SCHEGGE E SCINTILLE
PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI
DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA
a cura di don Franco LOCCI
GENNAIO 2000
SABATO 1 - MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO - S. FULGENZIO
PRIMA LETTURA (Nm 6, 22-27)
Dal libro dei Numeri.
Il Signore si rivolse a Mosè dicendo: "Parla ad Aronne e ai suoi figli e riferisci loro: Voi benedirete così gli Israeliti; direte loro: Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò".
SECONDA LETTURA (Gal 4, 4-7)
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Galati.
Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio.
VANGELO (Lc 2, 16-21)
Dal vangelo secondo Luca.
In quel tempo, i pastori andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.
Quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.
RIFLESSIONE
Questa mattina i cristiani che si ritrovano per le celebrazioni sono tutti un po’ assonnati in quanto molti hanno aspettato il nuovo anno per festeggiare e altri che avrebbero voluto riposare non hanno potuto a causa dei botti e di quel modo fracassone di far festa che fa sì che una minoranza, spesso incivile, abbia la prevalenza sul buon senso e sulla buona educazione. Modo tutt’altro diverso di augurare buon anno è quello della liturgia e della Chiesa, essa infatti ci augura la benedizione di Dio stesso sul tempo e ce la fa vedere attraverso il dono che Dio ha fatto a Maria chiamandola ad essere madre di Gesù. Maria è Colei che si è donata interamente a Dio, verginità compresa, è Colei che, piena di fiducia, ha detto a Dio: "fa di me quello che vuoi, mi fido interamente di te", e Dio l’ha ricolmata di doni e resa Madre di suo Figlio. Ogni vita inizia sempre con una madre, cominciamo il tempo nuovo che ci viene dato con Maria. Seguendo alcune delle indicazioni delle letture di oggi potremo dire: Maria donandoci Gesù ci dà la benedizione stessa di Dio. La benedizione dell’Antico testamento che abbiamo ascoltato: "Ti benedica Dio e ti protegga, faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio", viene completata da Maria in modo stupendo, in quanto mostrandoci il volto di suo Figlio Gesù, concretizza la benedizione stessa: è Gesù la benedizione di Dio per ciascuno di noi. E’ una benedizione, un augurio ben più importante di quello che oggi ci facciamo tra di noi: "Ti vada bene!", oppure: "Mangia zampone e lenticchie, avrai fortuna e denari", "Mettiti le mutande rosse, farai grandi conquiste". La benedizione di Dio concretizzata in Gesù è: "Che il Signore possa dire bene di te!". Il Signore ha detto bene di Maria in quanto Lei era totalmente sua ed ha potuto così fare "cose grandi in lei". Dio può dire altrettanto bene di me? Mi trova disponibile per poter, nel tempo che mi regala, operare cose grandi in me? Diceva ancora la benedizione: "Dio faccia brillare il suo volto". Dio non solo non si è nascosto, è venuto a cercarci e non per rimproverarci, per condannarci, ma per regalarci la sua stessa vita, Maria ce lo ha dato, come lo ha mostrato a quei pastori, meravigliati che un Dio andasse proprio a nascere in mezzo alla loro povertà. In Lui, lei, la Vergine, ha ampliato ancora la sua maternità perché è diventata anche Madre nostra. Ma, io cerco il volto di Dio o per me il susseguirsi del tempo è solo una fatalità a cui ogni tanto strappo qualche piacere? E se lo cerco, dove lo cerco? Nelle filosofie, nelle teologie, nel volto della natura, nell’uomo…? Anche in questo Maria ci indica il modo giusto. La sua presenza attiva, generosa è anche una presenza silenziosa e contemplativa. E’ come se Maria ci dicesse: "Se cerchi mio Figlio, il Figlio di Dio, non fidarti delle grandi cose, dei poteri terreni, siano essi il denaro, il successo o l’orgoglio del pensiero, non fidarti del chiasso, delle notizie urlate, come si usa adesso nei telegiornali, Gesù continua a venire in una grotta di pastori, Dio è un mistero non da sviscerare, ma da contemplare in punta di piedi con adorazione, non in una contemplazione fine a se stessa, per il proprio godimento spirituale, come certo falso misticismo continua propinare, ma da contemplare per accogliere, per rivestirsi, per camminare con Lui. Maria donandoci Gesù ci dà la vita. La vita, nel mondo, è minacciata dalle forme più diverse. Per questo abbiamo bisogno, oggi, di chi ci doni l’autore della vita. Le guerre continuano e i grandi non fanno che registrare il numero delle vittime. Sono calpestati i diritti a vivere nella propria terra, a stare nella propria casa. La devastazione del creato continua sotto l’etichetta dello sviluppo. Si continuano a calpestare i deboli (bambini, ammalati, anziani); altri sono oggi gli Erode che imperversano per paura di essere soppiantati dai troni della loro gloria, dalle loro autonomie e dalle loro autosufficienze. Guardando a Maria, alla sua verginità feconda e alla sua maternità di amore oggi dovremmo chiedere di saper generare la vita, sempre. Saper generare la vita nel rapporto familiare quotidiano, superando quelle incrostazioni di piccoli rancori, di rivalità, di indifferenze, di aggressività che soffocano la gioia. Saper generare la vita nel mondo del lavoro: con quella attenzione personale all’esperienza di ogni creatura che incontriamo, che riscatta dalla solitudine, dall’anonimato. Saper generare la vita con un apporto creativo, fantastico che supera la logica rigida "dei miei e dei tuoi diritti". La dolcissima Madre di Gesù ci insegni questa strada fatta più di gesti che di parole. Sul Figlio di Dio lei si è chinata, lo ha avvolto in fasce, lo ha cullato…come tutti i figli. Non ha sempre capito quello che stava succedendo. Ma ha amato. Ha custodito nel cuore tutto quello che capitava. Ed è per questo che, Madre di Dio e Madre nostra, può intercedere per noi un cuore capace di essere fecondo nell’amore. Maria, donandoci Gesù ci dà la sua pace e ci indica la strada per la Pace. Quando nacque Gesù gli angeli hanno cantato. "Pace in terra agli uomini che Dio ama". Durante tutta la sua vita Gesù ci ha insegnato la via della pace. La pace è il primo augurio che Gesù risorto fa ai suoi apostoli. Per ottenerci la pace tra Dio e fra di noi non ha esitato a dare la sua vita. Ma prima di morire si è premunito di dirci una cosa importante: la sua pace non è la nostra pace. Cerchiamo di capire le differenze tra la pace di Gesù e le nostre paci. Quando Gesù vuol fare pace con gli uomini si fa debole, rinuncia alla forza, all’onnipotenza, ai privilegi. Si fa bambino, bisognoso di tutto e di tutti, il segno della pace di Dio è la debolezza. Quando gli uomini cercano la pace, preparano la guerra, costruiscono armi nuove, cercano la superiorità militare, studiano nuove strategie di guerra. Per fare la pace Dio si spoglia della forza; noi invece ci rivestiamo di prepotenza. Quando Dio vuol fare la pace si fa come noi, per essere nostro amico, per farsi accettare con amore e con gioia. Noi, per fare pace, diventiamo terribili per far paura agli altri, cerchiamo di essere più furbi di loro, diventiamo violenti. La pace di Dio crea unità e solidarietà, fratellanza, gioia di vita. La nostra pace semina terrore, divisione, tristezza e morte. La pace di Dio è rispetto di ogni persona. La nostra pace è solo volontà che tutti facciano quello che vogliamo noi. Per noi sono cattive le guerre che si perdono e buone quelle che si vincono (infatti celebriamo l’anniversario della vittoria). Per Dio tutto ciò che porta morte e distrugge la vita è male. E’ bene tutto ciò che porta all’unità dei popoli, all’amore reciproco, alla gioia di vivere. La strada della pace di Dio e le strade della nostra pace non si incontrano mai, perché sono troppo diverse. Per questo occorre scegliere se vogliamo stare con Gesù o contro di Lui. E la scelta non si vede dalle parole, ma dal comportamento di tutti i giorni, da come viviamo il rapporto all’interno della nostra famiglia, con i nostri amici, con tutti. Se preferiamo la prepotenza e la vendetta invece dell’amore e del perdono, non siamo sulla strada di Cristo. Se accettiamo di vivere l’amore e il perdono, l’accoglienza con tutti, siamo con Gesù sulla strada della vera pace di Dio. Maria che ci ha dato Gesù, vera pace del mondo, aiuti anche noi, ad essere, come Gesù, vere persone di pace.
DOMENICA 2 - 2^ DOMENICA DOPO NATALE
PRIMA LETTURA (Sir 24, 1-4. 8-12)
Dal libro del Siracide.
La sapienza loda se stessa, si vanta in mezzo al suo popolo. Nell'assemblea dell'Altissimo apre la bocca, si glorifica davanti alla sua potenza: <<Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo e ho ricoperto come nube la terra. Ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi.
Il giro del cielo da sola ho percorso, ho passeggiato nelle profondità degli abissi. Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio. Fra tutti questi cercai un luogo di riposo, in quale possedimento stabilirmi. Allora il creatore dell'universo mi diede un ordine, il mio creatore mi fece posare la tenda e mi disse: Fissa la tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele. Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi creò; per tutta l'eternità non verrò meno. Ho officiato nella tenda santa davanti a lui, e così mi sono stabilita in Sion. Nella città amata mi ha fatto abitare; in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore, sua eredità.
SECONDA LETTURA (Ef 1, 3-6. 15-18)
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini.
Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto. Perciò anch'io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell'amore che avete verso tutti i santi, non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi.
VANGELO (Gv 1, 1-18)
Dal vangelo secondo Giovanni.
In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta.
Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli rende testimonianza e grida: "Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me". Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
RIFLESSIONE
Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.
Gran parte delle feste Natalizie sono già passate. Se ci siamo lasciati prendere dai festeggiamenti forse abbiamo corso il rischio di perderci il senso del Natale ed anche il suo protagonista, se invece abbiamo ridotto il tutto solo ai sentimenti, rischiamo di commuoverci davanti al bambino della grotta di Betlemme, ma di dimenticarci del perché il figlio di Dio è venuto sulla terra e del suo desiderio di crescere in mezzo a noi e di veder crescere la nostra fede. Ecco dunque la risposta e la proposta che ci danno le letture di questa domenica. Letture a prima vista molto difficili che vogliono però aiutarci ad incontrare e comprendere Colui che è venuto per noi. Nella nostra riflessione partiamo da una frase di Paolo che troviamo nella seconda lettura: "Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di Sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di Lui. Possa Egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati". Qual è dunque questa Sapienza che può illuminarci?
Quando noi usiamo il termine ‘sapienza’ di solito subito pensiamo al ‘sapiente’, cioè a qualcuno che sa e quindi, spesso, riduciamo la sapienza alla conoscenza delle cose. Provate a pensare a come certi docenti delle nostre scuole riducono l’insegnamento al trasmettere delle nozioni e pretendono di giudicare i loro allievi in base alla quantità delle cose che essi ricordano quasi che ‘sapienti’ siano tutti quelli che possono partecipare ai quiz di Mike Buongiorno.
Qualche altra volta andiamo più avanti nell’uso del termine ‘sapienza’ e lo avviciniamo al termine ‘saggezza’. Ma chi è il saggio? Per qualcuno è la persona equilibrata, per altri è quello che riesce a passare nella vita senza troppi danni, per altri ancora è il ‘guru’, l’illuminato che dall’alto della sua montagna dà insegnamenti ai poveri mortali… insomma ognuno di noi ha un concetto tutto suo di "saggezza". Nella Rivelazione, noi cristiani crediamo che la Sapienza, la saggezza siano proprie solo di Dio e quindi solo lo Spirito Santo, lo Spirito stesso di Dio, colui che è sceso su Maria per regalarci Gesù, può farci capire la Sapienza. E la Sapienza rivelata da Dio è allora il Verbo come ci ha ricordato Giovanni nel prologo del suo Vangelo. Noi sappiamo che nel nostro linguaggio comune il verbo è quella parola che sostiene il costrutto di tutta l’espressione. Provate a mettere insieme una frase senza verbi e non riuscirete a comunicare nulla se non un’accozzaglia di parole. Gesù è il Verbo, cioè l’espressione stessa di Dio, il senso di tutto: è la parola della Creazione ma nello stesso tempo è colui per il quale tutte le cose sono state create, è la parola stessa incarnata, è la redenzione dell’uomo e dell’universo, è la parola concreta che congiunge il cielo con la terra è la proposta di amore di Dio e contemporaneamente l’unica risposta al suo amore. Questo Verbo, questa parola si è prima di tutto rivolta a noi non per chiederci qualcosa, per mettere sulle nostre spalle dei pesi, per schiacciarci sotto una morale piena di norme, ma per rivelarci il volto del Padre. A Filippo che gli chiedeva di mostrare ai discepoli il volto del Padre, Gesù dirà: "Filippo, chi vede me vede il Padre". "Dio nessuno l’ha mai visto, ma il Figlio di Dio è venuto per mostrarcelo". "Io sono la via, la verità e la vita", l’unica via per andare al Padre, la verità stessa di Dio, la vita stessa che ci permette di inserirci in quella vita che non finirà mai perché è Dio stesso. Gesù quindi è la luce, quella luce "che viene ad illuminare ogni uomo". E "il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce". Da quella grotta di Betlemme l’uomo, se vuole, ha la possibilità di essere illuminato da Dio stesso in quanto la "parola si è fatta carne", in quanto il nome di Gesù è l’Emmanuele, il Dio con noi. Dio, il misterioso, il Tutt’altro, non è il lontano, l’incomprensibile. Con Gesù, la parola, si rivela, "ha posto la sua tenda in mezzo a noi", e da quella grotta in avanti Gesù continua a parlare con le parole della sua bocca che vengono ripetute, ma anche con tutta la sua vita e con la sua incarnazione che da allora in avanti è continuata e continua lungo i secoli. Ma "il mondo non lo ha accolto". Per Lui "non c’era posto in albergo", per ucciderlo, un piccolo re, Erode, ordina una strage di bambini, per Lui, per morire non ci sarà posto neanche nella città Santa e verrà crocifisso su una collinetta fuori le mura di Gerusalemme. La Chiesa ufficiale di allora, già piena di religioso supposto e soprattutto di se stessa non lo accoglierà. Ma, dice ancora Giovanni: "A quanti lo hanno accolto diede il potere di diventare Figli di Dio". I poveri, i piccoli, i pastori, i pescatori del lago, gli umiliati di ogni tempo trovano in quel Verbo il senso della loro vita, la dignità che altri uomini hanno sempre tolto loro, si ritrovano religiosi senza saperlo, figli prediletti del Padre. E anche oggi succede esattamente la stessa cosa. Gesù, la Parola, il Verbo, il senso della vita si rivolge a tutti. Non viene a portar via niente, a pretendere chissà che cosa, viene a donare,a illuminare, a darci la dignità di creature di Dio. Chi è che lo accoglie oggi? Qual è la vera Chiesa di Cristo? La vera Chiesa è quella degli umili che lo accolgono. Noi, spesso orgogliosi delle poche briciole di sapienza umana che possediamo dimentichiamo di accogliere la Sapienza stessa di Dio, anche gli uomini di religione, spesso, con i loro ragionamenti hanno messo cancelli di ferro alla Chiesa, per paura di cattive interpretazioni hanno cercato per generazioni intere di nascondere la Parola, dicendo che la gente non era abbastanza intelligente da comprenderla, hanno difeso, a volte anche con i roghi e con l’Inquisizione, una verità che non era diventata altro che una filosofia a servizio di una politica di potere, ma la Chiesa di Gesù non solo non ha cancelli, ma non ha neppure mura: è una tenda, nomade, per abbracciare tutti. Ci prepariamo, tra pochi giorni a celebrare l’universalità di questa Chiesa nella festa dell’Epifania. Facciamo attenzione a non commettere i soliti errori, a voler celebrare le glorie umane delle conquiste della Chiesa o a confondere il Dio con noi con l’esclusiva di Dio. Amiamo la verità, non chiudiamola tra le pagine di un libro, cerchiamo la sapienza non come mezzo per essere più furbi degli altri ma come il cercare di pensare anche noi, almeno un poco, come pensa Dio. Lasciamoci illuminare dalla luce non per chiuderla in una stanza o per "nasconderla sotto il moggio", ma per rifletterla. Maria ha accolto la luce, si è lasciata guidare dalla luce, si è illuminata di luce, ha lasciato trasparire la luce. Tra i tanti quadri molto belli che pittori di ogni secolo hanno fatto dell’Annunciazione, c’è un disegnino che mi ha colpito particolarmente. Era un disegno apparso sul primo catechismo "Io sono con voi", dei bambini delle elementari che forse perché troppo semplice e immediato, i sapientoni di qualche ufficio catechistico si sono subito premurati di cambiare. L’Annunciazione non era fatta dal solito angelo piumato, ma era una luce iridescente, l’arcobaleno dell’alleanza, che entrava dalla finestrella e, posandosi su Maria la faceva diventare piena di luce e di colori. Chi si lascia illuminare da Cristo diventa luminoso, chi trova la Sapienza, diventa sapiente, chi riceve Gesù a sua volta lo dona.
