SCHEGGE E SCINTILLE
PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI
DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA
a cura di don Franco LOCCI
SETTEMBRE 1999
MERCOLEDI' 1
"ENTRO' NELLA CASA DI SIMONE… LO PREGARONO PER LEI… CHINATOSI SU DI LEI… LA DONNA COMINCIO' A SERVIRLI". (Lc.4,38-39)
Il Vangelo è dei piccoli. E, come sempre, anche gli episodi piccoli, come la guarigione della suocera di Pietro da una febbre, sono ricchi dell'essenza stessa del Vangelo. Gesù entra in casa di Pietro. E' grande la gioia per questo pescatore della Galilea nel poter ospitare il Rabbi. Gesù non è come quei personaggi illustri che al massimo della loro benignità, o per conquistare voti vanno a visitare popolazioni sinistrate e stringono mani a destra e a sinistra, sono generosi di sorrisi e di promesse, ma, appena suona mezzogiorno, lasciano poveri e baraccati per andare a mangiare a casa del ricco possidente. Gesù si è incarnato per entrare in casa nostra. Non lo ha spaventato la grotta di Betlemme, va con gioia nell'umile casa di Pietro. Gesù non si spaventa delle macerie, degli odori non sempre gradevoli, degli angoli bui di casa mia: aspetta solo il mio invito per venire. "Lo pregarono per lei". La familiarità permette tutto. Gesù non solo viene interpellato per conoscere la volontà di Dio, per ampie diserzioni teologiche. Gesù non è la persona che, entrato in casa tua ti guarda dall'alto in basso, siede sussiegoso in punta della sedia quasi avesse paura di sporcarsi i vestiti. A Gesù puoi parlare di tutto. Tutto gli interessa perché sei tu che gli interessi. E allora è spontaneo che prima di parlare di Trinità, di escatologia e parusia gli si parli di una persona che ci è cara e che è malata. Ed ecco Gesù che si china sulla malata. "Gesù ci sono miracoli più importanti, più gloriosi che una febbriciattola". "Sembra inutile chiedere aiuto per poca cosa, perché scomodare il maestro?" A Gesù, invece, interessa. Anzi, usa, per guarire la donna dalla febbre, lo stesso tono con cui calmerà la tempesta sul mare: qui Gesù "sgridò" la febbre, là "sgridò il vento". E sia l'una che l'altro gli obbediscono. E questa suocera di Pietro (personaggio che non parla) è una che ha capito subito tutto. "Si mise a servirli". La riconoscenza e il servizio: ecco la risposta a chi è venuto in casa tua, a chi ha vinto il tuo piccolo o grande male.
GIOVEDI' 2
"SALI' IN UNA BARCA CHE ERA DI SIMONE". (Lc. 5,3)
Ci sono degli oggetti che sono diventati dei simboli. Ad esempio, la barca di Pietro è diventata simbolo della comunità dei cristiani, la Chiesa.
Proprio partendo dai Vangeli proviamo a cogliere alcuni aspetti di questo simbolismo: Gesù vide la barca di Pietro ormeggiata. Gesù è venuto sulla terra perché sa che noi abbiamo bisogno di un buon timoniere nella barca della nostra vita. Lo sguardo di Gesù che si posa su noi uomini, è uno sguardo di "compassione perché siamo come pecore senza pastore". Gesù sale sulla barca di Simone, anzi, elemosina la barca di Simone perché Egli è l'Emmanuele, il Dio con noi."Sedutosi, ammaestrava le folle". Non è la barca che ammaestra le folle, non è neanche Pietro. Il senso del navigare della Chiesa è fondato sulla Parola di Dio. E ancora oggi è Gesù che ammaestra. Quando la Chiesa si dimentica della parola di Gesù ritorna semplicemente ad essere una barca come le altre, una delle tante.
La barca serve per la pesca. Gesù ha affidato una missione a quei pescatori e a ciascuno di noi: la salvezza non è solo per te! Sulla barca c'è posto per tanti, per tutti. E devi pescare sempre, a tempo opportuno e inopportuno, devi fidarti della parola di chi ti dice di gettare le reti. Non sono i tuoi "piani pastorali" le cose più importanti, è ascoltare e fare ciò che Lui vuole da te. Se su quella barca c'è Gesù, puoi affrontare qualunque tempesta. E' vero, Gesù qualche volta sembra dormire; è vero, a volte ci sono tempeste burrascose dalle quali sembra non esserci scampo, ma su quella barca si può anche andare a scuotere Gesù dicendogli quasi con rabbia: "Ma non te ne importa niente che moriamo?" L'importante è che ci sia Lui, non importa se ci sono tutti gli orpelli della religione (in certi momenti ti accorgi che appesantiscono solo la barca), non importa neppure che i marinai siano o meno scafati, esperti, importa che la barca la guidi Lui e allora, anche la barchetta di Pietro, magari un po' sgangherata dalle tempeste, magari a pelo d'acqua, perché colma dopo la pesca miracolosa, giungerà al suo porto.
VENERDI' 3
"NESSUNO METTE VINO NUOVO IN OTRI VECCHI". (Lc. 5,36)
Il Vangelo è gioia e novità, non religione sciapa e barbosa, abbarbicata su vecchie credenze e norme. I rappresentanti delle religioni con le loro imbardature e i loro ritualismi hanno ucciso la libertà e la gioia. Quanto è bello entrare in una chiesa e vedere persone serene, gioiose, sentire canti magari non troppo perfetti nelle armonie ma che sgorgano sinceri da ogni voce e soprattutto da ogni cuore e quanto è triste, invece, entrare in cattedrali stupende che dovrebbero invitare alla preghiera e vedere, là al fondo, un prete carico di paramenti ricchi e colorati che si trascina in una tiritera eucaristica non seguita dai pochi fedeli sparsi per la chiesa (ben distanti tra loro, quasi per paura di contaminarsi) che 'pregano' ciascuno per conto suo guardando spesso l'orologio nella speranza che il tutto finisca presto. Quanto è bello in un ospedale vedere una suora discreta, gioiosa, competente, rivolgersi ai malati chiamandoli per nome, ascoltare con pazienza la vecchia che chiama quattro volte per notte, rispondere con un sorriso ad infermieri e inservienti e quanto fa male incontrare, invece, quella suora-maresciallo sempre pronta a rimproverare, incapace di una buona parola, che si sente padrona assoluta della corsia, che non sa dare un sorriso di fiducia che vede solo male, peccato, croci e punizioni da ogni parte. Mi è capitato di entrare in austeri conventi di clausura e di trovarvi un clima di di gioia, di serenità, direi quasi di giocondità giocosa, e mi è capitato di dover parlare con religiose la cui austerità non solo aveva reso il volto incapace di sorriso, ma vi aveva fatto crescere pure i baffi. Non si può per "buona creanza", ma con certi preti e certe suore ti verrebbe voglia di prenderli tra le braccia e farli ballare per scoprire se schiattano di colpo o se invece si lasciano andare e scoprono che è bello danzare davanti a Dio.
SABATO 4
"PERCHE' FATE CIO' CHE NON E' PERMESSO IN GIORNO DI SABATO?". (Lc. 6,2)
E' molto facile diventare censori del nostro prossimo, arrogarsi di conoscere la morale, stabilire, o da soli o con lo scudo della legge, ciò che sia bene e male, puntare il dito. Questa, oltre che essere una tentazione personale, è soprattutto la tentazione delle religioni. Ai tempi di Gesù c'erano i farisei. Non erano di per sé persone cattive, tutt'altro, fondavano la propria vita sulla religione anzi, della religione si sentivano i campioni, i difensori; peccato che questo li portava all'ipocrisia e a diventare moralisti, soprattutto per gli altri. Oggi tanti religiosi cadono nello stesso errore: facendosi scudo di abitudini, di norme morali, diventano gli accusatori del prossimo riducendo l'annuncio libertario del Vangelo ad una osservanza di norme formali e facendo diventare Dio una specie di poliziotto a caccia di peccati per poterli punire. Non avevano torto i farisei a ricordare a Gesù e ai suoi discepoli il valore del sabato come giorno dedicato al Signore, ma dimenticavano che Dio aveva dato il sabato all'uomo come dono e mezzo per poterlo riconoscere e amare. Hanno ragione certi preti e moralisti nel ricordarci certi valori e nell'invitarci ad osservare certe norme, ma senza dimenticare né la misericordia del Signore, né il perché dell'invito all'osservanza. Se io, assetato arrivo ad una fontana dalla quale sgorga acqua abbondante e vi trovo solo il cartello: "Non bere!", posso farvi su mille pensieri, ad esempio: "Chissà perché non devo bere?… e chi lo ha stabilito?… altri lo fanno…". Se io trovo un cartello: "Non bere! Pericolo di avvelenamento", capisco di più il divieto. Se trovo, poi, sotto il cartello, un'altra scritta che dice: "All'altra fontana della piazza potete trovare acqua buonissima", mi costerà ancor meno obbedire al primo comando.
