Archivio

 
     
     

SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

a cura di don Franco LOCCI

 

AVVENTO – NATALE 1999

 

DOMENICA 28 NOVEMBRE 1999 - 1^ DOMENICA DI AVVENTO ANNO B

1^ LETTURA (Is. 63, 16-17.19; 64, 1-7)

Dal libro del profeta Isaia.

Tu, Signore, tu sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità. Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti… Tu vai incontro a quanti praticano la giustizia e si ricordano delle tue vie. Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. Siamo divenuti tutti come una cosa impura e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia, tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si riscuoteva per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci hai messo in balìa della nostra iniquità. Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci   forma, tutti noi siamo opera delle tue mani.

 

2^ LETTURA (1 Cor. 1, 3-9)

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.

Fratelli, grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo. Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza. La testimonianza di Cristo si è infatti stabilita tra voi così saldamente, che nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi confermerà sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo: fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!

 

VANGELO

Dal vangelo secondo Marco. (Mc. 13, 33-37)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. E` come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!".

 

RIFLESSIONE

 

Non è fuori luogo, nella giornata odierna, scambiarci tra cristiani gli auguri per un Buon anno. Infatti, credo sia risaputo da parte di tutti, che il tempo dell’Avvento che questa domenica ci fa iniziare, è il tempo che apre il nuovo anno liturgico. La Chiesa ci propone ogni anno un cammino di fede, di riflessione e di preghiera attorno al fatto centrale della nostra storia, Gesù Cristo, venuto, vissuto, morto, risorto e così le quattro domeniche che precedono il Natale, il tempo di Avvento, ci invitano all’attesa gioiosa della venuta del Salvatore, aprono proprio l’anno della Chiesa. Ma tutti gli anni sempre la stessa cosa, non è troppo ripetitivo? Vedete, la nostra vita è un susseguirsi di tempi e di momenti: il giorno nasce, si consuma, muore, alle albe si susseguono i tramonti, ai giorni i mesi, nei mesi le stagioni e tutto ritorna ciclicamente al punto di partenza, sempre uguale ma anche sempre nuovo, perché nella nostra vita non c’è una stagione uguale, un anno uguale all’altro, un giorno identico al precedente o un’ora che ripeta esattamente un'altra ora. Anche l’annuncio del mistero di Cristo, la vita della Chiesa, la vita del cristiano è così. Noi viviamo un avvenimento di fede che è già avvenuto: Cristo è già venuto nella carne, è già morto per noi sulla croce, noi siamo già salvati in virtù della sua passione, morte e risurrezione. Di questo facciamo memoria. Ma la nostra storia della salvezza si svolge nella concretezza del presente. E’ oggi che io ricevo il gioioso annuncio che Cristo è venuto proprio per la mia salvezza. E’ oggi che io posso accogliere o meno i suoi doni, è oggi che io posso, rinnovando i suoi doni, accogliere la sua grazia ed essere salvato. Ecco, allora, che la nostra non è solo una memoria di un fatto del passato come possiamo celebrare qualche evento storico, è fare memoria viva. Una memoria che vive nel presente, si nutre del passato ma decisamente, nella speranza punta al futuro: Cristo verrà di nuovo alla fine dei tempi per portare a compimento la sua opera, il regno di Dio e il creato stesso. Paolo, iniziando la sua lettera ai Corinti di cui abbiamo letto un brano nella seconda lettura di oggi, ci ricorda proprio che noi "in Cristo Gesù siamo stati arricchiti di tutti i doni", infatti il far memoria di Cristo, il viverlo nel presente, l’attenderlo nella vigilanza fattiva e gioiosa fanno sì che la Grazia di Cristo possa operare in noi. Ma, sono passati 2000 anni dalla venuta di Cristo e il mondo e i cristiani se ne sono accorti?

Abbiamo ascoltato nella prima lettura che già Isaia si lamentava di cuori induriti, di gente che vaga lontano dalle vie di Dio, di persone che invece di essere splendida veste per Dio sono diventate "panno immondo, cosa impura, come foglie avvizzite portate via dal vento". Il nostro mondo infatti nella sua maggioranza conosce Cristo, vive in ambienti culturalmente impregnati di cristianesimo ma non può dirsi nelle sue scelte cristiano; e noi, i "fedeli seguaci di Cristo" diamo a questo mondo una fedele testimonianza di Lui e della sua parola? Non dovremmo anche noi gridare nella nostra preghiera: "Se tu squarciassi i cieli e discendessi"? Ma è Lui che deve venire o siamo noi che dobbiamo farlo venire? Ecco, Dio ha mantenuto le sue promesse, ha mandato il suo Messia, Suo Figlio, Lui ti ha dato con se stesso le chiavi per leggere la tua storia e la storia del mondo. Di qui l’invito a vegliare. Nel Vangelo abbiamo sentito leggere una delle più piccole parabole, quella che qualcuno ha chiamato la parabola del portinaio che ha il compito appunto di vegliare. Questo compito però non è solo del portinaio: troppo comodo incaricare solamente qualcuno ad essere guardiano della fede. E’ compito di tutti. E vegliare che cosa significa?

1. Non farsi cogliere alla sprovvista.

2. Essere puntuali agli avvenimenti.

3. Camminare verso una meta.

Prima di tutto la sentinella che veglia cerca di aguzzare occhi e udito per essere pronta a dare l’allarme se il nemico si avvicina. E’ ancora l’aspetto negativo del vegliare, ma anche quello che ci deve tenere svegli, attenti a quello che capita, consci che il male in noi e attorno a noi è sempre pronto a rovinare la strada di Cristo. Ma vegliare non significa vivere nell’apprensione. Il padrone che deve tornare non è nostro nemico, è nostro Padre. Dio non pretende che noi siamo degli stakanovisti del Vangelo, gente sempre indaffarata a… ‘muovere aria’, Dio chiede a ciascuno di noi di fare bene il nostro compito, ci chiede di non lasciarci passare il tempo sulla testa, ci chiede di vivere in maniera piena le nostre ore, i nostri affetti, la nostra fede, ci chiede di essere capaci di saper cogliere attraverso i segni dei tempi quelle che sono le sue aspettative e le aspettative dei fratelli che ogni giorno incontriamo sul nostro cammino. Vegliare non è dunque vivere nella paura, ma vivere nella pienezza, non è aver angoscia o guardare solo al futuro timorosi del Giudice terribile che può mandarci all’inferno. Dio non desidera mandarci all’inferno. Gesù è venuto per indicarci una meta gioiosa verso la quale dobbiamo camminare. Quali saranno allora i modi per svegliarci? Noi cristiani dobbiamo cambiare faccia. Cristiani troppo immusoniti, troppo ingessati in formule rituali fatte per abitudine. Quanto è angoscioso entrare in certe chiese dove le celebrazioni si trascinano, dove si parla della gioia della venuta del Salvatore ed è un disco a cantare le lodi del Signore, dove alla fine dell’EucarIstia potresti chiedere che tipo di vestito aveva la moglie del dottore e saprebbero risponderti mentre se chiedi che brano di Vangelo è stato letto non se lo ricordano. Svegliamo un po’ di sorriso, un po’ di attenzione gioiosa al prossimo, un po’ più di coerenza con ciò che professiamo. Impariamo a leggere il positivo: guai ai musoni e ai mormoratori, non dimostrano di aver accolto Gesù e di volerlo attendere per far festa con Lui. Comincia a vedere il positivo che c’è in casa tua, nella tua comunità, perfino in te; parti da questo per creare unione, per superare le barriere, le diffidenze e le differenze. Accogli Colui che è venuto per salvarti, ma impara anche ad accogliere Colui che viene nel povero che bussa alla tua porta, nel malato che ha bisogno del tuo conforto, del familiare, che proprio perché ti è familiare, tu trascuri bellamente. Riprendiamo dunque il cammino con vigore, con gioia e, attenzione: ricordiamoci che mentre noi camminiamo nell’attesa piena di Speranza, anche Dio fa il suo Avvento. Lui che non ha mai smesso di amarci e di cercarci è in cammino verso noi, vigila per cogliere nella nostra vita qualche segno concreto che dimostri il nostro desiderio di Lui, attende con pazienza e misericordia che finalmente con decisione rinnoviamo la nostra adesione di fede a Lui.

 

 

LUNEDI' 29 NOVEMBRE 1999

"MOLTI VERRANNO DA ORIENTE ED OCCIDENTE E SIEDERANNO A MENSA CON ABRAMO, ISACCO E GIACOBBE NEL REGNO DEI CIELI". (Mt. 8,11)

Gesù è davvero fratello di ogni uomo. Nel gruppo dei suoi apostoli ci sono degli zeloti, gente che pensa di cacciare l’invasore romano con le armi, e Lui guarisce il servo di un centurione romano, anzi, porta questo ad esempio di tutti dicendo di non aver trovato una fede così grande in tutto Israele.

I credenti, guardando al loro Maestro, dovrebbero essere gente che supera ogni barriera, persone che riescono a vedere al di là degli schemi, che sanno davvero cogliere il buono, il bello, il fratello in ogni uomo sulla terra.

Lungo i secoli, la Chiesa, per un verso è stata segno per l’umanità intera di questa fratellanza, per altri versi, quando si è dimenticata di Gesù, è stata discriminante. Pensiamo al tempo delle persecuzioni, dove schiavi e romani, ebrei ed ex pagani davano insieme il proprio sangue per testimoniare il Vangelo, e pensate al male che hanno causato invece certe conversioni di massa obbligatorie o certe discriminazioni nei confronti, ad esempio, degli Ebrei (fino a pochi anni fa, con molta carità cristiana, proprio il venerdì santo ci degnavamo di pregare "per i perfidi giudei").

E anche oggi ci sono stupendi esempi di integrazioni, di fratellanza al di là di ogni differenza e invece visioni razzistiche che portano addirittura a lotte e guerre, vedi ad esempio la comunità di Taizet dove l’ecumenismo è da anni abitualmente di casa e vedi le bombe tra cattolici e protestanti in Irlanda.

Ma, attenzione! Anche nelle nostre comunità siamo chiamati a superare le differenze. Può uno che si dice cristiano appendere un lenzuolo bianco al proprio balcone per dire di non volere nel suo quartiere un dormitorio per barboni? Certi gruppi parrocchiali dove viene accolto solo un certo tipo di personaggi e dove chi chiede di farne parte deve mostrare certi requisiti, sono gruppi cristiani o massoni?

E nella nostra vita personale quando "una buona cattolica" da messa quotidiana dice: "Io piuttosto di farmi guardare da ‘una di quelle lì (=collaboratrice domestica filippina), preferisco morire" può pensare di essere cristiana?

Certo, differenze di idee, di modi di esprimersi, di modi di vivere ci sono e sarebbe assurdo non vederli o non avere anche opinioni contrastanti, ma se sapessimo cogliere il buono anche nel diverso non saremmo tutti più ricchi ed anche più fratelli perché Figli di un unico Padre?

 

 

MARTEDI' 30 NOVEMBRE 1999

"GESU’ VIDE DUE FRATELLI, SIMONE CHIAMATO PIETRO E ANDREA SUO FRATELLO E DISSE LORO: SEGUITEMI, VI FARO’ PESCATORI DI UOMINI. ED ESSI SUBITO, LASCIATE LE RETI, LO SEGUIRONO." (Mt. 4,18-20)

La festa di Sant’ Andrea, può aiutarci ad una serie di piccole, ma importanti riflessioni:

Andrea, pescatore di Betzaida era discepolo di Giovanni il Battista. Attraverso l’indicazione di Giovanni riesce ad incontrare Gesù. Appena ha la gioia di questo incontro la comunica a suo fratello Pietro. Nel cammino di fede ciascuno ha bisogno di appoggiarsi su altri e altri hanno bisogno di appoggiarsi su di noi. La mia fede non me la sono data da solo, sono altri che mi hanno guidato e a mia volta, Dio vuol servirsi di me per essere guida a Lui per altri fratelli.

Andrea e Pietro, davanti alla chiamata di Gesù hanno il coraggio di "lasciare le reti e di seguirlo". Anche a noi Gesù dice: "Seguimi, vieni a fare esperienza di me, vieni con me". Dovremmo anche noi avere il coraggio di lasciare le reti, cioè tutto quello che ci invischia nella rete dell’egoismo e dell’autosufficienza per trovare davvero la Sua libertà, la gioia di stare con Lui.

Andrea e Pietro ebbero nella Chiesa nascente compiti diversi. Pietro, proclamato da Gesù la "pietra su cui fonderò la mia Chiesa", sarà fondamento della Chiesa di Roma, mentre Andrea che come suo fratello morirà crocifisso per testimoniare il Vangelo, sarà patrono della Chiesa di Costantinopoli. Nei secoli, per motivi non sempre molto evangelici, ci sono state e ci sono ancora oggi divisioni tra queste due Chiese. Solo ieri meditavamo sul cercare l’unità nelle differenze, possano allora i due fratelli Pietro e Andrea chiedere al Padre e ottenere la buona volontà da parte dei fratelli delle due Chiese per trovare la strada dell’unione.

 

 

MERCOLEDI' 1 DICEMBRE 1999

"I DISCEPOLI DISSERO: DOVE POTREMO NOI TROVARE IN UN DESERTO TANTI PANI DA SFAMARE UNA FOLLA COSI’ GRANDE? MA GESU’ DOMANDO’: QUANTI PANI AVETE? RISPOSERO: SETTE." (Mt. 15,33 - 34)

Quando Dio fa le cose le fa da Dio. Non si accontenta di poco. Ecco perché Isaia quando intravede la liberazione del suo popolo, la vede come un intero monte (quello di Sion) sul quale viene apparecchiata una ricchissima mensa a cui tutti possono partecipare, ed ecco perché il racconto della moltiplicazioni dei pani ricalca questa profezia: un monte, dei prati, una folla di gente di cui il pastore ha commiserazione e cibo abbondante per tutti (se ne avanza ancora).

Questo è il banchetto cui siamo chiamati, è il dono che ci viene preparato anche per questo Natale: il Figlio di Dio, l’immenso, che si dona a noi, che si incarna per farsi pane e parola per il nostro cammino.

E l’enormemente grande del dono parte dall’enormemente piccolo. Per dare da mangiare a tutta quella gente, Gesù vuole avere bisogno della generosità di qualcuno. Per poter guarire gli ammalati, abbiamo sentito all’inizio del Vangelo di oggi, ha bisogno che qualcuno venga a portarli ai suoi piedi; per sfamare le folle ha bisogno che qualcuno rischi i pochi pani di sua proprietà.

E la storia si ripete sempre. Se guardo la vita dei santi scopro con meraviglia e con lode le grandezze dell’opera di Dio che con niente ha fatto cose grandi, che al momento giusto non ha mai fatto mancare loro la sua Provvidenza, basta pensare a don Bosco o al Cottolengo come a Madre Teresa di Calcutta o a Padre Pio.

Ma se rientro anche nella mia piccola storia scopro anche qui, meravigliato, l’opera di Dio. Ad esempio, quando mi sono buttato a condividere qualcosa con i barboni e gli ultimi, mi sono trovato a gestire milioni in loro favore e, quando la cassa sembrava fosse prosciugata, ecco che la generosità di qualcuno la riempiva. Anche attorno a queste piccole, povere pagine prima della Parola al Giorno, ora di Schegge e scintille, quante cose meravigliose ho visto fiorire. Strade e percorsi lunghissimi di questi foglietti che riescono a raggiungere India, Brasile, persino Betlemme, lettere di persone sconosciute e magari lontane che scrivono per chiedere e per ringraziare.

Dio fa davvero ‘cose grandi’, come dice Maria nel ‘magnificat’, ma per farle ha bisogno di me e di te, ha bisogno che mettiamo nelle sue mani quei pochi pani e pesci che abbiamo; dobbiamo smetterla di conservarli gelosamente per un ipotetico domani, lasciandoli così ammuffire: se li diamo ce ne sarà per tutti, in abbondanza.

 

 

GIOVEDI' 2

"CHI ASCOLTA QUESTE MIE PAROLE E LE METTE IN PRATICA E’ SIMILE AD UN UOMO SAGGIO CHE HA COSTRUITO LA SUA CASA SULLA ROCCIA…".

(Mt. 7,24)

Molto spesso, in questi ultimi anni, parlando con la gente, mi è capitato di sentire quanto profonda sia, specialmente in certi nonni e genitori, l’ansia per il domani dei propri figli e nipoti. E la preoccupazione di molti è che non ci sono sicurezze, valori sicuri su cui fondare una vita e a cui ancorarsi nei momenti difficili. "Noi, in fondo, avevamo dei valori a cui credere, delle strutture sociali, magari corrotte, ma garantiste, una Chiesa, magari padrona e intransigente ma con risposte sempre chiare e definitive, un futuro magari buio ma che offriva speranze di miglioramento… oggi, invece, sono caduti capitalismi e socialismi, c’è la più grande incertezza nel lavoro, tutto si fonda sull’effimero, non c’è speranza di un domani migliore, perfino la Chiesa è cambiata, certe cose che sembravano immutabili non esistono più… c’è la massima incertezza in tutto e, allora, si ha l’impressione di costruire sulla sabbia…".

