UNA PAROLA AL GIORNO
RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA
PAROLA DI DIO
a cura di don Franco LOCCI
AGOSTO 1998
SABATO 1 AGOSTO 1998
"Erode mandò a decapitare Giovanni nel carcere". (Mt. 14,10)
La lettura del Vangelo di oggi che ci presenta il martirio di Giovanni Battista ci può far pensare al senso del martirio anche attraverso le parole che Oscar ROMERO scrisse due settimane prima di essere ucciso il 24 marzo 1980.
"Sono stato spesso minacciato di morte. Come cristiano non credo nella morte senza resurrezione: se mi uccidono risusciterò nel popolo salvadoregno. Lo dico senza presunzione alcuna, con la più grande umiltà. Come pastore sono obbligato, per mandato divino, a dare la vita per coloro che amo, che sono tutti i salvadoregni, anche per quelli che mi uccidono. Se arrivassero a compiersi le minacce, sin da questo momento offro a Dio il mio sangue per la redenzione e la resurrezione del Salvador. Il martirio è una grazia di Dio che non credo di meritare. Ma se Dio accetta il sacrificio della mia vita, possa essere il mio sangue semente di libertà e segno che la speranza sarà presto realtà. Se è accetta a Dio, possa la mia morte servire alla liberazione del mio popolo ed essere una testimonianza di speranza nel futuro. Se arrivassero ad uccidermi, potrò dire che perdono e benedico coloro che lo faranno. Possano così convincersi che perderanno il loro tempo: morirà un Vescovo, ma la Chiesa di Dio, che è il popolo, non perirà mai".
DOMENICA 2 AGOSTO 1998
"Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù". (Col. 3,1)
Che cosa cerchiamo nella nostra vita? C’è una prima ricerca che è quella del necessario per vivere: salute, cibo,...una seconda è quella delle situazioni che ci permettano di vivere serenamente: pace, serenità...; una terza potrebbe essere quella delle cose: ricchezza, superfluo...; una quarta è quella dei valori: giustizia, fame c’è poi ancora una ricerca che, se anche qualcuno cerca di nascondersi, c’è in tutti: il senso profondo della vita. Quando Paolo dice di cercare le cose di lassù, non vuole svilire le altre ricerche: il cibo, la salute, la giustizia, la serenità sono tutte cose importanti, ma quello che dà senso a tutte queste ricerche è "guardare in alto", cioè cercare e trovare Dio che dà l’unico senso profondo a tutto il nostro vivere. Non si tratta allora di disprezzare la natura, le cose, si tratta di vederle nella giusta dimensione e con la prospettiva di Dio. Proprio nel Vangelo di oggi, Gesù ci mette in guardia: "Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni.
LUNEDI’ 3 AGOSTO 1998
"Congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare".
(Mt. 14,15)Davanti ad una folla affamata di oltre cinquemila persone, i discepoli, con ‘‘buon senso" e con molta diplomazia, invitano Gesù a mandarli via. Detto in altre parole: "Quello che avevi da dir loro l’hai detto, per il mangiare si arrangino!". Questa frase continua a risuonare nel mondo, con infinite varianti: "Sono fatti loro... Che cosa c’entro io... Non è compito mio... Ci sono delle strutture apposta... paghiamo le tasse proprio per questo... Qualcuno dovrà ben pensarci... Che cosa ci posso fare io?... Mica posso portarmi a casa tutta quella gente... Bisogna che i responsabili si decidano ad intervenire... E poi, diciamola tutta, anche loro devono darsi da fare, mica pretendere sempre dagli altri... Noi abbiamo già guai a sufficienza per conto nostro. E Gesù ci butta in faccia, con la massima naturalezza: "Non occorre che vadano: date voi stessi da mangiare". Concretamente, Lui mi dice: "Poche storie. Tocca a te. E’ faccenda tua, non puoi tirarti indietro".
