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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

a cura di don Franco LOCCI

MARZO 1999

 

 

"SE UNO MI AMA OSSERVA LA MIA PAROLA". (Gv. 14,21)

Quale sarà il metro per sapere se amiamo? Qualcuno dice che basta fidarsi dei sentimenti. Eppure quanti hanno detto, convinti: "Ti amerò per tutta la vita!" e poi non è stato così. E quanti cristiani hanno detto tutti i giorni a Dio: "Ti amo con tutto il cuore" e poi... C'era un uomo che per provare se amava la fidanzata usava questo metodo: pensava che la ragazza finisse sotto una macchina e si chiedeva: "Ne sarei dispiaciuto? Sì! Allora il mio è davvero amore per lei!" Gesù ci indica un metro di misura estremamente più concreto e sicuramente veritiero. Per renderci conto se amiamo chiediamoci se facciamo ciò che l'altro ci chiede. Dire: "Ti amo" è una cosa ancora abbastanza facile, vivere per l'altro, magari rinunciando a se stessi e con gioia è indice di amore vero. Dire a Dio: "Tu sei il mio tutto ...Io mi abbandono a te ...Sei la mia gioia...", non è sufficiente a Dio che scruta i nostri cuori e ci conosce. Dirgli: "Oggi, voglio tentare di vivere con gioia la tua parola nel perdono, nel dividere le mie cose, nella pazienza...", e poi cercare di farlo, è dimostrarsi e dimostrare a Lui che sulla strada dell'amore ci stiamo mettendo sul serio.

 

LE PAROLE E LA BIBBIA

 

Le parole possono salvare o uccidere. Ecco alcuni testi della Bibbia:

 

"La morte e la vita sono in potere della lingua". (Proverbi 18,21)

"La lingua che parla di nascosto fa oscurare il cielo". (Proverbi 25,33)

"Parlando molto si sbaglia sempre, chi invece frena la lingua è saggio". (Proverbi 10,19)

"Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio". (Mt 12,36)

"Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell'iniquità. Viene inserita nelle nostre membra e contamina tutto il corpo, e incendia il corso della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna". (Gc 3.6)

"Con la lingua benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. Non deve essere così, fratelli miei! Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? Può forse, fratelli miei, un fico produrre olive o una vite produrre fichi?". (Gc 3,10-12)

 

TESTIMONIANZA DI DUE GENITORI

"Siamo riusciti, superando parecchi ostacoli, a mandare nostra figlia alla scuola materna prima del tempo regolamentare. Eravamo preoccupati perché parlava pochissimo e si inceppava penosamente quando voleva dire qualcosa. Pensavamo che ciò fosse dovuto al fatto che era rimasta troppo in casa, senza molti rapporti con il mondo esterno, e ci sentivamo un po' in colpa, dato il nostro atteggiamento eccessivamente protettivo e possessivo nei suoi confronti. Insomma, "aveva bisogno di socializzare", come si usa dire oggi. Al ritorno dal primo giorno di asilo, ci ha lasciati esterrefatti. Aveva imparato, subito, almeno una mezza dozzina di espressioni irripetibili e ce le snocciolava con una scioltezza di lingua che aveva del prodigioso..." La prima parolaccia: mio figlio sta finalmente imparando a parlare ! Non vi pare che oggi sia un po' così anche per i grandi? Se non infarcisci il tuo discorso con qualche parolaccia con qualche 'frase da carrettiere' (con buona pace dei carrettieri di una volta che di solito parlavano ai muli) non sei alla moda, sembra quasi che gli altri non ti intendano, non sei spiritoso, insomma: non sai parlare!

 

"VENUTA LA SERA, LA BARCA ERA IN MEZZO AL MARE ED EGLI SOLO A TERRA, ED ERANO AFFATICATI NEL REMARE PERCHE' AVEVANO IL VENTO CONTRARIO". ( Mc.6,47- 48)

Erano in dodici gli uomini che, in una barca, verso le tre del mattino, remavano faticosamente. Lottavano nella notte tentando di raggiungere la riva a dispetto delle onde violente e del vento contrario. Perché il Signore aveva permesso una situazione simile? Li aveva mandati Lui sulla barca con l'ordine di attraversare il lago! Non lo sapeva forse, che si sarebbe scatenata la tempesta? Non avrebbe potuto ordinare che non soffiasse quel gran vento? Bisognava remare ancora a lungo? Erano esausti: allora perché non fermarsi e ritornare da dove erano partiti? Ad ogni modo il Maestro non faceva niente per aiutarli! Non è vero che simili pensieri vengono anche a noi quando il vento delle circostanze ci è contrario, quando il lutto, la malattia, gli insuccessi scolastici o professionali ci sembrano prove insuperabili ? E' qui che dobbiamo pensare alla finale di questo brano di Vangelo. Gesù è sulla montagna a pregare: il cuore rivolto in alto, gli occhi sul lago a quella barca che annaspa e, al momento buono, in mezzo a quella bufera lo vedranno arrivare e sgriderà non i dubbiosi che però hanno continuato a remare, ma il mare che si placherà e, con Gesù sulla barca, permetterà di arrivare al porto.

 

QUALE DONO POSSIAMO FARE A GESU'?

