Archivio

 
     
     

SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

a cura di don Franco LOCCI

 

GIUGNO 1999

 

MARTEDI' 1

"RENDETE A DIO CIÒ CHE E' DI DIO". (Mc. 12,17)

Specialmente in questa nostra società materialistica del benessere vanno di moda i possessivi: "I miei beni", "I miei figli", "La mia vita"… Tutto è da conquistare, acchiappare, tenere gelosamente. Però non possiamo dimenticare la nostra precarietà. Basta una guerra, un terremoto e la casa tua non è più tua, le sicurezze tue non ti hanno assicurato affatto; basta che impazzisca una piccola cellula del tuo corpo, una su miliardi, e neanche la tua vita è più tua.

Ma anche questa riflessione, invece di portarci a pensare con la sapienza di Dio, spesso ci porta a conclusioni ancor più sbagliate: "Siccome tutto passa, godiamo il momento presente, strizziamo la vita più che si può!". E se invece di usare "mio", cominciassimo a dire: "Suo"?

La vita non è "mia", è "Sua", mi è stata data, è giusto che torni a Lui, anzi, è bello che io, dopo aver gustato il dono qui sulla terra, possa riportarglielo per gustare con Lui l'eternità. I figli, gli affetti non sono "miei", sono "loro" e sono "Suoi": io godo di questi doni, li curo, gioisco e soffro con essi, ma li rispetto e ringrazio chi me li ha dati. Le cose non sono "mie" esclusive. Dico "mio" il pane? Sì, l'ho comprato, ma esso è frutto della terra e del lavoro dell'uomo.

Quando Gesù, rispondendo con una battuta a chi lo interrogava sulla liceità o meno di pagare le tasse, diceva: "Rendete a Dio ciò che è di Dio", ci invitava a trovare la più semplice ma anche più grande sapienza che parte dal: "Dio ha dato, Dio ha tolto. Sia benedetto Dio" di Giobbe, fino al rispetto del prossimo, della natura, di noi stessi, riconoscendoci non proprietari ma gratuiti fruitori dei beni di Dio.

 

 

MERCOLEDI' 2

"VENNERO DA GESU' DEI SADDUCEI I QUALI DICONO CHE NON C'E' RISURREZIONE". (Mc.12,18)

Nella mia "carriera" di prete posso davvero dire di averne sentite di tutti i colori a proposito della risurrezione dei morti, della vita eterna, del paradiso. Da chi bellamente nega queste cose: "Reverendo, lei dovrebbe esserci abituato per mestiere a vedere i morti, se così non fosse, vada a farsi un bel giro nei cimiteri e poi provi a parlare ancora di risurrezione!", "Come mai nessuno è mai venuto a dirci con esattezza e con prove che cosa ci sia in questo famoso aldilà, se pur c'è?", a chi sindacalizza: "Ma, se poi questo paradiso non mi piacesse?", a chi, seguendo la moda particolarmente in voga in questi ultimi tempi di angeli e angioletti un po' troppo paffutelli e terribilmente umani, si costruisce un "paradiso terrestre" su misura. Che cosa ci ha detto Gesù a questo proposito? Poche e chiare cose: La vita continua dopo la morte. In un altro modo, ma altrettanto realmente. Lo stesso Gesù risorto passa attraverso i muri ed entra "a porte chiuse" nel Cenacolo, ma mangia concretamente e le sue piaghe si possono toccare. Gesù ci invita a scrutare la Sacra Scrittura: in essa ci sono tanti segni che ci parlano di aldilà, di possibilità di "vedere Dio faccia a faccia", e tanti altri segni che ci parlano di realtà attuali. E poi, perché tante domande, tante interpretazioni? Ti fidi o non ti fidi che il Dio di Gesù non è il Dio dei morti ma dei viventi?

 

 

GIOVEDI' 3

"IL SIGNORE, DIO NOSTRO, E' L'UNICO SIGNORE". (Mc. 12,29)

Gli Ebrei osservanti, per stamparsi nel cuore l'unicità di Dio, si ripetevano questa frase, a mo' di atto di fede, almeno cinque volte al giorno. Ne avevano ben donde, possiamo dire noi, in quanto vivevano in un ambiente pagano, idolatra, in continuo confronto e rapporto con popoli politeisti. Ma, per noi, questa affermazione ha ancora consistenza? Non vorrei sembrare pessimista quando Dio non lo è nei nostri confronti, ma non è forse vero che viviamo in mezzo a pagani o a senza Dio? Non è forse vero che oggi, forse più di ieri, ci sono ancora un mucchio di idoli? Che tante religioni moderne e formule di spiritualità hanno, ricercando ovunque la presenza dello spirito e dell'energia, divinizzato tutto per cui tutto è Dio e nulla lo è? Bisogna ridare a Dio il volto di Dio; bisogna non costruirselo su misura, ma vederlo come lui stesso si è presentato a noi, senza avere la supponenza di volerlo conoscere totalmente o di ridurlo ai nostri schemi.

Chi è allora Dio? E' il Dio di Gesù, suo Figlio. E' Lui che ce lo ha rivelato, Unico e Trinitario, Eterno e Creatore, soprattutto Padre buono e misericordioso ed anche giudice giusto. E' allora con verità e umiltà che ogni giorno possiamo ripetere: "Credo in un solo Dio…"

 

 

VENERDI' 4

"E LA NUMEROSA FOLLA LO ASCOLTAVA VOLENTIERI". (Mc.12,37)

Quand'è che la gente ascolta volentieri una persona? I motivi possono essere diversi, ad esempio, quando si crea una sintonia tra chi parla e ascolta, quando chi parla usa termini e gestualità che davvero comunicano, quando chi ascolta vede in colui che parla la realizzazione dei suoi pensieri, quando le parole dette corrispondono alle scelte di vita di chi parla….

Perché la gente ascoltava volentieri Gesù? Perché era uno di loro, perché le sue non erano solo parole vuote ma accompagnate da gesti concreti di amore, perché richiamava l'essenza della loro fede e la liberava dalle pastoie della falsa religione, perché realizzava le aspirazioni dei poveri, perché usava con i semplici un linguaggio semplice, facilmente comprensibile…

E oggi, noi andiamo ancora volentieri ad ascoltare Gesù? Troviamo il tempo per leggere e rileggere i Vangeli? Cerchiamo di riconoscere la realizzazione delle sue parole di liberazione e di speranza? Diamo corpo con la nostra vita e con le nostre scelte alla sua carità e alla sua solidarietà con gli uomini? Abbiamo la capacità di accorgerci che Lui anche oggi non ha smesso di parlare, anzi, che Lui ha, proprio oggi, delle parole che sono rivolte a me personalmente?

 

 

SABATO 5

"UNA POVERA VEDOVA VI GETTO ' DUE SPICCIOLI". (Mc.12,42)

E' molto facile riconoscerla: è ancora giovane, ma infagottata di gramaglie secondo le usanze, e così tutti possono riconoscere le sue disgrazie, in quanto la sua sofferenza e povertà non è solo quella di aver perso il suo amato marito, la sua forza, ma anche quella di aver perso ogni dignità, ogni possibilità di vita sociale. Eppure questa figlia di Israele è venuta al tempio; gli uomini non la valutano, non la ascoltano più da quando non ha più marito, ma Dio, il suo Dio, quello la ascolta.

"O Dio, Tu sei Padre in particolare degli orfani e delle vedove, ed oggi io sono qui per trovare Te, la mia unica speranza. Non sono qui a protestare e sindacare contro Te: non lo capisco, ma se Tu hai chiamato mio marito, un motivo Tu di sicuro lo avrai avuto. Sono qui a dirti che ora sei tu che devi prenderti cura di me. Se tu, Dio, hai detto una parola, Tu, l'Eterno sempre Benedetto, non puoi tirarti indietro. E per dimostrarti questa mia fiducia nel Dio degli orfani e delle vedove, li vedi questi ultimi poveri spiccioli che mi sono rimasti? Eccoli, sono tuoi! So benissimo che i sacerdoti sorrideranno dell'esiguità dell' offerta. So benissimo che con questi soldi non si aggiungerà nessuna pietra votiva al tuo già glorioso tempio. Ma io questi spiccioli te li do perché sono tutto quello che ho: mi fido che d'ora in poi sarai Tu a doverti prendere cura di me".

E il rumore misero ma squillante di quelle monetine giunse alle orecchie di Gesù che disse:

"In verità vi dico: questa povera vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere."