MARTEDI’ 4 AGOSTO 1998
"Signore, se sei Tu, comanda che io venga da te sulle acque". (Mt. 14,28)
Voi che da anni avete la pazienza di leggere queste paginette, penso l’abbiate capito bene: se ci sono delle persone con cui faccio proprio fatica, sono quelle troppo sicure di se stesse e della propria fede. Quelle persone che, come il Pietro di questa frase, pensano di poter comandare persino al Signore, quei cristiani che ti sciorinano davanti "i miracoli", le "conversioni" che riguardano solo quelli che partecipano al loro gruppo, perché solo lì si prega bene, quelli che pensano già di camminare sulle acque perché loro sì che hanno fatto vere esperienze mistiche villeggiando in qualche monastero, coloro che avendo letto un libro o avendo frequentato qualche salotto ‘in’, dove si bercia di tutto e anche di religione, hanno la pretesa, guardandoti dall’alto, di insegnarti "con molta umiltà", un po’ di sana teologia,... Pietro ci fa una figuraccia e per di più rischia di affogare se con l’acqua che gli arriva alla bocca non riuscisse a farfugliare almeno quel "Signore, salvami!". Guardando a questa barca che fa acqua, dice A. Pronzato: "L’immagine più bella e rassicurante della Chiesa non è quella offerta da un equipaggio di conquistatori intrepidi, ma quella di una barca precaria dove sono ammassati poveri uomini uniti dalla stessa paura. La paura, precisamente, della loro poca fede, che li fa però tendere la mano, tutti indistintamente, verso l’Unico che non permette di sprofondare".
MERCOLEDI’ 5 AGOSTO 1998
"Donna, davvero grande è la tua fede". (Mt. 15,28)
Gesù rimane meravigliato davanti alla fede di questa donna straniera che è andata da Lui ad implorare la liberazione di sua figlia dal demonio. Proviamo a chiederci quali sono le cose che Gesù ammira in questa donna. La prima cosa: questa donna, pur di arrivare a Gesù supera i pregiudizi del suo tempo che impedivano ad una donna straniera di avvicinarsi ad un Maestro giudeo; la seconda è l’insistenza: è una che non è facile far star zitta, se non l’ascoltano con le buone, si mette a gridare; la terza caratteristica della sua fede è di non lasciarsi Smontare davanti ad un apparente senso di disprezzo che Gesù sembra avere nei suoi confronti. Chiediamoci se la nostra fede e la nostra preghiera hanno queste caratteristiche. Ci crediamo davvero alla misericordia del Signore? Lo cerchiamo con tutte le nostre forze? Le difficoltà ci smontano facilmente? La nostra preghiera è capace di sussurrare e di gridare?
GIOVEDI’ 6 AGOSTO 1998 – TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE
"Appena la voce cessò, Gesù restò solo". (Lc. 9,36)
Per capire bene la Trasfigurazione bisogna partire dal fondo. Gesù ha portato i suoi amici su quella montagna e, lì, essi sono rimasti storditi dalla luce, dalla bellezza, da Mosè, da Elia e soprattutto dalla voce del Padre: "che bello stare qui!"; ma invece, alla fine, Gesù rimane solo. E’ il Gesù che ha smesso l’abito della luce ed ha ripreso il vestito dei giorni feriali, e il Gesù dell’ordinario che mi riporta alla quotidianità. Gesù ci fa frequentare, almeno per qualche istante le altezze, perché riusciamo a sollevare gli occhi nelle cose quotidiane e banali. Abbiamo bisogno di portare la speranza nella concretezza del nostro vivere. S. Filippo Neri, a chi voleva raggiungere le vette della mistica, consigliava: "Va’ piuttosto a rifare il letto ad un mendicante..." Inoltre sentenziava che "volea volar senz’ale, bisognava pigliano per i piedi e tirarlo in basso".
Gesù, con la Trasfigurazione vuole allora far nascere in noi la speranza "dell’alto" ma vuole aiutarci soprattutto a trasfigurare "il basso".
VENERDI’ 7 AGOSTO 1998
"Tu sei Pietro...".