Colui che sarà San Girolamo aveva lasciato la sua villa sull'Aventino, i suoi studi classici a Roma, i suoi piaceri giovanili nel mondo e si era ritirato, per la fede in Cristo, in una grotta, presso Betlemme. Occupava le sue notti in preghiera e in gravi penitenze. Durante il giorno compiva con somma diligenza l'incarico ricevuto dal Papa: tradurre in lingua volgare (a quel tempo era il latino) la Bibbia. Ma non era felice, quando pensava ai suoi peccati. Una notte gli apparve il Signore e gli disse: "Girolamo, hai ancora qualcosa di tuo da donarmi!". Rispose il santo: "Signore, che cosa vuoi ancora? Ti ho dato la vita, ritirandomi dal mondo. Ti dono l'intelligenza mettendola al servizio della tua parola. Ti dono il mio cuore...". Ma Gesù continuava: "Eppure, Girolamo, hai ancora qualcosa di tuo da donarmi".

E il santo: "Tu sai, o Signore, tu sai che non ho più nulla da donarti. Mi sono ridotto povero e nudo con te...". "Lo so, Girolamo, lo so, ma hai ancora qualcosa di veramente tuo da donarmi. Dammi i tuoi peccati! Li voglio tutti perdonare, per farti felice. "Se diamo i nostri peccati al Signore, essi diventano suoi, non sono più nostri, non abbiamo più il diritto di ritornarci sopra, abbiamo solo più la gioia di essere perdonati.

 

IL MONDO ATTENDE IL TUO CONTRIBUTO

Diceva Saint Exupery: " Essere uomo è sentire che posando la propria pietra, si contribuisce a costruire un mondo". Non lavartene le mani, non dire: "A che cosa serve..", non sentirti soltanto un essere sperso in mezzo a quasi sei miliardi di esseri spersi.. Per modesto che sia il tuo lavoro attuale è la pietra con cui tu costruisci il domani del mondo.. Sarà un mondo migliore o peggiore? Dipende anche da te. Un seme di bontà fa crescere la bontà nel mondo, un seme di violenza fa sì che il mondo diventi più egoista. Rompi i piccoli orizzonti del tuo piccolo mondo, apriti al mondo intero. Hai visto quei meravigliosi tappeti orientali fatti di milioni di piccoli nodi? Basta un nodo sbagliato perché l'intero tappeto perda il suo valore. Dio ripone la sua fiducia in te, non tradirla!

 

"LÀ DOVÈ IL TUO TESORO SARA' ANCHE IL TUO CUORE". (Mt. 6,21)

Racconta Fidursi, un poeta persiano del sec. XI:

Un gran re attraversava il deserto. Lo seguiva la corte, in carovana. L'oasi ormai non era lontana, quando cadde un cammello, rompendo il baule, che portava sul dorso. Una cascata di pietre preziose, di fulgidi diamanti, si sparse sulla sabbia. Con gesto regale, il re disse: "Cortigiani, fermatevi pure a raccogliere gemme e preziosi. Lascio tutto per voi. Io proseguo il cammino". E fece un lungo tratto di pista, pensando d'essere solo. Chi non si ferma a raccogliere tesori? Eppure sente un rumore di passi. Si volta: lo segue ancora un servo, un servo fedele. Gli chiede: "Perché anche tu non ti sei fermato a raccogliere perle e brillanti? Avresti potuto diventar ricco per sempre". Risponde il servo: "Io seguo il mio re! E' lui che mi importa!" E sorrise con uno sguardo d'amore. Se Cristo è re del tuo cuore, se oggi tu celebri la sua domenica, la vittoria sulla morte, la gioia della sua Comunione con te, vale ancora la pena fermarsi a raccogliere briciole colorate?

 

" VOI DUNQUE PREGATE COSI': PADRE NOSTRO…". (Mt. 6,9-13)

POSSO DIRE IL PADRE NOSTRO ?

Posso dire PADRE, se vivo nell'isolamento, se non manifesto sentimenti filiali nella vita di ogni giorno?

Posso dire NOSTRO, se vivo nell'individualismo e non ho il senso della fraternità umana e della comunità?

Posso dire CHE SEI NEI CIELI, se penso soltanto alle cose terrene e non innalzo lo sguardo al mondo delle realtà divine per le quali sono fatto?

Posso dire SIA SANTIFICATO IL TUO NOME, se non mi occupo della gloria di Dio, perché fatto a sua immagine e somiglianza, destinato a vivere la sua vita divina, a proclamare la sua santità?

Posso dire VENGA IL TUO REGNO, se non faccio tutto ciò che posso fare per affrettare l'avvento del Regno di Dio, se lo confondo con i successi terreni?

Posso dire SIA FATTA LA TUA VOLONTA' COME IN CIELO COSI' IN TERRA, se non cerco di scoprire il piano di Dio a proposito di tutto, ed in particolare della mia vita, se non cerco di cogliere le sue ispirazioni?

Posso dire DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO, se non penso che tutto ciò che conserva la mia vita mi viene dato dalla mano di Dio, se non mi occupo del mio fratello che ha fame, dei miei fratelli piccoli che non hanno più genitori?

Posso dire RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI COME NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DEBITORI, se custodisco coscientemente risentimento verso qualcuno, se non coltivo in me la volontà del perdono?

Posso dire NON CI INDURRE IN TENTAZIONE, se accetto deliberatamente una situazione che favorisce e condiziona una tentazione?

