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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

a cura di don Franco LOCCI

LUGLIO 1999

 

GIOVEDI' 1

"ED ECCO GLI PORTARONO UN PARALITICO STESO SU UN LETTO". (Mt. 9,2)

Quando uno è paralitico, oltre alla malattia soffre di un handicap molto grande. Per muoversi, per fare le cose che gli aggradano, ha bisogno di altri.

Il paralitico del Vangelo poteva avere tutta la fede che voleva in Gesù, ma se i suoi amici non si caricavano di lui e della sua barella e si mettevano in viaggio, non avrebbe potuto incontrare Gesù a da Lui ricevere non una, ma due grazie: il perdono dei peccati e la guarigione dalla paralisi.

Spesso l'uomo, caduto nelle spire del peccato, resta paralizzato. Provate a pensare, ad esempio, a quando ci si è lasciati invischiare dal male, come sia difficile rompere con esso e con le sue abitudini, le sue costrizioni; un drogato non riesce facilmente a venirne fuori, anche se in certi momenti lo vorrebbe: c'è il bisogno fisico, la paura della sofferenza, il 'giro' in cui è entrato…

Quando ci si ritrova paralizzati così, forse si vorrebbe risolvere il problema, ma da soli non possiamo niente, neppure recarci da Gesù.

Abbiamo bisogno di amici che ci aiutino. Possiamo diventare amici per aiutare. Il senso vero dell'amicizia è proprio qui. Non sono amico solo perché "con te mi trovo bene", neanche perché "insieme ne abbiamo combinate di cotte e di crude", sono amico vero specialmente quando posso fare per te qualcosa che tu, da solo, in quel momento, non potresti fare.

E c'è ancora un'altra grande forma di aiuto che possiamo offrirci a vicenda, specialmente quando siamo impediti di poter agire immediatamente nei confronti dell'altro, ed è la preghiera di intercessione.

E' uno dei doni più preziosi che possiamo fare. Non serve a scaricarci le responsabilità: se chiedo qualcosa per un amico, devo essere disponibile, appena ne avessi la possibilità, di farmi in quattro per farglielo avere.

Non è inutile perché Gesù apprezza tutto quello che è amore e amicizia ed è favorevolmente disposto a chi, per amore, non chiede per sé, ma per gli altri.

Sono convinto che se nella mia vita ho potuto, qualche volta, fare un po di bene, è dovuto certamente alla preghiera umile e profonda di tante persone, cominciando da mia madre, che ogni giorno pregano per me.

E nella preghiera di intercessione non occorre neppure specificare entità e quantità di dono richiesto, basta affidare alla bontà di Dio: Lui provvede a dare ciò che è buono e giusto.

 

 

VENERDI' 2

"PERCHÉ IL VOSTRO MAESTRO MANGIA INSIEME AI PUBBLICANI E AI PECCATORI?". (Mt.9,11)

Don Bosco, in un certo periodo della sua vita, dovette lasciare il suo nascente oratorio: era molto malato e sputava sangue. Ritornò allora ai Becchi dove, poco per volta, si riprese. Durante una passeggiata, mentre passava in un boschetto sentì una voce dura intimargli: "O la borsa o la vita!". Don Bosco, molto spaventato rispose: "Sono don Bosco: denari non ne ho!". E intanto guardò quell'uomo che era sbucato tra le piante brandendo un falcetto e con voce diversa gli disse: "Cortese, sei tu che vuoi togliermi la vita?".

Don Bosco aveva scoperto in quel volto coperto dalla barba un giovanotto che gli era diventato amico nelle carceri di Torino. Anche il giovanotto lo riconobbe e avrebbe voluto sprofondare. "Don Bosco, perdonatemi, sono un disgraziato." Gli raccontò allora a pezzi e bocconi una storia amara e solita: uscito di prigione, a casa sua non lo avevano più voluto. "Anche mia madre mi voltò le spalle. Mi disse che ero il disonore della famiglia". Lavoro, nemmeno a parlarne. Appena sapevano che era stato in prigione gli chiudevano la porta in faccia… Prima di arrivare ai Becchi lo aveva confessato, poi gli disse: "Adesso vieni con me." Lo presentò ai suoi familiari: "Ho trovato questo bravo amico. Stasera cenerà con noi".

Ho riferito questo episodio per poter fare una domanda: chi erano gli amici dei santi? Quali persone frequentavano?

Sempre don Bosco era tenuto d'occhio dal prefetto di Torino perché "radunava la marmaglia e la feccia della città" e alla domenica, quando era insieme ai ragazzi nel suo primo oratorio, gli mandava dei gendarmi perché "tenessero d'occhio quel prete matto".

Il Cottolengo ospitava i poveri e gli incurabili, il Cafasso accompagnava i condannati a morte fino al patibolo. Don Ciotti sta "all'università della strada", insieme a drogati e carcerati. Certi preti torinesi, nonostante le lenzuola bianche di tanti "cristiani perbenisti", hanno ricevuto insulti pur di difendere i senzatetto.

Ecco gli amici dei santi, ecco gli amici di Gesù che si fa invitare a mensa dai pubblici peccatori, tocca i lebbrosi, si lascia lavare i piedi dalle prostitute, accoglie per primo in cielo un ladro condannato a morte.

Come dovrebbero pensare a questo certi preti che frequentano solo 'famiglie bene' migrando tra una cena e un pranzo dalle "migliori famiglie della parrocchia", o certi cristiani schizzinosi davanti alle miserie dei propri fratelli.

 

 

SABATO 3

"BEATI QUELLI CHE PUR NON AVENDO VISTO CREDERANNO". (Gv. 20,29)

Chi mi conosce da anni, sa di una mia spiccata affezione per San Tommaso. Per me non è il simbolo del non credente che arriva alla fede solo quando batte il naso, ma è figura, parabola della mia e, penso, della vostra fede. E la frase che Gesù gli dice, più che essere un rimprovero è l'indicazione di che cosa sia la fede.

Fede è fidarsi, abbandonarsi e quindi non è molto facile.

La nostra vita è costellata di atti di fede, alcuni ci sono addirittura imposti; quando salgo su un aereo mi fido che il pilota sappia condurre l'aeromobile, che non sia ubriaco; quando accetto un'operazione chirurgica, mi fido che il medico abbia davvero individuato il mio male, che il chirurgo sappia il fatto suo e che io non venga operato alla gamba destra quando è la sinistra malata. Ci sono poi atti di fiducia che dipendono da possibilità di scelte nostre, ad esempio, mi fido (e quanto coraggio ci vuole) di quel determinato partito politico, credo nei valori che ho seminato in mio figlio e quindi gli do fiducia anche in quelle scelte che per me sono azzardate, se non pericolose. E la fede in Dio?

Non è una cosa scientifica. Un giorno un giovanotto mi diceva con aria di sfida: " Mi dimostri che Dio c'è!". E io gli rispondevo: "E tu, dimostrami che non c'è!":

E' fatta di chiaroscuri, se no non sarebbe fede.

La nostra non è una fede astratta ma si fonda sulla fiducia che si dà ad una persona: Gesù Cristo. Se io accetto Lui come Figlio di Dio incarnato, allora mi fido delle sue parole, e penso di potermi fidare di Lui anche perché proprio per le sue parole è finito sulla croce.

I dubbi di fede e i momenti di buio non devono spaventarmi. Essi non spaventano neppure Dio. Avere un dubbio di fede non solo non significa non aver fede, ma i dubbi sono prova concreta di che cosa sia la fede.

Gesù chiama 'Beati' coloro che crederanno anche senza aver visto, quindi la fede non è qualcosa che riguarda solo il cervello, il ragionamento, ma qualcosa che riguarda la vita. E se sono beato, cioè felice, vuol dire che la fede (anche con i suoi chiaroscuri) è qualcosa di estremamente bello e gradevole.

 

 

DOMENICA 4 - 14^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"TI BENEDICO, O PADRE, PERCHE' HAI TENUTO NASCOSTE QUESTE COSE AI SAPIENTI E AGLI INTELLIGENTI E LE HAI RIVELATE AI PICCOLI".

(Mt.11,25 - 26)

Leggendo questa frase sembra quasi di capire che a Dio, per insegnarci qualcosa, piaccia giocare.

Gli intelligenti e i sapienti non sono dei citrulli. Le loro "teste aguzze" sanno arrivare ai segreti del mondo, sanno anche arrampicarsi sulle più alte vette della teologia, ma rischiano il fiasco completo perché proprio là dove vorrebbero comprendere i segreti più profondi del creato o del creatore non trovano granché, e questo non perché non ci sia una risposta, ma perché Dio l'ha nascosta.

Ma perché questo gioco? Dio non rispetta quell'intelligenza che ci ha donato e che ci dice di usare? E' un Dio dispettoso?

Tutt'altro. E' il Dio libero che non si lascia imprigionare da nessuno: pensate a quanti hanno cercato "l'esclusiva" di Dio, quanti alla fiera delle religioni gridano: "Da noi la migliore verità (quasi ci fosse una verità migliore o peggiore)", "Da noi le migliori rivelazioni". Dio non è retaggio esclusivo di nessuno (neanche della Chiesa quando questa, monopolizzandolo per i suoi interessi, si antepone a Lui).

Dio nascondendosi vuole insegnare non a non usare la testa, ma ad usare con essa anche il cuore.

Ho conosciuto un biblista meraviglioso: una "testa d'uovo". Si può dire che conoscesse tutto il conoscibile sull'argomento, eppure, quando parlava, aveva il dono di farti addormentare, non perché non sapesse parlare, ma perché in mezzo a quel mare di scienza e di studi ti chiedevi: "Ma, la Parola di Dio c'è ancora?".

Già San Bernardo, di fronte al dotto Abelardo, gli diceva: "Un cuore freddo non può certo percepire un linguaggio di fuoco".