LUNEDI 3
"GIOVANNI VEDENDO GESU’ VENIRE VERSO DI LUI DISSE: ECCO L’AGNELLO DI DIO, ECCO COLUI CHE TOGLIE I PECCATI DEL MONDO". (Gv.1,29)
Un termine strano quello di Giovanni il Battista per indicare ai suoi discepoli Gesù. Che cosa avranno capito e che cosa comprendiamo noi quando sentiamo chiamare Gesù: "Agnello di Dio"?
Il mondo ebraico che largamente viveva di pastorizia, sapeva quanto fossero la fortuna del gregge e del pastore gli agnelli. Il mondo religioso ebraico, poi, aveva molti paragoni e riferimenti alla figura dell’agnello: un agnello era stato sacrificato per salvare i primogeniti Ebrei mentre l’angelo della morte uccideva i primogeniti egiziani; il cortile del tempio era pieno di agnelli, figura dell’innocenza che venivano sacrificati quotidianamente per chiedere perdono, per lodare, per ringraziare, per adorare Dio. Nella Sacra Scrittura, spesso ritorna la figura dell’agnello, Isaia, ad esempio, parla della figura del ‘servo del Signore’ che "si è caricato delle nostre sofferenze, trafitto per i nostri delitti" ed è paragonato all’agnello "condotto al macello"; il libro dell’Apocalisse poi parlerà ancora a lungo e più volte dell’Agnello alludendo a Cristo: Egli è l’agnello sacrificale e trionfante, redentore con il suo sangue, sovrano e giudice, definitivo vincitore delle forze del male e celebrato da tutti i giusti nelle sue nozze eterne, unito per sempre alla sua Chiesa nella Gerusalemme celeste e dispensatore di acqua viva.
Quando, prima di recarci a ricevere l’Eucarestia, sentiamo il sacerdote indicarci nel pane consacrato la presenza del Cristo "agnello di Dio che toglie i peccati del mondo", dovremmo davvero esultare di gioia e di riconoscenza per i doni che Gesù ci porta: Lui è la vittima pura immacolata, Lui offrendo se stesso sulla croce, è morto al posto nostro di peccatori, Dio ha accettato il suo sacrificio e facendolo risorgere da morte ci ha aperto la strada della vita eterna, Lui ancora oggi si ‘fa mangiare da noi’ perché possiamo essere liberati dalla prigionia ed abbiamo la forza di intraprendere il viaggio verso Dio, Lui ci indica, nella strada dell’umiltà, il cammino di servizio e di donazione per i fratelli.
MARTEDI’ 4
"RABBI’ DOVE ABITI?". DISSE LORO: "VENITE E VEDRETE". (Gv. 1,39)
"Dove abiti, Signore?". Da sempre l’uomo ha cercato Dio. Le religioni stesse sono il segno di questa ricerca. Ma l’uomo, che pur ha nel cuore questa ‘sete di Dio’, da solo non riuscirebbe ad incontrarlo. Ecco, allora, Dio che cammina verso l’uomo e che pur rimanendo mistero inaccessibile, attraverso Gesù prende volto. Se voglio conoscere Dio devo andare "a casa di Gesù".
Non abbiamo paura a frequentarlo. Molto stupidamente noi pensiamo che Dio è troppo grande e troppo buono per interessarsi delle nostre miserie, delle nostre quotidianità: "Che cosa vuoi che interessi ad un Dio che abbraccia i millenni e l’universo intero di questa minuscola unità tra sei miliardi di uomini che sono io?" Ma proviamo a pensarci. Non è forse Lui che ci invita a casa sua per ‘vedere’ e non è forse Lui a cui sta più a cuore l’unica pecora smarrita piuttosto che le "novantanove che sono al sicuro" a farci comprendere che il suo cuore è simile al nostro? Diceva Romano Guardini che noi non siamo capaci di rappresentarci Dio sufficientemente umano. E invece sarebbe logico: da dove, infatti, se non da se stesso, Dio avrebbe tratto ispirazione per forgiare il cuore umano? I piccoli, i bambini, coloro che amano: ecco chi lo comprende. Essi, infatti, sono al di sopra del calcolo piccino e interessato e sanno cogliere fino in fondo la profonda umanità di Gesù. Quasi come a dire: se vuoi comprendere il Dio di Gesù non devi salire le vette dello spirito, ma devi scendere nel profondo del tuo cuore, perché lì è la sua dimora dove Egli ti dice: "Vieni e vedi".
MERCOLEDI’ 5
"CHIUNQUE ODIA IL PROPRIO FRATELLO E’ OMICIDA". (1Gv.3,15)
L’odio, il rancore, la voglia di vendetta fanno parte del nostro ‘naturale’.
Gesù, insegnandoci perdono e misericordia non ci invita a mascherare con il "buonismo ad ogni costo" i cattivi sentimenti, ci ricorda, con le parole e soprattutto con tutta la sua vita, che per il Dio della pace e dell’amore non ci sono amici e nemici: ci sono solo figli amati da Lui e che devono essere amati anche da noi.
Per riflettere su questo, vi propongo oggi, anche pensando alla giornata mondiale della pace che abbiamo celebrato il 1° Gennaio, questo brano di Evtuscenko, tratto dal suo libro "Autobiografia veloce", Feltrinelli:
"Nel 1944 tornammo a Mosca, mia madre ed io, e fu la prima volta nella mia vita che vidi dei nemici. Erano, se non ricordo male, 25 mila prigionieri tedeschi che dovevano attraversare le strade della città, in lunghissima colonna. I marciapiedi erano gremiti di gente, tenuta indietro da soldati e da poliziotti. Una folla immensa. Tutte le donne, donne russe con mani da uomo, deformate dalla fatica, con labbra che non conoscevano rossetto, spalle magre, ossute sulle quali tuttavia aveva gravato il maggior peso della guerra. Ad ognuna di esse, con ogni probabilità, i tedeschi avevano portato via o il padre o il marito, o il fratello o il figlio.
C’era odio, quindi, negli occhi di quelle donne che stavano aspettando la colonna dei prigionieri e guardavano ansiosamente in cima alla strada.
Finalmente comparvero.
Davanti c’erano i generali: marciavano con il volto superbo, le mascelle rigide. Gli angoli delle loro labbra erano asciutti: portavano dipinto il disprezzo. In quel modo essi volevano riaffermare la loro aristocratica superiorità sulla plebe che li aveva vinti. Le mani operaie delle donne, al loro passaggio, si strinsero a pugno. "Puzzano d’acqua di colonia, quei farabutti!" gridò una voce nella folla, e i soldati e i poliziotti dovettero spingere con tutta la loro forza per tenere indietro le donne che volevano rompere lo sbarramento.
All’improvviso successe una cosa quasi straordinaria. Dietro ai generali vennero avanti i soldati: magri, sporchi, la barba lunga, la testa bendata con fasce insanguinate. Alcuni s’appoggiavano alle stampelle, altri alla spalla dei compagni incolumi. Tenevano la testa bassa. Più nessuno urlò. Un silenzio di morte corse per la strada. Si sentivano solo il rumore delle suole e delle stampelle sul selciato: "Lasciatemi passare", disse allora una donna con dei grandi stivaloni russi, mettendo una mano sulla spalla di un poliziotto. Era talmente deciso il tono della richiesta che il poliziotto le lasciò il passo, come se avesse udito un ordine. Avvicinatasi alla colonna dei prigionieri, la donna estrasse dal suo giubbotto un pezzo di pane nero, gelosamente custodito dentro un fazzoletto e lo porse ad uno dei soldati tedeschi, uno di quelli che si trascinavano con maggior fatica.
Altre donne seguirono il suo esempio e gettarono pane, sigarette e altra roba ai soldati tedeschi. Questi d’incanto, avevano cessato di essere dei nemici: adesso erano degli uomini, nient’altro che degli uomini.
GIOVEDI’ 6 - EPIFANIA DEL SIGNORE
PRIMA LETTURA ( Is 60, 1-6)
Dal libro del profeta Isaia.
Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te.
Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.
SECONDA LETTURA (Ef 3, 2-3. 5-6)
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini.
Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro beneficio: come per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che i Gentili cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo.
VANGELO (Mt 2, 1-12)
Dal vangelo secondo Matteo.
Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo". All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele". Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo". Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
RIFLESSIONE
La festa di oggi viene a coronamento delle festività natalizie e ne amplia il significato dicendoci che Colui che è venuto, il Figlio di Dio, è per tutti gli uomini e tutti gli uomini possono andare verso di Lui. Infatti Epifania significa: "manifestazione" ed anche anticamente, forse per il richiamo alla stella del Vangelo dei Magi, veniva chiamata "festa della luce", in quanto Gesù è luce per tutti gli uomini che lo accolgono. Nel Vangelo di oggi è indicato un doppio movimento: Dio si muove, lascia i suoi cieli, per venire per amore sulla terra, e tutti gli uomini di ricerca e di buona volontà possono andare da Lui e incontrarlo. Pur salvaguardando la poesia del racconto evangelico, proviamo allora a lasciare da parte cammelli e dromedari, stelle comete o congiunzioni astrali e cerchiamo di cogliere il significato universale di questo racconto applicandolo anche alla nostra vita. Chi sono i Magi?
Anche qui preoccupiamoci poco se essi siano Re, astrologi, sapienti. Essi sono persone non legate alla tradizione ebraica, sono persone in ricerca. Essi usano dei loro doni naturali, della propria cultura, delle proprie ricerche e conoscenze, se vogliamo, dei doni naturali che Dio ha messo nel cuore di ogni uomo. Ma l'importante è che la loro ricerca non è finalizzata soltanto al materiale, al pranzo e alla cena, allo star bene e comodi, all'avere tante cose. Essi sentono la necessità di trovare qualcosa di molto più profondo, sentono nel loro cuore che c'è bisogno di qualcosa che trascenda, superi la semplice umanità dell'uomo. Mettono allora a servizio di questa speranza la loro ricerca umana. Anche ognuno di noi può dare alla propria vita il senso della ricerca. Ma questa ricerca può essere ridotta al trovare solo delle risposte dirette ai singoli problemi quotidiani, a cercare nel materiale le risposte ai problemi materiali. Non sempre questa ricerca però ci soddisfa. Anzi, spesso ci schiavizza in quanto il risolvere un’esigenza crea altre esigenze, ci consuma. Ad esempio, il problema del benessere, crea la necessità del denaro, questa crea la ricerca di esso, questo ci fa consumare un mucchio di energie al punto che spesso il nostro benessere non è più goduto per la preoccupazione di perderlo. Ancora, anche quando avessimo risolto, almeno in parte i nostri problemi materiali, rimangono problemi e interrogativi che non possono avere solo una risposta materiale, ad esempio certi affetti, certe sofferenze, il problema della morte. Scopriamo allora dentro di noi aspirazioni, desideri, speranze che superano la materialità. Per il credente, questo non è nient'altro che il nostro essere fatti ad immagine e somiglianza di Dio. E' il famoso pensiero di S. Agostino: "Il nostro cuore è fatto per Te, e non ha pace finché non riposa in te". Ma aldilà di una fede esplicita, ogni uomo con le sue caratteristiche, limitazioni, con la sua cultura, la sua intelligenza può partire per questa ricerca. I magi cercano e trovano qualcosa: "una stella", una luce. Non è ancora chiara, indica una meta non ancora specifica, in fondo è una luce fondata sulla speranza. I Magi, sanno umilmente chiedere aiuto per dare corpo alla loro speranza. La "stella" per loro non è sicurezza definitiva. Non sempre brilla allo stesso modo. Qualche volta scompare. Ed ecco, allora, che questi tre personaggi importanti hanno l'umiltà di chiedere anche ad un piccolo re-fantoccio, Erode di Giudea: "dove deve nascere il Salvatore ?" Qui ci viene data un'altra dimensione della ricerca. Tutti abbiamo bisogno degli altri. Diceva già un famoso scrittore, Thomas Merton : "Nessun uomo è una isola". Tutti siamo legati dalla nostra umanità. Nessuno di noi ha la verità in tasca, nessuno conosce il bello, il giusto, ma tutti abbiamo una scintilla di vero, di bello, di giusto. Quanto è terribile incontrare uomini che dicono: "Al mondo ci sono io", eppure non c'è niente di più comune ai nostri giorni. Proviamo a pensare nelle piccole cose di buona educazione, come nel condurre imprese e aziende, se questo non è all'ordine del giorno ed anche nella politica delle nazioni: " Noi siamo autosufficienti". Eppure tutto concorre a dirci il contrario. Basta un blocco di energie, per mandare in crisi una nazione. Basta una malattia per fermare una persona e il suo agire. Basta una scheggia impazzita della società per mandare a rotoli un ordinamento... e noi pensiamo ancora di essere autosufficienti. Nella ricerca della verità, poi, ci accorgiamo più che mai di avere bisogno degli altri, di tutti gli altri. Perché allora non avere l'umiltà di chiedere ? Tutti hanno qualcosa da dare, come noi abbiamo la possibilità di dare qualcosa agli altri. Ma un'altra caratteristica è peculiare della ricerca dei magi: sono persone che si muovono. Non si accontentano dei loro libri, della loro filosofia, delle loro abitudini e tradizioni, la speranza li porta a mettersi in viaggio, ad affrontare magari giorni e giorni di deserto, sole, difficoltà, pur di giungere dove si sono prefissi. Noi l'abbiamo il coraggio di metterci in cammino? di uscire dalle nostre biblioteche, dalle nostre tradizioni, dalle abitudini, dalle poltrone, dalle chiacchiere inutili, dai nostri salotti ( anche televisivi ) pieni di chiacchiere, dove, a parole si trova la soluzione a tutti i problemi del mondo, ma dove non si muove in concreto un dito? Se siamo credenti, uomini di Chiesa, abbiamo il coraggio di abbandonare le nostre teologie, le ammuffite tradizioni religiose che annegano Dio in un mondo di riti, di abitudini senza senso, che fanno di Lui il Dio ragioniere, più impegnato a contare le "buoni azioni" che al Creatore libero, amorevole, Padre? Come cristiani poi tutti sappiamo la preferenza di Gesù, ad esempio, per i poveri. Lo diciamo anche noi ripetendo pedestremente il Vangelo: "Il regno di Dio è per i poveri", ma dai poveri concreti ci andiamo? I poveri non sono belli, non la pensano come noi, i poveri puzzano. I Magi sanno vedere e sanno vedere oltre. Immaginiamoci la loro situazione: hanno fatto una ricerca, hanno avuto una intuizione, hanno seguito una luce nella speranza, sperano di trovare il "Re dei giudei" e quando finalmente la loro stella si ferma sul luogo indicato, che cosa trovano? Una casa umile, una famigliola composta da un uomo, da una mamma e un piccolo bambino. Che delusione per coloro che forse si aspettavano di trovare un re potente, che speravano in qualche miracolo eclatante. Si può riconoscere Dio in un Bambino? Di famiglie così ce ne erano tante anche al loro paese! Eppure, il Vangelo dice che essi "lo adorarono" e tirarono anche fuori i regali preparati: l'oro simbolo della regalità, l'incenso simbolo della divinità, la mirra simbolo dell'umanità e della sofferenza. Questi magi sanno vedere oltre le apparenze, la loro fede li porta a vedere in quel Bambino il Figlio di Dio. Anche noi possiamo fermarci alle apparenze, vedere solo fatti a volte deludenti nella nostra vita e in quella del mondo o possiamo andare oltre. Se riduciamo tutto al "due più due uguale quattro", avremo tutta una serie di delusioni. Se pensiamo invece che ogni fatto può avere un significato più importante, cominceremo ad andare oltre. Ma c'è ancora una cosa importantissima nel cammino dei magi. Quando finalmente la stella riappare e si posa sulla casa dove abitava il Bambino,"essi al vederla provarono una grandissima gioia". Quella gioia latente che aveva accompagnato la loro ricerca, che aveva dato loro la forza per affrontare tutte le difficoltà del viaggio, che li aveva spinti ad uscire di casa, che li aveva resi umili al punto di chiedere informazioni, ora esplode nella sua pienezza e trasforma la vita. La nostra fede, l'incontro con Cristo, con quello vero, vivo, non con quello delle tradizioni religiose non può che portare una gioia profonda e incontenibile. Oh, non una gioia dai sempre smaglianti sorrisi, non la gioia di quelli a cui va tutto sempre bene, ma la gioia profonda di aver trovato chi può davvero cambiare la tua vita, di chi dà senso al tuo amare e al tuo soffrire, di chi ti parla di un Dio che non ha abbandonato gli uomini, di un Dio che si fa tuo fratello e non è impegnato solo a lustrare le aureole di santi e a fare da fuochista nell'inferno per dirsi: "ma guarda come sono giusto!", la gioia di scoprirsi fratello con tutti, peccatore ma in cammino. Qui abbiamo tutti da farci un esame di coscienza, specialmente noi che ci diciamo cristiani. Siamo espressione di questa gioia? Chi non è credente ha il diritto di vedere dei cristiani gioiosi. Se no che testimonianza diamo di un Dio che ci è Padre, di Gesù che è nostro fratello, di noi che siamo dei salvati? Più che discussioni teologiche i non credenti hanno bisogno di testimonianze, hanno bisogno di farsi davanti a noi una domanda: " Dice di credere. Ma la sua gioia, il suo ottimismo di vita, il suo agire dimostrano che davvero ha trovato qualcosa o qualcuno. Non sarà forse la strada giusta?" La nostra gioia allora non potrebbe far nascere una nostalgia? Non potremmo allora diventare anche noi una piccola "stella", una piccola luce per il cammino di altri? Che tristezza vedere dei cristiani che escono dalla messa, magari celebrata con noia e pesantezza sia da parte del prete che dei fedeli, e sembrano dire: "Anche questa è fatta. Per una settimana siamo a posto". Ma, allora, è tutto un rito stantio. Chi sei andato a incontrare, a celebrare? un morto? Se davvero abbiamo incontrato Cristo vivo, risorto, salvatore, fratello, non possiamo non sprizzare gioia, coraggio, serenità da tutti i pori della pelle. I magi, questi personaggi un po' "esotici" del Vangelo di oggi, e soprattutto quel Bambino che adoriamo come il Figlio di Dio venuto sulla terra per amore, ci aiutino a tirare fuori da noi tutto quello che Dio vi ha seminato, ci diano il coraggio della ricerca, la forza di staccarci dalle nostre sedie, l'umiltà di saper vivere con i nostri fratelli, la gioia di poter a nostra volta essere un po' luce per chi, come noi, è in cammino verso Colui che può dare senso a tutta la nostra vita.