Specialmente nelle epoche più tormentate della sua storia, l’uomo va in cerca di sicurezza e di punti di riferimento e, spesso, quando non trova qualcosa di vero, costruisce queste sue sicurezze sull’immaginario con il rischio che tutta la successiva costruzione, al primo cedimento, crolli. L’unica roccia su cui fondare con sicurezza è Dio, l’immutabile, il fedele.

E, attenzione! Non confondiamo Dio con le Chiese. Esse dovrebbero essere le legittime rappresentanti di Dio sulla terra, ma essendo tante e ciascuna rivendicante di essere l’unica, la vera, proprio per questo lasciano già dei dubbi. Poi le Chiese essendo fatte di uomini portano in sé la debolezza del tempo, della mobilità, del cambiamento; nulla ci scandalizzi di un pensiero teologico che muta nel tempo, di formule morali che trovano applicazioni diverse: sono cose che fanno parte del tempo e portano la crosta dei difetti degli uomini. Solo Dio non muta ma è sempre nuovo, è fedele senza essere conservatore, è rivelazione e mistero contemporaneamente, è Giustizia e Misericordia. Ecco dove avere il punto di riferimento, la roccia su cui costruire e costruire insieme, ed ecco, allora, anche la Chiesa. E anche i ragazzi di oggi, bombardati da mille voci che vogliono acchiapparli per mille motivi diversi, se sanno cercare un po’ più a fondo della superficie, la roccia la possono trovare, quella roccia che non delude.

 

 

VENERDI' 3

"SIA FATTO A VOI SECONDO LA VOSTRA FEDE". (Mt.9,29)

Stupisce sempre l’atteggiamento di Gesù che, davanti ad evidenti richieste di malati come i due ciechi del Vangelo di oggi, spesso si ferma e fa loro delle domande a prima vista assurde, tipo: "Che cosa vuoi che io faccia per te?" o "Credete che io possa fare questo?".

Proviamo a fare un po’ di esame di coscienza sulle nostre domande di richiesta.

Prendo davanti a me uno schema di "Preghiera dei fedeli", uno dei tanti formulari che hanno liturgicamente sostituito il momento in cui i fedeli dovevano esprimere con libertà le loro preghiere. Ma, se volete, lo stesso esame di coscienza possiamo applicarlo ad ogni nostra preghiera di richiesta.

Immaginiamoci dunque la scena: è una domenica qualsiasi, dopo la predica e la recita del Credo, un lettore (guarda un po’, sempre il solito! Eh,… ci tiene tanto!) ha letto le quattro intenzioni a cui un’assemblea più o meno attenta ad ogni "preghiamo"(e fai attenzione a non lasciartene scappare uno fuori posto, se no l’assemblea parte), ha risposto: "Ascoltaci, o Signore". Il sacerdote è già pronto a concludere con l’ultima orazione; le brave donne già mettono mano ai cestini per la questua, quando appare Gesù che dice:

"Un momento, fratelli. Voi, usando un imperativo mascherato da supplica mi avete detto: ‘Ascoltaci, o Signore’, e io, siccome ci sento bene, vi ho ascoltato, ma voi volete davvero che io faccia ciò che mi avete chiesto e credete anche che io lo possa fare?

Mi avete chiesto la pace per quel paese in cui c’è la guerra civile. Credete che io possa darla questa pace oppure mentre la chiedete ragionate dicendo: "Intanto, finché ci saranno quei prepotenti… intanto, finché l’America o la Russia non intervengono… già, poi lì non ci sono neanche i pozzi di petrolio". Io, per potervi ascoltare ho bisogno di uomini di pace e qualcuno di voi invoca: ‘Ci vorrebbe un commando, andare a prendere quei generali, impiccarli davanti a tutti’.

Avete pregato per il Papa, i vescovi, i sacerdoti: Bravi! Fate bene a ricordare e pregare per chi dovrebbe essere il pastore del gregge (ricordatevi però che perché ci siano i pastori occorre che ci sia anche un gregge, se no non avrebbero senso). ‘Perché il ministero del Papa sia fruttifero’, mi avete detto, ma quando lui parla qualcuno di voi dice: ‘E’ un anziano che parla solo più di inferni e paradisi: roba da Medioevo’. Devo o non devo benedirli i viaggi papali se tra quelli che han detto: ‘Ascoltaci o Signore’ c’è chi ne gioisce e li vede come conferma nella fede e altri che li vedono solo come forma di affermazione di potere, manifestazione esteriore, spesa inutile di soldi che era meglio dare ai poveri?

Avete pregato anche per il vostro sacerdote, ma se dovessi davvero ascoltarvi dovrei dare a quel poveretto tante facce quanti sono i suoi parrocchiani, perché ognuno di voi lo vorrebbe a propria misura.

Mi avete fatto ancora due belle richieste che stanno particolarmente a cuore anche a me: per la comunità parrocchiale e per gli ammalati (i morti con relativo elenco di nome, caso mai nella mia Onnipotenza e Misericordia me ne dimenticassi qualcuno, li avete sistemati in altra parte della Messa).

Io vorrei che la vostra comunità fosse unita, vi ricordate che proprio nell’ultima Cena, prima di sacrificarmi ho pregato per questo, ma se già qui in chiesa tu hai cercato quel posto per non stare vicino a quella persona e non correre il rischio di doverle dare la mano al momento della pace!

Io voglio essere presenza consolante, fortificante, guaritrice per i vostri malati, ma tu sei disposto a ‘perdere del tuo tempo’ per rappresentarmi a loro?

Amici, io sono contento quando pregate. Io ascolto ogni preghiera, però, ricordatevi che so anche leggere nei cuori per cui parlate pure, dite tutto quello che volete, ma… pensateci almeno un momento!".

 

SABATO 4

"VEDENDO LE FOLLE NE SENTI’ COMPASSIONE, PERCHE’ ERANO STANCHE E SFINITE, COME PECORE SENZA PASTORE". (Mt. 9,36)

Gesù è davvero figlio del suo popolo e del suo tempo. La figura del pastore era una figura cara ad Israele sia perché la pastorizia era ancora una delle fonti primarie delle sua economia, sia perché la Bibbia, a più riprese, aveva visto nel Buon Pastore la figura di Dio che si prende cura del suo popolo. E Gesù vede la povertà delle masse: mentre il ceto abbiente e il mondo dei religiosi vivono bene, commerciando con l’invasore romano oppure vivendo all’ombra del ricco tempio, il popolo, i contadini, i pastori sono poveri, gabellati da tutti, abbandonati con disprezzo nell’ignoranza, sfruttati come salariati, costretti a forme di servaggio molto vicine alla schiavitù.

Gesù ha davanti agli occhi questa massa di poveri: sono il suo popolo, sono coloro per i quali è venuto a dare la vita, e allora lascia andare il suo cuore in un sospiro di compassione. Ma noi sappiamo che la compassione per Gesù non è mai solo un sentimento, per Lui sentire compassione e agire sono un tutt’uno, ed ecco come Gesù concretizza:

Preghiera: davanti all’impotenza, non perdete la vostra fiducia. Non avete nulla ma avete Dio dalla vostra parte. Gesù non solo prega col suo popolo perché vi siano operai per il suo Regno, ma subito ne manda dodici, cioè tutti i suoi. Attenzione a quando leggiamo questa pagina e subito pensiamo alla carenza di sacerdoti o all’opera dei missionari che partono per andare a battezzare il negretto. Qui, Gesù ne aveva dodici e dodici ne manda. Per Gesù la vocazione non è questione di gradi della gerarchia (il popolo, di capi che comandano non ne ha bisogno, ne ha già fin troppi), ma è un impegno che ogni credente deve sentire proprio. Gesù dà dei poteri concreti da esercitare a favore del popolo:

Scacciare i demoni, cioè lottare per liberare dalle catene del male e del maligno. Non sarà, oggi, ad esempio, l’impegno cristiano per una politica più giusta, per una liberazione dagli sfruttamenti economici e morali? Guarire ogni sorta di malattie. Non sarà farsi ultimi con gli ultimi, mettendosi dalla parte di coloro che non hanno diritti? Annunciare il Regno. E qui mi ha sempre colpito che il sunto della predicazione è brevissimo: "Predicate che il Regno dei cieli è vicino". Poche parole, tanto esempio; prediche corte ma solidarietà in abbondanza.

 

 

DOMENICA 5 - 2^ DOMENICA DI AVVENTO ANNO B

PRIMA LETTURA (Is 40, 1-5.9-11)

Dal libro del profeta Isaia.

"Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù, è stata scontata la sua iniquità, perché ha ricevuto dalla mano del Signore doppio castigo per tutti i suoi peccati". Una voce grida: "Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia colmata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in pianura. Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà, poiché la bocca del Signore ha parlato". Sali su un alto monte, tu che rechi liete notizie in Sion; alza la voce con forza, tu che rechi liete notizie in Gerusalemme. Annunzia alle città di Giuda: "Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza. Ecco, egli ha con sé il premio e i suoi trofei lo precedono. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul seno e conduce pian piano le pecore madri".

 

SECONDA LETTURA (2 Pt 3, 8-14)

Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo.

Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell'adempiere la sua promessa, ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c'è in essa sarà distrutta…. Perciò, carissimi, nell'attesa di questi eventi, cercate d'essere senza macchia e irreprensibili davanti a Dio, in pace.

 

VANGELO (Mc 1, 1-8)

Dal vangelo secondo Marco.

Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come è scritto nel profeta Isaia: Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri; si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico e predicava: "Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo".

 

RIFLESSIONE

 

Il Vangelo che abbiamo appena letto ci dà i temi per unificare i messaggi che la parola di Dio ci vuole rivolgere in questa seconda domenica del nostro cammino di Avvento. E’ l’inizio del Vangelo di Marco. E’ Marco che, conquistato da Gesù, decide di comunicare per scritto la buona notizia che ha fatto di lui un cristiano.

C’è una buona notizia da diffondere. Non è una notizia qualunque. E’ la notizia della fedeltà di Dio che per amore dell’uomo si fa uomo, è la buona notizia della liberazione dal peccato. "Ecco, il Signore viene con potenza, con il braccio Egli detiene il dominio" scriveva Isaia. Questa è la buona notizia. E’ vero: nel mondo ci sono tanti problemi quali la droga, la violenza, la fame, l’inquinamento, i rapimenti… Ma il Signore non teme tutto questo, non si ritira stanco e schifato dalla nostra terra. Egli desidera venire di nuovo fra noi come colui che è forte contro il male, come Colui che fa di tutta l’umanità una sola famiglia, come colui che si prende cura dei deboli: "Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri". Questo è il motivo della nostra gioia! Di fronte alle tante brutte notizie del nostro mondo, non scoraggiamoci, né lasciamoci frenare dal male perché non siamo soli: il Signore ci viene incontro ci offre la sua mano, lotta con noi per un mondo carico di frutti di pace e di bene come ci ha fatto pregare il salmo. Ecco perché nella Messa ci sentiamo ripetere più volte quel saluto e quell’augurio: "Il Signore sia con voi", ecco perché pregando come Gesù ci ha insegnato diremo: "Padre nostro… venga il tuo regno", e poco dopo , "Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli".

E’ ancora Isaia che ci fa capire la portata di questa buona notizia. Egli era prigioniero in Babilonia con tutto il popolo degli Ebrei, lontani da casa, prigionieri, senza una identità religiosa. Dio gli dice che attraverso Ciro libererà il suo popolo. Salga Isaia su un monte, convochi il popolo e annunci questa consolazione del Signore: la liberazione è vicina. Se avete mai incontrato qualcuno che abbia fatto la terribile esperienza dei campi di concentramento, chiedete loro che cosa abbia significato riprovare la gioia della libertà, l’intraprendere il lungo cammino per poter tornare a casa a vedere una moglie, una mamma, gli amici, il paese. E questa libertà e questo ritorno si fondano su Dio stesso, sulla sua pazienza: "Dio usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi", ci ricorda la lettera di Pietro. Si tratta allora di "preparare la strada", di "raddrizzare i sentieri", il che non è un’impresa facile, ma diventa esaltante perché questa strada da aprire nel deserto, porta a casa. Nel deserto sembra impossibile preparare una strada. Il deserto di Giuda è formato da scoscese montagne e profondi avvallamenti. E’ un po’ l’immagine dell’uomo instabile, spesso soggetto di sentimenti di amore e di vendetta, di tenerezza e di rabbia, di violenza e di odio. Anche qui è necessario un intervento di Dio, perché Lui solo può fare per noi l’impossibile ("l’abbassare i monti", "il riempire le valli"), là dove la natura, l’uomo, il peccato, la morte ci sono diventati avversari e nemici. Se Dio interviene l’uomo acquista la capacità di andargli incontro, di "preparargli la strada", di "raddrizzare i sentieri". Tutto questo è la conversione che predica Giovanni Battista per invitarci ad accogliere Colui che viene. Dio la sua parte la fa, ma tu devi fare la tua. La conversione non è qualcosa di moralistico (non faccio le marachelle, cerco di fare il buono), è un ribaltamento di mentalità, è un pensare non più da schiavo ma da persona libera, è un fare un’inversione totale di marcia.

E in questo ci aiuta la figura di Giovanni il Battista. Non è di certo una figura allettante. Il suo modo di comportarsi non attira la nostra benevolenza. Mentre i predicatori vanno nelle piazze, lui sceglie il deserto per parlare, mentre essi cercano il numero degli uditori e li blandiscono perché vadano a sentirli, lui si mette a predicare nel deserto: chi vuole sentirlo si scomodi lui ad andare là. Mette subito in chiaro di non essere lui il Messia, lui corre prima, è il precursore di "colui che è più forte di me e al quale non sono degno di sciogliere neanche il legaccio dei sandali", lui battezza con l’acqua del Giordano, quello che lui annuncia "con la forza dello Spirito Santo". Anche il suo modo di vivere è alquanto insolito. Abbiamo sentito la descrizione: "era vestito di peli di cammello" (se qualcuno di voi ha anche solo fatto l’esperienza di toccare o di salire su un cammello sa che non è lana d’angora), "con una cintura di pelle attorno ai fianchi" (non una cintura come intendiamo noi, magari per legarci il sacchetto delle offerte, ma una specie di perizoma molto grezzo) e, sentite il suo menù: "si cibava di locuste e di miele selvatico", il cibo dei beduini poveri del deserto per garantirsi la sopravvivenza. Ci aspettavamo il Messia ed è arrivato un uomo. Si annuncia la gioia e il suo modo di presentarsi sembra invece richiamare alla tetraggine e alla paura.

Lo sposo che arriva porta la gioia, ma per poterlo accogliere bisogna mettere l’abito nuziale e Giovanni invitandoci al deserto, luogo dell’incontro tra l’uomo e Dio, luogo della riflessione e della preghiera ci dice che accogliere Gesù è una grande gioia, ma richiede serietà ed impegno. Con la sua austerità non vuole dirci che per parlare con Dio, incontrarlo dobbiamo essere tristi e mesti, ma dobbiamo essere seri.

Il nostro avvento prosegue e ormai ogni giorno siamo martellati dalla pubblicità che ha ridotto il Natale alla festa dei consumi e dei regali, ci aiuti in questa settimana il pensiero di Giovanni che prende sul serio la sua missione di profeta e di precursore, che a Gesù non regalerà niente, anche quando lo incontrerà, ma gli regalerà la vita e Gesù dirà di lui: "Tra i figli di donna non è mai nato nessuno più grande di Giovanni", ma subito aggiungerà, "ma anche il più piccolo del regno dei cieli è più grande di Lui", e questo lo ha detto proprio per noi, per aprirci alla speranza, per consolarci, per dirci che con Lui anche l'impossibile diventa possibile.

 

DA UN OMELIA DEL CARDINAL MARTINI (1983)

Si legge in un racconto che un giorno Gesù tornò visibilmente sulla terra: era Natale e c’erano molti bambini riuniti per una festa. Gesù si presentò in mezzo a loro che lo riconobbero e lo acclamarono. Poi, uno di loro, cominciò a chiedere che dono Gesù avesse portato e a poco a poco tutti i bambini gli chiesero dove fossero i doni. Gesù non rispondeva e allargava le braccia. Finalmente un bambino disse: "Vedete che non ci ha portato niente! Allora è vero quello che dice mio papà: che la religione non serve a niente e non ha nessun regalo per noi". Ma un altro bambino replicò: "Gesù allargando le braccia vuol dire che ci porta se stesso, che è Lui il dono, è Lui che si dona a noi".

 

 

LUNEDI' 6

"UOMO, I TUOI PECCATI TI SONO RIMESSI". (Lc. 5,20)

I Vangeli di questo tempo di avvento ci delineano volto e caratteristiche di Colui che noi attendiamo. Oggi ci dicono chiaramente: Gesù è Colui che ha il potere di dire: "Ti sono rimessi i peccati".