DOMENICA 5 - 23^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
"NON ABBIATE ALCUN DEBITO CON NESSUNO, SE NON QUELLO DELL'AMORE VICENDEVOLE". (Rom 13,8)
Molti dei nostri anziani ci hanno insegnato che si può anche essere poveri ma che non c'è niente di meglio che potersi addormentare tranquilli senza aver debiti con alcuno. San Paolo ci ricorda che noi non abbiamo più debiti. Dio, nella sua misericordia, ha accolto il sacrificio di Gesù accordandoci attraverso Lui il perdono di tutti i nostri peccati. In Cristo ogni nostro debito è saldato. E' come quel servo della parabola che aveva un debito spropositato con il suo re al quale, per amore gratuito, viene condonato ogni debito. Ma, proprio per questo amore gratuito, noi abbiamo contratto un altro debito, quello di trasmettere l'amore ricevuto. Gesù Cristo, nel momento in cui accordava agli uomini il grande perdono pasquale ha voluto lasciare ai suoi la regola della vita nuova: "Amatevi l'un l'altro come io ho amato voi". Lo stesso avrebbe dovuto succedere al servo della parabola che, ricevuto gratuitamente un così grande condono, avrebbe dovuto, proprio per questo, condonare i pochi spiccioli che l'altro servo gli doveva. Quindi ogni cristiano dovrebbe sentirsi, nella gioia della riconoscenza, debitore di un debito di carità mai estinto nei cui confronti vantano un credito tutti gli uomini, suoi fratelli. Non stanchiamoci mai di pagare quello di cui siamo sempre debitori; paghiamo volentieri un debito che ci fa ricchi pagandolo, e che ci farà tanto più ricchi quanto più prontamente e abbondantemente lo pagheremo.
LUNEDI' 6
"C'ERA NELLA SINAGOGA UN UOMO CHE AVEVA LA MANO DESTRA INARIDITA".
(Lc. 6,6)Sovente, specialmente la domenica, guardando la comunità che pregava con me, mi sentivo una cosa sola con questi uomini, donne, bambini che conoscevo. Avvertivo, guardando i volti, le storie di cui gran parte di essi mi avevano fatto partecipe. Quante sofferenze, quante preoccupazioni e prove. Sofferenze materiali, affetti spezzati, timori di ogni genere per i figli, solitudini… e, magari, mentre leggevo qualche guarigione miracolosa da parte di Gesù, come quella del Vangelo di oggi, mi veniva spontaneo dire al Signore: "Vedi, anche oggi, qui, come nella sinagoga ci sono mani rattrappite, cuori doloranti, povertà e paure".
Ma, sovente, pensando a me e a chi mi stava davanti, mi veniva anche un altro pensiero e un'altra preghiera:
"Guarda a noi Signore e guariscici perché siamo ancora un po' tutti con le mani rattrappite. Siamo avari nel donare, gretti nel condividere, parsimoniosi nel dare il perdono, distratti nel vedere le necessità degli altri, abitudinari nella religiosità, usiamo il contagocce persino nella preghiera.
Guarda a noi e guariscici, o Signore, perché non solo le mani ma soprattutto i cuori si sono rattrappiti, sono troppo contenuti, incapaci di slanci, paurosi di rendersi vulnerabili donando sentimenti e amore, incrostati nelle formule, incapaci di tenerezza e di sorriso e spesso persino incapaci di piangere.
Abbi pietà di noi che, come i farisei di allora, non solo non siamo capaci di gioire per il miracolo che ha reso nuovamente abile una mano, ma siamo addirittura gelosi del tuo amore per i peccatori, dimenticandoci che peccatori siamo noi".
MARTEDI' 7
"TUTTA LA FOLLA CERCAVA DI TOCCARLO". (Lc. 6,19)
Raccontano i frati che avevano "in custodia" Padre Pio che la gente si accalcava a tal punto intorno al fraticello per parlargli, toccargli la veste (è successo che gliela avessero addirittura strappata) che spesso essi dovevano far cordone attorno a lui per impedire con la forza che lo soffocassero.
A parte il fanatismo, era, in fondo, il desiderio di stabilire il contatto con una persona che si sapeva in contatto con Dio. Se volete, pensate al piede della statua di S. Pietro nell'omonima Basilica vaticana, consumato dal continuo contatto dei fedeli, alla fila, a volte di ore per toccare la roccia della grotta di Lourdes, o a quelle persone che, in pellegrinaggio in Terrasanta, in ognuno dei luoghi santi "toccano la pietra" quasi per immedesimarsi meglio nell'evento evangelico che questi luoghi ricordano.
Anche noi vorremmo "toccare" Gesù!
Ma, un momento! Noi Gesù lo tocchiamo, possiamo toccarlo, possiamo stabilire più volte al giorno un contatto diretto con Lui.
"Ogni volta che avrete dato anche solo un bicchier d'acqua ad uno di questi piccoli perché mio fratello, l'avrete dato a me".
"Io avevo fame e mi hai dato da mangiare…".
"Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine dei tempi".
"Quando due o tre sono riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro".
"Prendete, mangiate, questo è il mio Corpo…fate questo in memoria di me".
Posso incontrare Gesù quando prego (Per Cristo, con Cristo, in Cristo); incontro Gesù, se me ne accorgo, nei miei familiari; se lo vedo, è con me sul tram, in ufficio, in vacanza, soprattutto nei poveri e nell'EucarIstia…
Per accendere la luce devi, premendo un interruttore, creare un contatto tra due sezioni. Per creare un contatto con Cristo, ricordati, che il pulsante sei solo tu a doverlo premere.
MERCOLEDI' 8 - NATIVITA' DELLA BEATA VERGINE MARIA
"QUELLI CHE EGLI DA SEMPRE HA CONOSCIUTO LI HA ANCHE PREDESTINATI PER ESSERE CONFORMI ALL'IMMAGINE DEL FIGLIO SUO". (Rom. 8,29)
Pensando alla festa di oggi me la sono sempre immaginata come festa per l'umanità ma anche per Dio. E' vero, ogni nascita è una festa ma che nasca Colei che sarà la Madre di Dio sulla terra non può non essere motivo di gioia per ogni uomo: -Dio non si è dimenticato di noi. - Egli ha un progetto di amore continuo nei nostri confronti. -Egli sceglie una di noi per diventare Uno di noi. E immagino anche la gioia di Dio, lo sguardo di Dio che si posa sulla sua creatura: "Ecco, finalmente, una creatura come la volevo io! Una che si fiderà totalmente di me, una che mi si offrirà tutta per poter ricevere il Dono più bello, una che sa chiedere, una che parla poco ma che sa contemplare, una che gioisce, soffre con il Dio-Uomo, che gioisce e soffre con amore. Una disposta ad accettare fino in fondo il messaggio mio e di mio Figlio, una che non solo compatisce la povertà dell'umanità, ma se ne fa carico…" E lo sguardo di Dio, innamorato, si posa su Maria, la Donna del 'sì' e in essa vede come potrebbe diventare ogni creatura purchè accetti fino in fondo il dono della misericordia di Suo Figlio.
GIOVEDI' 9
"SIATE MISERICORDIOSI COM'E' MISERICORDIOSO IL PADRE VOSTRO. NON GIUDICATE E NON SARETE GIUDICATI". (Lc. 6,36 - 37)
Ma, si può davvero vivere senza giudicare? Io non posso non vedere, e sarei anche un 'amorale' se non vedessi ciò che è bene e ciò che è male.
Il "non giudicate" di Gesù, per essere capito nel suo significato più profondo, va unito al "siate misericordiosi come il Padre vostro", infatti noi non possiamo non avere dei criteri di misura (il Vangelo stesso ci giudica e ci indica dei criteri per conoscere il bene e per respingere e fuggire il male). Il fatto è che il nostro giudizio sarà un giudizio giusto solo nella misura in cui si avvicinerà al giudizio del Padre misericordioso.
E' il giudizio del Padre misericordioso quello di quei genitori che vedendosi tornare a casa la figlia incinta (e senza marito) le dicono, per amore dei propri principi morali(!): "O abortisci, o tu e quel piccolo bastardo ve ne andate da questa casa onorata!"?
E' il giudizio del Padre misericordioso quello del prete che, avendo mascherato o nascosto in nome di supposti valori religiosi i propri sentimenti, si sente bellamente di giudicare e di condannare una persona che ha visto il suo matrimonio fallire in mezzo a colpe ed errori proprii e altrui e che vorrebbe ricostruire almeno qualcosa per se stessa e per altri?
Ricordo uno dei più bei complimenti che, secondo me, mi sono stati fatti. Chi ha detto queste parole è un confratello sacerdote e di certo non le ha dette in vena di complimenti, ma per esprimere un certo giudizio negativo: "Al'è 'l preive d' i malmarià" ("è il prete degli sposati male").
Chi vive situazioni difficili a proposito del suo matrimonio, lo sa benissimo (se ha un briciolo di coscienza) di non vivere esattamente secondo le situazioni morali migliori (se non fosse così, perché verrebbero a cercare il sacerdote come rappresentante del sacro?). La maggioranza di queste persone vive momenti di sofferenza, di sconfitte di valori, di paure, di insicurezze, di rabbie mal celate… e non è già questa una grossa penitenza il più delle volte neppure del tutto meritata?… Chi sono io per giudicare e condannare? E se questo giudizio, invece di darlo noi, lo lasciassimo a Dio e alla sua infinita misericordia?
