirci che non dobbiamo più pensare a casa, cibo, lavoro, vuole semplicemente farci trovare il vero senso della vita come un cammino che non finisce nelle cose, ma come un viaggio verso una meta che non delude. Ecco perché l’anno liturgico termina con l’invito alla preghiera e alla vigilanza: è un po' quello che dovrebbe essere il riassunto di tutto il cammino di questo anno di sequela di Gesù ed anche il progetto per il nuovo anno liturgico. Gesù è colui che ha cambiato e cambia il mondo, ma è anche colui che passa silenzioso, che giunge di notte a bussare alla tua porta: è facile perdere l'appuntamento, è facile trovarsi impreparati o peggio, sonnolenti e allora l'unica strada è stare attenti, vegliare, non con addosso la paura ma con la trepidazione di essere desti per cogliere gli avvenimenti della nostra storia della salvezza. E pregare sempre, non come quantità di preghiere o formule ma come cuore sempre rivolto a lui, come vita che trasforma il banale quotidiano in inno di lode e di ringraziamento, come comunione di vita fraterna che diventa anche comunione con Dio.

 

 

Domenica 2 Dicembre 2001

1^ DOMENICA DI AVVENTO ANNO A - SANTA BIBIANA

Parola di Dio: Is. 2, 1-5; Sal. 121; Rm. 13, 11-14; Mt. 24, 37-44

 

1^ Lettura (Is. 2, 1-5)

Dal libro del profeta Isaia.

Visione di Isaia, figlio di Amoz, riguardo a Giuda e a Gerusalemme. Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: "Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri". Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra. Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore.

 

2^ Lettura (Rm. 13, 11-14)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri.

 

Vangelo (Mt. 24, 37-44)

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà."

 

RIFLESSIONE

 

Il primo sentimento da provare nel nostro cuore all’inizio di questo nuovo anno liturgico dovrebbe essere quello del dire grazie al Signore che ci concede ancora il dono del tempo per poter capire, comprendere e cercare di vivere meglio la nostra fede. Infatti ogni anno liturgico che ci viene offerto è per noi un’occasione nuova di incontro con Dio, con Gesù e il suo mistero, con la redenzione che ci viene offerta ed è anche la possibilità, con i fratelli, di una risposta più approfondita alla proposta della fede. Certo, se per noi cristiani sentire parlare di anno liturgico nuovo e di Avvento significa solo far suonare il campanellino che ci dice che è vicina la festa di Natale, se queste parole suonano come abitudine, esse non ci smuoveranno affatto dal ciclico ripetersi degli avvenimenti a cui siamo abituati, ma se scopriamo questi richiami come un dono che il Signore ci fa, anche queste vecchie parole possono diventare per noi e per tutta la Chiesa una sferzata che ci sveglia, ci può smuovere, ci può ridare il gusto della fede. La parola di Dio che abbiamo letto in questa domenica è proprio in questa linea. Può stupire che l’inizio dell’anno liturgico cominci con parole misteriose che sembrano riguardare la fine del mondo, può sembrare quasi assurdo che si invochi la venuta di uno che è già venuto, ma la Parola di Dio che parla di passato e che apre una luce sul futuro ha come scopo di illuminare il nostro presente. Le precarietà e le incertezze della nostra vita, del nostro futuro non ci sono messe davanti come spauracchio per tenerci buoni, ma sono l’invito alla vigilanza, allo star svegli, a saper cogliere nel modo migliore il dono della vita. Il ricordo del passato ed in particolare della venuta di Gesù non è solo la lettura storica di un Dio che è venuto duemila anni fa, è un fare memoria di un avvenimento vivo che si attua per noi oggi. Ma perché tutto questo abbia senso bisogna essere svegli: San Paolo lo ripeteva ai cristiani di Roma dicendo: "Fratelli è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando siamo venuti alla fede".

Ma l’uomo di oggi è sveglio?

A prima vista sembra che l’uomo del duemila sia sempre più sveglio. Infatti chi non corre quotidianamente per riuscire a districarsi tra le mille cose che la vita gli propone? Chi, specialmente nelle nostre città, non soffre da stress dovuto a ritmi impossibili? Ancora, se guardiamo alle scoperte della scienza e della tecnica dovremmo dire che l'uomo di oggi è sveglio più che mai se ha saputo carpire segreti alla natura, se riesce in tempo reale a tenersi informato di tutto quello che succede nel mondo, se è riuscito perfino ad "allungare la vita" (tra l’altro mi chiedo se è poi proprio vero se in certi paesi l’uomo ha una aspettativa media di vita di 80 anni e in altri di 30).

Ma è proprio vero che l’uomo comune è sempre così sveglio, vispo, libero e sbarazzino?

A me sembra di no. Quando la mia vita è solo uno svolgersi di tempi e di gesti che sono quasi obbligato a fare e che spesso occupano solo i miei riflessi condizionati senza arrivare a livello cosciente, non sono forse come un automa che compie gesti programmati ma che non ha un anima propria? Proviamo a fare qualche esempio: quando lo studio è diventato solo un raggiungere una laurea perché senza questa non si ottiene un posto di lavoro ‘decente’ e non porta più il giovane a capire, gustare, amare quello che il sapere gli offre e non gli mette addosso la voglia si ricercare, di sperimentare, non è più sapienza, è nozionismo. Ma un dischetto di computer contiene più nozioni di quante noi potremmo apprenderne in una intera vita. Quando l’uomo vive di un lavoro imposto e poi torna a casa e quasi subisce una famiglia, quando vive di pensieri degli altri, quando, nel mondo della politica, del pensiero si accoda sempre alla voce della maggioranza o della minoranza ma solo perché questo non costa sforzo, quello è un uomo addormentato, è uno che si lascia vivere e non vive il suo tempo.

Quando determinate mode dettano legge al punto che per seguirle si è pronti a mettere a repentaglio economie familiari e qualche volta anche la salute (pensate ad esempio a certe forme di anoressia) allora l’uomo non è libero. Certo, essere cosciente di se stesso, del mondo in cui si vive, fare delle scelte proprie e consapevoli è impegnativo, non sempre è così facile… e allora molti preferiscono addormentarsi, lasciarsi addormentare, vivere (che significa vivacchiare) e lasciar vivere, accodarsi e farsi i propri affari.

Quando è così, vengono comode anche certe forme di religioni - placebo, cioè attraverso alcuni gesti religiosi, attraverso alcune preghiere e comportamenti formali ti senti a posto davanti a te stesso e davanti al Dio, rispettabile e onorato davanti agli altri e per di più, se c’è, hai messo una buona ipoteca per un futuro paradiso. Sì, perché anche come cristiani siamo addormentati: dovremmo essere gioiosi per la salvezza ricevuta e invece siamo brontoloni, vediamo solo il peso della fede. Abbiamo Dio per padre ma preferiamo continuare a pensare a Lui solo come a un padrone, abbiamo i sacramenti ma li usiamo solo il minimo indispensabile, c’è il mondo intero che si aspetta da noi una parola di speranza e invece ci accodiamo ai guerrafondai e a chi pensa di risolvere i problemi solo con la forza, con il denaro e con il potere; la chiesa gerarchica stessa, spesso invece di fidarsi di un Dio che si è fatto povero per salvarci preferisce scimmiottare i poteri del mondo mascherando il tutto con la necessità di essere sempre "a la page" con i poteri terreni. E anche nelle nostre liturgie spesso preferiamo essere abitudinari, ripetitivi piuttosto che renderci disponibili allo Spirito Santo che non vede l’ora di poter soffiare un po’ più liberamente per buttare all’aria sottane, suppellettili religiose e liturgismi privi di vita che non servono a nessuno e che impediscono spesso di cogliere la novità che ogni domenica ci viene donata proprio da Colui che continua a venire per noi.

Raccontava una favoletta di un uomo che, arrivato al giudizio finale, sentiva il Cristo dirgli: "Fammi vedere la tua anima" e quello orgoglioso gliela mostrava dicendo: "Ecco, è nuova, è come tu me l’hai dato: non l’ho mai usata!". Purtroppo credo che per molti cristiani sia così, hanno l’anima ma non la usano. "Vegliate", Svegliatevi", "Camminate nella luce": ecco il messaggio delle tre letture di oggi. Svegliamoci! Guardiamoci dentro: in mezzo ai tanti problemi, alle tante prove e difficoltà è bello scoprire che siamo figli di Dio, con un potenziale enorme per noi e per il mondo Svegliamoci! Guardiamoci attorno: lo studio, la scienza le conquiste dell’uomo sono meravigliose se hanno un anima; gli uomini che ci circondano non sono solo dei potenziali avversari, sono prima di tutto dei fratelli. Sarà magari per poche cose, ma il mondo ha bisogno di me. Svegliamoci e soprattutto impariamo a guardare in alto: gli occhi bassi qualche volta servono per non inciampare ma lo sguardo rivolto in altro serve a ricordarci che ci sono le stelle dalle quali siamo venuti e verso le quali ci conviene indirizzare il nostro cammino per trovare il senso di quello che facciamo e di quello che siamo.

 

 

Lunedì 3 Dicembre 2001

SAN FRANCESCO SAVERIO, Sacerdote; SANT’ILARIA

Parola di Dio: Is. 4, 2-6; Sal. 121; Mt. 8, 5-11

 

"SIGNORE NON SONO DEGNO CHE TU ENTRI SOTTO IL MIO TETTO, DI’ SOLTANTO UNA PAROLA E IL MIO SERVO SARA’ SALVATO". (Mt. 8,7)

Ricordate? Due domenica fa, concludendo l’anno liturgico, nella festa di Cristo re, ci veniva presentato il nostro Re sulla croce e, come testimone della realtà del Regno di Gesù e maestro per noi, era quel ladro pentito che per primo gustava in pieno la misericordia e la salvezza. Ora iniziamo il cammino feriale di questo avvento con un altro maestro, il centurione pagano.

Un peccatore pentito e un pagano dotato di una grande fede ci dicono di chi sia il Regno che Gesù anche oggi viene a proporre a ciascuno. E’ allora bello e significativo che anche noi iniziamo questo cammino di incontro con Colui che viene proprio con le stesse parole di quel centurione che va da Gesù con una fede grande in Lui, per chiedere la guarigione per il suo servo. "Signore, io non sono degno della tua venuta. Non ho meriti per poterla reclamare. Sono un pagano contagiato da tanti idoli di oggi. La mia casa è impura per ospitare Dio. Però ti cerco, ti desidero perché so che solo Tu sei il senso della mia e della nostra vita, so che solo Tu puoi aprirmi alla prospettiva di Dio, solo Tu puoi guarire me e questo mondo dalla cattiveria e dall’egoismo. Non sono degno di riceverti nell’Eucarestia perché sono un peccatore, ma ho bisogno di quel Pane per poter affrontare il cammino della vita nella speranza, non sono degno neppure della tua Parola perché spesso non la capisco o, peggio, non ho il coraggio di viverla, ma mi fido della potenza della tua Parola che ha creato il mondo e che può cambiarmi. Gesù, che la tua Parola mi raggiunga e operi in me il mistero della salvezza che la tua Incarnazione è venuta a portare".

 

 

Martedì 4 Dicembre 2001

SAN GIOVANNI DAMASCENO ; SANTA BARBARA

Parola di Dio: Is. 11, 1-10; Sal. 71; Lc. 10, 21-24

 

"TI RINGRAZIO O PADRE, CHE HAI TENUTO NASCOSTE QUESTE COSE AI SAPIENTI E AGLI INTELLIGENTI E LE HAI RIVELATE AI PICCOLI". (Lc. 10,21)

Quella che Gesù fa è una preghiera che gli sgorga dal cuore, è la gioia di vedersi accolto dai piccoli, dai semplici a cui si è rivolto e che formeranno il suo Regno, ma è anche l’amara constatazione che ci sono persone che hanno chiuso occhi e cuore alla verità.

Ci possiamo chiedere: qual è la verità che i sapienti di questo mondo non riescono a scoprire?

E’ il mistero dell’identità di Cristo e della sua missione. Gesù è il Figlio di Dio ed è venuto tra noi per farsi conoscere e per rivelarci che il nostro Dio è Padre. E’ questa la verità grandiosa del Cristianesimo: noi, attraverso Gesù, possiamo finalmente conoscere Dio come Padre.

Ma per capire e credere questo bisogna essere piccoli, bisogna riconoscersi figli bisognosi di un Padre, bambini che possono crescere solo con chi si prende cura di loro. Per chi non capisce questo, per chi pensa di essere già abbastanza sapiente da solo, un Dio non serve, un Padre è sprecato e, quindi, il suo mistero di amore non sarà loro svelato.

 

 

Mercoledì 5 Dicembre 2001

SAN GIULIO; SAN DALMAZIO

Parola di Dio: Is. 25, 6-10; Sal. 22; Mt. 15, 29-37

 

"SENTO COMPASSIONE DI QUESTA FOLLA. NON VOGLIO RIMANDARLI DIGIUNI".(Mt. 15,32)

Gesù è colui che è venuto e viene per salvare l’uomo, ma noi, spesso spiritualizzando troppo, pensiamo che la sua salvezza riguardi solo lo spirito. Gesù invece è venuto a salvare l’uomo intero e, allora come oggi, è attento a tutte le necessità dell’uomo e cerca collaboratori perché la sua presenza compassionevole possa manifestarsi ovunque ci sia una necessità.

Gesù cerca te perché quell’anziano sia "salvato" dalla solitudine; Gesù cerca te perché quella conoscente che ha perso il marito trovi un po’ di solidarietà, perché quel bambino trascurato non cresca arrabbiato con tutta la società; Gesù ha bisogno della tua testimonianza sincera perché quel dubbioso possa avere dei validi riferimenti nella ricerca della fede. Ha bisogno di un tuo sorriso perché qualcuno capisca che nel mondo vale ancora la pena sperare.

Lui, la sua parte la fa: si fa Pane, Parola, prepara per noi il suo banchetto. Noi siamo gli invitati e siamo chiamati a far sì che anche gli altri possano parteciparvi.