Anche noi possiamo rimanere stupiti e meravigliati come gli scribi e i farisei di allora davanti ad un seguace di Cristo che dice ad un altro uomo: "Nel nome di Gesù i tuoi peccati sono perdonati", eppure questo è proprio l’essenza della Incarnazione. Se sono onesto e coerente, davanti alla santità di Dio, alla sua verità, giustizia, al suo amore, io sono un povero peccatore egoista, uno che storicamente (cioè come appartenente a questa umanità peccatrice) e personalmente non può perdonarsi da solo né tantomeno accampare diritti nei confronti del perdono di Dio.

Gesù, invece può accampare questi diritti perché Lui è il Figlio di Dio, puro e perfetto che, davanti al desiderio del Padre ha detto: "Eccomi, manda me!". E’ Colui che si è fatto peccato per noi, Lui, Agnello innocente, si è fatto condurre al macello dopo essersi caricato di ogni nostra colpa passata o futura. Tutto questo male lo ha portato alla morte e alla morte di croce. Ma proprio mentre moriva ha fatto morire con Lui il male per cui noi, guardando a Colui che hanno trafitto, abbiamo la sicurezza, non per i nostri meriti, ma per dono gratuito Suo, di essere perdonati in modo pieno da ogni colpa e peccato. E tramite Gesù, questo perdono, garantito dal ministero sacerdotale attraverso il sacramento della penitenza e attraverso tutte le strade che la fantasia della misericordia di Dio ha creato, giunge realmente a noi.

Ogni volta che alzo la mano a tracciare quel segno di croce che dice assoluzione, mi chiedo: "Chi sono io per perdonare i peccati?". Ma poi mi tranquillizzo rispondendomi: "Io non sono proprio nulla se non ministro di Cristo. E’ Lui che perdona. E’ Lui che ha portato tutti i peccati. E’ Lui che "morendo ha distrutto il peccato e risorgendo ha ridato a noi la vita" e allora non ho più alcun diritto ad aver dubbi sul perdono dato e sul perdono ricevuto.

 

 

MARTEDI' 7

"IL PADRE VOSTRO CELESTE NON VUOLE CHE SI PERDA NEANCHE UNO SOLO DI QUESTI PICCOLI". (Mt. 18,14)

Isaia, nella prima lettura di oggi, ripete, a nome di Dio, parole di consolazione per il suo popolo, e che cosa c’è di più consolante dell’affermazione di Gesù che meditiamo oggi?

Nella mia educazione religiosa sono stato cresciuto con l’idea di Dio giustiziere e carabiniere.

Quando, bambino, combinavo qualche marachella non solo venivo giustamente punito per indirizzare la mia vita e le mie scelte al bene ma: "Facevo piangere Gesù" ed era meglio che stessi attento perché se giungeva la sua punizione sarebbe stata ben peggio di quella dei miei educatori.

Dio, poi, me lo trovavo sempre impalato davanti ad ogni cosa appetibile: "Non si può, non si deve". Un Dio serio, con tanto di libro in mano dove scriveva (come a scuola) su due colonne ben distinte le buone e le cattive azioni.

Così anche la confessione era un tribunale a cui presentare i libri contabili e la dichiarazione di fallimento nella speranza di poter riscattare il tutto con un po’ di Ave Maria e di Padre nostro.

Ricordo poi le scene agghiaccianti (qualcuno di quei predicatori doveva essere poco equilibrato ed anche abbastanza sadico) della conclusione degli Esercizi Spirituali quando, parlando del giudizio universale, dell’inferno, purgatorio e paradiso venivano fuori racconti che davano chilometri alla già sbrigliata fantasia dantesca. E cosa dire della paura o quasi terrore che ci veniva addosso, quando l’ultima domenica del mese, nella chiesa semibuia si

faceva "l’apparecchio alla buona morte" dove, tanto per gradire, si parlava di braccia e gambe rigide nel rigore della morte, di occhi fuori delle orbite, e allora davvero: "misericordioso Gesù, abbiate pietà di noi".

Per anni, e forse in certe occasioni, anche adesso, non ho amato Dio, ho avuto paura di Lui.

Eppure tutta la storia di Gesù dice il contrario. Gesù è stato mandato ed è venuto per salvarci, non per mettere ulteriori ostacoli alla nostra salvezza. Ha accettato la strada della condivisione di ogni nostra realtà, si è messo alla nostra ricerca come il buon pastore alla ricerca della pecora perduta; fa festa quando riesce a riportare qualcuno all’ovile; non è venuto a mettere pesi sulle nostre spalle, anzi, ci ha liberato da legalistiche norme morali. Ci ha presentato Dio non solo come l’Altissimo, l’Onnipotente, il Giudice ma anche come la Misericordia e l’Amore. Ci ha parlato di un Padre che vuole bene a tutti i suoi figli e, se ha qualche preferenza, questa va ai più deboli e agli scappati di casa.

Vederlo Padre, non toglie autorità a Dio, non muta il suo essere Giusto, non cambia di una virgola il suo indicarmi la strada morale di comportamento, mi aiuta però ad avere un rapporto sereno con Lui.

Io, al mio padre terreno ho voluto bene anche se più di una volta, avendo pensieri diversi dai suoi, ho pure litigato e anche se qualche volta l’ho disobbedito offendendolo; ma sapevo che al di là di ogni differenza e di ogni offesa, potevo sempre contare sul suo amore. Il buon Dio è così con me e con ogni uomo.

 

 

MERCOLEDI' 8 - IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

1^ LETTURA ( Gn 3,9-15.20)

Dal libro della Genesi

Dopo che Adamo ebbe mangiato dell'albero, il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?". Rispose: "Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto". Riprese: "Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?". Rispose l'uomo: "La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato". Il Signore Dio disse alla donna: "Che hai fatto?". Rispose la donna: "Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato". Allora il Signore Dio disse al serpente: "Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno". L'uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.

 

2^ LETTURA (Ef 1, 3-6.11-12)

Dalla lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini

Fratelli, benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto; nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia…

 

VANGELO (Lc 1, 26-38)

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio". Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei.

 

RIFLESSIONE

 

Quando un bambino comincia a balbettare le prime parole, normalmente dopo : "Mamma e papà" che mandano in solluchero i genitori, una delle prime parole che impara a dire è "Bello!". Il bambino, l’uomo ha bisogno del bello, del puro, del semplice, del pulito, è un po’ come il bisogno dell’aria per respirare.

La festa di oggi è questo posare gli occhi su qualcosa, o meglio, su qualcuno di bello e di puro, di incontaminato.

Il mondo in cui viviamo si presenta a noi nella sua complessità meravigliosa, ma anche con tutte le brutture che l’uomo vi ha potuto infliggere. La festa di oggi sta a dire la speranza fondata in Dio che in mezzo a queste brutture ci sia qualcuno di bello e di pulito.

Perché la luce possa illuminare occorre che ci siano tenebre da fendere. Per credere alla Redenzione occorre credere al peccato.

Sembra la cosa più assurda non credere al peccato in quanto ogni giorno facciamo mille esperienze del male imperante nella nostra vita, della cattiveria, dell’egoismo, della violenza e della brutalità. Eppure molte persone preferiscono non chiamare queste cose col nome di peccato quasi fossero semplici incidenti di percorso. Il peccato purtroppo c’è. Lo troviamo dentro di noi e ci è difficile vincere la sua tentazione. Lo troviamo attorno a noi e vediamo quanta sofferenza ingenera, lo troviamo nelle sue conseguenze dolorose anche presente nella natura.

In mezzo a tutto questo chi è l’Immacolata? E’ Colei che, "in previsione della morte e risurrezione di Gesù è stata graziata dal peccato. Non che Maria sia stata esentata da tutte quelle che sono le nostre esperienze di dolore, Maria è stata preparata con Grazia dal Padre e dallo Spirito ad essere la Madre del Figlio di Dio incarnato.

Se ci dicessero che deve venire a casa nostra un ospite illustre noi ci prepareremmo ad accoglierlo degnamente.

Quando deve venire il Vescovo in una parrocchia (qualche volta perfino con ipocrisia) si cerca di fargli vedere il meglio, si organizza un comitato di accoglienza, i cerimonieri ufficiali si sfregano le mani: c’è pane per loro.

Dio, preparando la venuta di suo Figlio non si è preoccupato troppo di tanti particolari, gli è andata bene anche una grotta di pastori per nascere, non si è preoccupato di un servizio di vigilanza, bastavano la vigilanza e il calore di una asino e un bue, se pur c’erano. Dio si è preoccupato di preparare una persona che accogliesse ed offrisse degnamente il proprio corpo al Figlio che veniva a donare se stesso all’umanità ed ha contemplato l’umanità semplice di questa donna meravigliosa e si è compiaciuto di Lei.

E Maria si è lasciata trovare.

Abbiamo sentito nella prima lettura che Eva ed Adamo dopo il peccato si scoprono nudi ed hanno paura di farsi vedere così da quel Dio amico che la sera amava passeggiare nel suo giardino in compagnia della sua creatura, e vanno a nascondersi, cercano di sfuggirgli. Maria invece si fa trovare da Dio. E si fa trovare non tanto come una che ha tante cose da fare, ma come una che si lascia fare da Dio. Dio la trova disponibile cioè attenta, preoccupata ma fiduciosa. E’ una che è stata preparata, ma anche che si è preparata, se riesce a leggere quanto le sta succedendo con umiltà, con profondità, in perfetto accordo con la Sacra Scrittura.

E allora, Maria, oggi nella festa del bello e del puro, in quella boccata d’aria pulita che sei tu per il nostro mondo, mi rivolgo a te Madre di Gesù e Madre nostra.

Tu sei una di noi, sai davvero che cosa voglia dire lottare ogni giorno per le piccole cose, sai che cosa voglia dire gioire dei doni di Dio, sai che cosa voglia dire piangere per le persone care: Tu ci capisci profondamente.

Ma tu sei anche meglio di noi. Tu sei la piena di grazia. Non solo la bella di dentro e di fuori, ma anche la piena di Spirito Santo, anzi sei opera dello Spirito che ti ha plasmata che "ha guardato alla povertà della sua serva" ed ha fatto cose grandi e meravigliose in te: Tu sei piena dei suoi doni, ma questi doni non si fermano a te, si riversano su di noi. Tu per Te non trattieni niente, sei tutta per Tuo Figlio e per i tuoi figli che siamo noi.

Maria, insegnaci a saper amare e cercare tutto quello che è bello, insegnaci a non deturpare maggiormente la natura che ci è stata data, insegnaci a non profanare e vendere i nostri corpi meravigliosi e le nostre anime ancora più belle perché tempio dello Spirito Santo.

Insegnaci a farci trovare da Dio. A non aver paura di Lui, a non nasconderci dietro scuse, a non essere altrove quando Lui ci cerca per mandarci a qualche fratello.

Donaci di avere speranza nella misericordia di Dio ed anche nell’uomo. Aiutaci a credere che dal cuore di ogni uomo possono sgorgare cose meravigliose per il bene di tutti.

Donaci un po’ di silenzio e di riflessione perché i fatti che succedono nella nostra vita non ci passino sul capo senza essere letti nella volontà di Dio.

Chiedi al Signore per noi, specialmente in questo momento di preparare il cuore alla venuta di tuo Figlio anche in questo Natale. Se il mondo pensa solo a festeggiare spendendo e spandendo, tu aiutaci a preparare non cose pur belle come presepi e alberi di grande, Gesù che viene a renderci santi e immacolati, partecipi della santità stessa di Dio.

Maria, tu sei Colei che ha ricevuto e che ha dato, tutto hai avuto gratis e tutto gratuitamente hai donato, apri ancora le tue braccia e donami Gesù, perché possa perdonarmi e perché a mia volta io lo possa offrire ai miei fratelli ogni giorno.

Non solo fa che gioisca dei tuoi doni perché tu anticipi in te stessa i doni della Redenzione che aspettano anche noi, non solo fa che senta anch’io il desiderio di purezza e di bellezza, ma fa che Colui che viene possa trovare in me le tua stessa disponibilità. Aiutami a dire convinto: "Eccomi, sono il servo del Signore, avvenga di me secondo la tua parola". Amen!

 

SE VUOI CONOSCERE IL FIGLIO INTERROGA LA MADRE

Volevo credere con fede giusta, ma molti eretici avevano confuso le mie idee. Mi tormentavano queste domande: "Gesù era veramente uomo? Aveva un corpo reale? Se è nato da Maria, come poteva essere Figlio di Dio? Cercavo con tormento la vera dottrina quando una notte sognai San Giovanni Apostolo che mi disse così: "Non temere! Sono stato mandato a te per istruirti sulle verità che riguardano Gesù". Sollevando lentamente la mano mi indicò una figura di donna meravigliosa, apparsa accanto a lui. Allora vidi in tutto il suo splendore Maria!. S. Giovanni Apostolo, continuò, sempre indicandomi la Vergine Santissima: "Ella manifesta il mistero di Cristo Gesù. Essendo Vergine, il Figlio suo è veramente Figlio di Dio! Essendo Madre, il Figlio suo è veramente Figlio dell’Uomo. In Lei trovi tutta la verità su Cristo". Io ero beato in quella visione, quando per ordine della Vergine Maria, l’Apostolo Giovanni s’avvicinò a me, e sotto il suo materno sguardo mi insegnò il Credo senza errori. (San Gregorio Taumaturgo)

 

 

GIOVEDI' 9

"IL REGNO DEI CIELI SOFFRE VIOLENZA E I VIOLENTI SE NE IMPADRONISCONO". (Mt. 11,12)

Abituati da una certa mentalità che ha dolcificato, a volte fino alla nausea, la religiosità e il cristianesimo, quando siamo interpellati da certe pagine evangeliche, ci troviamo in difficoltà nel comprenderle. "Il Regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono". Ma, come? Se il Regno dei cieli è amore, se il Vangelo è pieno di insegnamenti sulla carità, sul perdono, sul "porgere l’altra guancia"? Qual è la violenza di cui parla Gesù? Non è certamente quella delle armi, della forza bruta, direi piuttosto che è la violenza che viene dalla fortezza. Alcuni esempi:

Per credere e affermare che l’uomo potrà sempre vivere in pace con tutti, ci vuole un’enorme violenza contro se stessi, portati dalla ragione e dalla storia a credere il contrario; per avere questa fede bisogna fondare la speranza con fermezza su Dio.

Per credere che si potrà vincere un proprio difetto occorre sia fermezza nel proposito che fermezza nell’appoggiarsi a Dio.

Giovanni il Battista, elogiato oggi nel Vangelo da Gesù, non annuncia la venuta del Salvatore tanto perché la gente commossa si metta a preparare il presepio, o per attutire le rabbie represse di un popolo occupato, dicendo: "Adesso che arriva il Messia ci penserà Lui a mettere a posto le cose con i Romani". Giovanni è un uomo austero che parla di tracciare strade nel deserto, di riempire valli, di tagliare montagne. E’ l’ uomo che si gioca la testa a gridare ad Erode: "Non ti è lecito!" E’ l’uomo che nonostante i dubbi (ricordate? Quando sarà in prigione manderà dei messaggeri da Gesù per chiedergli se davvero è Lui il Messia) non si tira indietro. E’ uno che fa violenza a se stesso e che fa violenza al Regno, cioè, lo fa venire più in fretta.

Così è di ogni cristiano che prende sul serio il Regno di Dio. Deve far violenza a se stesso per usare le armi della carità e dell’amore in un mondo che appena può ti sbrana, deve far violenza a se stesso per non ritirarsi davanti agli insuccessi, memore dell’altra parola di Gesù che dice: "Chi pon mano all’aratro e poi si volge indietro non è degno di me", e fa violenza al Regno perché ogni atto di amore, di giustizia, di fedeltà è un passo che il Regno fa ed è un po’ come se ripetesse in concreto quella preghiera accorata che conclude l’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse: "Vieni presto, Signore Gesù!".

 

 

VENERDI' 10

"VI ABBIAMO SUONATO IL FLAUTO E NON AVETE BALLATO, ABBIAMO CANTATO UN LAMENTO E NON AVETE PIANTO". (Mt.11,17)

Quando leggo questa parabola mi colpisce subito un pensiero. Se Gesù ha colto questo aspetto del gioco dei bambini, vuol dire che anche Lui, da bambino ha giocato. E questo mi piace e mi consola perché sento davvero in Lui il Dio con noi che come un bambino semplice e innocente si diverte correndo e giocando. C’è un racconto di Guareschi (reso magistralmente nel film da Fernandel) dove don Camillo, per fare un piacere al suo amico-nemico Peppone, accetta di recarsi al collegio della città per fare una bella paternale al figlio di Peppone che non studia. Appena cerca di dare il via alla lavata di testa il bambino lo interrompe: "Posso fare una corsa?"… e dopo la corsa viene la scivolata sul ghiaccio, la ricerca dei nidi, il giocare a rimbalzello con le pietre, sul fiume… E quel pretone, intabarrato in una mantellina nera che davvero lo fa somigliare ad un corvaccio, ridiventa bambino.

Gesù davanti agli atteggiamenti seriosi dei malcontenti strappa davvero un sorriso, anche ironico, raccontando questi giochi da bambini. Non vorrà forse dirci quanto siamo stupidi quando non sappiamo apprezzare la vita e magari davanti ad alcune prove che incontriamo in essa preferiamo sederci corrucciati a lamentarci e nello stesso tempo perdiamo proprio il treno della vita? Oppure che, siccome nella vita c’è qualcuno che esagera nei godimenti, rischiamo di diventare i moralisti bacchettoni che vedendo male dappertutto preferiscono chiudersi isolati nella loro torre d’avorio?

