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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

a cura di don Franco LOCCI

OTTOBRE 1999

 

 

VENERDI' 1

"SE SALGO IL CIELO LA’ TU SEI, SE SCENDO NEGLI INFERI, ECCOTI". (Sal. 138,8)

Il bellissimo salmo 138 ci introduce nel cammino di riflessioni di questo nuovo mese che comincia con la festa di una santa tanto cara perché "piccola": Santa Teresina. Dove cercare e trovare Dio?

I ‘saggi’, lungo la storia hanno percorso le strade del pensiero. E questo percorso ha portato alcuni a trovare Dio, altri a relegarlo in formule filosofiche, altri a perderlo. Altri lo hanno cercato unicamente partendo dai propri sentimenti e dai propri bisogni, e qualcuno lo ha trovato, altri si sono costruiti gli idoli. Qualcuno lo ha cercato nella natura, nelle sue opere, e qualcuno dalla bellezza e perfezione delle creature ha raggiunto la grandezza del Creatore, qualcun altro ha confuso Dio con il creato. Qualcuno ha intrapreso lunghi viaggi alla ricerca di "illuminati" , di guide che portassero a Dio ed ha trovato o Dio o uomini, a volte santi, a volte fanatici, e a volte imbroglioni. Qualcuno Dio lo ha cercato in sé ed anche qui o ha trovato il vuoto, o se stesso, o Dio nel suo cuore. Dio è ovunque, "in ogni luogo", come recitava il nostro vecchio catechismo. Ogni cosa sussiste solo perché c’è Lui che lo vuole. Se hai occhi, Dio ‘deborda’ dalle cose. Ma proprio perché è Dio non pensare di appropriartene facilmente. La natura ti può parlare di bellezza o di crudeltà, di vita o di morte. Anche lì Dio non si impone. La tua intelligenza può comprendere tante cose, ma per capirle e per comprenderle ci vogliono un dono ed un indirizzo giusti. Abbiamo scoperto l’energia dell’atomo, con esso possiamo salvare o distruggere l’umanità: Dio puoi raggiungerlo, ma puoi anche perderlo. In fondo, quel Dio che "mi scruta e mi conosce", quel Dio che "se salgo in cielo Tu sei là. Se prendo le ali dell’aurora anche là la Tua mano mi guida", non mi obbliga a Lui. E’ proposta, è scoperta, è libertà e solo i ‘piccoli’ innamorati come Teresina riescono a trovarlo e a lasciarsi amare da Lui.

 

 

SABATO 2

"ECCO, IO MANDO UN ANGELO DAVANTI A TE PER CUSTODIRTI SUL CAMMINO E PER FARTI ENTRARE NEL LUOGO CHE HO PREPARATO". (Es. 20,20)

Noi tutti sappiamo che l’Antico Testamento, nel suo radicale monoteismo, non indulge a qualsiasi figura o presenza che possa, anche solo lontanamente, essere scambiata per divinità. Sappiamo anche che, avendo un totale rispetto per la trascendenza di Dio, quando racconta le sue manifestazioni ai suoi servi, usa il termine ‘angelo’ quasi come si farebbe per un intermediario tra Dio e l’uomo. Non sta a noi conoscere l’essenza degli angeli: ci sono; Gesù ce ne parla; sono segno della Provvidenza e della comunicazione di Dio con noi. Il nostro Dio, infatti, è provvidente, cioè si interessa alla sua creatura, è presente alla nostra vita e non solo come spettatore o arbitro o giudice. E’ un Padre, e pur non essendo uno che si impone, è coinvolto nel cammino dei suoi figli. E’ un Padre misericordioso che desidera la nostra salvezza e quindi in tutti i modi cerca di appianarci la strada, di riprenderci quando sbagliamo. E’ un Dio che vuol comunicare con noi. Ecco, quindi, un altro ruolo dell’angelo, quello di parlarci di Dio, di aiutarci a parlare con Lui, e questo avviene soprattutto nella preghiera e nella meditazione. Mi sembra, allora, di poter pregare così: "Caro Angelo custode, io non ti conosco, non so bene della tua essenza, non riesco a capire il tuo modo di manifestarti, di comunicare, ma so che vedi Dio e vedi me, so che sei il segno concreto attraverso cui la Provvidenza si manifesta a me, sei colui che, se riesco ad ascoltarti, rinnovi in ogni momento l’annuncio della buona notizia di Cristo. Continua, dunque, nell’opera che Dio ti ha affidato, non spaventarti delle mie miserie umane ma continua a custodirmi, a reggermi, a governarmi perché in Dio possa definitivamente ringraziarti e con te possa cantare in eterno e per sempre la sua bontà che anche attraverso te si è manifestata nella mia vita".

 

 

DOMENICA 3 - 27^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 

"C’ERA UN PADRONE CHE PIANTO’ UNA VIGNA, LA CIRCONDO’ CON UNA SIEPE, VI SCAVO’ UN FRANTOIO, VI COSTRUI’ UNA TORRE, POI L’AFFIDO’ A DEI VIGNAIUOLI". (Mt. 21, 33)

Non credo affatto che questa parabola sia semplice. Certo il senso generale lo comprendiamo, e poi, Gesù non racconta nulla di nuovo, modernizza soltanto un esempio che si trova già in Isaia. Dunque: Dio sceglie il suo popolo, lo pianta, lo cura, lo difende, lo affida a dei vignaiuoli, ma quando manda a ritirare i frutti, sono botte per gli inviati e addirittura gli viene ucciso il figlio. Dio allora verrà, farà giustizia e darà la vigna ad altri. Fin qui tutto bene, ma ecco alcuni particolari. La vigna in sé non ha tradito, essa i frutti li ha dati, essa non viene distrutta perché cattiva, come nella parabola di Isaia. Quindi, qui Gesù non parla tanto della vigna, del suo popolo ma dei vignaiuoli, di coloro a cui la vigna è stata affidata. Questi si sono impadroniti della vigna, questi hanno sfruttato la vigna, questi non solo vogliono tenersi i frutti ma non vogliono rendere conto a nessuno del loro operato, non vogliono più saperne di Dio. Allora diventa facile capire a chi è indirizzata questa parabola: ai detentori del religioso, sia ebrei (sacerdoti, dottori della legge, rabbini, farisei, sadducei, pii) sia odierni (vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, cristiani d.o.c.). Questi sono i vignaiuoli, alcuni debitamente incaricati a questo, altri che si sono automaticamente designati a questo compito. Quali possono essere le colpe dei vignaiuoli di oggi, ed anche le nostre colpe, perché tutti siamo chiamati a ‘reggere’ la Chiesa? Eccone alcune in base alla parabola: abuso di potere, sfruttamento del religioso, mafia, intimidazioni, uccisione.. ed ultimo: ateismo. Non sta a noi puntare il dito, ma mentre vediamo che tutto questo è successo al potere religioso in Israele al tempo di Gesù, non possiamo non vedere che anche oggi nella Chiesa, che pur in tante cose è bella immagine del Vangelo, un certo potere ecclesiastico continua ad operare a sfruttamento della vigna; un esempio per tutti: vi siete mai chiesti, vedendo certi preti che in continuazione chiedono soldi per migliorie alle loro proprietà, se lo fanno poi per ‘onorare Dio’ o se invece non sfruttano Dio e il popolo per ottenere cose per loro?

 

 

LUNEDI' 4

"TI BENEDICO O PADRE, SIGNORE DEL CIELO E DELLA TERRA, PERCHE’ HAI TENUTO NASCOSTE QUESTE COSE AI SAPIENTI E AGLI INTELLIGENTI E LE HAI RIVELATE AI PICCOLI". (Mt. 11,25)

Quando, apparendogli, il Signore disse a Francesco: "Va’, ripara la mia Chiesa", la vita della Chiesa non era molto migliore dell’attuale: intrallazzi politici, potere economico, immoralità, clero in gran parte non testimone della fede. All’epoca di Francesco c’erano grandi cose meritevoli, grandi luminari ed anche grandi personaggi ecclesiastici, eppure la chiamata viene rivolta a questo giovane "pazzerello" che butta via i suoi sontuosi vestiti, che ama la natura, che parla al crocifisso, che chiama sorella la sofferenza e la morte, che si mette a danzare davanti al Papa, che ha le stimmate, ma che ha crisi mistiche che durano dei mesi. Voi lo sapete che sono sempre stato un ‘patito’ dei santi perché è attraverso le testimonianze che si può comprendere il testimoniato. E penso anche che sappiate che non mi sono mai lasciato suggestionare da quegli agiografi che dicono solo bene, che dipingono solo in rosa, che presentano santi melensi, senza carattere, senza difetti. Ebbene, se voi scorrete anche solo qualche vita di santo, alcuni denominatori comuni li trovate, ad esempio: semplicità che spesso sconfina nella fanciullaggine, fantasia, giocondità (persino in mistici del calibro di S. Giovanni della Croce), fiducia totale nella Provvidenza, vedute lunghe, forme di equilibrio molto strane che spesso ad una lettura umana sconfinano nella pazzia… Ma non sono proprio questi i ‘piccoli’ cui si rivela il Regno di Dio?