 

 

Giovedì 6 Dicembre 2001

SAN NICOLA, Vescovo

Parola di Dio: Is. 26, 1-6; Sal. 117; Mt. 7, 21.24-27

 

"NON CHIUNQUE MI DICE: "SIGNORE, SIGNORE", ENTRERA’ NEL REGNO DEI CIELI, MA COLUI CHE FA LA VOLONTA’ DEL PADRE MIO CHE E’ NEI CIELI". (Mt. 7,21)

Ci sono frasi e affermazioni nel Vangelo che sembrano contraddittorie, ad esempio la frase di Gesù che meditiamo oggi e che sembra spingerci all’azione non è forse in contrasto con il racconto di Marta e Maria dove Marta viene quasi rimproverata per il suo continuo darsi da fare e Maria elogiata per il suo spirito di preghiera e di attenzione a Gesù?

Lo scrittore scozzese Walter Scott racconta che un giorno stava facendo una passeggiata in barca quando si accorse che i remi di cui si serviva il battelliere portavano ciascuno un’iscrizione. Sul primo era scritto: prega, sull’altro: lavora.

Egli domandò che cosa significavano queste due scritte. "Ve lo mostro subito" rispose il battelliere. Egli operò allora col solo remo "prega" e la barca si mise a girare su se stessa. Prese allora in mano l’altro remo "lavora" e la barca si mise a girare in senso opposto. Infine, prese in mano i due remi simultaneamente e la barca si diresse verso l’approdo desiderato.

"Mi ha compreso?" domandò il battelliere.

"Sì - rispose Scott - la preghiera senza il lavoro o il lavoro senza la preghiera non possono condurci allo scopo prefissato".

Questo aneddoto comporta un insegnamento molto importante. Siamo talvolta disposti a servirci di un solo remo. Preghiamo per la salvezza delle persone che ci attorniano, ma non afferriamo le occasioni che il Signore mette sulla nostra via per presentare loro la salvezza in Gesù e forse anche per rendere loro un servizio. Preghiamo per i nostri figli e diamo loro tutto ciò che ci è possibile, ma forse dimentichiamo di dar loro Dio sia con le nostre parole che con il nostro esempio oppure ci agitiamo senza domandare ferventemente a Dio di benedire il servizio che ha posto davanti a noi.

"Prega" e "lavora", ma insieme; sia questo non solo il motto dei monaci benedettini, ma anche il nostro!

 

 

Venerdì 7 Dicembre 2001

SANT’AMBROGIO, Vescovo e Dottore della Chiesa

Parola di Dio: Is. 29, 17-24; Sal. 26; Mt. 9, 27-31

 

"SIA FATTO A VOI SECONDO LA VOSTRA FEDE". (Mt.9,29)

Due ciechi sono andati da Gesù. Sanno quale sia la loro malattia e sono consapevoli delle difficoltà del non vederci. Hanno però speranza che Gesù possa guarirli, ed è per questo che gli sono andati dietro gridando la loro invocazione di misericordia. Gesù non può che essere attento a questa loro disgrazia, Lui che è misericordia e amore non può che desiderare che questi due infelici possano ritornare a vedere, ma per poterli guarire ha bisogno di loro, della loro fede. Spesso gli uomini di oggi pensano di vederci e di vederci anche bene: provate a sentire certi personaggi che hanno una risposta per tutti i problemi quasi a dire che se fossero loro Dio le cose "allora sì che funzionerebbero davvero". Quando magari scopri di essere uno di questi personaggi o incocci in uno di loro allora, realmente cieco o vedente, non c’è spazio di guarigione. Ma se scopri di aver difficoltà a vedere il senso ultimo della tua vita, se scopri di non riuscire a vedere Dio nel tuo quotidiano, se hai difficoltà di riconoscere nelle persone con cui vivi dei fratelli e ti rendi conto di essere cieco o per lo meno di vederci molto poco, allora puoi andare con fiducia da Gesù: Egli è la Luce del mondo, Egli desidera aiutarti a vedere, Egli è venuto nel mondo proprio per illuminarci. Ma tu (e in questo tu ci sono anch’io) desideri davvero essere illuminato? Non è più semplice accodarsi come pecora alla mentalità delle maggioranze piuttosto che avere il coraggio di affermare delle idee proprie? Non è più semplice vivere una fede fatta di atti di religione che una fede illuminata che compromette il tuo tempo, che ti fa sporcare le mani con gli ultimi della terra? Vogliamo davvero essere illuminati per capire che nella gioia del Vangelo ci sta anche la croce di Gesù? Se davvero ami la verità e la verità tutta intera, se davvero cerchi Dio per se stesso e non solo per avere un surrogato di Lui che serva nei momenti difficili a far finta di consolarti, Gesù è disposto ad illuminarti.

 

 

Sabato 8 Dicembre 2001

IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA VERGINE MARIA

Parola di Dio: Gn. 3,9-15.20; Sal. 97; Ef. 1, 3-6.11-12; Lc. 1, 26-38

 

1^ Lettura ( Gn 3,9-15.20)

Dal libro della Genesi

Dopo che Adamo ebbe mangiato dell'albero, il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?". Rispose: "Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto". Riprese: "Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?". Rispose l'uomo: "La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato". Il Signore Dio disse alla donna: "Che hai fatto?". Rispose la donna: "Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato". Allora il Signore Dio disse al serpente: "Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno". L'uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.

 

2^ Lettura (Ef 1, 3-6.11-12)

Dalla lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini

Fratelli, benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto; nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia…

 

Vangelo (Lc 1, 26-38)

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio". Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei.

 

RIFLESSIONE

 

Certe persone accusano i cristiani di essere dei mammoni e dei madonnari ed anche di aver dato tanto spazio nella teologia alla figura di Maria che questa, in certe occasioni, oscurerebbe addirittura la figura di Gesù.

Se questo, in certe esasperazioni, può essere vero, non ho paura di dire l’importanza di Maria nella mai vita di fede, perché non faccio altro che affermare una realtà evangelica: l’importanza che Maria ha avuto nella storia della salvezza.

Dio non ci salva se non attraverso noi stessi. Il nostro Dio non è Colui che guarda dall’alto e risolvere i nostri intricati problemi con un "colpo di fulmine". Il nostro Dio ama personalmente ogni sua creatura, partecipa e vive ogni momento della storia dell’uomo e non solo da spettatore, però non lede mai la sua libertà .

Dio offre un progetto grande e bello come quello di cui ci ha accennato il libro della Genesi, ma accetta che l’uomo possa rifiutarlo, non lo impone; e quando l’uomo si accorge di non aver scelto Dio, ma la sofferenza e la morte, non gli impone neanche il perdono ma gli offre la possibilità di cercarselo e la promessa di un Redentore potente che, nato da donna, darà all’uomo la capacità di schiacciare il male.

Maria è dunque nel pensiero di Dio fin dall’eternità e con uno scopo ed un compito ben preciso: quello di generare nella carne il Figlio di Dio, il Redentore.

Ecco perché, recitando l’Ave Maria, almeno la prima parte, quella che ci ripropone le parole dell’Angelo, noi diciamo a Maria due cose essenziali: la chiamiamo "Piena di grazia" e le diciamo che il Signore è con lei.

Maria, davvero tu "sei piena di grazia": tu sei graziosa, tutta bella sei tu. Sei la femminilità realizzata, sei la donna "bella e formosa" che si guarda non per possedere ma per far riposare su di te occhio e sentimenti puri. Non sei la bellezza per apparire e per provocare, sei la "piena di grazia" in cui il nostro cuore non può che gioire con il tuo "per le grandi cose che il Signore ha fatto in te per noi".

Tu sei piena di grazie: Dio in te, anticipatamente, ha rifatto il mondo. Il progetto del paradiso terrestre era naufragato, il bello si era sporcato, la paura aveva cacciato la serenità, il dolore la gioia, il desiderio di possesso aveva ucciso gli occhi limpidi dell’uomo che si accorge e si vergogna della propria nudità. Ma Dio in te realizza un progetto nuovo, ancora più grande, il dono di suo Figlio e tu, in previsione della sua morte e risurrezione, sei l’anticipo, colei che per prima è senza peccato, sei l’oasi della bellezza e della purezza in cui il Figlio di Dio trova grembo. Come dice un antico inno: "La Grazia che Eva ci tolse, tu, o Maria ci hai ridonato". "Concepita senza peccato" un dono che molti uomini di oggi interessati solo alle cose di questa terra, spesso ritengono inutile e che invece è l’unica realtà a cui l’uomo dovrebbe aspirare. Dio non ti ha tolto niente con questo. La tua vita, o Maria, scorrerà come la vita di ogni uomo e di ogni donna, in ogni tempo. Proverai profondamente ogni sentimento, la fatica e il dolore ti feriranno, vivrai nel mistero, come tutti, conoscerai la paura e il tuo cuore sarà doppiamente ferito dalla morte di tuo figlio, il Figlio di Dio, ucciso dagli altri tuoi figli, quelli che Gesù ti ha affidato proprio mentre stava morendo per loro. Dio non ti ha tolto niente della nostra umanità ma ti ha dato la certezza: il male, il peccato non hanno la meglio, sono già sconfitti in te, grazie a Gesù, la sofferenza e la morte non sono il fine ultimo dell’uomo. Grazie a Gesù, l’uomo, ogni uomo, può farcela a schiacciare il capo di quel serpente.

Ma tu, o Maria , sei piena di grazia anche perché sei la donna del grazie. Tutto a te è stato dato gratis, lo ricordi nella tua preghiera di lode dove il tuo cuore magnifica la grandezza di Dio, e tutto diventa rendimento di grazie. Dio ti ha dato tanto ma tu gli hai ridato tutto abbellito dalla tua grazia e dal tuo grazie. E come tu gioisci, anche Dio può gioire, guardandoti ammirato, vedendo, risplendente in te, la sua grandezza, la sua potenza, la sua estrema semplicità.

Tu sei il grazie che diventa la gioia di Dio. Tu sei il grazie che accoglie e che dona, come hai fatto con Gesù ricevuto e ridonato a tutti. Tu sei la prima riconoscenza di una umanità che torna a trovare la speranza di vedersi realizzata. Per questo "il Signore è con te", da sempre e per sempre. Da sempre perché Dio ti ha pensata, progettata, amata fin dall’eternità. Dio si è fatto povero ed ha avuto bisogno anche di una madre. Gesù non avrà ospitalità: "Non c’era posto per loro in albergo", "Non avrà un sasso su cui posare il capo", "E’ venuto tra i suoi, ma i suoi non lo accolsero", ma presso di te ha trovato casa. Dico un’assurdità più grande di me, ma vera: Dio si sentiva solo, quasi orfano senza una madre, gli mancava, ed ha trovato te.

E Dio è con te nella tua vita: lo vedrai sgambettare in casa tua, sentirai la sua voce chiamarti mamma, veglierai sui suoi sonni, vedrai i suoi turbamenti di uomo, camminerai con Dio a fianco nella gioia e nel mistero. E Dio è ancora con te anche oggi. Ti ha voluto con sé alla fine del tuo cammino sulla terra, accetta e accoglie la tua intercessione per noi; sei la Regina degli Angeli e dei Santi. Ed è proprio guardando a te, ai tuoi doni, che la Chiesa, nei secoli ha aggiunto una seconda parte all’Ave Maria. Noi, peccatori, ricorriamo a te, tutta Santa. Specialmente in questo momento triste del nostro cammino, quando rimaniamo confusi, sgomenti dai venti del terrore, della violenza, della guerra, è proprio in questi momenti in cui il male sembra avere il sopravvento, quando chi opera l’ingiustizia sembra sempre averla vinta, che noi abbiamo bisogno di guardare a te. Abbiamo bisogno di una boccata di ossigeno, abbiamo bisogno di un raggio di bellezza, abbiamo bisogno di poter credere a qualcosa di puro, di incontaminato, abbiamo bisogno di un grembo accogliente, consolante, abbiamo bisogno di vedere una mamma serena con il suo bambino, abbiamo bisogno di un volto sorridente e di due occhi limpidi, abbiamo bisogno di qualcuno che faccia rinascere in noi la speranza. E tu, Maria ci consoli, tu intercedi per noi, tu ci indichi la strada. Tu ci ricordi che il progetto di Dio è per noi, tu ci dai la forza di lottare contro l’unico vero nemico dell’uomo che è il male, l’egoismo. Tu ci ricordi che esso non è invincibile, tu con tuo Figlio ci dite che Dio vuol colmarci ancora della su grazie e rimane con noi oggi e sempre.

 

 

Domenica 9 Dicembre 2001

2^ DOMENICA DI AVVENTO ANNO A - SAN SIRO

Parola di Dio: Is. 11, 1-10; Sal. 71; Rm. 15, 4-9; Mt. 3, 1-12

 

1^ Lettura (Is. 11, 1-10)

Dal libro del profeta Isaia.

In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese. La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento; con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio. Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia, cintura dei suoi fianchi la fedeltà. Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l'orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare. In quel giorno la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli, le genti la cercheranno con ansia,

 

2^ Lettura (Rm 15, 4-9)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle Scritture teniamo viva la nostra speranza. E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Accoglietevi perciò gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio. Dico infatti che Cristo si è fatto servitore dei circoncisi in favore della veracità di Dio, per compiere le promesse dei padri; le nazioni pagane invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto: Per questo ti celebrerò tra le nazioni pagane, e canterò inni al tuo nome.

 

Vangelo (Mt 3, 1-12)

Dal vangelo secondo Matteo.

In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!". Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano. Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: "Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all'ira imminente? Fate dunque frutti degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. Gia la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile".

 

RIFLESSIONE

 

Luoghi comuni, modi di intendere hanno spesso ridotto il cristianesimo ad una delle tante religioni che in un modo o nell’altro riescono a tener buono l’uomo (o anche a incattivirlo, se il potere lo desidera), che danno una risposta più o meno esaustiva ai suoi problemi, che, con un po’ di riti o di gesti, di cui spesso si avvantaggiano i suoi sacerdoti, lo inducono a pensare di guadagnare una buona rispettabilità sulla terra e un pezzo di paradiso nell’eternità. Ecco perché certi personaggi della Bibbia hanno dato e danno fastidio. I profeti dicevano la verità di una religione che aveva perso il suo senso e i suoi scopi… e allora è meglio perseguitarli e farli tacere. Non è forse vero che siamo un po’ anche cosi? Ad esempio, nelle letture di oggi, il profeta Isaia ci sta bene quando ci parla di quel germoglio che dovrà spuntare (Gesù), quando dice che la natura non si opporrà più all’uomo, ma ci sta stretto quando dice che Colui che deve venire sarà come una verga che percuoterà colui che ha sbagliato. Eppure questo Avvento che ci prepara alla venuta di Gesù, quella già successa nella storia, quella del tempo che stiamo vivendo e quella finale degli ultimi tempi, è frequentato da personaggi scomodi, primo di tutti Giovanni Battista. E’ possibile che Dio, per preparare la venuta di Colui che porta la buona notizia, la gioia, si serva di un uomo così diverso da Lui nell’apparenza e nelle parole?