E con Dio non corriamo il rischio di essere sempre i soliti mugugnatori mal contenti?

Lui è dono continuo, Provvidenza con noi e noi ci lagniamo solo e sempre delle cose che ci mancano. Abbiamo suo Figlio, la sua Parola, i suoi Sacramenti e non ci basta, andiamo a cercare il mago che ci dica l’avvenire e, insieme alla Madonna e a San Cristoforo, in macchina teniamo, per ogni evenienza, non si sa mai, anche un bel cornetto (sapete che qualcuno è venuto a chiedermi di benedirlo?).

E’ una brutta razza quella dei malcontenti, perché emanano cattivo odore di pessimismo, di tristezza, di vita sprecata, di malumore nei confronti di tutto e di tutti.

Siamo in Avvento: si può essere tristi nell’attesa di Gesù? Certo un malato trova estremamente difficile sorridere, ma può cercare di dare un senso alla sua malattia, un anziano è forse pieno di acciacchi, ma una sua battuta, un suo sorriso possono ancora dare tanto, un bambino non può cambiare le sorti del mondo, ma guardarlo giocare sereno non può forse riempirci il cuore di speranza?

 

 

SABATO 11

"ELIA E’ GIA’ VENUTO E NON LO HANNO RICONOSCIUTO, ANZI L’HANNO TRATTATO COME HANNO VOLUTO. COSI’ ANCHE IL FIGLIO DELL’UOMO DOVRA’ SOFFRIRE PER OPERA LORO". (Mt. 17,12)

Per comprendere meglio il versetto che vogliamo meditare oggi, bisogna ambientarlo. Gesù ha condotto Pietro, Giacomo e Giovanni sulla montagna e si è trasfigurato davanti a loro. Lo stupore ha colmato il cuore dei tre, tant’è che Pietro, con la proposta di costruire tre tende, voleva continuare a rimanere nella gloria di quel momento. Provate a pensare che cosa doveva passare nella testa di quegli apostoli: avevano visto Mosè, Elia, avevano sentito la voce di Dio che riconosceva Gesù come suo Figlio! Mentre scendevano dal monte ecco allora la domanda molto spontanea: "I rabbini ci hanno insegnato che Elia, il profeta dalle ‘parole di fuoco’, sarebbe dovuto tornare prima del Messia; ma se tu, Gesù, sei il Messia, quando è tornato Elia?". Ecco la risposta di Gesù: "Elia è venuto in Giovanni, ma non solo non è stato conosciuto, ma ucciso, e io stesso non sarò conosciuto e a mia volta ucciso".

Sembra strano: subito dopo la gloria ecco la doccia fredda dell’annuncio di un fallimento avvenuto e di uno ancora maggiore che avverrà.

Come capisco lo stupore degli Apostoli perché è anche il mio. Mi chiedo: perché i fallimenti? Perché Giovanni, per la gelosia e la paura regnante in una corte ha dovuto rimetterci la testa? Perché Gesù, che ‘passò sanando e beneficando tutti’ di nuovo per paura, per supponenza religiosa di alcuni è stato messo in croce e proprio da chi professava una fede? Perché oggi, come sempre, è il giusto che patisce, che soffre, che è messo da parte?

Se ragiono solo con la mia testa di uomo non capisco il perché di questi fallimenti, non capisco la croce di Cristo, non capisco le vittorie dei prepotenti, anzi mi viene da prendermela con ‘Colui che può tutto ma non muove un dito’.

L’unica strada per accostarsi a questo mistero è la strada dell’Amore. Un amore che sa donare tutto. Un amore che condivide tutto, specialmente la sofferenza e il male. Un amore che dà speranza, che morendo salva, che risorgendo vince. Intuisco che deve essere qualcosa di simile, e siccome mi trovo povero davanti a questo, chiedo aiuto allo Spirito Santo che è l’Amore affinché mi aiuti a capire quanto sono stato amato e quante possibilità di amore ho in me stesso.

 

 

DOMENICA 12 - 3^ DOMENICA DI AVVENTO ANNO B

PRIMA LETTURA Is 61, 1-2. 10-11

Dal libro del profeta Isaia.

Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti…. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia.

 

SECONDA LETTURA 1 Ts 5, 16-24

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi.

Fratelli, state sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono.

Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo!

 

VANGELO Gv 1, 6-8. 19-28

Dal vangelo secondo Giovanni.

Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: "Chi sei tu?".

Egli confessò e non negò, e confessò: "Io non sono il Cristo".

Allora gli chiesero: "Che cosa dunque? Sei Elia?". Rispose: "Non lo sono". "Sei tu il profeta?". Rispose: "No". Gli dissero dunque: "Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?".

Rispose: "Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia". Essi erano stati mandati da parte dei farisei. Lo interrogarono e gli dissero: "Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?". Giovanni rispose loro: "Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo". Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

 

RIFLESSIONE

 

Se qualcuno di noi si azzardasse di chiedere a qualche politico o a qualche personaggio di riguardo: "Chi sei?", dopo dovrebbe star zitto per un po’, infatti certi tipi aspettano solo il via per poter partire di gran carriera a parlare di se stessi.

Era sorto Giovanni Battista, un tipo certamente fuori del normale, per quanto riguarda a stile di vita, a tipo di predicazione e gli scribi e i farisei, tutori dell’ortodossia, dell’ebraismo, non possono di certo invitarlo a Gerusalemme affinché si presenti davanti ad una commissione di inchiesta religiosa, allora gli mandano una delegazione ad interrogarlo: "Chi sei?". Anche qui Giovanni si dimostra originale. Non parla molto di sé, anzi, incomincia a dire chi non è: "Non sono il Cristo, non sono Elia… Sono la voce di un altro…Io devo sparire per far posto ad un altro a cui non son degno neanche di sciogliere i lacci dei calzari". Ecco la grandezza di quest’uomo: è venuto per indicarci Qualcun altro. Il nostro mondo cerca qualcosa, ogni uomo cerca qualcosa o qualcuno che dia senso al suo vivere, e all’orecchio di ogni uomo giungono migliaia di voci: " … il senso della vita è avere tante cose, tanto denaro… il senso della vita è godere, avere potere sugli altri… sarai felice se avrai successo…", ma se guardiamo con onestà, tutte queste cose che possono apparirci invitanti e luccicanti, lo sappiamo, alla fine, spariscono, non sono quelle che danno il senso al nostro vivere, al soffrire, al morire, all’eternità. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci annunci non una cosa o cose che diano felicità temporanee, abbiamo bisogno di una voce che ci annunci una persona, il Cristo di Dio. Mi direte: "Ma questo è già successo duemila anni fa". Certamente, ma come allora anche oggi il Cristo è "uno che sta in mezzo a voi, ma che voi non conoscete". Ci stiamo preparando al Natale, ma il nostro mondo si prepara al Natale di chi? Sì, tutti parlano del Cristo, tutti più o meno sanno di un certo Gesù, di una capanna, di pastori, ma la maggioranza (basta vedere giornali e televisioni) legge questa storia come una bella leggenda, come un modo per tornare un po’ bambini, come un modo per far festa, regali e consumi. Anche la Chiesa e i cristiani hanno bisogno di qualche voce che disturbi, che smuova, che svecchi. C’è un enorme bisogno di profeti testimoni, persone scomode che magari senza troppi fronzoli, senza troppe ordinazioni gerarchiche ufficiali, senza troppe paure di lacerare ricchi paramenti senz’anima, storie che rischiano di diventare leggende, pie azioni vestite da carità che servono solo a far finta di farci sentire buoni, ci annuncino ancora che Cristo c’è già in mezzo a noi. Abbiamo bisogno di persone che ci parlino con verità senza scimmiottare i modi del nostro mondo, di persone che quando parlano di povertà non lo facciano con i mezzi della potenza e della ricchezza, che quando ci parlano di valori della famiglia si sforzino di dimostrarcelo nella loro famiglia, abbiamo di persone che ci assomigliano perché hanno tutti i problemi e tutti i dubbi che abbiamo noi, ma che abbiano in più una certezza di vita: Gesù Cristo. Abbiamo bisogno che queste voci ci colpiscano, ci smuovano, ci indichino la via e poi, come Giovanni, spariscono per lasciarci con Colui che ci hanno indicato.

E, a questo punto, se il nostro mondo e noi abbiamo bisogno di queste persone che siano per noi e per tutti dei segnali indicatori, ecco che Gesù che viene ci dice che ha bisogno anche di me e di te.

Ha bisogno di trovare in noi la disponibilità a lasciarci guidare dallo Spirito. San Paolo nella seconda lettura ci ha detto: "Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie, esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono".

Ha bisogno di noi per "portare il lieto annuncio", non la tristezza di vecchie religioni legate alla fantasia dell’uomo che con dei riti pensa di potersi comprare Dio, ha bisogno di gente fantasiosa che sa vedere davvero i mille modi per giungere al fratello, per dirgli che vale ancora la pena di sperare, che non è vero che tutto è marcio e cattivo, che non si guadagna niente, al di là dell’ulcera, ad essere pessimisti, che se Dio non si è ancora stancato degli uomini perché dovremmo stancarcene noi?

Ha bisogno di noi per "fasciare le piaghe dei cuori spezzati". E’ vero, il mondo ha bisogno di medici e di medicine, ma non è forse vero che ancora più che i corpi sono gli animi che hanno bisogno di essere guariti? La lotta per primeggiare ha bisogno di bonificarsi scoprendo nell’altro non l’avversario ma il fratello; le vendette che amareggiano vite intere hanno bisogno di ritrovare la dolcezza, il perdono; il cuore gretto ha bisogno di trapianti di amore, l’uomo troppo serio ha bisogno di ritrovare in se stesso il fanciullo.

Dio ha bisogno di te e di me per "proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri". Quanta gente è prigioniera e quante persone imbellettate sono schiave: schiavi del denaro che li comanda a bacchetta e che esige più sacrificio di un dio assetato di sangue, schiavi delle mode, schiavi del proprio corpo idolatrato per spremergli quella che dovrebbe essere la bellezza secondo i canoni ufficiali, schiavi del sesso incapaci di amare, schiavi del cibo, dei mass media. Dio ha bisogno di te libero perché tu possa gridare ai tuoi fratelli quanto grande e bella è la libertà dei figli di Dio.

Dio ha bisogno di noi per "promulgare l’anno di misericordia del Signore", non l’anno delle indulgenze, l’anno dei viaggi travestiti da pellegrinaggi, ma la misericordia di Dio che richiede a noi misericordia verso i fratelli, questa è l’indulgenza più grande che Dio opera in noi e per mezzo di noi.

Impariamo dunque a sentire le voci, magari sgradevoli per certi aspetti, ma che ci indicano non se stessi ma Dio e prestiamo voce e vita al Signore perché servendosi anche di noi possa ancora venire in questo modo, portare la sua misericordia a tutti gli uomini, ridarci il sorriso della speranza non fondata su noi, ma su Lui, e farci gustare la libertà di essere davvero figli nel Figlio.

 

 

LUNEDI' 13

"CHIESERO A GESU’: CON QUALE AUTORITA’ FAI QUESTO? CHI TI HA DATO QUESTA AUTORITA’ ". (Mt 21,23)

Un argomento difficile quello che suscita la domanda posta a Gesù da parte dei Sommi Sacerdoti e degli Anziani. Essi pensavano di essere le autorità del popolo. Questa autorità la facevano addirittura discendere da Dio stesso. Anche la mentalità del Vangelo non mette in dubbio questo principio. Ad esempio quando Caifa dirà: "E’ meglio che muoia uno solo piuttosto che tutto il popolo abbia a soffrire", l’evangelista noterà che queste parole erano una profezia su Gesù, valida in quanto detta dal Sommo Sacerdote.

Quello che il Vangelo non concorda con la mentalità dei Sommi Sacerdoti e Anziani del popolo è l’uso dell’autorità. Anche Gesù dà ‘potere’ ai suoi discepoli di cacciare i demoni, guarire i malati, annunciare il Regno, ma questa autorità è per il servizio di Dio e del prossimo: "Chi è il più grande tra voi si faccia il più piccolo". E’ vero, l’autorità conferma in un ruolo: "Chi ascolta voi, ascolta me", "Ciò che legherai sulla terra, sarà legato anche nei cieli", ma non autorizza all’uso smodato dell’autorità che diventa potere o alla garanzia automatica della verità assoluta in ogni campo e in ogni applicazione.

Un altro aspetto in cui non ci sono assicurazioni di unicità di autorità ci è dato proprio dal Vangelo di oggi, dove Gesù, con arguzia e ironia dimostra ai saccenti dell’autorità che può sorgere un Giovanni Battista o un Gesù anche al di là della cerchia ufficiale della casta sacerdotale. Se fosse stato solo per questa, la storia di Gesù sarebbe stata: "La storia di un uomo buono, ma esagitato, che con abile mossa politica abbiamo messo a tacere".

Grazie al cielo Dio non è imbrigliato neanche dai sacerdoti o dai loro codici di diritto canonico, Dio "fa sorgere figli di Abramo anche da queste pietre". Dio ieri come oggi parla attraverso l’autorità della gerarchia quando questa è un vero servizio e non un esercizio di potere, come parla anche attraverso mille voci che ancora fa liberamente sorgere a servizio del suo popolo.

Io come cristiano devo pormi con attenzione e ascolto davanti all’autorità religiosa, ma anche con criticità equilibrata per il bene stesso della Chiesa, specialmente là dove questa autorità è vista unicamente come potere, ma nello stesso tempo devo essere molto attento nel cogliere e vagliare la voce di Dio che ogni giorno in mille modi diversi giunge a me.

 

 

MARTEDI' 14

"UN UOMO AVEVA DUE FIGLI. RIVOLTOSI AL PRIMO DISSE: FIGLIO, VA OGGI A LAVORARE NELLA MIA VIGNA. ED EGLI RISPOSE: SI’, SIGNORE; MA NON ANDO’ ". (Mt. 21,28)

Già un vecchio proverbio diceva: "Tra il dire e il fare ci sta di mezzo il mare". La piccola parabola che troviamo oggi nel Vangelo ci illustra proprio questo specialmente nei confronti di tutto quello che riguarda il nostro rapporto con Dio.

Spesso ci risulta già difficile davanti agli uomini, far concordare il fare con il dire, provate, ad esempio a pensare a tutte quelle persone che sanno tutto a parole, che hanno verbalmente una soluzione per tutti i problemi, ma che non hai mai visto una volta sudare, se fosse possibile suderebbero solo sulla lingua!

Ma risulta ancor più difficile con Dio in quanto, nel fondo, gioca il fatto che "intanto Dio non lo vedo fisicamente", "intanto è buono e capisce tutto", e quindi, giù con le promesse (ad esempio: "Ti amo con tutto il cuore", "Prometto di non offenderti più"…) ma poi la realtà è un’altra cosa. Ma anche senza essere dei bugiardi spudorati spesso ci è difficile essere fedeli a ciò che uno desidererebbe. Sovente partiamo con entusiasmo: "Signore, vedrai, ogni domenica la Messa, ogni giorno la preghiera, la pazienza con i familiari, la visita a quella comunità di anziani, il gruppo parrocchiale…", ma poi…: "Non ce la faccio, non c’è tempo! Al mattino mi mancano i minuti per arrivare puntuale al lavoro, altro che il tempo per la preghiera; domenica ho preferito andare in montagna… è l’unico giorno libero! Come è difficile andar d’accordo nel gruppo parrocchiale e la pazienza non è proprio il mio forte…e, allora?" E allora ci si perde d’animo e si rischia di non tentarci più.

Nella parabola di Gesù c’è anche un secondo figlio, ed anche qui possiamo somigliare a lui, sinceri nella propria umanità: "Non ne ho voglia di impegnarmi", "E’ troppo difficile perdonare", "Non chiedermi di condividere"… ma anche capaci di ritornare sulle proprie decisioni.

Il modo migliore per poter passare dalla "non voglia" all’azione generosa e coraggiosa è lo scoprire che se il Padre ti manda a lavorare nel suo Regno è per il tuo bene ed è anche perché questo Regno non è solo suo, ma anche tuo.

 

 

MERCOLEDI' 15

"GIOVANNI CHIAMO’ DUE DEI SUOI DISCEPOLI E LI MANDO’ A DIRE AL SIGNORE: SEI TU COLUI CHE DEVE VENIRE O DOBBIAMO ASPETTARE UN ALTRO?". (Lc.7,18-19)

"Io devo diminuire perché Lui cresca" aveva affermato Giovanni il Battista. Ed è proprio successo così: Gesù ha iniziato la sua vita pubblica e i poveri, gli ammalati, gli ultimi trovano in Lui un punto di riferimento, un sostegno, un far rinascere le loro speranze umane e religiose, e Giovanni invece, per la fedeltà alla sua missione è finito nella fortezza del Macheronte, le terribili prigioni di Erode, e oltretutto sa che avendo suscitato la gelosia di una donna non ne uscirà più vivo.