VENERDI’ 7
"CONVERTITEVI, PERCHE’ IL REGNO DEI CIELI E’ VICINO". (Mt. 4,17)
Quando sentiamo parlare di conversione, spesso noi pensiamo ai grandi convertiti. Una bella conversione deve essere come quella di Paolo che da persecutore del cristianesimo diventa lui stesso missionario del Vangelo, oppure conversione è il battesimo di un mussulmano, un ateo che conoscendo Gesù si mette a seguirlo…E’ vero, ma alcune volte la conversione non è un fatto eclatante e neanche un atto di volontarismo. Mi è capitato tra mano un numero molto vecchio di Famiglia Cristiana, il numero 4 del1993. Vi riporto una lettera che indica un cambiamento all’apparenza piccolo, ma importante… potrebbe essere una conversione?
"Avevo sessantotto anni, ero cardiopatica, vivevo di una modestissima pensione… Mi venne un forte esaurimento nervoso: piangevo continuamente e mi disinteressavo a tutto quanto non era strettamente necessario per sopravvivere. Poi un giorno, certo per opera di Spirito Santo, mi capitò tra le mani un arruffato gomitolo di lana avanzato da qualche precedente lavoro; svogliatamente lo dipanai, vi aggiunsi un altro po’ di lana di diverso colore e riuscii a tirarne fuori un golfino. La donna che di tanto in tanto veniva a darmi una mano per i lavori più pesanti lo vide e mi chiese se poteva portarlo ad una sua vicina di casa, povera in canna e madre di cinque bambini.
Ben volentieri glielo consegnai, e dopo qualche giorno la destinataria mi mandò a chiedere se potevo dargliene qualche altro. Racimolai tutta la lana che avevo in casa, ne chiesi ad altre signore del condominio, che mi regalarono pure qualche scampolo di stoffa e altro materiale per poter confezionare camiciole, vestine ed altri indumenti per bambini. La voce si sparse tra il vicinato e ciascuno mi fornì quel che poteva, anche comprando gomitoli di lana, spagnolette di filo, elastico, pizzi e merletti, in una vera e propria gara di generosità. Conclusione: nei primi due anni ho eseguito centocinquantratrè golfini di taglie diverse, e un numero imprecisato di corredini per neonati, calzoncini e vestine. Inoltre, da fonti diverse, mi sono arrivati e continuano ad arrivarmi cappotti, vestiti e giacconi ormai troppo stretti per i donatori, oppure frutto di rinnovo di guardaroba, che io rimetto in sesto e regalo a chi ha bisogno.
Ormai la mia casa è diventata un centro di raccolta e smistamento di indumenti per grandi e piccini che io neppure conosco, così come loro non sanno il mio nome. Per tutti sono solo la "signorina" e basta. Una signorina di oltre ottant’anni che, anziché annoiarsi e piangersi addosso, va a letto stanchissima e felice di essere utile a qualcuno. E’ una grazia che mi ha fatto il buon Dio."
SABATO 8
"IN QUEL TEMPO, GESU’ VIDE MOLTA FOLLA E SI COMMOSSE PER LORO, PERCHE’ ERANO COME PECORE SENZA PASTORE, E SI MISE AD INSEGNARE LORO MOLTE COSE". (Mc. 6,34)
Gesù, commosso davanti alle povertà degli uomini dona la sua Parola perché liberi l’uomo dalla prigionia e lo apra alla luce.
Quante sono infatti le povertà, le schiavitù, le tenebre di cui tutti un po’ soffriamo! E ci sono anche tanti modi di soffrirne. C’è ad esempio la povertà dell’intelletto: quante cose non sappiamo e quanti errori facciamo! C’è la povertà del cuore, quando viene a mancarci l’affetto o si è incapaci di donarlo. C’è la povertà morale causata dai nostri egoismi e peccati. Si può essere poveri di salute, poveri di coraggio, poveri economicamente. Anche se non siamo mai stati in prigione ci capita di sentirci prigionieri, incapaci di liberarci da certe situazioni, prigionieri di preconcetti, di chi ci impedisce una libertà di azione, prigionieri del vizio, dei nostri limiti, dei nostri errori. Altre volte ci troviamo incapaci a vedere la soluzione dei problemi, viviamo di paure per il nostro futuro… Sono queste esperienze di vita che riempiono di tristezza il cuore umano. E allora andiamo a cercare un consiglio, un aiuto, una parola che possa aiutarci a superare queste difficoltà; ma quando anche la troviamo, la parola umana riesce spesso soltanto a compatire, compiangere, solidarizzare, suggerire tentativi…E’ proprio qui che Gesù, commosso davanti alle nostre povertà ci regala la sua Parola, cioè se stesso. Se uno si fiderà di questa Parola, avrà motivo di poter combattere con essa la povertà, la prigionia, la cecità umana. Le risposte che questa Parola ci aiuta a dare non sono le risposte parziali o immediate che spesso l’uomo cerca, ma sono la risposta definitiva ed eterna. Questa Parola, se noi la cerchiamo ed accettiamo è quella che fa nascere nel profondo del cuore la gioia di Dio, e questa nessuno può rapircela.
DOMENICA 9 - BATTESIMO DI GESU’
PRIMA LETTURA (Is 55, 1-11)
Dal libro del profeta Isaia.
Così dice il Signore: O voi tutti assetati venite all'acqua, chi non ha denaro venga ugualmente. Ascoltate e Io stabilirò per voi un'alleanza eterna, i favori assicurati a Davide. Ecco l'ho costituito testimonio fra i popoli, principe e sovrano sulle nazioni. Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri. Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata.
SECONDA LETTURA (1 Gv 5, 1-9)
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo.
Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato. Da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti, perché in questo consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con acqua soltanto, ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono concordi. Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è maggiore; e la testimonianza di Dio è quella che ha dato al suo Figlio.
VANGELO (Mc 1, 7-11)
Dal vangelo secondo Marco.
In quel tempo, Giovanni predicava dicendo: "Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo". In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto".
RIFLESSIONE
Ci sono momenti, durante un pellegrinaggio in cui, aldilà di tutto quello che la guida ti dice, aldilà delle celebrazioni, hai bisogno di appartarti, di startene solo un momento, di osservare, di lasciare che il tuo cuore entri in comunione con il posto che visiti. In uno dei miei pellegrinaggi in Terra Santa, proprio mentre il gruppo si dirigeva al supposto luogo dove sarebbe avvenuto il battesimo di Gesù, sulle rive del Giordano, mi sono appartato su un piccolo rialzo che mi permetteva di osservare da lontano sia il fiume che i pellegrini e non ho potuto fare a meno di immaginarmi la scena: Giovanni Battista con la sua voce tonante che invita i peccatori a convertirsi per essere pronti ad accogliere il Messia, la fila dei ‘poveracci’ che, prese sul serio le parole di Giovanni, entrano a piedi nudi nel Giordano, i farisei che, magari proprio dal posto dove ero io, osservano quello che avviene con aria di superiorità, ma anche un po' di timore in quanto la gente segue questo profeta che forse proprio tutto ortodosso non è, e poi Gesù, in fila con i peccatori che chiede al Battista di ricevere anche Lui questo battesimo. E’ proprio vero che Gesù non lo puoi mai incasellare, non rientra nelle nostre categorie artefatte e nei nostri schemi! Per l’inizio della sua vita pubblica, dopo trent’anni di silenzio a Nazareth, ci saremmo aspettati qualcosa di un po’ più grandioso, magari nel contesto del tempio di Gerusalemme, magari tra acclamazioni di popolo che accoglie il Messia, colui che è senza peccato, il Liberatore… invece troviamo un fiume fangoso (dove già persino Naaman il Siro aveva trovato difficoltà ad andarsi a lavare, lui lebbroso, mandato lì dal profeta Elia), un profeta vestito di peli di cammello che si aspetta (immancabilmente smentito) un Messia guerriero e pieno di furore con il male che c’è nel suo popolo, un’accozzaglia di popolo che compie un gesto forse anche molto rituale, e Gesù, colui che non ha assolutamente bisogno di convertirsi che richiede il battesimo. Sì, alla fine ci sarà la voce di Dio che conferma Gesù nella sua missione, ma chi la ode questa voce? Gesù certamente. Infatti Dio conferma la missione di Gesù proprio nel momento in cui Lui, il puro si fa solidale con gli impuri. Qual è e quale sarà la missione di Gesù? Caricarsi sulle spalle il nostro peccato, farsi peccato per inchiodare il peccato con il suo corpo sulla croce. Far morire il peccato con Lui sulla croce per risorgere uomo nuovo e per dirci che anche noi possiamo fare la stessa cosa con l’aiuto della misericordia di Dio. Ed ecco, allora, che se noi sappiamo che il battesimo di Giovanni che Gesù ha ricevuto è storicamente diverso dal Battesimo che Gesù ci ha lasciato, noi scopriamo anche che proprio partendo dal Battesimo ricevuto da Gesù e santificato da Lui stesso noi arriviamo a comprendere meglio il nostro. Il Battesimo è sì un atto di purificazione, ma è soprattutto il coraggio per la lotta contro tutto quello che è il male. Il Battesimo che Gesù ci dà e un ‘battesimo nello Spirito’ cioè dono e frutto dello Spirito Santo che ci consacra figli di Dio come Lui. E’ poi anche ‘dono nel sangue di Gesù’ che mentre ci purifica ci fa aderire a Lui, ci riveste di Lui, ci fa morire al male per risorgere con Lui uomini nuovi. E’ per noi un "cielo aperto". Quel cielo che si era chiuso dietro le spalle di Adamo ed Eva si riapre per la nostra speranza; quel Dio che sembrava lontano e muto torna a parlare attraverso suo Figlio e a darci la possibilità di avere come meta il cielo stesso. Ma ritornando alla mia esperienza di Terra Santa, sulle rive del Giordano, pensavo anche ad un’altra cosa osservando i vari gruppi di pellegrini che con fede, ma anche con sollievo per la calura andavano a mettere i piedi nel Giordano ed a bagnarsi con la sua acqua : "Avremo poi proprio capito il significato del nostro battesimo?" Ogni volta che amministro il battesimo ai bambini, guardandoli nella loro piccolezza, dolcezza, nell’ingenuità dei loro occhi mi chiedo: "Che cosa sarà di questo bambino da grande? Questo bambino porta in sé tutta una storia passata, la fede e il peccato di tutte le generazioni precedenti: come se la caverà? Come rivestirà o meno Cristo? Come combatterà o si lascerà vincere dal male? Sarà un santo o sarà un brigante?" E, sì, perché ci sono proprio queste possibilità e li abbiamo tutti i giorni davanti agli occhi: in Italia oltre il 90 per cento sono battezzati e c’è gente meravigliosa che dedica le proprie forze al servizio degli altri, che sa sacrificarsi, che lotta contro tutte le strutture del male, ma ci sono anche le carceri pieni di cristiani battezzati, ci sono politici ‘cristiani’ che esprimono tutto eccetto il loro cristianesimo, ci sono preti e vescovi che invece di prendersi cura del proprio gregge lo spellano e lo sfruttano. Come sarà aiutato questo bambino. Questi poveri genitori che lo hanno portato per il battesimo perché così si usa, perché bisogna fare la festa, sapranno dargli oltre che merendine, televisione, scuola e vestiti, anche Gesù Cristo?Gesù ha accettato il suo compito e lo ha portato fino in fondo. Non era facile neanche per Lui, nella sua umanità, caricarsi di tutto il male della terra, di farsi schiacciare dal peccato e dalla croce, non era facile morire per gli altri, ma è stato fedele al Padre che glielo chiedeva ed è stato fedele a noi, perché è il suo amore per noi che lo ha portato a fare
questo. Noi, fin da bambini abbiamo ricevuto il Battesimo che ci ha fatto cristiani e con la nostra vita siamo chiamati a confermare o smentire questo dono ricevuto, abbiamo la possibilità di mostrare al mondo il volto misericordioso di Dio o di nasconderlo. Credo che sulla porta di tante nostre chiese ci starebbe bene il cartello: "Cercasi cristiani battezzati pronti a manifestarlo". E’ vero che il ‘mestiere’ di cristiano non è tra i più facili se siamo chiamati a coniugare l’amore di Dio e del prossimo in un mondo che si interessa al denaro, al successo e al potere. E’ vero che il cristiano è anche un tipo molto scomodo perché parla ancora di sacrificio, perché non ha cancellato la croce di Cristo e anzi, cerca di portarla con Lui, perché è uno che non si lascia sedurre dalle mode, dalle ideologie, dalle parole vuote, è uno che è giovane dentro, non che corre dietro facili giovanilismi, è uno che non si fida delle manifestazioni di massa (anche quando passano per manifestazioni di fede di massa), è uno che si fida poco delle organizzazioni, specialmente quando certa chiesa sembra fidarsi solo più di quelle e non di Dio, è uno che si ostina a cercare di realizzare la giustizia, la verità non in un Regno futuro, ma le cerca già nel presente, è uno che nonostante le batoste continua ad avere speranza, perché non la ripone su di sé, ma nel Padre misericordioso, è uno che il male lo vede e quindi lo combatte con tutte le forze. E’ uno che ogni giorno ricomincia da capo, conscio delle proprie debolezze, ma desideroso ogni volta di conversione e sicuro che il Dio di cui si è rivestito il giorno del battesimo non lo abbandona.