 

 

DOMENICA 6 - FESTA DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

"POICHE' C' E' UN SOLO PANE NOI, PUR ESSENDO MOLTI, SIAMO UN SOLO CORPO: TUTTI INFATTI PARTECIPIAMO DELL'UNICO PANE". (1Cor. 10,17)

Noi cristiani crediamo che ogni volta che ci accostiamo all'Eucaristia non riceviamo solo un po' di pane, non facciamo riferimento soltanto ad un simbolo, non consumiamo soltanto una parte di una vittima sacrificale di un rito religioso, ma mangiamo veramente il Corpo di Cristo. Proprio nel Vangelo di oggi Egli ci dice: "La mia carne è vero cibo, il mio sangue è vera bevanda". E noi, mangiando il suo pane, diventiamo Lui: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in Lui". Diventando Lui, incorporati in Lui, rivestiti di Lui, noi entriamo nella dimensione eterna: "Chi mangia questo pane, vivrà in eterno". Quando il sacerdote ci dice: "Beati gli invitati alla cena del Signore", ecco che in chiesa si formano le file e bambini e uomini, giovani e adulti, ricchi e poveri, "diventano Cristo". Se dunque io e il mio nemico abbiamo ricevuto Cristo e facciamo parte dello stesso corpo, possiamo ancora essere nemici? Lo saremo ancora se non abbiamo riconosciuto l'unico pane, se abbiamo ridotto l'Eucaristia ad un rito, se l'Eucaristia è un gesto e non un incontro con il Risorto, se l'Eucaristia non ci ha cambiati dentro. Ma allora, dice qualcuno, siccome tutte queste cose non siamo in grado di farle e realizzarle totalmente e pienamente, non sarà forse il caso di ricevere raramente la Comunione? Gesù non si spaventa della nostra povertà. Lui, l'Eucaristia l'ha data proprio nella sera in cui coloro che l'hanno ricevuta si sono 'scandalizzati' di Lui, fuggendo, rinnegandolo, tradendolo… Gesù è il Pane del cammino. Quando andiamo a ricevere l'Eucaristia noi dovremmo sapere qual è la meta a cui essa ci chiama, ma dovremmo anche riceverla proprio come forza, sostentamento per questo cammino.

 

 

LUNEDI' 7

"LI AMMAESTRAVA DICENDO: BEATI I POVERI IN SPIRITO…." (Mt. 5,2-3)

Li trovi dappertutto i sicuri della fede. Apri certi canali televisivi religiosi o certe radio e incontri i sicuri della fede, quelli che sdottoreggiano su Bibbia, morale, quelli che hanno una risposta certa per ogni problema vitale, quelli che rispondono a tutte le domande degli ascoltatori senza una esitazione… Ma li incontri anche nella vita di tutti i giorni: sono quelli che quando ti vedono annaspare in mezzo a dubbi e difficoltà ti dicono quanto sia semplice affrontarle (quelle degli altri) con la fede, con il sorriso sempre stampato in faccia.

A me fanno rabbia! Non li invidio affatto, non li odio neppure, ma mi fanno rabbia e mi fanno venire una gran voglia di mettere alla prova questa "aristocrazia della fede", questi perbenisti assoluti.

Alcuni anni fa, una "dotta signora" che, come psicologa (il titolo se lo era dato da sola, ma non importa) imperversava su laici e su preti portando se stessa come esempio di fede, suscitò a tal punto quella rabbia in me che le proposi di andare "a fare un po’ di catechesi" in una famiglia dove in 7 vivevano in due stanze, col marito quasi sempre disoccupato e di conseguenza spesso ubriaco. Saputo com’era la situazione, sapete che cosa mi rispose? Che Dio fa dei doni a ciascuno e ciascuno deve utilizzarli per quello che questi doni rappresentano ("Lo dice anche San Paolo"). "Per cui, Lei che ha il dono di stare vicino ai poveri, vada da questa famiglia e io che ho il dono di catechizzare continuo a farlo con le persone a mio livello". Chissà come la mettiamo con il messaggio di semplicità e di profondo impegno verso gli ultimi che la lettura delle Beatitudini ci richiama!

 

 

MARTEDI' 8

"VOI SIETE IL SALE DELLA TERRA; MA SE IL SALE PERDESSE IL SAPORE, CON CHE COSA LO SI POTRA’ RENDERE SALATO?". (Mt.5,13)

Il sale era estremamente importante nel mondo mediterraneo. I romani, contemporanei di Gesù avevano un motto che diceva: "Nulla è più utile del sole e del sale".

Il sale era utile specialmente come conservante: una necessità vitale in paesi torridi come Israele, era usato perché la carne e il pesce non marcissero. Quando dunque Gesù ci dice di essere "il sale della terra" intende dire che noi dobbiamo fungere da conservante di tutto ciò che vi è di buono in questo mondo. Il cristiano deve essere una persona che rende difficile al prossimo essere malvagio e rende facile fare il bene.

Ma il sale ha anche un’altra proprietà: dà gusto. Come sale noi cristiani dovremmo offrire un miglioramento della qualità della vita. Benché non possediamo la soluzione a tutte le difficoltà della vita, dovremmo essere in grado di portare pace e speranza a chi è disperato, e mostrare con il nostro modo di essere l’attrattiva di Dio, attraverso la compassione, il sorriso e l’apprezzamento di tutto quello che Dio ci ha dato.

Il sale poi va dosato bene. Troppo sale rende immangiabile il cibo. Il cristiano deve essere uno che non esagera, uno che offre se stesso e la sua fede testimoniata nella speranza e nell’amore, mai uno che impone o si propone come modello unico di salvezza..

Le parole di Gesù a proposito del sale poi, contengono anche un altro avvertimento. Se il sale perde le sue caratteristiche uniche, allora è del tutto inutile e sarà gettato via. Gesù intende dire che coloro che non utilizzano i doni che Dio ha dato loro, diventano inutili a se stessi, agli altri e anche a Dio.

 

 

MERCOLEDI' 9

"NON PENSATE CHE IO SIA VENUTO AD ABOLIRE LA LEGGE O I PROFETI; NON SONO VENUTO PER ABOLIRE, MA PER DARE COMPIMENTO". (Mt. 5,17)

"Da anni l'ho sentita predicare e, sempre, ogni sua parola era fondata e giustificata dalla parola di Dio. Questo l'ho apprezzato, come pure mi sono sforzata di leggere, cercare di comprendere e meditare la Bibbia come da lei continuamente insegnato.

Ma se devo dire che leggere e rileggere i Vangeli mi riempie di gioia, li trovo di una attualità stupenda, riesco (almeno qualche volta) a tradurli in vita, non è così per l'Antico Testamento. Sono parole molto lontane, mentalità diverse dalla nostra! Il Dio e la morale che ne viene fuori, a volte è molto lontano se non discorde dal pensiero di Gesù…"

E' il brano di una lettera che mi è pervenuta e che mette in evidenza un certo disagio che proviamo leggendo certe pagine della Bibbia: "… ma se Gesù è l'Uomo nuovo, la Parola definitiva del Padre, non possiamo dire che tutto l'Antico Testamento è superato?".

Un albero è fatto di tronco, rami, foglie, frutti per quello che vediamo, ma l'albero non vivrebbe se non fossero attive anche le radici che non vediamo. Se io tagliassi le radici ad un albero rigoglioso ben presto morirebbe. Così sarebbe difficile comprendere Gesù e la Chiesa se alle spalle non ci fosse tutto un cammino del Dio Creatore e Liberatore nei confronti dell'uomo.

Dio per parlare all'uomo ha messo le radici nella sua storia, ha scelto il linguaggio che gli uomini potevano comprendere. L'uomo dell'Antico Testamento non poteva comprendere immediatamente il Dio di Gesù, ed ecco allora il Dio forte, liberatore, giustiziere, giudice… Quando viene Gesù non dice che Dio non sia così, ma allarga la visuale dicendoci che la giustizia, la potenza sono da vedere nell'ambito della Misericordia e dell' Amore che sono altrettanto propri di Dio.

E le leggi e le norme dell'Antico Testamento?

Ci sono delle norme universali che siamo chiamati a vivere attraverso la visuale di Gesù e ci sono norme sanitarie e prescrizioni di cibi e di riti che certamente non sono più attuali e quindi non siamo tenuti ad osservare. Ma anche queste norme, dovute agli usi del tempo ci indicano come tutta la vita veniva davvero fatta risalire al Creatore e ci possono guidare anche oggi a compiere ogni gesto per Lui, con Lui, in Lui.

