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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

SETTEMBRE 1998

 

 

 

MARTEDI’ 1 SETTEMBRE 1998

"Chi ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo dirigere? Ora noi abbiamo il pensiero di Cristo". (1 Cor. 2,16)

La grande differenza tra la nostra fede e le altre forme di religione è che mentre queste ultime sono la proiezione e la concretizzazione dei desideri dell’uomo, la nostra fede è una fede rivelata. L’uomo da solo, essendo creatura, non può comprendere, nella pienezza, il Creatore, ma se il Creatore si rivela, l’uomo può arrivare a Lui. Il nostro Dio è un Dio che si è rivelato. Tutta la Bibbia è la rivelazione graduale di Dio: liberatore, guida, legislatore, creatore... Ma la pienezza della rivelazione è il Dio incarnato, Gesù. Se noi crediamo in Lui, attraverso il suo Spirito abbiamo la pienezza della rivelazione. Perché cercare Dio altrove? Non sarà la nostra povera scienza a rivelarcelo, non saranno neanche le strane ricerche esoteriche a farci carpire i segreti di Dio, è solo la fede in Gesù, parola incarnata, a farci comprendere il mistero di Dio Amore e il senso della nostra vita.

 

 

MERCOLEDI’ 2 SETTEMBRE 1998

Quando uno dice: "Lo sono di Paolo", e un altro: "Io sono di Apollo", non vi dimostrate semplicemente uomini? (1 Cor. 3,4)

Capita, in certe riunioni di cristiani, di sentire affermazioni simili: "lo sono del Rinnovamento dello Spirito", "lo sono di Comunione e Liberazione", "lo sono di quella Parrocchia", "lo seguo il tal prete"... Può essere bellissimo se questo denota la varietà dei doni dello Spirito Santo che, attraverso strade diverse, portano ad un’unica fede. Se, invece, è segno di individualismi, di contraddizione, di affidamento a persone che diventano più importanti di Cristo, allora siamo lontani dalla fede. Le persone, i gruppi sono importanti se ci aiutano ad incontrare l’unico Cristo Salvatore, se ci portano ad essere testimoni di Lui e non del gruppo, se ci aiutano a riconoscere la bontà di Dio che, manifestandosi in modi diversi, vuoi portare tutto e tutti a sé. In un altro brano, proprio 5. Paolo ci invita a "non dividere il corpo di Cristo".

 

 

GIOVEDI’ 3 SETTEMBRE 1998

"Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti". (Lc. 5,2)

Mi diceva una catechista: "Ma vale ancora la pena di spendere tanto tempo e tante energie per il Catechismo? Sono tre anni che incontro settimanalmente i bambini, che ce la metto tutta, ma
sembra di parlare al muro... Non uno che vada a Messa la domenica...". Un missionario mi raccontava di aver lavorato per più di dieci anni in una tribù dell’Africa senza ottenere neanche una conversione. Altro che scoraggiamento! "Eppure, dice Pietro, sulla tua parola getterò le reti". Gesù, nella fede in te, continuerò ad aver fiducia nel cambiamento di vita di mio figlio. Sulla tua parola continuerò a predicare nel tuo nome. Sulla tua parola continuerò a fare la catechista. La fiducia non può appoggiarsi su noi stessi ma si appoggia su di Te che vuoi il bene degli uomini, sulla tua Parola che è più forte della durezza del nostro cuore.

 

 

VENERDI’ 4 SETTEMBRE 1998

"Non vogliate giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà Le intenzioni dei cuori". (1 Cor. 4,5)

Un’esperienza che sicuramente ciascuno di noi ha fatto è quella di aver cercato di far del bene a una persona ed essa, o perché non ha capito quello che noi stavamo facendo per lei o perché non ha gradito il nostro gesto, ci giudica malamente. Altre volte, invece, apprezziamo delle persone che si presentano bene e che invece non ci danno assolutamente niente ma cercano solo i propri interessi. Tutto questo ci dice quanto sia difficile giudicare correttamente in quanto difficilmente riusciamo a comprendere fino in fondo le intenzioni degli altri. Chi conosce tutto è solo Dio, quindi solo il suo giudizio è vero. Il credente, che non può fare a meno di vedere, non darà mai un giudizio definitivo e totale. Non potrò mai dire di uno "e cattivo", potrò vedere dei gesti che io reputo non giusti, ma solo Dio conosce le sue vere intenzioni. Il sospendere il giudizio e affidano a Dio, poi, ci rende molto più liberi in quanto non creo delle barriere al fratello, gli lascio sempre una porta aperta, mi libero da rabbie e desideri di vendetta.

