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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

a cura di don Franco LOCCI

AGOSTO 1999

 

 

DOMENICA 1 - 18^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"SPEZZO' I PANI". (Mt. 14,19)

Quanto è diventato abituale questo gesto! Talmente abituale che spesso il sacerdote lo compie come un rito qualsiasi e i fedeli lo vivono con molta superficialità.

Gesù spezza il pane in un gesto di condivisione e di solidarietà affinché cinquemila uomini abbiano da mangiare. Gesù, fattosi pane per noi, spezza il suo corpo sull'altare della croce affinché la misericordia del Padre che lo ha accettato come Agnello immolato, possa riversarsi su di noi. Gesù continua a spezzare il suo corpo affinché noi possiamo continuare ad avere il pane di Dio che ci accompagni nel meraviglioso quanto faticoso pellegrinaggio verso la nostra meta definitiva.

Gesù spezza il pane perché da questo gesto noi impariamo che cosa vuol dire essere fratelli, saper perdonare, imparare a camminare insieme condividendo.

Altro che "rito" della messa! Altro che: "Andiamo a Messa in quella chiesa dove in mezz'ora ce la caviamo"! Altro che Messe comode a tutti gli orari! Altro che preti abitudinari che vanno avanti a memoria e che per primi non comunicano la gioia e il senso del mistero che compiono! Non credo che aumentando o diminuendo le Messe si riesca a capirle di più, ma qualche volta, per certi preti e cristiani abitudinari non sarebbe bene un po' di "digiuno eucaristico" per scoprire se davvero l'Eucaristia è importante per ciò che è e non per l'insieme di riti e di abitudini di cui l'abbiamo caricata e in cui spesso la releghiamo?

 

 

LUNEDI' 2

"DISSERO: E' UN FANTASMA!". (Mt. 14,26)

Il vento contrario, la barca agitata dalle onde, la notte buia che non lascia distinguere, ma soprattutto la solitudine, la paura fanno nascere fantasmi, ed anche Gesù viene scambiato per uno di essi e invece di procurare conforto aumenta la paura. Anche oggi, in molti casi, Gesù è scambiato per un fantasma. Quando il buio di certe giornate ci ghermisce, quando le prove e la sofferenza sembrano gestirci la vita senza lasciare spazio alla speranza, quando Dio non è più l'amico, il compagno, ma soltanto colui che ti ha lasciato solo, il padrone che sembra infischiarsene delle tue prove, ecco che Colui che cammina sulle acque per venirti incontro è solo un fantasma che accresce i tuoi timori. Senza contare tutte le volte che siamo noi ad aver fatto diventare Gesù un fantasma. Con la scusa che Dio lo puoi incontrare ovunque e che parla attraverso la natura e le religioni, abbiamo sminuito Gesù ad uno fra i tanti che ci hanno parlato di Dio. Altre volte con la nostra ignoranza rivestita di supponenza, abbiamo perso la vera identità del Cristo rivestendolo solo di abiti artefatti di religioni che più che amare il Cristo, ricercarlo e presentarcelo così com'è, amano solo se stesse e i propri interessi. La televisione e i film ci hanno abituati non solo a fantasmi terrorizzanti ma anche a fantasmi simpatici e ridurre Cristo ad un fantasma simpatico può anche essere consolante e giustificante nei confronti del nostro disimpegno. Gesù dice agli Apostoli: "Coraggio, sono io, non abbiate paura". "Sono Io" cioè: "Io sono". Gesù non è un fantasma nè bonaccione né terribile, Gesù è Dio.

 

 

MARTEDI' 3

"LASCIATELI! SONO CIECHI E GUIDE DI CIECHI". (Mt.15,13)

Gesù ha detto più volte di non essere venuto per abolire l'antica Legge. Gesù era un 'osservante' dei comandamenti. Gesù è nella linea della continuità della religione ebraica. Però, Gesù non sopporta l'ipocrisia e non c'è ipocrisia più grande di quella che può riguardare la religione quando cioè si usa del Sacro per giustificare i propri interessi, quando, come nel caso del Vangelo di oggi, si usa di una tradizione umana facendola passare per divina per aver occasione di condannare un uomo. E qui Gesù è chiarissimo: certi maestri vanno lasciati! Non, in nome di un falso buonismo, accettati, sopportati, ma lasciati se no rischi che il cieco ti faccia cadere con lui nella fossa! Provate a pensare se anche noi, nella nostra vita, non dovremmo fare qualche taglio un po' più netto quando, ad esempio, ci accorgiamo che certe persone che si fanno passare per religiose sono solo in cerca di apparire, di aver prestigio e ruoli di onore all'interno di una comunità. Quando certi 'maestri' ci insegnano la strada della povertà attraverso mezzi che costano carissimi e che, per essere sostenuti hanno bisogno di soldi abilmente spillati proprio ai poveri, quando la religione viene usata per arrivare al potere… per salvarsi da certi 'religiosi-atei' c'è un'unica strada: "Lasciateli!". Stai tranquillo: non manchi alla carità, non manchi all'unità della comunità (sono loro che non la vogliono). Gesù lo ha detto più volte: "Li riconoscerete dai loro frutti". Se un frutto è marcio non lo mangi, se è velenoso, poi, sarebbe un suicidio mangiarlo.

 

 

MERCOLEDI' 4

"MA EGLI NON LE RIVOLSE NEPPURE UNA PAROLA". (Mt. 15,23)

Non è mai giusto imprestare i nostri sentimenti agli altri: che cosa ne sappiamo noi di che passa nel cuore di una persona, quali sono le sue esperienze, le sue parole, il suo modo di amare? Eppure, proprio perché l'episodio della Cananea è un grandissimo esempio per la fede e per la preghiera, mi permetto di romanzarlo così: Stravedeva per sua figlia, e non solo nella misura comune ad ogni madre. Era ciò di migliore gli fosse stato dato dalla vita, quella vita terribile che l'aveva privata, giovanissima dei suoi genitori e poi si era portata via anche suo marito. Per far crescere quella bambina si era adattata ad ogni genere di lavoro; si era indurita per difendersi da chi da lei, donna sola, cercava solo 'quello'. Ed ora, questa sua ragazzina di dodici anni era entrata in quella strana malattia. Improvvisamente crollava a terra, la sua voce diventava cavernosa, le sue mani erano artigli che ghermivano, il suo volto dolce e amato si trasformava in un ghigno in cui non sapevi più distinguere cattiveria da sofferenza. Si strappava le vesti di dosso e offriva la sua nudità agli occhi di tutti, provocando, in gesti che non poteva aver imparato. E quando la crisi passava entrava in una specie di trance, di assenza dal mondo che a volte durava anche giorni, priva di forze, insensibile a tutto, anche a sua madre. Aveva provato coi medici, coi maghi, coi santoni… nulla da fare! Ciarlatani ne aveva visti in abbondanza e la vita le aveva insegnato a distinguere e a non buttare soldi sempre così scarsi, in persone incapaci e subdole. Le notizie di quel Gesù erano arrivate in tanti modi: chi le aveva raccontato di un profeta che parlava a nome di Dio, chi le aveva detto che amava i poveri, i derelitti, i lontani, si fermava persino a parlare con i Samaritani e c'erano delle donne al suo seguito. Una di queste era stata guarita dopo una lunga malattia solo per aver toccato il suo mantello, una prostituta aveva cambiato vita, dicevano che aveva risuscitato il figlio di una vedova a Naim, aveva liberato due ossessi mandando il diavolo ad annegarsi insieme ad una mandria di maiali… Si era decisa. Aveva chiesto ad una amica di guardarle la figlia per qualche giorno e si era messa in cammino. Ma che può una donna, per di più Cananea, considerata dai benpensanti Ebrei come sentina di ogni perversione e fonte di ogni perdizione, avvicinare un Rabbi circondato da Ebrei osservanti?