 

 

GIOVEDI' 10

"AVETE INTESO CHE FU DETTO AGLI ANTICHI: NON UCCIDERE….MA IO VI DICO…" (Mt. 5,21-22)

Il brano odierno del Vangelo ci aiuta ad approfondire quanto dicevamo ieri: Gesù non è venuto ad abolire la legge antica ma a portarla a compimento. La legge è sempre valida: il "non uccidere" si fonda sul fatto che Dio è il padrone unico della vita e sul fatto che, essendo figli di Dio, ogni uomo è mio fratello. Ma l'uccidere va ben più in là dell'armare il braccio contro qualcuno o del dichiarare guerra. Si uccide in migliaia di modi (e molte di queste uccisioni avvengono in "guanti bianchi"): il non considerare l'altro perché di etnia diversa, il togliere la parola e i diritti perché "quella persona non vale niente", si possono uccidere i figli o coccolandoli troppo o volendo che siano la nostra copia perfetta, si uccide ledendo il buon nome, insinuando dubbi, usando la lingua come spada affilata, consumando più del necessario, non condividendo, sfruttando la natura senza pensare a chi viene dopo di noi, si può anche uccidere un uomo uccidendogli la fede e la speranza…Quando Gesù, dunque, parla di superamento della legge, non vuol dire: "Non c'è più bisogno della legge, dei comandamenti", ma "Guarda che se credi non basta dire: sono senza peccato perché non uccido, non rubo cose grosse e, a parte qualche scappatella, sono fedele a mia moglie". Se abbiamo imparato che Gesù è amore e che seguire la sua legge significa entrare nell'amore e sentire le esigenze dell'amore, il mio esame di coscienza sarà ben più serio e approfondito, non tanto per trovare "tanti peccati" quanto per essere "persone che amano sul serio".

 

 

VENERDI' 11 - SACRATISSIMO CUORE DI GESU'

"VENITE A ME VOI TUTTI CHE SIETE AFFATICATI E OPPRESSI E IO VI RISTORERO' ". (Mt. 11,28)

Quell' uomo "ha cuore" o "non ha cuore"; "Va' dove ti porta il cuore" è il titolo di un bel romanzo di Susanna Tamaro… Da sempre il cuore è stato considerato sede dei sentimenti, qualche volta quasi in contrapposizione con la mente, sede del raziocinio. A volte si è anche esagerato perché a forza di far rima tra cor e amor si sono ridotti i sentimenti a smielature o, peggio ancora, a sessualità.

Quando la Chiesa ci presenta, come oggi il Sacro Cuore di Gesù, o come domani il Sacro Cuore di Maria, non vuole presentarci "una santa devozione" per bambini e per vecchiette, ma vuole, prima di tutto, ricordarci la realtà dell'incarnazione: Gesù e Maria hanno avuto un cuore come il nostro, hanno provato tutti i nostri sentimenti, l'amore di Gesù non è un amore ideale, platonico, è un amore concreto che lo ha spinto fino alla donazione totale della propria vita per noi. E allora lasciatemi sognare meditando la frase evangelica di oggi. "Vedo una schiera enorme composta da uomini del passato, del presente e del futuro, una schiera di poveri, sofferenti, emarginati, in cammino verso le braccia accoglienti di Gesù. C'è chi si porta dietro gli strumenti della sua sofferenza, il freddo patito, le bombe che sono cadute sul suo capo, la fame, gli strumenti che lo hanno torturato, le vessazioni, le false accuse, le paure… Camminano a stento ma verso quelle braccia dove c'è luce, calore, dove i pesi delle croci diventano leggeri e i gioghi soavi, dove chi ti accoglie sa come accoglierti perché ha sofferto prima di te. E, in mezzo a quella schiera, quasi vergognoso perché la mia croce è piccola tra le tante degli altri, sembra di intravedere me stesso. Anch'io vado verso quel cuore, anch'io ho bisogno di luce, di calore, di croci trasfigurate: Accoglimi, Signore, tra le tue braccia."

 

 

SABATO 12 - CUORE IMMACOLATO DELLA BEATA VERGINE MARIA

"NON AVENDO TROVATO GESU' TORNARONO IN CERCA DI LUI A GERUSALEMME". (Lc. 2,45)

Quale esperienza terribile per una madre quella di non trovare più il proprio figlio! Dio ha permesso che il cuore di Maria e di Giuseppe facessero anche questa esperienza: perdere Gesù. Anche i Santi sono passati attraverso questa esperienza. L'hanno chiamata il buio della fede; hanno provato la tentazione, la paura di aver perso Gesù, la ricerca angosciosa che non porta a nulla, la preghiera che sembra essere senza risposta, il vuoto dei valori, il silenzio di Dio. E in un modo o nell'altro, questa esperienza tocca anche a noi. Proviamo allora a prepararci guardando a questa pagina del Vangelo: Cerchiamo di non spaventarci e di non colpevolizzarci troppo: è vero che possiamo essere noi ad allontanarci da Gesù, ma è anche vero che, almeno per quanto è recepibile da noi, spesso è Lui che "si allontana". Cerchiamo di superare il momento dell'autocompiangimento; serve a poco dirsi: "Com'era bello prima, che soddisfazione mi dava il pregare…" Quando vai in montagna, se al primo indolenzimento e affaticamento ti fermi e pensi solo a come camminavi bene in pianura, non vai più avanti. Ricerca chi hai perduto con due accorgimenti: a) Non voler trovare esattamente com'era prima chi hai lasciato, ma cerca Cristo così com'è. b) cerca di convincerti che anche Lui sta cercando te. Quando lo ritroverai farai delle scoperte sensazionali: Lui non si è allontanato per pallino o per metterti alla prova, è andato a fare "la volontà del Padre" anche per te e allora il Cristo ritrovato assume una dimensione nuova.

 

 

DOMENICA 13 - 11^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"LA MESSE E' MOLTA MA GLI OPERAI SONO POCHI. PREGATE DUNQUE IL PADRONE DELLA MESSE CHE MANDI OPERAI NELLA SUA MESSE". (Mt. 9,38)

Che cosa avrà voluto dire Gesù con questa frase? Noi, Chiesa, giustamente preoccupati del mondo lontano dalla fede e un po' meno giustamente preoccupati della sussistenza dei nostri organigrammi ecclesiali, abbiamo sempre interpretato: 1) Il mondo ha bisogno di Dio. 2) Dio ha affidato il suo regno a noi. 3) preghiamo perché ci siano tante vocazioni sacerdotali.

Certamente il primo punto è corretto. Tutto il discorso di Gesù parte dalla sua constatazione compassionevole nel vedere le folle. Ma mentre il nostro sguardo vede le folle "lontane dalla fede", terreno di caccia favorevole per far diventare qualcuno come noi (e questo sarebbe un vantaggio?),Gesù vede le folle e le persone che le compongono nella loro dura realtà quotidiana: "stanche, sfinite, come pecore senza pastore". Cioè, Gesù vede la miseria dell'uomo che lotta, corre, si affatica, si ammazza… per che cosa? Un pezzo di terra, un po' d'onore, un po' di soldi? Che ne è della grandezza dell'uomo Figlio di Dio e di un creato a lui affidato per amore? A che serve il sacrificio stesso del Cristo se l'uomo non riesce a comprenderlo?

Ecco, allora, perché Gesù chiede aiuto al Padre e aiuto ai suoi discepoli. A Dio perché faccia provare la stessa "compassione" a tante persone che si innamorino dell'uomo per riportarlo ai suoi valori, e ai suoi amici, perché sentendo quello che sente Lui, facciano ciò che Lui fa per quelle folle: mettersi a servizio.

Quando dunque leggiamo questa pagina di Vangelo preghiamo pure perché ci siano vocazioni sacerdotali, ma preghiamo soprattutto perché noi, che ci diciamo discepoli di Cristo, i sacerdoti che ci sono e coloro che verranno, impariamo a compatire (cioè a "patire con") le folle stanche e sfinite, e poi, come Cristo, giocare la nostra vita, non sugli onori di assurde caste, ma sul servizio concreto, non per diventare noi i pastori che hanno l'autorità di spellare il gregge, ma come persone che, concretamente, al gregge indicano Gesù Unico Buon Pastore di tutti.

 

 

LUNEDI' 14

"IO VI DICO DI NON OPPORVI AL MALVAGIO, ANZI, SE UNO TI PERCUOTE LA GUANCIA DESTRA, TU PORGIGLI ANCHE L'ALTRA E A CHI TI VUOL CHIAMARE IN GIUDIZIO PER TOGLIERTI LA TUNICA, LASCIA ANCHE IL MANTELLO… A CHI DESIDERA DA TE UN PRESTITO NON VOLGERE LE SPALLE". (Mt. 5,38-42)

E' assurdo! Sarà proprio giusto non opporsi al malvagio? Così la malvagità già imperante vincerà sempre di più! E' spontaneo porgere l'altra guancia? Non è invece la strada dei fessi? Non è addirittura ipocrita in certi momenti? Al ladro che scopri in casa tua gli dici: "Accomodati, serviti: ecco, ti do le chiavi della cassaforte" o a quella persona cui hai già dato un mucchio di soldi in prestito e che ha continuato a far la sua bella vita e che, anche quando ha potuto, non gli è mai passato neanche per l'anticamera del cervello di cominciare a restituire qualcosa, dovrei dire: "Quanto ti serve? Sono disposto a dartelo"?