Provate a leggere la vita di certi santi e ditemi se ne trovate uno equilibrato. Qualche esempio: don Bosco: "Dammi le anime, prenditi tutto il resto"; Domenico Savio: "Meglio la morte che il peccato"; San Francesco: "Sorella povertà e sorella morte"; Teresa di Lisieux: "Sono una pallina nelle mani di Dio, mi giochi come vuole". Eppure queste persone (anche intelligenti) trovavano Dio perché sapevano giocare come Lui voleva.

 

 

LUNEDI' 5

"LA FANCIULLA NON E' MORTA, MA DORME". (Mt. 9,24)

Spesso, per capire certe frasi del Vangelo o certi atteggiamenti narrati in esso e per evitare di essere persone che, cadendo nei soliti luoghi comuni, rischiano di banalizzare la parola di Dio, basta fare un piccolo esercizio, quello di chiederci: "Se io fossi stato là, come mi sarei comportato?"

Proviamo allora a farci personaggi che assistono e partecipano alla morte di questa ragazza, all'atto di fede di questo padre, alla venuta di Gesù in quella casa, alla ragazza tornata alla vita.

"… Quando stamattina ho aperto l'uscio di casa mia ho visto trambusto nella casa davanti. Subito Sara, la vicina, come al suo solito ben informata, è venuta a portare notizie: "Sai, Susanna la figlia del capo sinagoga, quel bocciolo di ragazzina di 12 anni, ha avuto la febbre tutta la notte. Hanno chiamato Timoteo che ha provato a darle un po' delle sue erbe ma, niente. La febbre è cresciuta ancora e… Oh, guarda, suo padre sta uscendo proprio adesso ed è tutto agitato… vado ad informarmi".

Neanche un minuto e Sara, sulla soglia del capo sinagoga, mi fa un cenno con la mano. Vado. "E' morta - mi sussurra - andiamo dentro a dare una mano a sua madre per rivestirla e a piangere con lei".

In quella casa c'è odore di disperazione. La madre se ne sta in un angolo ciondolando la testa a destra e a sinistra e mormorando: "..Com'era bella la mia bambina.. e quanto era brava.. ora non correrà più per i prati mia figlia.. ora non proverà più la gioia nel trovare uno sposo…" Ci uniamo a Lei in questo triste ricordare che diventa cantico anestetizzante del dolore.

Tra una nenia e l'altra Sara è riuscita ad informarsi e mi comunica sottovoce: " Suo padre è andato a cercare Gesù. Sai, quello che dicono essere capace di fare miracoli, che sembra aver guarito Omri, il cieco, quel predicatore… Beh, almeno lui saprà dire qualche parola di consolazione appropriata a questa tragedia".

Intanto il corpicino di Susanna è stato composto nella sala superiore. E' arrivata parecchia gente a consolare la madre; lo strepito aumenta. Ad ogni nuovo venuto la madre, e noi, ricominciamo la litania: ".. ma come era bella…ma come era buona…".

C'è movimento sulla strada. Sta tornando il padre. E' in compagnia di Gesù. Con Lui ci sono parecchie persone, discepoli, curiosi. Entra in casa, sente i nostri pianti e lamenti: "Ritiratevi, perché fate tanto strepito? Non è il momento del pianto; la bambina non è morta, ma dorme!"

Ma che cosa dice quest'uomo insensato? Invece di unirsi al pianto, invece di dire parole consolanti, invece di rifarsi ai principi della nostra fede, invece di citare parole della Bibbia come quelle di Giobbe:"Dio ha dato, Dio ha tolto: sia benedetto il Signore", ecco che farnetica come un ubriaco… Se anche Timoteo non ha potuto far niente con i suoi medicamenti, se lui stesso che di malati ne vede tanti ha detto che Susanna "si era ricongiunta con i suoi padri". E anche al capo sinagoga ha dato di volta il cervello per il dolore: invece di chiamare i rabbini suoi amici è andato a cercare Gesù e adesso crede anche a quello che dice e… ci caccia fuori di casa… proprio noi che siamo venute a piangere con sua moglie…

"Stiamo almeno sulla porta per poter beffeggiare quel Gesù che con le sue fanfaluche ci ha fatto sbattere fuori di casa" - mi dice Sara.

Dalla casa nessun rumore. Sembra potersi intuire che Gesù sia salito al piano superiore a vedere la morta. Tutti tacciono.

"Quando sentiremo di nuovo la madre piangere, allora, questa volta, saremo noi a sbattere fuori di casa quel ciarlatano!"

Ma.. la voce che si ode non è quella della madre.. è la voce di una bambina… sembra proprio quella di Susanna… Un mormorio di meraviglia viene da quella casa. Non resistiamo più, entriamo: Susanna è tra le braccia di suo padre e di sua madre: è viva! Parla, li bacia, li abbraccia. Tutti vogliono toccarla, sentire il suo cuore palpitare, vedere come il suo sangue dà il colore della vita al suo bel viso.

Intanto, Gesù, in silenzio, quasi a non disturbare questo momento intenso di gioia, se ne è uscito ed è andato via… "E' davvero un profeta, un guaritore.. che sia il Messia?"

 

Se ho fatto lo sforzo di rendermi presente alla scena, ecco allora, posso tirare alcune conclusioni:

a) Non critico chi ha avuto dubbi (li ho avuti anch'io ).

b) Ammiro il coraggio e la fede di quel padre: sono la base su cui Gesù ha potuto operare il miracolo.

c) Davanti a questa risurrezione anch'io mi chiedo chi sia Gesù e non posso esimermi dal dare una risposta definitiva su di Lui.

 

 

MARTEDI' 6

"PREGATE DUNQUE IL PADRONE DELLA MESSE CHE MANDI OPERAI NELLA SUA MESSE". (Mt. 9,38)

Più o meno vicino a Pasqua di quest'anno, qualcuno di voi avrà letto sui giornali la notizia: "In mancanza del prete, un chierico dice la Messa". Mettiamo subito le cose al posto giusto: era successo a Piossasco che il sacerdote che doveva celebrare la Messa non aveva potuto venire, ed essendo il parroco impegnato altrove, aveva dato l'incarico ad un chierico di leggere la parola di Dio e di distribuire l'Eucaristia. Cosa talmente semplice, evidente, direi quotidiana. Ma non mi sono scandalizzato perché i giornali, come al solito in cerca di sensazionalismi, hanno travisato e fatto can - can insieme ai soliti "tuttologi", gente, cioè, che pensa di aver da dire qualcosa su tutto. Quello che mi ha fatto dispiacere è soprattutto che molti cattolici (compresi i settimanali diocesani) hanno utilizzato la cosa per fare solo due affermazioni: i giornalisti non capiscono niente e, mancano i preti perciò preghiamo perché ce ne siano tanti, occupino tutti i posti…: luoghi comuni di chi non lascia spazio allo Spirito Santo, ma gli vuol far fare quello che ha deciso lui. Penso che quando succedono fatti del genere bisogna leggerli non come disgrazie, ma come grazie. L'Eucaristia è, come dice il Concilio, "culmine e fonte" della vita di una comunità, ma quando non c'è questa possibilità (che, diciamolo, per un gran numero di persone e forse anche di preti, è abitudine), la comunità credente esprime il suo desiderio di preghiera in altri modi e attraverso altri ministeri. Gesù ha pregato: "perché mandi operai nella sua messe" e non perché: "mandi sacerdoti a dire tutte le messe che il desiderio di comodità ha fatto nascere". Non approfondisco perché non ne sono in grado ma, chiedete a qualche biblista se Gesù poteva avere anche solo in mente l'idea di prete come l'abbiamo noi. Noi facciamo bene a pregare perché Dio provveda al suo popolo (e Lui ci provvede: pensate alla storia della salvezza di ieri e di oggi), ma lasciamo che faccia Lui a modo suo, anzi, mettiamoci in ascolto: questa mancanza di preti non vorrà forse anche dire che è ora di aprire un po' di più la mentalità sul sacerdozio? E non vorrà forse farci scoprire che ci sono mille modi di servire il Signore e la comunità anche non scimmiottando solo i preti e in forme forse un po' meno gerarchizzate ma più concrete nel servizio?

 

 

MERCOLEDI' 7

"I NOMI DEI DODICI APOSTOLI SONO:…" (Mt. 10,2)

In questi giorni la liturgia ci fa leggere il cosiddetto "discorso missionario". Cercherò di commentarlo nei suoi dati essenziali, quindi, più che le singole frasi, è bene averlo in mente nel suo insieme. Noi troviamo Gesù, come è descritto nei Vangeli, sempre in cammino attraverso "tutte le città e i villaggi", "guarendo malattie ed infermità", "predicando il Regno di Dio". Il Vangelo ieri e oggi è in cammino: non il cammino affannoso e di corsa per giungere a tutto ed a tutti (non avrebbero senso i trent'anni di silenzio di Gesù a Nazareth), ma il cammino gioioso di chi ha una bella notizia da portare. Gesù sembra fermarsi solo per dare qualche istruzione agli inviati, e poi riprendere il cammino. Già in questo abbiamo una indicazione preziosa: il movimento della Chiesa non può che essere un cammino in direzione della gente destinataria della Buona Novella, e la testimonianza dovrà essere data in parole ed opere.

"Questi dodici li inviò.."

Nell'elenco dei Dodici colpisce l'eterogeneità di questo gruppo. Gesù sceglie i suoi con criteri certamente diversi dai nostri. In quel gruppo ci sono pescatori, in mezzo a loro uno è funzionario del fisco legato ai Romani, un altro è un partigiano, Simone il Cananeo, aderente al movimento antiromano: un collaborazionista accanto ad un guerrigliero. Almeno uno, Simone detto Pietro, il prima Papa Cattolico, era sposato.

Dunque, diversità di caratteri, temperamenti, condizioni sociali, mentalità, mestieri.