 

 

SABATO 5 SETTEMBRE 1998

"Perché fate ciò che non è permesso di sabato?". (Lc. 6,2)

La frase del Vangelo di oggi ci permette di fare alcune riflessioni sulla domenica. Fino ad alcuni anni fa, la Chiesa per ricordarci il giorno del Signore era addirittura intransigente: assolutamente nessun lavoro servile, obbligatorietà della Messa, digiuno da mezzanotte per chi voleva comunicarsi; pena per chi non osservava: peccato mortale. Poi giustamente, pensando al fatto che Gesù non è un leguleio, queste norme sono state temperate. Il guaio è che poco per volta, per molti si è perso il senso fondamentale della domenica. Essa, per molti, è ancora, insieme al sabato un giorno di festa, ma esclusivamente per divertirsi, per avere tempo per sé. La Messa è importante, quando c’è tempo, dopo tutti gli altri impegni...

E pensare che la domenica dovrebbe ricordarci che il Signore è Colui che ci dà il tempo, che l’amore di Dio si riversa su di noi. La Messa dovrebbe riempirci di gioia per la possibilità di comunione con Gesù, con la sua parola e con i fratelli. Non si tratta di diventare di nuovo degli "osservanti" ma di riscoprire i doni che ci vengono dati.

 

 

DOMENICA 6 SETTEMBRE 1998 – 23^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

"Chi di voi volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?". (Lc. 14,28)

Tutte le volte che ci passo davanti, mi viene in mente questa parabola. Nel primo entroterra della Liguria c’è un posto bellissimo, quasi nascosto in mezzo a boschi e boschetti di macchia mediterranea. Ti trovi davanti a questo esplodere di colori e profumi e vedi ergersi in mezzo ad essi, come scheletri, i pilastri di quella che, intuisci, sarebbe dovuta essere una bellissima villa. Conosco il proprietario. Aveva recuperato un po’ di soldi da una eredità e aveva deciso di vivere da ricco signore. Il progetto di una ricca villa lo aveva affascinato, ma, ahimè, non aveva fatto bene i conti e lo scheletro di quella "incompiuta" rimane lì, invasa dalla macchia, a testimoniarlo e a testimoniare a noi che senza un sano realismo e un’audacia ma guidata da costanza non realizziamo niente nella vita. Anche nella vita cristiana occorre convincersi che un’avventura spirituale è degna di questo nome in quanto viene sostenuta dalla volontà di condurla fino in fondo.

 

 

LUNEDI’ 7 SETTEMBRE 1998

"Gli scribi e i farisei lo osservavano". (Lc. 6,7)

Se vogliamo cercare di conoscere una persona, la osserviamo nel suo modo di parlare e di agire, ma spesso i risultati dipendono dal modo con cui osserviamo. I Vangeli ci fanno capire che davanti a Gesù, a seconda del modo con cui le persone si ponevano, giungevano a modi di comprensione diversi. Ci sono gli scribi e i farisei che, sicuri di se stessi e delle proprie credenze, lo osservano con sospetto, pronti a prenderlo in fallo, e non incontrano Gesù; ci sono i curiosi che vogliono solo vedere miracoli; ci sono persone che osservano Gesù solo per poterlo in qualche modo sfruttare e tirare dalla loro parte; ci sono i semplici che vedono in Gesù la realizzazione delle loro aspirazioni; ci sono gli apostoli che osservano Gesù per imparare per la loro vita e per la loro missione. Anche oggi, per noi, dipende molto dal modo con cui osserviamo Gesù. Si può essere indifferenti davanti a Lui, oppure prevenuti, o critici. Si può cercare da Lui solo facili miracoli, si può essere spettatori.., ma alla fine incontreremo solo noi stessi o il Gesù che ci siamo costruiti noi. Per poter osservare" Gesù occorre essere in disposizione di accoglierlo così com’è, occorre svuotarci di noi stessi e delle nostre prevenzioni per poter accogliere Lui nella sua interezza.

 

 

MARTEDI’ 8 SETTEMBRE 1998

"Genealogia di Gesù...". (Mt. 1,1)

Nel giorno in cui la liturgia ci ricorda la nascita di Maria, leggiamo questa lunga genealogia di Gesù. Più che cercarne la veridicità storica possiamo leggere in essa un richiamo alla concretezza dell’amore di Dio lungo i secoli e della fedeltà della sua promessa che, concretamente, si incarna in Gesù. Così, fin dall’inizio della storia della salvezza si comincia a scorgere il volto di una donna che è come trasparenza dell’amore di Dio, Colei che nel pensiero di Dio fu sempre associata al disegno della redenzione e fu trovata degna di essere la porta di ingresso di Gesù nel mondo. Contemporaneamente Maria è anche la prima risposta positiva che Dio trova nell’umanità, quindi anche noi, tramite Lei, possiamo accedere a Dio.Nella festa della nascita di Maria noi festeggiamo anche la nascita dell’umanità nuova. Se noi rinasciamo, accettando il Figlio di Maria, anche noi, come Lei, possiamo diventare risposta positiva all’amore del Padre e con Lei entrare nel suo Regno.