Giovanni non è un uomo attraente, veste malamente e mangia ancor peggio, non ha molta buona creanza, grida ed inveisce, non dice parole confortanti nei confronti di coloro che osservano a puntino i comandamenti e si sentono buoni, ma li chiama "razza di vipere"; anche il Messia da lui annunciato non è né dolce né confortante: è uno che distingue il grano dalla paglia e che con la pula non va troppo per il sottile ma la brucia in un fuoco eterno. Giovanni è uno che senza tanti preamboli dice in faccia agli uomini della sua epoca e a te e a me: "Convertiti perché se no finisci male!" Non è facile parlare di conversione, eppure questo Giovanni ci convince perché lui la sua conversione, il suo amore per la verità lo ha pagato con il martirio. E davanti al suo invito non possiamo neanche tergiversare o cercare di indirizzare il suo dito verso altri che devono convertirsi: no, lui parla a me e a te. La conversione non riguarda solo i pagani, i non battezzati o quelli che spesso con ipocrisia chiamiamo "i lontani", riguarda noi. Spesso, prima di sentirci buoni a tal punto da voler far sì che altri si comportino come noi, dovremmo chiederci se non siamo noi che dovremmo convertirci al Vangelo, ad esempio, quante volte è facile sentire tra cristiani l’esaltazione della povertà evangelica da parte di persone a cui non manca nulla, perfino certi frati e certi preti che sembrano non possedere nulla di personale vivono poi tranquillamente, senza troppe preoccupazioni perché quello che non posseggono personalmente lo possiede o il convento o la parrocchia! Giovanni se ha l’autorevolezza di invitarci alla conversione è perché lui si è convertito per primo e perché la sua persona rude ed essenziale ci parla ancor prima delle sue parole. La Chiesa per essere credibile, ha bisogno, prima delle parole, prima dei programmi, di persone che diano testimonianza. E, come sempre, i testimoni danno fastidio ai benpensanti per i quali tutto deve svolgersi entro canoni predefiniti e con metodi atti alla buona educazione. San Francesco, Elder Camara, Madre Teresa di Calcutta erano persone che avevano diritto di parlarci di poveri e di povertà, perché erano poveri loro. Il Cardinal Michele Pellegrino era un personaggio scomodo anche per molti all’interno della gerarchia ecclesiastica, molti quasi con disprezzo lo chiamavano il Vescovo - rosso, ma quello che diceva o scriveva era frutto non solo della sua intelligenza o del ruolo che la sua carica lo costringeva a dover essere o dire, ma frutto della fatica delle sue scelte, anche quelle che, non essendo così immediate, gli fecero commettere errori di valutazione. Ricordo un fatto personale: un giorno, con un altro sacerdote avemmo con lui un aspra controversia: noi vedevamo un certo impegno di Chiesa urgente e necessario. Lui riteneva il nostro un atteggiamento giovanile e velleitario. Con una certa asprezza ci fece comprendere il suo pensiero. Alla fine capimmo quello che voleva dirci ma rimanemmo male per il suo modo di esprimersi, Al termine del colloquio, egli con molta semplicità chiese chi di noi due voleva confessarlo e quello non fu solo un gesto liturgico di riconciliazione, ma un gesto che, pur in modi di pensare diversi ci fece capire la grandezza di chi ci stava davanti e la fiducia che egli aveva nel ruolo del sacerdote che noi, ancora impreparati e giovani, esercitavamo. "La verità non arriva mai in carrozza e soprattutto non è mai esatta al centesimo con ciò che tu pensavi" soleva dire mio padre e l’esperienza me lo ha fatto provare tante volte. Eppure, ad esempio quante persone vanno a cercare il confessore perché dica parole che a loro fanno piacere o giustifichi quello che stanno facendo: se non succede non è un buon confessore! No! La verità non sempre ha faccia e mani pulite, ma c’è un metodo sicuro per riconoscerla. Un antico pensatore, di cui non ricordo il nome diceva più o meno così: "Parla di più la testa mozza di Giovanni Battista su quel piatto che cento buoni predicatori che dicono e non fanno" Convertirci, rinnovare il dono del Battesimo non è dunque un gesto rituale o un atteggiamento che la Chiesa ci ripropone tutti gli anni nel tempo dell’avvento, è invece un qualcosa di molto profondo che se lo accetti ti scava dentro. Ricevere il battesimo o rinnovarlo con una conversione seria significa "rivestirci di Cristo", Colui che è "venuto sulla terra a portare il fuoco". E allora Cristo mi smuove, mi coinvolge, mi manda. Il Cristiano non è uno che si porta dietro il pulpito e vi si piazza sopra per far sermoni, è uno che sporcandosi le mani continuamente tra la gente, nella vita quotidiana porta con se stesso il Cristo, anzi, è sicuro, come Giovanni, di portare un messaggio più grande di se stesso. Il Cristiano che si converte è uno che sa di aver qualcosa da dire, è uno che pensa con la propria testa, è un uomo libero, fosse anche in catene. E’ uno che indossa la casacca di peli di cammello non perché è una moda o perché è di moda parlar di povertà (soprattutto di quella degli altri), ma perché fa le stesse scelte di Gesù, è uno che se anche ha di che saziarsi senza andare a cercare locuste selvatiche, sente profondamente la fame e la sete della giustizia, della verità, della presenza di Dio. E se, dopo aver incontrato personaggi come Giovanni, la nostra vita continua a scorrere uguale a prima, allora rischiamo anche noi di essere come gli abitanti di Betlemme che avevano Dio che nasceva e cercava casa presso di loro, ma non solo non si accorsero di Lui, ma anche non seppero offrire altro ad un povera donna incinta che una stalla per generare suo figlio.

 

 

Lunedì 10 Dicembre 2001

NOSTRA SIGNORA DI LORETO

Parola di Dio: Is. 35, 1-10; Sal. 84; Lc. 5, 17-26

 

"TI SONO RIMESSI I TUOI PECCATI". (Lc. 5,20)

Chi aspetta la nostra umanità? Chi è Colui che ciascuno di noi desidera incontrare nella propria vita? E' Colui che riesce a liberare la nostra umanità e la nostra vita dal male. Tutti noi abbiamo desiderio del Bene, del Bello, del Vero. Qualcuno limita questi desideri al semplice soddisfare i bisogni che giornalmente gli si presentano e quindi pensa che avere soldi, essere fortunato sia la sua felicità. Ma ben presto ci si accorge che soddisfatto un desiderio ne nasce uno successivo, e non si finisce mai di desiderare sempre qualcosa di più e poi ci si accorge che se anche uno trovasse tutte le soddisfazioni, queste terminano… e allora?

Noi aspettiamo Qualcuno che ci liberi non tanto dai desideri materiali, ma che liberi la nostra umanità dalla sua finitezza, dal suo egoismo, in altre parole "dal suo peccato". Ed ecco che l’avvento cristiano ci presenta Colui che sta per venire come uno che può con autorevolezza dire al paralitico: "Ti sono rimessi i tuoi peccati" e di conseguenza anche dirgli "Prendi il tuo lettuccio e cammina". E’ Gesù il senso dell’umanità e il senso della vita! Ma se Gesù è già venuto, se queste parole di liberazione le ha già dette, se ha firmato il suo amore per noi e il perdono con il suo sangue versato sulla croce, come mai il mondo e ciascuno di noi è ancora pieno di egoismo, di peccato, di male, di finitezze?

Qualcuno risponde dicendo che Gesù ci ha liberato dal peccato, ma le conseguenze del peccato ancora rimangono, ed è vero che noi in questa terra siamo ancora in stato di lotta continua contro il male, ma credo anche che se le parole di Gesù non si sono ancora realizzate pienamente, sia perché noi non le abbiamo capite, accolte, fino nel profondo del cuore. Spesso siamo dei perdonati che credono poco al perdono ricevuto, spesso siamo persone che preferiscono accontentarsi delle piccole soddisfazioni della vita e che fanno finta di dimenticarsi dei bisogni profondi dell’anima, spesso chiediamo miracoli e grazie, ma sotto sotto non ci crediamo. Gesù offre tutto e ci trova indifferenti, pieni di scuse per non partecipare alla gioia del suo banchetto e allora anche le parole meravigliose del perdono cadono nel buio e il male, che non aspetta altro, riprende il sopravvento. Ecco perché dopo duemila anni noi invochiamo ancora la venuta di Gesù ed Egli, fattosi obbediente per amore, viene… ma trova l’uomo disposto ad accoglierlo?

 

 

Martedì 11 Dicembre 2001

SAN DAMASO I, Papa

Parola di Dio: Is. 40, 1-11; Sal. 95; Mt. 18, 12-14

 

"SE UN UOMO HA CENTO PECORE E NE SMARRISCE UNA…". (Mt. 18,12)

Gesù con la parabola della pecorella smarrita ci presenta il vero volto di Dio. Spesso i credenti hanno confuso il ‘timor di Dio’ che è il giusto rispetto verso il Creatore, il Padre, l’Onnipotente, con la paura di Dio e le religioni, che spesso approfittano proprio delle paure dell’uomo, specialmente ai più anziani tra di noi hanno inculcato un rapporto con Dio basato sulla paura del peccato, dell’inferno dimenticando che Dio non è un "Assoluto", lontano dalla nostra realtà, non è esclusivamente il Dio giudice insindacabile, sempre alla caccia dei nostri peccati per poterli condannare, ma ha il volto di un Padre che non si rassegna a perdere nessuno dei suoi figli e con tenerezza e pazienza li va a cercare, che offre loro tutte le possibilità. E Gesù non è forse così? E’ venuto per i malati, per gli ultimi, i lontani, accoglie tra i suoi apostoli gente povera e peccatrice, entra in casa di Zaccheo e gli cambia la vita, porta con sé in cielo un ladro pentito… è l’occasione di salvezza per tutti. Mi rendo sempre più conto che non è il nostro volontarismo a salvarci, cioè non siamo noi che ci salviamo grazie alle nostre opere buone o grazie a sacrifici e preghiere; la cosa più importante è lasciarci trovare da Colui che ci cerca, è lasciarci prendere in braccio da Lui. La conversione non è "lo mi converto" ma "lo mi lascio prendere in braccio e portare da Colui che vuole la mia salvezza al punto di dare la sua vita per me".

 

 

Mercoledì 12 Dicembre 2001

SANTA GIOVANNA FRANCESCA DE CHANTAL, Religiosa

Parola di Dio: Is. 40, 25-31; Sal. 102; Mt. 11, 28-30

 

"IMPARATE DA ME CHE SONO MITE ED UMILE DI CUORE". (Mt. 11,29)

Gesù è stato mite: non ci ha salvati con segni di potenza e di forza, non si è imposto a nessuno, ha porto l’altra guancia a chi lo percuoteva, ha guardato ai piccoli, ai poveri, ai malati, ai peccatori, ha avuto gesti di attenzione e di delicatezza... Tutto questo stride con la mentalità del nostro mondo che si fonda sempre più su potere, arrivismo, sopraffazione... Ma questo nostro mondo è contento, felice, sereno o sempre scontento, insoddisfatto, triste?

Se cerchi la serenità anche nella prova, se vuoi trovare la pace di Dio, imita Gesù, non lasciarti portar via dalle apparenze, non fidarti delle esteriorità vuote, ritrova le piccole gioie della vita quotidiana, fidati più degli affetti profondi che delle manifestazioni inutili, anche nella fede, nella preghiera, nella vita della Chiesa, non fidarti troppo dei ragionamenti, delle parole, delle spiritualità troppo artefatte: fidati di Gesù, rifugiati in Lui, imitalo. Una leggenda indiana narra che l’Himalaya, la più alta e affascinante catena di montagne del mondo, una volta era una piccola formichina. La madre della formicuzza, un giorno, lasciò la sua piccola nel formicaio e se ne andò a cercare cibo. La madre aveva insegnato alla piccola a mettersi in piedi con le mani alzate verso il cielo, verso il dio Rama, a pensare a lui e a pregarlo, quando la mamma fosse stata assente. Essa sapeva per esperienza che ad un vivente che prega il Dio Rama, non capita mai nulla di male. Quando la madre formica si fu allontanata, venne il formichiere per divorare la piccola formica restata sola. Ma quando il formichiere aprì la sua bocca, la formicuzza alzò le sue mani verso il cielo, invocò Dio e iniziò a diventare grande e cresceva, cresceva. Il mostro spalancò la sua bocca di più… ma inutilmente. La formicuzza cresceva, diventava grande, finché alzandosi con le sue spalle verso il cielo, arrivò a toccare i piedi del dio Rama. Il dio Rama fu felice e gentilmente toccò le spalle e il capo della formicuzza e la lasciò stare per sempre così, toccando contemporaneamente cielo e terra. Queste sono le montagne dell’Himalaya: una formica in preghiera con le fondamenta sulla terra e il capo nel cielo

 

 

Giovedì 13 Dicembre 2001

SANTA LUCIA, Vergine e Martire; SANTA ODILIA

Parola di Dio: Is. 41, 13-20; Sal. 144; Mt. 11, 11-15

 

"DAI GIORNI DI GIOVANNI BATTISTA FINO AD ORA IL REGNO DEI CIELI SOFFRE VIOLENZA". (Mt. 11, 12)

Vi offro oggi una meditazione del teologo Karl Barth.

Gli uomini dell’Avvento come Giovanni, ci pongono un problema: che cosa conta soprattutto nella vita? Che tu abbia cibo, soddisfazioni, felicità? Che molti altri, con te, vivano soddisfatti della loro sorte proclamandosi felici? Che il mondo cammini, un mondo in cui ognuno possieda la propria casa, coltivi il proprio giardino, abbia la propria automobile, conservi titoli in banca e riesca nella vita? Se così fosse, gli uomini dell’Avvento sono dei falliti!

Ma non è esattamente questo che conta.