Posso dire LIBERACI DAL MALE, se non sono attento a tutte le forme del male che allontanano i miei fratelli, e se non sono disposto a combatterle con tutte le mie forze?

Posso dire AMEN, se ho recitato il "Padre nostro" senza convinzione, se ho ascoltato queste parole senza una volontà di conversione?

 

TRE NUMERI DA GIOCARE

Vanno sempre più di moda il lotto, il super Enalotto, i concorsi e le vincite. Giornali e televisione ce ne parlano tutti i giorni e la mania del gioco sta rovinando parecchie persone. Ebbene, per tutti i giocatori: attenti a questi numeri, ve li suggerisce nientemeno che Don Bosco. Un giorno si presenta a don Bosco un tale, che cercava numeri, per vincere un terno secco al lotto. Il santo gli rispose: "Siete veramente fortunato! Ho sognato proprio questa notte i tre numeri che fanno al vostro caso. Sono 7, 10 e 2!" L'uomo esclamò: "Grazie, don Bosco! Me lo diceva mia moglie che voi siete proprio un santo!" Stava per andarsene, quando il santo gli chiese: "E su quale ruote, buon uomo, li giocherete?" "Vedrò, forse su quella di Torino." "No, caro mio - lo interruppe il santo - questi numeri bisogna giocarli sulla ruota del paradiso: il 7 rappresenta i Sacramenti, che dovete ricevere; il 10, i Comandamenti, che dovete osservare; e il due i precetti dell'amore per Dio e per il prossimo, che dovete praticare! Giocate bene questi numeri, l'esito è sicuro, la vincita enorme!"

 

RITROVARE LA "DIMENSIONE CONTEMPLATIVA DELLA VITA"

Viviamo in un'epoca di stordimento, è sempre più difficile trovare tempo per la riflessione e la preghiera. Riceviamo troppe immagini, troppe notizie, troppi scandali, ricerchiamo troppi divertimenti. Lo schermo televisivo «droga» la gente, in particolare i bambini e i giovani. Secondo un'inchiesta sociologica, i bambini fra i tre e i dodici anni passano in media circa quattro ore al giorno davanti alla televisione. I ragazzi oggi non leggono quasi più nulla, meno che mai un libro intero, che non sia un testo scolastico. E' una pazzia assoluta. Non ha torto Indro Montanelli, quando in un pubblico dibattito dice provocatoriamente al Cardinale Carlo Maria Martini: «Perché la Chiesa non scomunica la televisione?». Ebbene, cosa fare? Solo lamentarsi non basta. Ricuperiamo nella nostra giornata uno spazio di silenzio e di preghiera. Impariamo qualche volta a fare a meno della televisione, dei giornali, del flusso continuo di notizie e di sollecitazioni, anche solo per igiene mentale. Ma anche per ritrovare la dimensione contemplativa della vita. Per ritrovare Dio. Non basta, pregare ripetendo qualche formula o andare in chiesa la domenica, se nella nostra giornata non incontriamo Dio nel profondo del cuore, se non ci innamoriamo di Gesù. Ma per questo occorre fare un po' di silenzio, metterci in ascolto del Signore che ci parla, rispondergli con calma, con amore, sentirlo presente nella nostra vita.

Siamo tutti chiamati alla contemplazione.

 

LA DIETA

Mi sono sempre fatto una domanda: se per andare in paradiso richiedessero gli stessi sacrifici in rinunce alimentari, in torture psicofisiche che sono richiesti per perdere quei cinque o sei chili che non permettono di indossare 'decentemente' il due pezzi, sareste disposte a farli? La Chiesa è retrograda, medievalista, quando parla di sacrificio, mentre certe torture da palestra per formare gli addominali sono "il meno che si può fare" non tanto per salvare la salute del corpo ma per salvarne l'estetica secondo la moda, senza contare che la moda, un anno dice che vanno bene le anoressiche stecchino e l'anno dopo le vuole 'in carne'. Gesù è un sadomasochista a dire: "Chi mi vuol seguire prenda la sua croce e mi venga dietro", o siamo invece al colmo della stupidità quando si arriva a rischiare la vita per un po' di ciccia aspirata (scusatemi, si dice: liposuzione)?

 

PREGARE PER GLI ALTRI

"Padre, mi raccomando, preghi per me!". Una delle cose più belle del cristianesimo è che, scoprendoci tutti figli di Dio, fratelli di Gesù, pieni dello Spirito Santo, chiamati ad una sorte comune, sperimentiamo davvero il 'corpo mistico', cioè siamo davvero in comunione con i santi e gli angeli del cielo, con le anime dei nostri defunti, con tutti i fratelli viventi, e possiamo quindi scambiarci il dono della preghiera, ma: attenzione, che qualcun altro preghi per me non mi esime dal cercare io stesso la gioia della preghiera. Non corriamo il rischio di certi personaggi storici del passato che ricevuto come penitenza (pensate a certi assurdi) di andare alla crociata, poiché avevano dei soldi, pagavano qualche servo perché ci andasse al posto loro.

Padre Egidio, che era uno dei frati minori più zelanti di San Francesco, ad un borghese che gli chiedeva preghiere rispose: "Se l'imperatore spargesse ricchezze per le vie di Perugia, non manderesti certo un altro a raccoglierle!".