VENERDI' 10
"PERCHE' GUARDI LA PAGLIUZZA CHE E' NELL' OCCHIO DI TUO FRATELLO, E NON TI ACCORGI DELLA TRAVE CHE E' NEL TUO?". (Lc. 6,41)
Ricordo un professore di seminario quando frequentavo le medie (25 chili bagnati). Lui era grande e grosso, un orso di pretone, ma che ispirava allegrezza, concretezza, bontà. Ricordo che diceva sempre questa frase: "Ogni conversione deve sempre cominciare 'ab egone'". Ed io che ne capivo ben poco un giorno gli chiesi che fosse quel tal Begone da cui bisognava cominciare a convertirsi. Egli mi mise sulla spalla una delle sue zampacce, poi, guardandomi con quei suoi occhi sorridenti mi disse: "Sei sempre il solito asinaccio, studi il latino e non sai che cosa vuol dire la parola 'ego'?"
"Vuol dire: 'io'." - cercai di recuperare.
"Ecco, allora, tu che sei uno scricciolo piccolo, se vuoi convertirti, devi cominciare dal tuo ego, dal tuo io, dal tuo egoismo, e io che sono vecchio e grosso dal mio "egone" che è più grosso del tuo".
In fondo quel caro uomo non faceva che ripetere il Vangelo di Gesù: prima di volere convertire gli altri, comincia a convertire te stesso, prima di puntare il dito, prima di fare l'elenco per filo e per segno di tutti i mali che affliggono la Chiesa comincia a cercare di togliere almeno uno dei mali che affliggono te. Oggi pretendiamo tutti di essere esperti di tutto. Entri in una casa e da esperto stilista hai da dire sul suo arredamento, da perfetto decoratore noti gli errori di imbiancatura, da buon letterato, dopo un' occhiata alla libreria, sai ciò che manca alla cultura dell'altro, conosci a menadito i difetti delle scelte politiche del tuo amico ed hai la ricetta per risolvere tutti i mali del mondo, hai uno sguardo di sufficienza per "certe superstizioni religiose"…
Ma… mentre critichi l'uso che viene fatto del denaro offerto per certe istituzioni benefiche, quanto stai dando del tuo, in concreto, per chi ha bisogno?
Mentre critichi giustamente gli errori della Chiesa, tu, che della Chiesa fai parte, cerchi di essere più coerente al Vangelo?
Tu che dai suggerimenti per la pastorale dei malati e degli anziani, quanto tempo dedichi a tuo padre che è vecchio e che non ragiona più bene?
Non sono più "25 chili bagnati", sono cresciuto e invecchiato e credo che oggi vada bene anche per me chiamarlo "egone" e cercare di partire proprio di lì se voglio cominciare a convertirmi.
SABATO 11
"L'UOMO BUONO TRAE FUORI IL BENE DAL BUON TESORO DEL SUO CUORE; L'UOMO CATTIVO, DAL SUO CATTIVO TESORO TRAE FUORI IL MALE: PERCHE' LA BOCCA PARLA DALLA PIENEZZA DEL CUORE". (Lc. 6,45)
Ieri meditavamo sul fatto che la conversione deve cominciare da noi stessi. Il pensiero del Vangelo ci fa oggi continuare questa riflessione partendo da un altro punto di vista: guardando i frutti che produco sono l'uomo buono o l'uomo cattivo? Questo non per arrivare alla conclusione di dire: "Io sono a posto perché i miei frutti sono buoni, quindi non ho bisogno di conversione", e neppure per arrivare ad altrettanti modi ipocriti che fanno vedere in noi solo la presenza del male.
Mi interrogo sui frutti. Quali sono i frutti della mia vita? Anzitutto ne ho portati? Se, per ipotesi, si potesse cancellare la mia esistenza la vita di qualcuno sarebbe cambiata?
Poi la qualità dei frutti: giunto a questo punto della mia vita, qualcuno, incontrandomi, vedendomi agire, è diventato migliore o peggiore? Qualcuno per causa mia ha amato di più Gesù o, proprio per causa mia, si è allontanato da Lui? Se oggi dovessi morire, che cosa lascerei a questo mondo: un po' più di giustizia o un po' più di divisione?
Se avete provato a rispondere a queste domande o ad altre simili che vi saranno venute in mente, penso avrete notato com'è difficile stabilire con esattezza i confini tra il bene e il male, il frutto totalmente buono e quello totalmente velenoso. Si stabilisce la direzione di marcia ma poi nel buono a volte c'è anche l'amaro e a volte certi veleni in dosi appropriate servono per guarire.
Credo, allora sia importante puntare verso il bene, verso Gesù e poi continuamente correggere la meta contando soprattutto sulla grande misericordia di Dio.
DOMENICA 12 - 24^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - SANTISSIMO NOME DI MARIA
"NON DOVEVI FORSE ANCHE TU AVER PIETA' DEL TUO COMPAGNO COME IO HO AVUTO PIETA' DI TE?". (Mt.18,33)
"Padre, sono anni ed anni che non mi confesso. Adesso sono disposto a vuotare il sacco ma non mi chieda di perdonare quella persona che odio!".
Discorso forse comprensibile da un punto di vista di sentimenti umani, ma che mette in evidenza quanto siamo lontani dalla mentalità del Vangelo. E pensare che già Pietro, nel Vangelo di oggi si era azzardato a percorrere quelle strade: "Fino a quante volte dovrò perdonare al mio fratello?"
La strada del perdono, senza dubbio, non è facile e c'è pure da domandarsi se certi perdoni indiscriminati non siano, in fondo, connivenze con il male, ma se noi ragionassimo secondo la parabola di oggi forse sarebbe una strada più praticabile.
Ecco alcuni passaggi per metterci sulla strada del perdono: Avere occhi per vedere. Che cosa? Qual è il nostro debito con Dio. Noi, di nostro, non abbiamo niente. Tutto, anche la vita di questo istante è dono gratuito di Dio. Ma non basta che io abbia ricevuto tutto questo. Io, con tanta ingratitudine, ho risposto di no all'amore di Dio, ho voluto fare di testa mia, ho stabilito per mio conto ciò che è bene e ciò che è male, ho, per stare alla parabola, contratto un debito sproporzionato con Dio.Dio, di nuovo gratuitamente, pagando Lui stesso nel sangue di Cristo, ha strappato totalmente il foglietto di questo mio debito spropositato per cui io, non solo non sono "venduto come schiavo", ma sono riammesso, con un gesto regale, come figlio. Qui allora dovrebbe nascere la gratitudine.
La gratitudine dovrebbe far nascere in me il desiderio di trasmettere il perdono ricevuto.
Il perdono non è qualcosa che si riceve solamente, è qualcosa che bisogna dare. L'assoluzione non è solo compito dei preti nel sacramento della Penitenza, è compito di ogni cristiano perdonato dall'amore di Dio. Che poi non sempre si riesca in maniera piena mi dice ancora quanta povertà e grettezza c'è in me, ma non posso pensare di cavarmela con "Tre Pater, Ave e Gloria", quando proprio nel Padre nostro ripeto: "Rimetti a noi i nostri debito come noi li rimettiamo ai nostri debitori".
LUNEDI' 13
"SIGNORE, NON STARE A DISTURBARTI, IO NON SONO DEGNO CHE TU ENTRI SOTTO IL MIO TETTO". (Lc.7,6)
Non so perché tra teologi e biblisti ci sia ancora qualcuno che a proposito di personaggi come il centurione si ostina a chiamarli: "Figure minori del Vangelo". A me, onestamente, basterebbe avere sentimenti e fede come questo personaggio.
Dalle poche linee con cui viene tratteggiato noi comprendiamo che questo rappresentante dell'esercito romano non è il solito conquistatore prepotente. E' una persona consapevole del suo ruolo e dei suoi compiti: Sa comandare ma sa anche vedere i valori del popolo conquistato ("Ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga").
E' attento alle persone. Ama il suo servo al punto di compromettersi chiedendo per lui (chissà se anche oggi certi 'padroni' hanno altrettante attenzioni per i propri dipendenti?).
E' anche uno che si fida di Gesù se affida al suo intervento una persona cara.
Ed è anche una persona che sa coniugare fede e delicatezza. Sa infatti che nella mentalità giudaica un Rabbi entrando nella casa di un pagano si comprometterebbe, e, probabilmente, è anche informato che al seguito di Gesù ci sono pure degli 'antiromani' che leggerebbero l'ingresso di Gesù nella casa di un centurione come una forma di collaborazionismo. Allora ferma Gesù con quelle bellissime parole: "Non sono degno".
Quante cose ci insegna questo centurione che fa dire a Gesù: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!": In qualunque posto sei, qualunque ruolo tu abbia, non dimenticare che sei uomo e sei in rapporto con altri uomini. Perché disprezzare la mentalità e la cultura degli altri e non saper invece cogliere tutto ciò che vi è di buono? Non aver paura dei tuoi sentimenti e, insieme alla giustizia, alle abitudini, mettici amore. Impara a domandare per gli altri. Se hai deciso di fidarti di Gesù, fidati fino alla fine! L'attenzione, la delicatezza nei confronti dell'altro dicono davvero la grandezza della tua fede.
MARTEDI' 14 - ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE
"BISOGNA CHE SIA INNALZATO IL FIGLIO DELL'UOMO PERCHE' CHIUNQUE CREDE IN LUI ABBIA LA VITA ETERNA". (Gv.3,14-15)
Penso che per molti di voi sia un'esperienza abbastanza abituale quella di mettersi davanti a un crocifisso e lasciare che la croce parli e il nostro cuore entri in comunione con il Crocifisso.