 

 

MARTEDI' 5

"UNA DONNA DI NOME MARTA LO ACCOLSE IN CASA SUA". (Lc. 10, 38)

Mi hanno detto che oggi Gesù ha chiesto di poter venire in casa mia, di essere mio ospite:

Primo atteggiamento: Che onore! Che bello! Ma devo accoglierlo bene. La casa è da spazzare, approfittiamo dell’occasione per cambiare le tende, per buttar via quell’odioso tappeto spelacchiato… Bisogna offrirgli da mangiare.. chissà che cosa gradirà di più. Vorrei offrirgli quella mia specialità, solo che ci vuole tempo a prepararla. Devo andare a fare la spesa. Oh, se avessi un frigorifero più capiente… Devo ricordarmi di tirar fuori la tovaglia di lino e il servizio bello, quello del regalo di nozze della zia. Secondo atteggiamento: Che bello, viene Gesù: che cosa avrà da dirmi? Potrò stare con Lui, gioire della presenza di Dio in casa mia. Ho tante cose da dirgli anch’io, domande da fargli, ammirazione e ringraziamento da manifestargli, persone di cui parlargli. Due atteggiamenti diversi. Tutti e due buoni. Uno rischia, per troppo amore, di dare solo cose, l’altro dà se stesso (anche se corre il rischio di camminare con i piedi per aria). Attenzione: Oggi Gesù ha scelto di venire in casa tua. Viene mentre leggi queste righe, mentre farai la Comunione Eucaristica, viene con quel povero, con quel malato, con tua moglie, tuo marito, tuo padre… che cosa gli dai? La Parola la accogli come una parola qualunque? La accogli con lo studio della Bibbia? La accogli come una Parola che Gesù rivolge oggi proprio a te? L’Eucaristia è una preghiera? E’ un rito? Una presenza, uno spezzare il pane con Dio per imparare a spezzarlo con i fratelli, un fare memoria viva di Gesù e della sua passione, morte e risurrezione redentrice? A Gesù che si presenta come tua moglie o tuo marito, a Gesù malato o povero che cosa dai? Ti accorgi che è Lui? Te la sbrighi dando delle cose? Dai il tuo tempo? Dai te stesso? Attento! Oggi Dio è ospite in casa tua!

 

 

MERCOLEDI' 6

"E IO NON DOVREI AVERE PIETA’ DI NINIVE NELLA QUALE SON PIU’ DI CENTOVENTIMILA PERSONE CHE NON SANNO DISTINGUERE TRA LA DESTRA E LA SINISTRA?". (Gn 4,11)

In questi giorni, come prima lettura della Messa, abbiamo riletto alcuni brani del libro di Giona.

Giona è famoso soprattutto per la storia della balena, ma in questo libretto della Bibbia sono evidenziati altri fatti ben più importanti. La misericordia del Signore vuol salvare Ninive, per far questo Dio chiede a Giona di andare a fare il profeta di sventura; questi per paura di finir male scappa ma, dopo una serie di disavventure viene risputato sulla spiaggia di Ninive e allora si adegua a predicare: "Quaranta giorni e Ninive sarà distrutta". Una volta tanto la predica viene ascoltata e i niniviti si convertono. Giona se la prende con Dio perché, non avverandosi la distruzione della città: "Che figura ci faccio come profeta che ha annunziato morte e distruzione e ha ottenuto misericordia e perdono?". Riprendiamo: Dio è misericordia. Suo compito principale è quello di perdonare. Dio conosce i nostri errori, i peccati, ma anche le povertà, le debolezze. Quanti ancora oggi, e noi nel numero, siamo come i niniviti che non sappiamo distinguere tra bene e male, destra e sinistra? Per aiutarci a comprendere ha bisogno di metterci davanti alla sua grandezza; la sua giustizia ha bisogno di qualcuno che ci gridi a nome suo: "Convertiti" e permetta così a Lui di esercitare il suo amore misericordioso che perdona. Ecco perché non si può mai ridurre la fede solo a minaccia di castighi, a fiamme dell’inferno, a un dio meschino che si offende e che si vendica e castiga, come diceva qualcuno, a un Dio che fa più attenzione ad una mela che a miliardi di suoi figli. Dio è giustizia, ma una giustizia per la misericordia. E, un’ ultima osservazione: non corriamo il rischio di essere ‘piccoli e gelosi’ come Giona. Per una volta che la predicazione ha avuto effetto, perché aver paura di averci fatto una brutta figura? Perché sei geloso se tuo fratello ha cambiato vita ed è giunto alla fede? Stai tranquillo che la misericordia che Dio ha dato a Lui non l’ha tolta a te!

 

 

GIOVEDI' 7

"SE UNO DI VOI HA UN AMICO E VA DA LUI A MEZZANOTTE A DIRGLI: PRESTAMI TRE PANI PERCHE’ E’ GIUNTO DA ME UN AMICO …". (Lc. 11,5-8)

Gesù ha narrato questa parabola con la chiara intenzione di invitarci alla preghiera insistente. Ma sembra troppo facile concludere dicendo: "Dio, per esaudirci con amore o per forza, ha bisogno di essere svegliato dal suo sonno con la nostra insistenza". Se davanti alla nostra necessità sembra vero che Dio ‘dorma’ (pensate che già l’Antico Testamento conosceva questa preghiera: "Perché ci hai abbandonati? Svegliati, Signore!"), penso che la preghiera più che svegliare Lui debba svegliare noi. Se riscopro il bisogno di pregare, devo svegliarmi dalla mia autosufficienza: mi accorgo che non basto a me stesso. Con tutta la scienza e la tecnica, con tutti i beni che posso avere non riesco a dare una risposta ai miei bisogni essenziali, alle mie esigenze. La preghiera vera mi sveglia, mi fa aprire gli occhi per vedere le necessità del mio prossimo (nella parabola di oggi si va a svegliare l’amico di notte per chiedergli del pane non per se stessi ma per un altro amico arrivato improvvisamente da noi). La preghiera vera dovrebbe svegliarmi nel riscoprire con fiducia l’Amico che non solo non ci è contrario, ma ha piacere di essere disturbato da noi: Se noi lo "disturbiamo" è perché ci fidiamo di Lui, perché sappiamo che può esaudirci. Ecco allora la preghiera non come facile rifugio, non come talismano che garantisce ogni richiesta, ma come riscoperta della propria condizione di bisogno, davanti a Dio che è l’Amico che in ogni momento è disposto ad esaudirti perché in ogni momento è disposto a farti conoscere la sua volontà salvifica su di te.

 

 

VENERDI' 8

"QUANDO LO SPIRITO IMMONDO ESCE DALL’UOMO, DICE: RITORNERO’ NELLA MIA CASA DA CUI SONO USCITO". (Mt. 11,24-26)

Gesù, con questa piccola parabola detta per indicarci che è solo stando con Lui che lasciamo spazio al Regno di operare in noi, ci ha anche indicato il modo di operare del nemico, del diavolo. Il diavolo è forte e cerca in ogni modo di dividerci dal progetto di Dio, cerca di falsificare facendo apparire bene il male e il male bene. Ma il diavolo cerca soprattutto di allontanarci dalla potenza di Dio perché è l’unica cosa che egli teme davvero, l’unica che può snidarlo e "scacciarlo di casa". La forza di Dio, il sangue di Cristo versato per noi, l’amore potente dello Spirito che opera nella preghiera e nei sacramenti lo scacciano, lo fanno ripiombare nel suo assurdo di Spirito che, conoscendo Dio, lo ha negato e che sapendo la sua misericordia, invece di invocarla, la sfugge. Quando dunque l’uomo si affida alla forza di Dio, al diavolo non resta che far fagotto. Ma questo non vuol dire che si dia per vinto, anzi, ecco come gioca le sue carte: fa credere all’uomo che la vittoria sul male è avvenuta non per forza di Dio, ma per capacità proprie. Ed ecco che se l’uomo crede questo si affida di nuovo a se stesso e si allontana da Dio e allora il diavolo può comodamente ritornare "con sette spiriti peggiori di lui". Provate a pensare se questa parabola non è reale anche per la nostra quotidiana lotta contro il male e le tentazioni: ogni volta che ci fidiamo unicamente di Dio, della sua misericordia, della sua forza, da deboli diventiamo forti; ma ogni volta che ci fidiamo di noi stessi allontanandoci da Dio siamo destinati alle più nere sconfitte. E non è forse così anche per la storia della Chiesa? Pensate alla Chiesa degli Apostoli e dei martiri che, povera e perseguitata riesce ad affermarsi con una capacità certamente sovraumana mentre, quando comincia a fidarsi dei beni che Costantino e i suoi successori le hanno dato, comincia a diventare debole, perdente. Ed è ancora la storia di oggi: la Chiesa che invita alla fede e che la testimonia davvero non è quella delle esteriorità, degli ultimi ritrovati della scienza, della bellezza delle pietre antiche, è quella della povertà e della debolezza di testimoni che però lasciano trasparire la forza di Dio.