LUNEDI’ 10
"GESU’, PASSANDO LUNGO IL MARE DI GALILEA VIDE SIMONE E ANDREA…E DISSE LORO: SEGUITEMI, VI FARO’ PESCATORI DI UOMINI. E SUBITO, LASCIATE LE RETI LO SEGUIRONO". (Mc. 1,16-18)
Poche righe ed è tratteggiato il mistero della chiamata: Dio vuole avere bisogno degli uomini; Dio cerca gli uomini; se l’uomo risponde Dio trasforma l’uomo e lo fa suo testimone. E questo non solo per le chiamate particolari, per le vocazioni sacerdotali o religiose, ma per ogni uomo: proviamo a ripercorrere le tappe di questo cammino vocazionale che Gesù rivolge oggi anche a ciascuno di noi.
"Passando lungo il mare di Galilea". Noi possiamo essere partiti alla ricerca della verità, del senso della nostra vita, ma prima di noi è partito Dio. E Dio ci cerca là dove noi siamo. Cristo si è incarnato per venire a cercarci nella nostra umanità. Per noi da soli sarebbe impossibile giungere a Dio, ma a Dio non solo è possibile giungere a noi, ma è quello che Lui vuole e fa in continuazione.
"E vide Simone e Andrea mentre gettavano le reti in mare". A me piace molto che il contesto di questa chiamata non sia la solennità del Tempio, il silenzio di un monastero, ma avvenga ‘sul posto di lavoro’, tra reti, barche, puzza di pesce e di sudore umano, speranze di poveri uomini che cercano di lavorare per sbarcare il lunario: Dio oggi mi vede al computer, al mercato, sul tram. Il suo sguardo è uno sguardo non del curioso, è uno sguardo di affetto, penetra nel cuore, conosce profondamente pregi e limiti.
"E disse loro…". Lo sguardo si trasforma in parola e la parola è un invito che ha quasi il tono di un ordine. Non l’ordine di chi comanda, ma l’ordine di chi ama. Ecco come leggere anche il tuo Vangelo con le sue pagine a volte difficili: è la Parola potente di uno che mi indica la strada, ma che lo fa solo perché mi ama e vuole il mio bene.
"E subito, lo seguirono". Chi vuol essere suo discepolo deve affidarsi. Ci viene chiesto di affidarci a Gesù, anche se non sappiamo ancora bene dove questo ci condurrà. Gesù non ci dice tutto per filo e per segno, non ci risolve immediatamente tutti i problemi, non ci dà la lista dettagliata delle sue esigenze, ci chiede solo di andargli dietro, di vedere come fa Lui.
"Lasciate le reti". Ogni sequela richiede anche un distacco. Se vuoi andare dietro a Cristo devi lasciare qualcosa. Ma l’accenno non viene posto tanto sul lasciare, quanto sul seguire. Discepolo non è uno che ha abbandonato qualcosa, è uno che ha trovato Qualcuno.
MARTEDI’ 11
"E GESU’ SGRIDO’ IL DEMONIO: ‘TACI! ESCI DA QUELL’UOMO’. E LO SPIRITO IMMONDO, STRAZIANDOLO E GRIDANDO FORTE, USCI’ DA LUI".
(Mc. 1,25 - 26)
Tutti, anche coloro che hanno scelto di stare dalla parte di Cristo, facciamo esperienza ogni tanto nella vita della presenza del male. Invidia, orgoglio, lussuria, disonestà, vendetta, spesso bussano alla porta del nostro cuore. Vorremmo essere liberati da questo, ma ci rendiamo conto che da soli non ce la facciamo. Noi sentiamo la voce di Dio, ma anche il male ha la sua voce nel parlarci; Satana non sta a guardare, conta sui suoi profeti: la parola di un conoscente, un libro sbagliato, una rivista poco seria, un’idea, un desiderio, un previsto vantaggio economico, un suggerimento che sembra interessante e l’influsso negativo si fa sempre più strada nella nostra vita. Adamo ed Eva cominciano a dialogare con il serpente e alla fine cedono alle sue lusinghe, l’indemoniato della sinagoga di Cafarnao si è trovato schiavo di un duro padrone.
L’uomo ha abbandonato Dio, ma Dio non abbandona mai nella sconfitta l’uomo e viene in suo aiuto. Nella sinagoga di Cafarnao si fronteggiano Male e Bene e lì si ‘grida’: "Taci, esci da quell’uomo!". E’ il comando di Gesù che, con la sua autorità divina, ordina al demonio di andarsene, di non parlare più, di non ingannare più. Taci! Non imbrogliare più l’uomo, non dividerlo più in se stesso. Taci! Con i miraggi di un piacere che non solo non porta gioia, ma tristezza. Taci! Non far sembrare il male bene. Taci! Non impedire alla creatura di ascoltare il suo Dio. Dobbiamo far tacere il demonio per poter ascoltare Dio. San Pietro ci ricordava: "Fratelli, siate sobri e vigilate, perché il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede". E resistergli consiste prima di tutto nel farlo tacere perché la forza della Parola di Gesù, entrando dentro di noi lo allontani definitivamente e ci aiuti a comprendere il vero valore della vita.
MERCOLEDI’ 12
"LA SUOCERA DI PIETRO ERA A LETTO CON LA FEBBRE E SUBITO GLI PARLARONO DI LEI. EGLI, ACCOSTATOSI, LA SOLLEVO’ PRENDENDOLA PER MANO; LA FEBBRE LA LASCIO’ ED ESSA SI MISE A SERVIRLI". (Mc.1,30-31)
Questo è il primo miracolo di Gesù che il Vangelo di Marco ci racconta. Mentre, in Giovanni, il primo miracolo è quello di Cana dove Gesù opera su invito di sua Madre, in mezzo a tanta gente, qui ci troviamo davanti ad un miracolo all’apparenza insignificante. Oltretutto, l’atteggiamento di Gesù di fronte alla suocera di Pietro presenta dei caratteri completamente nuovi rispetto alla mentalità del mondo ebraico a lui contemporaneo. In primo luogo un rabbino non si sarebbe mai degnato di accostarsi ad una donna e di prenderla per mano, poi non si sarebbe mai lasciato servire da una donna. Quindi fin da queste prime pagine del Vangelo di Marco abbiamo la portata dell’evento Gesù.
Gesù non è venuto per convincere gli uomini con miracoli grandiosi. Gli stessi miracoli, belli e importanti, non risolvono tutti i problemi dell’uomo (la suocera di Pietro si sarà ancora ammalata, Lazzaro è poi morto un'altra volta). Essi esprimono solo chi sia Gesù, il Signore della creazione e delle sue leggi, ed esprimono l’affetto di Gesù per le persone, soprattutto quelle più trascurate, abbandonate, povere, diseredate. E’ bello e confortante pensare a Gesù che prende per mano questa donna (la stessa cosa succederà al genero, Pietro, che sarà preso per mano da Gesù nel momento in cui sta affogando). Gesù è la mano tesa di Dio agli uomini per liberarli dal loro male, per salvarli dall’annegamento nelle acque del male.
Ma il fatto che la suocera di Pietro si metta a servire Gesù e gli altri a tavola sta anche ad indicare che cosa intende Gesù per ‘servizio’.
Per i Greci la parola servizio non doveva esistere, era solo qualcosa proprio degli schiavi e non degli uomini liberi. L’uomo libero deve dominare. Per Gesù, invece il concetto di servizio parte dalla Bibbia ed è conseguenza dell’amore del prossimo. Questa anziana che serve a tavola, in fondo, non è che l’anticipo e l’annuncio di colui che "non è venuto per essere servito, ma per servire". E questa anziana suocera di Pietro diviene modello anche per noi: non importa se serviamo in cose grandi o in cose piccole, l’importante è che in ogni fratello serviamo Gesù e gli esprimiamo così la nostra riconoscenza per averci liberati dal male.
GIOVEDI’ 13
"VENNE A GESU’UN LEBBROSO". (Mc. 1,40)
Perché non ti decidi ad andare da Gesù?
Perché spesso stai lì a crogiolarti nella tua sofferenza e nella tua impotenza, quasi odiandoti poi per la tua debolezza?
Perché da una parte vorresti raccontare il tuo male a tutti, quasi scaraventarlo addosso agli altri e d’altra parte taci perché sei convinto che nessuno ti capirebbe e che anche le eventuali parole di conforto ti darebbero fastidio?
Perché bruciare così questa tua sofferenza, sprecarla quando è parte della tua vita?
Deciditi ad andare da Gesù come quel lebbroso.!
Non sentirti sminuito se ti inginocchi davanti al Figlio di Dio, se le tue mani sono vuote, anzi, coperte di piaghe puzzolenti.
Non aver paura di riversare tutta la tua sofferenza su di Lui. Lui è "l’uomo dei dolori che conosce ogni forma di patire". Le ha sperimentate sulla sua pelle.
Non vergognarti della puzza e dello schifo delle tue ferite. Lui è venuto per caricarsi il peccato del mondo e per inchiodarlo sulla croce.
Deciditi ad andare da Gesù, non tanto perché Lui ti tolga da ogni sofferenza, ti faccia andare bene tutto, ma perché Lui ti liberi dal non senso del soffrire, dia uno scopo al tuo dolore e un significato perfino al tuo peccato.
Non chiuderti in te stesso, non estraniarti dal prossimo, non stordirti di droghe per nascondere, va a cercare quella mano che non ha paura di contagio, quegli occhi che non esprimono ribrezzo, quella voce che vuol solo pronunciare parole di liberazione, di conforto, di gioia.
Non perdere la tua malattia e non lasciare che il male ti perda. Deciditi: va da Gesù.
VENERDI’ 14
"SI RECARONO DA LUI CON UN PARALITICO PORTATO DA QUATTRO PERSONE."
(Mc. 2,3)Ieri il Vangelo di Marco ci presentava un lebbroso che aveva deciso di andare a buttarsi in ginocchio davanti a Gesù, oggi ci presenta un'altra persona che è "in ginocchio", anzi, inchiodata dalla paralisi. Si può stare in ginocchio e si può essere messi in ginocchio. Nel primo caso è una nostra scelta: è un atteggiamento di fede, sereno, in cui avvertiamo la nostra piccolezza, povertà, incapacità di salvarci da soli davanti all’immensità della misericordia di Dio, è riconoscere la sua perfezione e il nostro limite. La persona di fede si sente a suo agio anche in ginocchio e così riesce ad aprire meglio il suo cuore alla preghiera.
Nel secondo caso, è una costrizione, una sconfitta, un peso che opprime, che ci butta in ginocchio anche contro la nostra stessa volontà. Succede quando l’uomo non riesce più con le sue forze ad affrontare difficoltà che sembrano essere più grandi di lui, contro le quali non ce la fa, si sente sconfitto in partenza. Succede quando il dolore, la sofferenza, il fallimento, il male, hanno il sopravvento, lo schiacciano, lo fanno piegare fino a terra.
L’uomo è in ginocchio quando ha un male incurabile, quando è distrutto dal vizio, dalla droga, dalla più estenuante miseria.
L’uomo è in ginocchio quando avverte di non aver più la stima degli altri, e neppure quella di se stesso, quando non si sente più amato, quando sa di essere emarginato, inutile, abbandonato alla solitudine.
L’uomo è in ginocchio quando perde la persona che ama, quando si sente privato della sua libertà, travolto da un ingranaggio che lo travolge per vie perverse.
L’uomo è in ginocchio quando si sente dominato dal peccato, incapace di resistergli, preso nel vortice della sua passione.
Il paralitico è così. Da solo è bloccato. Non può neppure andare da Gesù. Per fortuna ha quattro amici che mettono gambe e inventiva per lui e, quando è davanti a Gesù si sente dire, e lui, ebreo, lo comprende: "Ti sono rimessi i tuoi peccati". Peccare in ebraico significa essere deviato, mancare l’obiettivo come una freccia che fallisce il bersaglio. Il peccatore è un uomo sviato dai suoi fini. Fatto per Dio a sua immagine e somiglianza, la menzogna del serpente gli ha messo paura e sfiducia nei suoi confronti. E fuggendo da Lui è rimasto nudo, spoglio anche di sé. Rimane creatura mancata, bloccata, paralizzata in se stessa. Ha perso la comprensione dell’amore di Dio per noi e allora il male, anche quello fisico lo domina. Ecco perché Gesù prima perdona il peccato: quando l’uomo ritrova la sua dimensione, ritrova Dio, allora può di nuovo camminare, allora la paralisi che gli impedisce di muoversi e di raggiungere Dio è vinta.
SABATO 15
"GLI SCRIBI DICEVANO: COME MAI EGLI MANGIA E BEVE IN COMPAGNIA DEI PUBBLICANI E DEI PECCATORI?". (Mc. 2,16)
E’ solo una settimana che abbiamo cominciato a leggere il Vangelo di Marco ma già cominciamo a renderci conto di chi sia Gesù. Al di là delle sdolcinature misticheggianti, al di là dei Gesù biondi dai capelli lunghi e dagli occhi sognanti di certa cinematografia, ci siamo già accorti della forza dirompente che viene da questo personaggio, non solo perché con i miracoli si dimostra capace di superare le leggi della natura, ma soprattutto per l’insegnamento che deriva dalle sue scelte e dalle sue azioni. Gesù non è un ‘calmante’ per la nostra umanità, è un ‘eccitante’. E’ facile immaginarsi lo scandalo che devono provare i benpensanti e i religiosi suoi contemporanei.
Gesù è il maestro che non solo si lascia avvicinare da una donna, ma la prende per mano, la guarisce, accetta con gioia di sedere alla sua mensa e di lasciarsi servire da lei; Gesù, il puro, tocca un malato di lebbra rendendosi impuro (e non gli passa neppure per la testa di compiere i vari rituali di purificazione); Gesù, dicendo al paralitico: "Ti sono perdonati i tuoi peccati", si arroga un compito che è proprio di Dio, e quindi per i religiosi, bestemmia; Gesù sembra far comunella con i pubblicani, pubblici peccatori, collaborazionisti con i romani. Non stupisce che farisei, sadducei, scribi, sommi sacerdoti abbiano intenzione di aprire un grosso dossier su di Lui. Immaginatevi che cosa è successo e purtroppo succede ancora nella chiesa quando qualche prete o qualche comunità canta il Vangelo fuori del coro: Monsignor Pellegrino va alla ‘Tenda rossa’ degli operai torinesi in sciopero e diventa il ‘vescovo rosso’; Dom Helder Camara, dopo tutta una vita spesa a favore dei poveri muore: quattro righe sull’Osservatore Romano sono più che sufficienti per un vescovo scomodo; una comunità, a fatica, fa qualche scelta di povertà che dà fastidio, che non corrisponde alla mentalità di "grandeur" di certa chiesa: ripristiniamo subito, magari eliminando chi è causa di questo ‘fastidio’, con diplomazia, delicatezza, forza, l’ "ancien regime".