Vedo in quella croce innalzata da terra il punto di congiunzione tra Dio e l'uomo (il compimento totale dell'Incarnazione) e tra l'uomo e Dio (la pienezza della Redenzione). E' la chiave che riapre quella porta chiusa a causa di un altro albero (quello del bene e del male) con un frutto ben più "bello a vedersi e gustoso a mangiarsi". Qui c'è un frutto arrossato di sangue, appeso e offerto perché chiunque ne possa gustare ed essere risanato.
Vedo la croce come patibolo, segno dell'uomo che, per salvaguardia del suo potere e dei suoi interessi mascherati di giustizia, ha eretto patiboli, condannato, ucciso, appeso, impiccato. L'uomo che ha usato del dono della propria intelligenza per studiare accurate torture, sofisticati strumenti di morte, pulizie etniche, uccisioni di massa, morti bianche… Ebbene, questo segno di male è divenuto, per la misericordia di Dio, il segno del perdono, della salvezza. Fin da bambino sono stato segnato da esso, mi sono 'rivestito' della croce, in esso ho benedetto e rinnovato il tempo come dono di ogni giorno, esso mi ha garantito il perdono di Dio.
Vedo in quella croce le sofferenze di tutti gli uomini della terra, ma soprattutto le vedo nelle piaghe del Dio crocifisso e lì contemplo insieme il dolore e l'amore: due cose che sembrano lontane, in Lui sono diventate una cosa sola.
Vedo quel corpo martoriato del re di pace e ripenso ai corpi martoriati da ogni guerra e inimicizia sulla terra. Vedo quelle mani immobilizzate e quei piedi inchiodati e penso a tutti gli handicappati e impossibilitati di questa terra.
Mi sembra di sentire le voci ai piedi di quella croce, da chi sogghigna a chi tenta, a chi chiede misericordia, e vedo quel petto ferito e quel cuore aperto. Il mio Dio che morendo promette: "oggi sarai con me in Paradiso" e che, risorto mantiene il suo petto aperto, pronto ad accogliere per sempre. In quel cuore aperto io e te possiamo trovare rifugio, tenerezza, calore, perdono.
MERCOLEDI' 15
"STAVA PRESSO LA CROCE DI GESU', SUA MADRE". (Gv.19,25)
La festa di oggi, attraverso Maria che con-patisce la croce di Gesù ci permette di continuare quella contemplazione della croce che abbiamo iniziato ieri.
Quali sono le grandi opere che Maria ha fatto? Nulla di trascendentale, ma Maria c'era. Maria, ovvero Colei che si è fatta trovare perché è lì e partecipa. Infatti ai piedi della croce Maria non è una figura decorativa, espressione dei buoni sentimenti pietistici umani. E' lì perché corredentrice. Il suo dolore non è figura, è dolore vero, concreto, da infarto, di una madre che vede morire il proprio Figlio in una maniera terribilmente atroce; Lei vede il frutto del suo grembo piagato, distorto, tumefatto, grondante sangue; ogni ferita del Figlio è ferita della Madre; è il dolore di una donna di fede che grida come suo Figlio al Padre: ".. se possibile.." e che non sente risposta; "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", e prova il silenzio di Dio. E' il dolore di una donna che ha vissuto il mistero di un figlio, il Figlio di Dio e vede suo figlio e il suo Dio in croce, impotente. E' colei che ha sentito e vissuto la predicazione del Figlio, che ha partecipato alla vita dei primi amici di suo Figlio ed ora li vede dispersi. E' Colei a cui viene chiesto di farsi carico, come figli, di coloro che stanno facendo morire in croce suo Figlio per i quali anche lei deve pregare come Gesù: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno". Maria, tu non hai fatto nulla, ma c'eri. Io rischio di voler far molto, ma di non esserci. Voglio servire il Signore, organizzo, parlo, discuto nel suo nome ma poi, sparisco volentieri quando quella croce da pezzo di arredamento di una casa o di una chiesa diventa croce reale, letto di ospedale, tradimento subito, abbandono…
Maria, Tu ci sei ancora, alla croce di tuo Figlio e alle croci dei tuoi figli, e il tuo dolore si rinnova ogni volta… sembra che non fai niente, come quel giorno, eppure fai più di tutti, perché tu ci sei e noi, come Gesù in quel momento, abbiamo bisogno soprattutto della tua presenza.
GIOVEDI' 16
"TI SONO PERDONATI I TUOI PECCATI". (Lc.7,48)
Come ho già fatto in altre occasioni, provo ad immaginarmi la pagina di Vangelo di oggi come se fosse la stessa peccatrice perdonata a raccontarla:
Una vita scombinata la mia. Nata da buona famiglia religiosa, sono stata abituata ad aver tutto: casa, servi, vestiti, gioielli… Ero "la luce degli occhi" di mia madre e mio padre stravedeva per me.
Appena tredicenne, per rendere ancor più florida la mia situazione economica, i miei mi diedero sposa al figlio quindicenne di un ricchissimo possidente. Fu una festa di nozze memorabile. Il corteo nunziale dello sposo, attorniato da tutte le mie amiche, la cerimonia, io, portata in palanchino, i capelli sciolti sotto il velo che mi copriva il viso, adorna di piastrine d'oro sulla fronte, la formula di benedizione dei nostri genitori e poi la grande festa: tutta la città invitata. La festa era durata sette giorni interamente dedicati a canti balli, pranzi, bevute…
Ma, dopo questo momento meraviglioso tutto aveva preso una piega diversa, dolorosa. La scoperta di un marito padrone che esigeva tutto da me, ma che permetteva a se stesso la massima libertà, l'essere tenuta relegata in casa, il non aver la minima parte nelle decisioni, l'essere continuamente umiliata da mio marito che si dimostrava sempre più ottuso, infido, vanitoso, bugiardo e adultero, mi avevano fatto cadere prima in una specie di deluso abbandono passivo, poi mi avevano messo sulla strada della ribellione: perché non rendere a lui pan per focaccia? Nel giro di poco mi ritrovai ripudiata e, già grazie per non avermi fatta condannare come adultera: sarei finita lapidata. La mia famiglia non volle prendermi in casa e per la vergogna apportata al buon nome furono d’accordo con mio marito che decise di non passarmi la ketubà, gli alimenti che avrebbero dovuto essere commisurati alla dote e alla condizione della famiglia.
Bollata a vita, senza soldi, senza futuro… che cosa fare per sopravvivere? Cominciai a vendere l'unica cosa che mi rimaneva: me stessa e con questo avevo venduto anche dignità e fede.
Le cose non andarono neppure troppo male: è vero, ero segnata a dito, ma proprio i più feroci censori erano quelli che la sera, furtivi e imbaccuccati nei loro mantelli venivano a cercarmi e lasciavano anche cifre cospicue pur di nascondere le loro voglie insane. Economicamente ero rifiorita e mi potevo togliere il gusto di sbattere in faccia agli altri il mio ritrovato benessere… però..dentro, nel profondo del cuore, era un'altra cosa: tutti quegli uomini che passavano da me mi facevano profondamente pena ed anche schifo. Cercavo qualcosa, qualcuno di pulito. Anche il sentirmi lontana da Dio mi faceva star male. Eppure quei ben pensanti oltre che portar via parte del mio corpo, mi volevano portar via anche l'anima e facevano di tutto per farmi sentire colpevole, lontana dalla Torà, "immondezza schifosa e panno sporco" abbandonato da Dio. "Dio non sarà così"- mi dicevo, ma avevo paura.
Poi arrivò Lui: ne avevo sentito parlare prima dai miei frequentatori (quanto parlano gli uomini, quanto "si confessano" a letto con una donna che non sia la loro moglie). Alcuni lo prendevano in giro, scimmiottando i suoi miracoli: "Fa' attenzione che un giorno o l'altro te lo trovi nel letto e chissà quale miracolo farà anche a te!". Altri sembravano averne paura e predicevano per Lui una brutta fine.
Ero andata a vederlo e a sentirlo, di nascosto, un giorno, nel deserto. "Le prostitute e i peccatori vi precederanno nel regno dei cieli" mi era sembrato di udire. Ma era Lui che mi aveva colpito: il suo volto schietto, sincero, il suo sorriso accogliente, rassicurante, la sua voce autoritaria ma persuasiva. No! Era uno che a me non avrebbe chiesto niente di quello che chiedevano gli altri, era uno che stava dando a tutti. Ad un certo punto mi trovai persino con del pane nelle mani, là, in quel luogo deserto dove tutti stavano mangiando. Quella volta fuggii, mi sembrava di non essere degna di mangiare quel pane. Ne avevo tanto pane a casa mia, quello potevo comprarmelo abbondantemente con i soldi guadagnati da me.. Mi aveva turbata. Quella sera chiusi la porta di casa mia e mandai via tutti, ma nei giorni seguenti ripresi il mio mestiere: bisognava pur vivere… Fino a quando giunse la notizia. Simone il fariseo, uno dei miei 'clienti' nascosti, lo aveva invitato a pranzo.
In un primo tempo mi venne voglia di andare in quella casa e di fare una bella piazzata: smascherare quell'ipocrita davanti a tutti, anche davanti a quel Rabbì per vedere che cosa ne pensava. Ma mi tornavano in mente certe frasi: "Non giudicate e non sarete giudicati; perdonate e sarete perdonati". Dove le avevo udite? Forse quel giorno, nel deserto? Forse era solo il mio cuore che parlava…
Lo vidi passare ed avviarsi con dolcezza ed umiltà verso quella casa. "Solo Lui può capirmi". Abbandonai allora il mio primo progetto ma non quello di entrare in quella casa per potermi avvicinare a Lui.