Ciò che importa è che la salvezza e la verità di Dio si manifestino nella tua vita, in quella della tua famiglia, del tuo paese, della tua città, del popolo cui appartieni. Ciò che conta è che in mezzo allo sconforto e al disordine del nostro tempo, sorgano i segni del grande cambiamento e rinnovamento che Dio opererà un giorno. Ciò che conta è che esistano degli uomini insoddisfatti che gioiscano e attendano che, qua e là, sin da oggi, qualche cosa crolli, e qualche cosa si edifichi, attestando la grande salvezza futura, ma che soffrono quando tutto resta immobile. È vicina la salvezza che deve venire. Poiché Gesù Cristo ha vissuto nel mondo e ha pronunciato la sua parola. Questo, il mondo non può dimenticarlo. Sappiamo anche, tuttavia, che tale parola è così ben nascosta, dissimulata, sotterrata che bisogna estrarla come un tesoro dalle viscere di una miniera. Si richiedono operai, uomini che vogliano cercare e scavare per trovarla; occorrono i cani da caccia di Dio che si lascino mettere sulla pista, dalla quale non si scostino più. Questi sono gli uomini che preparano la strada del Signore.

La loro non è una vita facile; ma è possibile voler vivere la propria felicità personale, finché Dio non riceve dagli uomini l’onore che gli è dovuto? Non è un buon segno — il segno che Dio sa impegnarci nel suo lavoro — quando incontriamo qualche difficoltà? La croce appartiene già all’Avvento. Beati quelli che sono perseguitati per la giustizia, poiché loro è il regno dei cieli.

 

 

Venerdì 14 Dicembre 2001

SAN GIOVANNI DELLA CROCE, Sacerdote e Dottore della Chiesa

Parola di Dio: Is. 48, 17-19; Sal. 1; Mt. 11, 16-19

 

"E’ VENUTO GIOVANNI CHE NON MANGIA E NON BEVE E HANNO DETTO: HA UN DEMONIO. E’ VENUTO IL FIGLIO DELL’UOMO CHE MANGIA E BEVE E DICONO: ECCO UN MANGIONE E UN BEONE". (Mt. 11,18-19)

Gesù, oggi ci ricorda due grandiosi "insuccessi".

E’ venuto Giovanni Battista e non l’hanno capito, l’hanno considerato un matto, un indemoniato. E’ venuto Gesù e chi lo ha messo in croce ha addirittura pensato di aver fatto un bene. Seguire Gesù non è aver successo; operare per la giustizia e la verità non significa ottenere giustizia o automaticamente far progredire la verità. Aiutare un povero non ti esime dall’essere imbrogliato, magari proprio da quella stessa persona. Per il fatto che perdoni non significa che non ci sia qualcuno che ne approfitti. Per il fatto che tu predichi il Vangelo non significa che tutti coloro che l’ascoltano si convertiranno ad esso. Eppure se Giovanni Battista avesse ragionato con tanto ‘buon senso’ ed avesse detto: "Perché devo rimetterci la testa per andare a puntare il dito contro Erode che intanto non cambierà?", se Gesù avesse detto e dicesse tuttora: "Vale la pena morire per l’uomo, quando dopo 2000 anni tanti uomini non mi conoscono neppure, e quelli che mi conoscono sono divisi tra loro, litigano, dimostrano di non capirmi?", noi non avremmo né il Precursore né il Messia. No, le cose non vanno fatte per il successo, neppure per il successo del bene, vanno fatte perché sono buone, vere, giuste.

Una verità è sempre verità, sia che abbia successo o no! La giustizia è sempre tale sia che trovi il suo corso sia che venga manipolata da uomini ingiusti. Dio è sempre Dio anche se c’è il bestemmiatore, l’amore di Gesù per noi è sempre tale sia che noi lo accettiamo o lo rifiutiamo; non è la quantità di successo che ha a rendere buona o cattiva un’idea. Come cristiani, come testimoni, non siamo chiamati ad aver successo. Siamo chiamati a seminare nella fiducia. Al resto ci pensi il Padrone della messe.

 

 

Sabato 15 Dicembre 2001

SAN VALERIANO; SANTA CRISTIANA

Parola di Dio: Sir. 48, 1-4. 9-11; Sal. 79; Mt. 17, 10-13

 

"ELIA E’ GIA’ VENUTO E NON LO HANNO RICONOSCIUTO, ANZI L’HANNO TRATTATO COME HANNO VOLUTO, COSI’ ANCHE IL FIGLIO DELL’UOMO DOVRA’ SOFFRIRE PER OPERA LORO". (Mt. 17,11-12)

Gesù parla di Elia, quel profeta tanto caro al popolo di Israele, al punto che pensavano dovesse tornare prima della venuta del Messia; e paragonavano anche Elia al fuoco che brucia, purifica, riscalda, rincuora, illumina. Ma si può stare vicino al fuoco senza lasciarci toccare da esso. Quante volte ascoltiamo la Parola di Dio senza lasciarci cambiare dentro da essa, quante volte vediamo la verità ma preferiamo volgere altrove il nostro sguardo; quante Comunioni Eucaristiche ci hanno lasciato con una preghiera sulle labbra ma con una vita indifferente.

Anche in questo Avvento c’è l’opportunità di lasciarci purificare dal fuoco della Parola di Dio che ci aiuta a far emergere la fede dalle esteriorità e dalle falsità, che riscalda il nostro cuore, che illumina i nostri occhi per vedere il Signore che viene nei nostri fratelli, che ci rincuora nel nostro faticoso cammino quotidiano. Ma, come è successo ai contemporanei di Gesù che non hanno riconosciuto Elia in Giovanni e il Messia in Gesù perché si aspettavano un Elia ed un Messia diversi, così può capitare, anche oggi, che Cristo ci passi accanto e noi rischiamo di non vederlo. Attendiamo il Cristo giudice che faccia piazza pulita dei cattivi e non cogliamo la sua presenza che perdona, che salva. Cerchiamo Dio nello splendore dei templi e magari non sappiamo vederlo nel povero che bussa alla nostra porta. Andiamo a fare preghiere in conventi ed eremi e non sappiamo pregare in famiglia. Gesù è sempre diverso da come lo pensiamo quando lo facciamo diventare proiezione dei nostri desideri umani. Ma c’è un metodo sicuro per saper conoscere il Cristo: dove c’è amore o possibilità di amore, stai sicuro, lì c’è Lui.

 

 

Domenica 16 Dicembre 2001

3^DOMENICA DI AVVENTO ANNO A - SANTA ADELAIDE

Parola di Dio: Is. 35, 1-6. 8. 10; Sal. 145; Gc. 5, 7-10; Mt .11, 2-11

 

1^ Lettura (Is. 35, 1-6. 8. 10)

Dal libro del profeta Isaia.

Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saròn. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: "Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi". Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto. Ci sarà una strada appianata e la chiameranno Via santa. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.

 

2^ Lettura (Gc. 5, 7-10)

Dalla lettera di san Giacomo apostolo.

Fratelli, siate pazienti fino alla venuta del Signore. Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera. Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Prendete, o fratelli, a modello di sopportazione e di pazienza i profeti che parlano nel nome del Signore.

 

Vangelo (Mt 11, 2-11)

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?". Gesù rispose: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me". Mentre questi se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re! E allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta. Egli è colui, del quale sta scritto: Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te. In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui".

 

RIFLESSIONE

 

Anche le persone più integerrime, anche i testimoni più veritieri, hanno i loro momenti di buio. La fede non esclude il tempo della riflessione e il momento in cui si ha bisogno di segni per confermarla.

Giovanni l Battista era stato deciso in tutto. Dio gli aveva affidato un compito ed egli con coerenza e fermezza lo aveva portato avanti. Gli era stato chiesto di essere il Precursore di Gesù, di preparargli "una strada nel deserto", e nel deserto lui si era messo a gridare predicando la conversione. Aveva incontrato e riconosciuto Gesù, aveva tergiversato prima di dargli quel battesimo di cui sapeva che Lui non aveva bisogno, lo aveva battezzato, era stato testimone dell’aprirsi dei cieli, aveva visto lo Spirito santo scendere su Gesù come colomba, aveva sentito la voce dal cielo che diceva: "Questi è il mio figlio diletto, ascoltatelo!". Quando aveva nuovamente visto Gesù passare da lontano non aveva avuto tentennamenti nel mandargli i suoi discepoli dicendo: "Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo"… Ma ora Giovanni per gelosia di una donna che con le sue parole aveva toccato, si trova nelle buie prigioni di Erode. Non ci sono più segni per Lui, non c’è più la sua gente, le rive del fiume, la predicazione… ma tanto silenzio e buio: "Avrò compiuto la mia missione come il Signore mi aveva affidato?", "E’ giusto quello che ho detto ad Erode, ma ora sono in galera, non posso più parlare, non era meglio se, senza toccare i potenti, avessi continuato la mia missione?, "E poi, questo Gesù è un Messia così diverso da quello che ho predicato io! Io ho annunciato uno che veniva con il ventilabro in mano per mondare la sua aia, uno che avrebbe portato la giustizia che avrebbe fatto piazza pulita dei cattivi e degli ipocriti. Gesù, invece è così dolce, così buono, va con tutti, farisei e peccatori, parla di un regno di pace, non si ribella contro gli invasori romani, parla di croce… Avrò mica sbagliato nell’indicarlo come il Messia?" Fratelli, chi di noi non ha avuto momenti di buio? Hai creduto in un Dio misericordioso, paziente, lento all’ira, padre attento e buono e ti è capitata quella palese ingiustizia, e vedi che i cattivi e il male continuano a trionfare, e vedi la sofferenza dei giusti, e vedi quei bambini condannati a morte per violenza e per fame, e tu ti senti impotente e Dio sembra lavarsene la mani. Hai creduto alle parole di Gesù che ti diceva: "Bussate e vi sarà aperto, chiedete e otterrete" ed hai chiesto, non denaro o potere per te, hai chiesto cose giuste e buone per te e per altri, ed è successo esattamente l’opposto. Avevi bisogno di una parola di conforto da parte del tuo Dio in cui credi e al quale hai consacrato parte della tua vita e il suo silenzio si è unito allo scherno dei tuoi nemici che ridono delle tue sventure… e allora, come Giobbe anche tu hai gridato, come Giovanni hai chiesto dei segni, delle conferme…

Amico, se ti è successo questo, che succede a tutti coloro che si sono messi sulla strada della fede e pur nella finitezza la ricercano però con fermezza e costanza, non spaventarti: non hai perso la fede, non hai bestemmiato perché hai gridato forte. Non devi solo perderti d’animo, il Signore i segni te dà, ma devi con fatica saperli leggere, perché forse non sono quelli che ti aspettavi. Gesù davanti alla domanda di Giovanni che esteriormente poteva apparire come una mancanza di fede in Lui: "Sei tu Colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?", risponde invece indicando i segni che sta compiendo: ciechi che recuperano la vista, storpi che camminano, lebbrosi guariti, sordi che sentono, morti che risuscitano, poveri che ritrovano speranza e che riescono a riconoscersi come figli amati da Dio… "Dite questo a Giovanni, egli capirà" E Giovanni capisce il linguaggio dei fatti perché era già quello che i profeti avevano detto a proposito dei tempi messianici. Capisce ma non per questo la sua situazione si risolve. Giovanni sa con certezza che Gesù è il Messia, ma continua a rimanere in prigione e un giorno per il ballo di una ragazza, per un re ubriaco e per il desiderio di vendetta di una donna ci rimetterà la testa. Anche a noi Gesù dà dei segni ma se questi ci confortano nella fede spesso non ci tolgono dalle situazioni difficili. Possono però diventare l’aiuto per affrontarle con uno spirito nuovo. "Dopo 2000 anni di cristianesimo, dopo tanto sangue versato per la fede e tanto sangue fatto versare dalle religioni, oggi, davanti alle aberrazioni di guerre chiamate sante, di uomini peggiori di lupi nei confronti di altri uomini, di guerre che nel nome della giustizia uccidono bambini e inermi, di bombe e mine che azzopperanno e uccideranno ancora per anni, di prepotenze nel e di usurpazioni del nome di Cristo: c’è ancora Dio o hanno ragione certuni che dicono che Dio è morto o che al massimo se c’è se ne lava bellamente le mani di tutto quello che succede? Gesù era poi proprio il Figlio di Dio o solo un uomo come me che ha annunciato una bellissima utopia e che, proprio perché dava fastidio a loro è stato ucciso dai religiosi del suo Dio? Vale ancora la pena di continuare ad andare a morire sulla croce dopo duemila anni pur di continuare ad annunciare in mondo violento che la vale di più la pace, che siamo fratelli, che vale di più il perdono della vendetta?" E Gesù non ci toglie dalla bagna. Però anche a noi oggi indica dei segni. Dopo duemila anni quel piccolo seme è sbocciato nel cuore di molti uomini e tu anche oggi, in mezzo a tanta violenza vedi uomini che giocano la loro vita per gli altri, gente che dovrebbe essere annegata nella disperazione e che invece canta la sua speranza, in mezzo a mani armate vedi mani di poveri che si stringono a quelle dei fratelli per solidarietà, per un aiuto, vedi persone che si chinano sulla sofferenza altrui, samaritani che si fermano lungo la strada e vedi che questo passa i confini degli stati, delle religioni, dei colori della pelle. Gesù sembra dirci: "Ci credi a quel seme di speranza che c’è dentro di te?, ci credi che il male grida forte proprio perché è ferito a morte dal bene? Ci credi che la croce non è una sconfitta, ma una vittoria?" E noi possiamo rispondere: "Dio, quanto sei diverso da come immaginavo! Quanto sono piccolo e incapace di comprendere, ma nonostante tutto mi fido di te perché la tue parole hanno un suono di speranza universale, perché Tu, tutte le nostre prove, i nostri dubbi, le nostre sofferenze le hai vissute sulla tua pelle, non ne parli a vanvera; e ti credo ancor di più perché proprio mentre vivo i miei dubbi, mentre grido contro di Te, Tu, ancora una volta hai fiducia in me e mi chiedi di diventare io segno del tuo amore del tuo perdono, della tua attenzione ai poveri e agli ultimi. Grazie, Signore perché mentre mi parli dei tuoi segni hai la fiducia di chiedere ad un poveraccio come me di diventare segno del tuo amore e della tua redenzione".

 

 

Comincia oggi la Novena di Natale.

In questi giorni, vi offro una serie di riflessioni sull’accoglienza.

COME ACCOGLIERE GESU’ CHE VIENE

 

Un altro Natale è alle porte. Ogni anno si pone lo stesso interrogativo: a Betlemme non c’era posto per Gesù; e oggi?Dopo tanti secoli di progressi, siamo più disposti ad accogliere Gesù?