E’ più facile vivere una religione di norme ben definite e diventa abbastanza comodo vivere di tradizioni, specialmente se queste sono costruite a nostro favore.
Ma ci siamo chiesti perché Gesù era così rivoluzionario?
La sua non è una moda, una scelta politica… è mettere l’uomo al centro e mettere Dio al centro dell’uomo.
La suocera di Pietro è vista come donna malata, una donna con gli stessi diritti dell’uomo. Gesù serve quella donna guarendola e quella donna serve Gesù: il potere dell’uomo è servire come Cristo ha servito l’uomo.
Il lebbroso non è visto come un intoccabile, ma come un uomo malato ed emarginato e Gesù è il ponte che unisce gli emarginati a Dio e gli uomini agli uomini.
Il paralitico, nella sua malattia, manifesta il peccato che inchioda, impedisce di muoversi. Gesù guarendo e perdonando il peccato dice la volontà di Dio di rompere l’isolamento in cui l’uomo si è cacciato.
I pubblicani sono scelti come apostoli? E’ Gesù che supera le barriere di razza, di religione; è Gesù che ama l’uomo, che non lo vede per le etichette che porta o che gli hanno messo; è Gesù che viene ad offrire una possibilità a tutti, specialmente a chi è più lontano.
DOMENICA 16 - 2^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (anno B)
PRIMA LETTURA (1 Sam 3, 3 - 10. 19)
Dal primo libro di Samuele.
In quei giorni, Samuele era coricato nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio. Allora il Signore chiamò: "Samuele!" e quegli rispose: "Eccomi", poi corse da Eli e gli disse: "Mi hai chiamato, eccomi!". Egli rispose: "Non ti ho chiamato, torna a dormire!". Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: "Samuele!" e Samuele, alzatosi, corse da Eli dicendo: "Mi hai chiamato, eccomi!". Ma quegli rispose di nuovo: "Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!". In realtà Samuele fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: "Samuele!" per la terza volta; questi si alzò ancora e corse da Eli dicendo: "Mi hai chiamato, eccomi!". Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovinetto. Eli disse a Samuele: "Vattene a dormire e, se ti si chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta". Samuele andò a coricarsi al suo posto. Venne il Signore, stette di nuovo accanto a lui e lo chiamò ancora come le altre volte: "Samuele, Samuele!". Samuele rispose subito: "Parla, perché il tuo servo ti ascolta". Samuele acquistò autorità poiché il Signore era con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.
SECONDA LETTURA(1 Cor 6, 13-15. 17- 20)
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.
Fratelli, il corpo non è per l'impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si da alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo. O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!
VANGELO (Gv 1, 35 - 42)
Dal vangelo secondo Giovanni.
In quel tempo, Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio!". E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che significa maestro), dove abiti?". Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)" e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)".
RIFLESSIONE
La chiamata di Samuele, l’invito di Paolo ad usare bene della propria sessualità, la chiamata dei primi apostoli, ci dicono chiaramente quale sia il tema della liturgia di questa domenica. E’ il tema della chiamata, della vocazione. Ma attenzione ai riflessi condizionati: sia i predicatori che gli uditori quando sentono parlare di vocazione, quasi istintivamente pensano alla vocazione sacerdotale o religiosa. Pur non dimenticando quelle, la Bibbia ci parla di chiamata in senso molto più generale, un qualcosa che riguarda tutti.
Proviamo a pensare: nessuno di noi si è chiamato alla vita, ma due persone ci hanno generato, Qualcuno ci ha dato il pensiero e l’anima.
Come mai sento in me il bisogno di qualcosa o di Qualcuno di infinito, di eterno se questo stesso Qualcuno, facendomi a sua "immagine e somiglianza", non ha messo in me il suo desiderio e la volontà per cercarlo?
Essendo poi nato in un paese di tradizioni cristiane sono anche chiamato a conoscere, amare, servire non un dio qualsiasi, ma il Dio di Gesù.
Come avviene la chiamata?
In mille modi diversi. Nella prima lettura abbiamo sentito Dio che chiama personalmente Samuele, sappiamo che Paolo per essere chiamato viene buttato giù da cavallo, nel Vangelo è Giovanni che indica Gesù ai due futuri Apostoli ed è Andrea a portare Pietro da Gesù. Noi stiamo talmente a cuore a Dio che per ciascuno di noi Lui ha la strategia adatta, sarà una chiamata diretta, sarà l’indicazione di una persona, di un libro, saranno gli eventi stessi della vita… se siamo solo attenti e ci sforziamo di riconoscere la sua voce, le sue chiamate son tante e quotidiane.
Ma che cosa vuole il Signore, chiamandoci? Prima di tutto non viene a chiederci qualcosa ma a darci se stesso. "Sto alla porta e busso. Se qualcuno mi aprirà, noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui". L’importante è che, sentita la chiamata, facciamo come quegli apostoli: gli andiamo dietro. "Rabbì, dove abiti?" , "Venite e vedrete". Gesù non vende se stesso a scatola chiusa, vuole che siamo perfettamente liberi nell’accoglierlo così com’è, con i suoi doni e con le sue esigenze. Non si impone a nessuno, quando vedrà i suoi discepoli tentennare, con molta serenità dirà loro: "Volete andarvene anche voi?" Diffido sempre di chi, con facili entusiasmi, si dice improvvisamente convertito e diventa più prete dei preti e più spiritualista degli spiritualisti: con la stessa facilità, finito l’entusiasmo spesso tutto si sgonfia e finisce.
Bisogna fare esperienza di Gesù. Capire le persone che frequenta, e di solito non sono le più raffinate o le più alla moda, peregrinare più sulle strade della fede che su quelle della religione, capire che la sua strada non è la facile risposta a tutti gli interrogativi o la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi, comprendere che se lo si vuol seguire nella gloria, bisogna con Lui passare attraverso la croce.
Proviamo allora a guardare a noi. Sappiamo che Gesù ci cerca, ci chiama in molti modi, ma siamo capaci di riconoscere la sua voce? Se io sono sordo, possono chiamarmi quante volte vogliono, io non sentirò. Se vivo in mezzo al fracasso, mi sarà molto difficile cogliere i segnali di una singola voce. Se non mi sono abituato ad ascoltare, per me ogni richiamo è eguale ad un altro. Dobbiamo diventare capaci di riflessione se no rischiamo di confondere le voci o di diventare schiavi di chi grida più forte. Provate a pensare quante persone seguono i più assurdi luoghi comuni solo perché presentati con fascino da personaggi famosi. Le mode non sono forse questo? Anche certe mode religiose! I giovani vanno in discoteca? Apriamo le discoteche cattoliche ed abbiamo risolto il problema. I giovani non hanno bisogno di giovanilismi, hanno bisogno di proposte concrete, magari anche difficili perché loro che sono tutto d’un pezzo, o da una parte o dall’altra, hanno il coraggio di passare sopra ai nostri equilibrismi incapaci di scelte decisive.
Se i nostri occhi sanno leggere gli eventi non solo come succedersi di fatti, se abbiamo ancora cuore capace di immedesimarsi con la natura, se abbiamo ascoltato le indicazioni di qualcuno che ci vuole bene, se ci fermiamo a riflettere sulla parola di Dio, se, in una parola, abbiamo percepito la sua voce, ecco allora il momento dell’atto di fiducia. Quando nella vita qualcuno mi chiama o mi indica una strada, l’andargli dietro è un atto di fede. Gesù non disdegna la nostra intelligenza, ce l’ha data Lui, e neanche i nostri ragionamenti per fondare la fede, ma alla fine scegliere di seguirlo è un atto di fiducia.
E se faccio questo atto di fiducia, dove e quando potrò fare esperienza di Gesù? Proviamo a pensare ad alcune frasi di Gesù:
"Io sono con voi tutti i giorni della mia vita". Per incontrare Cristo non c’è bisogno di andare lontano. Da quando Gesù si è incarnato, la sua incarnazione è continuata. Lui è salito al cielo ma continua ad essere in mezzo a noi, solidale in tutto con noi.
"Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
Dovrò allora andare a cercarlo nei monasteri o nelle riunioni parrocchiali? Certo, se i monasteri sono nel suo nome e se gli incontri parrocchiali non sono solo per l’organizzazione o per la vanagloria di chi vi partecipa, ma sono per incontrare e servire Cristo, posso incontrarlo anche lì. Ma i due o tre riuniti nel suo nome non possono essere anche quelle famiglie che cercano di superare le difficoltà che intercorrono tra loro, o quei ragazzi che si impegnano ad aiutare, senza farglielo pesare, un compagno in difficoltà?
"Questo è il mio corpo". Ecco il posto per eccellenza dove incontrare Gesù: nell’Eucaristia. Non solo nelle facili e intimistiche comunioni, ma nell’offrire e riconoscere in quel Pane il sostentamento del cammino, nel confrontarsi con la sua parola, nel buttare nel suo cuore i nostri interrogativi e problemi.
"Avevo fame e mi avete dato da mangiare". Ecco il posto sicuro dove incontrare Gesù incarnato: nel povero e non solo nel barbone o nell’indianino che muore di fame, ma anche in chi è povero di intelligenza, di capacità, in chi fa fatica a stare a galla in un mondo che sembra fatto apposta per i forti e per i furbi.
Ecco, questi sono alcuni dei segni dell’incontro che Gesù ci ha lasciato e garantito. In questi momenti possiamo fare esperienza di Lui, possiamo fondare la fiducia che abbiamo riposto in Lui e allora sarà un momento memorabile. Non so se ve ne siete accorti, ma Giovanni che scrive il suo Vangelo parecchi anni dopo, ricorda ancora perfino l’ora dell’incontro con Gesù: "erano circa le quattro del pomeriggio" e Andrea ne è talmente entusiasta che non può tener per sé questa esperienza e allora non solo la comunica a suo fratello Simone ma lo convince ad andare da Gesù.
Auguro a me e a voi di poter sentire oggi la voce del Signore, di aver la gioia di poterlo seguire e di trovare in Lui colui che ci chiama per dare senso al nostro cammino.
LUNEDI’ 17
"PERCHE’ I TUOI DISCEPOLI NON DIGIUNANO?". (Mc. 2,18)
Abbiamo già visto la scorsa settimana e continueremo a vederlo nell’ascoltare i Vangeli di questi giorni, la figura di Gesù "contestatore" e "contestato".
Nel caso di oggi, i farisei si scandalizzano perché vedono i discepoli di Gesù gioiosi, ‘poco seri’. Tutti i gruppi religiosi di quel tempo, senza escludere anche i discepoli di Giovanni, si riconoscevano facilmente dalla pratica di certi riti ascetici, fra i quali il più conosciuto era il digiuno. Gesù e i discepoli, che cominciano a fare un corpo unico, invece, "mangiano e bevono con i pubblicani".
Gesù risponde usando una categoria che è propria già di tutto l’Antico Testamento e che quindi farisei e scribi dovevano conoscere bene, anche se non l’utilizzavano. E la categoria è quella delle nozze: "Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?".
E’ un esempio concreto, bellissimo. Nella Bibbia lo sposo è Dio. Lui è l’altra parte, senza la quale l’uomo è incompiuto e radicalmente solo.
In Gesù si celebrano le nozze di Dio con l’umanità. Attraverso Gesù, l’uomo e Dio possono vivere in comunione e intimità di vita, formano una sola carne ed hanno un solo spirito. L’amore nuziale è il più bel modo per esprimere il nostro rapporto con Dio, nella sua forza esplosiva e nella sua intima tenerezza, nella sua gioia vitale e nella sua travolgente passionalità, nel suo rispetto disinteressato e nella sua fedeltà ad oltranza. Non si può allora non essere nella festa e nella gioia.
Ecco lo scandalo della gioia!
Mi chiedo se noi, oggi, diamo ancora al nostro mondo questo scandalo.
Chiariamo subito: gioia non significa ‘mangiare e bere bene’, godersi la vita alla faccia degli altri; gioia non significa neppure inalberare sorrisi ipocriti o beoti o far finta di non vedere il male che c’è nel mondo. Gioia è qualcosa di profondo che parte dal sapersi amati ‘esageratamente’ da Dio, gioia è ciò che non riduce la religione ad una serie di riti ripetitivi, stantii, noiosi. Questa gioia invade ancora le vie delle nostre città, le pagine dei giornali, le omelie dei sacerdoti, le parole dei politici che si definiscono cristiani? Gioia sono ancora parole e atteggiamenti di positività, di ottimismo, di speranza?
Il nostro mondo non sa gioire, camuffa la gioia con il godimento. Il mondo ha bisogno di cristiani che lo scandalizzino non tanto con nuove morali o nuove teologie, quanto con iniezioni continue di gioia vera.
MARTEDI’ 18
"VEDI, PERCHE’ ESSI FANNO DI SABATO QUEL CHE NON E’ PERMESSO?" (Mc. 2,24)
Mi è capitato in questi giorni di leggere le ‘Regole’ di un ordine religioso femminile molto importante che, finalmente, sta cercando di riformarle. C’è davvero da rimanere stupiti se si trovano norme (e ne cito solo qualcuna, e di quelle meno esagerate) che regolano ogni minimo particolare della vita delle monache fino ad indicare come sollevare la lunga sottana nello scendere le scale, onde evitare di consumarla, camminare tenendo gli occhi bassi, rasentando i muri, prostrarsi ai piedi della superiora in caso di ritardo alle funzioni… Queste ‘Regole’ avevano tanti scopi: ricordare le scelte fatte, richiamare all’ascesi, all’umiltà e all’obbedienza, investire tutta la vita quotidiana di afflati religiosi e mistici…ma, alla fine, tutte queste norme aiutavano davvero ad incontrare Cristo, il suo Vangelo e i fratelli di Cristo con i quali spezzare il pane?
Questi farisei che come avvoltoi appollaiati su un albero, scrutano Gesù e i suoi discepoli, pronti a cogliere tutte le più piccole minuzie, incapaci di capire un gesto spontaneo come cogliere alcune spighe per masticare i chicchi e sentire in bocca la fragranza del grano maturo, pronti sempre a giudicare, sono persone incapaci di andare oltre, per loro tutto è previsto, regolato. Per loro si tratta di vedere e di sapere ciò che è "lecito" e ciò che è "vietato".
Mi chiedo, specialmente per persone come me che cominciano ad accumulare anni, non corriamo anche noi il rischio di essere farisei? Anche noi siamo stati abituati dall’educazione familiare, scolastica, ecclesiale ad una serie infinita di norme, ma anche al modo di eluderle, aggirarle, vanificarle. A volte diventa, anche per noi, più facile rifugiarci in norme, sicurezze, riti, piuttosto che correre i rischi della libertà, dell’inventiva, dell’imprevisto; a volte preferiamo la tranquillità guidata alla gioia, le pantofole alle strade e, non è forse vero che spesso attaccandoci alla legge per la legge diventiamo giudici insindacabili nei confronti degli altri, mentre nei confronti di noi stessi usiamo il negativo per giustificarci; ad esempio, diciamo: "Io non ho rubato", ma non ci chiediamo: "Non ho mai privato nessuno di ciò che giustamente si aspettava da me?", o, ancora diciamo: "Io non ho mai ammazzato", mentre non diciamo: "Non ho forse fatto soffrire e ferito con le mie parole, con i miei silenzi, con le critiche o con l’indifferenza?" Signore Gesù, Tu mi ricordi oggi che al di là del ‘è permesso’ o ‘è vietato’ ci sta l’amore che è ben più esigente, ma anche più gioioso di ogni proibizione.