Quando feci il mio ingresso vidi Simone sbiancare, ma quando si accorse che non mi interessavo di lui, riprese la sua sicurezza. Avevo raggiunto Gesù, gli stavo dietro. Una forza enorme mi attraeva, sembrava sciogliere il mio cuore, le mie rabbie; mi accoccolai ai suoi piedi, cominciai a baciarli, a bagnarli con le mie lacrime. I miei lunghi capelli glieli avvolgevano; avevo del profumo, glielo versai sui piedi. Lui lasciava fare. Avrei voluto dire tante cose: i miei dispiaceri, la voglia di una vita diversa, lo schifo del mio "mestiere", le paure, il desiderio che Dio non mi abbandonasse… Non usciva una parola dalla mia bocca e neanche dalla sua: parlavano solo i suoi occhi. Essi mi avevano detto tutto.Ma il mio ingresso, i miei gesti avevano creato del gelo in quella casa. Si vedevano gli sguardi scandalizzati di quei benpensanti uniti ad un po' di paura di essere smascherati e sembrava di sentire, da dietro la tenda, la mormorazione delle donne: "Che coraggio, quella lì! Entrare in una casa rispettabile e mettersi a fare tutte queste smancerie ai piedi dell'invitato", "Non le basta a quella di portarci via il marito, anche con i Rabbì se la prende", "Guarda che lacrime da coccodrillo, e butta via anche un vaso di quell'unguento così prezioso che, se avessi i soldi, farei venire solo per me dalla Persia".
"Simone, ho una cosa da dirti". La voce di Gesù è serena, tranquilla, direi anche sorridente e per nulla imbarazzata. Si mette a raccontare una storiella. Strano modo di parlare; eppure non ne perdo una sillaba e la capisco subito la parabola. Ci sono anch'io tra i personaggi e sono quella cui sono stati condonati i cinquecento denari, la cifra più grossa! Ma, davvero? Davvero mi avrà perdonato. Dio potrà mai perdonare?..
"Vedi questa donna…".
Sta parlando di me e dice che tutto quello che ho fatto a Lui l'ho fatto per amore. "Per amore", ma è vero? Ma allora sono ancora capace di amare! Quello che sto facendo adesso è amore, non l'altro…
"Ti sono perdonati i peccati, la tua fede ti ha salvata".
Non parla più di me, parla a me e sono le più belle parole d'amore che ho sentito nella mia vita.
VENERDI' 17
"C'ERANO CON LUI I DODICI E ALCUNE DONNE… CHE LI ASSISTEVANO CON I LORO BENI". (Lc. 8,2-3)
Questa piccola notazione nel Vangelo di Luca ci dà meglio a comprendere non solo il modo di vita di questo gruppo, ma ci fornisce anche indicazioni preziose sugli atteggiamenti di Gesù.
Gesù vive in un mondo in cui la donna ha un ruolo molto subalterno rispetto all'uomo in quanto a potere, ruolo sociale, ma ha, come sempre, un grande compito nella guida della famiglia e, quindi, attraverso questa anche sull'uomo; in fondo, si potrebbe dire: la donna non conta niente, ma è lei che sotto sotto guida.
Gesù, ufficialmente non ha fatto nessuna campagna per l'emancipazione della donna, non si è battuto perché avesse gli stessi diritti e poteri dell'uomo, ma con il suo atteggiamento ha espresso e fatto la migliore campagna a favore della donna. Provo a riassumere:
Ha considerato la donna persona, soggetto pensante, degno di dialogo, e questo mentre molte scuole rabbiniche consideravano la donna più o meno alla stregua del campo e dell'asino, possesso dell'uomo.
Gesù ha accolto tutte le donne che sono andate da Lui, non le ha etichettate anticipatamente. Parla con sua Madre come con l'adultera, con la samaritana e con la cananea, con Marta e con Maria ed ha con tutte un rapporto molto sereno.
Gesù, permettendo che Maria di Magdala, Giovanna, Susanna e molte altre lo seguano e sostengano finanziariamente il gruppo dei dodici ricorda che il Regno che Lui è venuto ad annunciare è per tutti, senza alcuna distinzione di razza o di sesso.
Anche Maria, la Madre di Gesù non ha fatto campagne in favore della donna, ha fatto la donna. Insegni Lei a uomini e donne il rispetto e la valorizzazione vicendevole.
SABATO 18
"IL SEMINATORE USCI' A SEMINARE LA SUA SEMENTE". (Lc. 8,5)
Noi tutti sappiamo che le parabole sono un modo usato da Gesù e da molti altri maestri per esprimere delle verità attraverso esempi, il più delle volte presi dalla natura o dalla fantasia. La parabola è dunque un modo semplice di trasmissione di idee.
Ma se la parabola manifesta, molte volte nasconde, infatti non posso pretendere che un racconto risponda a tutti i particolari sull'argomento. Proviamo a pensare in questo senso alla parabola del seminatore che oggi ci viene offerta nella versione di Luca.
Il senso è immediato: Dio ci dà in abbondanza se stesso e la sua Parola. Se essa trova in noi un buon terreno porta frutto.
Altra applicazione: anche noi , a nostra volta dobbiamo diventare seminatori della parola; questa, seminata abbondantemente, in parte andrà persa non incontrando risposta, in parte porterà frutto.
Terza applicazione: Dio ha seminato abbondantemente in me parola e Sacramenti. Quale terreno sono io? E qui, se sono onesto, forse più che identificarmi con uno dei quattro terreni indicati (strada, pietre, spine, terra buona), scopro di essere campo proprio in tutto simile a quello della parabola, infatti, un po' di terra buona c'è: desidero conoscere, amare, servire Dio, sono disponibile ad affidarmi a Lui, desidero diventare suo discepolo e testimone, ma in me ci sono ancora tante spine, tante preoccupazioni umane (la mia riuscita, le cose, le ricchezze, i piaceri) che spesso soffocano i doni di Dio. Scopro anche le pietre, cioè le durezze del cuore, le abitudini, i luoghi comuni del pensare, l'impermeabilità alle sofferenze altrui per cui tanti richiami del Signore mi passano sulla testa. E c'è anche la strada, il luogo del passaggio dove i piedi calpestano tutto e impediscono la crescita, dove il diavolo (lo dice Gesù) viene, porta via la Parola e vi lascia i suoi escrementi.
Scoprendomi così, ringrazio quel Seminatore che, non guardando troppo per il sottile, ha talmente fiducia nel suo seme da continuare a seminare in me e con abbondanza e, senza presunzione di arrivare alla perfezione, posso cominciare a togliere qualche sasso, a mettere qualche divieto di accesso, ad estirpare un po' di ortiche.
DOMENICA 19 - 25^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
"DA UNA PARTE DESIDERO DI ESSERE SCIOLTO DAL CORPO PER ESSERE CON CRISTO, IL CHE SAREBBE ASSAI MEGLIO; D'ALTRA PARTE E' PIU' NECESSARIO PER VOI CHE IO RIMANGA NELLA CARNE". (Fil. 1,23-24)
Pur essendo le tre letture di questa domenica tutte ricche di spunti di riflessione, mi fermo con voi su questa frase della seconda lettura perché è Paolo che parla di sé in una situazione tutta particolare: è stato arrestato per la sua fede e rischia di essere condannato e morire; allora si chiede: è meglio morire martire per potersi riunire al Cristo vivente e glorioso o continuare a vivere per servirlo sulla terra nei fratelli?
Qualcuno dice: "Meglio la morte che il peccato", qualcuno accusa i cristiani come persone che "parlano di paradiso ma hanno paura di andarci". Io ho una parente tanto cara che continuamente dice: "Che cosa ci faccio ancora in vita, io? Il Signore venisse a prendermi!", ma appena c'è qualche piccolo bubù è disposta a far la fortuna di cento medici…
Non mi stupiscono questi atteggiamenti e non mi sembrano neppure contrari alla fede. Io amo la vita. Non posso non amarla. Se non la amassi farei un affronto e bestemmierei contro Colui che ne è l'autore e che me l'ha donata. Io cerco tutto ciò che la vita può donarmi in salute, gioia, bellezza. So anche che c'è una vita ancora più bella di questa perché è la vita in Dio, autore di ogni vita. Questa vita eterna non avrà più limiti umani, e io spero di arrivarci, e sono disposto a fare della strada per arrivarci, anzi, uso del tempo di questa vita per prepararmi ad entrare nell'altra. Non dico come certi santi: "Brutta terra, bel paradiso", dico: "Bel paradiso che nella sua bontà Dio mi darà dopo aver ben vissuto su questa terra" (ricordiamoci che suicidio ed eutanasia sono ancora peccato, cioè offesa al progetto di Dio).
E c'è anche un passaggio che mi fa paura non tanto per mancanza di fede ma perché fisicamente fa paura ed è la morte e la sofferenza che normalmente si lega ad essa. Anche Gesù che pur aveva detto: "C'è un battesimo che devo ricevere e spero di ricevere in fretta", davanti al pensiero della croce e della sua morte su di essa, suda sangue e si sente debole nella sua volontà umana.