Bisogna farsi sentire: "Non mi lasciano parlare? Non mi lasciano avvicinarlo? E allora mi metto a gridare. Quanto ho gridato alla morte dei miei genitori! Ho gridato di dolore, come ogni madre, alla nascita di mia figlia, ho urlato alla morte di mio marito, ho dovuto gridare più volte per difendermi dai molestatori, posso gridare per mia figlia.. è l'urlo nella speranza che mi nasca un'altra volta…" "Pietà di me, Signore, figlio di Davide…!!!" Ma Egli non le rivolse neppure una parola. "Perché non mi ascolta? Guardali quelli, pieni di superbia e di arroganza, padroni del mondo… non c'è una parola per una madre che grida, se non l'invito ad andarsene? Li sento: Zittitela! Che vuole quella? Vada dai suoi idoli, dai suoi maghi, ne hanno tanti i Cananei e si fanno pagare… in natura!' Ma di loro non mi importa! Chi mi turba è Lui che tace… ma non sarà forse un buon segno? Gli altri correvano per i soldi, Lui non punta di certo a questo…Ecco che dice qualcosa, non a me, ma a quei 'puri' che ha intorno…" "Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele!" Ma, allora è come loro? Predica la fratellanza, il perdono, l'amore, ma solo tra gli Ebrei! Avranno la loro storia, ma noi, chi siamo? Non ha parlato di un Dio che è Padre di tutti? No! Devo parlargli; deve parlarmi! La strada è stretta, la gente lo subissa, di qui deve passare… non mi calpesterà". Si buttò a terra dicendo: "Signore, aiutami". E finalmente le parla. Ma non è un volto dolce, una parola suadente quella che la donna sente, è una specie di insulto:"Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini". "Mi ha dato del cane straniero! Il primo impulso è aggredirlo, cavargli gli occhi!… ma, che cosa ne otterrei? Quei pii ringalluzziti da queste parole mi lapiderebbero subito e, che cosa sarebbe di mia figlia? E se, invece, volesse solo provocarmi, perché non provocare anche Lui, prenderlo in torta proprio dalle sue parole?".

"E' vero, Signore, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni!". "Come mai i suoi occhi, appena ho iniziato a parlare, si sono posati sui miei e non mi hanno più mollata? E non sono più occhi duri, ma dolci, sorridenti…proprio mentre stavo per rendere pan per focaccia, ha cominciato a sorridere ed ho rivisto nei suoi occhi il sorriso della mia bambina…" "Ti sia fatto come desideri". E da quell'istante sua Figlia fu guarita.

 

 

GIOVEDI' 5

"TU MI SEI DI SCANDALO PERCHE' NON PENSI SECONDO DIO, MA SECONDO GLI UOMINI". (Mt.16,23)

Il giovane Salomone, davanti a Dio che gli domandava quale dono egli volesse da Lui, gli chiese la Sapienza ritenendola più preziosa dell'oro e del potere, la Sapienza di poter pensare come Dio. Nel Vangelo di oggi ci sono due parole di Gesù rivolte a Pietro. La prima è una lode: "Beato te perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio". E la seconda è un rimprovero: "Tu mi sei di scandalo perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". La Sapienza sta dunque nel pensare con i pensieri di Dio. Ma "I tuoi pensieri non sono come i nostri pensieri; quanto dista il cielo dalla terra, tanto distano i tuoi pensieri dai nostri", e allora? Possiamo rispondere così: la Sapienza è un dono da invocare e da cercare. Da invocare ogni giorno: è lo Spirito stesso di Dio che noi imploriamo e chiediamo. I primi cristiani erano ben consci (basta leggere gli Atti degli Apostoli) che senza lo Spirito Santo non c'era vera fede. Da cercare in quanto solo attraverso la frequentazione quotidiana della Parola di Dio, solo attraverso la meditazione che trasporta nella vita ciò che Gesù ci ha insegnato, possiamo poco per volta cominciare a capire qualcosa di Dio e ciò che Egli voglia da noi. Istintivamente, se "penso secondo il mondo" cerco il potere, il denaro, la vendetta, l'egoismo… se mi lascio guidare dal pensiero di Gesù poco per volta troverò la strada della giustizia nella pace e nel perdono, lo sguardo buono di chi è capace a condividere con il fratello, la serenità fiduciosa anche nel momento della sofferenza. Insomma, sembra dirci il Vangelo, attraverso la preghiera e l'allenamento puoi davvero scoprirla e averla la Sapienza di Dio.

 

 

VENERDI' 6 - TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE

"SE VUOI FARO' QUI TRE TENDE". (Mt.17,4)

Pietro, con questa sua frase che da una parte sembra generosa e infantile e dall'altra sconclusionata, esprime un pensiero che da sempre è nella mentalità dell'uomo: quello di accaparrarsi, appropriarsi di Dio. Se Dio ha accettato il Tempio lo ha fatto non perché avesse bisogno di una casa, in quanto suo è l'universo e soprattutto suo è il cuore dell'uomo, ma lo ha fatto perché sapeva che l'uomo aveva bisogno di segni e soprattutto del segno della sua presenza. Gesù stesso è il tempio del Dio vivente tra noi e ci dice che: "D'ora in poi Dio si adorerà in spirito e verità". E' assurdo allora volersi accaparrare Dio. Quanto sono sciocchi quegli pseudoreligiosi che continuano a dire di aver l'esclusiva di Dio quasi che lui, alla fiera delle religioni, si sia venduto di più ad una di esse che non ad un'altra. Me se è facile comprendere quanto assurdo sia scrivere, come sui carri armati tedeschi dell'ultima guerra: "Dio è con noi", come la mettiamo con le chiese di mattoni? La chiesa dovrebbe essere la casa di Dio e dell'uomo, cioè un luogo familiare ad ambedue e perciò facilmente deputata all'incontro. Mi chiedo però se in certe chiese dove si celebrano solo riti abitudinari, dove si parla solo di denaro, potere, organizzazione, Dio sia ancora di casa. E mi chiedo anche se in certe chiese dove si parla di un Dio asettico, poco incarnato ci sia posto ancora anche per l'uomo.

 

 

SABATO 7

"SE AVRETE FEDE PARI AD UN GRANELLINO SI SENAPA, POTRETE DIRE A QUESTO MONTE: SPOSTATI DA QUI A LA', ED ESSO SI SPOSTERA'. E NIENTE VI SARA' IMPOSSIBILE". (Mt. 17,20)

Bisogna prenderla sul serio questa frase di Gesù. Certamente non si tratta di spostare materialmente delle montagne di pietra. Forse alcuni di voi ricorderanno il simpatico romanzo: "Il miracolo di Padre Malachia di Bruce Marshall dove veniva spostata, per forza della preghiera, una casa di tolleranza troppo vicina ad una chiesa, per poi invocare alla fine lo stesso miracolo al contrario in quanto si era capito meglio dove abitasse il Signore. Non sono dunque le montagne o i bordelli quelli da spostare a colpi di preghiere. La fede può e deve compiere altri spostamenti che non sono poi molto più semplici dei primi: spostare montagne di orgoglio, di egoismo, cambiare cuori induriti, superare gli ostacoli delle abitudini… trasformare gli uomini attraverso l'amore rendendoli capaci di relazioni tra loro e con Dio… trasformare i macigni dell'odio e della vendetta in perdono. La fede, così come Gesù la vuole, è sorgente di audacia, di iniziative, fa intraprendere cose apparentemente impossibili, essa è una forza che decuplica le forze dell'uomo. Un piccolo frate come Padre Pio come può aver toccato il cuore di tanta gente? Una piccola suora come Madre Teresa di Calcutta, come può essere arrivata in tutto il mondo? Già l'Arcangelo Gabriele diceva a Maria: "Impossibile agli uomini, ma tutto è possibile a Dio".

 

 

DOMENICA 8 - 19^ DEL TEMPO ORDINARIO

"CONGEDATA LA FOLLA SALI' SUL MONTE, SOLO, A PREGARE". (Mt. 14,23)

Molti anni fa, la prima volta che mi recai ad Assisi, andai all'Eremo delle Carceri ed un frate, accompagnandomi verso la montagna, mi ricordò visivamente la grande realtà della spiritualità francescana. "Vedi - mi diceva -appena poteva, Francesco veniva a rifugiarsi in qualche grotta dell'orrido di questa montagna. Aveva bisogno di solitudine, di silenzio, voleva risentire intimamente la voce del Cristo. Qui tutto è pietra, sterpi, arido, ma anche natura e silenzio ed è anche, come per Gesù nel deserto, luogo dello Spirito e luogo del tentatore". E mi lasciò contemplare quelle grotte in mezzo ai lecci e ai pruni tra i grossi massi del vecchio orrido del fiume. Poi mi disse: "E adesso voltati". E girandomi vidi la vallata: da quel posto si vedevano i campi lavorati e la città. "Ecco, Francesco si ritirava dal mondo ma non si estraniava dal mondo: uno sguardo verso l'alto e uno verso il basso". E questa immagine mi ritorna in mente ogni volta che leggo l'episodio che ci propone il Vangelo di oggi. Gesù, dopo la moltiplicazione dei pani ha bisogno di ritirarsi, di quasi fuggire davanti a coloro che vogliono farlo re perché ha dato loro da mangiare gratis. Gesù ha bisogno di silenzio, di preghiera e sale, solo, sulla montagna. Ma mentre il suo cuore incontra Dio, il suo occhio vede in basso, là, sul lago di Tiberiade, quella piccola e fragile barca di Pietro che lotta contro le onde e allora la preghiera di Gesù si trasforma in presenza: addirittura si mette a camminare sulle acque per andare loro incontro. La nostra preghiera dovrebbe essere così: il pensiero rivolto a Dio e l'occhio attento all'uomo per portare l'uomo a Dio e Dio all'uomo.