(Mt. 16,18)Ho sempre avuto passione nel conoscere e leggere le vite dei santi, ma mi hanno sempre dato fastidio quegli agiografi che vogliono presentarci la storia dei santi secondo i canoni di santità che sono loro propri, e allora scopri degli assurdi inverosimili tipo quello di quel santo che fin da bambino piccolo rifiutava la mammella della madre il venerdì in segno di penitenza. I Vangeli non hanno queste false preoccupazioni. Pietro, primo papa scelto da Gesù, ha un suo carattere tutt’altro che facile: è un entusiasta, è un uomo di fede ma è anche un impulsivo, un sanguigno, un timoroso, una persona poco umile... Gesù, per costruire la sua comunità non ha scelto i migliori, non ha fatto fare loro 13 anni di seminario asettico e tendente a modificare la personalità. Non ha voluto che i suoi apostoli, per un falso modo di intendere l’unità, uscissero tutti dal medesimo stampino. Gesù ha scelto Pietro con il suo carattere o caratteraccio, lo ha amato cosi com’era e se Pietro poi è cambiato, in quello che poteva, è solo perché è stato conquistato dall’amore di Gesù. Gesù mi ama per quello che sono, non per i criteri di santità che gli altri vorrebbero impormi. La santità mia verrà fuori in modo originale a seconda di quanto mi farò conquistare dal suo amore.
SABATO 8 AGOSTO 1998
"Perché noi non abbiamo potuto scacciare quel demonio?".
(Mt. 17,19)Quante volte nel mio ministero sacerdotale ho fatto e faccio l’esperienza dell’impotenza. I. discepoli avevano cercato di cacciare un demonio e non c’erano riusciti, lo, tante volte mi sono trovato a cercare di dare una parola di speranza e vedere che essa Cadeva nel vuoto del pessimismo; ho lottato per aiutare a liberarsi dal peccato ed ho visto persone accasciarsi nei propri turbamenti. La stessa esperienza penso abbiano fatto molti di voi quando si sono trovati davanti qualche amico depresso o esaurito: hai un bel tentarle tutte, la soluzione non cambia. E perché il Signore sembra così lontano in quei momenti? Eppure, magari ci sembra di aver pregato con fede profonda! E’ un mistero! Ma qualche volta mi chiedo se è Lui che non interviene o non sono piuttosto io con il mio senso di voler risolvere le cose a modo mio, con il senso di autosufficienza che gli impedisco di agire. Forse il primo "malato da guarire" sono proprio io.
DOMENICA 9 AGOSTO 1998
"Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore".
(Lc. 12,34)Gesù ci mette in guardia contro i falsi valori di questo mondo che invece di darci la tanto agognata felicità, ci rendono schiavi. In una raccolta di parabole, padre Loew riferisce l’episodio del frigorifero. Una famiglia di gente modesta ne sognava uno da tempo. A prezzo di grossi sacrifici, riuscì ad ottenerlo. L’arrivo in casa del frigorifero costituì un grosso avvenimento. Fu salutato come la nasc5ta di un bambino. "Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore E ogni componente della famiglia mise il proprio cuore nel frigorifero. Il cuore di quei poveracci divenne gelido, indifferente agli altri, assente da ogni impegno e quindi privo di gioia profonda.
LUNEDI’ 10 AGOSTO 1998
"Chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà. E chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà".
(2Cor. 9,6)Noi siamo seminatori: nella nostra vita siamo chiamati a seminare nelle nostre famiglie, nella società. Possiamo seminare buon seme: speranza, valori, carità... o anche semi cattivi: egoismo, odio e rancori, cattiveria... possiamo anche essere seminatori pigri, indifferenti. Anche il Regno che è come quel granellino di senapa ha bisogno di seminatori, non tanto di raccoglitori, a questo ci penserà Gesù alla fine dei tempi. Il buon seminatore deve fare tanti atti di fiducia: deve fidarsi del seme, del terreno, del tempo, deve avere il coraggio di separarsi dal seme e deve seminare con abbondanza. Noi possiamo davvero fidarci del seme perché è Gesù, possiamo aver speranza nel terreno perché è formato da uomini per i quali Gesù ha dato la vita e dobbiamo lasciar fare ai tempi di Dio che, pur diversi dai nostri, sono guidati dal suo Spirito di amore.
MARTEDI’ 11 AGOSTO 1998
"Guardatevi dal disprezzare anche uno solo di questi bambini".