Anche oggi la Chiesa è così: poveri, ricchi, genti e razze diverse, mentalità e storie diverse e guai a noi se, in nome di una presunta unità, vogliamo modellare i cristiani e i carismi con un unico stampo.

In mezzo a questi Dodici, poi, c'è anche "Giuda Iscariota, quello che lo tradì". Gli apostoli non lo hanno nascosto, minimizzato: no, fa parte del loro gruppo.

"Non ci sono i Dodici più Giuda - scrive Pronzato - Ci sono i Dodici. E Giuda è uno di loro, non un corpo estraneo. Pure lui è stato chiamato come gli altri, e non certo per essere un traditore. Se lo diventerà, sarà perché, con la libertà che Gesù gli ha lasciato, deciderà di 'inventare' il tradimento".

La presenza di quel nome nel gruppo sta ad indicare che Giuda è uno come me: quel nome, come ciascun nome di quella lista, può essere il mio secondo nome.

 

 

GIOVEDI' 8

"NON PROCURATEVI ORO, NE' ARGENTO, NE' MONETA DI RAME NELLE VOSTRE CINTURE, NE' BISACCIA DA VIAGGIO, NE' DUE TUNICHE, NE' SANDALI, NE' BASTONE". (Mt. 10,9)

Ieri parlavamo della scelta dei dodici. Oggi ci chiediamo qual è l'ambito della loro missione.

Mentre al momento della sua ascensione al cielo li manderà "fino ai confini della terra", ora la missione è circostanziata: "Non andate tra i pagani, non entrate nel paese dei Samaritani". Gesù parte da ciò che la mentalità storica permette di capire: è inutile voler pestare i piedi, cercare di cominciare a costruire la casa partendo dai tetti, si parte dalle fondamenta.

Quante volte noi vogliamo arrivare dappertutto e fare tutto. Gesù ci dice di partire dall'essenziale, dal compreso, dai nostri limiti. Ciò che importa non è la quantità di lavoro fatto, i chilometri percorsi, il numero dei convertiti, le chiese piene. Ciò che importa è fare la volontà di Dio, qui ed ora, nel luogo dove mi trovo, dove sono stato mandato.

Poi bisogna rivolgersi "alle pecore perdute"; e qui c'è un'altra indicazione per noi che ci crogioliamo tra cristiani "per bene". Pastore non è chi si accontenta delle pecore buone, ma uno che va a cercare le disperse, che si prende cura delle malate, che difende le deboli dai lupi feroci. Quanto all'equipaggiamento del testimone: è estremamente semplice perché semplice deve essere il messaggio, perché l'Apostolo non deve cercare appoggi e protezioni, perché la povertà è uno degli annunci da portare e da testimoniare. E qui facciamo pure il nostro esame di coscienza personale ed ecclesiale. Posso ancora cercare di sfuggire al mio ruolo di 'apostolo' dicendo di non saperne abbastanza, di non essere preparato? E' logico che a un sacerdote si chiedano tredici anni di equipaggiamento intellettuale e alla fine di tanti esami non ce ne sia uno solo che riguardi la sua "carica di umanità" ? Il Vangelo lo si comunica attraverso una teologia astratta e talmente difficile da non essere capita o con parole semplici e vitali?

E' logico che la Chiesa per annunciare il Vangelo abbia bisogno dei soldi dello Stato, dell'appoggio dei politici, di garanzie particolari rischiando di vendere se stessa per potere o per denaro? Nessuno vive sulle nuvole, i soldi sono necessari, certi appoggi possono anche aiutare, ma ogni volta che noi ci appoggiamo sugli uomini rischiamo di dimenticare di appoggiarci su Dio. E non corriamo il rischio di essere comunitariamente ipocriti: pensate a certi ordini religiosi che chiedono ai propri aderenti la povertà ma poi largheggiano in istituzioni, chiese, case, con la scusa che questo è fatto per il Vangelo. Gesù dice chiaro che la forza del Vangelo sta nel Vangelo, non nei mezzi di supporto che, anzi, spesso sono una contro testimonianza.

 

 

VENERDI' 9

"VI MANDO COME PECORE IN MEZZO AI LUPI". (Mt. 10,16)

Mi è sempre piaciuto il realismo di Gesù: non inganna i suoi; la missione non è una passeggiata trionfale, è andare "come agnelli in mezzo ai lupi" e non credo che la situazione dell'agnello, in quelle condizioni, sia molto favorevole.

Quanto è diverso il modo di Gesù da quello di certi preti "procacciatori di vocazioni per diocesi o ordini religiosi in via di estinzione" che riempiono la testa solo di bellezze estasianti o di ruoli di prestigio all'interno della Chiesa o della comunità.

Bisogna prepararsi all'opposizione, al rifiuto. Dice B. Maggioni: "Al discepolo è stato affidato un compito, non garantito un successo", e J. Delorme: "Missionario non è uno che va a fare pubblicità per un prodotto che ha la probabilità di essere venduto se risulta buono. E' uno che va a combattere contro gli avversari. E non si è sicuri di essere bene accolti, anche se il prodotto è buono. La missione incontra sempre opposizione."

Il credente è uno che sa di dover pagare di persona. E uno che sa che spesso verrà messo a tacere. E' uno che potrà vedersi nemici anche coloro che ha beneficato, ma è anche uno che è profondamente convinto della parola che annuncia. E' uno che ha fiducia nel seme che gli è affidato da Dio e lo semina "a tempo e fuori tempo": Dio nel "suo tempo" provvederà a farlo crescere. E' uno che ama il suo prossimo. Soffre terribilmente per la persecuzione, ma è anche uno che non si lascia abbattere: lo fanno tacere da una parte, parlerà dall'altra; gli uomini lo tradiranno? Continuerà lo stesso a credere nell'uomo; lo giudicheranno, lo calunnieranno? E lui, patendone, ma a testa alta, continuerà a spargere vangelo a piene mani e concimerà questi semi con la sua sofferenza.

 

 

SABATO 10

"NON LI TEMETE". (Mt.10,26)

Il discorso missionario continua con parole di incoraggiamento. Il realista Gesù ha messo gli apostoli e noi davanti al fatto che l'annuncio e la testimonianza cristiana creeranno opposizione, avranno insuccesso. Ce ne è abbastanza per perdersi di coraggio ed ecco allora le parole di Gesù. "Non abbiate paura". Essere con Dio non ti garantisce dalle prove e dall'insuccesso umano, ma ti dà la garanzia di essere dalla parte del più forte, del vincitore. Gli uomini possono uccidere il corpo ma non l'anima se questa è unita al suo Creatore. Pensiamo al coraggio dei martiri; da dove veniva loro? Non certo dalle forze umane.

"Voi valete più di molti passeri". Dio ama le sue creature, non "cresce erba che Dio non voglia". Egli è colui che provvede ai passeri del cielo, è colui che veste i gigli del campo meglio di quanto non fosse vestito il re Salomone, volete che si dimentichi dei suoi amici, di coloro che lottano per Lui, che soffrono per Lui? "Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio nei cieli". E' la promessa di Gesù che ci riempie di gioia e di coraggio. Dio nel suo giudizio finale avrebbe ragione di condannarci, ma se in quel momento il Cristo butta a nostro favore sulla bilancia della giustizia, il peso delle sue sofferenze e del suo sangue versato per noi, non possiamo che essere salvati.

 

 

DOMENICA 11 - 15^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"BEATI I VOSTRI OCCHI PERCHE' VEDONO E I VOSTRI ORECCHI PERCHE' SENTONO". (Mt.13,16)

Noi uomini abbiamo diversi modi per comunicare: i segni, i gesti e gli atteggiamenti, la parole e i silenzi; e ci serviamo di mezzi e di codici di comunicazione: alfabeti, disegni, segnali, ponti radio, antenne satellitari, telefoni e telefonini…

Dio comunica con la sua creatura ed anche Lui usa modi diversi: la creazione, la storia dell'uomo, la sua parola trasmessa oralmente, le Scritture nell'Antica Alleanza, Gesù, suo Figlio incarnato, la Parola di Gesù scritta nel Nuovo Testamento e scritta nel cuore e nei gesti dei suoi testimoni.

Dio comunica e comunica abbondantemente, ma perché il suo messaggio possa giungere a noi occorrono diverse cose:

Che si sappia che c'è una comunicazione in arrivo per me.

Che si abbia desiderio di conoscere questa notizia.

Che si usino i mezzi perché le nostre orecchie e il nostro cuore possano recepire.

Che questa notizia sia decodificata in un linguaggio comprensibile.

Che la notizia, capita, accolta, trovi un terreno buono per fruttificare.

Proviamo a ripercorrere questi passaggi pensando al messaggio di Dio.

Se il credo che Dio sia "l'ente supremo", mi è molto difficile pensare che abbia un messaggio personale proprio per me, al massimo sarà uno che darà norme generali per far funzionare l'intera baracca dell'universo e del nostro mondo. Se invece penso al Dio di Gesù, al Dio della storia, al Dio incarnato per amore, al Dio "lento all'ira, pieno di grazia e di amore", al Dio Padre, penso che mio Padre ha qualcosa da dirmi, e io, figlio, sono direttamente interessato a conoscere questa sua volontà. Allora si tratta di scoprire attraverso i mezzi opportuni ciò che vuole dirmi. Un esempio: in questo momento nell'etere ci sono migliaia e migliaia di segnali radio, questi segnali sono la codificazione di parole, di immagini, di migliaia di trasmittenti… A orecchio non ne sento nessuna. Ho bisogno di un apparecchio che capti (antenna) e di un selettore che scelga una lunghezza d'onda particolare, poi ho bisogno di un decodificatore che trasformi i segnali in parole e in immagini, e, ancora, ho bisogno di sapere la lingua in cui i messaggi sono trasmessi, perché se io, ad esempio, sento una voce cinese, sento solo dei suoni, ma non capisco niente.Tutto questo può sembrare estremamente complicato nei confronti della parola di Dio. E' solo un modo per aiutare a comprendere: Dio ha un messaggio proprio per me, oggi. Come ascoltarlo perché non vada perso?