Concludendo, penso che noi cristiani dovremmo essere grati e gioiosi per la vita, quella che ci viene data e che ci auguriamo buona, piena, spesa bene, e quella che ci viene promessa come totale comunione con la Vita stessa. Ci aiuti solo il Signore a non sprecare questi doni e a saper passare anche attraverso i momenti di buio per poter giungere alla luce adesso e poi.
LUNEDI' 20
"NON C'E' NULLA DI NASCOSTO CHE NON DEBBA ESSERE MANIFESTATO, NULLA DI SEGRETO CHE NON DEBBA ESSERE CONOSCIUTO E VENIRE IN PIENA LUCE".
(Lc. 8,17)Continuamente nei Vangeli troviamo parole di Gesù che invitano alla chiarezza, alla limpidezza o, per dirla con un termine di moda in questi anni, alla trasparenza.
La nostra fede è luce e la luce illumina, non nasconde.
Gesù è venuto sulla terra per mostrarci il volto di Dio e non per nasconderlo.
La fede che Gesù richiede da noi non è una fede da 'iniziati', è la fede dei semplici che, con tutti i loro limiti, si affidano; la preghiera non è la successione di formule magiche che armonizzate secondo un determinato rituale danno un potere, è il rapporto che ciascuno può avere con il suo Dio; la Bibbia, la Parola di Dio non è un libro chiuso, riservato ad una casta sacerdotale che ha doni particolari per interpretare, per manifestare e nascondere, è il libro della storia di amore tra Dio e il suo popolo.
Quanto sono assurde le 'religioni' che rifacendosi a Gesù sono 'religioni per iniziati', piene di ritualismi, di simbolismi e formulari (che sono veri e propri paganesimi), di caste dotate o meno di poteri.
E quanto è assurdo che cristiani, "per rispettare la Bibbia" l'abbiano tenuta nascosta al popolo cui è indirizzata. Quanto è assurdo pregare in lingue sconosciute alle masse solo per attorniare maggiormente di un alone di mistero la religione e renderla quindi più potente perché fondata sulla paura e quanto è per lo meno strano ricorrere a formulari specifici per ottenere benedizioni e per cacciare diavoli.
E' vero, Dio è mistero, è più grande di noi; noi non comprendiamo tutto di Lui, della sua volontà, delle leggi della sua natura, ma Gesù è la luce che illumina ogni uomo: la luce e le ombre che ne derivano ci danno l'immagine nella sua totalità.
MARTEDI' 21
"A CIASCUNO DI NOI, TUTTAVIA, E' STATA DATA LA GRAZIA SECONDO LA MISURA DEL DONO DI CRISTO". (Ef. 4,7)
Nella festa di San Matteo, il pubblicano chiamato da Gesù a diventare apostolo e autore di uno dei quattro Vangeli, la liturgia propone un brano di San Paolo dove egli, in prigione, esorta la comunità di Efeso all'unità in quanto uno solo è il Signore, Padre di tutti e una sola deve essere la comunità dei suoi figli.
Però, se siamo chiamati all'unità, noi siamo amati individualmente dal Signore e ciascuno di noi ha ricevuto doni particolari da Lui.
Mi chiedo allora: perché nelle nostre comunità nascono le gelosie e le discordie? Se tu hai il dono del saper comunicare attraverso la parola i doni di Dio, perché dovrei esserne geloso e invidioso? Dovrei invece esserne felice perché alcuni fratelli, attraverso questo tuo dono possono giungere a Gesù. Posso essere geloso dell'opera dei missionari, o devo solo essere riconoscente a Dio che fa nascere ancora queste vocazioni e a chi risponde a queste chiamate? Anche tu hai dei doni; Dio ti ha amato personalmente ed ha dato a te qualche dono che non ha dato a nessun altro e che può essere usato per il bene comune: Sarà la simpatia? L'attenzione ai malati? Il servizio ai più piccoli? La pazienza? Il saper accettare? Il saper rendere gioiose le persone che incontri? Prova ad esaminarti senza false umiltà e scopri questi doni e come puoi manifestarli. Matteo, ad esempio, ha usato del dono di cultura che aveva ricevuto e noi oggi abbiamo il suo Vangelo. E se Matteo avesse nascosto questo suo dono?
MERCOLEDI' 22
"QUANTO A COLORO CHE NON VI ACCOLGONO, NELL'USCIRE DALLA LORO CITTA', SCUOTETE LA POLVERE DAI VOSTRI PIEDI, A TESTIMONIANZA CONTRO DI ESSI".
(Lc. 9,5)Può stupirci che nel discorso missionario tutto teso a far sì che la buona notizia raggiunga tutti, ci sia questa indicazione così brusca dello scuotersi la polvere dai piedi davanti a chi non accetta l'annuncio. Proviamo intanto a capir meglio che cosa significasse questo gesto.
Un Ebreo aveva sacra l'ospitalità. L'ospite era come Dio che bussa alla porta di casa (se volete un esempio pensate a come Abramo accoglie quei tre misteriosi personaggi in viaggio verso Sodoma). All'ospite viene data l'acqua per lavarsi, il cibo per nutrirsi, l'ascolto per comunicare.
Gesù manda i suoi messaggeri perché portino la buona notizia ma dice : "La Buona notizia con le sue benedizioni sarà per coloro che l'accolgono. Per chi non l'accoglie non sarà una buona notizia. In quanto a voi, scuotendo la polvere dai vostri piedi, fate capire loro due cose: 1) Voi avete portato un dono che non è stato accettato, ora ve ne andate portando via niente, neanche la polvere. 2) Con questo gesto fate loro capire che non condividete in nulla il loro comportamento".
Dunque, il Vangelo come buona notizia ma anche come discriminante per la salvezza e il missionario come uno che in mille modi porta la buona notizia, ma anche uno che non scende a compromessi, che non si lascia invischiare dalle chiacchiere inutili, che non perde tempo, che ha talmente a cuore la buona notizia che si sente dispiaciuto se essa viene "sprecata", ma anche uno che "non porta via niente", che non vende Parola di Dio e Sacramenti.
Di nuovo, come sempre c'è un mucchio di materiale per un esame di coscienza, non tanto per stabilire chi siano le persone davanti a cui "scuotere la polvere dai piedi", quanto per scoprire se io mi sento missionario del Vangelo, se per me questa parola è davvero una buona notizia, se mischio troppo la parola con le chiacchiere, se sono gratuito nel mio proporre la fede…
GIOVEDI' 23
"ERODE NON SAPEVA CHE COSA PENSARE". (Lc. 9,7)
Erode avrebbe dovuto essere il segno della presenza di Dio nel suo popolo (il re per gli Ebrei significava questo), quindi la sua sapienza avrebbe dovuto manifestare la Sapienza di Dio, così la sua giustizia. Noi ci ritroviamo invece davanti ad un re da burla (e proprio per questo terribile) e davanti ad un uomo confuso, un uomo che non sa non solo nel senso del sapere umano ma nel senso della Sapienza (un uomo che "non sa di niente").
Erode agisce secondo la politica degli uomini e si trova a fare il re per conto degli invasori Romani che gli lasciano una parvenza di potere per gettare fumo negli occhi, ma che lo comandano a bacchetta.
Erode agisce per il potere, ma scopriamo che sono in tanti a comandarlo: le sue passioni, le sue paure, le sue donne.
Erode passa vicino al profetismo espresso da Giovanni Battista, ma al massimo "lo ascoltava volentieri", però lo fa mettere in prigione e "pur essendo molto contristato" gli fa tagliare la testa.
Erode passa vicino al Figlio di Dio e non lo riconosce; anche qui, al massimo ha "desiderio di vederlo". E quando lo vedrà non solo non lo riconoscerà ma giocherà sulla sua vita per "diventare amico" di Ponzio Pilato.
Agire con la sapienza degli uomini o con la Sapienza di Dio?
Erode è la tipica figura di chi agisce solo con la sapienza degli uomini e combina disastri per se stesso e per coloro che avvicina.
Lo stesso succede a noi: quando ragioniamo solo per i nostri interessi, per 'politica', per potere, passiamo vicino alla verità e non la riconosciamo; abbiamo vicino a noi la voce di Dio che ci richiama e non riusciamo a riconoscerla; passiamo vicino al Cristo ma ci fermiamo all'esteriorità della fede e quindi non riusciamo ad incontrarlo.
E la stessa cosa succede alla Chiesa (se vogliamo capirlo basta aprire qualunque pagina di questi 2000 anni della sua storia). Ogni volta che la Chiesa si lascia guidare dalla Sapienza di Dio diventa la Chiesa dei martiri, dei santi, la Chiesa dei testimoni, la madre che accoglie e porta a Cristo milioni di figli; ogni volta che sceglie la strada del ragionamento del potere umano, perde Cristo e annuncia se stessa, scimmiotta malamente i poteri terreni, smette di dare testimonianza e perde fedeli, è preda della peggior razza di avventurieri, quelli cammuffati da religiosi, compra e vende santi e cose sante, chiude agli uomini la porta che Dio ha aperto.
Davvero facciamo nostra la preghiera del giovane re Salomone che davanti alla possibilità di scegliere per sé ricchezze e lunga vita, chiede a Dio: "Donami solo la tua Sapienza affinchè con essa possa governare il tuo popolo".