 

 

LUNEDI' 9

"I RE DI QUESTA TERRA RISCUOTONO LE TASSE E I TRIBUTI. DAI PROPRI FIGLI O DAGLI ALTRI?". (Mt.17,25)

Gesù, nel Vangelo di oggi, sta parlando a Pietro della tassa che gli Ebrei pagavano al tempio e dice che né Lui, né tutti i figli di Dio, proprio perché figli, dovrebbero essere soggetti a questo tributo. Mi sembra però che l'insegnamento vada oltre e ci mostri che la religione non deve mai essere una tassa che noi paghiamo a Dio. Eppure questa è ancora una mentalità molto diffusa, ad esempio qualcuno pensa: "Dio vuole che io mi comporti così, io non ne ho voglia, lo faccio lo stesso così evito i suoi castighi e mi accredito un po' della sua benevolenza e del suo paradiso". Se non facciamo attenzione il Padre nostro e le tre Ave Maria (ma ditemi intanto se non è un assurdo considerare la preghiera una penitenza!) che il sacerdote ci dà come penitenza dopo la Confessione possono diventare la tassa da pagare per i nostri peccati. La 'penitenza' e il 'sacrificio' che sono così richiesti nelle apparizioni dalla Madonna, se non sono compresi come recupero di valori, rinunce per donare, allenamenti nella fede, rischiano di diventare monetizzazione e materiale di scambio (bisogna poi vedere se Dio ci sta) per ottenere grazie e miracoli. La Messa della domenica, se non compresa come grazia e rendimento di grazie, come dono e atto gioioso, come incontro, può correre il rischio di diventare solamente un obbligo da adempiere per non andare contro la direttiva di una morale religiosa: "Ho preso messa: sono a posto!". Purtroppo ci hanno già pensato alcuni rappresentanti ufficiali delle religioni a monetizzare il tutto (pensate ad esempio allo scandalo delle tariffe per i sacramenti che oggi per fortuna in gran parte sono state abolite), non corriamo anche noi il rischio di ridurre la nostra fede ad una tassa da pagare.

 

 

MARTEDI' 10

"DIO AMA CHI DONA CON GIOIA". (2Cor 9,7)

La liturgia di oggi, facendo memoria del martirio del diacono Lorenzo, ci invita alla gioia cristiana. Lorenzo, arrestato insieme al suo Papa Sisto II°, fu costretto dal giudice a consegnare tutti i beni della comunità. Egli allora riunì tutti i poveri e ammalati che assisteva e conducendoli al giudice: "Ecco - diceva con fierezza i tesori della Chiesa". Fu torturato in vari modi prima di essere posto sulla graticola dove, "nella gioia e nella preghiera, rese infine l'anima a Dio". Gioia anche nella prova, dunque. La gioia dovrebbe costituire l'atmosfera normale del Cristiano: lo è anche per noi? Quale volto del Cristo presentiamo ai nostri contemporanei? Un volto severo, chiuso, misterioso, terribile? Come possono allora avere un'idea di Dio che è gioia? Il rimprovero così sovente mosso ai cristiani di avere l'aria triste non è magari giustificato? Come conciliare il fatto di essere figli di Dio, infinitamente amati da un Padre che chiede solo di farci partecipare, fin d'ora, alla sua gioia divina, con quell'atteggiamento negativo, pessimista, scoraggiante che spesso assumiamo? Ma anche, al Padre che volto offriamo? Il dono di noi stessi che gli facciamo in unione con quello del suo Figlio Gesù, non è magari presentato con un'aria di triste rimpianto? Dio ama colui che dona e che si dona con il sorriso. Sorriso delle labbra in primo luogo, volto illuminato da quella gioia che nulla né nessuno dovrebbe poter offuscare. Ma ancor più il sorriso dell'anima. Dietro la facciata rassicurante e attraente per gli altri, non deve mancare una gioia più profonda, indefettibile, inattaccabile, quella gioia che viene da una profonda comunione con Dio stesso.

 

 

MERCOLEDI' 11

"DOVE DUE O TRE SONO RIUNITI NEL MIO NOME, IO SONO IN MEZZO A LORO". (Mt.18,20)

La Chiesa, nella sua saggezza, fin dai tempi più antichi ha istituzionalizzato sette Sacramenti, "segni efficaci della grazia voluti da Cristo per santificarci". Questi sono veramente la presenza di Cristo ai momenti più importanti della vita. Ma se sfogliamo il Vangelo noi troviamo altri "sacramenti" altrettanto reali, validi, voluti da Gesù che ci riempiono della sua Grazia. Provate a pensare alla frase che meditiamo oggi. Non ha forse lo stesso valore, lo stesso peso dell'altra che sancisce l'Eucaristia: "Questo è il mio corpo". O dell'altra ancora: "Qualunque cosa avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli l'avrete fatto a me"? Dunque l'essere uniti nel nome del Signore è sacramento della sua presenza. Ma, attenzione, bisogna essere "uniti" e "nel suo nome". Unità, comunione, non somma di persone. Quando, ad esempio, si riuniscono certi Consigli parrocchiali c'è davvero desiderio di unità o solo sopportazione vicendevole o solo voler tirare l'acqua al proprio mulino o solo voler emergere sugli altri? E poi bisogna essere "uniti nel suo nome". Allora non basta trovarci per parlare degli affari della comunità, per spettegolare sulle ultime mode dei preti, per fare il toto - vescovo o il toto - papa. Questo non realizza ancora la presenza di Cristo. Oserei dire che non basta neppure essere in chiesa, a messa perché automaticamente ci sia anche Gesù. Se la Messa è un'abitudine, una tassa, una sfilata di moda e di mode, se ci vado per farmi vedere, per vedere e criticare gli altri non c'è né unità né riunione nel suo nome, quindi non c'è neanche il Signore.

 

 

GIOVEDI' 12

"SE MIO FRATELLO PECCA CONTRO DI ME, QUANTE VOLTE DOVRO' PERDONARLO?". (Mt.18,21)

Siamo nell'ambito del discorso del perdono e Pietro, in vena di generosità, si sente autorizzato a chiedere a Gesù se deve arrivare a perdonare sette volte (il numero della perfezione). Si sentirà rispondere con una moltiplicazione enorme che ha un risultato non numerico ma che vuol dire: "sempre". Però, nel suo modo semplice di presentare l'argomento, Pietro fa un errore che spesso e volentieri facciamo anche noi: "Se mio fratello pecca contro di me". E già, perché sono sempre gli altri che mancano, ci fanno torto, hanno qualcosa da farsi perdonare. Non ci passa neppure per l'anticamera del cervello il sospetto che le posizioni si possano anche capovolgere, che anche noi possiamo offendere, scandalizzare, commettere colpa nei confronti del fratello. Cominciamo a pensare che, qualche volta, può esserci qualcuno che ha qualcosa da perdonare a noi. Anche il prete che amministra il perdono di Gesù dovrebbe, nel farlo, ricordarsi che anche lui, sempre, ha bisogno di quel perdono. Il perdono quindi non è soltanto qualcosa da dispensare, è anche da ricevere; si può dare perdono solo chiedendo perdono o per dirla con Maillot: "La porta attraverso la quale entra il perdono è la stessa per la quale esce".

 

 

VENERDI' 13

"DA PRINCIPIO NON FU COSI'". (Mt. 19,8)

Gesù per rispondere ad una domanda che gli viene fatta sulla liceità o meno del divorzio ci invita a tornare indietro, ai valori, ai prinicipi della creazione stessa dove è Dio a dire: "Non è bene che l'uomo sia solo". E' facile capire che l'uomo ha bisogno di comunicare con l'altro. Sarà per necessità, per attrazione fisica, per sentimento, ma gli uomini si cercano. Il bambino cerca l'amico per giocare; il giovane cerca compagnie per parlare, divertirsi, gareggiare, amare; l'adulto per costruire insieme la vita in tutti i suoi valori; l'anziano per sostenersi, per ricordare… Nessuno vorrebbe essere solo. Ma, di fatto, tanti di questi incontri desiderati trovano spesso difficoltà e diventano scontri. I bambini si azzuffano, i giovani si lasciano, gli adulti si combattono in mille modi, gli anziani non si tollerano e tutto questo ci rivela che non è per niente facile realizzare la comunione a tutti i livelli: tra popoli, nella società, in famiglia. Eppure è anche vero che l'uomo da solo sta male. E' solo con l'amore vero, profondamente maturato (non quello dei facili sentimenti, del sesso o delle canzonette) che si possono superare le difficoltà dei rapporti e creare una vera comunione di vita. L'uomo, essere chiamato alla socialità, se vuole davvero che essa non scada in rapporti formali o in lotte deve convertire il suo cuore, ammorbidirne le durezze procurate dai peccati dei secoli, deve renderlo semplice, fedele, mite, umile, sincero, aperto, senza egoismi, proprio come quello di Cristo. E' un lavoro non facile, che impegna la vita, che esige una continua e profonda preghiera per imparare ad amare, ma è essenziale per il cristiano. E' infatti dalla durezza del cuore che vengono fuori tutti gli attentati all'amore. Alla chiara affermazione di Dio: "Non è bene che l'uomo sia solo", deve rispondere mettendosi a disposizione del piano divino, per realizzarlo con il suo aiuto e la propria generosità, senza paura di dover accettare anche la sofferenza pur di salvare l'amore.