 

LA FRETTA

Scherzando e sorridendo, da alcuni anni mi dedico a fare una classifica ben strana, quella della Messa più veloce. Il record imbattibile da parecchi anni lo detiene un prete che in 12 minuti e mezzo è riuscito a dire messa, senza predica, naturalmente, ma con preghiera dei fedeli e distribuzione dell'Eucarestia compresa. E' anche facile notare, a certe messe festive, una partecipazione un po' strana; eccone un esempio. Ore 11: inizio Messa d'orario, presenti 25 persone; ore 11,10: Vangelo, presenti 45 persone; ore 11,25: fine predica, presenti 90 persone; ore 11,40: fine distribuzione Eucarestia, presenti 70 persone. Ciascuno tiri le sue conclusioni. A me viene soltanto in mente quell'episodio della vita di San Filippo Neri che, siccome vedeva che parecchi fedeli uscivano dalla chiesa subito dopo aver ricevuto la Comunione, tralasciando di ringraziare un momentino il Signore, mandò due chierichetti con due candele accese a seguire questi "frettolosi". "Perché?", domandò uno di essi. Il Santo rispose: "Semplicemente perché accompagnino il Santissimo che tu hai ricevuto or ora e lo ringrazino e lo lodino da parte tua".

 

SUL RETRO DELLA CROCE DI GESU' C'E' UN POSTO PER NOI

Penso che tutti voi conosciate Tonino Bello, vescovo, morto solo pochi anni fa. Era un innamorato di Dio e dell'uomo (ci sono sempre stati e, grazie a Dio, ci sono ancora dei vescovi 'santi'). Durante un convegno dei volontari della sofferenza, nel seminario di Molfetta, era stato chiamato a celebrare e con uno di quei gesti spontanei che gli erano tipici, staccò il crocifisso dal suo piedestallo, lo portò in mezzo ai malati, lo girò all'indietro e disse:"Vedete, qui c'e un posto vuoto: è il posto vostro, il posto nostro". Soffrire significa essere inchiodati sul retro della croce di Gesù; basta dargli uno voce, e Lui ti risponde: sta lì dietro...

 

CHE COSA POSSIAMO FARE DAVANTI AGLI IMMENSI PROBLEMI DEL MONDO ?

Può prendere l'angoscia davanti ai problemi del mondo: se Dio sembra incapace di risolverli, come possiamo pensare di essere noi in grado di fare qualcosa? Dio, chiede a noi di diventare suoi collaboratori, ma come? Ecco come un canto brasiliano risponde a questa domanda:

Dio solo può dare la fede;

tu, però, puoi dare la tua testimonianza.

Dio solo può dare la speranza;

tu, però, puoi infondere fiducia nei fratelli.

Dio solo può dare l'amore;

tu, però, puoi insegnare all'altro ad amare.

Dio solo può dare la pace;

tu, però, puoi seminare l'unione.

Dio solo può dare la forza;

tu, però, puoi dare sostegno ad uno scoraggiato.

Dio solo è la via;

tu, però, puoi indicarla agli altri.

Dio solo è la luce;

tu, però, puoi farla brillare agli occhi di tutti.

Dio solo può fare ciò che appare impossibile;

tu, però, potrai fare il possibile.

Dio solo basta a se stesso;

Egli, però, preferisce contare su di te.

 

DIO, PADRE E MADRE

Signore, Gesù mi ha insegnato a chiamarti Padre, ma tu sei anche come una Madre, a volte felice e a volte inquieta, che non stacca mai gli occhi per un solo istante dai suoi bambini; che si rallegra per ciò che li rende felici, che prova riconoscenza per ogni loro progresso, e vive nell'inquietudine ad ogni attacco di febbre.

Signore, tu sei Padre, ma sei anche come una madre che conosce i suoi figli più di quanto si conoscono loro stessi. Una madre che li nutre di pane e d'amore, di fede e di fiducia, di tenerezza e di fedeltà. Una madre che asciuga le loro lacrime quando subiscono i colpi della vita, che ride dei loro colpi maldestri e sa trasformarli in altrettante occasioni di crescita.

Signore, tu sei Padre ma sei anche come una madre che difende i suoi piccoli, che li protegge con la sua presenza, che li tiene per mano per guidarli e per impedir loro di diventare a loro volta persone che fanno male agli altri. Sei come una madre il cui amore non è soffocante e permette di crescere. Tu perdoni anche gli errori più grandi: non per debolezza, ma per rendere possibile un nuovo cammino. Tu sai agire con discrezione per permettere ai tuoi figli di trovare, ognuno, la sua strada e di crescere nella libertà.

Fa', o Signore, che tutti i tuoi figli, felici, liberi e riconoscenti, possano riunirsi presto attorno a te, con la stessa serena gioia con cui ci si ritrova insieme, attorno alla propria madre.

 

NON TEMERE, NON LASCIARTI CADERE LE BRACCIA, IL SIGNORE TUO DIO E', IN MEZZO A TE, UN SALVATORE POTENTE (Sof 3,16-17)

L'invito è a non scoraggiarci, a tenere la strada.

Bisogna tenere la strada: è una legge. E' la legge delle imprese, di ogni società che vuole andare avanti. Tenere la strada, dopo aver fissato un obiettivo, vuol dire seguirla ad ogni costo, qualsiasi cosa avvenga, stringendo i denti e serrando i pugni.