VENERDI 24
"MA VOI CHI DITE CHE IO SIA?". (Lc. 9,20)
Ieri meditavamo sulla Sapienza di Dio e su quella degli uomini ed ecco che il Vangelo di oggi ci pone davanti una domanda per rispondere alla quale occorre proprio la grazia della Sapienza di Dio.
Gesù da buon Maestro fa fare ai discepoli e anche a noi un cammino graduale. Dopo averci fatto stare in sua compagnia per una esperienza diretta di Lui, parte da lontano: "Chi sono io, secondo la gente?". Ed ecco le risposte dei ragionamenti umani, delle interpretazioni, delle letture storiche degli eventi o anche il semplice riferire dei "si dice": "Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto".
Ma ecco il passo successivo, la domanda diretta: "Voi, chi dite che io sia?".
Qui non si può scappare, la risposta non è quella degli altri, è la tua, ed anche qui o fai ricorso al pensiero umano o direttamente invochi la Sapienza di Dio. E Pietro, che per risposte umane è un esperto, per una volta tanto lascia parlare lo Spirito Santo che è in lui e ci azzecca in pieno.
Gesù, davanti a quella domanda, lo sai, mi trovo con tutti i miei limiti.
Ho provato a risponderti con la mia intelligenza di uomo che stenta a capire come un Dio possa essersi incarnato.
Ho provato a risponderti con le filosofie, e, che pasticci! Da chi fa di te un mito, a chi vede in te solo un grande pensatore, a chi mette in dubbio la tua esistenza fisica facendoti solo essere un pensiero collettivo.
Ho provato a risponderti con i teologi: stanno bene anche loro nel far pasticci e nel riempirsi la bocca di parolone. Tra la teologia dell'incarnazione, della redenzione, della liberazione e chi più ne ha più ne metta, sei diventato un Dio alchimista, e io ti ho perso di vista.
Oggi voglio far tacere tutte queste voci, voglio affidarmi al tuo Spirito e anche se so che poi ricomincerò ad arzigogolare sul senso della vita e su di te, ti dico anch'io, cercando di avere lo stesso entusiasmo di Pietro: "Tu sei il Cristo di Dio".
SABATO 25
"MA ESSI NON COMPRENDEVANO QUESTA FRASE: PER LORO RESTAVA COSI' MISTERIOSA, CHE NON NE COMPRENDEVANO IL SENSO E AVEVANO PAURA A RIVOLGERGLI DOMANDE SU TALE ARGOMENTO". (Lc. 9,45)
Ripartiamo nuovamente dalla riflessione di ieri: Ci siamo lasciati guidare dallo Spirito, abbiamo rinunciato ai nostri tentativi di risposte umane, siamo riusciti a dire con entusiasmo: "Tu sei il Cristo di Dio", e adesso, assaporando queste parole di fede cominciamo a mettere i contorni a Cristo: deve essere così e cosà, ci dà questa e quest'altra possibilità… Ed ecco che arriva la doccia gelata: "Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato in mano degli uomini". Come sarebbe a dire: Il mio Messia potente è un perdente. Il Figlio di Dio finisce nell'umiliazione. Al posto del trono una croce, al posto della corona regale una corona di spine… Non ne capisco più nulla, meglio neanche parlarne. Come li capisco questi apostoli!
La croce non è facile da digerire per nessuno. Pensare ad un Dio potente che aveva mille modi per salvarci e che va scegliere la morte in croce di suo Figlio per calmare la sua ira nei nostri confronti… Insomma, a quel Dio, se proprio ci tiene, qualche bel suggerimento lo possiamo dare noi!
E qui mi fermo, perché mi accorgo che comincia a parlare di nuovo la mia piccola ma orgogliosa sapienza umana che vuole spiegarsi tutto per idee precise e distinte e che arriva nella sua supponenza a dar consigli a Dio.
Ci vuole ancora più Spirito Santo, più Sapienza di Dio per accettare il Messia della Croce che per accettare l'uomo Dio. Ancora una volta è solo entrando in una mentalità di amore e non di calcolo che riesci a vedere la sua e le tue croci come un atto di amore.
DOMENICA 26 - 26^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
"EGLI RISPOSE: SI', SIGNORE; MA NON ANDO' ". (Mt. 21,29)
Conosciamo tutti abbastanza bene il senso per cui Gesù ha raccontato questa parabola. Egli vuol far capire che non basta l'appartenenza al popolo ebraico per avere la garanzia della salvezza. Ma noi sappiamo che il Vangelo, proprio perché parola viva, si presta a continue reinterpretazioni e applicazioni alla vita concreta per cui ecco alcune varianti nell'attualizzazione.
Ci sono tanti cristiani del 'sì'. Questo 'sì' lo dicono forte, magari dai pulpiti o quando sono accese le telecamere di modo che tutti "colpiti da una fede così profonda" possano battere le mani (e questo viene oltretutto ascritto come una "buona testimonianza"), sono coloro che sono ortodossi, coloro che fondano la propria fede e morale citando, magari senza averlo letto, l'ultimo documento del Papa o del Vescovo, coloro che difendono le tradizioni religiose o morali, magari con un pizzico di spregiudicatezza che fa fine e non guasta mai, ma con secchi giudizi su chi non si comporta secondo i sacri canoni. Ma poi, nella vita pratica, mentre ancora senti attorno a loro l'aria smossa dalla loro lingua, li scopri duri nei confronti del prossimo, incapaci di accoglienza (prova a bussare a certe canoniche "fuori orario di ufficio"!), pronti a ferire, umiliare, disprezzare. Gente capace di sorridere ed offrirti il caffè, ma prova a chiedergli di interessarsi ai tuoi problemi, a darti una mano concreta con un anziano difficile. Sono già troppo stanchi per tutte le affermazioni di fede che hanno fatto con la loro bocca!
"Li riconoscerete dai loro frutti" ma, attenzione ai frutti di facciata: sono solo gonfi d'aria: basta un piccolo ago e, "pluf", non c'è più nulla, si sono sgonfiati con una velocità maggiore di quella con cui, a base di parole, si erano gonfiati.
LUNEDI' 27
"MAESTRO, ABBIAMO VISTO UN TALE CHE SCACCIAVA I DEMONI NEL TUO NOME E GLIELO ABBIAMO IMPEDITO PERCHE' NON E' CON NOI, TRA I TUOI SEGUACI".
(Lc. 9,49)In tutti i campi c'è sempre il pericolo di dividere il mondo in due parti: noi, i nostri e gli altri; i buoni e i cattivi; quelli del nostro partito e i nemici; gli ebrei e i pagani; i cattolici e i protestanti; le destre e le sinistre… e tutto questo crea muri, divisioni, odi, ghetti…
Quando Gesù dice: "Chi non è contro di voi è per voi", non fa del facile ecumenismo, non vuol farci cadere in un "Tutto va ben, signora la marchesa", ci invita solo a superare le divisioni di facciata, di nominalismo per riscoprire in verità chi sia il nemico e per saper valorizzare tutto ciò che unisce.
Provo a fare qualche esempio in campo religioso:
Tra noi, cristiani cattolici, ci sono tanti gruppi religiosi che nel loro modo di esprimersi hanno creato delle differenziazioni: Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Rinnovamento dello Spirito, Focolarini… Indubbiamente le spiritualità che guidano questi movimenti ed anche le scelte pratiche sono ben differenziate.
Ma questi gruppi e movimenti sono un bene per la Chiesa o sono un ulteriore motivo di divisione?
Certo, se ciascuno di questi gruppi dice: "La salvezza è solo da noi, gli altri sbagliano", ecco la divisione, il settarismo, il non correre più per amore di Gesù Cristo, ma perché: "L'ha detto il capo carismatico del gruppo". Se invece, nel rispetto vicendevole (e magari anche con una buona dose di autoironia), cerchiamo di recuperare ciò che ci accomuna, avremo offerto alla Chiesa una varietà di testimonianze e di servizi che arricchiscono invece di impoverire.
Per giungere a Dio ci sono tante strade. L'importante non è che camminiamo tutti sulla stessa strada, ma che tutti camminiamo nella Sua direzione.
MARTEDI' 28
"SIGNORE, VUOI CHE DICIAMO CHE SCENDA UN FUOCO DAL CIELO E LI CONSUMI?". (Lc. 9,54)
Proprio mentre stavo leggendo questo vangelo hanno suonato alla porta: Vado a vedere: inconfondibili! Eccoli qua: "Sa che presto nel mondo ci sarà un nuovo governo?" E tra il divertito e il sornione ti lasci scappare: "Ma a me basta e avanza anche quello che abbiamo adesso!" Manco un sorriso (guai a sorridere delle cose sacre!), ed eccoli partiti per un altro versante. A bloccarli si fa fatica anche perché non c'è nulla di peggio da fermare dell'ignoranza che si crede padrona della verità.
Quando finalmente me ne sono liberato (senza troppi danni né alla verità, né alla carità), sento che suonano alla porta di un vicino che li accoglie con un sonoro: "Ma, Cristo, siete di nuovi qui?!" (che detto in piemontese ha una sonorità tutta particolare). Una volta ho sentito un tale che rispondeva: "L'unica cosa buona che il vostro Geova dovrebbe fare sarebbe quella di farvi stare a casa vostra!", più o meno lo stesso atteggiamento di Giacomo e Giovanni che invocano piogge di fuoco su quel villaggio di Samaritani che non ha voluto accogliere Gesù.