Ma che cosa vuol dire, allora, Gesù?

Se tu ti opponi al malvagio (notate: Gesù il malvagio lo vede e lo definisce tale, quindi non ci dice di far finta che il malvagio non esista) con gli stessi mezzi del malvagio non fai che aumentare il male intorno a te e in te. "Tu sei cattivo e io, per amore di giustizia, divento cattivo come te". Risultato: ci sono due cattivi ancora più esacerbati e chi ci scapita maggiormente è proprio la giustizia. Gesù non dice che è spontaneo porgere l'altra guancia. Chissà quanto è costato a Lui non far seccare la mano di chi lo schiaffeggiava nel sinedrio ma invece chiedergli: "Se ho sbagliato dimostramelo, se no perché mi schiaffeggi?".

Certo si paga di persona ma si cerca di far ragionare l'uomo. E' solo una domanda, ma Gesù insegnandoci queste cose assurde, non avrà, forse, voluto farci capire qualcosa di più di Dio che "fa crescere la gramigna insieme al buon grano", che continua a mandare messaggeri ai vignaiuoli infidi, che è disposto a lasciar morire sulla croce suo Figlio "mentre eravamo peccatori"? Oh, non che Dio non giudichi! Infatti la gramigna sarà bruciata; chi tradisce: "meglio per lui non essere mai nato"… Ma accordare favori al malvagio, dandogli occasione di cambiare, non è forse anche accumulare su di lui carboni ardenti, nel caso non cambi?

 

 

MARTEDI' 15

"SE AMATE QUELLI CHE VI AMANO, CHE MERITO NE AVRETE? NON FANNO COSI' ANCHE I PUBBLICANI?". (Mt. 5,46)

Certamente l'amore è uno solo ma si manifesta in modi diversi. Ad esempio l'amore materno è istintivo: fa addirittura parte dell'istinto che protegge la specie, poi, però, muta a seconda delle persone, dell'ambiente in cui si vive, delle necessità, delle situazioni.

Essere innamorato di un uomo o di una donna è un'altra forma di amore che mette in ballo tutta la persona: sentimenti, ragione, desiderio, sacrificio…

L'amore filantropico (cioè la benevolenza attiva verso l'uomo) è un'altra cosa ancora. Non è innato, è limitato nel tempo e nello spazio, è guidato dalla ragione, dipende da un certo tipo di cultura e da una forma di volontarismo.

Gesù ci chiama invece all'amore puro. Sa benissimo che è facile amare chi ci ama, ma ci chiede di fare qualche passo in più. Ci chiede di entrare nell'Amore e Dio è Amore. Bisogna entrare in Dio, anzi, prima di tutto bisogna lasciar entrare Dio nella nostra vita. Il primo nostro compito è quello di lasciarci amare. Sembra evidente! Eppure il primo ostacolo all'amore e alla fede è proprio quello di rifiutare l'Amore: "venne in mezzo ai suoi, ma i suoi non lo accolsero". Ogni mattino il miracolo del sole e della natura ci parla di Dio Creatore e noi con gli occhi bassi usciamo dalla scatola casa, entriamo nella scatola macchina, per andare a rinchiuderci nella scatola ufficio o fabbrica; Dio ci rivolge la sua parola di innamorato, addirittura si fa Parola in Gesù e noi non abbiamo tempo di fermarci a leggere ed ascoltare quanto ci dice; Dio si incarna nel fratello e noi facciamo di tutto per non guardarlo in faccia. Spesso, invece di capire, accogliere, rispondere all'amore di Dio, consideriamo la sua venuta come quella di un intruso, di uno scocciatore che viene a disturbare la nostra tranquillità, di un padrone che viene a sfruttarci o a portarci via qualcosa di nostro.

Se invece accogli Dio che ama (pensate: amore di Creatore, amore di Padre, amore di donazione, amore di sacrificio, amore di speranza…), non puoi non meravigliarti, e la meraviglia, lo stupore, la stima, non può che far germinare altro amore e la tua risposta all'Amore genera altro amore… se questo continua, allora si può arrivare anche a quanto chiede Gesù: amare i nemici.

 

 

MERCOLEDI' 16

"GUARDATEVI DAL PRATICARE LE VOSTRE OPERE BUONE DAVANTI AGLI UOMINI PER ESSERE DA LORO AMMIRATI". (Mt. 6,1)

Siete mai stati, o meglio, non abbiamo mai partecipato alla fiera delle vanità religiose?

Avete mai osservato l'abbigliamento di certi ecclesiastici: il nero e il rosso sembrano usciti dalla prima delle boutique di abiti firmati (e il tutto è fatto unicamente "per il decoro del ruolo che ci è stato affidato e che con tutta umiltà svolgiamo").

Lo sapete che ogni anno, a Verona, c'è un salone dedicato al Sacro e il "sacro" va dalla biancheria intima per i preti e per le suore (quasi avessero bisogno di qualcosa di speciale) fino a tutte le migliori suppellettili per chiese. Gli operatori assicurano che è un settore che tira sempre.

Ma se queste sono le vanità più esteriori, proviamo adesso ad entrare in una qualunque parrocchia (scusate, oggi suona meglio chiamarla comunità).

Insieme alle centinaia di cristiani umili e semplici, consapevoli della loro pochezza, di una religiosità magari non approfondita e in qualcosa perfino un po' superstiziosa, ecco la serie dei primi della classe: i cristiani D.O.C., quelli che hanno capito tutto, gli onnipresenti senza i quali la parrocchia (ops, la comunità) non sta in piedi; sono più sacrestani del sacrestano e, siccome di sacrestani in quest'epoca ce ne sono pochi, sono più parroci del parroco e spesso la parrocchia o la comunità che dovrebbe essere il luogo della semplicità e del servizio, diventa il luogo della ipocrisia, delle lotte interne per primeggiare o per ritagliarsi un posto (assurdo: si cercasse almeno un posto di lavoro o si sperasse almeno in un vantaggio economico!). E che cosa succede? La comunità diventa azienda parrocchiale, la carità diventa esclusiva di qualcuno, la liturgia la sfilata delle persone bene… e Gesù Cristo? Nonostante tutta la sua pazienza e benevolenza verso di noi peccatori, qualche volta deve far fagotto e lasciare vescovadi e parrocchie per andare a cercarsi qualche stalla, come quella di Betlemme, ma dove ci sia ancora qualche cuore come quelli di Maria, Giuseppe e dei pastori, che sa gioire della sua venuta.

 

 

GIOVEDI' 17

"PREGANDO NON SPRECATE PAROLE COME I PAGANI". (Mt. 6,7)

"Padre, ci insegni a pregare!". E gli specialisti della preghiera scrissero volumi e volumi sulla preghiera, sui luoghi della preghiera, sui tempi della preghiera e qualcuno, ogni tanto cercò anche di pregare.

Senza scomodare troppo i logopedisti, provate a chiedervi con semplicità come fa un bambino a cominciare a parlare.

Prima di parlare il bambino comunica. Nel grembo materno egli è in costante comunione di dialogo con la madre. Quando nasce, ancor prima di vedere, comincia a 'sentire' una carezza, un seno accogliente; avverte freddo e caldo, dolore, sonno, oggetti, sensazioni gradevoli e sgradevoli, riesce ad 'avvertire' i sentimenti delle persone che gli sono vicine. Poi apre gli occhi, vede, tocca, sente che gli uomini, oltre che con gli occhi e con le mani, comunicano con dei suoni. Sente che dei suoni escono anche dalla sua bocca, comincia a capire che il pianto è significativo per la mamma, che certi suoni dolci sono affetto nei suoi riguardi e, poco per volta, specialmente quando trova affetto, persone che stanno con lui e gli parlano, riesce a sua volta, prima per gioco, e poi sempre più seriamente ad impadronirsi del linguaggio e ad unire suoni a significati.

C'è una preghiera innata in ciascuno di noi. Non nasciamo solo "animali pensanti", ma anche "animali preganti": siamo figli che cercano il Padre.

Quando poi vogliamo 'parlare' al Padre, con il Padre, secondo me c'è un mezzo solo: basta ascoltare, guardare e imitare Gesù.

Prima delle parole Gesù è comunione col Padre: " Io e il Padre siamo una cosa sola; ma Gesù è anche comunione con gli uomini: "Il Verbo si è fatto carne". Gesù vive queste due comunioni nel quotidiano. E' talmente forte il suo amore per gli uomini che sta con loro, mangia con loro, parla con loro; ed è talmente forte il bisogno di comunione con il Padre che spesso si ritaglia dei tempi per stare con Lui, al mattino presto, la sera, prima delle decisioni importanti della sua vita e il suo cuore è rivolto all'alto mentre il suo sguardo continua a guardare e vedere il basso.