 

 

SABATO 14

"LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME". (Mt.19,14)

Gesù indica i bambini come i privilegiati del Regno dei cieli, mentre essi nella società di allora erano esseri insignificanti. E' un invito alla piccolezza e alla semplicità, anzi il Vangelo ci propone questo paradosso: nella vita della fede diventiamo adulti solo nella misura in cui non tradiamo il bambino che è in noi. Non si deve credere che il dovere di diventare bambini sia un invito alla timidezza, a vivere da "imbranati", incapaci di responsabilità, ebeti gioiosi. Guardiamo a Gesù: Egli nella sua vita non ha cercato per sé cariche pubbliche e posti di prestigio, né si è lasciato impressionare dai titoli onorifici di chi gli stava davanti, dalla loro millantata esperienza, dagli anni o dai capelli bianchi; guardava ogni uomo negli occhi, senza timidezza.

Convertirsi e diventare bambini è ritrovare dentro di noi i valori veri, semplici, le esigenze primarie e definitive dell'uomo, è non fare sempre calcoli, è non domandarsi quanto se ne guadagnerà, è essere sempre disponibili ad esperienze nuove, è scoprire la propria precarietà, è affidarsi fiduciosi alle mani del Padre.

Seguire le vie del proprio cuore significa essere fedeli al fanciullo che dobbiamo essere, che dobbiamo diventare. Soltanto il fanciullo "sa" tutto di noi. Proprio perché ignora le operazioni meschine, le riduzioni, i calcoli, il gioco degli opportunismi, la diplomazia. Lasciamoci dunque guidare dal fanciullo che è in noi. Lui non sbaglia. Ci conduce con sicurezza nella strada del Regno.

 

 

DOMENICA 15 - ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

"BENEDETTA TU FRA LE DONNE". (Lc.1,42)

Quante volte nella nostra vita abbiamo ripetuto questa frase nell' Ave Maria, e quante volte è stata detta lungo i secoli prendendola proprio dalle labbra di Elisabetta che saluta Maria, ma questa benedizione è ancora più antica: essa risale nientemeno che al libro di Giuditta: "Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra e ti ha guidato a troncare il capo dei nostri nemici. Davvero il coraggio che hai avuto non cadrà dal cuore degli uomini, che ricorderanno sempre la potenza di Dio. Dio ha fatto riuscire questa impresa a tua perenne esaltazione ricolmandoti di beni, in riconoscimento della prontezza con cui hai esposto la vita di fronte all'umiliazione della nostra stirpe". (Giuditta 13,18-20) Leggendo questo brano dell'Antico Testamento ci rendiamo conto che sia Elisabetta con il suo saluto, che Maria con il suo Magnificat, fanno parlare la Bibbia nella loro vita. La Bibbia non è un libro di "storie vecchie", non è un libro di storie "edificanti", non è un libro "da preti", è il Libro che parla di Dio e dell'uomo, che parla alla vita e che si legge e si scrive con la propria vita. Allora non relegare la tua Bibbia a far bella figura di sé in libreria, impara ad aprirla tutti i giorni, lascia che entri nella tua vita, fa che qualcuno, vedendoti, possa davvero incontrare in te un buon personaggio della Bibbia E oggi, Ferragosto, giorno ridotto dal mondo ad una specie di carnevale estivo, lascia invece che Maria e la Parola di Dio aprano per te un fazzoletto di cielo sopra il tuo orizzonte, non per dimenticarci del valor della vita materiale ma proprio per aprire sull'appiattimento, la banalizzazione, l'involgarimento della vita stessa uno squarcio di azzurro e di speranza.

 

 

LUNEDI' 16

"VA, VENDI QUELLO CHE POSSIEDI, DALLO AI POVERI E AVRAI UN TESORO NEL CIELO; POI VIENI E SEGUIMI". (Mt. 19,21)

Quando Gesù indica al giovane ricco la strada della donazione delle sue ricchezze, ha come scopo primario non tanto una forma di ascesi, una più equa ridistribuzione dei beni, ma piuttosto vuole aiutare questo giovane a camminare più leggero. Molti di voi, mentre leggete queste righe, siete in vacanza. Non è forse vero che nella valigia delle vacanze abbiamo portato tante cose inutili e forse ne abbiamo dimenticata qualcuna necessaria? Succede sempre così. Prepari le cose e dici: "Questo mi serve… Devo essere preparato se piove… Qualcosa di pesante se fa freddo… Il vestito bello se quegli amici mi invitano…Meglio aver dietro le medicine per ogni evenienza… Di libri, meglio abbondare…" E, porta questo, porta quello, i bagagli diventano pesanti e ingombranti e quando devi riprepararli per tornare a casa ti accorgi di quante cose avresti potuto fare a meno e di come in conseguenza ti saresti complicato di meno la vita. Lo stesso capita nella vita comune: "Ho l'armadio pieno di vestiti, tutti comprati perché necessari: la maggioranza li avrò indossati quattro o cinque volte", "La casa l'abbiamo, ma adesso stiamo facendo sacrifici per comprarne un'altra… è sempre una sicurezza", "Ho messo da parte un po' di soldi: era per farsi una rendita per la vecchiaia, con quello che danno le pensioni! Ma adesso non rendono più abbastanza…". Quante preoccupazioni! Si distrugge il presente con la preoccupazione del domani, i soldi e le cose non sono più i servi ma sono diventati i padroni. Ricordati che man mano metti cose nel tuo zaino, ne aumenta il peso che porterai sulle tue spalle, e le gambe faranno più fatica, e il tuo cuore dovrà pompare più forte… E se si facesse un po' di pulizia? Forse eviteremo di fare come quel giovane che se ne va con le sue ricchezze ma con tanta tristezza e nostalgia addosso: è diventato vecchio di colpo.

 

 

MARTEDI' 17

"DIFFICILMENTE UN RICCO ENTRERA' NEL REGNO DEI CIELI". (Mt. 19,17)

La lettura di questa frase di Gesù ci lascia scossi, scioccati. Anche coloro che sono poveri e che quindi vedono nei ricchi dei potenziali nemici, possono gioirne ma, poi, siccome un po' tutti tendiamo a diventare 'ricchi', trovano difficoltà ad accettarla. Immaginatevi quanto più scandalizzante era per un buon ebreo che, per religione, credeva il giusto benedetto da Dio con ricchezze terrene. L'abbiamo detto tante volte: per Gesù non sono la ricchezza o la povertà il metro per conoscere, amare una persona, per dire se sia più o meno giusta. Gesù aveva amici poveri e ricchi, deboli e potenti. Qui Gesù vuol semplicemente constatare una realtà. Il ricco tende, a causa della sua ricchezza, a chiudersi in se stesso e a non accettare più il Regno di Dio. Perché? Ecco una serie di motivi a cui ciascuno di voi può aggiungerne altri: Perché il Regno non è in vendita. Non lo si compra con il denaro, non è accaparrabile solo da parte di chi ha. Perché "stretta è la via" del Regno e chi ha tante cose si incaglia e non passa. Perché il Regno è per i piccoli e i bambini difficilmente si preoccupano dei bagagli. Perché se sei preoccupato dei soldi e delle cose, difficilmente ti preoccuperai di qualcosa che non è monetizzabile. Gesù però non dice che nessun ricco sarà partecipe del Regno, dice che quello che è impossibile agli uomini non è impossibile a Dio, ma certo la strada più facile è per chi sa dare il giusto valore alle cose, sa scegliere ciò che è più importante, sa utilizzare i beni di questa terra nella condivisione e nella fratellanza.