(Mt. 18,10)Sono davvero amati i bambini oggi? Amano i bambini quelle coppie che li programmano o li uccidono a seconda delle proprie esigenze? Ama i bambini la pubblicità che li blandisce in nome del consumismo? Amano i bambini quei genitori che vogliono il proprio figlio alto, bello, con gli occhi azzurri, il migliore di tutti e fatto a propria immagine e somiglianza? Amano i bambini coloro che per mille paure scippano la loro infanzia per farli diventare subito degli adulti? Il nostro mondo ama i bambini quando li sfrutta facendoli lavorare, quando li usa per fini di piacere? Eppure i bambini sono il nostro futuro, sono la speranza di un mondo migliore. I bambini sono il segno che Dio non si è ancora stancato di questo nostro mondo. Essi sono il segno della creatività continua, dell’essere davvero e totalmente nelle mani del Creatore. Essi possono essere per noi il richiamo costante ai valori semplici ed essenziali della vita, e poi, Gesù ce lo dice nel Vangelo di oggi, "i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre".
MERCOLEDI’ 12 AGOSTO 1998
"Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
(Mt. 18,20)La Chiesa ci offre sette sacramenti come segno di presenza e di grazia di Gesù, ma se noi guardiamo bene nel Vangelo, i sacramenti sono molti di più. Quando Gesù promette, e il Figlio di Dio mantiene. E se Gesù ci assicura di essere con noi, quando siamo uniti nel suo nome, significa che noi davvero possiamo contare sulla sua presenza. Questo "essere uniti nel suo nome", non si riferisce soltanto alle assemblee di preghiera, ma anche alle famiglie che fondano il proprio agire su di Lui, anche tutti coloro che cercano di agire a favore degli altri nel nome di Gesù e questo ci dà la garanzia non solo di una sua presenza ma del suo continuo agire con noi, è per questo che Paolo poteva dire: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me
GIOVEDI’ 13 AGOSTO 1998
"Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa".
(Mt. 18,26)Quest’uomo ha una bella faccia tosta. Dice al re che restituirà ben 10.000 talenti, una cifra spropositata, pari al bilancio di un regno di allora. Non sarebbe bastata una vita! Davanti a Dio i nostri debiti sono talmente grandi che è assurdo pensare di poterli saldare con le nostre sole forze. Eppure Dio accetta di perdonare quest’uomo per il fatto che chiede perdono; Dio è pietoso, lento all’ira, magnanimo con quelli che pur non avendo che debiti, si fidano della sua misericordia. L’unica sua richiesta è che, consapevoli della gratuità del suo perdono, impariamo da Lui la generosità e la misericordia. Quante volte, umanamente, non abbiamo la capacità di perdonare! In quei momenti la forza di farlo può venirci solo dalla consapevolezza della gratuità di tutto ciò che abbiamo, perdono compreso.
VENERDI’ 14 AGOSTO 1998
"I due sono una carne sola. Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non separi".
(Mt. 19,6)Divorzio si, divorzio no. Quante discussioni: da chi dice essere una grande conquista sociale, a chi cerca tutte le motivazioni umane, psicologiche, sociologiche, a chi lo vede come il peggiore attentato alla famiglia... Gesù parte da un altro punto di vista. La famiglia è un qualcosa di sacro: i due sono "una sola carne" non solo per il congiungimento carnale, ma per volontà di Dio. Io non posso volermi amputare di una parte della mia carne solo perché non mi piace, non posso dire: non mi piace la faccia che mi ritrovo, mi è venuta in uggia: taglia mola!, commetterei un attentato contro la mia integrità. Il marito e la moglie non sono solo insieme perché si piacciono, finché vanno d’accordo... sono una cosa sola: io non sono più mio, sono tuo, tu non sei più tua, sei parte di me. Questo è il principio a cui fare riferimento sempre, anche quando ci sono grandi difficoltà. Poi ci saranno mille situazioni diverse per cui nessuno al di fuori di Dio e degli interessati potranno giudicare situazioni di separazioni e divisioni, ma il principio dell’unità sta nella volontà di Dio e nella sacralità dell’unione.