E che cosa fa? Parla con Dio: "…Ti ringrazio, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli", "Padre, ti prego per loro…", "Se è possibile si allontani da me questo calice…", "Padre nostro…"

Fermati come un bambino piccolo a guardare Gesù che prega e presto sentirai le tue labbra che cominceranno a balbettare quasi per gioco e poi sempre più sentitamente le sue stesse parole.

 

 

VENERDI' 18

"DOV' E' IL TUO TESORO, SARA' ANCHE IL TUO CUORE". (Mt.6,21)

Gesù riprende una massima popolare, una di quelle poche che corrispondono ad una realtà incontestabile.

Quando si è innamorati a fondo di qualcosa o di qualcuno, "si perde la testa". Provate a pensare se non è vero che "l'amore rende ciechi", se due innamorati riescono a sorbirsi certi "rospi" che non avrebbero neppure accostato se non ci fosse stata dietro la spinta irrefrenabile dell'innamoramento.

Così è anche per le cose: c'è gente che ha "la roba" nel sangue (il riferimento alla novella di Pirandello è facile). Ho conosciuto un uomo, intelligente, capace, che, ammalato di cancro, sapendo che presto sarebbe morto (la cosa in effetti successe due giorni dopo), concludeva ancora un affare, consapevole anche che i suoi eredi (e il suo vero cancro era proprio questo) non aspettavano altro che mettere le mani sul gruzzolo per dilapidarlo.

C'è anche l'attaccamento verso Dio. Anch'esso, a volte, è talmente totalizzante che fa i santi, cioè persone che non risplendono più di luce propria ma che lasciano trapelare dalla propria vita alcuni aspetti di Dio stesso.

Ma c'è ancora una categoria di persone. Ne parlo perché, purtroppo, mi pare qualche volta di appartenervi insieme ad un'enorme schiera di persone. E' la categoria di chi sa che i tesori terreni sono belli ma effimeri, di chi, realista al massimo, ha paura di pagare troppo caro un innamoramento e quindi dosa con il contagocce i suoi sentimenti, di chi anche con Dio lo ama e lo rispetta per un misto di sentimenti in cui la paura ha un ruolo rilevante: sono coloro che soffrono di meno, ma sanno meno amare.

 

 

SABATO 19

"NON AFFANNATEVI DUNQUE PER IL DOMANI, PERCHÉ IL DOMANI AVRÀ GIÀ LE SUE INQUIETUDINI. A CIASCUN GIORNO LA SUA PENA." (Mt. 6,34)

Anche oggi, in questo brano del discorso della montagna, troviamo due massime popolari riprese da Gesù. Due proverbi che non meditiamo mai abbastanza, se questa è l'epoca in cui vince sempre lo stress, in cui l'uomo sembra sommerso dalle cose, in cui aumentano i suicidi per mancanza di speranza e contemporaneamente ci si dimentica di vivere il presente per proiettarsi su un ipotetico e insicuro domani.

Ogni mattina è una giornata intera che riceviamo dalle mani di Dio. Dio ci dà una giornata da Lui stesso preparata per noi. Non vi è nulla di troppo e nulla di "non abbastanza", nulla d’indifferente e nulla d’inutile. E' un capolavoro di giornata che viene a chiederci di essere vissuto. Noi la guardiamo come la pagina di un’agenda, segnata d'una cifra e d'un mese. La trattiamo alla leggera come un foglio di carta. Se potessimo frugare il mondo e vedere questo giorno elaborarsi e nascere dal fondo dei secoli, comprenderemmo il valore di un sol giorno umano e allora la vita diventerebbe una festa. Ogni piccola azione è un avvenimento immenso nel quale è dato il paradiso, nel quale possiamo dare il paradiso. Non importa che cosa dobbiamo fare: tenere in mano una scopa o una penna, parlare o tacere, rammendare o fare una conferenza, curare un malato o usare il computer. Tutto ciò non è che la scorza della realtà splendida: l'incontro dell'anima con Dio rinnovato ad ogni minuto. Suonano? Presto, andiamo ad aprire: è Dio che viene ad amarci. Un'informazione?... eccola: è Dio che viene ad amarci. E' l'ora di metterci a tavola? Andiamoci: è Dio che viene ad amarci.

 

 

DOMENICA 20 - 12^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

"NON VI E' NULLA DI NASCOSTO CHE NON DEBBA ESSERE SVELATO E DI SEGRETO CHE NON DEBBA ESSERE MANIFESTATO". (Mt. 10,26)

Fino ad alcuni anni fa leggevo questa frase con un timore che quasi debordava nel terrore.

Mi immaginavo più o meno la scena: arrivo nell'aldilà e incontro non solo Dio, il giudice, ma anche le persone che avevano avuto nella vita un certo rispetto di me ed ecco, improvvisamente svelati tutti i pensieri segreti, gli accidenti mandati e nascosti sotto sorrisi, i giudizi insindacabili sulle persone, le falsità, le bilance truccate, i peccati nascosti… Tutto all'improvviso è manifesto, e nasce una gran voglia di nascondersi, di sprofondare: ecco l'inferno.

Oggi, sempre nella mia fantasia, mi immagino la scena in un altro modo: arrivo davanti a Dio, mio Padre, davanti a Gesù, mio fratello che ha ancora nel suo corpo glorioso i segni delle sofferenze che ha patito per me. C'è Maria, la Madre sua e mia, il mio avvocato difensore. Ci sono anche tutte le altre persone che ho incontrato nella mia vita. Anch'esse non nascondono nulla del loro passato. E ci sono io, con tutte le mie miserie e le mie falsità. Me ne vergogno profondamente, sono cose che mi dispiacciono davanti all'amore di Dio. Ma il mio cuore si riempie di gioia perché sento che quelli che ho offeso non mi condannano e io stesso, vedendo chi ha fatto del male a me, non sento odio, voglia di vendetta; vedo Maria, gli angeli e i santi che mi prendono per mano e mi accompagnano, sento il sangue di Gesù che mi lava e le braccia di mio Padre che mi stringono a sé: il paradiso.

 

 

LUNEDI' 21

"DISSE GESU': NON GIUDICATE". (Mt.7,1)

Si può non giudicare? L'ammettere che possa esserci una vita senza giudizi sarebbe come affermare di non conoscere il bene e il male. Ma, stando al racconto della Bibbia, da quando Adamo ed Eva hanno voluto diventare come Dio assaggiando il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male, l'uomo non può non vedere e non giudicare. Che cosa vuole dire, allora, Gesù? E' come se ci dicesse:

"Il tuo sguardo, il tuo cuore, la tua educazione vedono le cose, le persone e dentro di te nasce un giudizio; ora, se vuoi che questo non sia falso o ingiusto esso deve essere il più vicino possibile al giudizio di Dio. Per questo il tuo occhio, il tuo cuore, la tua mente devono essere allenati a conoscere i pensieri di Dio. E questo lo puoi fare soprattutto meditando la parola di Dio e guardando a come mi sono comportato Io, il Figlio di Dio.

Ma, al tempo stesso, tu ti rendi conto che non potrai mai giudicare con la giustizia di Dio, perché non conosci gli animi, le storie, i motivi per cui agiscono gli uomini, per cui, spesso, una cosa che è bene può essere fatta con spirito e motivazioni cattive e una cosa che è male magari è nata dalle migliori intenzioni.

Dunque l'unico giudizio che in qualche caso può essere il più vicino alla verità è quello che dai su te stesso, per gli altri, non è meglio lasciare che sia Dio il giudice? Non è meglio, piuttosto che caricarti di qualche colpa, essere possibilisti, offrire sempre nuove occasioni, in parole povere, fare come fa Dio con te che, prima di condannarti, cerca in tutte le maniere di offrirti tutte le possibilità per convertirti?".

 

 

MARTEDI' 22

"NON DATE LE COSE SANTE AI CANI". (Mt. 7,6)

Ieri abbiamo meditato sul non giudicare. Oggi, pensando a questa nuova parola di Gesù, so che lascerò molti perplessi, ma vi racconto dei fatti. La conclusione, se arriverete ad averne una pensando a Gesù, tiratela voi.

Una parrocchia, il giorno delle Prime comunioni. Un gruppo di ragazzini tra l'emozionato, l'impacciato, il vanitoso è nei primi banchi. Il parroco agitato scalpita in sacrestia: manca ancora Lucia. Finalmente arriva agghindata come un albero di Natale. I suoi parenti, senza pensarci due volte si piazzano davanti a tutti mentre la madre comincia un avanti e indietro per mettere a posto pieghe e pizzi del vestito.