 

 

MERCOLEDI' 18

"SEI INVIDIOSO PERCHE' IO SONO BUONO?". (Mt 20,15)

Un proprietario si accorda successivamente con vari lavoratori a giornata per la sua vigna: all'alba, a metà mattina, a mezzogiorno, nel pomeriggio e al tramonto. Alla fine della giornata paga a tutti lo stesso salario. Questo suscita la protesta di quelli che erano stati assunti per primi che stimano ingiusto il comportamento del padrone. Ma egli chiarisce che siccome paga a ognuno quello che era stato pattuito, non è ingiusto, ma generoso perché dà agli ultimi lo stesso salario dei primi. Non è questa una parabola "sindacale" e neanche una parabola antimeritocratica. Vuol dirci qualcosa di più. Proviamo in schema a cogliere qualcuno di questi significati. L'essere chiamati a servire Cristo è una grazia, quindi già ricompensa a se stessa. Il vero premio non è il salario finale, ma l'aver accettato di lavorare per Dio. Tra cristiani non ci sono diritti acquisiti, primati di anzianità, meriti speciali, onorificenze. Tutti sono figli dello stesso Padre, amati soprattutto per quello che sono e non per quello che hanno. Dio è generoso: chiama tutti, a tutte le ore della giornata, basta farsi trovare da Lui ed essere disposti a rispondergli. Con Dio non si mercanteggia. La fede non è ciò che noi diamo a Dio, è ciò che Lui fa per noi. Dobbiamo imparare proprio dalla sua generosità a non essere invidiosi ma felici per il bene dei nostri fratelli. E chi siamo noi per insegnare a Dio il mestiere di Dio?

 

 

GIOVEDI' 19

"TUTTO E' PRONTO; VENITE ALLE NOZZE". (Mt 22,4)

A prima vista questa parabola non ci pare molto azzeccata. Prima di tutto il re (Dio) non invita i sudditi a pagare una nuova tassa per le nozze del figlio, non chiede loro di prestargli un servizio, ma invita a una festa e i sudditi hanno la faccia tosta di dirgli di no, di inventare scuse banali, qualcuno addirittura di prendere i messaggeri a botte e ucciderli. Ma dove va a finire la dignità del re? Ma quanto è grande la stupidità di chi riceve qualcosa di completamente gratuito e non solo non lo accetta, ma ne è completamente schifato. Eppure, nella storia della salvezza è successo proprio così. Dio ha sempre offerto gratuitamente (liberazione. Elezione, legge, perdono, patriarchi, profeti…) e il suo popolo lo ha rifiutato, ha maltrattato e ucciso i suoi messaggeri, ha messo in croce suo Figlio.

E anche nella nostra storia, spesso, capita questo assurdo. Saremmo disposti a compiere chissà quali imprese per Dio, per comprarci il paradiso e non siamo disposti ad accogliere ciò che ci viene dato gratuitamente. Un esempio per tutti: saremmo disposti ad andare nel Tibet per vedere un santone che ci parla di Dio e non siamo disposti ad andare a Messa dove il Figlio di Dio ci parla, offre Se stesso, si fa pane e parola per noi. Dio ci invita alla gioia e noi preferiamo le nostre tristezze. E non sarà proprio questa mancanza di gioia l'abito nuziale che manca a quell'invitato che proprio per questo sarà cacciato dal banchetto?

 

 

VENERDI' 20

"AMERAI IL SIGNORE DIO TUO E IL TUO PROSSIMO COME TE STESSO". (Mt. 22,37- 39)

In tutte le situazioni l'uomo rischia di non essere equilibrato. Quando poi si entra in campo religioso gli squilibri sembrano innumerevoli: nel nome delle religioni si sono fatte le cose più belle della storia dell'umanità, ma anche le cose più assurde, più atroci, più oscene. Proviamo invece a guardare all'equilibrio rispettoso dell'uomo e di Dio nella sintesi dei comandamenti fatta da Gesù. Per chi, come me, ha vissuto i grandi cambiamenti di questa seconda parte del secolo è facile ricordare gli anni in cui una visione "giansenistica" di Dio, esaltandolo, lo allontanava dall'uomo; gli anni, invece, in cui una "visione orizzontale" della fede faceva sì che l'uomo, esaltato per se stesso, perdesse di vista Dio; tempi in cui certe teologie portavano l'uomo alla ricerca della propria liberazione, ma fidandosi unicamente delle proprie forze. Ricordo nella mia educazione religiosa e morale, momenti in cui si vedeva il peccato dappertutto, e altri momenti in cui, in nome di un supposto amore, tutto andava bene. Abbiamo tutti incontrato sacerdoti che ci hanno detto che il cristiano deve perdonare sempre senza neppure voler discernere troppo sul male ricevuto o sulle conseguenze di un perdono troppo facile e altri sacerdoti che ci hanno detto: "Perdonare sì, essere scemi o conniventi con il male, no!". C'è ancora oggi chi ha invocato o invoca una giusta Inquisizione che ridia ordine e credibilità alla Chiesa, e chi della Chiesa vuol farne a meno sfornandosi una religione tipo "fai-da-te". L'equilibrio di Gesù si fonda su tre gambe: Dio, il prossimo, noi stessi. Le tre gambe devono essere lunghe uguali: provate a sedervi su uno sgabello a due gambe o su uno a tre dove una sia enorme e le altre due cortissime! Se non c'è il giusto amore e rispetto per te, non puoi rispettare gli altri e Dio. Se non esistono gli altri, esisti solo tu, e anche Dio sparisce. Dio senza te e senza l'amore per il prossimo non c'è. E, non so se ci avete mai pensato, l'equilibrio non è una cosa che si acquista una volta per sempre. L'equilibrio è fatto di piccoli squilibri, ma costantemente corretti.

 

 

SABATO 21

"SULLA CATTEDRA DI MOSE' SI SONO SEDUTI GLI SCRIBI E I FARISEI". (Mt. 23,2)

Questo brano di Vangelo che iniziamo a leggere oggi e che continueremo a meditare nei primi tre giorni della prossima settimana, è una dura presa di posizione di Gesù e della comunità primitiva nei confronti non solo del giudaismo farisaico ma anche da certi errori tipici dei credenti e dei cristiani di ogni tempo, specialmente di coloro che hanno posti rilevanti e di autorità all'interno della comunità stessa. Gesù non mette in discussione l'autorità di certi maestri e la legittimità del loro insegnamento, né invita alla disobbedienza, avverte soltanto di non copiare la loro condotta. Ciò che viene loro rimproverato non è la dottrina ma l'ipocrisia, cioè, sono degli insegnanti inappuntabili e irreprensibili sul piano dell'ortodossia, ma modelli improponibili. I discorsi vanno in un senso e i fatti nella direzione opposta, le loro azioni smentiscono le loro parole. Quanto è facile anche oggi incontrare persone di questo calibro. Prova ad entrare in una comunità, in una parrocchia, in una riunione di gruppo. Siccome sei nuovo, taci ed ascolti e sei subito colpito da due o tre personaggi che sembrano mettersi in gara tra loro nel dire cose meravigliose, evangeliche, confortate da citazioni (più o meno esatte, questo conta poco, ma fa effetto) della Bibbia e dei Padri della Chiesa. Sono zelanti, hanno proposte per tutti: la missione parrocchiale, il gruppo per gli anziani, l'impostazione dell'oratorio, la predicazione del sacerdote ("Tra l'altro non sarà meglio invitare il predicatore tal dei tali che va per la maggiore, così cambiamo un po' voce?"). Non puoi che essere ammirato davanti a queste persone. "Mi sento piccolo, incapace davanti a loro! Chissà dove troveranno tutto il tempo per interessarsi di poveri, ammalati, oratorio, missione, predicazione…". Poi, magari poco per volta, entri nella comunità e ti accorgi che ad occuparsi di poveri sono due brave vecchiette che fanno quello che possono, ad occuparsi dei giovani quel ragazzo che in assemblea non ha parlato, che quelli che hanno parlato di missione sono sì disposti a fare qualche predica ma non ad andare a cercare e curare le pecorelle sia quelle smarrite che quelle che non la pensano come loro.

 

 

DOMENICA 22 - 21^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"LA GENTE CHI DICE SIA IL FIGLIO DELL'UOMO?… VOI CHI DITE CHE IO SIA?". (Mt. 16,13.15)

Gesù, partendo dalle risposte che la gente dà sulla sua persona, vuol portare, poco per volta, i discepoli all'atto di fede in Lui. Ma proviamo oggi a porre la domanda in modo diverso: "La gente che cosa dice di noi cristiani?" A seconda delle risposte potremo avere delle indicazioni sul nostro modo di essere credenti.