Guardati attorno e osserva quelli che tengono la strada: non è per caso o per un colpo di fortuna. Si tratta di sforzo quotidiano con la volontà di stare in piedi in qualsiasi situazione. E tu, Signore, con la tua venuta continui a dirmi:

"Coraggio, resisti, nonostante tutto. Te l'ho detto e te lo ripeto ancora attraverso i miei profeti: se anche i giovani sono vinti dalla fatica, se anche gli atleti a volte si accasciano, quelli che sperano in me terranno la strada."

 

CHE COSA CONTA NELLA VITA

Non interessa che il pianista sia basso: ciò che conta è che sia grande l'esecuzione. Penso a San Francesco d'Assisi: uno scricciolo d'uomo, ma bruciato di serafico amore. Penso a quel piccolo immenso uomo d'amore che fu Gandhi. Penso a Schubert, chiamato dagli amici 'funghetto", eppure Beethoven diceva di lui: "Ha in sé una scintilla divina". Penso a Don Orione: un pigmeo con un’ anima da gigante. Vivere non è occupare spazio. Auguro a tutti di spegnere almeno ottanta candeline. Ma a conti fatti, l'età non conta più di tanto. Marconi aveva 21 anni quando compì il suo primo esperimento di trasmissione senza fili. Raffaello morì a 37 anni, Leopardi e Chopin a 39; Cristo a 33. Pascal a 16 anni scriveva opere e a 18 inventava la prima macchina calcolatrice. Domenico Savio fu santo a 12 anni; Sant’ Agnese fu martirizzata a 13. S. Francesco divenne tutto quello che divenne entro i 45 anni... ll genio e la bontà non hanno età. La vita non è questione di anni: la vita è questione di vita.

 

FIGLI E GENITORI

Oggi, festa di San Giuseppe, viene facile fare una riflessione sulla famiglia.

Ecco ciò che un figlio generalmente pensa di suo padre...

A dieci anni è persuaso che suo padre sa molte belle cose.

A quindici anni egli crede di saperne quanto lui.

A vent'anni, di avere per lo meno il doppio delle sue cognizioni.

A trent'anni, che il suo genitore potrebbe domandargli qualche consiglio.

A quarant'anni, che suo padre ne sa un po' più di lui.

A cinquant'anni comincia a seguire i suoi consigli.

A sessant'anni, quando il vecchio padre è già morto, è convinto che il povero babbo è stato l'uomo più prudente e saggio che sia vissuto.

 

... e di sua madre

A dieci anni è persuaso che sua mamma gli vuole molto bene.

A quindici, pensa che sarebbe ora che sua madre non lo trattasse più da bambino.

A vent'anni, che le idee di sua madre sono molto antiquate.

A trenta, che forse qualcuna di queste idee non è poi tanto sbagliata.

A quaranta, che sua madre, in fin dei conti, vedeva giusto quasi sempre.

A cinquanta, che se avesse seguito i suoi consigli, forse avrebbe evitato tanti errori nella sua vita.

A sessant'anni, quando la vecchia madre è morta, si accorge che non c' è più nessuno al mondo che gli voglia veramente bene, come lei.

 

E, a proposito di genitori, di figli, di famiglia, ecco una raffica di citazioni, ciascuno trovi la sua:

- I genitori che si chiedono dove stanno andando le nuove generazioni farebbero bene a ricordarsi di dove vengono. (Sam Beving)

- Il bisogno sembra essere l'unica possibilità di comprensione tra genitori e figli. (H. Boll)

- C'è qualche ironia nel fatto che i bambini immaginino che i genitori possono fare quello che vogliono, mentre i genitori immaginano che i bambini fanno quello che vogliono. "Quando sarò grande..." è il parallelo di "Oh, poter tornare bambini!". (Fierestone Shlamith)

- Le cose migliori che potete dare ai figli, dopo le buone abitudini, sono dei buoni ricordi. (Harris Sydney)

- Noi non possiamo plasmare i figli secondo i nostri sentimenti; così come Iddio ce li diede bisogna tenerli e amarli. (Geothe)

- Dalla nostra famiglia riceviamo sia le idee di cui viviamo, sia le malattie di cui moriremo. (Proust)

- Le famiglie felici si somigliano tutte; le famiglie infelici sono infelici, ciascuna a modo suo.

 

I PESSIMISTI NON SONO MAI ALTRO CHE SPETTATORI

Quante volte, sulle panchine del corso o sotto gli ombrelloni al mare o sui mezzi pubblici ti è capitato di incontrare la "banda del mugugno", quelle persone che hanno gli occhiali scuri e che vedono solo nero: "Il mondo va male... il governo non fa niente.. non c'è più religione.. i giovani non valgono niente.." Tipi che ragionano così sembrano lumache che si trascinano, sporcando tutto di bava..., sono persone scure che irradiano sugli altri il color nero. Si lamentano, ma si limitano a guardare... E' inutile: dovunque ci saranno sempre difetti. Occorre mettersi a lavorare per ridurli, per toglierli... Tu che cosa hai fatto finora di concreto, per migliorare il tuo ambiente? Non sarebbe molto meglio se tutti dicessero dieci parole di lamento in meno e una azione buona in più?

 

L' IMPORTANTE E' SEMINARE CON GENEROSITA'

Il vero donare è quando chi dona è felice come chi riceve, e quando il confine tra il donare e il ricevere svanisce.

Semina, semina: l'importante è seminare - poco, molto, tutto - il grano della speranza.