SABATO 15 AGOSTO 1998
"L’anima mia magnifica il Signore". (Lc. 1,46)
"Ferragosto". Per molti questa parola è diventata una specie di mito. In esso devono accentrarsi tutte le trasgressioni possibili. E’ il centro delle ferie da "santificare" attraverso mangiate crapulone, nottate da favola, scherzi anche villani e irrispettosi (vedi i famosi "gavettoni" del mare), esaltazione di tutto ciò che può essere piacere. Anche nella fede è una festa della "carne" e del ‘‘corpo’’, quello verginale di Maria che viene portato in cielo anticipando il nostro destino di risurrezione anche nella carne. Piantiamola lì con quelle distinzioni così nette tra carne e spirito dove a seconda la carne viene considerata o solo fonte di ricerca di piacere smodato o dove è considerata esclusivamente contrasto ai valori dello spirito. Dio vuole la nostra salvezza totale, vuole ricordarci i valori dello spirito che ci aiutano, nella carne, ad accogliere i doni di Dio, a santificare in essa la sua presenza, a redimerci nella totalità. L’Assunta ci ricorda che vedremo Dio con gli occhi dello spirito ma anche con gli occhi della carne redenta.
DOMENICA 16 AGOSTO 1998
"Sono venuto a portare il fuoco sulla terra".
(Lc. 12,49)Certamente questa frase di Gesù è in riferimento a se stesso, alla propria passione, ma non mi sembra del tutto i sbagliato tradurla così: "Cari cristiani, sono venuto sulla terra per dirvi che Dio vi vuole bene, che è un Padre misericordioso, ma per molti i di voi non sembra una buona notizia. i Per molti, Dio è solo Colui che dovrebbe intervenire quando c’è qualcosa che i non va; per altri è il Dio della domenica, da tirar fuori come il vestito buono di certe circostanze e da riporre in armadio, ben chiuso, mi raccomando, i nei giorni feriali. i Cari cristiani, sono venuto sulla terra e vi ho amati fino a versare il mio sangue perché il perdono giungesse fino a voi, e molti fanno di tutto per dire i che il peccato non esiste, è solo un i errore, e molti riducono la confessione i (altri bellamente la escludono) ad un i sentimento, a un elenco studiato di i peccatucci, a una lavanderia a gettone. i Cari cristiani, ho acceso un fuoco e vi ho messo nelle mani delle capacità tali da trasformare voi e il mondo e avete fatto di tutto per spegnere questo fuoco, per ridurre la fede a chiacchiere da sacrestia, per rintanarvi in tradizioni trite, per addormentare le Coscienze. Dovreste gridare e sussurrate, dovreste essere splendenti di gioia e siete musoni, siete liberi e vi comportate da schiavi, avete in mano i sacramenti che vi danno una grazia continua e la forza di vincere il mondo e li avete ridotti a celebrazioni noiose. Insomma, io porto il fuoco e voi di mestiere fate i pompieri!".
LUNEDI’ 17 AGOSTO 1998
"Il giovane se ne andò triste, poiché aveva molte ricchezze".
(Mt. 19,22)L’incontro di Gesù con il giovane ricco mette in evidenza la novità della vita cristiana. A quest’uomo che desidera fare tutto il bene possibile, Gesù non chiede di fare qualcosa di più, ma di seguirlo, e per questo liberarsi dalla zavorra delle ricchezze. Se il giovane se ne va triste è forse proprio perché ha capito meglio di ogni altro le esigenze della sequela. Se ne è andato perché ha misurato fino in fondo ciò che Gesù pretende da chi lo segue. Ma nello stesso tempo non ha capito che quella perfezione che cerca, che quella gioia profonda appartiene ad un ordine diverso da quello di tutti gli altri beni. Penso che ciascuno di noi desideri "essere perfetto", ma non si tratta di fare chissà che cosa, si tratta di svuotarci delle cose, magari con sofferenza, per trovare e seguire Colui con il quale non c’è più tristezza.