MERCOLEDI’ 19
"E’ LECITO IN GIORNO DI SABATO FARE IL BENE O IL MALE, SALVARE UNA VITA O TOGLIERLA?" (Mc. 3,4)
Se è vero, come dicono una volta a Gesù, che i miracoli poteva farli in qualunque giorno, perché Egli sembra quasi ostinarsi a farli di sabato, scandalizzando religiosi e benpensanti?
Quando Gesù scandalizza, lo fa per il nostro bene, per farci scoprire che le norme vanno bene, sono una guida, quando sono a nostro servizio, ma vanno superate quando c’è un bene maggiore da salvaguardare. Ed è in questo senso che oggi vi propongo questo racconto un po’ difficile e forse anche un po’ scandalizzante.
IL COMANDAMENTO DELLA FRUTTA
In una regione desertica gli alberi erano scarsi e la frutta difficile da trovare.
Si diceva che Dio volesse fare in modo che ce ne fosse abbastanza per tutti, perciò apparve un profeta e disse:
"Questo è il mio comandamento a tutta la popolazione attuale e alle generazioni future: nessuno mangerà più di un frutto al giorno.
Così sia scritto nel Libro Sacro.
Chiunque trasgredirà questa legge sarà considerato peccatore nei confronti di Dio e degli uomini".
La legge fu osservata fedelmente per secoli, finché gli scienziati scoprirono il sistema per trasformare il deserto in terra fertile. La regione divenne feconda di cereali e bestiame, e gli alberi si curvavano sotto il peso della frutta non raccolta.
Ma la legge sulla frutta continuava ad essere imposta da parte delle autorità civili e religiose del paese.
Chiunque facesse notare che lasciar marcire la frutta per terra era un delitto contro l’umanità, veniva tacciato di essere blasfemo e nemico della morale.
Si diceva che questa gente, che metteva in dubbio la saggezza della Sacra Parola di Dio, fosse guidata dallo spirito orgoglioso della ragione, invece che dallo spirito di fede e sottomissione che solo può condurre alla Verità.
In chiesa si tenevano spesso prediche in cui si dimostrava come tutti coloro che infrangevano la legge avessero fatto una brutta fine. Non si accennava neppure al numero altrettanto alto di quanti avevano subito la stessa sorte pur rispettando fedelmente la legge o alla grande massa di coloro che prosperavano nonostante la loro disobbedienza.
Non si poteva far nulla per cambiare la legge, perché il profeta che asseriva di averla ricevuta da Dio era morto da molto tempo. Probabilmente egli avrebbe avuto il coraggio e il buon senso di mutare la legge in base alle circostanze poiché aveva accolto la Parola di Dio non come qualcosa da venerare, ma come uno strumento da usare per il bene del popolo.
Di conseguenza, alcuni disprezzavano apertamente la legge, Dio e la religione.
Altri la violavano in segreto e sempre con un certo senso di colpa.
E la grande maggioranza vi si adeguava in modo rigoroso e si considerava santa solo per il semplice fatto che restavano fedeli ad un’usanza insulsa e superata di cui non avevano il coraggio di sbarazzarsi.
GIOVEDI’ 20
"MA EGLI SGRIDAVA SEVERAMENTE GLI SPIRITI IMMONDI PERCHE’ NON LO MANIFESTASSERO." (Mc. 3,12)
Leggendo i primi capitoli di Marco, in questi giorni abbiamo scoperto tante cose, ad esempio, la buona notizia di Gesù è guarigione dei mali dell’uomo (dalle malattie al peccato), è liberazione da ogni forma di potere e di oppressione,è scoperta dell’altro, è servizio, è liberazione anche dalle leggi religiose quando queste non sono rispettose dell’uomo. Gesù, segno di contraddizione, diventa così prima sospettosamente guardato e poi apertamente contrastato dai ‘guardiani della religione’ e viene invece amato, cercato, osannato dalle folle, dai semplici, dai poveri. Si potrebbe dire: "Meno male. Operazione riuscita. Signore, il tuo Regno è per i piccoli".
Ma Gesù prende le distanze da questo tipo di successo. Non è questo che cerca. E, guarda caso, sono proprio i demoni che Gesù scaccia che gli fanno propaganda, che lo riconoscono Figlio di Dio. L’errore non sta in ciò che dicono, ma nel modo. Noi sappiamo che il diavolo è il Menzognero e colui che divide. Qui dice solo una parte di verità, cioè vuol fare apparire il Cristo come eroe glorioso, "buono, bello, desiderabile", nascondendo il servizio e la croce. Inoltre, la fede non è solo sapere chi sia Gesù, anche i demoni lo sanno, ma credere è sperimentarlo come Colui che mi ha amato e ha dato se stesso per me.
Ecco perché Gesù zittisce i demoni e si allontana dai facili successi. Non vuole ingannare nessuno. Non è venuto sulla terra per fare guarigioni e miracoli a buon mercato e neanche per dare da mangiare gratis agli uomini. Non è venuto ‘per fargliela vedere ai potenti e prepotenti’, non vuole un regno terreno, vuole amare, vuole servire, vuole dare la vita per noi.
Mi fermo e penso: quando la Chiesa, i cristiani, i preti, cercano il successo personale, quando ci si lascia blandire dagli applausi, si è sulla strada giusta? Anche se è una strada difficile da praticare, sono arrivato a questa conclusione: se gli applausi sono solo per te, fai attenzione, forse hai sbagliato qualcosa; in ogni caso, ringrazia, ma prendi le distanze. Se gli applausi attraverso te giungono a Cristo, e se al di là degli applausi le persone giungono a Lui, allora, forse, sei un buon servitore.
VENERDI’ 21
"NE COSTITUI’ DODICI CHE STESSERO CON LUI E ANCHE PER MANDARLI A PREDICARE E PERCHE’ AVESSERO IL POTERE DI SCACCIARE I DEMONI". (Mc. 3,14-15)
Mi sono sempre augurato di avere un potere di sintesi come quello di Marco. In questi due corti versetti è raccolto tutto il senso della missione degli Apostoli, della Chiesa, di ogni credente in Gesù… e, invece, quante parole diciamo per scoprire il "ruolo missionario", per attribuire "gerarchicamente dei compiti", per studiare "strategie pastorali", per "adattare il Vangelo" alla mentalità odierna… mentre i cristiani sono sempre meno, il male e i mali imperano indisturbati e l’annuncio cristiano, a forza di essere "adattato" è diventato un brodino tale che va bene per tutti, ma non piace a nessuno.
Marco, attraverso la sua esperienza e quella di Pietro che è il suggeritore di questo Vangelo, sintetizza tutto il compito dell’apostolo in tre cose: stare con Gesù, predicare il Regno, lottare contro il male. Il cristiano faccia questo, la Chiesa favorisca questo, al resto ci pensa il Signore stesso.
STARE CON GESU’ significa fare esperienza viva della sua persona, significa cercarlo ed incontrarlo nella sua parola, nei Sacramenti, nella creazione e nei fratelli. Stare con Lui è cercarlo nella preghiera come nella vita, è scoprirlo nella sua rivelazione e accettarlo nel suo mistero, è cercare di identificarci a Lui, è avere orecchi per ascoltare e discernere la sua parola, è avere occhi per vedere e per scoprire il suo volto, è mettere i piedi, volenterosi nel seguirlo, nelle sue orme, è avere mani per toccarlo e scoprire che le nostre mani possono, nella carità, farci amare e operare come Lui. Stare con Lui, più che un punto d’arrivo è un costante punto di partenza, pensiamo a quanto dice San Paolo: "Non che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch’io sono stato conquistato da Gesù". (Fil. 3,12)
ESSERE MANDATI A PREDICARE. Lo stare con Lui e l’essere mandati non sono in contrasto: chi sta con Lui, con Lui va. Più uno si stringe al Signore, più la sua azione giunge lontano. E’ falso mettere in opposizione contemplazione e azione, preghiera e vita apostolica. L’unione con Gesù, oltre che principio e fine è anche mezzo della missione: nessuno dà ciò che non ha, e possiamo traboccare solo di ciò di cui siamo ricolmi.
Ma qual è il messaggio da "predicare"? Non è quello che si è sentito, ma ciò che si è sperimentato in prima persona invitando così gli altri a fare la stessa esperienza. E’ far capire, come diceva Gesù, che "Il Regno di Dio è qui".
CON IL POTERE DI SCACCIARE I DEMONI. Noi annunceremo Gesù se, come Lui, combatteremo e vinceremo il male. "Il Regno di Dio è qui", lo capiranno se vedranno che noi non siamo schiavi del male, delle sue tristezze, del suo egoismo, se ci vedranno lottare contro ogni male, ogni ingiustizia, se ci vedranno concretamente dalla parte degli oppressi contro i prepotenti.
E, ultima cosa, se non vogliamo tradire questa pagina di Vangelo, piantiamola di dire che essa riguarda solo gli addetti ai lavori, cioè preti e religiosi. Quei tre compiti spettano a ciascuno di noi: insieme ai nomi di Pietro, Giacomo, Giovanni, Giuda Iscariota, c’è anche il mio e il tuo nome.
SABATO 22
"I SUOI PARENTI, USCIRONO PER ANDARE A PRENDERLO, POICHE’ DICEVANO: E’ FUORI DI SE’ ". (Mc.3,21)
Nella vita sono tante le occasioni di amarezze e sofferenze profonde. Gesù non ce lo ha mai nascosto, e non ci ha neppure illusi dicendoci che con Lui la vita sarebbe diventata facile, anzi, ricordandoci che "il discepolo non è più del Maestro", e parlandoci di quella croce da prendere per seguirlo, è stato chiaro con noi. E una delle amarezze più grandi che Lui ha subito è quella dell’incomprensione dei suoi cari. Qui sono proprio i parenti, i familiari che vengono per portarlo via dalla sua missione, in seguito saranno gli apostoli a non comprenderlo. E quello che fa ancora più male e denuncia la più assoluta incomprensione è che questi parenti lo fanno con le più buone intenzioni: la folla distrugge Gesù, non ha neanche tempo di mangiare, i capi che lo hanno già puntato, prima o poi gli faranno del male…
La storia si ripete anche per noi. Quale amarezza quando è proprio la persona cara, quella con cui hai condiviso le cose più intime che non ti capisce, che ti dà del matto e che, qualche volta, ti tradisce. Ad esempio quanti giovani uccisi nella loro fantasia da regole familiari ferree, o da genitori che vogliono il figlio a propria immagine e somiglianza, quante forme di potere occulto esercitare per ‘la salvaguardia del buon nome’, per la bella figura. Quante persone fatte passare per ‘matte’ solo perché l’amore per Dio le spingeva a compiere cose che altri non avrebbero mai fatto. A quasi tutti i santi è successo questo (ma saranno matti loro che erano felici o noi che siamo ‘equilibrati’, ma sempre arrabbiati?). Pensate: quel prete si interessa ai drogati, ai barboni, ce li porta sotto casa? Cerchiamo di farlo passare per matto, mettiamo su la nomea che è uno che frequenta certi giri.. insinuiamo che, forse, anche lui…; quel gruppo ecclesiale, invece di trovarsi a parlare, a pregare, ha fatto scelte di servizio precise: "Ci danno fastidio, rovinano il buon nome della parrocchia: estraniamoli, tagliamo loro i ponti, lasciamoli morire di morte naturale".
Intendiamoci bene: Gesù non vuole insegnarci la pazzia come metodo; seguire Gesù non significa esaltarsi religiosamente al punto da perdere il senso della realtà, ma significa anche prendere sul serio la proposta di Cristo. Gesù si lascia "mangiare" dalle folle, come continuerà a farsi mangiare nell’Eucarestia. Il credente che vuol seguirlo sa di andare contro la mentalità del mondo e sa che troverà la persecuzione magari proprio da chi gli è più vicino, ma ha talmente nel cuore Gesù che anche in quel momento, soffrendo, è interiormente sereno.
DOMENICA 23 - 3^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ( B)
PRIMA LETTURA (Gio 3, 1-5. 10)
Dal libro del profeta Giona.
Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore:
"Alzati, và a Ninive la grande città e annunzia loro quanto ti dirò". Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, di tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città, per un giorno di cammino e predicava: "Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta". I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.
SECONDA LETTURA (1 Cor 7, 29-31)
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.
Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!
VANGELO (Mc 1, 14-20)
Dal vangelo secondo Marco.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo".
Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: "Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini". E subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.
RIFLESSIONE
La prima cosa che colpisce dopo aver ascoltato le letture di questa domenica è la continuità del messaggio. Giona viene mandato con forza a Ninive, la grande città, con un invito pressante da gridare nelle vie e nelle piazze: "Ninive sta per essere distrutta. Convertitevi!". Giovanni il Battista nel deserto e sulle rive del Giordano predica un battesimo di conversione, Gesù inizia la sua vita pubblica riprendendo proprio le parole di Giovanni: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo". E’ dunque chiaro che il messaggio della conversione sta all’inizio di ogni cammino di fede.
E’ una strada urgente: "Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta", grida Giona percorrendo le tre giornate di cammino per attraversare la grande città; "Il tempo ormai si è fatto breve" e "Passa la scena di questo mondo", ci ricorda San Paolo.
Non sono parole dette per indicarci l’imminenza della fine del mondo, sono parole per dire che qualcosa è cambiato. "Il tempo è compiuto": è arrivato Gesù, il Figlio di Dio, le cose non possono più essere come prima.
Giona non lo aveva capito, infatti era fuggito lontano per non diventare un profeta di sventura, pensava davvero che Dio avrebbe distrutto la città. Ma Dio non è il Dio della distruzione, è il Dio della redenzione. Ninive davvero è stata distrutta, ma perché accettando il messaggio di Dio è cambiata, non è più quella di prima, anche se le mura, le vie, la gente sono le stesse, è cambiato qualcosa dentro.
Pensiamo al tanto declamato giubileo di quest’anno.
Che cos’è? Semplicemente un invito alla conversione anche attraverso dei segni e dei gesti concreti. E’ l’invito ad accogliere i doni di Gesù .
Certamente, se questo diventa soltanto un affare economico, il cuore non cambia, anzi! Se diventa soltanto questione di soldi che entrano nelle tasche della Chiesa vuol dire che la Chiesa non solo non si è convertita ma addirittura ha sfruttato un’occasione di conversione per allontanarsi ancora di più dal Cristo che propone. Se il pellegrinaggio diventa solo occasione di turismo religioso significa che non si è capito il messaggio della conversione a Qualcuno.
La conversione non è soltanto qualcosa di negativo, cioè vedere tutto il male che c’è in noi e nel mondo e allontanarci da esso, è accogliere Qualcuno che passa e che può cambiarti la vita. Avete sentito come Marco, nel suo Vangelo, sintetizza questo nella chiamata dei primi Apostoli.. Gesù passa lungo le sponde del lago di Galilea, il suo sguardo vede e cerca là, nel loro posto di lavoro quei pescatori, la sua parola li chiama ed essi "lasciate le reti" lo seguono.
Conversione non è neanche aver imparato per filo e per segno un mestiere nuovo. Rimangono pescatori di pesci. Diverranno pescatori di uomini solo quando Gesù li manderà.
Il lasciare le reti è solo un segno di quello che è accaduto. Essi, senza sapere come faranno a diventare "pescatori di uomini", gli vanno dietro, si fidano di Gesù, si abbandonano a Lui, si lasciano fare da Lui.
Ma noi abbiamo ancora bisogno di sentire la chiamata di Gesù, abbiamo bisogno di convertirci?