Il silenzio della prigione è di nuovo un deserto per Giovanni e se da una parte, molto probabilmente è contento delle scelte fatte, dall’altra anche in questo deserto arriva il tentatore: "E se tu avessi fatto tutto questo per niente? Se la tua missione fosse solo frutto della tua fantasia e non un qualcosa voluto da Dio? E se quel Gesù che tu hai indicato come l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo non fosse il Messia?".

Proviamo a pensare alla sofferenza di quest’uomo tormentato, nel silenzio di una prigione senza speranze, da questi dubbi.

Qualcuno dei soliti personaggi che presumono di sapere tutto di religione non vorrebbe che il Vangelo si attardasse a raccontare di dubbi: "la fede è sempre la stessa, deve essere incontaminata!".

E invece il dubbio, il bisogno di conferme, da parte di un personaggio così austero, così legato a Gesù, mi conforta, e mi fa scoprire qualcosa di importante sulla fede.

Aver fede non significa non aver dubbi, anzi, oserei dire che se non ho dubbi, interrogativi, bisogno di ricerca, di conferme non ho fede, ho qualcos’altro. Aver fede significa fidarsi, abbandonarsi. Ma se io so già tutto, sono sicuro di tutto, non mi fido più, ho sicurezza, non ho più bisogno di abbandonarmi, so che è così.

Quando qualcuno viene a dirmi: ho dei dubbi sul mio matrimonio, ho dei grossi interrogativi sulla fede, non lo guardo scandalizzato: se hai dei dubbi sul tuo matrimonio è perché ti stai chiedendo qualcosa su di esso, è perché in fondo ci tieni e lo vorresti magari migliore di quello che è, se hai dei dubbi sulla tua fede, è perché la fede è ancora viva in te, perché desidereresti avere quella giusta… e allora, se non ti perdi d’animo, se ti metti sulla strada della ricerca, se sei disposto a leggere i segnali positivi che ti vengono dati, troverai davvero la fiducia dell’abbandono totale. Quando Gesù manderà i messaggeri a rassicurare Giovanni dicendo loro di raccontare i miracoli-segni che hanno visto, potrà dire alla folla (e lo sentiremo nel Vangelo di domani) che nessuno ha mai avuto una fede grande come quella di Giovanni.

 

 

GIOVEDI' 16

"MA I FARISEI E I DOTTORI DELLA LEGGE, NON FACENDOSI BATTEZZARE DA GIOVANNI, HANNO RESO VANO PER LORO IL DISEGNO DI DIO". (Mt.7,30)

Anche questa mattina, nella preghiera, ho presentato a Dio tutta una serie di richieste. Il mio parlare con Lui è stato una specie di giornale radio delle necessità del mondo e mie personali e, seguendo il vecchio e saggio insegnamento di mia madre di dire un’ Ave Maria per … e un’ Ave Maria per… ho infilato tutto il rosario. E Dio e la Madonna, in silenzio, mi hanno ascoltato. Ma poi ho provato a far silenzio e a lasciar parlare Gesù dal suo Vangelo e, meditando la frase di oggi sembra che mi abbia detto:

"Tu mi hai chiesto tante cose e certamente molte di queste sono cose buone. Io ti ascolto e ascolto anche mia Madre che intercede per te e per molte delle tue intenzioni. Ma tu e i tuoi fratelli ascoltate me? Accettate i miei doni o li vanificate? Lo dicevo a quei farisei e dottori della legge che già allora si riempivano la bocca di Dio e delle sue leggi ma che non sapevano capire il piano di Dio e i suoi doni, permettete che oggi lo dica anche a voi.

Voi chiedete segni per la vostra fede, ma non ci pensate che io mi sono fatto peccato per voi, ho versato il mio sangue per voi? Non correte il rischio di vanificare tutto questo solo per correre dietro a qualche segno che in fondo serve solo a glorificare il vostro orgoglio intellettuale? Chiedete la liberazione dei poveri e degli oppressi, ma io, i miei santi, i miei martiri, i miei veri missionari del Vangelo, che abbiamo dato la vita per i poveri, come siamo stati accolti da voi uomini?

Perché, ad esempio, molti cristiani vanificano i miei sacramenti? Ci si battezza per convenienza sociale, si fanno Cresima e Prima Comunione per non perdere due occasioni di festa, ci si sposa in chiesa perché le foto vengono meglio e perché c’è l’organo che suona… Io mi faccio pane per il vostro nutrimento e voi anteponete il weekend o il lavare la macchina all’Eucarestia della domenica? Voi chiedete la salute, dono importante, ma quante volte avete ringraziato per i tanti giorni di buona salute che avete avuto?

Una delle cose che fanno più male è l’ingratitudine. Io l’ho provata nell’abbandono dei miei discepoli, nelle urla di coloro che da me beneficati mi condannavano a morte e la provo ancora ogni volta che vedo che i miei tentativi di dono non vengono compresi, che le mie grazie sono ripudiate, anche perché io vi voglio salvi e vi offro tutta la mia misericordia perché lo siate, ma se voi chiudete la porta, non comprendete, allora siete voi a vanificate tutto".

 

 

VENERDI' 17

"GENEALOGIA DI GESU’ CRISTO, FIGLIO DI DAVIDE". (Mt.1,1)

Qualche volta provo a mettermi nei panni degli apostoli e degli evangelisti e allora mi sembra risulti più facile comprendere anche alcune pagine dei vangeli. Matteo era un uomo pratico, anche il suo primo mestiere di gabelliere lo portava a ragionare più con la matematica che non con la filosofia. Ecco che quest’uomo si trova a rinunciare a tutta una vita che si è costruita sulla ‘solidità del denaro’ per seguire Gesù. E, poco per volta, tra entusiasmi e dubbi si avvicina al mistero di Dio fatto uomo per noi. Specialmente dopo la morte, risurrezione, ascensione di Gesù, Matteo è profondamente certo di aver incontrato concretamente il Figlio di Dio. E quando scrive il suo Vangelo si preoccupa, anche davanti alle prime eresie sull’umanità e divinità in Gesù, di dire con chiarezza: "Gesù è un uomo concreto; è l’adempimento delle promesse di Dio e della storia della salvezza che Dio ha intessuto con il suo popolo".

Ci resta allora più facile comprendere la pagina odierna di Vangelo. La genealogia di Gesù non è solo una impalcatura letteraria più o meno riuscita, e neanche un elenco di nomi più o meno conosciuto tipo guida telefonica. Sta a dire che Colui che è venuto e che noi ci prepariamo a celebrare in questo Natale e che verrà alla fine dei tempi per giudicare il mondo, è proprio "uno dei nostri", vero uomo, centro della storia, compimento pieno dell’amore concreto di Dio per il suo popolo, redenzione di tutta l’umanità, fondamento del nuovo Regno a cui ogni uomo è chiamato.

E allora anche una pagina di Vangelo così astrusa a prima vista mi interpella: Gesù, per me, è davvero la concretezza dell’amore di Dio? E’ il centro della mia storia personale?

Spesso noi, che ci diciamo padroni della nostra vita, ci lasciamo vivere da essa e sono gli avvenimenti belli o brutti che ci dominano. Ma se Cristo è lo scopo del mio vivere non dovrò essere io a dare in Lui un senso a tutto? Mi è capitato in questi giorni di rileggere questa frase dalla lettera ai Romani (8,35.37): "Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose siamo più che vincitori in virtù di Colui che ci ha amati". Cioè, è nell’amore concreto di Cristo che cerco di leggere gli avvenimenti della mia vita, allora anche le prove, anziché allontanarmi da Lui, proprio in Lui e per Lui trovano un senso.

 

 

SABATO 18

"GIUSEPPE, FIGLIO DI DAVIDE, NON TEMERE DI PRENDERE CON TE MARIA, TUA SPOSA, PERCHE’ QUEL CHE E’ GENERATO IN LEI VIENE DALLO SPIRITO SANTO". (Mt.1,20)

Le letture di questo giorno di novena di Natale ci presentano due personaggi importantissimi che guidano la venuta di Gesù sulla terra. Il primo è nientemeno che lo stesso Spirito di Dio, lo Spirito Santo, e l’altro un uomo umile, giusto, fedele che è Giuseppe.

Tutta la creazione e la storia sono opera dello Spirito Santo: dallo Spirito che "aleggiava sulle acque" del racconto della creazione, allo Spirito che "aveva fatto sorgere i profeti" per richiamare il popolo alla speranza. Ma particolarmente l’incarnazione del Figlio di Dio è "opera dello Spirito Santo" cioè è Dio (Padre, Figlio, Spirito) che vuole la nostra salvezza (è il Padre che chiede: "Chi manderò, chi andrà per noi", è il Figlio che prontamente risponde: "Eccomi, manda me" ed è lo Spirito creatore che opera attraverso l’assenso di Maria l’incarnazione del figlio).

E ancora oggi, sempre per "opera dello Spirito Santo", l’incarnazione continua. Perché è oggi che il Padre vuole la nostra salvezza, è oggi che il Figlio continua ad offrire a noi e per noi il suo sacrificio, è oggi che lo Spirito chiede a noi di poter continuare ad incarnare Gesù per tutto il mondo.

Ed in questa prospettiva è allora molto bello vedere la figura di Giuseppe, uomo giusto, innamorato di Maria, che è disposto a cambiare tutti i suoi giusti progetti pur di continuare a dimostrarle il suo amore, che è disposto ad accogliere anche senza capire tutto, che è fedele a Dio, che permette allo Spirito Santo che è amore di compiere la sua strada.

Proviamo a vedere in questo brano alcune caratteristiche di Giuseppe.

Giuseppe è tutt’altro che un credulone. Quando sa che Maria è incinta, non dubita di Lei, ma fedele alla legge, cerca una soluzione umana rispettosa di Maria e di Dio e giunge, con il suo ragionamento, a "licenziarla in segreto". Davanti alle indicazioni dell’angelo è ben contento di cambiare i suoi progetti e di accogliere Maria come sua sposa e il Bimbo come dono e opera dello Spirito Santo. Giuseppe, da allora, dovrà ancora prendere grandi decisioni, ma vivrà nell’ombra di Gesù e di Maria e sarà per loro ‘l’ombra’ di Dio. Lo Spirito ha bisogno di me e di te per continuare l’incarnazione di Gesù. Ma noi siamo, come Giuseppe, disponibili a cambiare i nostri progetti per far sì che "io diminuisca e Lui cresca"?

 

 

DOMENICA 19 - 4^ DOMENICA DI AVVENTO ANNO B

PRIMA LETTURA (2 Sam 7, 1-5.8-12.14.16)

Dal secondo libro di Samuele.

Avvenne che, quando il re Davide si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato tregua da tutti i suoi nemici all'intorno, disse al profeta Natan: "Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l'arca di Dio sta sotto una tenda". Natan rispose al re: "Va’, fa’ quanto hai in mente di fare, perché il Signore è con te". Ma quella stessa notte questa parola del Signore fu rivolta a Natan: "Va’ e riferisci al mio servo Davide: Dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Fisserò un luogo a Israele mio popolo e ve lo pianterò perché abiti in casa sua…. Una casa farà a te il Signore. Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre".

 

SECONDA LETTURA (Rm .16, 25-27)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, a colui che ha il potere di confermarvi secondo il Vangelo che io annunzio e il messaggio di Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero taciuto per secoli eterni, ma rivelato ora e annunziato mediante le scritture profetiche, per ordine dell'eterno Dio, a tutte le genti perché obbediscano alla fede, a Dio che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

VANGELO (Lc. 1, 26-38)

Dal vangelo secondo Luca.

In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio". Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei.

 

RIFLESSIONE

 

Due piccoli episodi possono aiutarci ad introdurci nel tema che la liturgia di quest’ultima domenica di Avvento ci propone.

Alcuni anni fa su un settimanale diocesano era apparso questo titolo: "Cerchiamo terreni per fare una casa a Dio". Nell’articolo veniva specificato da parte del locale ufficio di Curia che si stava cercando il luogo adatto per costruire una chiesa in un nuovo grande rione della città. Dopo alcune settimane il giornale, con grande equilibrio, accoglieva una strana lettera firmata Gesù che più o meno diceva: "Vi ringrazio per la vostra premura nel volermi costruire una casa di pietra, certamente sono d’accordo con voi nell’avere un nuovo punto di incontro dove i cristiani si possano trovare per celebrare i Sacramenti e per cercare di vivere in comunione tra loro, ma vi ricordo che io cerco casa soprattutto nel cuore dell’uomo".

Un prete, un giorno, chiese ad una grande assemblea di persone: "Dov’è Dio?". Le risposte cominciarono ad arrivare, alcune anche con una punta di ironia per una domanda così elementare: "Ma che dite? Se tutto il mondo è pieno della sua gloria!", "Persino mia nonna che conosce solo il catechismo studiato a memoria sa che Dio è in ogni luogo". Il sacerdote dopo aver ascoltato tutti rispose da sé alla propria domanda dicendo: "Dio abita solo dove lo si fa entrare!".

Abbiamo sentito nella prima lettura il pur encomiabile progetto di Davide. Egli pensava: "Non è giusto che io abiti in una casa di legno e di pietra e Dio solo in una tenda. Voglio fare una casa, un tempio dove Dio possa abitare". Ma Dio gioca d’anticipo e dice a Davide: "Tu vuoi fare una casa a me che sono il Signore dell’universo? Sono io che voglio fare una casa a te, che voglio benedire per sempre il tuo casato!".

E’ proprio vero che i pensieri degli uomini non sono i pensieri di Dio. Vedete, gli omaggi che diamo al Signore non sempre sono quelli che piacciono a Lui. Faccio due esempi grandi di cui siamo stati testimoni in questi ultimi anni.

Il terremoto dell’Umbria, oltre alle vittime, ha lasciato molta gente senza casa. Come sempre c’è stata una gara di generosità da parte degli Italiani che sono un popolo buono. Tra le ‘vittime’ del terremoto c’è stata anche la grande Basilica di San Francesco ad Assisi, certamente un grande patrimonio di cultura e di fede. E anche per questa si sono mossi enti, strutture civili, banche. Totale: la grande Basilica, con grande dispendio di soldi è stata completamente ristrutturata mentre ancora centinaia di terremotati hanno passato l’estate in lamiere arse dal sole e passeranno l’inverno al freddo dentro case di latta. Chiediamoci un po’: quale casa preferirà il Signore? Il grande tempio del suo umile servo Francesco o l’umiltà del tempio di carne di chi soffre la mancanza di casa?

Un altro episodio di cui certamente non mi sento di incolpare il Papa, ma che chiaramente mette in evidenza una triste mentalità di molti che lo circondano. Il Papa doveva andare ad inaugurare un nuovo seminario del costo di 17 miliardi ed ha sorvolato Sarno, dove ci sono stati molti morti per lo smottamento di una montagna di fango ed acqua e dove ancor oggi molti sono senza casa. Abbiamo visto per Televisione che gli abitanti di Sarno sventolavano fazzoletti per salutare l’elicottero del Papa che è passato sulle loro teste. Conta di più un grande seminario da 17 miliardi che molto probabilmente rimarrà vuoto per la famosa "crisi di vocazioni" o la sofferenza della povera gente?

Noi pensiamo in grande, Dio pensa in umiltà e all’umiltà.

Non è andato a nascere in un palazzo della Roma imperiale, ma in un paesino quasi sconosciuto del Medio oriente.

Noi guardiamo alle cose, Dio guarda alle persone.

Anche qui basti un esempio: nelle nostre parrocchie, in questi giorni ci diamo da fare per preparare un degno Natale, ma vi siete mai chiesti quante persone ci sono alla Novena di Natale e quante invece nello stesso momento nel supermercato vicino a fare gli acquisti natalizi?

Dio per nascere sceglie il silenzio del cuore di una donna semplice, Maria. Una delle cose che mi commuove maggiormente, pensando al Natale è proprio il pudore di questa donna.

Lei non grida, non fa schiamazzo, non chiama le folle ad ammirare quanto Dio l’abbia amata nel sceglierla come Madre del suo Figlio, "conserva queste cose nel suo cuore". Lei è diventata veramente la casa che Dio si è scelto per nascere uomo come noi e lei lo porta nel mondo, infatti, ricevuto l’annuncio, comincia a camminare, a portarlo, tabernacolo vivente in cammino. Lo porta a sua cugina Elisabetta, perché Giovanni possa sobbalzare di gioia nel grembo di sua madre, lo porta mettendosi a servizio di una anziana.

A Gesù non piace stare al chiuso tra quattro gelide mura aspettando che gli si vengano ad offrire deferenti omaggi. A Gesù piace essere nella vita e nella storia degli uomini, in mezzo alle loro feste e alle loro sofferenze. Le chiese di pietra gli piacciono solo se oltre che essere casa sua sono davvero casa degli uomini, se cioè gli uomini lì fanno festa, gioiscono, piangono, trovano accoglienza.

In questi giorni mettiamo pure le ultime statuine nel presepio per ricordarci del Natale di Cristo ma accogliamo soprattutto il mistero di un Dio-con-noi che vuole continuare ad incarnarsi attraverso di noi.