 

 

MERCOLEDI’ 9 SETTEMBRE 1998

"Beati voi poveri".  (Lc. 6,20)

Quanta poesia e quanta ipocrisia si è fatta intorno alle beatitudini. Eppure è una delle pagine più decisive e sconvolgenti del Vangelo. Gesù ama i poveri. Gesù condivide e invita a condividere con i poveri. La povertà e la ricchezza in se stesse non sono né bene né male. L’unica cosa certa è che la ricchezza è un grosso rischio perché tende a schiavizzare l’uomo mentre la povertà, se vissuta bene, senza rabbia, può essere occasione di incontrare Dio. Mi interrogo allora sul fatto se sono veramente "beato". Sono contento, felice della mia situazione? Vivo nella paura e nell’ansia per il domani? Il denaro è per me mezzo o fine? Nelle situazioni di necessità, di povertà sento di essere nelle mani di Dio?

 

 

GIOVEDI’ 10 SETTEMBRE 1998

"Non giudicate e non sarete giudicati". (Lc. 6,37)

Chi è colui che può giudicare conoscendo tutto ed essendo il Bene, la Giustizia, l’Amore? Solo Dio può questo, quindi ai discepoli di Gesù è proibito giudicare. Chi giudica il proprio fratello si mette al posto di Dio. Nella pratica quotidiana quante volte manchiamo a questo comando del Signore! Siamo sempre pronti a sottolineare i lati negativi del nostro prossimo, a mettere in luce i difetti, illusi come siamo di essere i perfetti mentre se ci guardassimo bene avvertiremmo che anche noi abbiamo difetti e limiti. Chi ha la gobba non la vede perché sta alle spalle e, allora, può capitare che un gobbo prenda in giro un altro di cui vede la gobba. Non sarebbe tutto più sereno e invitante alla pace se riuscissimo ad evidenziare la positività degli altri?

 

 

VENERDI’ 11 SETTEMBRE 1998

"Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo?". (Lc. 6,41)

Attraverso la concretezza di questa immagine, Gesù ci invita a saper guardare con lucidità a noi stessi: "Voi che diffidate del prossimo, voi che criticate così facilmente i vostri superiori o i vostri fratelli.., guardate con onestà al fondo della vostra vita... Aprite gli occhi su voi stessi. Voi che vedete così facilmente i difetti della Chiesa, dei preti, dei cristiani che non la pensano come voi su certi punti, sappiate anche, almeno qualche volta, ritrovare i vostri difetti. Come sarebbe più vivibile la vita se noi fossimo più esigenti con noi stessi che con gli altri, se noi applicassimo a noi stessi tutti quei buoni consigli che generosamente propiniamo agli altri. Non avete mai notato che è sempre a causa degli altri che tutto va male?: se il Governo facesse cosi..., se i sindacati non avessero fatto quello..., se il mio sposo fosse cosi..., se i preti facessero meglio il loro lavoro...!

 

 

SABATO 12 SETTEMBRE 1998

"Ogni albero si riconosce dal suo frutto". (Lc. 6,44)

Gesù, citando questo proverbio ci dice che è il "fondo" dell’uomo che permette di giudicare dei suoi atti, è il "cuore" dell’uomo che è essenziale. Però è anche vero che non sempre dall’esterno dei frutti si può giudicare la bontà dell’albero: pensate a certe bacche meravigliose che troviamo nei boschi, o a certi funghi bellissimi: tutto sembra dirti la bontà del prodotto, ma se provi a mangiarli... Noi uomini, quindi, possiamo anche confonderci e sbagliarci. E i miei frutti sono buoni? Tutte le parole che dico sono di "nutrimento", di incoraggiamento, di speranza, di edificazione per i miei fratelli o dietro magari al miele, alla forma esteriore si radica un veleno che poco per volta infetta e magari uccide? Signore, trasforma il mio cuore, questo centro profondo della mia personalità: rendilo "buono" come quando si parla di un "buon pane" saporito, gustoso, desiderabile. Che la mia vita sia veramente un buon frutto di cui gli altri possano gioire e nutrirsi.