A questo proposito ci si imbatte spesso in due atteggiamenti contrapposti esagerati. C’è chi dice: "Ma insomma, che bisogno ho di conversione? Sono anni che sono cristiano, che credo, vado a Messa… certo, nessuno è perfetto, ma non credo proprio di aver bisogno di conversione, al massimo sono gli altri che devono cambiare, convertirsi". Ma c’è anche chi invece, vede se stesso solo come peccato, quasi che nella propria vita e in quella del mondo non ci fosse altro che negatività.
La vera conversione è movimento, è puntare verso qualcuno.
Ricordate: il figliol prodigo della parabola inizia la sua conversione quando, essendosi ridotto sul lastrico, comincia a pensare a come si stava bene in casa di suo Padre, quando capisce di averla combinata grossa; ma concretamente la sua conversione comincia quando, pur tra molte titubanze, comincia a percorrere il cammino del ritorno verso la casa del Padre.
La conversione di Zaccheo che ha accolto in casa sua Gesù comincia quando concretamente restituisce quattro volte tanto di quanto in precedenza ha rubato agli altri; la conversione della peccatrice è quando si butta ai piedi di Gesù e piangendo glieli lava con le sue lacrime e glieli asciuga con i suoi capelli.
Anche per noi, conversione è quando cominciamo a cercare di pensare come ha pensato Gesù e cerchiamo di fare come ha fatto Lui. E’ cominciare a chiederci nelle situazioni della nostra vita, belle o brutte, facili o difficili che siano: "In questa situazione che cosa farebbe Gesù al mio posto?". Tante volte la risposta sarà immediata, altre volte invece non saprai che cosa rispondere: non spaventarti, continua a seguire il Maestro, prova seguendo sia il tuo cuore che il suo insegnamento. Potrai anche sbagliare, ma con Lui, purché sinceri, anche gli sbagli diventano importanti. Pensa a quegli apostoli: non erano le persone migliori della terra di quell’epoca, non erano i più intelligenti, i più furbi di tutti. Eppure Gesù ha scelto loro e non altri, li ha accettati con i loro limiti, dopo tre anni di vita con Gesù non hanno ancora capito che il vero potere è il servizio, che c’è una croce che li aspetta, ancora chiedono a Gesù: "Mostraci il volto del Padre" e non si sono accorti che chi vede Gesù vede il Padre. E Pietro, che nell’orto degli ulivi, pensa ancora che tutto si possa risolvere con qualche buon colpo di spada? O che si sente talmente sicuro di se stesso per arrivare poi al tradimento solo perché qualcuno gli chiede se viene dallo stesso paese di Gesù? E Paolo non era forse un persecutore di cristiani quando viene chiamato? E i santi, solo perché erano santi non hanno mai sbagliato in vita loro?
Nel desiderio del perfetto non perdiamoci il bene.
Il tempo ormai si è fatto breve: è in questo tempo che posso iniziare o continuare la mia sequela di Cristo.
La conversione è la scoperta che il Regno di Dio è entrato in questo mondo per trasformarlo, che è entrato in me non per distruggermi ma per cambiarmi. Se accolgo questa gioia, questa buona notizia , se mi accorgo che Gesù sta facendo la mia stessa strada per rivolgermi il suo sguardo e la sua parola, il suo invito a seguirlo, mi accorgo allora che anche le piccole reti a cui devo rinunciare per seguirlo non sono poi gran cosa al confronto di ciò che io ricevo e della grazia che Cristo mi fa di esser partecipe nientemeno della sua missione di salvezza e di speranza per il mondo intero.
LUNEDI’ 24
"COME PUO’ SATANA SCACCIARE SATANA?". (Mc. 3,23)
Nell’Antico Testamento e nel Vangelo i poteri del male hanno dei nomi: il serpente, il tentatore, satana (che in ebraico vuol dire avversario), diavolo (che in greco vuol dire calunniatore), Beelzebul, demonio… la personificazione del principio del male è evidente nelle Scritture: ci viene insegnata la realtà del male che, purtroppo, esiste. Anche noi ne facciamo esperienza quotidiana: il male è presente dentro e fuori di noi, incarnato nella tentazione e in coloro che operano il male e peccano scegliendo la violenza e la distruzione, la corruzione e l’ingiustizia, l’odio e il rancore, l’abuso e lo sfruttamento, la violazione dei diritti della persona, l’egoismo e l’indifferenza.
Il male non lo vuole e non lo crea Dio, ma ciò che si oppone a Dio e lo produce l’uomo con l’abuso della sua libertà, cioè con il suo peccato.
Ma può l’uomo vincere il male che vuole dominarlo? Sì, perché Gesù ci è già riuscito: Cristo ha vinto il male, il peccato e la morte. E’ più forte del male che ci opprime, come vediamo chiaramente nel Vangelo di oggi, e da quando Gesù fu capace di vincere il male e il peccato con la sua morte e risurrezione, fondando sulla terra il Regno di Dio, anche il discepolo di Cristo, unito a Lui e compiendo la volontà del Padre, può sconfiggere il male nella sua vita personale e nell’ambiente che lo circonda.
Se, come ha promesso Cristo, il potere degli inferi non potrà sconfiggere la sua Chiesa, non potrà sconfiggere neanche noi, se scegliamo di servire il bene attraverso l’amore che Dio effonde nei nostri cuori con il suo Spirito. Noi ci troviamo continuamente a dover scegliere tra il bene e il male, l’amore e l’egoismo, la benedizione o la maledizione, la vita o la morte. Se scegliamo Cristo, scegliamo l’amore che è l’unica forza efficace contro il male.
MARTEDI’ 25
"ANDATE IN TUTTO IL MONDO E PREDICATE IL VANGELO AD OGNI CREATURA… NEL MIO NOME SCACCERANNO I DEMONI, PARLERANNO LINGUE NUOVE, PRENDERANNO IN MANO I SERPENTI…". (Mc. 16,15-18)
Oggi, guardando alla figura di Paolo, siamo invitati a scoprire l’agire di Dio: Dio ha bisogno di peccatori che si convertano per poter, grazie ad essi, testimoniare il suo Regno. Paolo viene inseguito da Dio che lo ama e quando Paolo non solo si lascia disarcionare da cavallo, ma cede a Gesù, Dio si serve di lui per il suo progetto.
Dio ha bisogno di te, ha bisogno della tua povertà, si serve dei tuoi limiti; se solo sapessimo abbandonarci nelle sue mani, allora Gesù potrebbe dire anche a noi: "Andate!" e non ci fermeremmo a fare tante obiezioni come la non voglia, la difficoltà dell’impresa, la paura, la delusione dei tentativi precedenti non riusciti, il giudicare coloro a cui si dovrebbe andare evidenziando il loro negativo, il ridurre la parola di Dio per renderla più attraente, il pensare di non essere all’altezza del compito affidatoci…Queste sono solo scuse per mascherare la nostra poca fede.
Se è Cristo che ci manda, è Lui stesso che ci dà la sua forza. E’ Cristo che passa, guarda, chiama, manda, sostiene. Se i risultati non saranno quelli che aspettiamo noi, saranno certamente quelli che si aspetta Lui. L’importante è non deludere la chiamata del Signore, anzi sentircene gioiosamente orgogliosi.. E daremmo così a Gesù anche la possibilità di realizzare, attraverso noi i suoi segni. Non pensiamo a miracoli straordinari ma, quando una persona, nel nome dell’amore di Gesù, riesce a perdonare invece di odiare, non è forse un miracolo strabiliante? E' più miracoloso parlare contemporaneamente più lingue o parlare la lingua universale dei gesti dell'amore che sa superare le barriere delle razze e delle divisioni?
Dai serpenti velenosi è meglio stare alla larga, ma a chi è stato morso dal veleno dell’ira, della rabbia, della vendetta, si può dare l’antidoto della comprensione, dell’affetto, della speranza.
E a proposito di mali e di malattie, non è forse già un miracolo vivere senza disperazione un momento di prova, o condividere con serenità e pazienza il proprio tempo con un malato?
E allora, coraggio, se "andiamo" con Gesù, qualche miracolo possiamo farlo anche noi!
MERCOLEDI’ 26
"I RE DELLE NAZIONI LE GOVERNANO, E COLORO CHE HANNO IL POTERE SU DI ESSE SI FANNO CHIAMARE BENEFATTORI. PER VOI NON SIA COSI’." (Lc. 22,25-26)
Questa frase di Gesù è molto dura, però è di un realismo estremo: quasi sempre, sulla terra l’autorità è intesa come il dominio di uomini su altri uomini e questo genera spesso tensioni e lotte: gli uomini si scontrano tra loro per la ricerca del potere, una nazione si oppone all’altra, una razza vuol prevalere sull’altra, spesso si arriva agli scontri sociali, alle lotte di classe, alle ingiustizie, alle guerre. E questo non vale soltanto sul piano militare, economico o politico. Le forme del dominio sono molte e vanno dal campo delle influenze intellettuali, alle relazioni interpersonali, alle stesse strutture familiari. Ogni volta che un uomo, basandosi su qualsiasi tipo di diritto possibile, si serve degli altri per raggiungere i suoi fini, diventa il signore dell’altro ed esercita un’autorità secondo le leggi di questo mondo.
Gesù, partendo proprio da una discussione sorta tra gli apostoli su chi fosse il più grande tra loro, dice chiaramente alla Chiesa di allora e di oggi: "Tra voi non sia così. Chi è il più grande tra voi diventi il più piccolo". Non scimmiottate tra voi il mondo. Non fondate la grandezza e la bellezza del Regno di Dio sulle vostre stupide e cattive categorie umane di potere! Ditemi, non è penoso vedere alcuni preti e vescovi carrieristi? Come è assurdo un prete mandato in una comunità per servire che dica: "Qui il parroco sono io e si fa come voglio io!", come è umiliante vedere dei cristiani in lotta tra loro per accaparrarsi certi ruoli all’interno della comunità.
Gesù ci dice chiaro che l’unica autorità reale è quella di coloro che aiutano gli altri in tutti i modi possibili. Per fare questo non c’è bisogno di nessun diploma ufficiale o permesso. Il primo è colui che serve. E chi vuol conoscere che significa tutto questo deve rivolgersi al grande modello che è Gesù e scoprire nella sua esistenza d’amore agli altri il fondamento e il senso di tutti i poteri della terra.
GIOVEDI’ 27
"SI PORTA FORSE UNA LUCERNA PER METTERLA SOTTO IL MOGGIO O SOTTO IL LETTO? " (Mc.4,21)
Tra le tante cose strane, ma anche belle e originali che fai da giovane, ce ne sono alcune che rimangono con i loro ricordi, come segni nel cammino della vita. Avevo forse 16 o 18 anni quando con un amico decidemmo di passare una decina di giorni in perfetto isolamento in montagna, in una baita. Aveva un soprannome, si chiamava "la latta", perché i vecchi muri di pietra, diroccati dagli anni, erano stati rabberciati con vecchie lamiere. L’esperienza di vivere da soli, nel silenzio della natura, nel dover provvedere a se stessi, senza collegamenti con altri, senza corrente elettrica fu senz’altro molto istruttiva ed esaltante.. Fu durante questo periodo che, cittadino, incominciai ad apprezzare la natura e le cose e vi assicuro che senza radio e senza televisione si passavano magari ore, nella sera, a guardare il fuoco o la luce tremula delle candele o quella più fredda e sibilante della lampada a carburo.
Penso che Gesù si sarebbe trovato male a rifare lo stesso esempio della lucerna se fosse vissuto oggi. La luce elettrica è meravigliosa, pratica ma anche terribilmente fredda, amorfa. Provate a guardare la luce di una candela: debole ma forte, tremolante ma viva, calda e sempre in movimento. Alla sua luce non vedi tutto, ma intuisci, devi ripararla dalle correnti di aria, ma non puoi metterci la mano sopra se no ti bruci…Che esempio meraviglioso per dirci qualcosa della fede e della testimonianza. La fede illumina, ma lascia zone di buio o di penombra, ti fa continuamente aguzzare la vista per vedere meglio, scalda ma ti può bruciare, va protetta per non correre il rischio di spegnersi; mentre brucia, consuma… Non nasconderla, sarebbe come spegnerla, non pretendere che ti chiarisca tutto, lascia che dia calore e colore alle cose, avvicinati ad essa ma non lasciarti bruciare, condividila pure con altri, non perderai nulla e altri potranno gioire di essa.
VENERDI’ 28
"COME UNO CHE ABBIA GETTATO IL SEME SULLA TERRA: DORMA O VEGLI, DI NOTTE O DI GIORNO, IL SEME GERMOGLIA E CRESCE LO STESSO; COME, EGLI NON SA".
(Mc. 4,26-27)Il nostro mondo con la sua terribile logica del guadagno, induce e obbliga all’efficienza. Ci fa credere che tutto sia nelle mani dell’uomo, che tutto dipenda da lui, e se c’è ancora qualcosa di non conosciuto o di (in) spiegato, l’uomo, con la sua intelligenza, ci arriverà, dominerà le malattie, la morte…
Nulla è più vano di questo pensiero, perché il mondo che punta al materiale, che esalta l’intelligenza dell’uomo, ricorre poi, davanti ai grandi interrogativi della vita o allo stordimento o alla ricerca dei più assurdi esoterismi. L’uomo che esalta l’efficienza si trova a combattere l’esaurimento nervoso da stress, l’uomo che ha risposto con abbondanza ai suoi bisogni alimentari adesso è in lotta contro l’obesità e così via.
Gesù, parlandoci del Regno di Dio e affidandocelo perché esso venga, ci ha ricordato che non è l’azione dell’uomo che lo produce, ma la potenza stessa di Dio, nascosta nel seme che poi non è nient’altro che Lui stesso che si offre totalmente per noi e a noi.
Tante nostre ansie per il bene non solo sono inutili, ma dannose. Come il male ha in sé la propria morte e si uccide, così il bene ha in sé la propria vita e cresce da sé in modo inarrestabile.
A Gesù molti fanno fretta; tanti, forse anche noi, vorremmo vedere risultati immediati, sembra invece che le cose siano sempre uguali, che la verità e l’amore non prendano piede, che la fede invece di crescere diminuisca.
Gesù ci vuol far capire che la vita e il suo Regno hanno un proprio ritmo che non si può impunemente affrettare. Già Mosè diceva al popolo ebreo che si trovava davanti il mar Rosso e alle spalle l‘esercito del Faraone: "Non abbiate paura e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi e starete tranquilli", e il salmo 127,2 ci ricorda: "Invano vi alzate presto al mattino e tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: Il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno".
Con questo il Signore non vuol dirci di dormire o di andare a nascondere sottoterra i nostri talenti, ma vuole aiutarci a non preoccuparci inutilmente "come fanno gli empi", e farci comprendere che l’unica strada è quella di volgerci a Dio e fidarsi di Lui; è Lui che salva. Sarà questo lo stesso messaggio che Gesù, in altro modo, darà quella sera ai suoi discepoli quando essi, agitati, cercheranno di darsi da fare in mezzo alla tempesta e Lui invece dormirà tranquillo: l’importante è avere a bordo Gesù.
SABATO 29
"GESU’ STAVA A POPPA, SUL CUSCINO, E DORMIVA". (Mc. 4,38)
L’episodio di Gesù che dorme mentre c’è tempesta sul lago mi sembra possa leggersi come applicazione pratica della parabola che abbiamo meditato ieri. La Chiesa va male, il mondo va male, noi stiamo male e Gesù che fa? Dorme! Ma è Lui che dorme o la nostra fede che si è addormentata? Infatti basta un po’ di fede degli Apostoli (stimolata da una buona dose di paura) a svegliare Gesù e a far sì che la tempesta sia sedata.