Concludo la riflessione lasciandovi questo racconto di Gibran da pensare nella nostra preparazione al Natale.

Alla sera del giorno di festa, camminando solo nella mia città, mi sedetti su una panchina, immerso nei miei pensieri. Dopo un po’ di tempo guardai di fianco a me e rimasi sorpreso nel vedere un uomo che mi sedeva accanto. Lo salutai, poi chiesi: "Sei straniero in questa città?". "Sì, - rispose – sono straniero in questa città come in ogni altra… E ho disperato bisogno di aiuto!" Perplesso domandai: "Che cosa vuoi?". "Ho bisogno di una casa. Ho bisogno di un luogo dove riposare…" . " Ti prego, accetta questi denari e vai ad alloggiare alla locanda". Rispose mestamente: "Ho provato in tutte le locande, ho bussato a tutte le porte, ma invano. Sono ferito, non affamato; sono deluso, non stanco; non cerco un tetto, ma un rifugio umano". Allora proposi: "Vuoi accettare la mia ospitalità e venire a stare in casa mia?". "Ho bussato mille volte alla tua porta e a tutte le porte, senza ottenere risposta" – replicò in tono severo." Chi sei?" – indagai lentamente, pieno di timore.

"Sono l’AMORE che l’egoismo degli uomini scaccia da ogni luogo!" – Così dicendo si levò in piedi e io vidi i segni dei chiodi sulle sue mani. Sconvolto, mi prostrai davanti a Lui e gridai: "Gesù!" Egli, triste, continuò: "La gente sta facendo festa in mio onore, ma io sono uno straniero per tutti. Nessuno mi accoglie. Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli i loro nidi. Ma il Figlio dell’uomo non ha un posto dove posare il capo!".

A quel punto aprii gli occhi e mi guardai attorno... lo straniero se ne era andato…

 

 

LUNEDI' 20

"ALLORA MARIA DISSE ALL’ANGELO: COME E’ POSSIBILE? NON CONOSCO UOMO". (Lc. 1,34)

Ci viene proposto, nella liturgia odierna, lo stesso Vangelo che abbiamo meditato ieri. Facciamoci allora aiutare da una riflessione di Alessandro Pronzato.

"Come è possibile? Non conosco uomo…" Noi, rovesciando l’affermazione della Madonna, potremmo dire: "Come è possibile? Conosco l’uomo…"

Proprio perché conosciamo l’uomo, sappiamo che certe cose risultano impossibili. Conosciamo la nostra debolezza, i nostri limiti, le nostre miserie, le nostre incapacità, le nostre pigrizie e resistenze, le nostre vigliaccherie e ipocrisie.

Conosciamo il male che c’è nel mondo nelle sue forme più agghiaccianti.

Conosciamo l’uomo e quindi la sua dis-umanità.

Conosciamo talvolta la pesantezza della Chiesa, le sue contraddizioni, i suoi ritardi, le sue paure ed esitazioni, i comportamenti non sempre evangelici di alcuni suoi rappresentanti,

Purtroppo, conosciamo l’uomo.

Conosciamo il cattivo funzionamento dell’uomo. Conosciamo le delusioni in serie che ci procura l’uomo. Conosciamo la sua scarsa affidabilità. E perciò siamo convinti che è meglio rinunciare a certi programmi, accantonare certi sogni.

"Non è possibile, perché c’è di mezzo l’uomo".

Ma il nostro sbaglio sta proprio qui.

Limitarci a fare il calcolo delle possibilità umane, significa accettare l’impossibilità della maggior parte delle imprese.

La prospettiva cambia radicalmente, invece, quando "conosciamo" Dio.

Allora dobbiamo constatare che l’impossibile è a nostra portata.

Allorché Maria sente affermare che "nulla è impossibile a Dio" si arrende: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto. Ossia: "Avvenga l’impossibile".

Maria di Nazaret si mette a disposizione non del possibile, ma dell’impossibile.

Chissà se ci rendiamo conto che nella lista delle nostre impossibilità – un elenco che, col trascorrere degli anni si allunga spropositatamente – è sufficiente inserire la cifra del mistero di Dio, e allora tutti i nostri programmi e calcoli giudiziosi vengono ribaltati e la colonna delle cose impossibili diventa la colonna delle cose possibili, che si debbono assolutamente fare…

Nelle situazioni in cui ci troviamo personalmente, nella realtà deprimente del mondo d’oggi, allorché la Chiesa ci delude, dobbiamo convincerci che l’impossibile è l’unica possibilità di salvezza.

Conoscendo l’uomo, persino il possibile diventa impossibile.

Ma, allorché c’è di mezzo Dio, i termini della questione vengono invertiti.

Dunque, tutte le strade, ormai, sono impedite.

L’impossibile diventa la sola strada possibile.

 

 

MARTEDI' 21

"APPENA ELISABETTA EBBE UDITO IL SALUTO DI MARIA, IL BAMBINO LE SUSSULTO’ NEL GREMBO". (Lc. 1,41)

In questi ultimi quattro giorni della novena di Natale la liturgia ci fa leggere corsivamente dal vangelo di Luca tutto il racconto della Visitazione di Maria ad Elisabetta e la nascita di Giovanni Battista, in fondo tutta la preparazione alla nascita di Gesù. Proprio perché questi giorni, contrariamente a quanto di solito succede, dovrebbero essere di raccoglimento e di riflessione, prendendo, quasi parola per parola di questi vangeli vi propongo qualche flash di riflessione da riprendere personalmente nella giornata.

"Maria si mise in viaggio". Gesù ricevuto non viene tenuto come dono personale, ma portato. Gesù è venuto per arrivare al cuore di ogni uomo. Maria fa camminare Gesù ancora prima della sua nascita.

Maria porta con sé il mistero di questa concezione miracolosa, ma anche le sue apprensioni umane; Maria, la concreta va anche a vedere il segno che l’Angelo le ha dato come garanzia che a Dio nulla è impossibile.

Maria va a servire questa sua parente anziana incinta. Gesù, colui che è venuto a servire, ci serve attraverso le mani di sua Madre.

"Elisabetta fu piena di Spirito Santo". Chi si incontra con Gesù non può non avere nel cuore la forza e la gioia dello Spirito Santo. Gesù è l’Amore incarnato, è l’opera dello Spirito . Dove lasci entrare Gesù entra il suo Spirito.

"Esclamò a gran voce: Benedetta tu fra le donne". Recita un vecchio inno: "La grazia che Eva ci tolse, tu o Maria ci hai ridonato". La vera emancipazione della donna è la donna che ritrova il volto che Dio le ha dato.

"E benedetto il frutto del tuo grembo". L’umanità che aveva generato solo male e cattiveria e che anche nel buono aveva sempre un po’ di velenoso, ora offre un frutto nuovo, bello, santo, perfetto: è Dio che si riconquista la sua creatura dal di dentro. E’ il frutto che maturerà nel sangue appeso all’albero della croce, l’esatto contrario dell’albero del peccato, chiunque mangerà di quest’albero avrà la vita che dura per sempre.

"A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?". Vieni, vieni pure Maria, abbiamo bisogno di te e del tuo Dono. Portaci Gesù e portaci da Gesù: Lui solo è la nostra salvezza.

"Il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo". Dice un Padre della Chiesa: Giovanni, dopo l’incontro con Gesù, non sopporta più di stare al chiuso, vuole cominciare a correre per annunziare il suo messaggio di gioia. Questo Natale ti metterà le ali ai piedi nella fede e nella testimonianza?

La gioia è il tema ricorrente di tutto questo brano. Dove arriva Maria che porta Gesù non può non esserci gioia ed esultanza: è Dio che cammina con il passo forte e delicato di una donna. "Come sono belli i piedi di coloro che portano buone notizie!"

"E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore". Ecco la conferma che Maria aspettava. Lei, la visitata dall’Angelo, la Piena dello Spirito Santo, il Tabernacolo di Gesù accetta la conferma della sua fede da un’altra umile donna e diventa, come Abramo, come tutti i giusti, l’esempio della fede che è abbandono, ma alla potenza di Dio.

 

 

MERCOLEDI' 22

"L’ANIMA MIA MAGNIFICA IL SIGNORE". (Lc.1,46)

"Maria disse: L’anima mia magnifica il Signore". Maria, la silenziosa, parla ed ecco questo meraviglioso cantico di lode. Su tante cose è bene tacere, su altre si deve tacere, solo quando un cuore è pieno di riconoscenza non può più tacere. Maria trabocca riconoscenza. La sua gioia è talmente grande che anche le parole che dice sono parole sue e non sue. Prega, canta, gioisce con la Bibbia e il cantico di Anna si confonde con la sua riconoscenza. E’ vero, come dice un prefazio della Messa che "i nostri inni di lode non accrescono la tua grandezza", che cioè Dio non ha bisogno della nostra lode per essere più grande di quello che è, ma è anche vero che la lode vera è fondere il nostro cuore con Colui che ci ha beneficiato e quindi il nostro grazie "ci ottiene la grazia che ci salva".

"Perchè ha guardato la povertà della sua serva", "Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente". Maria riconosce il nulla su cui Dio costruisce. Il magnificat, in fondo non è che l’anticipo e la sintesi del Vangelo di Gesù. L’Onnipotente guarda al nulla, crea dal nulla, riempie il nulla. Dio, per entrare, bussa. Ha bisogno di un posto vuoto per metterci il Tutto. "Che cos’è l’uomo che tu ti ricordi di lui?… Eppure di gloria e di onore lo hai coronato, e tutto hai messo sotto ai suoi piedi..".

"La sua misericordia si stende su quelli che lo temono". Dio non è più solo il Dio degli eserciti, il Vendicatore, il Dio della legge del taglione, è il Dio della misericordia che con Gesù, Buon Pastore, si metterà alla ricerca della pecorella perduta, che sarà il Padre accogliente nei confronti del prodigo, il Dio che è venuto non per coloro che si ritengono giusti, ma per i peccatori. Il timore di Dio non è più paura, ma riconoscere che noi dipendiamo totalmente dalla sua grande misericordia che può cambiare i nostri peccati dallo scarlatto al bianco della neve.

"Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore", "Ha innalzato gli umili". Un Dio che si fa bambino, un Dio che per nascere sulla terra sceglie una grotta di pastori, non è il Dio dei palazzi regali, non il Dio delle parate militari, dello sfoggio delle ricchezze, degli intrallazzi politici, è un Dio Bambino che sorriderà e piangerà tra le braccia di pastori, che dormirà stanco a bordo di una barca di pescatori, che non avrà paura di guardare in faccia i potenti di questa terra e di dir loro tutto quello che gli viene. E’ il Dio non delle apparenze, ma del cuore.

 

 

GIOVEDI' 23

"SI CHIAMERA’ GIOVANNI". (Lc.1,60)

Anche oggi, leggendo la nascita di Giovanni il Battista fermiamoci su due piccoli particolari:

"In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e parlava benedicendo Dio". Zaccaria, sacerdote del Tempio e padre del Battista, riacquista la parola ma solo per lodare Dio. Mi chiedo: le mie parole sono sempre parole positive? Con i miei figli sono parole di crescita, di incoraggiamento o solo di giudizio? Con le mie parole do la vita o uccido? Le mie parole con Dio sono chiacchiere o preghiere? La mia lode per Dio è formale o viene da un cuore pieno di meraviglia e di riconoscenza per quanto ha operato ed opera in me e nel mondo?

"Che sarà mai di questo Bambino?". La nascita di Giovanni preannuncia in tutto la nascita di Gesù. Crea la gioia: è la gioia della sterilità che per opera di Dio diventa capace di generare; è una gioia che si comunica, che non viene consumata nel chiuso ma raggiungendo altri suscita meraviglia e speranza; è una gioia che ben fa prevedere per il futuro: se Dio ha fatto cose così grandi, che cosa farà ancora di più grande per noi?

Siamo ormai a due giorni dal Natale, forse sentiamo già il clima di questa festa, un clima bello ma anche ambiguo, in quanto legato spesso a materialismo e consumismo, ma proviamo a farci ancora la domanda:

"Che sarà mai di questo Natale?"

Nascerà qualcosa di nuovo in me? Ci sarà davvero la gioia di sapersi figli nel Figlio? Come si espanderà questa gioia nel mondo? Che cosa ci preparerà ancora Dio di meraviglioso?

 

 

VENERDI' 24

"ZACCARIA FU PIENO DI SPIRITO SANTO E PROFETO’ DICENDO: BENEDETTO IL SIGNORE, DIO DI ISRAELE". (Lc.1,67)

In questa vigilia di Natale ci sta proprio bene meditare il cantico di questo vecchio sacerdote, che riacquistata la voce e la fede dopo un periodo di silenzio, dà la stura alla pienezza del suo cuore riconoscente, anche perché questo cantico è paragonabile al grido della sentinella che ha avvistato il Re che sta venendo.

"Dio ha visitato e redento il suo popolo", "come aveva promesso". E’ bello constatare che c’è Qualcuno che è fedele anche al di là delle infedeltà del suo popolo. Neanche il peccato, il giusto castigo possono sminuire l’amore di Dio per la sua creatura, anzi, più grande è il peccato, più grande è la Redenzione. L’exultet, l’inno di Pasqua, nella notte del Sabato Santo arriva a questa esagerazione: "Fortunata la colpa che meritò un così grande Redentore". Dio ci ha visitato, non come il Dio degli eserciti, il punitore, ma come il Dio con noi. Anche la nostra lingua, come quella di Zaccaria dovrebbe sciogliersi in questa notte davanti a quel Bambino che viene. Dio non è di passaggio, Dio non viene ad aggiustare i conti, la sua è una visita per stare con noi, per farci suo popolo.

"Verrà per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei peccati", "per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e dirigere i nostri passi sulla via della pace". Un Bambino, il nostro Re, un bambino che non è venuto a prendere nulla di nostro, un Bambino che non è ingombrante, che promette di liberarci dai nostri nemici, quelli più terribili: il peccato e l’egoismo che ci divorano; che viene a darci il suo stesso Spirito per illuminarci la strada, che viene a dare compimento alla legge antica riportandola al cuore dell’osservanza, l’Amore che supera le norme, che viene a parlarci dei valori di pace che sono già informi nel cuore di ogni uomo.

Davanti ad un Bambino non si fanno ragionamenti filosofici, non si parla a Lui con parole difficili, si può solo comunicare con gli occhi, col cuore, con la gioia e la lode.

Quanto sarebbe bello se questa notte tacessero le parole ma i nostri occhi, a volte stanchi di contemplare il male, potessero ancora posarsi negli occhi limpidi e innocenti del Bambino, se le nostre mani a volte dure diventassero soffici per poter dare una leggera carezza di ringraziamento, se il nostro cuore, non diventato "buonista" per l’occasione, ma intenerito e pieno di amore lo riversasse davvero per i fratelli: Egli è nato per tutti.

 

 

SABATO 25 - NATALE DEL SIGNORE

PRIMA LETTURA ( Is. 9, 1-3. 5-6)

Dal libro del profeta Isaia.

Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si gioisce quando si spartisce la preda. Poiché il giogo che gli pesava e la sbarra sulle sue spalle, il bastone del suo aguzzino tu hai spezzato come al tempo di Madian. Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore.

 

SECONDA LETTURA ( Tt. 2, 11-14)

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito.

Carissimo, è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone.

 

VANGELO ( Lc. 2, 1-14)

Dal vangelo secondo Luca.

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia". E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama".

 

RIFLESSIONE

 

Oggi, più che mai sento che il mio compito è quello di annunciare la gioia del Dio con noi.

Giovanni, nel cammino dell’avvento, in modo serio e austero ce lo ha indicato, oggi Maria con la sua tenerezza di madre, ce lo presenta.

Natale è Gesù, Dio incarnato, non una bella favola che serve a far star buoni i bambini e a dare una parvenza di bontà agli adulti, non è un mito, uno dei tanti in cui un dio non sapendo cosa fare di meglio viene a farsi un giro sulla terra e così si spiega la nascita di un popolo o il nome di una città. Gesù è concreto. Colpisce come Matteo cerchi proprio di mettercela tutta per darci il tempo della nascita. "L’imperatore Cesare Augusto… Quirinio, governatore della Siria… Erode". Gesù è davvero nato. Diceva uno storico che ci sono più prove materiali della nascita concreta di Gesù che di quella di Napoleone.

E allora facciamo attenzione alle mistificazioni del Natale:

A quella del rumore e del folclore, pacchiano, superficiale, consumistico, gastronomico, dispersivo, prova generale per l’altra grande carnevalata di fine d’anno.

A quella del Natale dei facili sentimenti, condito di infantilismi, incrostato di buonismo tirato fuori per l’occasione, di vaghi sentimenti di tolleranza (magari oggi posso anche dare qualche soldo al marocchino di turno e, ma sì, è un bel gesto: invitiamolo anche a pranzo!) e di altruismo.

Attenzione alla mistificazione del Natale delle vacanze invernali da dedicare alla neve o alla scelta di quei luoghi esotici che fanno tanto ‘in’.