Semina il tuo sorriso perché splenda intorno a te.

Semina le tue energie per affrontare le battaglie della vita.

Semina il tuo coraggio per risollevare quello altrui.

Semina il tuo entusiasmo, la tua fede, il tuo amore.

Semina le più piccole cose e nonnulla.

Semina e abbi fiducia: ogni chicco arricchirà un piccolo angolo della terra.

Scrive Gibran:

"Dai poco se doni le tue ricchezze, ma se dai te stesso doni veramente. Vi sono quelli che danno con gioia e la gioia è la loro ricompensa. Nelle loro mani Dio parla e dietro i loro occhi Egli sorride alla terra. E' bene dare se ci chiedono, ma è meglio capire quando non ci chiedono nulla. E per chi è generoso, cercare il povero è una gioia più grande che donare".

 

"RIVESTITEVI DUNQUE COME AMATI DA DIO , SANTI E DILETTI, DI SENTIMENTI DI MISERICORDIA, DI BONTA', DI UMILTA', DI MANSUETUDINE E DI PAZIENZA". (Col. 3, 12)

L' umiltà non è, come talvolta si è portati a pensare, lo sforzo, talora goffo, di chi ha la pretesa di convincersi che è peggiore di tutti gli altri e si ostina a convincere anche gli altri attraverso un comportamento per lo meno poco naturale. L'umiltà, lo dice l'origine stessa della parola, è la condizione della terra. La terra è sempre lì. Nessuno se ne meraviglia. Nessuno le bada. Tutti la calpestano. La terra è il luogo che accoglie ogni sorta di avanzi, di rifiuti. E' lì, silenziosa: accetta tutto e trasforma in ricchezza nuova tutti questi detriti in decomposizione. Riesce a trasformare addirittura la corruzione stessa in fermento di vita nuova, recettiva al sole, recettiva alla pioggia, pronta a ricevere qualsiasi seme...

 

"NON SON PIU' IO CHE VIVO, MA E' CRISTO CHE VIVE IN ME". (Gal 2,20)

IL SANTO RIVEDUTO E CORRETTO

Quella notte sognò di morire. Si presentò sicuro alle porte del paradiso perché la sua vita era piena di opere buone. Bussò alla porta e dal di dentro la voce del Padre domandò: "Chi è?" Quell' uomo che si riteneva 'santo' rispose: "Signore, tu mi conosci bene: ‘sono io!’ Posso entrare?" Toh! Le porte del Paradiso rimasero chiuse! Fu tale i dispiacere che l'uomo si svegliò all'improvviso e decise di cambiare vita. Visse giorno per giorno non più con le opere buone come le pensava e voleva lui, ma imitando Gesù, il suo stile, il suo amore. Quando venne veramente la morte, bussò alle porte del Paradiso. La voce del Padre gli chiese: "Chi sei?" Questa volta l'uomo rispose: "Sono Gesù, perché Lui è la mia vita!" Allora le porte del cielo si spalancarono.

 

"TI SALUTO, O PIENA DI GRAZIA, IL SIGNORE E' CON TE". (Lc.1,28)

Elisabetta, sua cugina, la chiama " la Benedetta", perché su di lei Dio riversa le sue benedizioni e tutte le generazioni diranno la sua gioia. Strana gioia! Attraversata da prove e dolori. Fino alla croce dove perderà il Figlio della promessa. Ma "beati quelli che piangono, perché saranno consolati".

Elisabetta la chiama anche "la Credente", colei che ha creduto nonostante tutto: la sua fede è fatta di obbedienza al mistero di un Dio che si serve di lei per rivelarsi e donarsi ad un mondo che non crede. Beati i poveri che si lasciano afferrare dallo Spirito, perché il Regno di Dio è per loro.

Infine, Elisabetta la chiama "la madre del mio Signore", colei che lo sguardo di Dio ha reso degna di mettere al mondo, nel dolore e nella gioia, l'Uomo nuovo, la Parola fatta carne, il Servitore di Dio per la salvezza di tutti, perché tutti possano ritrovare la pace con Dio e con se stessi. Beati quelli che fanno opera di pace perché saranno chiamati figli di Dio. Maria stessa si designa solo come "la Serva", una come quelli che si mettono interamente a disposizione di Dio e degli altri, e si considerano dei "servi inutili" dei quali però Dio si vuole servire perché portino agli altri la sua giustizia piena di misericordia e ne siano un segno. Beati quelli che hanno fame della giustizia che è dono di Dio: saranno saziati. Ma Dio la chiama la "piena di grazia", colei che ha ricevuto il favore di Dio e che è stata colmata della sua grazia. Lei sa - al di là di tutte le sofferenze, le difficoltà, i sospetti e le paure - che Dio la manterrà nella fede e nell'obbedienza, nella fedeltà alle sue promesse e alle sue esigenze. Beati quelli che hanno il cuore puro perché vedranno Dio.