 

 

SABATO 9

"BEATO IL GREMBO CHE TI HA PORTATO E IL SENO DA CUI HAI PRESO IL LATTE". (Lc. 11,27)

Quante volte nel nostro modo di intendere noi sbagliamo il colpo! Se qualcuno, ad esempio, dicesse a mia madre: "Beata lei, con un figlio prete!", penso si sentirebbe rispondere: "Sì, ne sono contenta, ma sapesse quante grane! E poi non ha ancora finito di darmene!". Quando noi chiamiamo "Beati!" quelli che hanno vinto miliardi all’enalotto, siamo poi proprio sicuri che sia stata per loro una vera fortuna trovarsi tra le mani, improvvisamente, tanti soldi?

Nel Vangelo di oggi chi ha fatto questo complimento alla Madre di Gesù ci ha azzeccato: Maria è stata davvero beata, fortunata, non solo nell’essere stata scelta da Dio per essere Madre di suo Figlio sulla terra ma anche per aver risposto quotidianamente di sì a questa chiamata di Dio. Chissà, però, se quella stessa voce l’avrebbe ancora chiamata beata quando Gesù è stato arrestato e condannato come impostore e bestemmiatore? Chissà se ai piedi della croce si sarebbe sentita la stessa voce dirle: "Beata Te che sei la madre del condannato a morte!"?

Eppure la vera beatitudine di Maria è uguale sia all’annunciazione, che alla crocifissione, che alla risurrezione, che alla discesa dello Spirito Santo, perché la beatitudine sta nell’aver accolto Dio, nel lasciarsi plasmare quotidianamente dalla sua volontà. Ecco allora perché la stessa "beatitudine" di Maria può applicarsi a noi in ogni circostanza della nostra vita. Siamo davvero fortunati se Dio, trovandoci disponibili, in ogni momento può operare in noi!

 

 

DOMENICA 10 - 28^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"FRATELLI, HO IMPARATO AD ESSERE POVERO E AD ESSERE RICCO, SONO INIZIATO A TUTTO, IN OGNI MANIERA: ALLA SAZIETA’ E ALLA FAME, ALL’ABBONDANZA E ALL’INDIGENZA. TUTTO POSSO IN COLUI CHE MI DA’ FORZA" . (Fil. 4,12-13)

Conoscendo un po’ la storia di Paolo, sappiamo che quanto scrive qui è profondamente vero. Nelle vicende concrete della sua vita ci sono stati momenti in cui accolto, desiderato, amato dalle sue comunità ha avuto un po’ di tutto: serenità economica, amici e collaboratori, possibilità di svolgere liberamente e con frutto il suo ministero. Ma ci sono stati altri momenti in cui ha dovuto lavorare come tessitore di tende per guadagnarsi da vivere al punto di non riuscire neppure più a tener una penna in mano per poter scrivere, altri tempi in cui ha languito in prigioni, altri in cui è andato incontro a pericoli indicibili, però sempre ha avuto fede in Gesù che lo ha sostenuto e ha dato senso al suo operare. Abbiamo conosciuto tutti persone ricche e persone povere, gente in piena salute e malati, persone ‘fortunate’ ("Tutto ciò che tocca gli va bene!") e persone sfortunate che passano da un rovescio all’altro. E penso che con onestà possiamo dire di aver incontrato ricchi sereni e ricchi infelici, malati che affrontano con fiducia e forza la loro malattia ed altri che si lasciano abbattere da essa, persone che davanti alle prove si sono lasciate trascinare dalla corrente e si sono ridotte al "baronaggio" ed altri che si sono lasciati affinare dalle prove ed hanno sempre trovato la forza per ripartire. Il tutto non sta nelle cose, nella salute o nella malattia, nella fortuna o meno, queste possono influenzare, condizionare il contingente; il tutto sta in noi, o meglio, in ciò in cui noi crediamo. Se credo in me stesso ricomincio sempre daccapo, non mi dichiaro sconfitto in partenza. Se credo in Dio ringrazio quando ho e quando non ho, affronto la vita con grinta ma con amore perché ho uno scopo, mi metto di fronte agli altri non come se fossero solo concorrenti, ma li vedo come fratelli, amo la mia corporeità e la curo come un dono prezioso ma amo anche la mia anima e so che con Dio neppure la morte può strapparmela.

 

 

LUNEDI' 11

"QUESTA GENERAZIONE CERCA UN SEGNO, MA NON LE SARA’ DATO NESSUN SEGNO FUORCHE’ IL SEGNO DI GIONA". (Lc.11,29)

Le persone che mi conoscono sanno che sovente mi scappa questa frase: "Sono una contraddizione unica", non tanto per il fatto non cerchi di essere coerente, quanto perché scopro nel mio pensiero e nel mio modo di agire tutta una serie di contraddizioni reali od apparenti quali, ad esempio, fede e materialismo, amore ed egoismo, desiderio di semplicità e complicatezza. Una di queste contraddizioni, tipica degli interlocutori di Gesù e anche nostra è che noi desideriamo la libertà, la consideriamo sotto tutti gli aspetti (anche quello religioso) uno dei beni inalienabili e poi, invece, preferiamo che un bel segno, un bel miracolo ci costringa a credere. Dio, proprio perché è amore e non si impone, non concede altri segni che quello di Gesù stesso. E’ Gesù l’uomo-Dio, il crocifisso-risorto l’unico segno davanti al quale, con libertà siamo chiamati a dare la nostra risposta e a compiere le nostre scelte. Non che il miracolo sia misconosciuto dal cristiano, tutt’altro, ma il vero grande miracolo è vedere e credere in Gesù l’opera e l’amore di un Dio che si incarna per me, che si offre a me. E questo miracolo l’ho ogni giorno davanti agli occhi nella sua parola, nei suoi sacramenti, nella sua presenza nei fratelli. Certo, non è facile! Charles Peguy parla dei miracoli di Dio ma dice che c’è anche un miracolo che noi possiamo fare davanti al quale è Dio che si meraviglia: "Non mi meraviglio della tua fede, ma la tua speranza mi riempie di meraviglia e di gioia".

 

 

MARTEDI' 12

"VOI PURIFICATE L’ESTERNO DELLA COPPA E DEL PIATTO MA IL VOSTRO INTERNO E’ PIENO DI RAPINA E DI INIQUITA’ ". (Lc. 11,39)

Ci stiamo avvicinando al tanto propagandato Giubileo del 2000 e ringraziamo che molto spesso, insieme a messaggi turistico - religiosi, a sparate ossequienti di preti che non hanno di meglio da fare o a "gaget" religiosi come le preziose medaglie del giubileo che la tua banca ti farà ricevere con un semplice accredito sul tuo conto, giungono anche a noi da buona parte della Chiesa ufficiale e da parte di tanti cristiani di buon senso, inviti a vivere questa occasione come un momento importante di conversione interiore. Dopo aver letto la pagina del Vangelo di oggi mi sono chiesto: "Gesù ci sarebbe andato a celebrare il Giubileo?".

Penso di sì: Lui alle celebrazioni e alle feste religiose partecipava. Certamente non ci andrebbe per poter dire: "C’ero anch’io". Non ci andrebbe per unire alla professione religiosa un interessante viaggio turistico (per Lui ‘turismo’ erano chilometri e chilometri a piedi). Gesù parteciperebbe al Giubileo nello stesso modo con cui ha partecipato alla sua ultima Pasqua a Gerusalemme. Era andato, come dice Luca, "decisamente". Decisamente a Gerusalemme, come decisamente a Roma, come in certi santuari Gesù prenderebbe in mano una sferza e darebbe il giro a tavoli di venditori, di tour-operator, di cambiavalute, di agenzie turistiche (anche quelle che portano nell’insegna lo stemma papale o quello diocesano). Anche questa volta non sarebbe capito perché magari, invece di fare a ginocchioni la scala santa, avrebbe cominciato a dire che bisogna purificare il cuore. E poi, al culmine della festa, chissà che fuori dei confini del sacro ("non perché se no ci rimettiamo ma solo perché il popolo non patisca") non gli preparino un’altra croce con un bel processo fatto da religiosi e politici che del Giubileo hanno fatto un investimento mafiosamente gestito. Ma Gesù ci va lo stresso e spera che anche noi partecipiamo al Giubileo con la gioia di aver riscoperto che Dio è misericordia ai cuori pentiti e che la sua croce è la miglior garanzia di questa misericordia.

 

 

MERCOLEDI' 13

"GESU’ DISSE : GUAI A VOI!". (Lc. 11,42)

Ancora una pagina di Vangelo del ‘dolce’ Gesù, piena di "Guai a voi!". "Ben gli sta, ben detto Signore, proprio quel che ci voleva per gli ipocriti di ieri e di oggi, sacerdoti, farisei e dottori della legge, primi della classe…" Tutto vero. Ma qualcuno di quei "Guai" non sarà anche per me?