Momento della Comunione. I bambini ricevono Gesù. Poi viene distribuita l'Eucaristia ai partecipanti. I genitori di Lucia sono i primi ad andare ad allungare la mano: in chiesa non ci vanno mai, eccetto sepolture, matrimoni e grandi occasioni, ma, su insistenza del parroco sono andati a confessarsi: "Sa, noi non rubiamo, non ammazziamo, siamo lavoratori (anche questa Comunione ci costa milioni), non abbiamo tempo per le cose religiose, ma abbiamo fede!"

In fondo alla chiesa c'è una donna che piange. L'uomo che le è accanto la tiene per mano, in silenzio. Anche lei è andata a confessarsi e, nonostante le costi terribilmente tornare su certe cose, ha voluto raccontare tutto al prete: il matrimonio in età molto giovane; un marito che si è rivelato drogato e violento, la nascita di sua figlia Maria, le paure per la sua salute, l'abbandono del marito, l'aver cercato e trovato un uomo che l'ha capita, che ha fatto da padre a Maria… "Signora, lei non può accostarsi all'Eucaristia… preghi lo stesso.." Che cosa voleva dire Gesù quando diceva di non dare le cose sante ai cani? Non per giudicare, ma per riflettere: chi è più cane? La mamma di Maria, la mamma di Lucia o il prete?

 

 

MERCOLEDI' 23

"GUARDATEVI DAI FALSI PROFETI CHE VENGONO A VOI IN VESTE DI PECORE MA DENTRO SONO LUPI RAPACI. DAI LORO FRUTTI LI RICONOSCERETE." (Mt.7,15 - 16)

Ci sono diversi tipi di persone che si presentano come profeti all'interno delle comunità cristiane. Provo ad enumerarne qualche categoria.

Il gruppo di coloro che sanno: hanno letto due righe di Bibbia, sono andati a sentire la conferenza del teologo che va per la maggiore, hanno fatto un po' di turismo religioso in qualche convento (magari alla riscoperta dei sapori genuini della cucina povera) e adesso si permettono di sproloquiare di tutto, di "dirigere anime", di guardare con autosufficienza gli altri.

Un'altra categoria è quella degli ipocriti: a loro non interessa poi molto il religioso, a loro interessa emergere, essere sempre sulla cresta dell'onda, essere i rispettati, i primi della comunità, e se, per far questo, occorre cambiare bandiera a seconda di dove tira il vento, lo fanno trovando giustificazioni a tutto.

Un'altra categoria è quella di coloro che sfruttano il religioso per far soldi o affari. Molte persone, pur di essere buone, sono disposte a lasciarsi spremere: basta dir loro la parolina giusta al momento giusto, basta saper fare piangere con parole suadenti.

Un'altra categoria ancor più terribile è quella che Charles Peguy definisce così:

"Poiché non hanno la forza di essere della natura, credono di essere della grazia. Poiché non hanno il coraggio del temporale, credono di essere entrati nella penetrazione dell'eterno. Poiché non hanno il coraggio di essere del mondo, credono di essere di Dio. Poiché non hanno il coraggio di scegliere uno dei partiti dell'uomo, credono di essere del partito di Dio, poiché non amano nessuno, credono di amare Dio".

Come riconoscerli?

Dai frutti; ed anche qui faccio degli esempi: coloro che sanno tutto voglio vederli vivere quanto chiedono agli altri, all'interno della propria famiglia; gli ipocriti voglio misurarli sul valore che danno ad una amicizia quando questa non accresce il loro onore, anzi, magari lo mette in crisi davanti agli altri; coloro che spillano soldi voglio vedere, anche a distanza, se li usano davvero per i poveri o non per se stessi e per le strutture e quelli che si dicono di Dio, prima mi dimostrino di essere uomini veri.

 

 

GIOVEDI' 24 - NATIVITA' DI SAN GIOVANNI BATTISTA

"IN QUEL MEDESIMO ISTANTE GLI SI APRI' LA BOCCA E GLI SI SCIOLSE LA LINGUA E PARLAVA BENEDICENDO DIO". (Lc.1,64)

Nella storia della nascita di Giovanni Battista è interessante notare come suo padre Zaccaria parla, resta muto, ritorna a parlare.

Egli è sacerdote dell'Antica Alleanza ed ha il compito di portare a Dio nel Tempio, insieme all'incenso della lode, le parole della preghiera degli uomini, ma per segno la sua voce viene spenta: ora bisogna fare spazio al Precursore e a Gesù. Quando riacquisterà la parola sarà solo per lodare Dio per quanto ha operato in lui. Noi abbiamo due doni meravigliosi che spesso non sappiamo usare con criterio: il dono della parola e quello del silenzio. La parola ci esprime. Essa veste le nostre idee o colma il nostro vuoto. Ci sono parole significative che possono dare senso ad una vita, ad una sofferenza, e ci sono chiacchiere rumoreggianti che stordiscono, che mascherano. Ci sono parole che incoraggiano, altre che deprimono, che danno o ridanno la vita, altre che uccidono. Così pure ci sono silenzi per contemplare e mutismi che uccidono, silenzi per far parlare Dio e la natura e silenzi di incomunicabilità. Silenzi per far tacere l'ira, il desiderio di vendetta e silenzi per vendicarsi. Qualcuno dice che Dio ha incaricato un angelo, all'inizio della nostra vita, che stabilisse il numero delle nostre parole e dei nostri silenzi, finiti i quali sarebbe finita la vita. Ma, come usare delle parole e dei silenzi? Se non sai far silenzio le tue parole sono come una grancassa che più ha il vuoto dentro, più fa rumore. Se vuoi capire la creazione hai bisogno di silenzio: siediti in riva al mare, al mattino presto, quando non c'è ancora nessuno e sentilo! Se vai in montagna non portarti dietro quella radio gracchiante, le grandi vette, come i fili d'erba hanno un messaggio che solo nel silenzio saprai cogliere. Se cerchi Dio, apri pure i libri dei saggi e dei filosofi, ascolta le parole della Bibbia e degli illuminati, ma poi taci. Dio è presente, come nel caso del profeta Elia non nel tuono e nelle folgori, non nel vento tempestoso, ma nel mormorio della brezza. Se cerchi te stesso, lascia decantare le parole e gli atteggiamenti delle maschere, le ansie delle lotte, le paure e ti ritroverai bello o brutto come sei. Quando parli, poi, usa la parola non come un'arma ma come una mano amica che può stabilire dei rapporti con gli altri, come una mano tesa per dare te stesso agli altri, come un mezzo meraviglioso per conoscere e per comunicare. Usa la parola per costruire, non per distruggere, per manifestare, non per nascondere. Prendi esempio dalla Parola Incarnata, Gesù. La Parola venne nel mondo per stare in silenzio trent'anni, per parlare tre anni, per tacere inchiodata sulla croce che parla più di tutto.

 

 

VENERDI' 25 - SAN MASSIMO DI TORINO

"SIGNORE, SE VUOI, PUOI SANARMI!". (Mt. 8,2)

Questo lebbroso che va da Gesù è consapevole di due cose: la gravità, la bruttezza, l'inguaribilità da un punto di vista umano della sua terribile malattia e la possibilità che ha Gesù, se lo vuole, di guarirlo. Potremmo dire che è un materialista ma pieno di fede ed è anche uno che non ha paura di chiedere. Tutto questo fa sì che lui il miracolo lo ottiene.

"Tu, o Signore, puoi tutto. Se vuoi puoi far cessare le guerre, se vuoi puoi sanare gli ammalati. Se vuoi puoi cambiare il mio cuore (missione e miracolo ancora più arduo) da un cuore di pietra ad un cuore di carne capace di amare. Signore, se tu vuoi puoi guarirci, ma aspetti che anche noi lo vogliamo, e questo non sempre ci risulta facile. Noi, così capaci di vedere le nostre malattie fisiche, le cose che desideriamo, noi, sempre pronti con una lunga lista di richieste anche dettagliate e circostanziate, non siamo invece altrettanto capaci di vedere con chiarezza e nelle radici le nostre malattie interiori. Signore, aiutaci a vedere la lebbra che corrode il nostro cuore. La lebbra dell'insensibilità, dell'abitudine, dei luoghi comuni che impediscono un vero rapporto, la lebbra dell'egoismo, del denaro e dell'avere che comandano e mandano in putrefazione il nostro essere, la lebbra dell'uso affannoso del tempo per cose che possono non lasciarci tempo per Dio, per noi, per gli altri… Aiutaci, Signore, a fare una buona diagnosi di noi stessi, a conoscere le cause del nostro male, a riconoscere sintomi e radici, e dopo questo aiutaci a chiedere e a chiedere al medico giusto. Tu non aspetti altro. Certo non usi la bacchetta magica, non sei una macchina a gettoni per facili miracoli. Ma io credo, o Signore, che il primo miracolo sarà già avvenuto quando avrò scoperto le radici del mio male, il secondo quando verrò da Te a chiederti la guarigione e allora Tu, potente Signore misericordioso, in qualche modo, ma nel modo più giusto per me, mi potrai guarire".