 

IMPARARE A SORRIDERE

Madre Teresa di Calcutta chiedeva alle sue suore, impegnate a condividere i peggiori mali della terra, di saper sempre sorridere. "Non capiremo mai abbastanza quanto bene è capace di fare un semplice sorriso" diceva, e un anonimo che non solo parlava di sorriso, ma sapeva sorridere, diceva: "Un sorriso costa meno dell'elettricità, ma dona più luce". Io dubito che entri in paradiso uno che non voglia sorridere e dubito del cristianesimo di quei credenti che sono sempre tristi e che fanno della religione una scuola di lamenti: ma da che cosa è venuto a liberarci il Cristo se noi continuiamo a volercene stare "sui fiumi di Babilonia a piangere la libertà persa"? San Filippo Neri, scandalizzando come sempre i compassati benpensanti, girando per le vie di Roma, faceva volare in alto il suo cappello da prete gridando: "Paradiso, Paradiso!". Si può essere nella tristezza se destinati alla gioia e alla gioia eterna? Il paradiso lo aspettiamo, ma se vogliamo già lo possediamo, basta con semplicità saperlo scorgere tra le pieghe di una vita qualsiasi: in un libro letto, in un incontro cordiale, in un bambino che inizia a camminare, in un paesaggio, nella tela di un ragno, nella preghiera silenziosa o comunitaria... Proposito della giornata: non andare a letto senza aver sorriso almeno dieci volte (e la cura è da ripetersi tutti i giorni).

 

UOMO O SCIMMIA ?

La nostra è sempre più una società di ruoli, per cui si è rispettati in base a quello che si fa e si produce e non in base a quello che si è: il valore morale della persona scende, il valore funzionale sale. L'uomo non ha più il coraggio di assumere la propria dignità di persona. Tanti (non solo Darhvin) credono volentieri di discendere dalla scimmia perché è ciò che inconsciamente desiderano. Essere animali e vegetali è più facile che essere umani. Diceva il brillante commediografo austriaco Nestory. " Chi conosce gli uomini, conosce i vegetali, dato che esistono pochissime persone che vivono, e molti, innumerevoli, che vegetano".

L'uomo non è un prodotto astrale: "Sono nato sotto una cattiva stella".

L'uomo non è un prodotto istintuale: " Sono fatto così".

L'uomo non è un prodotto sociale: " Con una scuola simile, come si può riuscire?"

L'uomo resta sempre un prodotto personale.

La vita è nelle mie mani. Nulla è già scritto: spetta a me prendere la penna tra le dita e scrivere ciò che decido di scrivere.

 

"E LO CROCIFISSERO, E CON LUI ALTRI DUE, UNO DA UNA PARTE E UNO DALL'ALTRA, E GESU' NEL MEZZO". ( Gv. 19,18 )

Tre croci ci sono sulla montagna della vita, come tre croci c'erano su quella collina di Gerusalemme.

Su quella centrale è inchiodato quello che è ritenuto il più colpevole. E avevano ragione a pensarla così perché Gesù, l'unico giusto, è colui che si è addossato tutte le colpe dell'umanità e quindi è il più colpevole. Ma tutto questo lo ha accettato per amare e per salvare. Seconda croce: ecco un uomo che si rivolge a Gesù. Riconosce la sua colpevolezza e la santità di colui che "non ha fatto nulla di male". Lo chiama Signore e riconosce la sua dignità. Ma questo condannato è un malfattore. Che importa? La salvezza è per tutti, per "chiunque crede". Allora Gesù gli dice: "Oggi sarai con me in paradiso". Sulla terza croce è crocifisso un altro condannato: egli ingiuria il Signore e si fa beffe di Lui. " Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!". Incredulo, muore lontano da Dio, mentre il Salvatore era là, vicino a lui. Anche nella nostra vita ci sono tre croci: quella centrale è quella di Cristo, offerta amorosa di misericordia, e poi ci sono le altre due o le tante altre su cui ci siamo noi: esse possono continuare a rimanere croci di condanna o possono divenire croci di liberazione.

 

"SIA FATTA LA TUA VOLONTA'"

Ma qual è la tua volontà? Certo ci sono i comandamenti che ci indicano una strada, c'è il Vangelo, c'è la Chiesa, ma nelle situazioni concrete, nel concreto che cosa mi chiede Dio?

Un frate che aveva lavorato tutta la vita cucendo sai e rammendando la povera biancheria del convento, giunto al momento di morire, durante la serena agonia si rivolge ai confratelli: «Vi prego, portatemi la chiave del Paradiso!». «Delira, poveretto... Chi lo capisce? Forse vuole la Regola? Oppure ci sta chiedendo la Corona? Meglio, portiamogli una crocetta». Ma a tutti il frate faceva di no col capo. Comprese, infine, il Priore: corse in laboratorio, dall'astuccio cavò fuori un ago e lo portò al moribondo. Questi prese il minuscolo oggetto e, rivolgendosi come ad un essere animato, mormorò: «Abbiamo lavorato tanto, insieme, noi due, vero? E insieme abbiamo cercato sempre di fare la volontà di Dio. Ora mi aprirai tu la porta del Cielo. Ne sono sicuro». E il fraticello morì contento. Quell'ago era stato lo strumento che lo aveva aiutato, giorno dopo giorno, a guadagnarsi il Paradiso.