 

 

LUNEDI' 12

"NON CREDIATE CHE IO SIA VENUTO A PORTARE LA PACE SULLA TERRA. NON SONO VENUTO A PORTARE LA PACE, MA LA SPADA."(Mt. 10,34)

Fin dal giorno in cui Maria portò Gesù al tempio si sentì dire: "Egli è segno di divisione".

Quando Gesù chiama a seguirlo esige una divisione: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti". Quando Gesù predica crea una divisione: "Beati voi poveri…ma, guai a voi ricchi".

Anche i gesti che compie sono gesti di rottura e di divisione, ad esempio, una volta guarisce due indemoniati permettendo che il diavolo si getti in mare insieme ad un branco di maiali: "E lo pregarono di allontanarsi da quella regione". Moltiplica il pane, si autodefinisce pane di vita eterna e siccome molti se ne vanno deve arrivare a chiedere ai discepoli: "Volete andarvene anche voi?". Anche e soprattutto la croce è segno di divisione; pensate a chi, proprio in quel momento, vorrebbe vedere un altro segno: "Se sei il Figlio di Dio, scendi da quella croce e noi ti crederemo".

Gesù ama la pace, è il buon pastore, è venuto per radunare il gregge. Ma proprio perché raduna il gregge, ecco la chiara distinzione tra le pecore e i lupi: i cammuffamenti finiscono, o "si è con Lui, o contro di Lui, o si raccoglie con Lui o si disperde". Chiaramente, il far cadere i veli dell'ipocrisia, il mettere in piazza i vero volto delle persone le scatena non solo contro Gesù stesso, ma soprattutto contro coloro che lo hanno scelto e testimoniato.

Ci sono dei cristiani che si meravigliano dell'esistenza ancor oggi di persecuzioni contro i credenti. Se i credenti sono di Cristo, danno fastidio. Ci sarebbe da meravigliarsi del contrario: se tutto fosse rose e fiori ci sarebbe da chiederci: ma, abbiamo davvero scelto Cristo o non ci siamo troppo adagiati nella mentalità di questo mondo?

 

 

MARTEDI' 13

"GESU' SI MISE A RIMPROVERARE LE CITTA' NELLE QUALI AVEVA COMPIUTO IL MAGGIOR NUMERO DI MIRACOLI". (Mt. 11,20)

E oggi che cosa direbbe Gesù? Potrebbe forse dire così :

Tu, Roma, caput mundi, quanto sei stata amata se subito a te sono giunti i grandi apostoli Pietro e Paolo, eppure li hai uccisi ricoprendoti del sangue dei martiri. Sei stata chiamata città eterna e lì ha preso residenza il mio successore, ma tu, nel tuo paganesimo, hai trangugiato anche il papato: invece di convertirti hai cercato in tutte le maniere di convertirlo a te.

Tu, Roma ti prepari a celebrare l'anno giubilare, ma per convertirti o per far soldi sulle spalle di pellegrini e turisti pseudoreligiosi? Alla fine del Giubileo avrai cambiato il tuo modo di vivere o con i tuoi politici e con i tuoi religiosi tirerai solo i conti di quanto avrai guadagnato? Ricordati di Gerusalemme,"la città del sommo Re": quante volte è stata distrutta? Se certi Africani o certi sudamericani avessero avuto anche solo un pezzettino di tutto quello che hai avuto tu, non sarebbero più riconoscenti di te?

E tu, Torino, luogo glorioso di martiri, terreno fecondato dalla presenza di tanti santi che si sono rivolti ai tuoi figli più poveri, luogo dove è conservato il Sudario, tu che ti vanti di essere la prima città industriale, tu che ti vanti di essere una città magica, dov'è la tua fede? Mostrami non tanto le tue chiese antiche e gloriose, mostrami gli eredi di don Bosco, del Cottolengo, del Cafasso che, senza tante chiacchiere, si abbassino ancora davanti ai giovani disoccupati, drogati, davanti ai malati, ai soli abbandonati, davanti ai carcerati. Non basta l'ostensione di una sindone se dietro non c'è la conversione all'Uomo della sindone.

E tu (e qui ognuno metta il proprio nome), non ho forse pensato a te fin dall'eternità? Non ti ho voluto e non sono forse 30, 40, 80 anni che ogni giorno ti dono la vita? Non ti ho messo vicino tante persone buone che ti hanno insegnato a credere? Non mi sono fatto per te, acqua del Battesimo, pane dell'Eucaristia, perdono nella Confessione per darti la forza di camminare nel mio nome? Dov'è la tua fede decantata a parole? Dove le opere di conversione e di carità? Fai attenzione perché tanti che meno di te hanno ricevuto, sono diventati migliori di te e nel giorno del giudizio…

 

 

MERCOLEDI' 14

"TI BENEDICO, O PADRE, SIGNORE DEL CIELO E DELLA TERRA". (Mt. 11,25)

Questa preghiera semplice di Gesù non solo ci svela il rapporto profondo e intimo di Gesù con il Padre, ma anche, ci presenta chi sia il Dio di Gesù.

Gesù, quando prega, usa dei toni molto familiari con il Padre, la stessa conclusione di questa preghiera ci dice che Gesù e il Padre sono una cosa sola, ma in questo passo del Vangelo Egli utilizza anche parole solenni rivolte al Padre: "Signore del cielo e della terra".

Dunque, il Dio di Gesù e il nostro Dio è prima di tutto il Padre del cielo, il creatore Onnipotente, il Signore del mondo. Non c'è altro Dio che Lui. E' Lui che dirige questo immenso universo con i suoi miliardi di esseri, dagli atomi fino alle stelle. Tutto ciò che esiste gli è sottomesso nei cieli e sulla terra.

Non c'è che da rimanere stupiti, meravigliati, adoranti e il nostro balbettare davanti a questo Signore non può che diventare lode: "Ti lodo, o Signore del cielo e della terra".

Ma l'obiettivo della lode e della riconoscenza va ancora oltre alle meraviglie del creato. E' ancora più grande vedere l'agire di questo Dio che ama manifestarsi, che si lascia catturare dalla sua creatura purché essa sia umile e piccola, come dire che l'Immenso può essere compreso solo dall'immensamente piccolo. E Gesù stesso è l'esempio di questo. Che cos'è un piccolo uomo, nato in un anno tra lo scorrere di migliaia di secoli, in un paesino sperduto di un Medio Oriente, che ama i poveri e finirà su una croce? Eppure l'immenso, il creatore di tutto è lì.

Ogni giorno mi meraviglio davanti a quelle piccole ostie, briciole di pane, tra le mani di un uomo peccatore, nella bocca e nel corpo di piccoli uomini: eppure Dio è lì. O mi faccio piccolo e lo accolgo o se presumo troppo sulla mia intelligenza non lo capirò mai.

 

 

GIOVEDI' 15

"VENITE A ME VOI TUTTI CHE SIETE AFFATICATI E OPPRESSI". (Mt. 11,28)

Mi guardo attorno e scopro un mondo meraviglioso, ma scopro anche le estreme miserie dell'uomo. Quanta gente soffre a causa di altra gente. "Io sono più forte di te, tu mi dai fastidio: meglio farti fuori" e una volta sono le bombe, un'altra i macete, un'altra la pulizia etnica, e l'uomo è ucciso, stuprato, violentato, cacciato dalla sua terra. E non sa a chi rivolgersi, da chi ottenere giustizia. E l'uomo sfruttato? I bambini costretti a lavorare 12, 14, perfino 16 ore al giorno per cucire palloni con cui altri bambini giocheranno. Uomini che come schiavi tra le stanghe di un carretto, scarrozzano i ricchi per tutto il giorno e si devono accontentare di una ciotola di riso per sé e la propria famiglia, uomini sfruttati nelle fabbriche, interi paesi sfruttati dal potere economico delle multinazionali… e la rabbia cresce, e la rabbia non ha mai promesso niente di bello per nessuno. E poi, quanto dolore. Malati in lunghe corsie di ospedali, gente condannata a passare anni e anni in un letto, bambini nati handicappati, incidenti stradali, famiglie divise contro la propria volontà, solitudine a abbandono degli anziani, tristezze di ospizi, e poi ancora, tradimenti, ripicche, vendette, cattiverie…Tutta questa massa di dolore, dove troverà il suo senso? Perfino il Dio dei filosofi sembra lontano, incapace davanti a questo.

Solo uno può dirci: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò", ed è proprio Gesù. Il Figlio di Dio non ci promette la facile soluzione al problema della sofferenza, non la elimina come se fosse la cosa più cattiva e inutile della terra. Lui l'ha vissuta sulla sua pelle fino in fondo, Lui è nato povero, è stato esule, ha lavorato, è vissuto in un paese che era schiavo dei Romani, è stato tentato, è stato osteggiato da coloro che beneficava, è stato tradito con un bacio e venduto per un pugno di soldi, Lui ha subito ogni sorta di piaghe, Lui è stato inchiodato sul letto della croce, Lui ha gridato come ogni condannato, Lui è morto. Lui può capire ogni uomo. Lui può accogliere ogni nostra sofferenza: sono già tutte sue.

 

 

VENERDI' 16

"SE AVESTE COMPRESO CHE COSA SIGNIFICHI: MISERICORDIA IO VOGLIO E NON SACRIFICIO, NON AVRESTE CONDANNATO PERSONE SENZA COLPA". (Mt.12,7)

E' molto facile, facendoci passare sotto gli occhi la storia dell'Antico Testamento e la storia delle religioni, comprendere quanto Gesù voleva insegnarci. Profeti che parlavano a nome di Dio fatti tacere con la forza dai rappresentanti stessi della religione sono stati molti, per non dire la quasi totalità. E che dire delle varie e terribili inquisizioni religiose e delle migliaia di vittime nel nome della salvaguardia della purezza della religione stessa? E oggi, all'interno della nostra Chiesa, non succede forse ancora così, e non soltanto nei casi più eclatanti (ad esempio don Milani, don Mazzolari, il nuovo Beato Padre Pio…) ma anche nelle situazioni più semplici quando le voci dissenzienti non vengono più punite con il rogo, ma costrette al silenzio, quando attorno a certe persone viene sistematicamente creato il vuoto perché non possano più esprimersi…

Ma c'è da stupirci? Il caso più grande della storia è stato proprio quello di Gesù.