Gesù non accetta guerre di religione, Gesù non dimostra di essere la verità facendo scendere con potenza il fuoco dal cielo. Gesù non si impone con forza ma ha sempre cercato di illuminare le coscienze e di convertire i cuori con pazienza e amore.
Non ci dice di non discernere tra il vero e il falso, non ci dice neppure di lasciarci prendere per il naso da pseudo religioni prive di ogni fondamento, ma ci dice di saper vedere anche in chi è diverso, in chi ci è contrario, un fratello, così come non ci manda per imporre la sua religione, ma per proporre serenamente con parole, ma soprattutto con fatti, la sua persona.
MERCOLEDI' 29
"VEDRETE IL CIELO APERTO E GLI ANGELI DI DIO SALIRE E SCENDERE SUL FIGLIO DELL'UOMO". (Gv.1,51)
Oggi la Chiesa festeggia tre Arcangeli. I loro nomi sono nella Bibbia.
Michele, che con il suo nome ("Chi è come Dio") ci ricorda che Dio è al di sopra di ogni creatura appare nel libro di Daniele e nell'Apocalisse dove lo vediamo combattere e vincere il diavolo; Gabriele, araldo di Dio, portatore di buone notizie, il cui nome significa "Forza di Dio" e Raffaele (="Dio ha guarito"), il compagno di viaggio e la guida di Tobia. Dopo un periodo in cui gli angeli erano stati messi un po' in disparte, quasi facessero solo parte di una corte celeste fatta troppo a misura di quelle terrene, oggi vanno nuovamente di moda. Ma purtroppo, spesso, sono diventati parte di quel esoterico vago che cerca da una parte di rispondere alle aspirazioni di infinito dell'uomo e d'altra parte ad offrirgli delle risposte facili che non lo impegnino troppo. Gli angeli nella visione biblica e cristiana sono presenze al servizio di Dio e per questo al servizio degli uomini. Non sono i facili solutori di problemi umani ma coloro che ci richiamano a valori trascendenti, coloro che ci indicano una strada, coloro che ci insegnano a combattere contro tutto quello che si oppone al progetto di salvezza di Dio nei nostri confronti. Non mi sento un povero stupido se credo agli angeli, ci ha creduto Gesù. Mi pare invece molto bello avere in essi, che già vedono il volto di Dio, degli amici preziosi che mi aiutano a trovare la strada per arrivare fino a Lui.
GIOVEDI' 30
"IL SIGNORE DESIGNO' SETTANTADUE DISCEPOLI E LI INVIO' ". (Lc.10,1)
Il brano che leggiamo oggi con l'invio dei settantadue discepoli è esclusivo del Vangelo di Luca. Proviamo a ripercorrerlo schematicamente:
Il buon annuncio o la missione è per tutti i popoli della terra, nessuno escluso. Infatti, il numero di settantadue discepoli inviati corrisponde al numero di tutti i popoli della terra, secondo la credenza ebraica.
E' tutta la comunità che diventa missionaria e testimone: l'andare a due a due è infatti comprovare a vicenda ciò che si fa e si dice. La debolezza e la mitezza sono caratteristiche della missione. San Giovanni Crisostomo, riferendosi alle parole di Gesù che ci manda come agnelli in mezzo ai lupi, dice: "Finché siamo agnelli, vinciamo. Se diventiamo lupi veniamo vinti perché ci manca allora l'aiuto del pastore, il quale pasce agnelli e non lupi". E' una missione che deve solo appoggiarsi su Cristo e non su altro. I mezzi devono essere poveri. Non bisogna caricarsi di troppi fardelli ingombranti ritenendoli mezzi per la missione: appesantiscono e non aiutano. E' una missione in cui non ci si deve perdere in chiacchiere inutili ("Non salutate nessuno per la strada"). Non bisogna perdersi in convenevoli, in cene e pranzi a casa dei maggiorenti, in riunioni fiume per stendere strategie pastorali: si annuncia Cristo e il suo Regno e basta. Il successo non è automaticamente assicurato, anzi in certi casi bisogna fare attenzione a non lasciarsi contaminare (scuotere la polvere). Il contenuto della missione è sempre un annuncio di pace e di gioia perché Gesù è la pace e la gioia. E tutto questo non è un menù per preti o suore missionarie, ma per ogni cristiano.
TRENTA PENSIERI PER TRENTA GIORNI
1. COMODITA' |
La comodità arriva come ospite, si trattiene fino a diventare la padrona di casa e rimane per renderci schiavi. (Lee Bickmore) |
2. COMPAGNIA |
Meglio dormire con un cannibale astemio che con un cristiano ubriaco. (Herman Melville) |
3. COMPITI |
Non è compito del botanico sradicare le erbacce. Lui ha già fatto abbastanza quando ci informa a che velocità crescono. (Northcote Parkinson) |
4. COMPLEANNO |
Più sono le candeline sulla torta del tuo compleanno, e meno fiato hai per spegnerle. (Jean Cocteau) |
5. COMPLIMENTI |
Trattate i complimenti che vi vengono fatti come se fossero profumi: odorateli ma non inghiottiteli. (Proverbio Spagnolo) |
6. COMPLIMENTI |
Spesso si usano i complimenti come i denari, perché ci siano resi con gli interessi. (Jules Renard) |
7. COMPORTAMENTO |
Comportiamoci come si conviene a templi viventi di Dio, perché si sappia bene che il Signore abita in noi. (San Cipriano) |
8. COMPRENSIONE |
Non ci si deve dolere di non essere compresi dagli uomini, ma ci si deve dolere di non comprenderli. (Confucio) |
9 COMPROMESSO |
Il compromesso è un buon ombrello, ma un pessimo tetto. (James Lowell Russel) |
10. COMPUTER |
La nostra epoca è orgogliosa delle macchine che pensano, ma sospetta degli uomini che cercano di farlo. (Adolfo L'Arco) |
11. COMUNICAZIONE |
Nella comunicazione la cosa più importante è sentire ciò che non viene detto. (Peter Drucker) |
12. COMUNIONE EUCARISTICA |
Se ti domandano perché ti comunichi spesso, rispondi che due categorie di persone devono comunicarsi spesso: i malati per essere guariti e i sani per non ammalarsi. (San Francesco di Sales) |
13. CONCENTRAZIONE |
La creatura più debole può, concentrando le proprie energie, compiere grandi cose mentre l'uomo più forte e più abile, che disperde le sue forze in molte cose, non ne conclude alcuna. (Carlyle) |
14. CONCISIVITA' |
Chi potendo esprimere un concetto in dieci parole, ne usa dodici, io lo ritengo capace delle peggiori azioni. (Giosuè Carducci) |
15. CONCLUSIONI |
Non è perfetto chi bene comincia; è approvato da Dio chi conclude bene. (San Basilio di Cesarea) |
16. CONCORDIA |
La concordia non è l'uniformità delle opinioni, ma l'accordo delle volontà. (San Tommaso d'Aquino) |
17. CONCRETEZZA |
Temo i cristiani che vivono con un piede solo su questa terra, saranno con un piede solo anche in cielo. (Dietrick Bonhoeffer) |
18. CONDIVISIONE |
E' un'ironia che si sia dimostrato più facile dividere l'atomo che le risorse petrolifere. (Aldo Cammarota) |
19. CONDIVISIONE |
Se chiudi la mano il mondo ti resterà chiuso come un pugno. Se vuoi che il mondo ti si apra, apri prima la tua mano: non dare, ma condividi. (Lanza del Vasto) |
20. CONDIZIONAMENTI |
Molti uomini sono fatti come il vasellame nuovo che si impregna del primo odore buono o cattivo che sia. (Baltasar Gracian) |
21. CONFESSIONE SACRAMENTALE |
Dio sa tutto. Sa anche che dopo esservi confessati peccherete di nuovo e tuttavia vi perdona. Che amore quello del nostro Dio che arriva fino a dimenticare il futuro per perdonarci. (Santo Curato d'Ars) |
22. CONFIDENZA |
Non fate confidenze a persone che non hanno mai sofferto. (Diodoco) |
23. CONFORMISMO |
E' facilissimo trasformare le marionette in impiccati: le corde ci sono già. (Stanislaw Lec) |
24. CONFORTO |
Una parola buona mi dona cibo per due mesi. (Mark Twain) |
25. CONFUSIONE |
La confusione in cui gli uomini si trovano deriva dal fatto che la sera non sanno perché si sono alzati e perché domani ricominceranno. (P.Doncoeur) |
26. CONOSCENZA |
La conoscenza consiste nell'essere consapevoli sia di sapere una cosa che di non saperla. (Confucio) |
27. CONQUISTA |
Tutto dipende da che vuoi conquistare: se ti accontenti di una conchiglia vuota, ti basta fare due passi sulla spiaggia; se miri ad un corallo devi affrontare la scogliera; se vuoi una perla devi tuffarti fino in fondo al mare. (Massima Tailandese) |
28. CONSEGUENZE |
Se tu pianti un broccolo, come ne pretendi un giglio? (Padre Pio da Pietralcina) |
29. CONSIGLIO |
Il Maestro dice: "Se la strada non è la stessa, non ci si potrà consigliare a vicenda". (Confucio) |
30. CONTEMPLAZIONE |
Se desideri vedere le valli, sali sulla cima delle montagne; se vuoi vedere la cima delle montagne, sollevati fin sopra le nuvole; ma se cerchi di capire la nuvola, chiudi gli occhi e pensa. (Gibran) |