San Paolo nella prima lettura di oggi ci dice chiaramente: "Sei inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi, perché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso, infatti tu che giudichi fai le medesime cose". E allora mi chiedo: Io che me la prendo giustamente e tanto con gli ipocriti, non ho anch’io qualche scheletro nell’armadio o qualche fogna che ho solo coperto con un bel tappeto ma che si intuisce facilmente per l’odore che emana?

Io, che bollo facilmente gli arrivisti, coloro che spudoratamente si mettono al primo posto sono poi proprio così insensibile agli applausi, non sono uno che sotto-sotto cerca bramosamente consensi?

Io che, per ‘amore di giustizia’ punto il dito contro tutti gli scandali, non sono mai stato di inciampo alla fede di qualcuno? (se siete persone che dicono il rosario vi invito a dire ogni giorno un’Ave Maria per le persone che in qualche modo abbiamo scandalizzato o sviato dal bene. Per esperienza personale: non sono ancora riuscito a chiudere quell’elenco). Io, che me la prendo con chi ha nascosto la Bibbia, con chi avendone l’incarico e l’autorità non la spiega, amo la Bibbia? La studio ancora ogni giorno con amore? Non l’ho mai utilizzata a mio uso e consumo per comprovare qualche mia tesi?

Mi accorgo allora che quei "Guai" sono per i farisei ipocriti ma anche per Franco quando è ipocrita (e se ne siete convinti, metteteci anche il vostro nome), sono per gli arrivisti ma anche per Franco quando cerca gloria per se stesso, per i sepolcri imbiancati ma anche per quando contamino invece di aiutare, per i dottori della legge che nascondono la Parola, ma anche per me quando la considero solo parola e non diventa vita. Perché il ‘dolce’ Gesù diceva: "Guai"?

Solo perché sperava che qualche "Guai", dopo aver scorticato un po’ la mia e l’altrui pelle, ci portasse un po’ di conversione.

 

 

GIOVEDI' 14

"GUAI A VOI DOTTORI DELLA LEGGE CHE AVETE TOLTO LA CHIAVE DELLA SCIENZA. VOI NON SIETE ENTRATI E A QUELLI CHE VOLEVANO ENTRARE LO AVETE IMPEDITO". (Lc. 11,52)

Ripenso a questa frase di Gesù applicandola al mondo della cultura.

La cultura (o supposta cultura fatta di nozioni) è stata usata spesso come arma per conquistare superiorità e potere sugli altri. E’ colui che ‘sa’ o che ‘ha’ che occupa posti di comando. Ma il sapere in che cosa consiste? Nel conoscere determinate nozioni!?

La nostra scuola spesso educa alla conoscenza, ma educa alla vita? Sarà un’esperienza solo mia, ma i circa 18 anni di scuola fatta, a parte qualche piccola eccezione, mi hanno lasciato solo tracce di noia, di nozioni, di esami, di trabocchetti e di bravate per cercare di arrivare indenni alla fine. Mi hanno caricato di nozioni che ho gradualmente perso appena finiti gli esami, ma non si sono presi la briga ( o può anche darsi che allora fossi io a non capire) di mettermi sul gusto del conoscere, del ricercare. E questo vale anche per la teologia. Il giorno in cui, finalmente finiti gli esami, ho cominciato a dover applicare teologie, morali, biblica alla vita concreta mia e delle persone che venivano da me con delle sofferenze concrete o dei problemi vitali, allora ho cominciato ad amare lo studio non tanto per conoscere che cosa aveva detto il teologo tale, non tanto per fare accademie o salotto, ma per trovare dentro di me delle radici, delle strade, delle esperienze, che mi aiutassero ad arrivare alla Verità, al mistero di Gesù nel quotidiano. Applico la frase di Gesù a queste "Schegge e scintille".

Questi pensieri non sono la soluzione di problemi, non sono alta teologia, non hanno nessuna pretesa di dire tutto sulla Parola. Sono invece un cammino fatto insieme, spero uno stimolo quotidiano per amare la Parola, spero un invito alla riflessione personale, un suscitare un desiderio di andare incontro a Colui che ogni giorno viene incontro a noi.

 

 

VENERDI' 15

"CINQUE PASSERI NON SI VENDONO FORSE PER DUE SOLDI? EPPURE NEMMENO UNO DI ESSI E’ DIMENTICATO DAVANTI A DIO". (Lc. 12,6)

Ho bisogno di sentirmela dire e ripetere sovente questa frase. Apro il giornale e scopro che la vita vale veramente poco se dei banditi entrano in una gioielleria e sparano per uccidere, se sulle strade, per il gusto di dimostrare la propria capacità di correre in pochi minuti da casello a casello, si fa strage di una intera famiglia, se, dopo che abbiamo saputo che con due pasticche da 36 lire l’una possiamo ogni giorno salvare la vita ad un uomo, continuiamo a sprecare milioni e miliardi per l’assurdo e per l’inutile. "Che cos’è l’uomo?" si chiedeva già l’antico salmista; ecco varie risposte. L’uomo si crede immortale, vive come non dovesse mai morire, ma basta un piccolo virus, una serie di piccolissime cellule impazzite per bloccarlo e renderlo cenere. L’uomo dice che non ripone la speranza in sé ma nell’umanità? Ma l’umanità è relativamente giovane rispetto al mondo e da quando ci sono gli uomini non hanno fatto che rovinare mondo e natura! E poi, l’umanità non è forse a rischio quanto il singolo uomo? Basta che qualche asteroide piombi sulla terra e squassi ben bene il pianeta e, "ciao umanità con tutti i tuoi progetti!" Allora l’uomo non ha senso? Io, che senso ho?

Mi sono sorpreso parecchie volte a guardare l’acqua di un fiume dal parapetto di un ponte, e scrutando, vedervi la vita. Arriva il pescatore: un amo appetitoso e quel pesce che per due anni aveva affrontato e vinto la sua battaglia per la vita finisce o soffocato o con la testa sbattuta sull’asfalto. Ho bisogno, o Signore, di sentirmi dire che valgo più dei passeri del cielo! Non perché a me non possano capitare gli stessi guai che capitano ad ogni appartenente a questa natura, ma per non credere che sono frutto del caso e che vado verso l’assurdo. Se Tu mi dici che valgo più dei passeri, vuol dire che conto qualcosa per Te! Ma certo che conto per TE! Tu sei finito sulla croce per dirmi: "Ti perdono e ti voglio bene!".

 

 

SABATO 16

"CHIUNQUE MI RICONOSCERA’ DAVANTI AGLI UOMINI, ANCHE IL FIGLIO DELL’UOMO LO RICONOSCERA’ DAVANTI AGLI ANGELI DI DIO" (Lc.12,8)

"Credo in un solo Dio", intona il sacerdote la domenica e il gregge dei fedeli si aggrega a quella lunga sgroppata di parole (estremamente difficili) che formano quella preghiera che a prima vista sembra anomala (non chiediamo niente). Eppure questo è il nostro atto ufficiale di fede. Ma se è ancora abbastanza facile la domenica intrupparsi per dire a voce la nostra fede, quali altre occasioni abbiamo di "riconoscere Gesù davanti agli uomini"? A prima vista sembra che oggi non ci siano molte occasioni: grosse persecuzioni religiose, qui da noi, almeno apparentemente, non ci sono, e, poi, diciamocelo, non sono anche un po’ uggiosi, pedanti ed anche un po’ troppo falsamente ‘pii’ coloro che ogni dieci parole ci infilano un riferimento alla "loro fede"? Eppure ogni giorno ne abbiamo di occasioni di rendere testimonianza a Gesù: chi me lo fa fare se non Gesù, di sopportare quella persona particolarmente pesante? Posso riconoscere Gesù nel malato che vado a trovare e per il quale cerco poi di prodigarmi facendogli quelle commissioni che lui non mi ha chiesto direttamente, ma che gli alleggeriscono le preoccupazioni; sono testimone di Gesù se, anche a rischio di essere preso in giro non mi accodo alla massa che prende in giro il solito ‘scemo del villaggio’. Posso testimoniare la fede se ho il coraggio di affermare la mia adesione a Cristo quando tutti, in certe occasioni, si defilano perché significa concretamente impegnarsi nella condivisione e nella solidarietà. Se mi impegno in questo senso allora, anche quella lunga tiritera di concetti teologici del credo domenicale non resta una preghiera con poco significato ma diventa affermare con le labbra quella che è già una scelta di vita.