Quando pensiamo alla passione di Gesù, ci rendiamo conto che la condanna a morte è stata voluta, cercata, perpetrata proprio dai sacerdoti e religiosi dell'Antica Alleanza. Pensate: religiosi immischiati nella politica che decidono: "E' meglio che muoia uno solo piuttosto che tutto il popolo debba soffrire". Gli araldi della Verità che cercavano "falsi testimoni contro di Lui". La condanna viene garantita addirittura dalla Legge: "Ha bestemmiato. Lui che è uomo si è fatto Dio". Sono ancora loro che sobillano le folle per chiedere la liberazione di Barabba e la condanna di Gesù. Saranno ancora loro che davanti al mistero della risurrezione e della tomba vuota pagheranno, come già avevano fatto con Giuda, i soldati perché raccontino una evidente bugia: "Dite: mentre dormivamo sono venuti i suoi discepoli a portare via il corpo".Tutto questo avviene a Gesù e lungo i secoli fino a noi per un motivo molto semplice: perché non si è capito che Dio vuole "Misericordia e non sacrificio". Dio non è solo giudice, tantomeno giudice astratto, ottuso leguleio, ma Padre "ricco di grazia e di misericordia". Dio non è la verità contestata e contestabile dei teologi, è la VERITA' che si manifesta soprattutto ai piccoli e ai deboli. Dio non lo puoi comprare con le ipocrite facciate, col numero delle messe da celebrare, con il biascichio di tante preghiere: Dio ti legge dentro. Dio non ti misura con i codici di diritto (anche "canonico") ma con la stessa misura con cui tu misuri gli altri.

 

 

SABATO 17

"NON CONTENDERA', NE' GRIDERA'… LA CANNA INCRINATA NON SPEZZERA', NON SPEGNERA' IL LUCIGNOLO FUMIGANTE". (Mt. 12,19-20)

Matteo, nel suo Vangelo, vuol comprovare Gesù come Messia, anche vedendolo come colui che realizza le profezie. Avendo fatto esperienza di Gesù gli riesce facile tratteggiare le sue caratteristiche con le parole di Isaia.

"Non contenderà". Quante volte farisei, sadducei, sacerdoti, dottori della legge lo provocano perché scenda in discussioni. Gesù non è l'uomo delle controversie, delle discussioni religiose, sa benissimo che in queste (come spesso in altre discussioni) si parte convinti di aver ragione e, dopo ore di chiacchiere, si finisce ancora più convinti, essendosi, in compenso, creati tutta una serie di nemici. "Non griderà". No! Gesù qualche volta ha gridato: quando "preso dallo zelo per la casa del Padre Suo" ha spazzato i tavoli dei cambiavalute e dei venditori del Tempio, e quando, nell'ultima preghiera, sulla croce, proprio prima di morire si sente solo, 'abbandonato da Dio'. Gesù non avrebbe fatto carriera nelle T.V. dei giorni nostri dove le notizie non vengono presentate, ma sparate, gridate alla gente. Gesù non gridava, guardava negli occhi, sussurrava, proponeva; dopo i miracoli se ne andava alla chetichella non aspettando gli applausi.

"La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante". Gesù non condanna la peccatrice, non giudica una 'perduta' la prostituta che gli lava i piedi, accoglie un ladro pentito all'ultimo momento, dà a Pietro e agli Apostoli nuove possibilità, non aspetta una fede piena, totale, perfetta per poter operare miracoli, si accontenta anche della fede un po' superstiziosa di quella donna che gli tocca il mantello sperando che questo la guarisca. Se Lui, il Maestro, è così, noi, come suoi discepoli non dovremmo imitarlo? Mi chiedo allora se è davvero segno di Chiesa il nostro voler discutere di tutto. Pensiamo di convertire con le nostre chiacchiere o non sono proprio le nostre chiacchiere che a volte banalizzano il Vangelo? Se pensiamo ancora di poter 'imporre' il Vangelo, siamo lontani mille miglia dalla mentalità evangelica. Gesù è una proposta, certamente impegnativa, ma dolce. Così pure, come dicevamo ieri, se noi in nome della Verità diventiamo intransigenti giudici, la fede la soffochiamo invece di purificarla. Se vogliamo rivestirci di Cristo ricordiamoci come diceva Teilhard de Chardin: "La dolcezza è la prima delle forze e forse la prima delle virtù".

 

 

DOMENICA 18 - 16^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"VUOI DUNQUE CHE ANDIAMO A RACCOGLIERE LA ZIZZANIA?". (Mt. 13,48)

Noi siamo spontaneamente portati a dividere l'umanità in buoni e cattivi. E fin qui può anche essere istintivo: noi vediamo il bene e il male, o presumiamo di vederlo. Il guaio è che, subito dopo aver visto i buoni (a cui normalmente apparteniamo, o se siamo un po' più ipocritamente umili ci mettiamo a metà strada ma con la certezza che le nostre colpe non sono abbastanza gravi da condannarci) e i cattivi, ci lasciamo prendere dal desiderio di fare un po' di pulizia, in nome della giustizia.

Anzi, qualche volta, abbiamo addirittura degli appunti da rivolgere a questo Dio che lascia un po' troppo crescere insieme grano e zizzania e che sembra esagerare nel punire chi si comporta bene e nell'essere eccessivamente indulgente nei confronti di chi invece meriterebbe qualche bel castigo.

In questi tempi in cui il nemico non "semina zizzania di notte" ma lo fa liberamente di giorno e con la massima pubblicità, usando i migliori mezzi della scienza e della tecnica , ci vorrebbe "un po' più di severità, un po' più di freno, altrimenti le cose continueranno ad andare sempre peggio", e siccome Dio, come dice la prima lettura di oggi: "Concede, dopo i peccati la possibilità di pentirsi", c'è sempre qualcuno, anche tra i cristiani, che pensa di arrogarsi in proprio il compito di fare piazza pulita, di invocare qualche rogo o qualche pena di morte come ai tempi degli eretici e delle streghe.

Ma la parola di Dio non ci incoraggia su questa strada. La proibizione del padrone ad andare ad estirpare la zizzania non significa che non dobbiamo vedere, condannare il male, chiamare il peccato con il suo nome, significa solo che non sta a noi estirpare la zizzania. L'unica cosa che possiamo fare, combattendo il male, è quella di seminare pazienza e coltivare con passione tutto il bene possibile. Insomma, ancora una volta, abbiamo davanti il modello stesso di Dio che con indulgenza spera, di un Dio che è deciso (il giudizio finale ci sarà e Gesù parla anche di fuoco in cui sarà bruciata la zizzania, non solo quella degli altri, anche la mia), ma che sa aspettare, sa capire e compatire, di un Dio che tace perché spera che questo suo attendere silenzioso e paziente ci faccia rientrare in noi stessi.

 

 

LUNEDI' 19

"MAESTRO, VORREMMO CHE TU CI FACESSI UN SEGNO". (Mt.12,38)

Ieri meditavamo di un Dio paziente che lascia crescere insieme buon grano con zizzania nella speranza fiduciosa che anche il male possa cambiare, essere perdonato. E davvero la pazienza di Dio è grande con noi se sopporta certi infantilismi, certe stupide pretese che noi accampiamo nei suoi confronti. Gesù parlava "con autorità", confermava la sua parola con miracoli che solo la potenza di Dio poteva fare, ed ecco ancora che gli chiedono: "Mostraci un segno!"

E noi? Provate a pensare a tutti quei cacciatori di segni e di miracoli che come un esercito calano ovunque qualcuno annunci apparizioni, Madonne piangenti, tuniche indossate dal tal santo, acque 'benedette' da portare via a damigiane. C'è davvero bisogno di questi segni che pure, qualche volta, la bontà di Dio e l'intercessione misericordiosa di Maria ci concedono? Il sangue di San Gennaro, le reliquie dei santi, la stessa sindone sono il fondamento della nostra fede o non piuttosto degli eventuali corollari?

"Mostraci un segno!". Ma quanti segni abbiamo che non sappiamo interpretare: la natura, le creature, la parola di Dio, i sacramenti… Abbiamo Gesù nell'Eucaristia e andiamo a cercare segni in cose stupide (provate ad esempio a pensare a come si fa a mettere insieme comunione Eucaristica e dipendenza dall'oroscopo).

"Mostrami un segno!"- potrebbe con molta più ragione dire a noi Gesù - "mostrami il segno concreto che hai capito e sei disposto ad accogliere il mio amore; mostrami un segno concreto nella carità fraterna, nell'attenzione agli ultimi, nella condivisione dei beni… sono io che ho bisogno di un tuo segnale per poter riversare su di te i miei doni".