MARTEDI’ 18 AGOSTO 1998
E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei cieli". (Mt. 19,24)
Gesù dice questa frase perché conosce bene noi uomini. Gli uomini, infatti, sono generalmente assillati dal problema del proprio benessere: hanno continuamente l’impressione di rimetterci qualcosa di tasca loro. Gli altri stanno sempre meglio di noi. Guadagnano di più, possiedono di più e tutto è molto più bello di ciò che abbiamo. La sensazione radicata di non aver abbastanza è come una spirale senza fine. Quando si insinuano nella nostra vita la gelosia e l’avarizia, diventiamo schiavi dei nostri desideri. A questo modo non saremo mai contenti. Chi crede in Gesù, riceve la forza di infrangere la spirale del "voler avere sempre di più". Chi segue Gesù ed ha presente il suo ammonimento: "Non fate— vi dei tesori sulla terra’, viene liberato da un gran peso. Egli può stabilire delle priorità e, con l’aiuto del Signore, usare responsabilmente quanto egli ha veramente a disposizione. Ricordiamo il consiglio che Gesù ci dà nella lettera agli Ebrei: "La vostra condotta sia senza avarizia: accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: non ti lascerà e non ti abbandonerà. Così possiamo dire con fiducia: "Il Signore è il mio aiuto, non temerò. Che mi potrà fare l’uomo?" (Ebr. 13,5 - 7).
MERCOLEDI’ 19 AGOSTO 1998
"Sei invidioso perché io sono buono?".
(Mt. 20,15)Gesù nel Vangelo di oggi ci racconta la parabola del padrone che manda ad ore diverse operai nella sua vigna e che alla fine dà a tutti la stessa paga Penso che la chiave di interpretazione della parabola sia proprio nel versetto che meditiamo oggi. Infatti se noi diamo un giudizio solo umano all’operato di questo padrone, diremo che egli privilegia qualcuno nei confronti di altri, ma chi siamo noi per sindacare sull’operato di Dio? L’uomo non può vantare nessun diritto su Dio. La ricompensa che Dio dà all’uomo sarà sempre pura grazia. L’uomo non ha mai diritto di presentare a Dio la fattura. Il risentimento per la bontà e la generosità di qualcuno verso altri è un atteggiamento tutt’altro che infrequente anche tra i cristiani. A volte vorremmo l’intervento di Dio per punire chi giudichiamo peccatore, altre volte la nostra invidia non ci permette di vedere il bene negli altri. Dio, invece, va sempre in cerca di tutti, chiama tutti ad ogni ora, e accoglie chi trova La sua chiamata accomuna nel lavoro, la sua generosità tocca tutti. Non solo non dovremmo essere invidiosi, ma felici di avere un Dio così generoso.
GIOVEDI’ 20 AGOSTO 1998
"Il Regno dei cieli è simile ad un re che fece un banchetto di nozze".
(Mt. 22,2)La prima cosa che ci sorprende: quando Gesù parla del Regno lo presenta come un banchetto di nozze, cioè un momento di festa e di gioia. Noi ci saremmo aspettati, magari, un regno dove Dio è giudice, siede in tribunale, fa i conti in base a leggi predeterminate, procede a un rigoroso controllo dei documenti. Invece abbiamo una festa a cui siamo invitati. Ma c’è un rischio: qualcuno pur essendo invitato non accoglie questo dono, ha altro da fare, si perde la festa, e questo succede quando si ripone la propria gioia nelle cose. Proviamo a chiederci con sincerità se noi accettiamo o meno questo invito. Siamo più preoccupati delle cose che oggi ci sono, domani passano e ci lasciano solo delle preoccupazioni o se davvero approfittiamo della fiducia che Dio ripone in noi? Come apprezzo i doni di Dio, la mia vita, la salute, il prossimo, gli affetti, i sacramenti? Ad esempio, davanti all’invito che tanto spesso il Signore mi fa per la sua Eucaristia, come rispondo? E’ per me una festa o una noia? Ci vado volentieri o accampo facili scuse? E, se partecipo all’Eucaristia come la vivo poi?
VENERDI’ 21 AGOSTO 1998
"Maestro, qual è il comandamento più grande della Legge?".
(Mt. 22,36)Questo dottore della legge era abituato a vivisezionare le norme del comportamento del buon ebreo e vorrebbe una sintesi. Era una domanda assurda perché ne sapeva già la risposta. Anche noi sappiamo benissimo che ogni comandamento può essere raccolto nel comandamento dell’amore di Dio e del prossimo. Anche noi abbiamo la bocca piena di parole di amore, ma poi? Ogni cristiano che vada a Messa se lo sente ripetere in ogni celebrazione, chi dice le preghiere ripete al Signore "ti amo con tutto il cuore", ma è proprio vero? Forse, proprio l’abitudine a certe frasi, a certe parole che consideriamo scontate, le fa scivolare su di noi come l’acqua su una pietra, finita l’acqua, un raggio di sole, e tutto è perfettamente asciutto e impermeabile.