Se sfogliamo il libro dei Salmi ci capita spesso di trovare frasi come quella che gli apostoli, spaventati dalla tempesta, hanno rivolto a Gesù: "Signore, svegliati! Perché dormi? Non vedi la nostra afflizione? Non ti importa del popolo che ti sei scelto?". E, anche oggi, in certi momenti della nostra vita, può esserci chiara questa sensazione: "Dio mi ha abbandonato, Dio non ascolta più le mie preghiere!". Se davvero hai caricato Gesù sulla tua barca, non preoccuparti se Lui sembra dormire nel momento della prova. Forse il suo dormire è solo per far scaturire da te la vera preghiera, quella sincera che ti fa sperimentare davvero la tua impotenza e il bisogno assoluto di Lui. Non preoccuparti di disturbarlo, di svegliarlo, di scuoterlo. E anche, se destandosi, ti dirà come ai discepoli: "Non hai ancora fede", poi ti aiuterà a passare in mezzo alla tempesta per giungere "velocemente" al porto.
Il sonno di Gesù mi sembra diventi anche segno della confidenza e fiducia in Dio che ciascuno di noi dovrebbe avere. Se veramente avessimo fiducia in Dio che si prende cura del seme gettato nella terra, quanta agitazione in meno! Un sacerdote da me conosciuto, che ha sempre dato tutto se stesso ma non ha mai perso la serenità, mi diceva: "Sai quanto mi rende sereno sapere che il mondo non sono io a salvarlo, ma lo ha salvato Lui, nonostante me."
DOMENICA 30 - 4^ DOM. DEL TEMPO ORD. ( B)
PRIMA LETTURA (Dt 18, 15-20)
Dal libro del Deuteronomio.
Mosè parlò al popolo dicendo: "Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore tuo Dio, sull'Oreb, il giorno dell'assemblea, dicendo: Che io non oda più la voce del Signore mio Dio e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia. Il Signore mi rispose: Quello che hanno detto, va bene; io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole, che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dei, quel profeta dovrà morire".
SECONDA LETTURA (1 Cor 7, 32-35)
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.
Fratelli, vorrei che voi foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza distrazioni.
VANGELO (Mc 1, 21-28)
Dal vangelo secondo Marco.
A Cafarnao, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare. Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: "Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio". E Gesù lo sgridò: "Taci! Esci da quell'uomo". E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!". La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea.
RIFLESSIONE
Abbiamo sentito nella prima lettura dal libro del Deuteronomio, come Dio prometta al suo popolo un profeta. Immaginiamoci la scena: gli ebrei liberati dall’Egitto, hanno visto segni prodigiosi come l’attraversamento del Mar Rosso o le grandi teofanie del Monte Sinai; si sono spaventati davanti a tanta potenza, hanno paura di vedere Dio personalmente, tra l’altro era viva la credenza che chi avesse visto Dio, sarebbe morto, e allora chiedono che ci sia un intermediario tra il popolo e Dio. Dio, allora, promette che ci sarà qualcuno che parlerà in nome suo. E questa promessa che è già un preannuncio di Cristo, il grande intermediario, si realizzerà poi lungo tutto l’Antico Testamento soprattutto attraverso la figura dei profeti. Quali sono le caratteristiche del profeta?
Prima di tutto è l’uomo di Dio, il dono di Dio. Il profeta non si autorizza da solo ad essere profeta, ma è sempre un ‘chiamato’ a questa missione direttamente da Dio, ed è costituito come dono per il popolo, intermediario sia nel senso che deve portare al popolo con fedeltà la parola che Dio gli ha messo sulla bocca, sia nel senso di portare a Dio le richieste, le aspirazioni, le necessità del popolo o dei suoi re. Il messaggio che il profeta porta non è suo. Quante volte nella Bibbia abbiamo figure di profeti che non vorrebbero dire quanto invece Dio fa dire loro. Il profeta, poi, non è solo uno che parla a nome di, non è un registratore che ripete, è uno che parla con parole, ma anche con gesti che coinvolgono la sua vita personale. Per essere un buon profeta deve amare profondamente sia Dio che l’uomo. E’ uno che deve parlare del futuro interpretando il passato e leggendo il presente della sua storia. Il profeta è poi una persona che deve essere totalmente libera, neppure il potere regale o quello religioso devono impedirgli la sua missione e se questo succede il profeta deve essere disposto a pagare con la propria vita. E’ un provocatore, uno che va a fondo delle cose e non si ferma alle apparenze o alla superficie di esse, è anche umile, perché sa di non portare nulla di suo, non vive di protagonismo.
Se queste sono alcune delle più importanti caratteristiche del profeta subito ci rendiamo conto che chi maggiormente le ha espresse e le esprime è proprio il Messia, il Cristo.
E’ Lui l’intermediario di Dio. E’ Lui il dono di Dio. E’ Lui la vera unica Parola di Dio incarnata, è Lui che ci rivela il volto del Padre senza che noi moriamo, è Lui la parola ultima della storia e perciò ha tutto il diritto di "parlare con autorità", come abbiamo sentito nel Vangelo di oggi (non l’autorità del potere che pure è suo, ma l’autorità di chi sa profondamente e vive ciò che dice) e la sua parola libera diventa anche liberante di quell’uomo posseduto, cioè non libero, occupato e lo rende così disponibile a Dio. Il racconto della liberazione dell’indemoniato sta proprio ad indicare questo: l’uomo che si è chiuso a Dio, è stato occupato dal male, dall’egoismo, da se stesso, dal diavolo, gli hanno occupato la casa, non è più in grado, da solo, di costruirsi con Dio. L’intermediario, Gesù, il Figlio di Dio, gli dà la possibilità di sbattere fuori gli occupanti per ridargli nuovamente la dignità di essere Figlio del Padre.
Ma dopo Cristo ci sono ancora oggi dei profeti?
Il posto dei profeti è stato troppo spesso sostituito da quello dei maestri, e spesso sono stati identificati con i sapienti, ma tutto questo è improprio. L’uomo accademico, qualche volta, sa proporre soluzioni teoriche; esse possono raggiungere il cervello, ma senza toccare gli uditori, le parole riempiono le menti ma sono gli esempi che trascinano. Non sono le considerazioni sulla pace che fermano le guerre, ma i gesti reali di riavvicinamento delle fazioni. Altre volte si è voluto far coincidere il profeta cristiano con il religioso. Anche qui non è detto. Non sempre il religioso è chiamato a fare il profeta, non sempre la gerarchia è libera per accogliere lo Spirito che soffia dove vuole, ma i profeti ci sono ancora oggi, perché ancora oggi continua l’incarnazione di Cristo e Cristo ancora oggi si serve non solo di pastori ma anche di profeti per parlarci.
Come fare, oggi, a riconoscere i veri profeti?
Prima di tutto dubita di coloro che si sono fatti profeti da soli, di coloro che per supposte rivelazioni personali o illuminazioni si sentono autorizzati a parlare in nome di Dio, dubita anche di quei cristiani o di quei gruppi che pensano di avere l’esclusiva di Dio. Il profeta è sempre un chiamato, un dono gratuito di Dio. Spesso il profeta non sa neppure di esserlo o se ne accorge dopo.
Dubita di chi vuole apparire perfetto. Il profeta è sempre uno che lavora nel mondo, quindi le sue mani non sono sempre immacolate. Dubita anche di chi vuol fare apparire perfetta l’istituzione-chiesa, un vero profeta, mandato da Cristo, comincia sempre la pulizia dall’interno.
Dubita di chi, pur di essere alla moda, vuol sempre avere ragione e quindi cade nei soliti luoghi comuni. Il profeta non è alla moda e non va di moda. Pensa a Giovanni Battista che è vestito con peli di cammello e che l’unica volta che entra nella sala del re ci entra solo con la testa.
Chiedi al profeta la coerenza, anzi, il vero profeta, prima di parlare agisce, non è di quelli che dice : "Armiamoci e partite".
Confronta sempre il messaggio di un presunto profeta non solo con le parole del Vangelo, ma con la sua essenza: lì c’è già tutto.
Vedi se il messaggio del profeta libera l’uomo o se lo rende schiavo: Cristo è venuto per liberarci non per renderci schiavi, neanche delle leggi religiose.
Ma saranno pochi o tanti i profeti oggi? A prima vista sembra siano una razza in piena estinzione, ma prova a guardarti attorno: quanta gente che compie gesti concreti di solidarietà, persone che si impegnano nel volontariato, insegnanti che si interessano davvero ai propri allievi, medici coscienziosi che non pensano solo all’onorario… forse basta aprire gli occhi e anche le orecchie per incontrare i profeti, oggi. E già, perchè se vuoi incontrare il profeta devi parlare poco, ascoltare molto, discernere attraverso lo Spirito e lasciarti portare là dove Lui vuole non dove vuoi tu.
Abbiamo in questo una buona Maestra, la Madonna che ha sempre parlato poco, ascoltato molto, meditato tutto. Ci aiuti Lei a riconosce la voce di Colui che viene a salvarci anche nelle voci dei suoi intermediari.
LUNEDI’ 31
"ED ESSI SI MISERO A PREGARLO DI ANDARSENE DAL LORO TERRITORIO". (Mc. 5,17)
"Gesù, ti abbiamo accolto con gioia, pensavamo che un Rabbi come te, venuto in terra pagana, fosse un buon segno; siamo rimasti meravigliati dalla tua lotta contro il maligno e ancora più stupiti dalla guarigione di quell’uomo perduto che nessuno riusciva a contenere… ma, poi sei diventato ingombrante, pericoloso. Chi ci risarcisce del valore di quei 2000 porci?" Così gli abitanti di Gerasa, hanno allontanato Gesù.
E noi che cosa potremmo dire a Gesù? "Signore, ti abbiamo accolto con gioia, con altrettanta serenità abbiamo sentito il tuo messaggio di liberazione; ci sta bene un Padre buono e misericordioso, siamo persino capaci a comprendere se Dio, alla fine, perdona tutti o quasi. Ci piaci, Gesù, quando dai del filo da torcere ai potenti e ai religiosi di professione… ma poi sei diventato ingombrante, esagerato, impossibile: "Va’, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi": ma, Signore, il denaro e le cose che ho sono frutto della mia fatica, e dovrei darle a qualche imbecille che non ha saputo cavarsela da solo? "Porgi l’altra guancia", ma per farmi prendere a schiaffi da tutti?"Perdona fino a settanta volte sette", per lasciare che il male abbia sempre il sopravvento!?
"Prendi la tua croce", ma di croci nella vita non ce ne sono già abbastanza? Io cerco di schivarle le croci, non di andarmele a cercare, anzi, se Tu sei il figlio del Padre buono, dovresti evitarci le croci e non invitarci a caricarcele sulle spalle…
No, non ci siamo! Avevano ragione quei tuoi parenti che erano venuti a prenderti per portarti a casa dicendo: "E’ pazzo!".
Se, ieri, mentre stavamo affogando, abbiamo gridato :"Salvaci!", oggi davanti alle tue esigenze ti diciamo: "Allontanati!". "
E Gesù, venuto a seminare liberazione se ne va. Lascia lì, però, l’indemoniato guarito, perché il segno possa nei geraseni e in noi suscitare qualche ricordo e forse qualche nostalgia.
TRENTUN PENSIERI PER TRENTUN GIORNI
1. ECCESSO
Tre cose bisogna che siano eccessive per essere appena sufficienti: la pietà, la probità, la pulizia. (Numa Buodet)
2. ECCEZIONALITA’
Le cose comuni diventano eccezionali quando avvengono sopra uno sfondo di eccezione. (Thomas Mann)
3. ECCEZIONE
Noi facciamo le regole per gli altri e le eccezioni per noi. (Lemesle)
4. ECOSISTEMA
Non si può strappare un fiore senza turbare le stelle. (F. Thompson)
5. ECONOMIA
L’economia è virtuosa anche perché quello che uno spreca al di là del bisogno lo sottrae ai poveri. (G. Baldo)
6. ECUMENISMO
Ciò che ci unisce è innanzitutto quel che ci manca. Non, come sovente si dice, quello che abbiamo in comune, ma quello di cui manchiamo in comune: manchiamo tutti della gloria di Dio. (Paolo Ricca, pastore Valdese)
7. EDUCATORI
Educare i figli degli altri è facilissimo. Difficilissimo è educare i propri figli.
(Giovanni Guareschi)
8. EDUCAZIONE
L’educazione è una cosa di cuore. Chi sa di essere amato, ama. Chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani. Quando l’amore illanguidisce, le cose non vanno più bene. (San Giovanni Bosco)
9. EFFETTI
Quando due elefanti litigano, l’erba è calpestata. (Proverbio Svahili)
10. EGOISMO
Un bambino dice all’amichetto: "Ti darei volentieri il mio giocattolo, ma non posso: è mio!". (Jules Renard)
11. ELEGANZA
L’eleganza è quella qualità del comportamento che trasforma la massima quantità di essere in apparire. (Jean Paul Sartre)
12. ELEMOSINA
La mano del povero è la banca di Dio. (Adolphe Petit)
13. ELEVAZIONE
Se vuoi vedere le valli, sali sulla cima delle montagne; se vuoi vedere la cima delle montagne, sollevati fin sopra le nuvole; ma se cerchi di capire la nuvola, chiudi gli occhi e pensa.
( K. Gibran)
14. ELOQUENZA
Spesso l’eloquenza è l’arte di far apparire i suoni profondi del torace come importanti comunicazioni del cervello. (Adolfo L’Arco)
15. EMANCIPAZIONE FEMMINILE
Spesso la donna ha perduto in tolleranza quello che ha conquistato in consapevolezza. (Michele Prisco)
16. EMARGINATI
Mi convinco sempre più che gli emarginati non sono la parte malata della società, ma il frutto della società malata. (Dante Clauser)
17. EMOZIONE
Ci sono emozioni così intraducibili che solo un profumo o una musica possono evocarle. (Andrè Espacieux)
18. ENTUSIASMO
Ci comportiamo come se le comodità e il lusso fossero i principali requisiti dell’esistenza, mentre per essere felici ci basta soltanto qualcuno che desti il nostro entusiasmo. (Charles Kingsley)
19. EPITAFFIO
Epitaffio: iscrizione tombale che dimostra chiaramente come le virtù acquisite con la morte abbiano effetto retroattivo. (Ambrose Bierce)
20. EQUILIBRIO
Bisognerebbe essere fermi per temperamento e flessibili per riflessione.
(Luc De Vauvenargues)
21. EQUITA’
Il giusto mezzo per Cristo è terribilmente ad un’estremità. (R. Regamey)
22. EREDITA’
Lascia ai tuoi figli un buon ricordo piuttosto che molto denaro. (Basilio di Cesarea)
23. EREDITARIETA’
Ciascun uomo è un autobus su cui viaggiano tutti i suoi antenati. (Holmes Olivier Wendell)
24. EREMITA
Gli eremiti sono separati dagli uomini in nome degli uomini. Affinché grazie a loro il mondo resti fisso in mezzo al cielo, nel suo centro che è Dio.
(Henry lLe Saux)
25. ERETICO
Eretico è colui che accende il fuoco, non colui che vi brucia dentro.
(William Shakespeare)
26. ERRORE
Fare errori è naturale, andarsene senza averli compresi vanifica il senso della vita.
(Susanna Tamaro)
27. ERUDITO
L’erudito è colui che scrive mille pagine sulla quarta dimensione e ignora come si faccia il pane. (Frattini)
28. ESAGERAZIONE
In tutto quello che è troppo, è difetto. (Seneca)
29. ESAME DI COSCIENZA
Quanto sarebbero buoni gli uomini se ogni sera, prima di addormentarsi, rievocassero gli avvenimenti della giornata e riflettessero a ciò che vi è stato di buono e di cattivo nella loro condotta. (Anna Frank)
30. ESEMPIO
Se cerchi di migliorare una persona dando buon esempio, ne migliorerai due; se cerchi di migliorare qualcuno senza dare buon esempio, non migliorerai nessuno. (Blaise Pascal)
31. ESISTENZA
Bisogna saper fiorire dove Dio ci ha seminati. (Gioacchino Assereto)