 

 

DOMENICA 13 SETTEMBRE 1998 – 24^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

"Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?". (Lc. 15,4)

Il pastore della parabola non si ritiene ricco, appagato, perché ha novantanove pecore al sicuro. Si mette alla ricerca affannosa di quella smarrita. Le novantanove rimaste non lo risarciscono della perdita di quell’unica vagabonda. La conclusione è evidente: Dio non si accontenta. Una sola persona ha valore unico ai suoi occhi, un valore irripetibile, non sostituibile. Ciascuno di noi è prezioso, importante e quindi fonte di ricerche ostinate, preoccupazioni, sollecitudini infinite, attese pazienti da parte di Dio. L’uomo può cessare di essere figlio. Può fare a meno del Padre. Può stare senza Dio. Può fuggire. Ma Dio non si rassegna a stare senza l’uomo. Dio ti ama personalmente, ti cerca pazientemente, rischia su di te. Lasciati trovare: non c’è un bastone che ti aspetta ma solo delle braccia che ti accolgono e delle spalle disposte a portarti.

 

 

LUNEDI’ 14 SETTEMBRE 1998

"Cristo Gesù, apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce". (Fil. 2,8)

Ha senso celebrare una festa in cui si esalta uno strumento di tortura come la croce? Noi, la croce non la esaltiamo per la cattiveria che manifesta, per la sofferenza che procura, per la violenza e l’ingiustizia che rappresenta, per la morte, sua diretta conseguenza, ma perché, per noi, essa è diventata segno di amore, di donazione, di salvezza; la esaltiamo perché Gesù, il Figlio di Dio, la assume e la trasforma. Così pure il cristiano non esalta "le croci" della vita, né quelle casuali, né quelle volute a causa propria o, peggio ancora, quelle poste sulle spalle di altri, ma in Cristo le trasforma, le offre come dono d’amore, si fa cireneo nel portare quelle altrui.

 

 

MARTEDI’ 15 SETTEMBRE 1998

Gesù disse a Giovanni: "Ecco tua Madre". E da quel momento il discepolo la prese con sé. (Gv. 19,27)

La devozione cristiana, attraverso le litanie, ha onorato Maria sottolineandone gli attributi che la qualificano per quello che è stata e per quello che è per noi. Oggi la ricordiamo come Madre Addolorata ai piedi della croce, ma penso che questo attributo possa essere compreso pienamente solo se noi la ricordiamo anche come Consolata, Consolatrice e Madre della Speranza. Maria, ai piedi della croce di Gesù è addolorata per la morte di suo Figlio, è addolorata per la morte del Figlio di Dio, è addolorata per gli altri suoi figli che invece di accogliere Gesù, lo mettono in croce. Ma è anche Consolata da Dio perché, nella fede, ai piedi di quella croce genera nel dolore tutti noi. E’ Consolatrice perché solo chi ha sofferto in un modo così tremendo è capace di comprendere ogni nostra sofferenza facendosene carico e intercedendo per noi. E’ Madre della Speranza perché sa che il dolore e la morte non sono fini a se stessi ma nell’amore generano risurrezione e vita.

 

 

MERCOLEDI’ 16 SETTEMBRE 1998

"Questa generazione è simile a quei bambini che gridano gli uni agli altri: vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto". (Lc. 7,32)

Molti anni fa in una rubrica radiofonica piemontese c’era un angolo intitolato " ‘L canton d’j barboton" (L’angolo dei brontoloni) che raccoglieva tutte le critiche e le lamentele dei cittadini. Mi viene sovente in mente quando capita (e più spesso di quello che uno immaginerebbe) di incontrare persone che hanno sempre e solo da lamentarsi. Tutto il mondo non funziona, tutti ce l’hanno con me, non c’è niente di buono da aspettarsi... Anche in ambito religioso: non c’è più religione. Mancano i preti e quelli che ci sono pensano a se stessi. La Chiesa non ne azzecca una. E perfino Gesù Cristo potrebbe comportarsi in modo diverso. Ti sembra di vedere e di sentire il pentolone della minestra dì verdura che ribolle. E’ vero, in tutti i campi c’è sempre qualcosa che non va: non possiamo fare a meno di vederlo e qualche volta è anche un dovere intervenire, ma proviamo a vedere anche il positivo, diamo campo alla speranza e alle possibilità di bene nostre e degli altri. Otterremo almeno due risultati: un po’ più di ottimismo e serenità e ci salveremo da qualche bella ulcera.