 

 

SABATO 26

"SIGNORE, IO NON SONO DEGNO CHE TU ENTRI SOTTO IL MIO TETTO". (Mt. 8,8)

Proviamo ad andare un po' a fondo nel chiederci: "Chi sarà degno di accogliere Gesù in casa sua?"

Davanti a Dio non posso accampare alcun merito, in quanto anche le cose che io reputo buone nella mia vita sono un dono. Da solo non posso salvarmi. Al Signore posso presentare solo la mia miseria, le mie povertà.

E' veramente bello che la Chiesa abbia utilizzato queste parole di un centurione romano, pagano, nella liturgia e proprio nel momento della Comunione Eucaristica.

Chi è degno di ricevere Gesù? Erano degni Pietro, Giuda, gli altri dieci? Erano puri di cuore in quel momento? E, oggi, chi è degno di ricevere l'Eucaristia? Il Papa? I vescovi? I sacerdoti o le suore? I pii cristiani? E chi è chi non ne è degno?

La Chiesa, riprendendo San Paolo, ci ricorda che: "ognuno esamini se stesso" affinché l'Eucaristia non diventi motivo di condanna. Quanto poi a voler stabilire "chi è degno" e "chi non è degno" in base a definizioni, accetto le indicazioni, le leggi come punto di riferimento con cui confrontarsi, ma non credo che una legge fondata su ragionamenti buoni ma pur sempre limitata perché umana possa entrare nel cuore delle singole persone e definire chi è o non è degno di ricevere l'Eucaristia.

Quando vado a ricevere l'Eucaristia di una cosa sola sono sempre consapevole: io non sono degno. Ci vado non perché dall'esame di coscienza risulto "buono", o perché "mi sono confessato tre minuti prima e a parte due o tre distrazioni e un paio di pensieracci, non ho altro", ci vado solo perché Gesù me lo ha detto: "Prendete e mangiate…Prendete e bevetene tutti", e perché ho bisogno di Lui. So di non potergli offrire molto e gli do l'unica cosa che è veramente mia: il mio peccato. Non gli faccio neppure delle grandi promesse perché non sono così sicuro di me stesso nel mantenerle. Non posso far altro, se non, con stupore e meraviglia, dire: "Grazie!" davanti alla sua misericordia che gratuitamente viene a trovarmi.

 

 

DOMENICA 27 - 13^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 

"CHI ACCOGLIE VOI ACCOGLIE ME". (Mt.10,40)

Ieri, pensavamo alla nostra indegnità nell'accogliere Gesù, ma non solo Lui viene da noi, ma viene in noi al punto di identificarsi in noi: "Chi accoglie voi, accoglie me". Gesù si fa rappresentare da me davanti ai fratelli, e i fratelli rappresentano Gesù a me. Quale grande responsabilità! "Signore, fin dal giorno del mio battesimo mi hai rivestito di te."Non sono più io che vivo ma tu che vivi in me". La tua Incarnazione, dunque, continua nel mondo anche attraverso me. Ma quale tuo volto rappresento ai fratelli? Tu lo sai, spesso la mia vita è solo una brutta maschera di cristianesimo, spesso io stesso stento a riconoscere il tuo volto, come posso, allora, manifestarti? Qualche volta, poi, invece di imitarti mi sembra di scimmiottarti. In certe occasioni, poi, mi sento parlare di Te agli altri e mi vergogno profondamente perché non tutte le cose che dico sono sicuro che Tu le diresti e perché molte cose che dico di Te, sono io il primo a non viverle. Dovrei essere la Tua immagine, ma non sono la Tua fotografia, non sono la Tua copia, specialmente quando dovrei essere come Te, sulla croce. Non sono neppure il Tuo ritratto perché in troppe situazioni si vede la mia espressione e non la Tua. Spero di essere almeno uno di quei disegni che sanno fare i bambini: un tondo, quattro capelli in testa, una bocca (speriamo sorridente) e due pallini rotondi per occhi.

Signore, vedi, vorrei rassomigliarti, rappresentarti, ma, prendimi come sono e se ti servo a qualcosa manifestami la tua grande misericordia usandomi per quello che maggiormente ti serve".

 

 

LUNEDI' 28

"MAESTRO, TI SEGUIRO' OVUNQUE TU ANDRAI". (Mt. 8,19)

…"Quando nei primi anni della mia vita mi resi conto del Tuo amore per me, della bellezza del Vangelo, della gioia di poter pregare, del poterti incontrare e servire nei fratelli, decisi di seguirti e te lo dissi nel pieno entusiasmo della mia giovinezza: "Ti seguirò ovunque tu vada".

Ero sincero. Chiesi aiuto, per trovare la strada giusta per seguirti, e un vecchio prete che voleva morire portandosi dietro almeno la nascita di una nuova vocazione, mi indirizzò in seminario.

Trovai anche qualcuno che mi disse che seguirti sarebbe stato difficile, che sei un Dio misericordioso e buono ma anche esigente, che i tuoi amici, almeno umanamente, non li tratti molto bene, ma io volevo seguirti anche se "non avevi dove posare il capo". Divenni prete e provai la gioia di poterti servire e incontrare ogni giorno, ma anche la croce dell'incomprensione da parte dei miei superiori, l'umiliazione di non poterti servire come avrei voluto perché obbligato a fare cose che non ritenevo adatte alla mia chiamata. Poi, finalmente divenni parroco e Tu ti divertisti con me. Due giorni dopo l'ingresso parrocchiale, feci l'ingresso in ospedale e di lì sono uscito in carrozzina e su questa carrozzina mi trovo da ventidue anni.

In quanti, come gli amici di Giobbe, sono venuti a consolarmi dicendomi quelle parole che una volta anch'io dicevo agli altri: "Il Signore aveva bisogno di te così.", "… la grazia della sofferenza…", "La tua Messa è la tua carrozzina". Tutto vero, ma invece di consolarmi erano pugnalate.

Ho ripensato alla frase della mia giovinezza: "Ti seguirò…" Ti avrei seguito allora anche fino a dare la vita, avrei fatto anche l'eroe per Te, ma non in questo modo.

Sono andato a Lourdes non più per guidare un pellegrinaggio di fedeli, ma per chiedere una grazia a Tua Madre, ma anche lì, nulla. Non mi ha neppure consolato il fatto di vedere tanti altri nelle mie condizioni o peggio ancora.

Se avessi saputo come la cosa andava a finire te lo avrei detto ancora: "Ti seguirò ovunque tu vada"?

Oggi ti prego così: " Sono ancora innamorato di te e vorrei seguirti ovunque tu vada, ma le ruote della carrozzina mi permettono pochi movimenti e la gente ha tante cose importanti da fare che non scarrozzare un vecchio prete invalido. Aiutami allora a capire, non per rassegnazione, ma per convinzione che forse per me il seguirti è star fermo cercando di vacillare il meno possibile nella fede."

(Dagli scritti di un prete morto alcuni anni fa e rimasto 29 anni immobilizzato su una carrozzina).

 

 

MARTEDI' 29 - SANTI PIETRO E PAOLO

"TU SEI PIETRO E SU QUESTA PIETRA EDIFICHERO' LA MIA CHIESA E LE PORTE DEGLI INFERI NON PREVARRANNO CONTRO DI ESSA." (Mt.16,18)

Storie diverse quelle di Pietro e di Paolo. Pietro, il pescatore irruente della Galilea, il generoso, l'impulsivo, l'uomo capace di guidare gli altri ma debole e pauroso, colui che sa piangere come comandare. Paolo, l'intellettuale, lo studioso, l'intransigente e l'integralista, l'uomo senza mezze misure con se stesso e con gli altri, lo scaltro, il coraggioso, il testimone.

Due storie diverse ma basate su un incontro.

Cercavano Dio e sulla loro strada hanno incontrato Gesù.

Pietro, stanato dalla sua barca e dalle sue reti, Pietro, ripescato da Gesù dopo il suo tradimento. Paolo, buttato giù da cavallo nel pieno del suo vigore, lui, colui che cercava la luce nella scienza e nelle scritture che diventa cieco, lui che viene guarito da un discepolo di Gesù che era andato a cercare per imprigionarlo e forse ucciderlo. E questi due così diversi tra loro, chiamati a fondare e guidare la Chiesa di Gesù.