 

 

MARTEDI' 20

"ECCO MIA MADRE ED ECCO I MIEI FRATELLI; POICHE' CHIUNQUE FA LA VOLONTA' DEL PADRE MIO CHE E' NEI CIELI, QUESTI E' PER ME FRATELLO, SORELLA E MADRE". (Mt. 12,50)

Maria lo sapeva. Fin dal giorno in cui quell'angelo luminoso era entrato nella sua casetta di Nazareth, Dio aveva fatto irruzione nella sua vita. Una irruzione bellissima, stupenda, gioiosa, ma anche estremamente misteriosa. Dio è più grande di noi; non puoi ricondurlo ai semplici pensieri dell'uomo, non puoi circoscriverlo delimitandolo nel tuo conoscibile o negli angusti spazi del quotidiano. E, quindi, aveva sperimentato cose da una parte grandiose e dall'altra misteriose ed anche umanamente dolorose: essere incinta per virtù dello Spirito Santo, quindi intima di Dio, ma cosa estremamente difficile da spiegare a Giuseppe e agli uomini. Nove mesi di gravidanza del Figlio di Dio, tabernacolo vivente che contiene "Colui che i cieli e la terra non possono contenere", ma con tutte le apprensioni e le gioie di qualunque madre terrena. Una nascita aspettata, ma che avviene in modo così diverso da come l'aveva progettata: in una grotta di pastori, lontana dalla sua casa, dalle cose necessarie e familiari che aveva preparato per suo Figlio. Ha provato la gioia di vedere gli umili gioire per la nascita di Gesù, ma anche il terrore per la sorte di suo Figlio quando Erode lo cercava per ucciderlo e quasi la vergogna nei confronti delle madri di Betlemme che piangono la morte dei loro bambini mentre il Suo è salvo. Vivere con Gesù, poi: meraviglioso avere Dio che ti scorrazza per casa, ma estremamente difficile comprenderlo. E bisogna anche comprendere certe risposte che sembravano impertinenti: "Perché mi cercate? Io devo fare la volontà del Padre mio", "Che ho da fare con te, o donna?".

Quindi c'era abituata, e anche stavolta che è andata a cercarlo, e invece di vederselo correre incontro per gettarle le braccia al collo, lo sente dire che "madre e fratelli sono quelli che fanno la volontà di Dio", usa lo stesso metodo di sempre: fare silenzio e lasciare che queste parole, penetrando nel suo cuore, arrivino al loro vero senso. In fondo Gesù le ha fatto il più bel complimento dicendo che Lei ha fatto la volontà di Dio, quasi ad anticipare quell'altro momento glorioso ma doloroso e misterioso, quando le chiederà di diventare la Mamma di tutti, anche di quei figli che stanno appendendolo ad una croce.

 

 

MERCOLEDI' 21

"QUEL GIORNO GESU' USCI' DI CASA E SI SEDETTE IN RIVA AL MARE". (Mt. 13,1)

Stiamo avvicinandoci al periodo delle ferie e, oserei dire, mi piace molto l'atteggiamento 'estivo' di Gesù all'inizio di questa sua giornata in cui ci sarà poi tutto il suo insegnamento in parabole.

Siamo abituati a vedere Gesù impegnato a tempo pieno, pensate ad esempio ai primi capitoli di Marco dove ci viene descritta una giornata tipo di Gesù trascorsa tra preghiere, predicazione, ascolto delle folle e dei singoli e miracoli.

Nel Vangelo di Giovanni vediamo Gesù, spossato dalla fatica, esausto sotto il sole bruciante di mezzogiorno, sedersi vicino ad un pozzo e chiedere un po' d'acqua alla Samaritana.

Ancora Marco ci presenta un Gesù talmente stanco delle sue fatiche apostoliche che si addormenta a poppa della barca proprio mentre scoppia furiosa la tempesta.

Qui, invece, Matteo ci dice che Gesù inizia la sua giornata facendo una cosa bella, semplice, riposante. Esce di casa tranquillo, senza l'agenda degli appuntamenti sottobraccio, senza l'ansia di arrivare puntuale, senza aver preparato la predica, e si siede sulla spiaggia a guardare il mare. Un Gesù che ha tempo, un Gesù che ha occhi per contemplare e meravigliarsi.

Dio ha tempo finchè vuole, anzi, è al di là del tempo perché è eterno, ma Gesù, nella sua umanità, ha le ore come noi; Gesù sa che "c'è un tempo per fare e un tempo per non fare. Un tempo per agire e un tempo per contemplare". L'antica saggezza della Bibbia avrebbe molto da insegnare a noi che nelle nostre corse programmiamo al minuto persino il tempo delle vacanze.

E poi, questo Gesù Creatore che si perde nelle creature! Gesù che guarda questo mare (è il lago di Galilea) che sente l'aria fresca della mattinata, che vede le barche dei suoi amici, che sente affetto e compassione per le città che vi si affacciano. E' lo sguardo di chi, libero, sa liberamente contemplare. Non è lo sguardo cupido di chi vede le creature per impossessarsene, è lo sguardo di chi si confonde, Lui, il Creatore, con le creature… poi arriverà la gente e Gesù continuerà a 'confondersi' con la gente, predicando, donandosi tutto.

Provate anche voi; dite al Signore: "Questa mattina non ti dico le solite preghiere". Alzarsi presto (almeno una volta nella vita si può fare), trovarsi alle 5,30 o alle 6 sulla spiaggia: non c'è nessuno, solo l'omino che ha portato il cane a fare pipì, sedersi lì e non dir niente, lasciarsi cullare dal rumore delle onde, vedere nascere la luce con tutte le sue sfumature di colore, apprezzare la sabbia tra le dita, quasi a confondersi con il lavorio dei secoli che l'ha resa così dolce, sentir ritornare nella mente, quasi al ritmo delle onde, una musica, un ricordo.. ripetere dentro di sé una frase di lode… e poi vedere gli uomini, intuire alle proprie spalle una città che si sveglia, sentire le voci dei pescatori che tornano, odorare insieme al salmatro sbuffi di buon odore di pane appena sfornato…E tutto questo puoi farlo anche sul sentiero di montagna o anche (con un po' di fantasia) sul balcone del tuo condominio, in piena città.

 

 

GIOVEDI' 22

"GLI DISSERO: PERCHE' PARLI LORO IN PARABOLE?". (Mt.13,10)

Anche noi ci stupiamo di questi discorsi parabolici di Gesù. Gli intellettuali non li apprezzano: "Occorrono idee chiare e distinte, concetti capaci di esprimere in poche parole, formule ben definite… Se Gesù, invece di contadini che seminano, di viandanti che incappano in briganti, di pastori che corrono dietro a pecore ci avesse detto: Dio è così e cosà; per andare in paradiso occorre questo e quest'altro…" I benpensanti storcono il naso davanti a pubblicani che pregano meglio di farisei, davanti a samaritani migliori di sacerdoti e di Lazzari che dal paradiso guardano ricchi tra le fiamme dell'inferno. Altri ancora approfittano del discorso in parabole per dare delle interpretazioni che siano favorevoli alle loro tesi.

In questi anni in cui ho predicato, ho scritto, ho fatto catechismo, mi sono reso conto, proprio attraverso l'esperienza, di alcune cose:

Chi riesce immediatamente a capire le parabole? I bambini (quelli che non sono già troppo smaliziati dalla televisione e dai computer: quelli ormai sono già dei piccoli intellettuali rimbecilliti, incapaci di fantasia). Quante volte, dopo aver raccontato qualcosa sono rimasto stupito nel vedere che non solo non c'era bisogno di spiegare, ma che loro erano già andati oltre, avevano già applicato alla loro vita.

Davanti alle parabole del Vangelo se non siamo come bambini (e non di quelli rimpinzati da genitori e scuola non solo di cose ma anche di stupidità che li gonfiano di nozioni e di supponenza) continueremo a dire che Gesù poteva essere più chiaro, che non è da Dio parlarci di pecore, di porci, di lupi.

 

 

VENERDI' 23

"INTENDETE LA PARABOLA DEL SEMINATORE". (Mt. 13,18)

Gesù ha spiegato la parabola per chi non la capiva. Chiediamoci però in generale: quale sarà il nemico più grande della parola di Dio? Sembra che la parabola ci porti a rispondere soprattutto: l'abitudine. Ci si abitua a tutto. Qualche detenuto, dopo anni di carcere, si era talmente abituato ad esso che, liberato, quasi lo rimpiangeva. E noi cristiani, siamo talmente abituati alla Parola di Dio, che, alla fine, sembra non abbia più da dirci molto. Noi preti, dopo un po' di anni di predicazione, ci perdiamo il gusto, diventiamo ripetitivi, sembra che ormai la conosciamo tutta, non ci prepariamo neppure più, cadiamo in luoghi comuni, spesso non diamo neppure a chi ci ascolta l'impressione che la Parola di Dio ci riguardi o ci tocchi più di tanto. E gli ascoltatori? Spesso abitudine vuol dire disincanto, noia, assuefazione, senso del risaputo, diffidenza, interesse superficiale, sbadataggine, indifferenza, malcelata sopportazione.

Si perde di vista che questa è una Parola di Qualcuno che ci vuol bene, che essa viene proclamata per dare senso e cambiare la nostra vita, che essa è destinata al cuore più che alla testa.

Forse mi avrete sentito già tante volte fare questo esempio: se tu aspetti una lettera da una persona lontana cui vuoi molto bene, quando questa arriva la apri con trepidazione, la leggi di corsa per sapere subito le notizie, la rileggi più volte, cerchi di capire tra le righe anche quello che non è stato scritto con la penna.

Ogni volta che ascoltiamo la Parola di Dio dovrebbe essere così per noi: è la lettera che Dio oggi mi ha scritto.

 

 

SABATO 24

"NON VI SUCCEDA CHE COGLIENDO LA ZIZZANIA CON ESSA SRADICHIATE ANCHE IL BUON GRANO". (Mt. 13,29)

In questo mese la liturgia ci ha già presentato una volta la parabola della zizzania e del buon grano. Ma se anch'io, come gran parte di noi, spesso fremo e mi auguro che il Signore intervenga ad estirpare un po' di zizzania da questo nostro mondo, d'altra parte una piccola esperienza di questi mesi mi ha fatto capire che la sapienza di Dio raccontata in questa parabola è davvero grande.