 

 

GIOVEDI’ 17 SETTEMBRE 1998

"Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato". (Lc. 7,47)

immaginiamoci la scena, lo stupore e lo scandalo. Un fariseo, un notabile, una persona religiosa ha organizzato un pranzo: tutto è pronto, buone portate, invitati di rango... e fa irruzione in quella casa una prostituta, una "poco di buono". E l’invitato principale, non solo non scandalizza, ma prende le sue parti e addirittura le dice che è perdonata. Gesù Conosce le persone non per quello che appaiono ma riesce a leggere ne]. cuore e a trovare sempre motivi perché la sua misericordia possa manifestarsi e rigenerare. Noi etichettiamo, giudichiamo, condanniamo secondo i nostri schemi preconcetti. Per Gesù è la persona intera che conta. Gesù non dice che questa donna non ha peccato, anzi, le dice che i suoi peccati sono molti, ma nello stesso tempo riesce a vedere in lei il suo molto amore, ed è proprio in grazia di questo amore che la donna può aprire il suo cuore e quindi ricevere la misericordia di Gesù.

 

 

VENERDI’ 18 SETTEMBRE 1998

"Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini". (1Cor. 15,19)

La speranza fa vivere. L’atleta che si allena, lo studente che studia, il contadino che semina.., tutti sperano di vincere, di riuscire, di guadagnare. La speranza incoraggia lo sforzo. Se invece sparisce, il dubbio, le paure e talvolta la depressione si istallano. Davvero, allora, saremo sciocchi e poveri se avessimo speranze solo in questa vita. La speranza cristiana è la vera speranza perché essa trova in Dio la sua sorgente e il suo scopo e vede in Cristo morto e risorto la sua realizzazione. Mediante la sua morte e risurrezione Egli infatti ha vinto tutti i nostri nemici, il peccato e la morte. Egli pone nei nostri cuori la speranza della gloria, cioè la sicurezza di ottenere una pienezza d’amore nella presenza di Dio. La speranza cristiana è associata alla pazienza e alla gioia perché essa ci conduce a rimettere a Dio il nostro avvenire. Essa ci dà uno sguardo lucido sullo stato di questo mondo; ci rende liberi di provare della compassione per le angosce altrui e di parlare e testimoniare Gesù. Ci permette di affrontare la morte con la certezza di essere poi per sempre con questo Signore.

 

 

SABATO 19 SETTEMBRE 1998

"Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza". (Lc. 8,15)

Ecco la strada per essere il buon terreno:

  1. Ascoltare la parola: si può ascoltare distrattamente, si può far finta di ascoltare, si può ascoltare con desiderio di incontrare e di conoscere.

  2. con cuore buono e perfetto: si può ascoltare con le orecchie, ma è necessario ascoltare con il cuore; se quella parola si ferma alla superficie sarà spazzata via. Se ti accorgi che quella parola è detta da un amico, cominci ad aprirgli il cuore.

  3. Custodire la parola: averla dentro in ogni occasione; essere capaci di attingere a questa parola in ogni necessità.

  4. Producono frutto: la parola deve tornare a Dio recando il frutto per cui Lui l’ha mandata. Un seme che non produce frutto è un seme perso.

  5. Con perseveranza. La perseveranza è condita di fiducia nella parola, in Dio, in noi stessi. La perseveranza è il coraggio di sperare anche se non si vedono risultati immediati. La perseveranza è mettere in atto la propria volontà non lasciandoci spaventare dalle nostre debolezze e insuccessi.

 

DOMENICA 20 SETTEMBRE 1998 – 25^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

"Il padrone lodò quell’amministratore disonesto". (Lc. 16,8)

Commenta A. Pronzato:

L’ammirazione del Signore per la furbizia dell’amministratore avveduto si traduce in aperta disapprovazione per noi servi sprovveduti e torpidi. Gesù ci ha insegnato che dobbiamo essere buoni. Ma non sciocchi. E per toglierci ogni illusione al riguardo, fa salire in cattedra questo individuo sprovvisto di certificato di buona condotta, la cui attività non è troppo ortodossa, il quale, però, non lascia certo arrugginire il cervello. Accetteremo, finalmente la sua lezione insolente? Forse la differenza tra noi e l’amministratore disonesto sta tutta qui: lui è alle prese con i conti che non tornano, e ne è perfettamente consapevole. Mentre noi viviamo nella placida sicurezza che i nostri conti con Dio tornino sempre, comunque, con sbalorditiva facilità. Ci illudiamo di avere i registri in ordine e ci addormentiamo. Questo amministratore "disonesto" ci fa capire che il cervello ci è stato dato precisamente per adoperarlo e che un pizzico di fantasia non guasta e che l’avvedutezza non deve essere una prerogativa esclusiva dei "figli di questo mondo". "I violenti rapiscono il Regno di Dio". L’ha dichiarato il Signore. Dopo la lezione impartita da questo furfante è lecito aggiungere: anche gli intelligenti e i furbi rapiscono il Regno di Dio. Non c’é posto soltanto per gli sciocchi.