Ecco alcune risposte: "La nostra storia in questi due millenni si è talmente impregnata di cristianesimo che siamo tutti cristiani" "Cristiani sono coloro che appartengono a quella religione che facendo riferimento a Gesù è guidata dal Papa e dai Vescovi" "Ci sono cristiani e cristiani. Ci sono i battezzati, quasi tutti lo siamo. Ci sono i cristiani non praticanti, quelli della domenica e delle grandi occasioni, quelli fissati, e i praticanti".

Mi fermo un momento su quest' ultima definizione. E' vero, non corriamo il rischio di confondere i cristiani con l'elenco dei nomi che troviamo nei registri parrocchiali. Magari fossero tutti cristiani, il mondo sarebbe cambiato un po'!

Il discorso dei praticanti o meno non mi ha mai convinto, infatti o la fede investe la tua vita, le tue scelte, o non è fede, è abitudine, veste da mettersi nelle grandi occasioni, ipocrisia. E poi, che cosa vuol dire "praticante"? Normalmente si intendono le pratiche religiose, la Messa, i Sacramenti, qualche elemosina, ma questo è restrittivo. Il praticante è uno che soprattutto pratica Gesù, è pratico di Vangelo perché cerca di viverlo e di metterlo in pratica, è uno che il titolo di cristiano cerca di meritarselo ogni giorno. E' un titolo che deve venirci dato da altri. E allora chiediamoci: chissà se i miei compagni di lavoro o di ufficio, coloro che sono in ferie con me, ogni tanto, vedendomi agire, hanno almeno avuto un sospetto: "Che sia un cristiano, costui?"

 

 

LUNEDI' 23

"GUAI A VOI, GUIDE CIECHE!". (Mt. 23,16)

Continua l'invettiva di Gesù contro l'ipocrisia specialmente di coloro che hanno incarichi di responsabilità nelle comunità e che vogliono guidare altri ma non sanno neppure guidare se stessi.

Ecco una pagina di Alessandro Pronzato su questo argomento:

"C'è chi parla di pastorale degli infermi e la teorizza, senza aver mai provato a cambiare le lenzuola di un malato.

Chi discute dei problemi della terza età e non ha mai dedicato mezz'ora del proprio tempo ad ascoltare un vecchio (che rimane tale anche se lo hanno promosso nella categoria nobile della "terza età"). Chi partecipa ai convegni sugli anziani e parla da esperto, ma non è mai andato a respirare il profumo di incenso che si diffonde in certe ore del mattino nelle Case per anziani.

Chi rimprovera aspramente i genitori incapaci di educare i figli e non ha mai tenuto in braccio un bambino. Intendo tenere in braccio perché piange, per un paio d'ore durante la notte.

I grandi della politica e dello spettacolo - che poi si identificano - passano stringendo calorosamente le mani, strappando qualche volta dalle braccia delle madri i loro piccoli per carezzarli (e io, qualche volta, mi sorprendo ad augurarmi che glieli lascino!). Ma poi, ahimè, i destinatari delle calorose strette di mano si ritrovano a dover contare unicamente sulle proprie mani. E i piccini vengono doverosamente restituiti alle proprie madri perché provvedano… a tutto il resto (e non sono sempre operazioni spettacolari, anzi non lo sono mai).

Gesù accusa scribi e farisei di ieri e di oggi perché si mostrano severi, intrattabili con gli altri e molto comprensivi verso se stessi.

Perché si rendono colpevoli di un legalismo opprimente e di autoritarismo.

Perché concepiscono l'autorità come mezzo per dominare, e quindi come ricerca di sé e di ampie zone di privilegio, e non come umile servizio comunitario.

Perché non sono trasparenti.

Perché non sanno capire e compatire la debolezza altrui.

Perché gradiscono essere chiamati: "Signore mio", reverendo, maestro, eccellenza, padre (titolo che compete a Dio in esclusiva) e i loro comportamenti cancellano l'immagine del Maestro "mite ed umile di cuore", e del Padre traboccante di misericordia.

Sentenza. Viene formulata prima ancora della durissima requisitoria: "Non agite secondo le loro opere".

Scribi e farisei di ieri e di oggi subiscono la condanna ad essere modelli in negativo. Illustrazione vivente di ciò che non si deve essere, di ciò che non bisogna fare. Comunque, la punizione più grave consiste nel fatto che Gesù li ha smascherati, li ha spogliati, ha fatto volar via abiti sgargianti e cappelli, ha mostrato a tutti che cosa c'era sotto a certi titoli e distintivi, ha rivelato quale realtà miserabile nascondono le parole. Ha lasciato loro addosso solo la Parola, ossia qualcosa che non è loro. "Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono"."

 

 

MARTEDI' 24

"GUAI A VOI CHE PULITE L'ESTERNO DEL BICCHIERE E DEL PIATTO MENTRE ALL'INTERNO SONO PIENI DI RAPINA E DI INTEMPERANZA". (Mt. 23,25)

Quanta disumanità nei freddi osservanti della legge!

Se c'è un Sacramento che è Sacramento dell'umanità, della comprensione, della vicinanza, della gioia del perdono ricevuto, è il Sacramento della Confessione o Riconciliazione. E, invece, come ce lo hanno ridotto!

Molta gente oggi non si confessa più perché pensa sia solo una forma di ipocrisia o perché non ritiene valido dire le proprie cose ad un altro, "peccatore come me", o perché si sente giudicato e condannato dal confessore.

E già, perché spesso, noi preti, abbiamo ridotto la Confessione o a una cosa talmente banale (io dico un elenco di cose, tu mi assolvi, io faccio la penitenza dicendo tre Ave Maria, e tutto ricomincia da capo) o facendola diventare un tribunale freddo e legalistico dove il giudice (che proprio perché tale non deve essere coinvolto) è un freddo amministratore di norme e un promulgatore di sentenze inappellabili.

E la misericordia di Gesù, dove va a finire? La gioia del perdono ricevuto può venir fuori dal freddo e dal buio di quelle grate anonime? Il conforto, la crescita, avviene quando, mancando l'umanità, ci si può confrontare solo con aride norme e sentenze?

Sì, l'esterno del bicchiere e del piatto sono formalmente puliti, ma tu non mangi sul bordo, e allora il marciume non l'hai tolto, l'hai solo spostato al centro, e te lo ritrovi in bocca, e per di più hai perso o hai fatto perdere l'occasione di incontrare la misericordia di Dio.

 

 

MERCOLEDI' 25

"GUAI A VOI CHE RASSOMIGLIATE A SEPOLCRI IMBIANCATI. ESSI, ALL'ESTERNO, SONO BELLI A VEDERSI, MA DENTRO SON PIENI DI OSSA DI MORTI E DI OGNI PUTRIDUME". (Mt.23,27)

Un altro pericolo su cui Gesù punta il dito: l'esteriorismo.

Mi servo ancora una volta, sunteggiando di un brano molto pungente ma anche estremamente realistico di Pronzato:

"Chi l'avrebbe mai detto. Pare siano tornati di moda i 'filatteri' in versione aggiornata e raffinata.

Si è svolta addirittura, qualche tempo fa, una clamorosa sfilata di moda in chiave ecclesiastico-liturgica, con casule e paramenti sacri firmati o, come si usa dire, "griffati".

Molti sono rimasti perplessi. Qualche altro - invitato d'onore - ha abbozzato. C'è anche chi non ha mancato di esprimere la propria indignazione per quello che riteneva uno scandalo e un cedimento alla logica consumistica che avrebbe contagiato anche le sacrestie.

Al di là di tutte le interpretazioni che si possono dare della faccenda (che, comunque la si consideri, non è tale da rafforzare la fede), resta il fatto che Dio non bada tanto a che i capi di abbigliamento - anche sacri - siano "firmati". A lui interessa la persona che sta sotto quegli stracci (si tratta pur sempre di stracci, anche se costosi, soprattutto se costosi…). E' importante che la persona sia "firmata", e che la firma abbia piena validità su un piano evangelico.

Dio non veste i suoi ministri alla moda degli stilisti famosi. Semmai li spoglia. La sua Parola, impietosa, strappa di dosso abiti e maschere (e perfino un po' di pelle, se necessario), e mette a nudo la persona…

E, a proposito di vanità ecclesiastica. Si rimane perplessi di fronte a certi neo eletti pastori, i quali appaiono intimamente ed esteriormente compiaciuti, con la loro fiammante fascia rossa, il crocifisso prezioso che luccica sul petto e manda inconfondibili barbagli, ed esibiscono l'aria soddisfatta di chi pensa: "Ci sono arrivato, finalmente!" E il culmine cui sono arrivati non è certamente il Calvario…

Sarà opportuno ricordare ciò che san Bernardo scriveva a papa Eugenio III° (1145-1153), un cistercense che era stato suo antico discepolo, a proposito della "porpora merlettata" degli ornamenti pontifici:

"… Straccia queste vesti di fogliame: non fanno che mascherare l'obbrobrio di una piaga inguaribile! Distruggi le illusioni degli onori di un giorno; spegni il falso splendore di tale gloria! Fatto ciò potrai considerare la tua nullità. Infatti tu sei uscito nudo dal ventre di tua madre. Sei forse nato con la tiara? Eri forse, quel giorno, splendente di gioielli, tutto pizzi e merletti, incoronato di piume e coperto d'oro? L'inconsistenza di queste cose mi fa pensare alle nebbie del mattino che, non appena formate, sono portate via dal vento e si dissolvono".