 

MORTO AL MIO POSTO

Mi ha fatto una certa impressione leggere nelle cronache di quanto accadde in Francia durante il Terrore, questo episodio avvenuto nel 1793. Un giovane di nome Thibaud era stato arrestato, giudicato e condannato. Nella sua cella aspettava da un momento all'altro la chiamata alla ghigliottina. Per un favore insperato, suo padre ottenne l'autorizzazione a visitarlo. Trovò il figlio nella disperazione più profonda. Poiché il guardiano che lo aveva accompagnato aveva dimenticato di farlo uscire al termine della sua visita, il vecchio trascorse la notte ad incoraggiare il figlio che alla fine si addormentò. Allo spuntar del giorno, la porta si apre e viene chiamato un nome: "Thibaud!". Il padre si alza, senza rumore, avanza e risponde: "Presente!". Viene fatto salire nel carro e, pochi istanti dopo, la sua testa cade sotto la mannaia. Quando il giovane si svegliò nella sua cella si trovò solo e vide la porta aperta. Uscì, si presentò al corpo di guardia. Gli risposero: "Lei è Thibaud? E' impossibile. E' stato giustiziato proprio questa mattina. Se ne vada, no, non ha nulla a che fare con la giustizia". Allora il giovane, sconvolto, capì e misurò l'amore di colui che era morto al suo posto. Non è forse successo anche a noi la stessa cosa? Dice San Paolo nella lettera ai Galati 1,4 : " Gesù Cristo ha dato se stesso per i nostri peccati".

 

"GESU' HA DATO LA SUA VITA IN RISCATTO PER TUTTI". (Mc.10,45)

Se siamo onesti è facile scoprirci poveri, senza meriti, con le mani vuote. Ma se siamo anche umili, consapevoli dei doni di Dio, riconoscenti, c'è qualcuno che ci vuol bene, ci accompagna, ci salva: "Aveva sciupato la vita in preoccupazioni, che ora sul letto di morte non contavano niente. Ebbe però il coraggio di chiamare un sacerdote. Questi, per l'infinita misericordia di Dio, gli perdonò tutti i peccati della vita e lo riconciliò con Dio. Ma il moribondo, triste, guardava le sue mani e sospirava: come sono vuote di opere buone le mie mani, come sono vuote! Allora il sacerdote staccò dalla parete il crocifisso, lo pose tra le mani di quel povero uomo pentito e gli disse: ora le tue mani non sono più vuote! I meriti di Gesù, che ti ama, sono diventati tuoi. Ora possiedi il più grande tesoro, il lasciapassare per il Regno del Padre. A queste parole il povero uomo si strinse felice il Crocifisso al cuore e morì sereno". Ma non solo in punto di morte, la croce ci parla della misericordia di Dio in Gesù, ma già durante la vita può riempirci di speranza, di misericordia, di pazienza, di amore.

 

S. Francesco di Sales, famoso vescovo di Ginevra, incontrò un giorno un ragazzo. Portava un secchio pieno d'acqua, su cui galleggiava un piccolo pezzo di legno. Chiese: ragazzo mio, a che serve quel pezzo di legno sull'acqua del secchio? Rispose il ragazzo: con quel pezzo di legno, l'acqua non si agita troppo, mentre cammino, e quindi non esce dal secchio. Questo fatto suggerì al santo dottore un'utile considerazione sulla vita dell'uomo: sulle onde dei tuoi dubbi e dolori, o uomo, metti la croce di Cristo. Essa ti darà tranquillità e non perderai la pazienza nel tuo soffrire.

 

Il mese è finito, ci stiamo avvicinando velocemente alla Pasqua, e su questi fogli sono avanzate ancora alcune righe bianche: vi offro allora una serie di pensieri che spero vi aiutino in questi giorni a rinnovare sentimenti giusti per questa grande festa di gioia e liberazione.

 

Se mi si chiedesse qual è il mattino più importante di tutta la Bibbia,

non avrei bisogno di riflettere; senza esitazione risponderei: "Il mattino di Pasqua". (Bours James)

 

Circa il mistero pasquale, il nostro compito è solo apprenderlo.

Il Verbo ce ne spiegherà il significato nella nuova Pasqua, nel Regno del Padre. (San Gregorio Nazianzeno)

 

Nella morte di Cristo, Dio ha amnistiato l’umanità, distruggendo tutte le cambiali e i documenti che l’accusavano, inchiodandoli sulla Croce. (Perotto Elio)

 

Ci sarà un altro mondo, un’altra vita, un’altra terra. Questa è la certezza di Pasqua. (Voillaume Renè)

 

Dall’orto degli ulivi al Calvario, il Signore ha conosciuto e sperimentato in anticipo tutte le sofferenze possibili, anche le più umili e le più tristi. (George Bernanos)

 

Dov’è la croce, la risurrezione è vicina. (Dietrich Bonhoeffer)

 

La croce di Cristo è la chiave del paradiso. (San Giovanni Damasceno)

 

E’ arrivato il dolore, verrà anche la pace; è arrivata la tribolazione, verrà anche la purificazione. L’oro non splende nel crogiolo, ma nel gioiello. (Sant’Agostino)

 

Al termine della scalata non c’è la scalata, ma la sommità. Al termine della notte non c’è la notte, ma l’aurora. Al termine dell’inverno non c’è l’inverno, ma la primavera. Al termine della morte non c’è la morte, ma la vita. (Anonimo)

 

Sperare è cogliere un frammento del pensiero di Dio in tutte le cose. (Ferdinand Ebner)

 

Se guardassimo sempre il cielo, finiremmo per avere le ali. (Gustave Flaubert)

 

Non essere lieti è l’unico grande peccato del Nuovo Testamento. (G. Rittelmeyer)

 

Dove si semina amore, nasce la gioia. (Hans Walldorf)

     
     
 

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