 

 

LUNEDI’ 21 SETTEMBRE 1998

Passando, vide un uomo chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte e gli disse: "Seguimi". (Mt. 9,9)

Sono tante le cose che stupiscono nella chiamata di Matteo. Ma questi elementi di stupore ci chiariscono meglio chi sia Gesù e come "funziona" il suo Regno. Primo elemento: viene chiamato ad essere apostolo un pubblico peccatore, un esattore delle tasse, un collaborazionista con i romani invasori e senza Dio.

Secondo elemento: a differenza dei pescatori del lago cui Gesù aveva detto: "Vi farò pescatori di uomini", a Matteo non viene detto: "Ti farò esattore delle tasse del Regno di Dio", ma semplicemente "Seguimi". Gesù dunque è venuto "per i peccatori" e la sua grazia non solo li salva ma anche dà a loro la fiducia di farli collaboratori vivi del suo Regno. In questo Regno non contano gli onori, la carriera, conta il farsi trovare dal Signore e il rendersi disponibili al suo perdono e alla sua grazia.

 

 

MARTEDI’ 22 SETTEMBRE 1998

"Andarono a trovare Gesù la Madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla". (Lc. 8,19)

Gesù, Colui che si farà Pane per noi, nella sua vita terrena "si fa mangiare dalla folla". Molti, per molti motivi diversi, vanno da Gesù e Lui li accoglie tutti. Ma c’è talmente tanta gente che neanche Maria, sua Madre, riesce ad avvicinarlo. Mi piace questa Madre del Figlio di Dio che si mette in coda con tutti quelli che vanno da Gesù, non fa valere le sue prerogative. Maria segue Gesù da lontano, non interferisce, chiede permesso per poter parlare con suo Figlio. E Gesù loda sua Madre, non per il merito di averlo generato, ma per il fatto che ascolta con umiltà e mette in pratica la sua parola. Quanto avrebbero da imparare da Maria certe mamme tutt’altro che discrete nei confronti dei figli sposati o certi cristiani che hanno sempre da insegnare a tutti, al parroco, al vescovo, al papa, o altri cristiani che si impongono senza alcuna attenzione ad altri, si mascherano da persone pie e vorrebbero che gli altri fossero a loro misura. Chiediamo a Maria che ci aiuti ad essere discreti nei confronti degli altri, a bussare e non a sfondare le porte, ad ascoltare piuttosto che avere sempre da dire, a rincuorare piuttosto che stroncare.

 

 

MERCOLEDI’ 23 SETTEMBRE 1998

"Diede loro il potere e autorità su tutti i demoni e di curare le malattie". (Lc. 9,1)

Gesù, dando autorità agli apostoli, sintetizza quali siano i segni che caratterizzano il Regno di Dio: guarire i malati e avere autorità sui demoni. Ci chiediamo se sono ancora i segni che caratterizzano oggi l’opera dei cristiani. Non credo che, come molti vorrebbero, il cristianesimo si debba affermare a colpi di miracoli e di guarigioni prodigiose; il fare miracoli non è tanto poter operare contro le leggi di natura ma è agire concretamente a favore degli ultimi: Madre Teresa ha fatto miracoli oppure è stata il miracolo di chi ha ridato dignità a uomini considerati solo larve? i vari don Bosco, Cottolengo sono importanti per qualche miracolo o per aver detto con i fatti che Dio è Padre di tutti i ragazzi e che è misericordia verso tutti i sofferenti? E che dire sul fatto di avere autorità sui demoni? Non si tratta principalmente di trovare formule esorcistiche ma di essere decisi a combattere ogni forma di male; si tratta di affermare ancora con speranza che il bene può avere ancora il sopravvento sul male, che il bene, anche se contrastato e bastonato, è più forte dell’odio. Il demonio lo si combatte e si vince con la fiducia che Dio sia più forte e che se noi gli offriamo la nostra disponibilità, si serve proprio di noi per far arretrare il male.