 

 

DOMENICA 17 - 29^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"RENDETE A CESARE QUELLO CHE E’ DI CESARE E A DIO QUELLO CHE E’ DI DIO". (Mt. 22,21)

Li avrai incontrati anche tu nella tua vita quei cristiani o quei preti che, pieni di zelo e pieni di ‘spiritualità’, vorrebbero che già sulla terra si realizzasse in pieno il Regno e allora aborriscono tutto ciò che è concretezza, rapporto con il mondo, con la società. Ho sentito, quest’estate, un prete che, durante l’omelia affermava: "Dopo che vi ho spiegato l’impegno sociale della Chiesa, il mio compito è finito. Adesso tocca a voi!". Quasi come se Gesù avesse detto: "Io vi spiego che dovete pagare le tasse, poi io non le pago, pagatele voi!" Gesù in questo racconto del Vangelo è estremamente concreto. Sa chi ha davanti, sa che, nonostante i salamelecchi, la domanda è capziosa. Sa anche che la domanda che gli hanno posto parte da una serie di problemi concreti. E allora, se è di una ironia sferzante nei confronti di chi subdolamente cerca di fargli dire qualcosa che lo possa far condannare, d’altra parte ci dà delle indicazioni concretissime sul modo di considerare la realtà in cui viviamo. La realtà, le cose, la politica hanno un loro significato. Il cristiano non è uno che vive disincarnato, anzi, seguendo l’esempio di Gesù, deve incarnarsi continuamente nella sua realtà, anzi, deve vivificare, dare senso alla realtà in cui si incarna. Come può fare questo? Dando prima di tutto a Dio ciò che è di Dio, cioè mettendo Dio al centro del suo cuore. Se farà così avrà la Sapienza di Dio che lo renderà capace di dare al mondo non le ‘tasse da pagare’ ma il senso del vivere.

 

 

LUNEDI' 18

"NON SALUTATE NESSUNO LUNGO LA STRADA". (Lc. 10, 4)

Siamo tutti ben consci che questo comando che Gesù ha dato ai primi missionari non è un invito alla maleducazione ma alla serietà del linguaggio e dei rapporti in riferimento all’importanza della buona notizia che essi devono trasmettere. In parole povere mi sembra che Gesù voglia dirci: "Nell’annunciare il Vangelo non ridurti al commesso viaggiatore che vuole, in base a parole, stordire l’acquirente pur di vendere il prodotto, non pensare che la bontà dell’annuncio dipenda solo dalle tue parole, non pensare di convertire gli altri solo con discussioni religiose, non fare come certi ‘preti televisivi’ che scimmiottano (per fortuna, malamente) il mondo dello spettacolo, non essere come quei cristiani che ritenendosi gli unici detentori della verità si impalcano a modello e fanno di ogni occasione lo spettacolo della propria vanagloria. Non diventare come coloro che dietro ai ‘salotti cristiani’ o dietro alle innumerevoli riunioni di gruppi parrocchiali, zonali, diocesani, mascherano e giustificano una fede vuota. Lascia perdere coloro che dicono di parlare di Gesù ma parlano soltanto di chiesa, cioè di se stessi…

San Luca, l’Evangelista che festeggiamo oggi, nello scrivere il suo Vangelo non si è perso in chiacchiere inutili, non ci ha parlato di dettagli insignificanti della vita di Gesù (pensate a certe persone che si sono dette ispirate e che per narrare la vita di Gesù hanno scritto ben dieci volumi, quasi un’enciclopedia), non ha ceduto alla ricerca di facili miracolismi o di esaltazioni inutili che facessero far fare bella figura alla Chiesa nascente. Ha amato, ha meditato, ha messo se stesso a servizio della Parola ed ha testimoniato ciò che scriveva con la sua vita.

 

 

MARTEDI' 19

"BEATI QUEI SERVI CHE IL PADRONE AL SUO RITORNO TROVERA’ANCORA SVEGLI; IN VERITA’ VI DICO, SI CINGERA’ LE SUE VESTI, LI FARA’ METTERE A TAVOLA E PASSERA’ A SERVIRLI". (Lc. 12,37)

Siamo abituati a meditare le grandi e belle parabole del Vangelo, ma in esso noi troviamo anche delle parabole piccole, poco più che esempi, ma estremamente importanti e gioiose, se capite a fondo. Così è della piccola parabola di oggi che a prima vista sembra assurda. C’è un padrone che per un lungo periodo non c’è e tarda a venire, però desidera trovare sempre i suoi servi desti e pronti. E poi, quando arriva e li trova svegli, invece di farsi servire, si mette lui stesso a servirli.

Ma la parabola non è assurda, è la storia della nostra Salvezza. Dio chiede al suo popolo e a noi di attendere pazientemente, chiede a noi una fede rinnovata ogni giorno anche nel buio della notte, "mentre il padrone non c’è" o sembra non esserci, anche in quei giorni in cui non sai bene che cosa scegliere e che cosa il Padrone vorrebbe da te. Una fede che si fonda su Lui. Se noi siamo capaci di vigilare, di attendere non temeremo il momento della venuta del padrone e quindi questa non ci coglierà di sorpresa e allora la nostra ricompensa sarà abbondante. Scopriremo addirittura che quel padrone non è venuto a fare conti, a chiedere, a pretendere, ma a dare; scopriremo che non ci considera servi, ma amici, scopriremo un Dio che si è fatto carico della nostra povertà. E, se vogliamo, per scoprire questo, non abbiamo bisogno di attendere il ‘paradiso’: Gesù è già venuto per servirci, con la sua Parola, i suoi Sacramenti, la sua misericordia, la sua croce.

 

 

MERCOLEDI' 20

"A CHIUNQUE FU DATO MOLTO, MOLTO SARA’ CHIESTO; A CHI FU AFFIDATO MOLTO, SARA’ CHIESTO MOLTO DI PIU’". (Lc. 12,48)

Al termine di questa nuova parabola sulla vigilanza troviamo questa affermazione. Forse non è il caso di fare delle graduatorie su chi ha ricevuto di più. Siamo tutti dei continui "graziati", siamo tutti come quel servo dell’altra parabola dei debitori evidentemente insolvibili. Tutto quello che abbiamo è dono gratuito. La vita non me la sono data da solo; gli occhi, le orecchie, l’intelligenza, le capacità affettive sono un dono… Viene da sorridere quando qualche piccolo uomo solo perché ha raggiunto qualche posto di comando o ha un po’ di banconote nel portafoglio dice: "Mi sono fatto da solo!". Però tutto quello che ci è stato dato ci è dato per un fine. Noi non siamo ‘padroni’ del mondo, di noi stessi; il padrone è Dio, noi siamo servi. Si è detto che il mondo andrebbe meglio se avesse meno architetti e più muratori, meno discussioni e più darsi da fare. Probabilmente sia il mondo che la chiesa hanno bisogno di meno ‘padroni’ e più ‘servi’ che sappiano far fruttificare per sè e per gli altri i doni ricevuti. Se Dio ti ha affidato una famiglia, un figlio, un lavoro di responsabilità… se Dio ti ha affidato la fede, i sacramenti, la comunità cui partecipi è perché ha avuto fiducia in te e da te si aspetta quella risposta, e Lui sa che tu puoi darla. Se ti tiri indietro il mondo sarà più povero e Dio dovrà cercare un’altra strada per riuscire a realizzare il bene che aveva progettato per te e con te.

 

 

GIOVEDI' 21

"SONO VENUTO A PORTARE IL FUOCO SULLA TERRA; E COME VORREI CHE FOSSE GIA’ ACCESO". (Lc. 12,49)

Gesù parla di qualcosa che gli brucia dentro ed è il suo incontenibile amore per il Padre e per noi uomini. Anche a Gesù, come a ogni uomo, non piace la sofferenza, ma questo amore profondo per Dio e per noi gli fa addirittura desiderare che il momento della dedizione totale avvenga in fretta. Molte persone pensano che Gesù sia venuto a portare agli uomini una religione tranquillizzante. Altri, forse, guardando a certe storie della Chiesa ben manifestate da certi suoi rappresentanti, pensano che la religione basata su obbedienza e umiltà e paura non sia nient’altro che un modo per ‘tener buoni’. E molti cristiani vivono una fede che è una specie di pillola-placebo da sorbirsi in caso di necessità. Gesù parla di fuoco. Ora il fuoco brucia, illumina, riscalda: Gesù non è venuto ad annacquare le passioni, non risolve i problemi appiattendoli o ignorandoli, non ci scarica affatto dalle nostre responsabilità umane. Il fuoco di Gesù dovrebbe contagiarci per bruciare in noi e attorno a noi tante ipocrisie e falsità del nostro modo di agire, tanti egoismi, tanti legami inutili a ricchezze e forme di potere.

La luce di Gesù non va nascosta dietro spesse lenti affumicate. E’ Lui stesso che ci fa vedere il bene e il male. E’ Lui che illumina un cammino difficile. Non ci spiega tutto, ma ci invita a seguirlo, a rischiare. Gesù poi ci scalda il cuore: non solo non è geloso dei nostri affetti, delle nostre gioie, ma viene ad indirizzarle, a rinnovare i sentimenti, a dare il gusto giusto alla vita. Se noi cristiani avessimo un po’ di questo fuoco nel cuore! Se la smettessimo di lasciarci ‘spegnere’ da chi, in nome del potere e della tranquillità (sua) continua a dirci che le iniziative sono proprie della gerarchia, che la nostra fede è obbedienza a testa china, che la nostra preghiera è solo quella organizzata da altri, che in chiesa bisogna solo star zitti… Se davvero ci lasciassimo incendiare e correndo appiccicassimo un po’ di fuoco attorno a noi, bruciacchiando qualche falsa barba di perbenista, il mondo scoprirebbe che il Vangelo è ancora una novità.