Apriamo il grande giornale che è la vita quotidiana del mondo. Quanti Erode, anche oggi, hanno paura di dare spazio a Lui che nasce per rinnovare il mondo. Quanta indifferenza nei suoi riguardi! In quanti Paesi, in quante società si lavora per soffocarlo nella coscienza individuale e collettiva.

E anche nella nostra Italia, che posto si dà a Gesù nelle nostre famiglie? Nel mondo del lavoro? Della scuola? Nell’amore umano?

Che posto occupa Gesù nei progetti più impegnativi di impostazione del presente e del futuro della nostra vita?

Troppi, oggi, non sentono il bisogno di Dio: dicono che ce la fanno da soli a vivere. Per tanti Cristo non conta nulla.

Ma quale è il risultato? È forse migliorata l’umanità? E forse aumentata la felicità su questa terra? Natale! Una parola che è stata riempita di troppi surrogati. E diventata la festa dei regali da ricevere e da fare. Anche per noi credenti è diventata la festa della fretta: si vuole arrivare a tutto. Ma si trova il tempo per un ripensamento cristiano del Natale, per una preparazione spirituale? E’ vero, resiste ancora l’idea della festa degli affetti familiari...

Ma non è più festeggiato Lui, l’Emmanuele, il Dio con noi!

Ci può fare tenerezza il presepio, con la sua carica dei ricordi della nostra infanzia: ma Gesù non è una statuetta di gesso o di plastica da mettere oggi su un po’ di paglia e domani nell’armadio... Ci può commuovere la Messa di mezzanotte: ma Gesù è vivo tutto l’anno...

E’ la festa della bontà, d’accordo. Si compiono buone azioni, a favore dei bambini sofferenti, degli anziani, dei ricoverati negli ospizi e ospedali...

Ma chi soffre, soffre tutto l’anno... non solo a Natale!...

Nei suoi progetti misteriosi, Dio ha voluto aver bisogno delle sue creature: ha lasciato loro il compito di lavorare per un mondo sempre più giusto, fraterno.

Ma per far questo, le creature hanno bisogno di Dio. Noi vogliamo prepararci ad accogliere Gesù che viene, perché sentiamo il bisogno di Lui.

Con Maria di Nazareth, faremo un po’ di silenzio in noi per meditare sulle grandi cose di Dio; con Maria ci metteremo a servire meglio il nostro prossimo; con Maria ringrazieremo il Signore perché non è mai stanco di noi e ci visita, oggi, come sempre.

All’incontro con Gesù, con il cuore aperto all’accoglienza, vuole aiutarci questa Novena.

 

 

Lunedì 17 Dicembre 2001

SAN MODESTO; SAN LAZZARO

Parola di Dio: Gn. 49, 2.8-10; Sal. 71; Mt. 1, 1-17

 

ACCOGLIERE LA VITA PER ACCOGLIERE GESU’ CHE VIENE

 

Oggi si fa di tutto per salvare e migliorare la vita. Eppure quante volte la si mortifica nei continui attentati alla salute, nelle stragi di guerre orribili, nel permettere che milioni di bambini, uomini e donne muoiano di fame, nella violenza che si scatena nelle grandi città...

Per tanti motivi, che vanno dai drammi personali all’egoismo più crudo, magari camuffato da falsa pietà, si uccide la vita fin dal suo sorgere, scegliendo l’aborto, o con l’abbandono dei figli appena nati. Ci sono anche note positive: in tutta Italia sono in aumento le famiglie che chiedono di adottare o di prendere in affidamento uno o più bambini. La vita si costruisce in famiglia. Formare una famiglia, oggi è più difficile per le difficoltà economiche, ma anche perché, in un contesto di permissivismo e di provvisorietà, bisogna far maturare la consapevolezza delle proprie decisioni per un legame solido, indissolubile, basato sull’amore reciproco e aperto alla comunità. Formare una famiglia cristiana esige un costante riferimento a Gesù e alla Chiesa nel suo insegnamento ufficiale. La situazione tra i giovani che si preparano al matrimonio non è tra le più consolanti: sono in aumento le convivenze libere, molti si sposano per concludere rapporti basati quasi esclusivamente su sentimenti passeggeri e spesso finiscono in separazioni e divorzi. Scegliere la vita è anche scegliere di costruire su valori e ideali umani e cristiani. Ecco qualche nota positiva: molti giovani entrano in gruppi di volontariato per l’assistenza degli anziani, handicappati, tossicodipendenti, emarginati. Ci sono persone che lasciano la famiglia per vivere in comunità al servizio degli altri... Ci sono giovani e adulti che scelgono di andare per periodi, più o meno lunghi, nei Paesi del Terzo mondo, in aiuto dei missionari, al servizio dei poveri, per costruire, ospedali, scuole, ecc. Ma ci sono anche fratelli che rifiutano la vita con il suicidio. Quanti attentati orribili alla vita di grazia, alla santità, alla purezza...C’è un bisogno immenso di accogliere Gesù, perché c’è un bisogno immenso di scegliere la vita. E tu? Ed io? Come accogliamo ogni giorno questo dono prezioso che ci viene dato? Della vita sappiamo cogliere solo gli aspetti negativi, più difficili, e brontoliamo in continuazione? Sappiamo accogliere la vita delle persone che vivono con noi come un dono? Sappiamo donare vita con un sorriso, un gesto di incoraggiamento? Sappiamo donare un po’ di tempo della nostra vita perché altre vite possano esprimersi?

 

 

Martedì 18 Dicembre 2001

SAN GRAZIANO

Parola di Dio: Ger. 23, 5-8; Sal. 71; Mt .1, 18-24

 

ACCOGLIERE I VICINI PER ACCOGLIERE GESU’ CHE VIENE

 

Viviamo accanto a tanta gente e sovente non la guardiamo neppure in faccia, presi come siamo dalla fretta, dalla superficialità, forse anche da una certa presunzione che gli altri abbiano solo difetti e noi solo virtù. Pensiamo al prossimo che avviciniamo in ogni nostra giornata: i nostri familiari che conosciamo o che pensiamo di conoscere bene... i vicini di casa di cui sappiamo forse solo dove stanno... i colleghi di lavoro o i compagni di scuola di cui conosciamo solo il nome...Facciamo alcune considerazioni: I nostri familiari: quante volte, da parte dei figli si chiede solamente, come per diritto, senza rendersi conto dei sacrifici che i genitori fanno... Costerebbe poco un «grazie», un «per favore», un gesto di gentilezza. E tra fratelli, come è facile l’invidia, la gelosia, l’incomprensione... A volte i genitori vedono i figli solo per quello che vorrebbero vedere in essi e non per quello che essi sono e desiderano essere. In famiglia, a volte si parla molto e si ascolta poco: oppure non ci si parla da tempo, come si fosse tra estranei... E i nostri anziani? Che posto hanno nella vita di chi ha meno anni, più salute, più prontezza di riflessi? E i genitori, pensano che i figli non sono proprietà privata, ma dono affidato loro da Dio, perché nell’amore ricevuto e donato imparino a realizzare il progetto che Dio ha su di loro? Guardiamo però anche al molto bene che si costruisce, giorno per giorno, nelle nostre famiglie, dove si prega, ci si parla, ci si riconcilia, si collabora; dove, senza tanti discorsi, ci si serve a vicenda in umile amore e rispetto, dove il sacrificio quotidiano permette e sostiene un senso pieno della vita...Pensiamo ora all’ambiente di lavoro o di studio.

Quante ore insieme ai colleghi di lavoro, o ai compagni di scuola, ma come è facile restare lontani nella collaborazione accettata e non subita... E facile accogliere il vicino o l’insegnante simpatico o su cui si calcola, o che si sfrutta in vista di un utile... Ma quando il collega non è simpatico, quando ha solo difetti... come è difficile il rispetto, la collaborazione, l’amicizia. Il clima complessivo dell’ambiente è di disinteresse, di menefreghismo. Ma, anche qui, c’è sempre chi, nel grigio dell’ambiente, porta un po’ di calore, un sorriso, un aiuto, una comprensiva solidarietà. Un ultimo pensiero: a che cosa si riduce spesso lo scambio del gesto di pace durante la Messa? Ad una formalità che non ci dice più nulla? quel gesto è una recita, o ce lo portiamo dietro, dentro la vita?

 

 

Mercoledì 19 Dicembre 2001

SANTA FAUSTA; SANT’ANASTASIO I°

Parola di Dio: Gdc. 13, 2-7. 24-25; Sal. 70; Lc. 1, 5-25

 

ACCOGLIERE I LONTANI PER ACCOGLIERE GESU’ CHE VIENE

 

Non si può accogliere Gesù se invece di farsi prossimo agli altri noi ci allontaniamo da loro, li consideriamo lontani. Oggi si parla tanto di emarginazione, ma, quel che è peggio, la si accetta, qualche volta la si provoca. Chi sono i cosiddetti «lontani»?

Lontani possono essere anche i nostri stessi familiari, i nostri amici perché hanno idee diverse dalle nostre, gusti e scelte che non corrispondono ai nostri criteri: perché forse ci hanno fatto un torto che non abbiamo ancora dimenticato. Sono i familiari e gli amici che abbiamo classificato fra gli antipatici. Sono le persone diverse da noi che, frettolosamente, vengono messe nell’elenco di quelle da evitare. Niente è più lontano dal Vangelo che fare queste distinzioni, comode forse, ma gratuite e ingiuste; solo Dio vede il cuore!... Quello non è del mio gruppo... quello è un superbo... quello non la pensa come me... quello non si impegna... quello ha un carattere intrattabile.., e così via nell’esclusione per allungare la lista dei lontani. Anche nei rapporti tra conoscenti, quante chiacchiere, pettegolezzi, giudizi a vanvera che ammazzano il cuore, prima che la vita fisica...Un modo di rendere lontano il prossimo è anche quello di trincerarsi dietro scelte del tipo: «Non tocca a me», oppure «Tocca allo Stato», «Tocca alla Chiesa»... ma non siamo Chiesa tutti? Giudichiamo lontani quelli che non vanno a Messa... ma noi abbiamo mai pregato per loro? Quando ci confessiamo, chiediamo perdono... ma noi sappiamo dare perdono a chi ci ha offeso? Nei casi di rottura della carità, a chi tocca fare il primo passo? Gesù dice: «Se stai per fare la tua offerta all’altare e ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro dite, vai prima a riconciliarti con lui, poi torna e la tua offerta sarà gradita». Accogliere Gesù vuol dire non considerare nessuno «lontano» e fare sempre il primo passo verso la riconciliazione.

 

 

Giovedì 20 Dicembre 2001

SAN LIBERATO

Parola di Dio: Is. 7, 10-14; Sal. 23; Lc. 1, 26-38

 

ACCOGLIERE I DEBOLI PER ACCOGLIERE GESU’ CHE VIENE

 

Non si può accogliere Gesù, se non apriamo gli occhi su quelle situazioni di debolezza che Gesù ci ha segnalate quando ha detto: «Ho avuto fame e voi mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e voi mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato; nudo e mi avete vestito; malato e mi avete assistito, carcerato e siete venuti a trovarmi...». Chi vede con gli occhi di Gesù scopre nella vita quotidiana tante altre situazioni di debolezza. Pensiamo agli anziani che vivono soli in casa e che spesso hanno bisogno di assistenza materiale, ma soprattutto morale. Pensiamo agli anziani nelle case di riposo che chiedono di incontrarsi con qualcuno che li faccia sentire vivi tutto l’anno e non solo a Natale. Pensiamo agli handicappati e alle loro famiglie. Certo ci sono volontari che li seguono, ma sono pochi, non sempre stabili e le necessità sono enormi. Anche i bambini, i ragazzi, i giovani possono rientrare tra i deboli di oggi. Non possono difendersi dai soprusi e dai maltrattamenti e finiscono spesso per rifarsi sui coetanei, o sui più piccoli. I ragazzi e i giovani sono considerati un mercato su cui speculare facendo crescere in loro, attraverso la pubblicità, i desideri di tante cose, il più delle volte superflue. Il mondo del lavoro, poi, evidenzia questo sfruttamento delle giovani forze: lavoro in nero o sottopagato, disoccupazione giovanile, ecc. E i drogati? Si discute a tutti i livelli, ma che cosa facciamo in concreto se non respingerli con ripugnanza? Le situazioni di debolezza potrebbero continuare in una lista senza fine: dalle ristrettezze economiche, alla mancanza di affetto; dal sentirsi inutili e soli, alle ingiustizie patite, alle lacrime della vita...

Ma consideriamo anche la situazione di debolezza di tutti noi in quanto peccatori, deboli nell’amore a Dio, deboli nell’amore al prossimo, deboli nei propositi, deboli nella preghiera. Preghiamo poco e male, il più delle volte solo per chiedere grazie di ordine materiale e così, lontani dal Signore, siamo sempre più deboli e soli.

 

 

Venerdì 21 Dicembre 2001

SAN PIETRO CANISIO, Sacerdote e Dottore della Chiesa

Parola di Dio: Ct. 2, 8-14; Sal. 32; Lc. 1, 39-45

 

ACCOGLIERE SACERDOTI E RELIGIOSI PER ACCOGLIERE GESU’ CHE VIENE

 

Dei suoi discepoli Gesù ha detto: «Chi accoglie voi, accoglie me». Questo è vero per tutti i cristiani ma in particolare anche oggi per i suoi sacerdoti, per i religiosi e religiose che hanno consacrato la loro vita al servizio del Regno di Dio. Possiamo fare una prima constatazione: li conosciamo i nostri sacerdoti? Conosciamo gli Ordini religiosi, le Congregazioni religiose che lavorano nella nostra parrocchia, nella nostra città? Li conosciamo per quello che si dice di loro o perché abbiamo rapporti di prima mano con loro? Come li stimiamo? E’ vero, anche tra sacerdoti e religiosi ci sono persone che possono avere carattere non buono o comportamenti non consoni al loro ruolo, ma faccio di tutta erba un fascio o sono critico in modo giusto, ricordando ad esempio che anche l’Eucarestia di un cattivo sacerdote è sempre Eucarestia di Gesù? Collaboriamo alle loro iniziative? Ci sforziamo di vedere nel nostro parroco, nei nostri sacerdoti pur con una critica consapevole e caritatevole, i pastori che Dio ci ha messo accanto come guide e aiuto e non solo come distributori dei sacramenti? Conosciamo i loro problemi, i problemi della parrocchia e della comunità? Li aiutiamo a risolverli insieme o gliene procuriamo degli altri? Pensiamo che stanno dando la vita per la comunità? Mettiamoci nella situazione del parroco che sa che tanti suoi parrocchiani sono lontani dalla pratica della fede, che trova difficoltà a riunire i praticanti per la catechesi, che non riesce ad ottenere collaborazione per le attività apostoliche. Come aiutarlo? Mentre i sacerdoti, i religiosi, le suore hanno come primo compito quello di pregare per la comunità dei credenti e per i lontani, noi ci sentiamo impegnati a pregare per i nostri sacerdoti e per quanti lavorano per costruire la comunità cristiana, perché il Signore li ispiri ad animare la comunità secondo il suo progetto? Saremmo contenti se Dio chiamasse qualcuno dei nostri familiari a seguirlo più da vicino nella vita sacerdotale o religiosa? Preghiamo per le vocazioni? E perché cresca questa stima e simpatia per la vocazione non ci potrebbe essere maggior riconciliazione e accoglienza tra i fedeli e le loro guide spirituali?