 

 

GIOVEDI’ 24 SETTEMBRE 1998

"Erode cercava di vedere Gesù". (Lc. 9,9)

Erode sa che cosa succede nel suo Regno. i suoi informatori lo avvisano sulla predicazione e sui miracoli di Gesù come già in precedenza lo avevano informato sull’operato di Giovanni. Ma questo non suscita in lui altro che curiosità e qualche velleitario desiderio di vedere Gesù. Anche oggi Gesù e i cristiani suscitano discussioni, perplessità e in molti, specialmente davanti ad aspetti misteriosi, il desiderio di "vedere". Ci sono persone disposte magari ad affrontare anche viaggi lunghi e disagiati pur di raggiungere "quel posto dove avvengono miracoli" ,ci sono potenti che pur di raccattare qualche consenso, dimostrano attenzione agli aspetti religiosi degli uomini, ci sono intellettuali sempre disposti a suon di logica a fare "tavole rotonde" su Gesù. Anche Erode cercava di "vedere Gesù", ma gli mancava l’intenzione di "riconoscere" Gesù nella sua missione di profeta. Non basta "vedere Gesù", "incuriosirsi di Gesù", magari andare a vedere il volto di Gesù nella Sindone. Gesù bisogna incontrano personalmente, lasciarci mettere in crisi dalla sua persona, lasciarci coinvolgere dalle sue parole, trovare l’umiltà di confrontarci con il mistero che Egli manifesta.

 

 

VENERDI’ 25 SETTEMBRE 1998

"Voi chi dite che io sia?". Pietro rispose: "Il Cristo di Dio". (Lc. 9,20)

Ciascuno di noi, con ogni probabilità, giunge, come Pietro, a rispondere alla domanda di Gesù: "Voi chi dite che io sia?", "il Cristo di Dio". Ma che cosa significa per noi credere che Gesù sia il Cristo? La parola Cristo significa l’unto, l’incaricato di Dio, il Messia promesso, il Figlio di Dio, il Salvatore. Ma dietro questa parola possono celarsi diversi modi di intenderla. Gli apostoli si aspettavano prevalentemente un Messia politico, liberatore dal dominio romano, restauratore di Israele, riformatore sociale e religioso. Noi possiamo aspettarci un Cristo liberatore dai mali dell’uomo, instauratore di Chiese, un Cristo legislatore, moralista, giudice, distributore di paradisi... Gesù, invece, è il Cristo di Dio, perché ama, dà la vita, diventa il servo sofferente, sale su una croce. Instaura sì il Regno di Dio ma non basato sulla potenza, l’imposizione, gli onori. il suo è Regno di umili, di poveri, regno di verità non imposte, regno di una morale che nasce unicamente dall’amore, regno di servizio... E’ abbastanza facile, a parole, dire "Credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio" ma noi accettiamo Gesù com’è: perdente, crocifisso che chiede a noi di prendere parte alla sua passione e morte e poi alla sua risurrezione gloriosa?

 

 

SABATO 26 SETTEMBRE 1998

"Ma essi non comprendevano". (Lc. 9,45)

Uno dei motivi che mi aiutano maggiormente a comprendere la veridicità dei racconti del Vangelo è che i suoi autori non hanno avuto tentennamenti nel dire che i dodici apostoli stentavano a capire e che anche Maria, la Madre di Gesù non comprendeva. Essere cristiani, discepoli di Cristo, non significa aver capito tutto. Dopo il battesimo, dopo il catechismo, dopo anni che magari sei prete ed hai predicato ad altri Gesù, non hai la garanzia di sapere tutto, ogni giorno anche tu, come tutti gli altri, sei alla ricerca davanti al mistero di Gesù, puoi incorrere in errori, devi ancora e sempre interroga riti. Anche il ministero della Chiesa, pur con la sua infallibilità sui dogmi della fede, non è esente dalla ricerca, dagli errori temporali, dalla gioia di un incontro sempre nuovo con il suo Salvatore. Mettersi a seguire Cristo non è trovare automaticamente Lui e le risposte ad ogni quesito e aspetto della vita, è invece la bellissima e gioiosa avventura del tentare e ritentare, dell’aprirsi a Lui ogni giorno. E, notiamolo, Gesù non si spaventa delle incomprensioni e degli errori degli apostoli, non li caccia via perché non ci arrivano, continua a camminare con loro, si fida ugualmente di loro, affida se stesso e la sua Parola a loro.