 

 

VENERDI' 22

"QUANDO VAI CON IL TUO AVVERSARIO DAVANTI AL MAGISTRATO, LUNGO LA STRADA PROCURA DI ACCORDARTI CON LUI, PERCHE’ NON TI TRASCINI DAVANTI AL GIUDICE E IL GIUDICE TI CONSEGNI ALL’ESECUTORE E QUESTI TI GETTI IN PRIGIONE". (Lc. 12,58)

Ieri dicevamo che il Vangelo non è una pillola per addormentare ma è incendiario. La piccola parabola di oggi ci dice che il cristiano non è uno stupido, ma uno che sa leggere i segni dei tempi, sa interpretarli, sa valutare e di conseguenza essere o combattivo o duttile. Ci sono battaglie nella vita che bisogna combattere, ad esempio, quella della testimonianza per la fede, e lì bisogna avere il coraggio di dare la vita, come pure quella dell’amore del prossimo: "non c’è miglior amico di colui che dà la vita per il suo amico", ma ve ne sono altre in cui la tattica di lotta è spesso quella di saper trattare prima di essere sconfitti totalmente. Gesù non ci dice: "Tu non vali niente", ma: "Tu sei a immagine e somiglianza di Dio", "Tu vali il mio sangue", "La tua intelligenza può aiutarti a scoprire i modi migliori di comportamento", ci dice: "Siate semplici come colombe ma astuti come serpenti". La cosa più importante è proprio quella sapienza che ci fa pensare come Dio. Tutte le mattine, quando dico la preghiera allo Spirito santo invoco i doni della scienza dell’intelligenza, della sapienza; quando chiedo quest’ultima aggiungo: "..che mi aiuti a pensare e ad agire come vuole Dio".. peccato, poi che nella giornata spesso prenda il sopravvento il ragionare e agire con la sapienza (forse sarebbe meglio chiamarla ‘insipienza’) mia, e il più delle volte… sono guai!

 

 

SABATO 23

"ECCO, SONO TRE ANNI CHE VENGO A CERCAR FRUTTI SU QUESTO FICO, MA NON NE TROVO…".(Lc. 13,7)

Voglio, oggi, lasciarmi coinvolgere dal tuo Vangelo. E allora mi immagino di essere io quel fico che 51 anni fa , o Signore, nella tua bontà hai piantato e curato personalmente e attraverso i tuoi contadini. Sono stato prima piantina fragile, poi ho avuto l’esuberanza della giovinezza con tutti i suoi eccessi positivi e negativi, poi sono venuti quelli che i più chiamano (ma sarà poi vero?) gli anni della maturità. La tua grazia è stata abbondante, il tronco si è ingrossato e, a saperlo leggere, vi puoi vedere i segni e le ferite degli anni. Certi rami che a suo tempo sembravano i migliori, sono crollati, altri sono stati potati. Foglie?

C'é ne sono in abbondanza, anzi, sembra che ogni anno che passa ce ne siano di più; sono le foglie delle esteriorità, delle chiacchiere, delle apparenze.

E se tu venissi, oggi, a cercare i frutti?

Qualcuno, lungo questo anni mi sembra di averlo portato, anche se mi chiedo se sono quelli che Tu ti aspettavi da me. Certamente sono pochi in confronto a quanto ricevuto: quante omissioni, quante dimenticanze, incapacità di vedere, poca voglia di fare, cose rimandate ad altre stagioni. Ci sono stati anche dei frutti bacati e dei frutti marciti prima ancora di maturare. E allora chiedo a Gesù di intercedere ancora per me, di chiedere al Padre "paziente e misericordioso, lento all’ira e pieno di amore" di portare pazienza: "Chiedigli ancora un po’ di tempo. E poi dammi una mano affinché porti frutto". E mi sembra di sentire la voce del Padre che, dicendo di ‘sì’ a Gesù, mi risponda: "Io pazienza ne porto, ma tu non darti per vinto; continua a concimarti con amore, lascia passare nel tuo cuore la mia linfa vitale… preoccupati soprattutto di questo e pensa di meno ai frutti… se sei con Me essi arriveranno".

 

 

DOMENICA 24 - 30^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"DA QUESTI DUE COMANDAMENTI DIPENDE TUTTA LA LEGGE E I PROFETI". (Mt.22,40)

Tutta la liturgia di questa domenica ci mette davanti a quello che è il nucleo dell’annuncio evangelico: l’amore di Dio e del prossimo realizzato in maniera piena in Gesù che ha amato e salvato noi offrendo la sua vita nell’obbedienza e nell’amore del Padre. Però, quale deve essere il rapporto tra questi due amori?

Se prendiamo le singole parole del Vangelo ci sembra quasi di trovarci davanti a delle contraddizioni.

Quando Gesù rimprovera Marta che sta dandosi da fare per rendere bella e gradevole la Sua permanenza in casa, e le dice che Maria, seduta ai piedi del maestro ha scelto la parte migliore, possiamo avere l’impressione che la contemplazione sia più importante dell’azione. Quando Gesù dice di "lasciare che i morti seppelliscano i morti", quando ai suoi discepoli chiede di lasciare padre e madre per seguirlo, può sembrare che l’amore di Dio debba avere il sopravvento sull’amore dei fratelli, ma quando Gesù fa miracoli nel giorno di sabato facendo sì che l’uomo sia più importante di qualunque norma religiosa, quando conclude la parabola del buon Samaritano dicendo: "Vai e fai lo stesso", quando dice chiaramente: "Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio", sembra dire che l’amore del fratello è la strada migliore per dimostrare l’amore di Dio. Quale dunque la strada? Quella di una certa mistica che allontana dalle scelte concrete per renderci capaci dello spirituale o quella di certe teologie che per liberare l’uomo si ferma alle sue lotte sindacali dimenticando il Trascendente?

Ancora una volta è proprio la persona stessa di Gesù che ci offre la risposta. Dio vuol talmente bene alla sua creatura che si incarna (e la sua incarnazione continua fino alla fine dei secoli) ma, facendo questo non perde nulla della sua divinità, della sua Trascendenza, anzi, nell’amore offre all’uomo la strada per arrivare a Lui. E Gesù, allora, è dedito a Dio (sovente si ritira ’sul monte’ per pregare) ma non si estrania (quando vede la barca di Pietro in balia delle onde, scende, cammina sulle acque, porta la bonaccia). Gesù "sente compassione" di un gregge senza pastore ma la sua compassione non si ferma alla preghiera al Padre, si fa Lui per primo Pastore buono che difende il suo gregge dai lupi rapaci (i religiosi di allora che della religione avevano fatto un affare per i propri interessi), prende le sue parti fino a dare la sua vita e, facendo così, compie in pieno la volontà del Padre e dà all’uomo la possibilità di poter di nuovo amare pienamente Dio. Dunque, amore di Dio o amore per l’uomo? Sembra che Gesù ci dica: "Se sono veri amori amando l’Uno troverai gli altri e amando gli altri troverai l’Uno".

 

 

LUNEDI' 25

"IL CAPO DELLA SINAGOGA, SDEGNATO PERCHE’ GESU’ AVEVA OPERATO QUELLA GUARIGIONE DI SABATO DISSE: CI SONO SEI GIORNI DELLA SETTIMANA IN CUI SI DEVE LAVORARE; IN QUELLI VENITE A FARVI CURARE E NON IN GIORNO DI SABATO". (Lc. 13,14)

La religione di Gesù davvero non è quella delle norme, ma quella dell’amore, eppure sono passati tanti anni da quando Gesù ci ha insegnato questo e noi cristiani e la Chiesa tutta facciamo tanta difficoltà a capirlo. Questo avviene perché, in fondo, è molto più semplice la religione delle formule, delle norme; è più facile sentirsi buoni se "non rubo, non ammazzo, non bestemmio" piuttosto che impegnarsi in una religiosità che ti invita a ricercare ogni giorno tutte le possibilità di amore nei confronti del tuo fratello. È più facile fare la penitenza della confessione con tre Pater, Ave e Gloria piuttosto che andare a chiedere scusa a chi hai offeso o fare del bene a chi ti ha fatto del male. Certo che, se per noi Dio è il ragioniere che conta le Messe, che guarda di più all’osservanza di certe norme che non piuttosto alla felicità dei suoi figli, che ci gode a sentire tante preghiere, che calcola la fede del mondo in base alla partecipazione dei cristiani alle processioni o ai giubilei, che è connivente con i venditori di candele e di ricordini, ebbene, allora è molto probabile che il nostro rapporto con Lui sia quello di tenercelo buono osservando tutta una serie di norme. Ma se Dio è un Padre buono che ama i suoi figli più delle cose, allora tutto cambia perché scopro che solo l’amore vero è in grado di mettermi in rapporto con Lui. L’amore non ha giorni feriali e giorni festivi, non ha misure né strutture. È un’avventura gioiosa, piena di rischi e di fatiche, non sempre ricompensata come vorremmo, ma è la strada per cui si è incamminato Gesù e per la quale, se vogliamo davvero incontrarlo, dobbiamo incamminarci anche noi.