Non ho mai fatto il contadino, quindi già grazie se riesco a riconoscere le erbacce dalle pianticelle dei fiori o dei legumi; avevo pochi metri quadri di giardinetto infestato da erbe ed erbacce di ogni tipo. Che fare? Con una zappetta ho rivoltato la terra. Quindici giorni dopo le erbacce erano più rigogliose di prima. Ho ricominciato da capo: grande zappatura, aggiunta di terra nuova, concimazione, seminagione di erbetta…Quindici giorni dopo era spuntato qualche filo di erbetta (più o meno come i capelli sulla testa di un calvo), in compenso le erbacce continuavano a spuntare. Ed ecco l'altra grande trovata: "Le tolgo ad una ad una!" Ma le radici erano profonde e per una cura radicale, mentre partiva un'erbaccia, si creava un buco dove anche i radi fili d'erbetta venivano rovinati, senza tener conto che camminando su quella poca erbetta appena nata alla fine ne avevo fatto scempio.

E allora, rileggendo la parabola e ripensando alla mia esperienza ho tirato alcune conclusioni:

"Piantala di voler fare un mestiere che non è il tuo". Lascia a Dio il mestiere di Dio o, per dirla come Socrate, che dopo aver elogiato un calzolaio per un bel paio di scarpe, se lo vide saltar su baldanzoso a volere dettar legge in filosofia e allora gli disse: "Calzolaio, non andar più in là delle scarpe!"

Scopri la saggezza di Dio: spesso fa più danno l'intransigenza che non la pazienza.

E poi, detto tra noi, e forse con poco riferimento alla parabola, anche le erbacce hanno un loro fascino.. e Dio non può sperare che anche una erbaccia porti un buon frutto?

 

 

DOMENICA 25 - 17^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"IL REGNO DEI CIELI E' SIMILE…" (Mt. 13,44)

Ci sono delle parole importanti nella nostra vita, pensate ad esempio alle parole: amore, amicizia, giustizia, verità… che, proprio perché importanti, con l'andare del tempo hanno accumulato su di sé tanti significati, da essere usate purtroppo da ciascuno con senso diverso.

Anche la parola "Regno di Dio" così semplice e significativa nel linguaggio biblico, ha accumulato secoli di storia al punto che oggi o dice poco (regni sulla terra ne sono rimasti pochi e anche le figure di quei pochi re sopravvissuti sono ben lontane dall'essere un modello) o viene confusa con la Chiesa (e l'identificazione il più delle volte è proprio con la chiesa gerarchica per cui il regno diventa davvero poco appetibile). Data la brevità dello spazio, ecco alcune sottolineature:

Gesù dice: "Il regno dei cieli è…"e non dà definizioni ma presenta parabole. Non c'è una definizione esaustiva del Regno. Il Regno di Dio e Dio stesso non stanno in nessuna delle nostre definizioni. Le parabole (lo dice Gesù stesso) illuminano e nascondono. Il nostro ruolo come Chiesa non è quello di definire, ma di accogliere.

Il Regno è qualcosa di già presente (tesoro, perla, seme, rete…) ma è ancora lontano dalla sua attuazione definitiva.

Il Regno e la Chiesa sono legati tra loro ma non indicano la stessa realtà.

Il Regno di Dio va "scoperto", quindi va cercato. E' vero che devi aver 'fortuna' per imbatterti nel tesoro, ma se non ti metti in ricerca non lo troverai mai.

Se il Regno è un "tesoro", una "perla preziosa", chissà quando riscopriremo la gioia e lo stupore come strada per incontrarlo, farlo crescere, testimoniarlo?

La gioia, il Regno, se riconosciuti nella loro realtà, vanno anche "pagati": bisogna vendere tutto il resto per entrarne in possesso.

 

 

LUNEDI' 26

"IL REGNO DEI CIELI SI PUO' PARAGONARE AD UN GRANELLINO DI SENAPA". (Mt. 13,31)

Mi piace leggere la storia dei santi (ma anche in questo non sono facile: certe agiografie buoniste e miracolistiche le escludo dopo le prime dieci pagine) perché mi sembra di poter leggere in essi la realizzazione dell'opera meravigliosa di Dio. Chiedevano a San Francesco: "Come mai Dio ha scelto te per far nascere un movimento evangelico così importante nella Chiesa?". "Perché uno più piccolo, povero e stolto di me non lo poteva trovare"

"Che cosa può venir di buono da un contadino trapiantato in città che corre dietro a ragazzi sbandati per radunarli a giocare e pregare la domenica?" Eppure il piccolo seme buttato nel cuore di don Bosco è diventato pianta grande (anzi, tutto è andato bene in mezzo alle prove, i guai veri sono cominciati quando l'idea è diventata una istituzione)

"Che cosa sono due stanzette per curare i malati poveri di Torino?" Eppure le due stanzette del Cottolengo che si fidava della Provvidenza sono diventate la cittadella dell'amore. La stessa cosa è successa con la 'Casa della sofferenza' di Padre Pio.

Dio non si è ancora stancato di seminare piccoli granelli di senapa nella speranza di veder crescere arbusti dove gli uccelli del cielo trovino riparo.

Prova a pensare alla tua vita: Se ci credi, un piccolo gesto d'amore può creare un sorriso e un sorriso a volte salva dalla tristezza e dalla malattia della solitudine; un sacrificio per star zitto può salvare da un litigio in famiglia, un'ora del tuo tempo donato può essere un grande sollievo… quanti piccoli semi puoi davvero buttare nella speranza!

 

 

MARTEDI' 27

"CHI SEMINA IL BUON SEME E' IL FIGLIO DELL'UOMO" . (Mt. 13,37)

Gesù è il seminatore e la semente. Quanto sono sciocchi certi preti e certi "uomini di chiesa" che, "indaffarati a far niente", perdono tempo a studiare strategie per l'evangelizzazione quasi con lo stesso metodo con cui i militari "giocano a far la guerra" (con quali risultati quando le bombe "intelligenti" sono guidate da "uomini sciocchi" che se fossero intelligenti davvero non chiamerebbero intelligenti oggetti che procurano la morte?).

Gesù è il seme. E' Lui il granello da seminare con abbondanza cercando di dire ciò che Lui ha detto e di fare ciò che Lui ha fatto.

E' Lui il frutto: un frutto maturo, cresciuto nel grembo della Vergine ma poi arrossato di sangue, appeso per sempre a quella croce per regalarci il suo sangue liberante.

E' Lui che ancora oggi semina nei cuori bontà e speranza.

E' Lui che non si lascia scoraggiare dai nostri peccati, dalle ingratitudini, dalle povertà e incapacità.

E' Lui che paziente sa aspettare che grano e zizzania crescano insieme.

Non c'è bisogno di tanti consigli diocesani o parrocchiali (che spesso sembrano essere consigli di guerra: cioè di gente che si fa la guerra e che poi manda gli altri in guerra standosene comodamente seduta), c'è bisogno di Gesù! Non è neanche necessario inventarci qualche novità che ci porti ad abbordare qualcuno per strada e 'rompergli l'anima' dicendo che Cristo sta per tornare e allora: "Attenti!". Gesù va accolto e seminato con la vita, con le opere, con la gioia, la testimonianza… ed anche, senza troppe preoccupazioni: più il seme è piccolo e più Lui ha speranza nella pianta.

 

 

MERCOLEDI' 28

"IL REGNO DEI CIELI E' SIMILE AD UN MERCANTE CHE VA IN CERCA DI PERLE PREZIOSE…" . (Mt. 13,45)

Visto che anche oggi ci vengono riproposte le parabole del regno, riprendiamo una delle riflessioni già accennate domenica.

Il contadino, il mercante di perle, una volta trovato il loro tesoro, una volta che hanno venduto tutto per comprarlo, si ritengono più che appagati da ciò che hanno conquistato. Cioè non cercano altro. Tutto ciò che potrebbero ottenere sarebbe insignificante, rispetto a ciò che hanno acquisito.

Nella vita, invece, spesso ci comportiamo diversamente. Abbiamo intuito il Regno, lo abbiamo ottenuto vendendo un po' delle nostre stupidaggini e, adesso che lo abbiamo, ci mettiamo a cercare posti, onori, titoli, gratificazioni…anzi, mistifichiamo talmente le cose che sembra sia proprio il Regno a giustificare questa corsa ai primi posti.

Altre volte rimpiangiamo ciò che abbiamo perduto e, quasi il Regno non contasse in sé, vogliamo quasi una compensazione. Se facciamo così saremmo come un mercante che, venuto in possesso del tesoro, lo svende per acquistare al posto pezzetti di vetro colorato.

Chissà quando capiremo che l'incontro con Cristo è premio a se stesso!

Vogliamo convincerci che tutte le volte che il Regno diventa pretesto per altre conquiste, abbiamo già perso il Regno, o comunque abbiamo contribuito a svalutarlo!

 

 

GIOVEDI' 29

"MARTA, MARTA, TU TI PREOCCUPI E AGITI PER MOLTE COSE" . (Lc. 10,41)

Già in un'altra occasione, in questo mese, abbiamo parlato delle facili generalizzazioni e del nostro semplicistico voler dividere buoni e cattivi un po' sullo stile di quanto si faceva, ai miei tempi, a scuola quando si tirava una riga sulla lavagna e da una parte c'erano i buoni e dall'altra i cattivi.

Anche nell'interpretazione del Vangelo di oggi si può correre questo rischio. Marta è rimproverata da Gesù, è una che pensa solo alla casa, al mangiare: è una che non ha fede. Maria, invece, accoglie, ascolta, non parla, sdilinquisce davanti a Gesù…: lei, sì che ha fede!

Permettete che faccia un po' il Bastian Contrario: non è forse vero che noi tutti (con un altro luogo comune), diciamo che il ruolo della donna, della moglie, della mamma è impagabile all'interno della casa! In fondo Marta era davvero "la signora" della casa, una che non aveva grilli per la testa, una con il gusto della pulizia, una che gioiva nell'accogliere gli ospiti, nel farli sentire a loro agio, nel preparare loro qualche buon pietanzino. E se poi ci trovava gusto, e magari ne andava orgogliosa , sappiamo fargliene una colpa?