 

 

DOMENICA 27 SETTEMBRE 1998 – 26^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

"C’era un uomo ricco.., un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta". (Lc. 16,19 - 20)

Sono tanti gli spunti offertici dalla parabola del ricco e del povero Lazzaro. Sottolineo solo un piccolo particolare. Questo ricco il cui solo pensiero é quello di banchettare, senza darsi pensiero degli altri, non ha nome. Secondo il modo di pensare del mondo ebraico il nome esprime la realtà profonda della persona, riassume la sua storia. Ora, il ricco della parabola non ha nome perché non ha storia: la sua vita risulta vuota, inutile, perché spesa unicamente per sé. Ha costruito sul vuoto. Non sono pochi gli uomini che hanno smarrito il proprio nome, perché l’hanno sostituito con altri nomi: "denaro", "carriera", "successo", "lavoro", "piacere". Il pezzente non ha nulla e raccoglie soltanto compassione dai cani, ma possiede un nome importante, un programma di vita, Lazzaro, che significa: "Dio ha portato soccorso".

 

 

LUNEDI’ 28 SETTEMBRE 1998

"Maestro, abbiamo visto un tale che scacciava demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito perché non è con noi, tra i. tuoi seguaci". (Lc. 9,49)

E’ proprio vero che siamo ancora molto lontani dalla mentalità di Gesù. Noi viaggiamo ancora per etichette. Ne), nostro mondo religioso i muri stentano a cadere. La storia, le interpretazioni arbitrarie, spesso dettate da motivi tutt’altro che religiosi, hanno fatto sì che si manifestasse la piaga delle divisioni: persone che si dicono credenti in Cristo e si fanno la lotta tra loro. Pensiamo poi a un’altra fonte di divisione: cattolici che si osteggiano perché appartengono a gruppi diversi. Gesù è venuto per unire. Gesù vuol fare un sol gregge sotto un solo pastore. Gesù ci dà il metro per saper leggere l’unità: tutto ciò che concorre al bene del prossimo, tutto ciò che sfocia in opere di fede e di carità è positivo. imparassimo a leggere il positivo! Anche nelle nostre famiglie, se invece di accanirci e farci sangue gramo per le diversità, sapessimo vedere quanto di buono ci è dato e c’è nell’altro, quanta più tolleranza, quante discordie superate!

 

 

MARTEDI’ 29 SETTEMBRE 1998

"Vedrete il cielo aperto e gli Angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo". (Gv. 1,51)

Fino a qualche anno fa Angeli ed Arcangeli era caduti in disuso. Si pensava ad essi come a figure immaginarie di una coorte celeste. Poi è esploso il boom degli angeli dovuto a questa nuova strana mentalità che preferisce cercare in strade esoteriche e alternative la soluzione immediata ai problemi dell’uomo. lo non cerco il sesso degli angeli e neppure gli angioletti simpatici pronti ad ogni intervento, ma rispetto quanto la Bibbia mi indica a proposito di questi esseri particolari che sono a servizio di Dio e dei fratelli. I tre Arcangeli che festeggiamo oggi sono il segno della presenza di Dio nella storia del suo popolo.

Michele: "chi come Dio?" è colui che combatte il nemico e protegge il popolo di Dio. Alloro lo invoco nella lotta quotidiana contro le tentazioni e il male.

Gabriele: "la forza di Dio" è il messaggero dei progetti di Dio. Chiedo il suo aiuto perché la Parola di Dio sia segno di gioia e salvezza per me e perché la mia vita possa essere buon annuncio dell’amore di Dio.

Raffaele: "Dio lo ha curato" è colui che accompagna nel cammino della vita, e allora lo invoco perché i miei passi quotidiani siano indirizzati verso Colui che mi viene incontro per salvarmi.

 

 

MERCOLEDI’ 30 SETTEMBRE 1998

Un tale disse a Gesù: ‘Ti seguirò ovunque tu vada". (Lc. 9,57)

Ci sono momenti della nostra vita in cui, pieni di entusiasmo, siamo disposti a metterci alla sequela di Gesù in modo totale. Magari dopo aver ricevuto una grazia particolare, o dopo una confessione, o dopo un momento particolare di riflessione e preghiera, la riconoscenza, la gioia di aver sperimentato la sua presenza o il suo perdono ci portano a dire sinceramente che Gesù è il nostro tutto. Le risposte che Gesù di oggi davanti alle persone che gli dicono questo sembrano smorzare gli entusiasmi. Gesù non vuole che ci inganniamo e non vuole deluderci, perciò ci invita a non fermarci a facili fuochi di paglia che subito si spengono, ma ci dice che se vogliamo seguirlo non dobbiamo aspettarci vantaggi immediati ("Il Figlio dell’uomo non sa dove posare il capo"), che dobbiamo rompere decisamente con il passato ("lascia che i morti seppelliscano i loro morti"), che ci vuole costanza quotidiana nel seguirlo ("Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il Regno di Dio"). Se siamo consci di queste sue esigenze allora possiamo metterci a seguirlo.

     
     
 

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