Alla mistificazione del Natale di chi boccia il Natale per parlarne poi con superiorità e vanagloria culturale.

Alla mistificazione del Natale di una certa religiosità tradizionale e formale che fa sì che qualcuno vada a Messa di mezzanotte, perché fa chic e poi è una tassa annuale che si può pagare; o a quella ci certi preti e di certe organizzazioni ‘benefiche’ che facendo leva sui buoni sentimenti della gente ne fanno una ghiotta occasione per far soldi.

Natale è il dono di Gesù, il figlio di Dio.

Un giorno, un bambinetto mi ha messo in crisi.

Si era durante la novena di Natale e "sto soldo di cacio di non più di sei anni", guardandomi con aria seria mi dice: "Ho bisogno di parlarti a tu per tu, e che non ci senta la mamma". Dopo la funzione lo prendo da parte e lui, guardandosi intorno per accertarsi che nessuno ci sentisse, mi dice: "Tu sei un prete e non puoi raccontare bugie, dimmi ma è proprio Gesù che porta i doni di Natale o sono i genitori? Perché io qualche sospetto ce l’ho, ho persino visto i miei regali di Natale nascosti all’ultimo piano dell’armadio!" Cercai di cavarmela dicendo la verità ma anche tenendo conto di quanto i suoi genitori gli avevano detto, ma ad un certo punto la risposta bella che mi sentii dirgli era questa: "Noi pensiamo ai doni, ai nostri giocattoli, perché ci piacciono e sia Gesù che i genitori che ci vogliono bene ci vogliono accontentare per quello che possono anche in questo, ma c’è qualcuno che si dona totalmente a noi. Vedi, anche se Gesù non porta Lui personalmente i doni, è Lui il dono, la cosa più bella che potevamo aspettarci!"

Natale è la storia stupefacente di un Dio che si fa uomo, di un Dio pieno d’amore che, non pago dei tanti "no" che gli uomini gli hanno risposto, decide di parlarci con un linguaggio che potevamo capire: farsi uno di noi, donare la sua vita perché comprendessimo la sua misericordia.

Le prove, le malattie, la solitudine, le delusioni si abbattono su di noi e tutto il positivo che c’è nella vita sembra improvvisamente sparire, le speranze perdono lucentezza, uno spirito di pessimismo porta a lasciarci vivere. Il più grande deluso dovrebbe essere proprio Dio: dopo 2000 anni di cristianesimo, ancora guerre, divisioni, violenze e gli stessi che portano il nome di suo Figlio, i cristiani, che spesso non sono meglio degli altri. Eppure Dio, rinnovando anche quest’anno il Natale del suo Figlio grida alla nostra umanità e a ciascuno: "Ho ancora fiducia in te! Ho fiducia in te, perché nel tuo cuore porti i segni della mia presenza, i desideri di bello, di giusto, di vero, di infinito. Ho fiducia in te perché sei fratello di mio Figlio Gesù, vali il suo sangue versato per te. Ho fiducia in te, perché se vuoi sei capace di meraviglia, di preghiera, di perdono, di gesti di carità e di solidarietà. Ho talmente fiducia in te che chiedo proprio a te, come ho chiesto a Maria, di far nascere mio figlio Gesù in questo mondo."

E noi, che cosa possiamo rispondere?

Innanzitutto stupirci di questo amore immenso che Dio ha per noi, passare da questa meraviglia al ringraziamento, all’amore, sentirci investiti di questa responsabilità, lasciar scaturire da noi il bene, guardare a Gesù per "rivestirci di Lui", aprire come Lui il cuore a tutti gli uomini.

Se Gesù viene a cercarci, anche noi dobbiamo cercare Lui.

Gesù nasce in una grotta.

La nostra ricerca allora deve partire dalle cose semplici, non dai grandi castelli dell’intellettualismo, del consumismo ma da quella semplicità profonda che è nel fondo di ogni nostro cuore.

Gesù nasce bambino, piccolo.

E’ inutile cercarlo nei palazzi del potere o aspettarsi da Lui, secondo la logica dei potenti, miracoli, intrallazzi, raccomandazioni. Un bimbo sorride, piange, ha fame, ha freddo… ma la sua presenza riempie il cuore.

Gesù nasce povero.

Ma non basta: Egli si identifica con i poveri, gli ultimi, i piccoli, i più abbandonati. Quindi se vogliamo incontrare Cristo, ricordiamocelo quando incontriamo un povero.

Celebrare il Natale sia allora per tutti noi, proprio celebrare Gesù e in Lui ricordarci che siamo figli di Dio, fratelli deboli, sofferenti, peccatori ma amati, non soli. Sia riscoprire che l’uomo ha una dignità che va ben oltre i pochi anni e i tanti affanni della nostra vita.

Si usa in queste feste farci gli auguri. Io faccio a voi e a me questo: "Che tu possa incontrare Cristo. Se lo avrai incontrato continuerai a soffrire ma in un modo diverso. Cercherai la pace non solo per te ma nel rispetto degli altri, griderai per le ingiustizie, ma non diventerai ingiusto a tua volta, gioirai della vita ma non la brucerai in gioie che passano e lasciano l’amaro in bocca, porrai le tue speranze in valori che non deludono per sempre, imparerai che la strada del perdono è più dolce di quella della vendetta, aprirai gli occhi e ti vedrai subissato dal dolore dei fratelli ma avrai imparato a vedere i fratelli, vivrai nella lotta quotidiana tra squali feroci e forse ne perirai, ma saprai che anche il morire è vivere.

 

 

DOMENICA 26 - SANTA FAMIGLIA DI GESU' MARIA E GIUSEPPE

PRIMA LETTURA (Gn.15,1-6; 21,1-3)

Dal libro della Genesi.

…Il Signore condusse Abramo fuori e gli disse: "Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle" e soggiunse "Tale sarà la tua discendenza. Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia….Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito.

 

SECONDA LETTURA (Eb.11,8.11-12.17-19)

Dalla lettera agli Ebrei.

Fratelli, per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede anche Sara, sebbene fuori di età, ricevette la possibilità di diventare madre. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia del mare….

 

VANGELO (Lc. 2,22.39-40)

Dal Vangelo secondo Luca.

Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza e la grazia di Dio era sopra di lui.

RIFLESSIONE

 

Ieri, il nostro sguardo si è posato sul Bambino, il Dio-con-noi, il Figlio di Dio, il Fratello, il Consigliere ammirabile, il Principe della pace e in Lui abbiamo contemplato il mistero che ha unito il cielo e la terra. Ma questo Bambino non è un extraterrestre che appare improvvisamente in mezzo agli uomini. E’ un Dio incarnato in una storia concreta, ricordavamo ieri il quasi affanno di Matteo nel darci indicazioni di luoghi e di tempi. E’ un Dio incarnato in una famiglia concreta.

Ecco allora, che il nostro sguardo si allarga e scorgendo Gesù tra le braccia di Maria con la presenza discreta e premurosa di Giuseppe, abbiamo il quadro più completo sul senso della venuta di Gesù: l’incarnazione ha senso perché trova la concretezza di una famiglia come le nostre, e quindi Gesù è venuto a dirci che proprio la famiglia deve essere il luogo dove cielo e terra si congiungono, dove fede e mistero si coniugano, dove pace e amore devono trovare il loro luogo ideale. Se vogliamo essere ancora più convinti di questo possiamo dare un’occhiata all’intera vita di Gesù. Circa trentatré anni dalla nascita alla morte e risurrezione, di questi tre dedicati alla predicazione e trenta vissuti nel nascondimento della vita familiare di Nazaret, ed anche in quei tre anni di vita pubblica Gesù non è vissuto come se la famiglia non ci fosse. Maria era legata a Lui con discrezione e Gesù stesso ha allargato la sua famiglia a quella degli Apostoli.

Proviamo dunque a guardare le nostre famiglie alla luce di quella Famiglia.

Qualcuno dirà: "Impossibile! Quella era una famiglia straordinaria, dotata di grazie particolari. Noi e le nostre famiglie siamo molto più terra-terra e brancoliamo in mezzo alle prove quotidiane."

E’ vero, Gesù è il Figlio di Dio, Maria è stata concepita senza peccato, Giuseppe ha degli angeli e dei sogni premonitori che lo guidano, ma è anche vero che Gesù è un bambino come tutti gli altri, con la voglia di correre, di giocare, di imparare, di crescere (provate a pensare all’episodio dove scappa alla vigilanza dei suoi per fermarsi nel tempio a discutere e ad imparare); Gesù impara il mestiere di suo padre, va alla sinagoga.. fa tutto quello che fanno i bambini e poi i giovani della sua generazione. Maria, pur essendo concepita senza peccato, non è esente dalla vita di donna di casa, di moglie, non è esente dalle prove e dalle sofferenze e quali prove, ad esempio, deve far nascere suo figlio in una stalla perché per loro "non c’era posto in albergo", deve andare esule con la sua famiglia perché il re Erode "cercava di uccidere il Bambino", per tre giorni vive nell’ansia di aver perso Gesù, vede suo figlio, il Figlio di Dio morire sulla croce come un malfattore.. E Giuseppe? Quanta fede combattuta per accettare il mistero della nascita di questo Figlio di cui lui non è il padre diretto, quanta ansia nel dover fare da "ombra del Padre" a questo Bambino, quanta fiducia nel dare affidamento ai suoi sogni, quanta fatica e coraggio nell’affrontare lavoro ed esilio…

Questa famiglia, dunque, tutt’altro che essere lontana da noi può a pieno titolo dare delle indicazioni preziose anche a noi famiglie del 2000.

Che cosa dovrebbe fondare le nostre famiglie? E’ l’amore.

Purtroppo, però, sappiamo che questa parola si presta alle più disparate interpretazioni, qualcuno la intende esclusivamente come sentimento che lega più persone (ma, allora finito il sentimento, o nato un sentimento più forte è finito l’amore?); qualcun altro pensa sia una buona riuscita sessuale (certamente vi è anche questo aspetto ma non vi sembra un po’ poco ridurre la famiglia ad un semplice appagamento fisico vicendevole?); qualcuno pensa che l’amore possa sussistere se alla base ci sono i soldi e uno stato di benessere sufficiente ( ma come la mettiamo con certe famiglie povere che ci sono di esempio?) Proviamo a vedere come la Sacra Famiglia ha vissuto l’amore: Maria e Giuseppe due persone che si vogliono veramente bene ma che si rispettano profondamente nelle proprie storie ed esigenze personali. Pensate alla delicatezza e alla fiducia di Giuseppe in Maria: quando sa che aspetta un bambino non suo, prima per fedeltà alla legge, con dolore cerca di ripudiarla segretamente, perché non ne abbia alcun male, poi con grande fiducia accoglie Lei e il Bambino. Pensate a Maria che si fida delle decisioni di Giuseppe. Pensate a questi due che si mettono in fila al tempio (il vangelo di oggi) per "restituire a Dio" Gesù. Non un figlio a mio uso e consumo, ma un figlio che prima di tutto è Figlio di Dio, e poi è se stesso, e poi è anche figlio nostro (chissà se il nostro rapporto con i figli dal volerli e programmarli fino al farli crescere a nostra immagine e somiglianza è rispettoso fino in fondo della loro individualità?). E Gesù che rispetta il suo ruolo di figlio "crescendo in statura, in grazie ed essendo a loro sottomesso" non ha forse molto da insegnare ai ragazzi che spesso hanno ridotto la famiglia ad un luogo per mangiare e dormire e per chiedere senza mai dare?

L’amore della Sacra Famiglia si fonda su Dio.

Dicano pure i sociologi e gli esperti familiari di tutti i motivi della crisi attuale della famiglia. Un po’ di ragione ce l’hanno tutti: i forti mutamenti sociali, il passaggio dalla famiglia patriarcale a quella cellulare, il lavoro, l’economia, l’emancipazione della donna…Per me, motivo fondamentale è che l’amore familiare e i valori, spesso, non si fondano più su Dio, ma su io, e io è il nemico più grande dell’amore. Maria, Giuseppe, Gesù di fidano di Dio, si affidano a Dio, sanno anche aspettare, aver pazienza (se volete pensate anche all’Abramo della prima lettura e alla interpretazione che di lui ne dà Paolo nella seconda). Non pensate che finchè i valori di una famiglia sono solo quelli materialistici, questo è il modo migliore per uccidere gli ideali e l’Amore? Non pensate che certi ragazzi educati così, davanti ai familiari anziani, li valuteranno soltanto per quello che rendono o meno?

L’amore non è senza sofferenza.

Se la famiglia è per la gioia dei suoi componenti, questo non significa che non ci siano prove. La Sacra Famiglia ne affronta di tutti i generi, prove morali, prove umane, tentazioni, prove fisiche. Ma le prove invece di dividere diventano motivo di lotta comune, di comune sostegno, di riscoperta della propria finitezza e di abbandono fiducioso al mistero di Dio.

Anche le nostre famiglie vivono continuamente in mezzo ad ogni sorta di prove e tante volte non è facile affrontarle, pensiamo alla povertà di molti, alla precarietà del lavoro, alle incertezze del futuro, alle malattie a volte lunghe e ripetute, ai problemi degli anziani, alla morte di qualche componente la famiglia. Il nostro Dio che è vissuto in famiglia sa che cosa vuol dire tutto questo e sa anche delle nostre povertà.

Ci sono poi problemi tutti particolari che riguardano difficoltà successe nelle storie delle nostre famiglie. Ogni volta che faccio la predica sul tema della famiglia so benissimo che a mettere poco almeno il 20 o il 30 per cento dei miei uditori vive con alle spalle delle esperienze negative di famiglia: figli di divorziati, separati in casa, divisi, figli che convivono, nipoti divisi a ore e giornate tra genitori e nonni, persone che hanno cercato di ricostruire, ma che trovano difficile e che spesso devono lottare contro una società da una parte permissiva ma anche estremamente esigente nei confronti di chi lotta da solo, e spesso anche contro la Chiesa che almeno in alcuni suoi rappresentati si mostra incapace di comprensione e di accoglienza. Ebbene, se indubbiamente è vero che all’origine di tutte queste prove c’è certamente dell’egoismo, qualche volta anche del peccato, mi sento di dirvi sulla base del Vangelo che Maria, Giuseppe, Gesù vi comprendono, vi sono vicini, che la stessa sofferenza che magari vivete in questo momento è già superamento del male, che la speranza e la fiducia che mettete nel cercare di ricostruire qualcosa per voi e per altri può essere già un riscoprire ancora una volta l’amore vero su cui fondare la vita. Il Vangelo di oggi termina con la frase: "Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza e la grazia di Dio era sopra di Lui. Ebbene io auguro a voi e a me, a tutte le vostre famiglie, anche e soprattutto a quelle in difficoltà, che in casa vostra Gesù possa crescere e sia Lui stesso, che è l’Amore, a fondare la vostra serenità e concordia.

 

LUNEDI' 27

"MARIA MADDALENA CORSE E ANDO’ DA SIMON PIETRO E DALL’ALTRO DISCEPOLO, QUELLO CHE GESU’ AMAVA". (Gv.20,2)

Con riconoscenza celebriamo la festa di San Giovanni Evangelista in quanto pagine bellissime e di alta teologia ci sono state offerte da questo santo. C’è una cosa, però che ci sembra strana ed è il modo con cui lui stesso si definisce: "Quello che Gesù amava". Ma Gesù non ama tutti? Gesù non è morto per tutti? Gesù non ci ha insegnato che non bisogna fare distinzioni?

Giovanni sentiva profondamente l’amore di Gesù, vedeva la concretezza delle attenzioni del maestro nei suoi confronti, che può permettersi di dire che Gesù lo amava particolarmente.

Senza togliere nulla dell’amore di Gesù per i peccatori, i poveri, gli altri apostoli, egli sente che l’amore di Gesù non è generico, è particolare per lui.

Ed è proprio così anche per noi: Gesù, che ama tutti indistintamente ha modi particolari di rivolgersi a ciascuno. Sulla terra siamo tutti amati da Dio, ma Dio ha un amore particolare per ciascuno. Gesù ci conosce intimamente, sa la nostra storia, le nostre difficoltà, le nostre capacità di amore, conosce il ‘timbro’ che ciascuno di noi dà alla propria esistenza, e se noi siamo attenti cogliamo le sue attenzioni per noi espresse proprio secondo le nostre esigenze. E questo costituisce anche il tessuto variegato della Chiesa vera. Nella Chiesa non siamo un numero, non semplici pedine che servono alla costruzione di una grande macchina politico-religiosa, siamo prima di tutto persone amate personalmente da Dio, ricche ciascuna di doni particolari per l’utilità comune.

Se Pietro ha ricevuto il primato tra i dodici, Giovanni ha ricevuto la vocazione di "essere amato" e di amare e l’amore ha bisogno di guida e la guida ha bisogno di amore. Nel Vangelo di oggi abbiamo sentito che sia Pietro che Giovanni corrono a vedere la tomba vuota di Gesù per rendersi conto della verità e della gioia della risurrezione, ma corrono in modo diverso: uno con il fiato e l’entusiasmo della giovinezza e dell’amore, l’altro con i l fiato lungo non solo degli anni, ma anche del peso di una colpa; Giovanni arriva prima, perché l’amore arriva sempre al cuore delle cose prima di ogni altro, ma aspetta Pietro.