 

 

MARTEDI' 26

"IL REGNO DEI CIELI E’ SIMILE AD UN GRANELLO DI SENAPE". (Lc.13,19)

Tutte le cose grandi cominciano dal piccolo. La vita nasce da un piccolo ovulo che incontra un altrettanto piccolo spermatozoo; un piccolo virus può uccidere un uomo; un’idea può portare ad una guerra o ad un superamento delle avversità. Ad un signore che arrivato da poco alla fede mi parlava di grandi prospettive per cambiar l’umanità, sorridendo dicevo: "Non possiamo cominciare a costruire il grattacielo dal ventiquattresimo piano, tutto comincia là sotto, al buio, nelle fondamenta". Gesù accettando in pieno la legge dell’ Incarnazione, è stato Lui il seme, ha accettato di essere gettato nella terra, di rimanere nel buio della tomba per poter risorgere e diventare "pianta grande in cui trovano riparo anche gli uccelli del cielo". La parola e la vita di quel piccolo uomo vissuto tanto tempo fa in un paese sperduto del medio oriente ha portato frutto lungo 2000 anni di storia. E’ stata una parola che ha infiammato i cuori, che ha operato divisioni, che è stata bagnata col sangue dei martiri, che ha portato carità nel mondo, che in tante cose è stata travisata proprio da coloro che avrebbero maggiormente dovuto testimoniarla, ma essendo una Parola viva, nonostante questo è sopravvissuta, è una parola che ancora si fonda sulle piccole cose e che ci insegna che sono proprio le piccole cose che contano. Quanto siamo assurdi quando pensiamo che il Regno di Dio, visto come troppo simile ai regni terreni, si fonda sulla forza, sulla potenza, sulle ricchezze. Quando, alla fine del Giubileo, si faranno conti e statistiche non conterà quanti milioni di pellegrini saranno venuti a Roma o quanto soldi avrà fatto la giunta capitolina o la città del Vaticano, non si potrà neppure dire che tutti i pellegrini siano cristiani, conterà se il seme della conversione, della riconoscenza a Dio, della gioia cristiana è entrato decisamente in qualche cuore e se, trovandovi un buon terreno, ha potuto interscambiare tutta la sua vitalità per poter, magari a distanza, diventare buon frutto.

 

 

MERCOLEDI' 27

"SIGNORE, SONO POCHI QUELLI CHE SI SALVANO?". (Lc. 13,23)

Non più tardi di questa estate anche il Papa, nelle sue catechesi, è tornato a parlarci dell’inferno, paradiso, purgatorio. Non sono solo curiosità o accademia quella che ciascuno di noi ha riguardo al nostro futuro: "Ma, come sarà il paradiso?", "E l’inferno come si accorda con un Dio misericordioso?", "Come mai la Chiesa prega ancora quella preghiera che dice: O Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente quelle più bisognose della tua misericordia?", "Ritroveremo i nostri cari?", "E se un mio caro sarà all’inferno, come potrò io essere felice in paradiso?".

Giusta preoccupazione quella che riguarda il nostro futuro, ma, se ci pensiamo bene, tutte queste domande hanno poco senso. Il paradiso non può essere un posto dove si affittano gli appartamenti e dove, con un po’ di buone azioni, puoi pensare magari ad aver diritto a "villa indipendente sui quattro lati, con piscina e 3000 metri quadri di giardino". Il nostro futuro è Dio e Dio è perfetto. Lasciamo che sia Lui a pensare a noi: siamo in buone mani! La cosa più importante, invece, è di rimanere con Lui, di essere in comunione con Lui, ora. Se vogliamo essere in comunione con Dio per l’eternità dobbiamo essere in comunione con Lui nell’aldiquà. Il nostro giudizio universale non sarà solo alla fine dei tempi e non dipenderà neanche dall’arbitrio del Giudice, dipende da noi, oggi. Sono le mie scelte odierne quelle che firmano la mia eternità. Se sono nell’odio, nell’odio resterò, se sono nell’amore, con l’Amore resterò per sempre.

 

 

GIOVEDI' 28

"VOI SIETE CITTADINI DEI SANTI E FAMILIARI DI DIO". (Ef. 2,19)

Il celebrare oggi la festa di San Simone e Giuda, due degli Apostoli, e l’avvicinarci al giorno della festa di tutti i Santi, ci può aiutare a ricordare una realtà di cui spesso ci scordiamo. Abituati a sentire e a vedere al telegiornale una lunga serie di notizie negative (omicidi, ingiustizie, stupri, violenze, rapine, guerre…), siamo portati ad avere una visione molto pessimistica nei confronti dell’uomo ed, in molti casi è vero il proverbio latino: "Homo hominis lupus", cioè: L’uomo è lupo nei confronti dell’uomo (e in certi casi ti viene pure voglia di aggiungere: con tutto il rispetto per il lupo!). Ma proviamo anche a ricordarci l’altra faccia della medaglia: L’uomo con Gesù, Figlio di Dio, è diventato familiare di Dio, è partecipe della santità di Dio, è cittadino della terra e cittadino del cielo, è fratello di chi ha manifestato la santità di Dio nella sua vita ed ora la glorifica nella visione eterna. Provate a pensare: io sono concittadino di Simone e di Giuda, di Francesco e di Domenico, di Padre Pio e di Madre Teresa di Calcutta, sono fratello dei martiri, partecipe del loro bene, unito alla loro lode, chiamato a magnificare anch’io, attraverso i doni che la bontà di Dio mi ha dato, la santità del Creatore. Davanti a me, come ad ogni uomo sulla terra, si presentano due strade: posso far emergere il diavolo, il male che c’è in me che manifesta l’egoismo, la divisione da Dio, la cattiveria, oppure l’angelo che lascia spazio alla giustizia, all’amore, alla santità di Dio. E non devo aspettare qualche grande occasione per manifestare questa scelta. Oggi le mie scelte danno spazio o alla santità di Dio, o al male e al diavolo.

 

 

VENERDI' 29

"GESU’ ERA ENTRATO IN CASA DI UNO DEI CAPI DEI FARISEI PER PRANZARE E LA GENTE STAVA AD OSSERVARLO". (Lc. 14,1)

Con il solito modo di generalizzare cose ed atteggiamenti, e con la solita prosopopea di volere dividere i cattivi dai buoni, quando sentiamo parlare di farisei noi bolliamo subito queste persone come ipocrite e cattive. Gesù, che pure non ne ha risparmiate ai farisei, partiva da un’altra prospettiva: i farisei, i pubblicani e qualunque uomo è figlio di Dio; quindi Gesù considera tutti fratelli e va a mangiare sia dai farisei che dai pubblici peccatori. Se poi in casa del pubblicano Zaccheo, questi si converte e in casa del fariseo si vede che questi cerca solo di ‘prendere in torta’ il suo Ospite, questo dipende dall’atteggiamento e dal cuore della persona. Quello che mi stupisce e che mi coinvolge è che in entrambi i casi noi troviamo che ci sono persone che ‘osservano Gesù’. Zaccheo voleva ‘vedere’ Gesù e per questo ha il coraggio di salire sulla pianta dalla quale verrà poi snidato da Gesù che si autoinviterà a casa sua. Può essere stata anche solo curiosità in un primo momento, ma ‘vedere’ Gesù per Zaccheo diventa frequentarlo, ascoltarlo, sentire di dover far qualcosa, convertirsi, seguirlo. Mentre i farisei che ‘osservano’ Gesù non riescono a ‘vedere’ niente di Lui perché vedono soltanto se stessi all’opera per poterlo accusare. Lo stesso accade a noi: possiamo o "vedere" o "osservare". Davanti alla Parola possiamo essere o "uditori" o "ascoltatori". Davanti al fratello bisognoso possiamo "commuoverci" o "con - patire", possiamo dire: "Poveretto!" o farci poveretti con lui.