 

 

GIOVEDI' 26

"NELL'ORA CHE NON IMMAGINATE IL FIGLIO DELL'UOMO VERRA' ". (Mt. 24,44)

C'è chi maledice la morte e la vede come negatività totale della vita, chi la vede come qualcosa di ineluttabile, chi la considera l'unica cosa giusta di questa nostra umanità: "Per lo meno quella è uguale per tutti. I ricchi l'addobbano solo meglio dei poveri, ma non sono ancora riusciti a comprarla".

Per Gesù è il giorno della venuta del Signore e in questa espressione si accumulano aspetti diversi: la venuta del Signore non può non essere cosa buona se preghiamo dicendo: "Vieni presto, Signore Gesù!", se viviamo: "nell'attesa della sua venuta"; spesso, poi, Gesù paragona la sua venuta a quella dello sposo che dà gioia, che fa festa, che porta a compimento tutto il bene; però sappiamo anche che nella Bibbia "il giorno del Signore" è anche un giorno tremendo di giudizio e di giustizia e in questo brano Gesù parla di quel giorno come giorno del ladro, giorno di paura che apre per l'ipocrita la stagione del "pianto e stridore di denti".

Proviamo allora a sintetizzare alcuni significati di questo brano:

Nessuno sa l'ora e il momento. Questo può o mettere paura o aiutare a vivere meglio e in maggior pienezza il tempo che ci viene dato.

Chi vive in comunione con il Signore non solo non ha paura ma sa che la venuta del Salvatore sarà una gioia ancor più grande della gioia che già prova al vivere il presente con Lui.

Chi è che deve aver paura? L'ipocrita, cioè colui che conoscendo Dio, invece di vivere in comunione con Lui, si sente autorizzato, in mancanza della sua presenza diretta, a fare ciò che vuole.

 

 

VENERDI' 27

"ECCO LO SPOSO, ANDATEGLI INCONTRO" . (Mt.25,6)

Tutte e dieci le ragazze della parabola sono state invitate a far parte del corteo nuziale che deve accompagnare lo sposo a casa della sposa. Tutte e dieci saranno state contente, 'onorate' di essere state scelte.

Ma non basta la scelta avvenuta; per entrare nella casa della festa bisogna avercelo già il vestito della festa nell'olio per le lampade.

Non basta essere stati chiamati (Io sono battezzato), non basta sentirsi onorati (Io ho uno zio monsignore), non basta neppure trovarsi nella casa giusta (Io sono cattolico), non basta neanche aver portato la lampada (Io vado a Messa, faccio Pasqua, firmo l'otto per mille alla Chiesa cattolica). Bisogna anche avere l'olio cioè una fede viva, non intristita nelle abitudini, fantasiosa nella ricerca, capace di applicarsi alla vita, che vede le necessità dei fratelli, che si rifocilla quotidianamente di Parola di Dio e quindi di speranza, che sa testimoniare la gioia.

E non basta neppure sperare che all'ultimo momento ci sia qualcuno che possa imprestarti un po' di tutte queste cose. Te le devi procurare da te; gli altri ti possono dare testimonianza, buon esempio, possono pregare per te, ma la fede deve essere la tua.

C'è un particolare nella parabola che a prima vista può lasciare perplessi: è notte e le ragazze sagge dicono alle ragazze stolte: "Andate piuttosto dai venditori a comprare l'olio". Non vorrà forse dire che anche se è notte, la fede, la gioia del Vangelo, se la cerchi davvero, si fa trovare?

 

 

SABATO 28

"COLUI CHE AVEVA RICEVUTO UN SOLO TALENTO, ANDO' A FARE UNA BUCA NEL TERRENO E VI NASCOSE IL DENARO DEL SUO PADRONE". (Mt.25,18)

Dio ci ha fornito intelligenza, mani, cuore per recare i suoi doni il più lontano possibile e noi spesso usiamo le nostre doti e le nostre mani per afferrare una pala e per scavare una buca dove nascondere i suoi regali.

Quante buche scavate in tutti i terreni religiosi!

Castità custodite nell'aridità, nella sterilizzazione dei sentimenti, nella paura di amare; celibati utilizzati unicamente per costruire esseri freddi e duri.

Quante volte è come se noi dicessimo al Signore:

"Eccoti la tua vita, Signore… te la restituisco quasi intatta. Non mi sono mai azzardato a vivere. Troppa paura di sbagliare!

Eccoti la tua libertà. L'ho accantonata, non me ne sono quasi mai servito. Troppo impegnativa!

Eccoti il cuore che mi hai dato. L'ho sorvegliato, l'ho usato raramente.Troppo rischioso il seguirlo !

Eccoti la tua fantasia. Un regalo superfluo e pericoloso. L'ho sempre tenuta sotto chiave. Chissà dove mi avrebbe portato!"

E c'è pure la preghiera sotterrata e asfissiata nel devozionismo e ritualismo, senza alcun contatto con la carità, la lotta per la giustizia, il rispetto degli altri, la condivisione. C'è la fede asettica fatta di formule e di linguaggio spento, c'è il Vangelo imbalsamato nel moralismo, nel giuridismo, il lievito sotterrato sotto cumuli di conformismo, c'è la profezia sequestrata dalle istituzioni, il coraggio imbavagliato dalla diplomazia, la misericordia strangolata dal rigore, c'è la parola di Dio diventata lettera morta, ripetitiva, senz'anima, senza calore, senza poesia, anonima, impersonale, soffocata che non è più grido, appello, interrogativo.

Signore, se scopro tutte queste buche fa che dia ancora mano alla pala per tirar fuori almeno qualcosa di quanto vi ho sepolto prima di essere seppellito anch'io.

 

 

DOMENICA 29 - 22^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"TU MI SEI DI SCANDALO PERCHE' NON PENSI SECONDO DIO MA SECONDO GLI UOMINI". (Mt. 16,22)

Chi mi conosce e magari da anni legge questi piccoli commenti sa di una mia predilezione per i personaggi secondari del Vangelo, per quelli non perfetti, per quelli con "i piedi per terra". Ad esempio, mi piacciono Marta e Tommaso, Nicodemo e la Cananea… e tra i miei prediletti c'è Pietro, non tanto perché è colui che ha avuto il primato ma perché con il suo carattere (o caratteraccio), schietto, pronto, molto umano è il meno artefatto e il più genuino ed anche quello che maggiormente mi rappresenta.

Anche nel Vangelo di oggi, quando si rimedia uno di quei rimproveri che dovrebbero far impallidire tutti coloro che vedono solo la gloria del Papato ("Tu mi sei di scandalo", cioè: "Tu mi dividi dalla volontà di Dio"), Pietro rappresenta le anime controverse che albergano dentro di me: da una parte riconosce in Gesù il Messia, dall'altra vorrebbe che fosse a sua misura. In me, infatti, trovo tensioni diverse: da una parte vivo la realtà quotidiana e spesso la mia vita è organizzata sulle cose terrene quasi queste mi dessero garanzia di successo e di salvezza. D'altra parte vorrei affidarmi solo a Dio, vorrei essere pronto a "dare la vita" per il Regno di Dio. Da una parte accetto la parola di Gesù ma mi ritrovo poi, spesso, a smentirla con certi miei comportamenti. Quante volte ascoltiamo pagine del Vangelo così esigenti che dovrebbero farci rabbrividire: "Beati i poveri…", "Se qualcuno mi vuol seguire, prenda la sua croce …", "Chi vuol salvare la propria vita la perderà", "Amate i vostri nemici". Spesso queste cose le affermiamo ma nello stesso tempo attraverso abitudine, non volontà di conversione, pigrizia, le svuotiamo di significato e soprattutto ci prendiamo ben guardia dal metterle in pratica. Preferiamo "ragionare da uomini piuttosto che ragionare secondo Dio".

Mi prendo, dunque, il rimprovero con te, o Pietro. Sono al seguito di Gesù ma mi porto dietro ancora troppi ragionamenti di comodo umano.