La Chiesa ha bisogno di Pietro e di Giovanni e di tutti e due insieme perché solo insieme formano l’equilibrio. La Chiesa ha bisogno di te e di me, dei tuoi doni e dei miei e di quelli di ogni uomo chiamato al Regno. Se tu o io rifiutiamo di condividere i nostri doni, alla Chiesa di Gesù, manca qualcosa.

 

 

MARTEDI' 28

"ERODE SI INFURIO’ E MANDO’ AD UCCIDERE I BAMBINI DI BETLEMME". (Mt. 2,16)

Un’ombra nera sembra stendersi sulla gioia del Natale. E’ l’ira di un reuccio fantoccio che, per eliminare un eventuale concorrente al suo trono, gli fa compiere una strage di bambini. L’altro ieri abbiamo gioito per la nascita di un Salvatore, oggi ci rendiamo conto che per la malvagità del mondo apparentemente non è cambiato nulla: il male, l’egoismo, il potere, la cattiveria continuano ad avere la meglio, anzi, per un Bambino vengono uccisi molti altri bambini.

Quando Matteo ci ricorda questo triste episodio ha certamente presente la storia di Mosè. Anche là, il Faraone, per eliminare un popolo che poteva causargli dei guai, aveva ingiunto l’uccisione di tutti i neonati maschi.

Purtroppo la storia del potere e della cattiveria comincia sempre così. Per andare avanti, per ira, per paura ci si accanisce sui più deboli. Quel bambino è arrivato indesiderato? Porterà scompiglio nella nostra famiglia per bene? Vincolerà la mia libertà, il mio futuro? Uccidiamolo! Abbiamo addirittura una legge dello Stato che ce lo permette e ci protegge. Per salvaguardare la purezza della razza, facciamo un po’ di pulizia etnica. Ci sono troppo vecchi? Liberiamoci e ‘liberiamoli’ con l’eutanasia. I nostri soldi non rendono più abbastanza? Chiudiamo quella fabbrica, mandiamo alla disperazione centinaia di famiglie e giustifichiamoci dicendo che è la legge dell’economia che lo vuole. Deve passare una strada in mezzo all’Amazzonia affinché le multinazionali possano depredare meglio quel paese? Quegli aborigeni che vivono nella foresta danno fastidio alle nostre imprese: spariamogli addosso o spargiamo un po’ di virus a cui loro non hanno difese biologiche, o diamo loro gratis dell’alcool perché si ubriachino e muoiano…E i bambini sfruttati a lavorare 14 ore per cucire palloni che saranno il divertimento di altri bambini? E i bambini vittime delle voglie insane di gente bacata nel corpo e nel cuore? E’ lunga questa strage di innocenti. Ma il sangue dei piccoli, dei poveri, degli umiliati grida vendetta. Dio salva Mosè che tornerà a liberare il popolo. Dio salva Gesù, che ora deve prendere la via dell’esilio, ma che ritornerà. Egli sarà la vendetta di Dio. E siccome Dio è amore, e Gesù è venuto per dircelo, ce lo dirà donando la sua vita per noi. Quando sarà sulla croce non sarà più ‘salvato’ da Dio che accettando il suo sacrificio ‘salverà tutti noi’.

 

MERCOLEDI' 29

"MOSSO DALLO SPIRITO (IL VECCHIO SIMEONE) SI RECO’ AL TEMPIO MENTRE I GENITORI VI PORTAVANO IL BAMBINO GESU’ PER ADEMPIERE LA LEGGE". (Lc. 2,27)

Anche questo semplice racconto della presentazione al Tempio di Gesù ha tante cose da indicarci e riflessioni da suggerirci.

Innanzitutto noi vediamo l’obbedienza della Santa Famiglia. La famiglia del Figlio di Dio non ha obblighi, neanche religiosi, eppure è una famiglia che, pur avendo il Figlio di Dio per casa, ha rispetto delle leggi, delle tradizioni, dei luoghi sacri. E questo gesto manifesta chi sia Gesù e fa capire ancora meglio quale sia la ‘vocazione’ di Maria e di Giuseppe.

Presentando Gesù al Tempio e ‘consegnandolo’ al Padre, Giuseppe e Maria ci fanno capire che Gesù è il dono più grande che noi abbiamo ricevuto, ma che è un dono che va ridonato perché consacrato dal Padre possa esserci ancora ridonato.

Gesù, che è Colui che riscatta gli uomini, viene a sua volta riscattato con l’offerta di due tortore. Cioè, Gesù salva me e l’umanità con la sua vita e chiede poco a me perché io possa avere la sua misericordia per sempre.

Il tutto avviene nella solennità del Tempio, il luogo per eccellenza dell’ebraismo, ma anche nell’umiltà e nel nascondimento. Le pietre parlano della grandezza di Dio in mezzo al suo popolo e il gesto che viene fatto è un solenne gesto di consacrazione, ma la Santa famiglia è in fila con le altre famiglie, anzi non può permettersi di offrire qualcosa di più dell’offerta dei poveri. Solo due vecchi ,"mossi dallo Spirito Santo" riescono a "vedere" Gesù in mezzo a quella folla e riescono a leggere il mistero di amore e di dolore che è presente in quel Bambino.

Dio non viene al suono delle trombe, tra schieramenti di eserciti, Dio viene nella normalità della vita e solo gli umili e gli ultimi riescono a riconoscerlo.

Il ruolo della Sacra Famiglia sarà quello del silenzio, grembo silenzioso della terra per far crescere il seme che Dio ha piantato, e Maria e Giuseppe avranno la gioia e il peso della condivisione della missione del Figlio fino alla sofferenza che "come spada" trafiggerà l’animo di Maria e la renderà corredentrice della nostra salvezza.

 

 

GIOVEDI' 30

"C’ERA ANCHE UNA PROFETESSA, ANNA. ERA MOLTO AVANZATA IN ETA’ E SI MISE ANCHE LEI A LODARE DIO E PARLAVA DEL BAMBINO A QUANTI ASPETTAVANO LA REDENZIONE DI GERUSALEMME". (Lc. 2,36.38)

La presenza del vecchio Simeone e dell’anziana profetessa Anna alla presentazione di Gesù al Tempio e il fatto che solo loro due riconoscano in Lui il Messia, può aiutarci oggi a fare una riflessione proprio sugli anziani.

Le statistiche ci dicono che siamo una popolazione che invecchia (le nascite diminuiscono, l’aspettativa di vita aumenta), ma anche senza statistiche ci rendiamo facilmente conto che vivere il tempo della vecchiaia in questa società non è molto facile. Se nelle vecchie famiglie patriarcali, il vecchio aveva il suo ruolo, e bene o male era parte viva del tessuto familiare, oggi per motivi sociali, ambientali e qualche volta anche morali, il vecchio spesso è costretto alla solitudine più assoluta. Specialmente nelle nostre città siamo testimoni di tantissimi casi di abbandono, di tristezza, di degrado degli anziani. Colpe ce ne sono, ma non sempre dipendono dai figli. Io penso che debbano essere proprio gli anziani a doversi ritagliare il proprio ruolo.. E allora, voi anziani che leggete queste righe, provate a confrontarvi con quanto segue:

Non lamentarti sempre! Non c’è niente che allontani di più da un anziano che il vederlo sempre mugugnare.

Cerca di vedere i lati positivi, non solo in te (e ce ne sono!), ma anche in tuo figlio e in tua nuora (qualcosa di buono l’avrà anche lei!), anche nei vicini fracassoni, anche nei giovani che non sanno più come vestirsi (o svestirsi)

Cura la tua persona: perché sei vecchio non hai il diritto di apparire malandato. Non dire : "la barba me la faccio ogni due giorni" intanto non viene nessuno. E tu sei nessuno? Quando passi davanti allo specchio devi poterti guardare con rispetto e con amore.

Sappi che hai ancora da dire tante cose al mondo e alle persone. Non per il fatto che hai tante cose da raccontare, anzi non pretendere che gli altri ascoltino per la ventesima volta la tua storia dell’ultima guerra, sappi però che la tua persona ha ancora da dare.

Prova a conquistarti la simpatia degli altri. Non facendo il "giovanista" non ti viene bene, anzi qualche volta ti rende solo ridicolo, ma conquista l’altro con la cordialità, la battuta spiritosa, il sorriso. Non sai quanto bisogno di vecchi simpatici hanno i giovani.

Trovati degli interessi. Il tempo è un dono anche per te. Ne hai tanto e puoi usarlo sia per te che per gli altri, magari in modi limitati, ma sempre importanti.

Manifesta senza paura i tuoi valori senza però voler obbligare gli altri a seguirli.

Sapessi quanto bene fa il trovare un anziano o un’anziana umile (per esperienza sa che nessuno di botto e da solo può conquistare il mondo, la vita, e neanche un’ora), sorridente, spiritoso, aperto non parolaio, credente ma non bigotto.

 

 

VENERDI' 31

"IN PRINCIPIO ERA IL VERBO". (Gv.1,1)

Oggi e domani non si può far a meno di parlare di questo evento del cambiamento del secolo, non tanto perché sia chissà che cosa, è un giorno e un’ora come tante nella nostra vita e nella vita dell’universo, è una convenzione che vale per il mondo cristiano e non per altre culture, quanto piuttosto per approfittare di questo evento e pensare all’uomo, alla sua storia, a noi e alla nostra storia personale.

Questa sera non voglio buttar via niente. Sotto il mio balcone non troverete cocci. Io porto con me la storia. Nei miei cromosomi ci sono le tracce di tutta la storia fin dall’origine dell’universo; nella mia anima c’è addirittura il volto di Dio che Gesù mi ha insegnato a chiamare Padre. Porto con me non solo la storia dei miei genitori e dei miei nonni, ma anche quella dei miei avi. Non ci sono in me solo i pochi anni vissuti del secolo scorso, ci sono tracce di tutto: c’è il passato, c’è il presente e, se non mi capiteranno incidenti particolari che faranno finire prima la mia vita, nelle mie cellule c’è già anche segnata l’ora della mia morte. Porto in me la forza della vita e la debolezza dell’umanità. Giocano in me il bene di tantissime persone e il male che gli uomini hanno accumulato nei secoli.

Il tempo che ho è l’unico tempo per poter far emergere la santità e la bontà del passato nella speranza del futuro. Quando con i primi cristiani dico: "Vieni presto Signore Gesù", non mi auguro che il mondo finisca presto o che venga presto l’ora della mia morte materiale, mi auguro che il Cristo e il suo Regno di verità e di giustizia, di amore e santità realizzi presto la speranza dei buoni che nonostante tutto continuano ad operare il bene.

Sì, per noi cristiani Cristo è proprio il centro della storia. "In principio era il Verbo"; "E il verbo si fece carne"; "Tornerà glorioso alla fine dei tempi"; Gesù non è soltanto una data più o meno esatta della storia è il senso della storia. E’ la risposta alle famose domande: "Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?". E’ il senso dell’Amore di Dio incarnato. Di quel Dio davanti al quale "mille anni sono come un’ora di veglia della notte", è il senso della redenzione dell’uomo (da solo non ce la fa) è il senso del futuro, della speranza, dell’eternità.

Non butto via niente! Ma raccolgo, con riverenza il bene che altri hanno seminato nella mia vita, raccolgo con riconoscenza la passione morte e risurrezione di Gesù per me, raccolgo tutte le mie forze per dire grazie della vita e per gridare a me stesso e al mondo non tanto solo buon 2000, ma buona speranza, piccolo uomo fragile che da solo hai creato e crei danni ma che con Dio diventi signore anche del tempo perché profumi di eternità.

 

TRENTUN PENSIERI PER TRENTUN GIORNI

 

1 DIMENTICARSI

Non serve a niente essere staccati da tutto se non si è staccati da se stessi. Georges Bernanos)

 

2 DIO

Come non possiamo vedere il sole se non col lume dello stesso sole, così non possiamo vedere il lume di Dio, se non col lume dello stesso Dio. (Sant'Alfonso)

 

3 DIRITTI

Chi parla troppo di diritti rischia di perdere il diritto di parlarne. (Wiston Churchill)

 

4 DISATTENZIONE

A volte le parole che feriscono e i gesti che allontanano sono solo frutto di disattenzione. (Dorian Galbraith)

 

5 DISCEPOLO

La via tracciata da Dio al Figlio dell'uomo determina anche la via del discepolo, di colui che aderisce a Gesù e si pone alla sua sequela. (K. Gutbrod)

 

6 DISCERNIMENTO

Per ogni pensiero che ti viene in mente devi dire: "Sei dei nostri o del demonio?" (Apoftegma dei Padri del deserto)

 

7 DISCORSI

Sii padrone dell'argomento, le parole verranno. (Catone il Censore)

 

8 DISCUSSIONE

La cosa più importante in una discussione, quando si ha ragione, è lasciare aperta una via d'uscita all'oppositore, in modo che possa schierarsi dalla tua parte, senza perdere la faccia. (Sidney Harris)

 

9 DISGRAZIA

La sola vera disgrazia sarebbe trovarsi un giorno senza pentimento al cospetto di chi perdona. (Georges Bernanos)

 

10 DISTINZIONI

Il mondo ha dimenticato - nel suo agitarsi tra destra e sinistra - che esiste un Alto e un basso. (F. Werfell)

 

11 DISONESTA'

Ho sentito dire molte sciocchezze sul fatto che i malvagi non ti guardano in faccia. Non prestar fede a quest'idea. Il disonesto fisserà l'onesto fino a fargli abbassare gli occhi se così facendo avrà qualcosa da guadagnare. (Charles Dickens)

 

12 DISPERAZIONE

La misericordia di Dio non ha limite, niente la supera. Ecco perché colui che si dispera è responsabile della propria morte. (Giovanni Climaco)

 

13 DISPONIBILITA'

Nessuno sa che cosa Dio farebbe di una persona se questa si lasciasse fare da Dio. (P. De Ravignan)

 

14 DISTACCO

Il distacco non deve mai essere praticato come fine a se stesso; mi distacco per attaccarmi. Abbandono ciò che è cattivo poi ciò che è meno buono per prendere il meglio e ciò che è perfetto. (Henry Huvelin)

 

15 DIVERTIMENTO

Se tutto l'anno fosse di giorni festivi, divertirsi sarebbe noioso quanto lavorare; ma quando essi vengono di rado, capitano desiderati, perché nulla piace più delle cose rare. (William Shakespeare)

 

16 DIVISIONE

Non costruire un muro se prima non sai che cosa metti dentro e che cosa metti fuori. (Robert Frost)

 

17 DIVORZIO

Sono tante le persone convinte che il divorzio sia la panacea per tutti i mali, ma poi scoprono, quando ci provano, che il rimedio è peggiore del male. (Doroty Dix)

 

18 DOGMATISMO

Nulla si crede più facilmente di quel che meno si sa, e nessuno è più spavaldo di coloro che ci raccontano delle favole come gli alchimisti, gli indovini, gli astrologi, i chiromanti, i medici. (Michel de Momtaigne)

 

19 DOLCEZZA

Si pigliano più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto. (San Francesco di Sales)

 

20 DOLORE

Chi cerca la verità dell'uomo si deve impadronire del suo dolore. (Georges Bernanos)

 

21 DOMANDA

E' più facile giudicare l'ingegno di un uomo dalle sue domande che dalle sue risposte. (Duca di Levis)

 

22 DOMANI

L'unica cosa che sappiamo del domani: che Dio si alzerà prima del sole. (Lamennais)

 

23 DONARE

Non è vera libertà se tu doni più per conformismo che per bontà: il tuo affetto dà il nome alla tua azione. (Sant'Ambrogio)

 

24 DONARE DI DIO

Il Signore non si contenta di proporzionare i suoi doni ai nostri modesti desideri. (Santa Teresa di Lisieux)

 

25 DONAZIONE

Non c'è altra felicità per l'uomo che quella di donarsi in tutta la sua pienezza. (Paul Claudel)

 

26 DONNA

Dietro ad un uomo che si realizza c'è sempre una donna che lo accetta con i suoi difetti. (Enzo Biagi)

 

27 DOTTO

I dotti sono come le tappezzerie: tanto più sono belle e si stimano, quanto più si guardano da lontano. (Erasmo da Rotterdam)

 

28 DOVERE

Un grande difetto degli uomini è che sanno così bene ciò che a loro è dovuto, e sentono così poco ciò che devono agli altri. (San Francesco di Sales)

 

29 DOVERE

La prima ricompensa di un dovere è di averlo compiuto. (Alberto I°)

 

30 DUBBI

Il millepiedi visse felice fino al giorno in cui il rospo gli domandò scherzando: "Spiegami un po' quale gamba muovi prima e quale dopo". Il millepiedi rimase bloccato nel fosso in uno stato di totale confusione e continuava a riflettere su quale fosse il metodo più corretto per camminare…(E. Craster)

 

31 DUBBIO

Ci sono due specie di sciocchi: quelli che dubitano di niente e quelli che dubitano di tutto. (Ch.J. Ligne)

     
     
 

Archivio