 

 

Sabato 22 Dicembre 2001

SANTA FRANCESCA CABRINI

Parola di Dio: 1 Sam. 1, 24-28; Cant. da 1 Sam. 2; Lc. 1, 46-55

 

ACCOGLIERE GESU’ CHE VIENE NELLA COMUNITA’

 

Pur vivendo sempre più isolatamente, uno dei segni caratteristici del nostro tempo è l’aggregazione. Proviamo a pensare a quanti gruppi, associazioni, movimenti ci sono nella nostra zona, con una varietà di intenti, di modalità, di motivazioni di fondo, di attività, di perseveranza...Ma anche queste associazioni, questi gruppi possono avere delle grosse difficoltà nell’accoglienza: prima di tutto la poca volontà di conoscersi e poi c’è la paura del confronto con altri gruppi per timore di perdere le proprie sicurezze... si teme di dover rinunciare alle proprie attività se ci si mette a collaborare con altri. Aprirsi costa, se non altro perché comprendiamo che non siamo nè gli unici, né i migliori. Per noi cristiani il primo gruppo di appartenenza è la Chiesa. Ma quanta confusione su questo argomento! Ci sentiamo Chiesa ma vorremmo che la Chiesa fosse diversa da quello che in certe situazioni appare, la vorremmo più pura, più caritatevole, più semplice, meno autoritaria e gerarchica. Questo non è un male ma in questo senso come operiamo? Siamo disposti a dare il nostro contributo attivo a tutti quei movimenti che esprimono al meglio la Chiesa di Gesù? Siamo disposti ad accogliere il fratello cristiano o il gruppo di credenti che la pensa diversamente da me o da noi cercando di più quello che unisce che non quello che divide? Accogliere i gruppi significa riconoscere la infinita ricchezza dello Spirito Santo che si esprime in forme, persone, gruppi e istituzioni diverse e complementari per l’edificazione della comunità...Accogliere i fratelli di fede, significa accettarli accanto a noi, perché ciascuno può dare un contributo reale, perché ciascuno realizza una parte della costruzione della comunità, nelle sue diverse esigenze. Se non stiamo attenti, diventa facili lo scontro, invece del confronto; l’indifferenza, invece della conoscenza; la gelosia dei successi, invece della gioia per i risultati; il pregiudizio invece della stima e apertura.

Ogni chiusura conduce alla povertà; chi non si apre all’accoglienza degli altri è destinato prima a vivacchiare e poi a morire. Gesù ci chiama a costruire la comunione, la fraternità, l’unità in cui diciamo di credere.

 

 

Domenica 23 Dicembre 2001

4^ DOMENICA DI AVVENTO ANNO A - SAN GIOVANNI DA KETY, sacerdote

Parola di Dio: Is. 7, 10-14; Sal. 23; Rm. 1, 1-7; Mt. 1, 18-24

 

1^ Lettura (Is. 7, 10-14)

Dal libro del profeta Isaia.

In quei giorni, il Signore parlò ancora ad Acaz: "Chiedi un segno dal Signore tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure lassù in alto". Ma Acaz rispose: "Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore". Allora Isaia disse: "Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele: "Dio - con - noi".

 

2^ Lettura (Rm. 1, 1-7)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture, riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore. Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato per ottenere l'obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del suo nome; e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo. A quanti sono in Roma diletti da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.

 

Vangelo (Mt. 1, 18-24)

Dal vangelo secondo Matteo.

Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati". Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

 

RIFLESSIONE

 

Siamo ormai alle soglie della festa del Natale di Gesù. Anche nel nostro mondo tutto sembra andare più in fretta. Ma se i preparativi della festa possono riempirci di affanni, occorre un momento per prepararci interiormente ad accogliere Colui che viene per portarci la sua salvezza, il suo perdono, per ridarci la dignità di uomo figli di Dio. Nel cammino dell’Avvento abbiamo incontrato dei personaggi che ci hanno aiutato: anzitutto Maria, Colei che accoglie, Colei che porta Gesù, Colei che lo dona; il primo ‘sì’ completo e totale al progetto di Dio che tramite Lei può creare un universo nuovo, Poi abbiamo trovato un personaggio difficile, Giovanni il Battista, il Precursore di Gesù che, attraverso la sua predicazione e la sua austera testimonianza dovrebbe averci aiutato a "preparare la strada a Colui che viene, abbassando le colline e riempiendo le valli". Oggi il Vangelo, pur cominciando a tratteggiare il Messia come Dio con noi e come Colui che salverà il suo popolo, ci propone ancora un’altra figura, molto umile, ma strettamente legata a Gesù e a Maria, la figura di Giuseppe. Vorrei fermarvi con voi in questa piccola riflessione prenatalizia proprio su quest’uomo, spesso misconosciuto e qualche volta relegato a personaggio quasi insignificante.

Chi è Giuseppe? Le notizie evangeliche su di lui sono molto poche e allora la tradizione di pii cristiani ha spaziato con la fantasia. Lo hanno fatto diventare vecchio (quasi che solo i vecchi possano essere giusti o capaci di vivere più facilmente il celibato) e per questo lo hanno anche fatto morire presto. Cerchiamo di stare alle poche cose che ci vengono dette nel Vangelo.

Giuseppe è un uomo, come noi, che si è innamorato di una ragazza, Maria. E lo dimostra quando, sapendo che aspetta un bambino, per essere fedele alla legge di Mosè, ma non volendo far subire alcun danno a Maria, decide di licenziarla in segreto.

Qualche volta sembra che i cristiani abbiano paura dei sentimenti e dell’amore. Lungo i secoli, a forza di vedere solo l’aspetto carnale dell’amore, a forza di vedere peccato dappertutto, a forza di sottolineare che l’uomo forte è quello che è superiore ai sentimenti ci siamo dimenticati che la componente del sentimento è invece una delle cose essenziali dell’amore. La Bibbia, che non aveva di questi problemi, non ha paura nelle sue pagine di presentarci i sentimenti sia positivi che negativi che albergano nel cuore di un uomo e anche nel cuore di Dio. Gesù che viene non è forse il più grande segno di un Dio pazzamente innamorato delle sue Creature? Gesù non è forse stato concepito "per opera dello Spirito Santo" che è l’Amore? Gesù stesso per amore del Padre e nostro non accetterà forse di donarci interamente la sua vita ?

L’amore di Giuseppe per Maria è un amore rispettoso, e proprio perché anche pieno di sentimento e di giustizia, è un amore che protegge, che libera; non è l’amore possessivo che soffoca, l’amore geloso che vede solo il male, l’amore solo sentimento che può tramutarsi in odio, è l’amore puro che si modella sull’amata, è l’amore vero che è disposto a cambiar progetti per rispettare l’amata e Dio. E’ in fondo un anticipo di quell’amore che proprio Gesù, figlio di Giuseppe e di Maria ci insegnerà con le sue parole e con la sua vita.

Di Giuseppe il vangelo ci dà anche altri due tratti: ci dice che era un "uomo giusto" e "della stirpe di Davide". Dunque Giuseppe ci viene presentato come un uomo profondamente religioso direi ancora meglio, un uomo di fede, legato alla storia del suo popolo e quindi all’Alleanza di Dio con Israele. Quando nella Bibbia si dice di qualcuno che è giusto non significa soltanto dire che sia una persona retta, che non commette iniquità, la giustizia è caratteristica di Dio, quindi il giusto è uno che conosce profondamente, ama totalmente il suo Dio e cerca quindi di essere e di comportarsi come Lui. Noi spesso ci arroghiamo di essere giusti, addirittura, da piccoli uomini, pensiamo di poter fare le "guerre giuste", pensiamo di poter stabilire noi che cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato, qualche volta addirittura pensiamo che gli altri dovrebbero comportarsi come noi per essere giusti. Giuseppe l’uomo giusto ci invita invece a dare il giusto posto a Dio. La fonte della giustizia è Lui, le leggi, anche le più giuste, anche quelle religiose, puzzano troppo di umanità. Giuseppe sa per esempio che se Lui affidasse il caso di Maria incinta prima del matrimonio, alla legge dei rabbini, Maria rischierebbe di fare la fine delle adultere e allora, mentre ancora è all’oscuro di tutto mitiga la presunta giustizia umana con l’amore. Dio solo è giusto, Lui solo può vedere la profondità di ogni cuore, il motivo di ogni scelta, ciò che c’è dietro ad ogni azione buona o cattiva. Il Dio che verrà a giudicare il mondo si è fatto prima peccato per poter giustificare l’uomo. Ogni volta, quando siamo tentati di "farci giustizia", prima di agire dovremmo chiederci se facciamo riferimento al Giusto, a Dio, o se invece ci mettiamo al posto di Dio.

E proprio qui viene fuori l’altra caratteristica di Giuseppe, quella di far posto a Dio nella sua vita, quella di fidarsi, quella di non presumere, per il ruolo che uno ha, di potersi mettere al Suo posto o di sentirsi più importante di Lui. Anche per Giuseppe vale quello che diceva Giovanni il Battista: "Bisogna che io diminuisca perché Lui cresca". Giuseppe si fida di Dio. Giuseppe non capisce tutto quello che succede nella sua vita, non comprende se non con le sue forze umane il mistero che sta compiendosi nella sua Sposa e il mistero ancora più grande di essere chiamato a fare da padre, sulla terra al Figlio di Dio, ma lo accetta e con Maria accoglie nelle sua storia l’opera di Dio. Chissà quante volte anche lui avrà fatto come Maria che non comprendendo tutto, "meditava tutte queste cose nel suo cuore" Noi, qualche volta abbiamo la presunzione di spiegare Dio. La mente umana, la nostra mente ha diritto e dovere di indagare e tentare di comprendere le cose di Dio: il credente non vende il cervello all’ammasso, neanche se è un ammasso religioso, Anzi, al Signore piace colui che cerca con cuore sincero; perciò è giusto approfondire attraverso la catechesi, la Parola di Dio, il confronto con i fratelli. Ma il credente che indaga e cerca di comprendere sa anche che la mente umana ha dei limiti nei confronti di Dio, e li accetta, se vuole essere "giusto" e se vuole che questo diventi "sapienza". Giuseppe non rivendica di essere stato messo un po’ in disparte nel progetto che Dio realizza con Maria per donarci Gesù, accetta invece di fare da "copertura". La sua umiltà nasce dall’aver intuito che ancora più grande era l’umiltà di un Dio che si faceva uomo, e per di più in casa sua!. Chi, come Giuseppe ha capito questo comprende allora il valore dell’umiltà che non è dabbenaggine ma che è la vera grandezza dell’uomo davanti a Dio. Alla vigilia del Natale mi piace immaginarmi in quella casa di Nazareth, o nelle prove dell’esilio in Egitto, quest’uomo fatto silenzioso davanti al mistero che si compie in casa sua, fatto contemplazione amorosa davanti a Gesù e Maria, ma anche il padre terreno che con umiltà insegna, al Figlio di Dio per cui "tutte lo cose sono state create", il suo mestiere di falegname e mi pare quasi che Giuseppe ci dica: "Da quando Dio si è incarnato è entrato anche nella tua casa, sappilo accogliere nel silenzio adorante, fidati di Lui, fagli spazio e se le sue decisioni diventeranno le tue sarai tu ad accoglierlo, ma sarà Lui a guidarti".

 

 

ACCETTARE LA GIOIA CHE VIENE PER ACCETTARE GESU’ CHE VIENE

 

Mai come oggi gli uomini cercano la gioia, mai come oggi non sanno più dove stia di casa.

Come si fa a stare allegri con la paura del futuro, con la minaccia continua della violenza fin sotto casa, con gli scandali e la corruzione a tutti i livelli, con le malattie antiche e nuove sempre in agguato...? Come si fa a stare allegri quando non trovi lavoro e se ce l’hai corri il rischio di perderlo senza colpa tua? Se chi vuoI sposarsi non trova casa, se chi ce l’ha conosce litigi, divisioni, tradimenti? Eppure Dio ci ha creati per la gioia, per la felicità. Dove passa Gesù porta la gioia: sazia gli affamati di pane, i commensali di vino, gli zoppi camminano, i ciechi vedono, gli ammalati guariscono e ai poveri è annunciata la buona notizia e a tutti dice: «Vi do la mia gioia, non come il mondo la dà a voi». Il mondo non la trova, il mondo non la dà: perché?

S. Agostino ce lo spiega: «Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te». Ecco perché non siamo nella gioia. Abbiamo dimenticato il Signore; abbiamo cercato troppi idoli, il benessere, i beni materiali, il denaro, la corsa ad avere sempre di più. Di qui affanni, preoccupazioni, invidie. Parliamo di solidarietà, ma ci vuole un terremoto, una calamità spaventosa, una guerra orrenda per mettere in moto un po’ di risposta. Parliamo di gioia e andiamo a cercarla nel fracasso, in divertimenti vuoti, alienanti: ne usciamo più poveri, più storditi e delusi di prima. Parliamo di amore, di amicizia e amiamo poco e male. Ripetiamolo ancora: le cose e le persone non possono colmare la nostra sete di felicità. Il Natale ormai vicino ci ridà speranza: è Lui, l’Emmanuele. Il Dio con noi, la sorgente inesauribile della vera felicità. Prova a riscoprire i valori che Gesù ti ha messo davanti con il suo esempio e il suo insegnamento: il servizio, la gioia del dare, l’amore per il prossimo. Prova a riscoprire il sacramento del perdono e della riconciliazione. Tu sai che il peccato è la prima fonte dell’infelicità, della tristezza perché ti divide da Dio, da te stesso, dagli altri. Se ti accosti a Gesù nel sacramento del perdono ritroverai la gioia, la vita nuova che Gesù, dono del Padre, dà anche a te.