Continuando, Maria non potrebbe anche essere una bella egoista che, vedendo solo più Gesù, non riesce a vedere più né la sorella, né le faccende di casa.. in fondo può anche essere più semplice starsene a sentire l'ospite gradito senza far niente e... quegli occhi troppo beati e troppo lucidi qualche volta rischiano non solo di indicare amore ma anche possesso, esclusiva assoluta…

Questo l'ho detto non per cadere nell'eccesso opposto ma per capire, come ci fa intendere Gesù, che nella fede ci vogliono tutta una serie di diversi ingredienti:

E' necessario capire dov'è il tesoro.

E' bene abbandonarsi a Gesù, il che comporta mettere al posto giusto le cose.

Se non si ascolta Lui si rischia di girare a vuoto.

Se si cammina col "collo torto" si rischia di non vedere i fratelli e le loro necessità e quindi si perde ugualmente l'incontro con Cristo.

Fidarsi, abbandonarsi, incontrare, ascoltare, agire… tutti verbi che nella fede vanno coniugati insieme per ottenere un equilibrio che sarà sempre precario, che avrà sempre qualche eccesso, ma che alla fine, magari con qualche giusto rimprovero da parte di Gesù ti farà amare davvero il Maestro.

 

 

VENERDI' 30

"E NON FECE MOLTI MIRACOLI A CAUSA DELLA LORO INCREDULITA' " (Mt 13,58)

Gesù sperimenta in vita quella che è anche una delle esperienze più dure del nostro cammino: voler amare, donare e trovarsi davanti ad un muro di incomprensione, di rifiuto.

Gesù ama i Nazaretani,, è cresciuto in quella città, li conosce uno per uno per nome, eppure essi non vedono in Lui che il figlio del carpentiere, anzi sono gelosi che Lui abbia fatto miracoli altrove.

Ricordo, in gioventù, un fatto che non mi onora per nulla anzi, manifesta la mia stupidità.

Avevo fatto un lungo viaggio in macchina con un amico. Avevamo parlato di tutto. Lui, esperto di vini, mi aveva illustrato il "metodo champenois", mi aveva parlato di tappi, di corposità del vino…Ad un certo punto, quasi stizzito gli dissi: "Parliamo adesso di qualcosa di più serio, parliamo un po' di religione, entriamo anche nel mio campo.." Mi sentivo pronto a qualsiasi discussione: "Di Gesù, di Bibbia, di religione, di Chiesa ne so un mucchio!" E lì mi presi una bella lezione: lui, un laico, non solo ne sapeva più di me, era molto equilibrato e realista nei giudizi, nella lettura della parola di Dio, ma soprattutto queste cose cercava di viverle e non di sbandierarle.

Il pensare di possedere Gesù spesso impedisce a Gesù di operare come vuole. Quando noi andiamo avanti a base di schemi, di definizioni, di teologie usate come spade per ferire, in fondo non facciamo altro che dimostrare la nostra incredulità e impediamo a Gesù la strada per arrivare al nostro e all'altrui cuore.

 

 

SABATO 31

"IL POPOLO LO CONSIDERAVA UN PROFETA" . (Mt. 14,5)

Ci sono ancora profeti, oggi? E, se ci sono, dove cercarli?

Grazie al cielo la profezia non è finita perché non è finito lo Spirito Santo. Nonostante le religioni e le chiese, la fede non è stata imbrigliata negli stolidi schemi di uomini che vogliono definire e classificare.

Ancora oggi c'è tanta gente che si lascia guidare dallo Spirito per gustare la novità del Vangelo e per annunciarla con forza.. Ma dove trovarli? Anche qui non facciamoci schemi.

E' vero che spesso amano frequentare i deserti, ma non sempre li trovi lì. Anzi, bisogna fare attenzione perché, leggendo il Vangelo scopriamo che il deserto è frequentato spesso da un altro personaggio, il diavolo.

E' vero che spesso le persone più libere le trovi in monasteri, ma attenzione che in essi, cattolici o meno che siano, spesso trovi maestri saccenti e pieni di sé. Allora i profeti saranno là dove si lotta per la liberazione dell'uomo, sulle barriccate contro i prepotenti? Lì, spesso, c'è qualche profeta coraggioso, ma qualche volta è solo un politicante in cerca di successo e di potere. Allora i profeti saranno quelli che se la prendono con le chiese e con le gerarchie? Può darsi, anche questo è un loro specifico compito, ma attenzione che certe prese di posizione possono essere anche una moda o l'avere il dente avvelenato per certe cose subite.

Il profeta è uno che si lascia fare da Dio. Magari non vorrebbe neanche esserlo profeta (invece di "Manda me!" direbbe volentieri: "Manda un altro!"). E' uno che sa benissimo di dire cose più grandi di sé, di avere un messaggio che lo supera.. E' uno che non parla di sé, parla di Dio, anzi, parla a nome di Dio. E' uno che non ha peli sulla lingua, non guarda in faccia nessuno, non ama le diplomazie, non fa calcoli per vedere se dire o non dire una parola. E' uno che sa tacere ma per far testimoniare la sua vita. E' uno che dà fastidio, è scomodo e quindi trova opposizione, ma più cercano di farlo tacere, più la sua voce risorge scomoda e accusatrice.

Diciamocelo chiaramente: Ma vogliamo poi proprio ancora cercarlo un profeta?.. o.. forse,… non è meglio…

 

 

30 PENSIERI PER TRENTA GIORNI

1

BALBUZIE

Molti balbettano quando parlano, ma molti di più quando pensano. (Clericetti)

 

2

BAMBINI

I bambini sono divertenti proprio perché si possono divertire con poco. (Ofmannsthal)

 

3

BAMBINI

I bambini non hanno mai ascoltato volentieri quelli più vecchi di loro, ma non hanno mai mancato di imitarli. (James Baldwin)

 

4

BAMBINO

Non è tanto importante essere bambino, ma sapere di essere il bambino di qualcuno. (Gilbert Cesbron)

 

5

BANCONOTA

I biglietti di banca sono la carta assorbente del sudore del mondo. (Ramon Gomez de la Serne)

 

6

BASI

In una costruzione, la pietra più solida è quella che si trova più in basso nelle fondamenta. (Gibran)

 

7

BATTESIMO

Il corpo di chi è rigenerato dal Battesimo si fa carne del Crocifisso. (San Leone Magno)

 

8

BELLEZZA

La bellezza aiuta sempre, purché dietro ci sia qualcosa. (Virna Lisi)

 

9

BELLEZZA

Alcune persone, anche quando invecchiano, non perdono mai la loro bellezza: la spostano semplicemente dal loro viso al loro cuore. (M. Buxbaum)

 

10

BELLO

Dio è in noi la presenza che ci fa sensibili al bello. (Eugene Delacroix)

 

11

BENE

Per fare il bene ci vuole poco: basta sorreggere la stanchezza che cerca, la stanchezza che attende, la stanchezza che ama. (Don Mazzolari)

 

12

BENE

Si fa del bene non nella misura di ciò che si dice e di ciò che si fa, ma nella misura di ciò che si è. (Charles de Foucauld)

 

13

BENE

Dio non bada alla riuscita del bene che si intraprende, ma alla carità con cui lo compiamo.

(San Vincenzo De Paoli)

 

14

BENE

Il bene che si ha, la morte ce lo prende; il bene che si fa ce lo rende. (L. Veuillot)

 

15

BENEFATTORE

Guardatevi dai benefattori: sono esigentissimi, vorrebbero perfino riconoscenza. (Enzo Biagi)

 

16

BENEFICIO

Un beneficio rinfacciato vale quanto un'offesa. (J. Racine)

 

17

BENPENSANTI

Di solito vengono chiamati "benpensanti"… forse perché pensano ben bene a se stessi.. e non molto agli altri. (Raoul Follereau)

 

18

BERE

Chi beve non annega i propri dispiaceri, li innaffia soltanto. (Denver)

 

19

BIBBIA

Se bussi alla porta della Scrittura il Verbo ti aprirà. (Sant'Ambrogio)

 

20

BIBBIA

Certe persone sono turbate da cose che leggono nella Bibbia e che non riescono a capire. Io, invece sono turbato da quelle che capisco. (Mark Twain)

 

21

BIBLIOTECA

Sulla biblioteca di tanta gente si potrebbe scrivere : "per uso esterno". (Alphonse Daudet)

 

22

BONTA'

Buono non è colui che non fa del male a nessuno; buono è solamente colui che fa tutto il bene che può fare. (G. Borsara)

 

23

BONTA'

E' un grande indizio di bontà creder buoni gli altri. (G.Giusti)

 

24

BONTA'

La bontà costante ha qualcosa di irresistibile, dona gioia, vince tutte le resistenze e tutti i dolori. 

(Zenta Maurina)

 

25

BOSCO

Entra in un bosco come se entrassi in un tempio. Solo così la sua ombra ti nutrirà. (Lanza del Vasto)

 

26

BRUTTEZZA

La consolazione dei brutti è la speranza che i belli non siano molto intelligenti. (Lily Brown)

 

27

BUGIA

Come una goccia di veleno rovina l'intero secchio del latte, così la più piccola mancanza di verità rovina l'uomo. (Gandhi)

 

28

BUGIA

La bugia è come una palla di neve: quanto più rotola, tanto più si ingrossa. (Martin Lutero)

 

29

BUIO

E' proprio quando il buio è più fitto che si stanno preparando per te nuovi orizzonti (Lao Tze)

 

30

BUON ESEMPIO

Se cerchi di migliorare una persona dando buon esempio, ne migliori due. Se cerchi di migliorare qualcuno senza dare buon esempio, non migliori nessuno. (Blaise Pascal)

 

31

BUON UMORE

Non c'è tipo di cristiano che sconcerti tanto gli increduli come il cristiano di buon umore. (Schifferl)

     
     
 

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