 

 

SABATO 30

"GESU’, VEDENDO COME GLI INVITATI SCEGLIEVANO I PRIMI POSTI, DISSE LORO UNA PARABOLA".(Lc. 14,7)

Ieri dicevamo che i farisei che avevano invitato Gesù a pranzo stavano ad ‘osservarlo’, ma, attenzione, perché mentre loro guardano per poter accusare, Gesù ‘vede’ il loro atteggiamento. E quanto nota non è molto ‘edificante’: vede una corsa precipitosa ai primi posti della mensa. Gli scribi e i farisei e in genere tutte le autorità religiose di allora (ma, solo di allora?) rivendicavano apertamente onori, privilegi e precedenze. Ora Gesù contesta il fatto che un’autorità religiosa possa produrre fenomeni di arrivismo, vanità e perfino litigiosità per arraffare posti, avere precedenze e ruoli di prestigio. Ma Gesù, con le sue osservazioni ironiche, non vuole insegnare solo quanto siano ridicoli e ineducati certi atteggiamenti, vuole invece denunciare una certa pratica religiosa che porta ad una specie di auto giustificazione, una sicurezza, quasi ad accampare dei diritti nei confronti di Dio. L’uomo deve porsi davanti a Dio in un atteggiamento di umiltà, ossia di verità. Non c’è nulla da rivendicare, collocandosi sul piedistallo delle proprie virtù, delle proprie benemerenze religiose. C’è soltanto da ricevere. Tutto è dono: Tutto è grazia. Tutto va accolto con riconoscenza, dalla bontà del Signore. L’uomo diventa ridicolo quando tenta di innalzarsi dinanzi ai propri simili, ma è ancora più ridicolo quando tenta di farlo nei confronti di Dio. Gesù sembra quasi dire con ironia: "Se volete essere ridicoli nella caccia ai primi posti, fatelo, ma non scherzate con Dio perché quel Banchetto sarà una cosa totalmente diversa: verrà presa in considerazione la piccolezza, sarà apprezzato il nascondimento, l’umiltà rappresenterà il titolo più accreditato".

 

 

DOMENICA 31 - 31^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"QUANTO VI DICONO, FATELO E OSSERVATELO, MA NON FATE SECONDO LE LORO OPERE PERCHE’ DICONO E NON FANNO". (Mt. 23,2)

Gesù che non rinfaccia nulla alla peccatrice, che, per portarlo in Paradiso, non chiede una confessione con elenco completo di peccati al buon ladrone, si lancia invece in pesanti invettive contro i cosiddetti buoni e questo con l’appoggio di tutta la Bibbia (prendete anche una sola frase del brano di Malachia che leggiamo oggi: "Ora a voi questo monito, o sacerdoti. Se non mi ascolterete e non vi prenderete a cuore di dar gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su di voi la maledizione e cambierò in maledizione le vostre benedizioni"). Perché Gesù in questo caso è così duro? Perché ama il suo Dio e il suo popolo e il vedere che l’ipocrisia dei ‘buoni’ ha reso il suo popolo schiavo di un potere religioso ed ha messo al Dio dell’amore la maschera del dio dei precetti, lo rende furioso ("Lo zelo per la mia casa mi divora"). E qualcuno dirà: "Ecco siamo alle solite! Ecco una tiritera contro sacerdoti e religiosi, ma questo vedere sempre le magagne del clero non diventa uno sminuire la religione?"

E’ questa la tipica risposta delle persone a cui le sferzate di Gesù fanno male e che per cercare di non prenderle e, quindi, mettersi in questione, preferiscono considerare ‘disfattisti’ coloro che si rifanno al Vangelo e non ai loro codici che "mettono pesi sulle spalle degli altri" ma permettono a chi li conosce bene di "non spostare un peso neppure con un dito". Non puntiamo il dito contro nessuno, ma lasciamo che la parola di Gesù ci purifichi, non sentiamoci migliori degli altri. Don Mazzolari aveva una bellissima espressione: basta essere uomini per essere poveri uomini. E allora, se scopriamo di essere anche noi singoli, comunità, Chiesa, malati di ipocrisia, di voler apparire per quello che non siamo, di amare posti di prestigio nella comunità non per il servizio ma per voler essere riconosciuti migliori di quello che siamo, se scopriamo di essere nostalgici di antiche liturgie solo perché oggi non sopportiamo che la Messa sia di tutti e che Gesù non sia più il misticume di alcuni ma il pane quotidiano del popolo, se scopriamo di essere incapaci di fare quello che diciamo, se scopriamo di essere moralisti che vedono il male ovunque, che si lamentano della pornografia ma che ne sono nascosti fruitori…, niente da scandalizzarci, solo cercare di accogliere il rimprovero di Cristo per chiedere umilmente alla sua grazia di aiutarci a cambiare.

 

 

TRENTUN PENSIERI PER TRENTUN GIORNI

 

1 CONTEMPLAZIONE

Quando faccio una passeggiata contemplo la terra o il cielo, mai il panorama. Per me un filo d'erba è più importante di un albero, un sassolino vale più di una montagna, un libellula vale un aquila. (Joan Mirò)

 

2 CONTRADDIZIONE

Mi contraddico? Ma certo che mi contraddico. Sono grande, contengo moltitudini. (Witman)

 

3 CONVENZIONALITA'

Se dovessimo fidarci del senso comune, il mondo sarebbe ancora piatto. (Claire de La Mirande)

 

4 CONVERSAZIONE

Niente abbassa tanto il livello della conversazione, quanto l'alzare la voce. (Stanley Horozowitz)

 

5 CONVERSIONE

Le nostre chiese sono ancora piene di pagani che vanno a Messa. (Yves Congar)

 

6 CONVINZIONE

Una convinzione ci deve essere cara soltanto perché è vera e non perché è nostra. (V. G. Belinskij)

 

7 CORAGGIO

Il coraggio è figlio della prudenza, non della temerarietà. (Calderon de la Barca)

 

8 CORONA

La corona è solo un cappello che lascia passare la pioggia. (Federico il Grande)

 

9 CORPO

Il corpo non dimentica nulla; come la coscienza esso fa pagare, presto o tardi ogni sfrenatezza. (Tayllerand)

 

10 CORPO MISTICO

Con gli spiriti immortali e i beati noi formiamo l'unica città di Dio. Di essa noi siamo la parte pellegrina, loro la parte che ci soccorre. (Sant'Agostino)

 

11 CORREZIONE

Molto meglio arrecare un sommo guadagno con una breve pena, che, cercando di procurare piacere, far perdere l'essenziale. (San Gregorio di Nazianzo)

 

12 CORRUZIONE

Quando marciscono, i gigli mandano un puzzo più ingrato di quello della malerba. (William Shakespeare)

 

13 CORTESIA

La cortesia è un ramo dell'albero della carità. (Papa Giovanni XXIII°)

 

14 COSCIENZA

La voce della coscienza è così sottile che è facile soffocarla; ma è così pura che è impossibile confonderla. (Madame De Stael)

 

15 COSMETICA

La maggior parte delle donne non sono così giovani come sono dipinte. (M. Beerbohmi)

 

16 COSTANZA

Quel filosofo secondo cui un lavoro ben fatto non deve mai essere rifatto, non sapeva che cosa sia strappare le erbacce in un giardino. (R. W. Emerson)

 

17 COSTO

Qualunque cosa l'uomo guadagni deve pagarla cara: magari soltanto con la paura di perderla. (Hebbel)

 

18 CREATIVITA'

Creatività è l'arte di guardare con occhio nuovo le cose vecchie. (Proverbio cinese)

 

19 CREAZIONE

Se le meraviglie che ammiriamo nel creato sono così belle, quale sarà la bellezza di Dio? (S.Agostino)

 

20 CREDERE

Credere è riconoscere anzitutto di essere amati. (Francois Mauriac)

 

21 CRESCITA

Non è tirando su lo stelo che si fa crescere il grano più in fretta. Bisogna saper pazientare con amore, guardare giorno per giorno il più piccolo sforzo, la lenta crescita di ciascuno. (Abbè Pierre)

 

22 CRISTIANESIMO

La religione di Gesù annunciata da ignoranti ha fatto i primi cristiani. La stessa religione, predicata dai dotti, oggi fa soltanto degli increduli. (Diderot)

 

23 CRISTIANI

La più grande obiezione contro il cristianesimo sono i cristiani. (Nikolaj Berdiajev)

 

24 CRISTIANO

Essere cristiano non significa essere religioso in modo particolare, ma essere l'uomo che Dio ha creato. (Dietrich Bonhoeffer)

 

25 CRISTO

Cristo è l'arte di vivere e di morire. (Padre Fesquet)

 

26 CRITICARE

Ha diritto di criticare chi è pronto a dare il suo aiuto. (Abramo Lincoln)

 

27 CROCE

A me basta questo Dio, appeso a quattro chiodi. (Paul Claudel)

 

28 CROCE (segno di)

Un uomo che sappia fare il segno di croce con serietà, cioè con la dovuta consapevolezza sul significato dell'atto che sta per compiere, quest'uomo riesce a far tremare l'inferno. (Santo Curato d'Ars)

 

29 CROCIFISSO

Nessuno potrà capire adeguatamente il Crocifisso se non penetra nel suo cuore. (Papa Pio XII°)

 

30 CRUDELTA'

Nessuno è più crudele di quelli che sono crudeli per amore di Dio. (V. G. Rossi)

 

31 CUORE

Dio non si aspetta da te delle parole, ma il tuo cuore. (Sant'Agostino)

     
     
 

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