E oggi è ancora così? Noi che siamo tanto critici verso la chiesa struttura, e facciamo bene ad esserlo se questo può aiutare noi e la Chiesa a diventare più fedeli al Vangelo, non possiamo non constatare che anche oggi la vera Chiesa è costituita proprio da tante persone diverse, con tante storie diverse, ma con un unico fine: essere il corpo di quel Gesù che è morto e risorto per noi.

Qual è la Chiesa che mi meraviglia? Non quella delle esteriorità, delle grandezze, ma quella dei santi, non solo di quelli aureolati o di quelli che avendo alle spalle una congregazione religiosa o un ordine con molti soldi hanno fatto in fretta ad avere il processo di beatificazione, ma la Chiesa fatta di quei santi-peccatori che in ogni tempo e in ogni luogo hanno cercato di essere fedeli al Vangelo. In questa chiesa ritrovo irruenti come Pietro, intellettuali come Paolo, paurosi come Pietro, orgogliosi come Paolo, generosi come Pietro, attivi come Paolo… e ringrazio Dio di avermi chiamato a far parte di quella Chiesa che continuerò a criticare con me stesso per il suo troppo attaccamento alle cose di questa terra, ma che continuerò a rispettare ed amare perché luogo di incontro con Gesù, testimonianza e corpo mistico di Lui, sotto la guida dello Spirito.

 

 

MERCOLEDI' 30

"DUE INDEMONIATI, USCENDO DAI SEPOLCRI, GLI VENNERO INCONTRO". (Mt. 8,28)

Gesù è venuto sulla terra come il Messia liberatore. Gli Ebrei di allora lo attendevano come qualcuno che li avrebbe liberati dal giogo oppressivo dei Romani. Gesù prende subito le distanze da questo tipo di Messia. La vera libertà non è quella della politica, si può e si deve essere liberi anche se c'è ancora un giogo sulla schiena, ma per poter avere questa libertà interiore bisogna vincere e sciogliere altri gioghi molto più gravi con i quali il male ci tiene legati. L'episodio dei due indemoniati che vengono liberati sta proprio ad indicarci la forza di Gesù nella lotta contro la schiavitù del male. Che crediamo o no al diavolo e alle possessioni, questi due indemoniati ci ricordano che l'uomo e noi spesso siamo posseduti. A volte è il denaro che ci possiede quando smette di essere il nostro servo per il necessario per noi e per i nostri cari e diventa il padrone che governa, il commercio che non guarda in faccia nessuno, il motore della politica e degli Stati. Provate a vedere se non è un demonio che ci possiede se nel suo nome si uccide, si passa sopra ai vincoli più cari, si vendono intere nazioni e se ne affamano altre.

A volte è la sensualità che ci possiede e travisa ogni pensiero di amore vero, trascinandoci lontano dai valori che conosciamo, apprezziamo e con i quali ci piacerebbe indirizzare la nostra vita. E il desiderio di successo, di apparire, di potere, non ci schiavizza fino al punto di diventare gli uni con gli altri belve feroci che si azzannano, si sbranano per un pezzetto di effimero potere in più? Pensiamo a certe lotte nelle fabbriche, negli uffici, persino all'interno delle parrocchie.

E poi altri diavoli che incatenano l'uomo possono essere la droga, l'alcool, la moda…Ecco, Gesù viene a liberarci. Non lo può fare da solo. Lui può agire solo se noi, desiderando essere liberi, glielo permettiamo. Ma noi lo desideriamo davvero? Per esempio, desidero di essere liberato dalla lotta per il potere quando so che agendo così altri mi metteranno i piedi sulla testa? Desidero davvero essere liberato da una sensualità che non condivido ma che in fondo mi sta bene e mi piace? Quando un uomo si trova legato e imbavagliato, da solo non può far niente se non sperare in un liberatore. Ma se questo viene e lo slega egli deve darsi da fare per rimanere libero, fosse anche solo il mettersi a fuggire davanti a colui che vuole di nuovo legarlo e imbavagliarlo.

 

 

30 PENSIERI PER TRENTA GIORNI

 

1

ABBANDONO

Gesù non chiede grandi azioni, ma soltanto l'abbandono e la riconoscenza.(Santa Teresa di Lisieux)

 

2

ABILITA'

E' grande abilità nascondere la propria abilità. (La Rochefoucauld)

 

3

ABITO

Quelli per cui il vestito è la parte più importante della persona, finiscono in generale di valere tanto quanto il loro vestito. (V. Hazlitt)

 

4

ABITUDINE

Semina un atto, e raccoglierai un'abitudine; semina un'abitudine, e raccoglierai un carattere; semina un carattere, e raccoglierai un destino. (W. James)

 

5

ACCONTENTARSI

Compra soltanto ciò che è necessario; quello che non ti occorre è caro anche se costa solo un soldo. (Seneca)

 

6

ACIDITA'

Quando mi è capitato di parlare duramente, ho guastato tutto. L'acidità non ha mai fatto altro che inacidire. (San Vincenzo de Paoli)

 

7

ACQUA

L'acqua corre liscia dove il letto è profondo. (W. Shakespeare)

 

8

ADOLESCENTE

Un adolescente non si capisce lui. Figurati se riesci a capirlo tu. (Paul Gavarvy)

 

9

ADORAZIONE

Nell'universo si nasconde un inno: a noi il compito di decifrarne qualche parola e con essa comporre il cantico della nostra adorazione. (Jean Calvet)

 

10

ADULATORE

Adulatore è colui che dice, senza pensarle, le cose che l'adulato ha pensato di se stesso senza dirle. (Papini e Giulotti)

 

11

ADULAZIONE

L'adulazione è una moneta falsa che impoverisce chi la riceve. (D'Ambrantes)

 

12

ADULTERIO

Una trinità che raramente riesce ad essere un mistero. (Veron)

 

13

ADULTO

Quando si vede scritto: "spettacolo per adulti", è sottinteso che si tratta di oscenità. E adulto vien così ad essere sinonimo di porco. (Papini e Giulotti)

 

14

AFFETTO

Sono sempre più convinta che la mancanza di affetto è la peggiore delle infermità che può soffrire un essere umano. (Madre Teresa di Calcutta)

 

15

AGIRE

Quando voglio che una cosa sia fatta bene e presto, mi rivolgo a quelli che non hanno tempo perché sono molto occupati. I disoccupati non hanno mai tempo di far nulla. (Cavour)

 

16

ALLEGRIA

L'allegria dell'anima è capace di mitigare anche i dolori del corpo. Ma se a tali dolori si associa anche la tristezza interiore, la malattia si raddoppia. (San Girolamo)

 

17

ALTRUISMO

Il segreto della felicità consiste piuttosto nel donarla agli altri che cercarla per se stessi.(J. Normand)

 

18

AMICO

L'amico lo si onora in presenza, lo si loda in assenza, lo si aiuta nell'indigenza. (Cantù)

 

19

AMOR DI DIO

Dio ci ama più che il migliore dei padri, più che la madre più affettuosa. Basta che ci sottomettiamo e ci abbandoniamo alla sua volontà, con un cuore di bambino. (Santo Curato d' Ars)

 

20

AMORE

Vuoi sapere se il tuo amore è bello e degno? Guarda se ti solleva al di sopra di te stesso. (A.Graf)

 

21

ANGELO CUSTODE

Invoca il tuo Angelo nelle tentazioni: egli ha più desiderio di aiutarti che tu di essere da lui aiutato. 

(San Giovanni Bosco)

 

22

ANIMA

Due cose uccidono l'anima: la presunzione e la disperazione. Con la prima si spera troppo; con la seconda troppo poco. (Sant'Agostino)

 

23

ANSIA

Dio perdona i nostri peccati, il nostro sistema nervoso no. (William James)

 

24

APPARENZE

I fiori artificiali si fabbricano in un giorno, ma sono sterili. (Emilio Mersch)

 

25

APOSTOLATO

L'apostolato numero uno è l'apostolato del buon esempio. (Papa Pio XII°)

 

26

ASCOLTARE

Dio ti ha dato due orecchie e una lingua sola perché tu oda più che non parli. (San Bernardino da Siena)

 

27

ATEO

L'ateo è un figlio disgraziato che inutilmente si sforza di credere che non ha un padre. (B. Franklin)

 

28

AUTORITA'

Chi non è capace di governare se stesso, non sarà mai capace di governare gli altri. (Gandhi)

 

29

AVARO

L'avaro prova tutte le preoccupazioni del ricco e insieme tutti i tormenti del povero. (A. Guinon)

 

30

AZIONE

Agisci sempre come se ti guardassero dieci occhi e ti segnassero a dito dieci mani. (Confucio)

     
     
 

Archivio