 

 

Lunedì 24 Dicembre 2001

S. TASSILA; SANT’IRMA E ADELE

Parola di Dio: 2 Sam. 7, 1-5.8-11.16; Sal. 88; Lc. 1, 67-79

 

DIO ACCOGLIE L’UMANITA’ IN GESU’

Dio non è stanco dell’umanità; la sua risposta è segno di un infinito amore; è Gesù di Nazareth, Dio con noi. Il mondo è nel peccato e nel dolore, ma Dio non ha chiuso gli occhi davanti al peccatore; non ha chiuso il cuore davanti al dolore. È e rimane sempre Padre, anche davanti al desolante vuoto di propositi efficaci e duraturi, anzi la sua paternità moltiplica le manifestazioni del suo amore e manda il Figlio suo incontro all’uomo: in Lui rivela la fedeltà al suo progetto di alleanza, la sua misericordia, anche di fronte al rischio che il suo amore sia profanato, sia rifiutato. Dio, in Gesù, ama tutti e ama gratis perché non aspetta che facciamo noi il primo passo, ma lo anticipa offrendoci la vita nuova in Cristo. Certo, per noi è difficile renderci conto, calcolatori come siamo, del valore della parola «gratis», eppure è proprio così. Dio Padre, senza alcun nostro merito, ci chiama a far parte della sua famiglia e a collaborare con Lui per la salvezza del mondo: vuole vederci felici. Davanti a Gesù che nasce per noi, riflettiamo che Egli non nasce per facili applausi, non viene per interessi o per dominio: viene per la Croce e anche così ci rivela che siamo figli e fratelli redenti dal suo sacrificio. Non fermiamoci alla poesia natalizia dei buoni sentimenti: pensiamo che Egli ci ha abbracciati dalla Croce. Disponiamoci ad accoglierlo con amore.

 

 

Martedì 25 Dicembre 2001

NATALE DEL SIGNORE

Parola di Dio: Is 52,7-10; Sal 97; Eb 1,1-6; Gv. 1,1-18

 

1^ Lettura (Is 9, 1-3. 5-6)

Dal libro del profeta Isaia.

Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si gioisce quando si spartisce la preda. Poiché il giogo che gli pesava e la sbarra sulle sue spalle, il bastone del suo aguzzino tu hai spezzato come al tempo di Madian. Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore

 

2^ Lettura (Tt 2, 11-14)

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito.

Carissimo, è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone.

 

Vangelo (Lc 2, 1-14)

Dal vangelo secondo Luca.

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia". E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama".

 

RIFLESSIONE

 

Sono tanti i sentimenti, le emozioni, i ricordi, i desideri ed anche i timori, le perplessità, le paure che albergano oggi nel cuore di ciascuno di noi. Due parole in particolare della liturgia del Natale mi hanno colpito in questo anno. La prima è la parola che gli angeli rivolgono ai pastori: "Non temete, rallegratevi vi annunziamo una grande gioia…" e la seconda è dal profeta Isaia: "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce"

Si può davvero gioire? Non sarà una stanca ripetizione ormai legata ad abitudini e tradizioni quella che la Chiesa ogni anno ci ripropone nella festa del Natale? Davanti a quegli aerei che entrano nelle torri gemelle, davanti alle bombe che fanno stragi, davanti a bambini e adulti che vivono da schiavi e da schiavi muoiono di fame e di stenti che gioia puoi provare? Che gioia quando l’uomo vive vergognandosi di appartenere ad una umanità così deturpata? Quando la paura si impossessa di ogni uomo sulla terra e lo rende violento contro il fratello?

Siamo davvero il popolo che cammina nelle tenebre.

Le tenebre sono attorno a noi e in noi; sono le tenebre che nascondono la verità e allora una guerra che è un male diventa santa e la vendetta si riveste di giustizia. E’ buio nel cuore dei potenti della terra che non riescono più a vedere l’uomo ma solo il loro potere ed è buio anche nel nostro cuore perché l’egoismo, il peccato ci ha accecati e parliamo di verità e di giustizia, ci facciamo campioni ed eroi di scelte umanitarie mentre spesso non riusciamo a vedere neppure il fratello; anche il "buonismo" con cui credevamo di mascherarci per le feste natalizie ci diventa stucchevole: quasi quasi è meglio diventare cattivi, intanto sembrano i soli ad aver sempre la meglio, oppure rintaniamoci nelle nostre case, lasciamo che il mondo si distrugga, fin che possiamo facciamo finta che la cosa non ci riguardi…"Rallegratevi…" C’è ben poco da rallegrarsi! E invece la festa di oggi ci dice che c’è proprio da rallegrarsi perché Dio non ha abbandonato gli uomini e viene. "Tutte storie! Gesù è venuto duemila anni fa. I preti dicono che ha portato la salvezza all’uomo, ma l’uomo è sempre peggiorato anzi, addirittura nel nome di Cristo si sono fatte guerre. Dov’è la sua salvezza? Dove i buoni e i giusti, se ancora ce ne sono, trovano rispetto, perché lascia che il male abbia il sopravvento?" Anche se non posso sorridere gioisco nel fondo del cuore perché Dio è venuto e viene ancora. Egli non si è stancato degli uomini, Egli, pur sapendo che l’uomo continua sulla strada del peccato e dell’egoismo continua a dirgli e a dirmi: "Ti voglio bene". Dio non si scomodato guardando dall’alto la terra e scagliando qualche fulmine, Dio si è fatto uomo, anzi Dio, quel bambino nato da Maria che contempliamo oggi nel presepio, per dirci che ci voleva bene si è caricato delle nostre colpe, ha sofferto per noi e il suo sorriso di bimbo e il suo volto di crocifisso mi dicono: "Ti voglio bene!".

Se i cuori oggi sono induriti, se si sente il gelo della paura, se il terrore e la violenza dilagano c’è solo una parola che può far ritrovare se stesso all’uomo: un Dio che ci dice: "Nonostante tutto, ti amo". C’era una volta un uomo ormai vecchio, barba e capelli bianchi, pelle secca. Era un uomo solo. Nella vita era sempre stato solo, non aveva mai avuto amici, non aveva mai ricevuto regali e d’altra parte nemmeno lui non aveva mai fatto regali ad alcuno. Era un uomo chiuso, non apriva l’uscio di casa a nessuno. Invecchiando teneva chiuse anche le finestre, di notte e di giorno. Un giorno alcuni ragazzi, incuriositi andarono a bussare alla sua porta. Bussa e ribussa, ma l’uscio non si aprì e l’uomo non si affacciò. La favola racconta che anche il vento che soffia dovunque si era incuriosito di quest’uomo. Il vento disse ai ragazzi: "Ci provo io a fargli aprire almeno le finestre. Il vento ce la mise tutta soffiando a più non posso, sbatacchiando le tegole di quella casa che volarono via come piume. Ma l’uomo solitario non si fece vedere. "Forse è già morto", dissero i ragazzi. Uno di loro propose: "Tiriamogli i sassi nei vetri… e così fecero, ma l’uomo non si fece vedere. A tutta questa scena aveva assistito anche il sole, ed era un sole che rideva… Proprio lui, il sole disse: "Vi faccio vedere io come si fa a fargli aprire le finestre. Il sole sfolgorò raggi di luce e di calore sempre più intensi, sempre più forti. Alla fine successe il miracolo: quell’uomo, dal gran caldo spalancò le finestre, spalancò l’uscio e scese per strada a cercare acqua fresca e ombra. In strada vide quei ragazzi e sorrise loro. Disse il sole: "Per fare aprire ci vuole non la tempesta del vento, non i sassi che spaccano, ci vuole il caldo del sole" Dio ha scelto questa strada, non viene per spaccare i vetri, per scombinare le cose, viene a scaldarci il cuore. Un Dio bambino non fa paura, ma tenerezza. Davanti al Dio potente, al Dio terribile si aggiungerebbe terrore a terrore, davanti ad un bambino in una stalla, come davanti ad ogni piccolo, ad ogni povero che soffre, o non sei più uomo, o ti senti toccato dentro. Un bambino è la forza della vita, è la speranza del domani. Un Dio che ti ama con i sorriso di un bambino non può che aiutarti a ritrovare dentro di te le cose semplici e buone che ti ricostituiscono uomo, figlio di Dio. Io non so che cosa cambierà dopo questo Natale. Forse tutto sarà come prima: paure, guerre, violenze, ma accontenterei che io, che ciascuno di noi che ha celebrato il Natale di Gesù, abbia sentito il calore che Dio è venuto a portarci e che ciascuno di noi, nel suo nome cerchi di scaldare il cuore del suo vicino, allora, come Maria anche noi avremmo generato il Figlio di Dio che continua a farsi uomo per salvare l’uomo.

 

 

PENSIERI SCOMODI PER IL NATALE

 

Fate festa per il mio arrivo sulla terra

intanto cercate di ricacciarmi fuori dalla terra.

 

Fate festa perché io sono venuto a salvarvi,

ma intanto non avete intenzione di essere salvati.

 

Fate festa perché alla mia nascita gli angeli annunciarono la pace,

ma fino ad oggi avete solo pensato a fare guerre.

 

Nel mio nome gridate: pace, pace!

Ma quando non fate guerra, voi la fate fare agli altri.

 

Fate festa nelle vostre case perché dite che è la festa della famiglia,

ma intanto avete quasi distrutto la famiglia.

 

Fate festa perché Dio tra voi è nato uomo,

ma intanto tra voi non nasce Dio e sempre più di rado nasce l’uomo.

 

Fate festa attorno al presepio dove io giaccio sul fieno,

ma le vostre case traboccano di ogni bene.

 

Dite che questi sono i giorni della fratellanza e dell’amore

ma non permettete che oltrepassi la vostra soglia un uomo di colore.

 

Molti corrono alle stazioni invernali,

mentre io sto sulla strada esposto a tutti i mali.

 

Non voglio disturbare le vostre feste e la vostra coscienza:

vi invito solo a riconoscere che questa è la festa vostra non la mia.

 

 

Mercoledì 26 Dicembre 2001

SANTO STEFANO,Primo Martire

Parola di Dio: At. 6,8-10; 7,54-59; Sal. 30; Mt. 10, 17-22

 

"E COSI’ LAPIDAVANO STEFANO MENTRE PREGAVA E DICEVA: SIGNORE GESU’ ACCOGLI IL MIO SPIRITO". (At. 7,59)

Il racconto della "passione" di Stefano, così come presentato dagli Atti degli Apostoli, mi ha sempre colpito in quanto è una sintesi del racconto della passione di Gesù: addirittura le stesse parole di Gesù! Che san Luca abbia un po' barato usando un genere letterario? O piuttosto san Luca non avrà voluto dirci qualcosa che ci riguarda da vicino?

Essere cristiani non è un titolo onorifico per "signori" che scuciono grandi somme per la Chiesa e che di conseguenza entrano in una specie di club elitario dove gerarchicamente si sale a seconda dei ruoli, o un comodo modo per "comprarci Dio e il paradiso, nel caso ci sia".

Essere cristiani significa essere come Cristo; come Cristo significa venire nel mondo per "compiere la volontà del Padre"; significa, come Lui, lottare per liberare noi e l'uomo dal male, dalla morte; significa, come Lui, accettare di morire per vivere…insomma, significa diventare delle "originali copie" di Lui oggi nel mondo.

 

 

Giovedì 27 Dicembre 2001

SAN GIOVANNI, Apostolo ed Evangelista

Parola di Dio: 1 Gv. 1, 1-4; Sal. 96; Gv. 20, 2-8

 

"MARIA MADDALENA CORSE E ANDO’ DA SIMON PIETRO E DALL’ALTRO DISCEPOLO, QUELLO CHE GESU’ AMAVA". (Gv. 20,2)

E’ una definizione bella e audace quella che Giovanni usa per definire se stesso: "Colui che Gesù amava", infatti noi sappiamo che Gesù ama tutti indistintamente. Ma Giovanni si era accorto con meraviglia e gioia di una cosa: Gesù che ama tutti ha un amore particolare per ciascuno. Le scelte di Dio sono misteriose e incomprensibili. Ogni uomo riceve una vocazione unica... Pietro ha ricevuto il primato tra i Dodici, Giovanni ha ricevuto la vocazione di essere "colui che Gesù amava". Entrambi questi ruoli hanno significato all’interno della Chiesa. E’ necessario che ci sia il ruolo della guida e il ruolo dell’animazione interiore. E’ necessario correre insieme, come ci viene detto nel Vangelo di oggi, anche se uno corre più forte dell’altro, ma è anche necessario sapersi aspettare. Anche tu hai dei doni particolari: è il modo di Gesù di parlarti, ed essi sono il modo con cui tu puoi rispondere a Lui. I doni che tu hai, però, non sono per farti superiore agli altri, sono per il bene comune. Hai mai pensato di chiederti quale sia la tua vocazione, cioè quali sono i modi specifici con cui Dio ti ama? Se Dio ti ama così particolarmente, sai mettere a servizio degli altri ciò che Dio ti ha dato?

 

 

Venerdì 28 Dicembre 2001

Santi INNOCENTI, MARTIRI

Parola di Dio: 1 Gv. 1,5 - 2,2; Sal. 123; Mt. 2, 13-18

 

"PRENDI CON TE IL BAMBINO E SUA MADRE E FUGGI". (Mt. 2,13)

Un racconto semplice, appena abbozzato quello della fuga in Egitto e della strage degli innocenti. Ma la nostra fantasia ne è provocata.., il Bambino si lascia portare, ma la Madre vive fino in fondo il pericolo mortale che lo minaccia. Per il momento il Bambino si salverà ma quale dolore per Maria il sapere che altre mamme come lei piangono la morte dei loro figli. Qui, S. Matteo guarda al futuro della Chiesa: Cristo sarà portato al mondo intero! Ma quanto sacrificio, quanto dolore costerà la diffusione del Vangelo che porterà in tutto il mondo Gesù; quanti missionari osteggiati, scacciati, in fuga sotto la minaccia orgogliosa del potere terreno. Quasi un anticipo profetico, Maria vive già ora tutto questo travaglio. Lei porta Gesù al mondo ma proprio per questo Lei, per prima, dovrà condividere coraggiosamente le difficoltà e le prove di tutti i messaggeri di Gesù. O Maria, sempre vicina a Gesù respinto: prega tuo Figlio perché non venga mai meno il coraggio dei suoi testimoni.