C'è però una cosa bella che è successa a te, Pietro, e spero succeda anche a me: dopo il rimprovero e perfino dopo il tradimento, il Signore non ti ha cacciato. Ti ha rimproverato, ma ha continuato a farti camminare con Lui.

 

 

LUNEDI' 30

"NON VOGLIO LASCIARVI NELL'IGNORANZA CIRCA QUELLI CHE SONO MORTI". (1Tes. 4,13)

Sembra strano che Paolo, scrivendo ad una comunità di cristiani lasci chiaramente capire una loro 'ignoranza' nei confronti del problema del dopo-morte, della risurrezione e della vita eterna.

SonO passati quasi 2000 anni e questa 'ignoranza' sembra esserci tuttora in molti che affermano di essere cristiani.

E' vero che 'ignoriamo' il giorno e l'ora della nostra morte, è vero che non abbiamo descrizioni precise di come sarà il nostro futuro e quelle un po' infantilistiche (tipo Dante) ci fanno sorridere, ma è altrettanto vero che la risurrezione e la vita eterna sono articoli della nostra fede. Noi rischiamo di vivere solo il presente quando sappiamo benissimo che questo presente è la cosa più preziosa ma anche la più delicata, importante ma effimera che ci sia.

E' solo pensando che da Dio veniamo (siamo figli di Dio) e a Dio siamo destinati ("Saremo sempre nel Signore" dice San Paolo nella lettura di oggi), che riusciamo a comprendere il nostro oggi come risposta di lode al Padre che ci ha voluti, al Figlio che ci ha redenti, allo Spirito che ci dà la vita, questa e quella futura.

E questa nostra fede non è soltanto una elucubrazione filosofica di chi ha paura e non accetta di morire, ci è garantita da Gesù stesso. Dice ancora Paolo: "Noi crediamo che Gesù è morto e risuscitato: così è anche per quelli che sono morti".

 

 

MARTEDI' 31

"NELLA SINAGOGA C'ERA UN UOMO POSSEDUTO DA UN DEMONIO IMMONDO". (Lc. 4,31)

Quante discussioni inutili sul diavolo, sull'essere o meno "posseduti", sugli indemoniati del Vangelo! Nel mondo antico, tanto tra i Giudei che tra i Greci, era ammessa l'esistenza di "daimones" (demoni) o spiriti intermedi tra Dio e l'uomo o la materia. Per i Greci questi spiriti erano ambivalenti: potevano essere benefici o dannosi, principio di genio o di pazzia, di fortuna o di disgrazia. Per i Giudei erano spiriti impuri, ostili all'uomo, contrari alla purezza della religione, alla santità morale che richiede il servizio di Dio. Gesù si è attenuto a questa mentalità per manifestare che Lui è venuto a liberare tutto l'uomo.

Infatti, aldilà di ogni discussione su diavoli e diavoletti, non è forse vero che anche oggi, molto spesso, l'uomo è "posseduto", cioè "non libero", "alienato"?

Solo qualche esempio:

Ci sono uomini posseduti dal sesso: vedono solo più in quella chiave, al sesso sacrificano l'amore, il prossimo, la famiglia, i soldi, la salute…

Ci sono uomini posseduti dal denaro; per denaro si può uccidere, rubare (magari in guanti bianchi) e il denaro la fa da padrone, possiede l'uomo…

Ci sono i posseduti dalla febbre del gioco; pensate al successo dei vari 'lotto' o a chi, per essere fedele a certi moderni giochi di ruolo arriva ad uccidere o a suicidarsi… Posseduti dalle mode: abbigliamento, fitness, automobili… Posseduti dal successo, dal potere…

Gesù grida forte di essere venuto a liberare l'uomo da tutti questi mali e dice anche oggi alla sua Chiesa, cioè noi, che dobbiamo essere a nostra volta liberatori dell'uomo da queste schiavitù.

Ma se non cominciamo a liberarci o a lasciarci liberare, come faremo a liberare il nostro prossimo?

 

 

TRENTUN PENSIERI PER TRENTUN GIORNI

 

1

CADUCITA'

Non sei che un ospite: passa e vedi. (Sant'Agostino)

 

2

CALUNNIA

Quando tu calunni un altro, sei un ladro che ruba onore, quiete e guadagni.(Cesare Cantù)

 

3

CAMBIAMENTI

Non tutto quello che affrontiamo può essere cambiato. Ma non possiamo cambiare niente finché non lo affrontiamo. (James Baldwin)

 

4

CAMBIAMENTO

Il cambiamento è come la luce del sole, può essere un nemico o un amico, una fortuna o una calamità, un'alba o un crepuscolo. (William Arthur Ward)

 

5

CAMMINO

Dio non ci comanda di riuscire, ma di sforzarci, non ci impone di arrivare, ma di trovarci in marcia quando Lui arriverà. (Albert Schweitzer)

 

6

CANE

Se accogliete un cane affamato e gli date da mangiare, non vi morderà… questa è la differenza principale tra il cane e l'uomo. (Mark Twain)

 

7

CANTO

Dio mi rispetta quando lavoro, ma mi ama quando canto. (Tagore)

 

8

CAOS

Dal caos spesso nasce la vita, mentre dall'ordine nasce l'abitudine. (Henry Adams)

 

9

CAPACITA'

Capiamo se un uomo è capace dalle sue risposte. Capiamo se un uomo è saggio dalle sue domande. (Naguib Mahfouz)

 

10

CAPIRE

Se l'uomo può capire le cose divine potrà anche farle, perché capire è un po' come imitare camminando sulle orme di qualcuno. (Lattanzio di Nicomedia)

 

11

CARATTERE

L'uomo forte crea gli eventi, l'uomo debole subisce quelli che il destino gli impone.

(Alfred de Vigny)

 

12

CARITA'

Non parlate al povero di Dio se prima non gli avete procurato pane e tetto: parlandone lo indurrete a bestemmiare. Ma mentre tacete con lui di Dio, parlate a Dio di quel povero. (San Vincenzo de Paoli)

 

13

CARITA'

Quando manca il calore umano nel servire i fratelli, è perché il diavolo si è accovacciato alla porta della nostra anima. (Santa Brigitta di Svezia)

 

14

CASA

Un uomo percorre il mondo intero in cerca di ciò che gli serve e torna a casa sua per trovarlo. (G Moore)

 

15

CASALINGA

Metà del lavoro che si svolge nel mondo è fatto da mani di donne non ricompensate sovente neppure da un sorriso. (Hannah Hurnard)

 

16

CASO

Caso è pseudonimo di Dio, quando non vuol firmare col suo nome. (Francois Mauriac)

 

17

CASTIGO

Solo chi ama ha il diritto di castigare. (Tagore)

 

18

CASTITA'

La castità vale quel che vale l'amore in nome del quale viene serbata. (Lanza del Vasto)

 

19

CATTIVO

Abbiate comprensione per i cattivi, non sapete quello che avviene nel loro cuore. (Victor Hugo)

 

 

20

CAUSA

Morire per una causa non fa sì che quella causa sia giusta. (Henry Momtherland)

 

21

CHIACCHIERONE

Il chiacchierone è un ladro del tempo. (Forcione)

 

22

CHIAREZZA

Capisco perché i Dieci Comandamenti sono tanto chiari e privi di ogni ambiguità: non furono redatti da un'assemblea. (Konrad Adenauer)

 

23

CHIAROVEGGENTE

Persona, di solito donna, dotata della facoltà di vedere ciò che il suo cliente non vede: cioè anzitutto che è stupido. (Ambrose Bierce)

 

24

CHIASSO

Il chiasso non fa bene e il bene non fa chiasso. (San Vincenzo de Paoli)

 

25

CHIESA

Vorrei una Chiesa girasole, che prendesse luce dall'alto e girasse la testa verso coloro che non hanno il coraggio di avvicinarsi a lei cantando. (Mons. Alberto Ablondi)

 

26

CIELO

Il cielo non è mai muto per chi voglia umilmente ascoltarlo. (G.Torelli)

 

27

COERENZA

Operate oggi in modo che non abbiate ad arrossire domani. (San Giovanni Bosco)

 

28

COLLABORAZIONE

Il nostro merito è di collaborare alla Grazia. ( Santo curato d'Ars)

 

29

COLLERA

Ricorda che le conseguenze della tua collera sono spesso più gravi delle sue cause

(Marco Aurelio)

 

30

COLPA

Quando qualcosa va male, l'importante non è scoprire chi ne ha la colpa, ma trovare chi può mettervi rimedio. (San Benedetto Labre)

 

31

COMANDARE

Soltanto chi non ha bisogno di comandare né di obbedire è davvero grande. (Johann Wolgang Goethe)

     
     
 

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