 

 

Sabato 29 Dicembre 2001

SAN TOMMASO BECKET, Vescovo e Martire

Parola di Dio: 1 Gv. 2, 3-11; Sal. 95; Lc. 2, 22-35

 

"QUANDO VENNE IL TEMPO DELLA PURIFICAZIONE SECONDO LA LEGGE DI MOSE’, MARIA E GIUSEPPE PORTARONO IL BAMBINO A GERUSALEMME PER OFFRIRLO AL SIGNORE". (Lc. 2,22)

Nel racconto della presentazione al Tempio di Gesù, una delle cose che maggiormente mi colpisce è il contrasto tra la semplicità e povertà di un gesto rituale e la grandezza del significato del mistero che si compie. I personaggi sono poveri: un Bambino di quaranta giorni, un falegname e sua moglie, un uomo giusto, Simeone, ma comune; una vecchia di 84 anni, Anna. Anche i mezzi sono poveri: due colombe per riscattare un bambino. Ma c’è il mistero di Gesù, Figlio di Dio che incontra nella gloria del Tempio Dio suo Padre, c’è l’anticipazione gloriosa e dolorosa di un’offerta totale, c’è la fede dei suoi genitori, ci sono le meraviglie di Dio manifestate a due poveri . Con Simeone e Anna , la vecchiaia del mondo, accoglie tra le sue braccia l’eterna giovinezza di Dio. Dio è l’eterna novità, è fedele al suo patto e rinnova, nella sua infinita fantasia, l’amore per il suo popolo. Ma anche in questo momento di grande gioia c’è l’ombra della tristezza e della croce: molti non accetteranno il dono fatto, addirittura lo ripudieranno. Anche per noi, Gesù è "l’incontro", è la fedeltà di Dio rinnovata. Egli si offre a noi, in mille modi, specialmente nei sacramenti come comunione salvifica con il Padre ma anche come segno discriminante "per la rovina o per la salvezza". Noi possiamo essere come le braccia accoglienti di Simeone, il cuore gioioso di Maria e Giuseppe, o come i tanti che in quel giorno tirano dritto per i loro affari, magari anche religiosi, senza accorgersi che il Salvatore è in mezzo a loro.

 

 

Domenica 30 Dicembre 2001

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE - SAN SAVINO d’Assisi

Parola di Dio: Sir. 3, 2-6. 12-14; Sal. 127; Col 3, 12-21; Mt. 2, 13-15. 19-23

 

1^ Lettura (Sir. 3, 2-6. 12-14)

Dal libro di Siracide.

Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli, ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espia i peccati; chi riverisce la madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi riverisce il padre vivrà a lungo; chi obbedisce al Signore dà consolazione alla madre. Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo e non disprezzarlo, mentre sei nel pieno vigore. Poiché la pietà verso il padre non sarà dimenticata, ti sarà computata a sconto dei peccati.

 

2^ Lettura (Col. 3, 12-21)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi.

Fratelli, rivestitevi, come eletti di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti! La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali. E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre. Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non inaspritevi con esse. Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino.

 

Vangelo (Mt. 2, 13-15. 19-23)

Dal vangelo secondo Matteo.

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo". Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio. Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino". Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele. Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: "Sarà chiamato Nazareno".

 

RIFLESSIONE

 

Specialmente noi occidentali, abituati dalla nostra cultura a ragionare per idee chiare e distinte, corriamo a volte il rischio di ridurre la nostra religiosità ad una serie di indicazioni e di norme, costringiamo quasi Dio a pensare come pensiamo noi. La Bibbia pur rispettando il ragionamento dell’uomo ha un linguaggio molto più ampio. Dio ci parla in tanti modi, non solo con le parole ma soprattutto con la storia e con i fatti. La festa di oggi, la Sacra famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, non è solo un ricordo storico dell’ambito della incarnazione di Gesù e neanche un modo per stabilire norme per le nostre famiglie, è piuttosto una serie di indicazioni e di immagini preziose che Dio ci dà sul suo modo di intendere la vita e la redenzione. Specialmente nel Natale abbiamo meditato che Dio per donarci la salvezza, per rivelarsi a noi come Padre amorevole, per dirci che ai suoi occhi siamo figli amati, ha scelto non la strada delle apparizioni, del facile miracolismo, ma ha la strada della incarnazione. Dio non scende improvvisamente dal cielo con tuoni e fulmini per dire ciò che dobbiamo fare, ma Dio prende corpo in una famiglia concreta. Proviamo allora ad approfondire alcuni dei tanti spunti che questo fatto ci suggerisce. Dio si rivela attraverso il cuore dell’uomo. Dio si rivela attraverso quella che è la cosa più importante nella vita dell’uomo: la sua famiglia. La rivelazione avviene soprattutto attraverso la vita quotidiana, i valori più semplici ma fondamentali dell’uomo. (Non per niente Gesù dedicherà 30 anni alla vita nascosta nella famiglia e solo tre anni alla vita pubblica e alla predicazione). Una prima riflessione per noi, allora potrebbe essere questa. Noi qualche volta andiamo a cercare Dio lontano, nel Sacro, nel Trascendente, nelle spiritualità più astruse e difficili e dimentichiamo che Dio invece ha fatto il cammino inverso: è sceso nella nostra storia, ha voluto aver bisogno di una Madre, di un padre terreno, ha voluto crescere come tutti i bambini del mondo, ha affrontato gioie e difficoltà come ogni uomo che viene sulla terra. Non cerchiamo Dio tanto lontano: Dio abita a casa nostra! Ma qui qualcuno può obiettare: "Certo la Sacra Famiglia è un’immagine meravigliosa, ma come possiamo noi, poveri uomini, anche solo pensare di imitare una famiglia in cui vivono un santo, una donna unica al mondo, Immacolata, Madre di Dio e il Figlio stesso di Dio?" Certamente la famiglia di Gesù è una famiglia straordinaria, con dei doni particolari, ma se guardiamo bene(pensate anche solo al vangelo di oggi dove si parla di esilio), è una famiglia che ha vissuto l’ordinario: Giuseppe tante cose non le ha capite, ha solo capito che amava Maria ed era ben lontano da lui il sospettarla o il volerle fare del male, si è fidato di sogni, per salvare suo Figlio ha lasciato casa e lavoro ed è andato emigrante, ha lavorato tutta la vita senza compensi particolari da parte del Dio che gli girava per casa; Maria doveva spesso meditare le cose successe nel suo cuore, perché solo con la fede e con la preghiere esse potevano diventare accettabili se non chiare, Lei Regina degli Angeli spazzava la casa, badava all’asino, andava alla fonte a prendere acqua, cercava di tirare sul prezzo al mercato come tutte le donne che dovevano mettere insieme i pochi denari con le tante spese, e Gesù non avrà forse giocato con i suoi coetanei (quando sarà grande essi lo ricorderanno come il figlio del falegname), non avrà forse faticato anche Lui, come tutti gli altri sui libri e sulle pergamene della sinagoga? Non avrà anche lui segato, piallato, piantato chiodi, come tutti i falegnami della terra? Dunque famiglia straordinaria che vive l’ordinario, mentre noi siamo una famiglia ordinaria chiamata a vivere lo straordinario di un Dio che per salvarci diventa nostro fratello, che si rivela a noi come Padre misericordioso e come amore creativo. Ancora un'altra bellissima immagine ci fa vedere questa Sacra Famiglia che vive e cresce nella volontà di Dio: per Giuseppe, l’uomo giusto, conta soprattutto adempiere ai doveri della Legge del Signore nella carità, conta il chiedersi che cosa voglia Dio da Lui per il bene dei suoi cari; Maria è disposta a giocare la sua vita, la sua reputazione per Dio, è disposta ad accettare di essere la madre del crocifisso, quando il Signore glielo chiede; e Gesù? Non è forse venuto per "fare la volontà del Padre suo"? Dio e la sua volontà entrano nelle nostre famiglie? Noi, spesso preferiamo relegare Dio in chiesa o in certi momenti particolari della nostra vita. E’ molto difficile trovare una famiglia che davanti ad una qualsiasi problema si presenti, dall’acquisto di una casa, alla scelta di una via educativa per i figli, dalla scelta del fidanzato, al decidere se avere ancora un figlio, si chieda e cerchi che cosa voglia Dio da essa. Certo non è sempre facile capire le risposte, spesso bisogna fidarsi di Dio, ancora più spesso bisognerebbe pregare…

Mi pare però di sentire già un mucchio di obiezioni: "Non abbiamo tempo per pregare insieme", "E’ difficile pregare insieme", "Mio marito non è credente"…E’ vero, mettere Dio al centro della propria vita e della propria famiglia non sempre è immediato, facile, ma è solo ritornando a Lui non come bigottismo, ma come fonte di valori, nel rispetto delle persone con cui viviamo, che possiamo trovare il senso di ciò che siamo personalmente e di ciò che sia davanti a Lui la nostra famiglia. Se in casa nostra contano solo i soldi, saranno proprio i soldi a dividerci, se contano solo i piaceri, spesso ci sono più piaceri fuori della famiglia che in essa, se conta solo il culto della propria personalità, gli altri sono solo uno sgabello su cui montare per mettersi maggiormente in evidenza, ma se i nostri valori sono quelli di Dio allora davvero diventano eterni come Lui, non c’è più bisogno di una legge che difenda giuridicamente l’unità della famiglia, la famiglia diventa davvero unita libera: Abbiamo sentito leggere il Vangelo che ci parlava dell’esilio della Sacra Famiglia. Sembra che abbiano perso la libertà, che siano costretti dai fatti ad una vita molto precaria, raminga, eppure anche in questo caso, questa famiglia è profondamente libera: soffre, ma non ha perso i suoi valori, rifiuta di essere rassegnata, conserva il proprio credo religioso e le proprie tradizioni. Anche le nostre famiglie, seppur bombardate da tante voci, dalle sirene del consumo e del benessere, dalle voci prepotenti che vogliono farti pensare con poca fatica come loro, possono, pur in mezzo alle difficoltà della vita, ritrovare la propria libertà. E proprio in questo senso scopriamo ancora la più grande caratteristica della famiglia di Gesù: è una famiglia dove ci si ama e dove si ama. Lì ogni gesto è amore, il rispetto dei ruoli è amore, il saper tacere è amore, il saper gioire con l’altro è amore, anche il vivere la povertà diventa amore e amore, seppur difficile è anche la sofferenza e l’incomprensione, amore è lasciar liberi i figli fidandosi di loro, amore è rimproverarli al momento opportuno, amore è onorare i genitori non per un obbligo, ma per profonda riconoscenza, amore è non trascurare i vecchi, aprirsi agli altri, solidarizzare, condividere… Quante cose meravigliose e quali prospettive per una vita familiare ci vengono indicate da quella famiglia.

Ma anche qui non vagheggiamo soltanto: ci sono tanti casi in cui nelle famiglie, anche cristiane, non succede così. "E quando l’amore non c’è più o muore o e ucciso da qualche membro della famiglia?". Anche in questo caso la Sacra Famiglia non punta il dito, ma indica una meta. Le mete non si raggiungono subito, se no sarebbero mete senza valore. Se la colpa è mia posso cercare di rimediare, se la colpa è di tanti, posso almeno cominciare a mettere la mia parte di amore; se la colpa e degli altri posso, con l’aiuto di Dio, cercare di seguire la strada del perdono e del recupero, se proprio la situazione è insanabile posso cercare almeno di fare il meno male possibile, di non lasciarmi incattivire dal male subito, di cercare altre strade perché l’amore possa non inaridirsi e anche davanti ad un fallimento nell’ambito della coppia o nell’educazione dei figli, non bisogna disperare, Dio non solo non abbandona nessuno, ma è particolarmente vicino ai peccatori o a chi cerca in tutti i modi di far sì che il bene e l’amore vero abbiano il sopravvento sul male.

 

 

Lunedì 31 Dicembre 2001

SAN SILVESTRO I, Papa

Parola di Dio: 1 Gv. 2, 18-21; Sal. 95; Gv. 1, 1-18

 

"A QUANTI LO HANNO ACCOLTO HA DATO IL POTERE DI DIVENTARE FIGLI DI DIO". (Gv, 1, 12)

Ancora una volta, come tutti gli anni a questa data mi fermo per pensare al valore del tempo che mi è dato e mi accorgo che concludere un anno e iniziarne un altro, è ancora una possibilità che il Signore mi dà per regolare l’orologio della mia vita.

Un giorno un ispettore giunge nell’ufficio postale del paese e constata:

"Il pendolo è di nuovo in ritardo di quattro minuti. Perché lei non controlla l’ora esatta alla mattina col segnale orario?" chiede al capo ufficio. "Eppure oggi l’ho messa a punto, risponde questi. Da quando è stato installato un nuovo orologio al municipio, io regolo la mia pendola su quello". Qualche istante più tardi l’ispettore, uscendo dall’ufficio, ha la curiosità di andare a vedere il nuovo orologio del municipio. Scorgendo il portinaio, gli domanda: "Da qualche tempo avete un bell’orologio. È almeno esatto?". "Certo, signore, lo regolo tutte le mattine sulla pendola della posta e constato che è proprio preciso!". Non è forse cosi che molto spesso agiscono le persone? Che cosa fanno e, spesso, che cosa facciamo? Esattamente ciò che fanno gli altri; è facile imitare gli altri senza sforzarsi di pensare, di riflettere.. A chi guardate per regolare la vostra vita? Al nostro vicino? Al nostro collega di lavoro? A uno dei nostri parenti prossimi, alle masse o alle maggioranze?Dio ci ha dato la vita, Egli ce la conserva. Dio ce ne chiederà conto, Dio la giudicherà. Lunga o breve, attiva o pigra, utile o no ai nostri simili, essa dovrà rendere conto di se stessa. Che cosa aspetto, allora a regolare la mia vita e il mio tempo su Gesù Cristo?

     
     
 

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