SABATO 22 AGOSTO 1998
"il più grande tra voi sia il vostro servo".
(Mt. 23,11)L’errore di fondo che spesso fanno i cristiani è quello di confondere i termini: Grazia (cioè dono gratuito) diventa conquista; re (cioè colui che porta il peso degli altri) diventa potere; cardinale (colui che regge sui suoi cardini il peso) diventa onore; politico (colui che è a servizio del bene comune) diventa intrallazzatore per interessi privati e così via. Anche il servizio al Regno di Dio diventa servizio a una Chiesa gerarchizzata o un servizio a se stessi. Gesù, nel vangelo di oggi, ci riporta alla verità: se hai un compito, assolvilo secondo i doni ricevuti. Nel Regno le gerarchie hanno un unico fine, quello del servizio. Guardiamo a Gesù. Lui, il Figlio di Dio, è venuto nel mondo unicamente per fare la volontà del Padre e per servire l’uomo: la sua grandezza è la croce, il suo amore è lavarci i piedi.
DOMENICA 23 AGOSTO 1998
"Signore, sono pochi quelli che si salvano?".
(Lc. 13,23)A questa domanda trovi tutta una serie di risposte in contrasto tra loro. Da chi fa i conti e gioca con i numeri della Bibbia: 144.000, a chi dice che Dio alla fine, nella sua misericordia salva tutti, a chi vede inferni brulicanti di persone, a chi dice che l’importante è "salvarsi" in questa vita. Gesù non entra in discussione sui numeri. Prima ci mette in guardia, se noi pensiamo di essere tra i salvati, sulla compagnia che troveremo: i nostri compagni non saranno solo quelli che pensiamo noi ma "Verranno da Oriente e da Occidente, da Settentrione e da Mezzogiorno e siederanno alla mensa di Dio". Poi ci parla di una "porta stretta" attraverso cui passare. Chi sarà questa porta? Gesù, in un altro brano dice di essere Lui la porta dell’ovile. Gesù è la porta stretta in quanto Lui si è abbassato fino alla morte di croce. Il nostro diventare piccoli, l’accettare di aver bisogno di Lui per salvarci ci permette di entrare, attraverso Lui, tra le braccia della misericordia del Padre.
LUNEDI’ 24 AGOSTO 1998
"Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico".
(Gv. 1,48)Chissà che cosa faceva Bartolomeo di tanto importante, sotto quel fico, se questa rivelazione di Gesù lo porta addirittura alla fede? Avrà pregato, peccato, dormito? Certamente era qualcosa di molto personale che è diventata occasione da parte di Gesù per toccargli il cuore. Quello che invece interessa a noi, guardando a questo episodio della vita di Bartolomeo, è vedere il suo cammino di fede. Bartolomeo, come lo definisce Gesù è "un vero israelita" in cui non c’è falsità, cioè è una persona onesta che cerca la verità e che desidera adeguare la sua vita ad essa. Bartolomeo è anche uno che nel suo cammino non pensa di poter fare tutto da solo: accetta l’invito di Filippo che lo porta da Gesù. In questo incontro, poi, è disponibile a lasciarsi toccare sul vivo da Gesù, e quando questo avviene è disponibile all’accoglienza e alla conversione. Anche il nostro cammino di fede, se vuol essere valido, può, muoversi su queste strade: una ricerca sincera, l’umiltà di farci aiutare dai fratelli, la disponibilità a lasciarci toccare e convertire da Gesù.
MARTEDI’ 25 AGOSTO 1998
"Guai a voi guide cieche che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello".
(Mt. 23,24)Gesù sta parlando ad un determinato gruppo di gente: gli scribi e i farisei. Non sono i "cattivi", sono i religiosi, i moralisti. Gesù sta parlando a me prete e nella sua bontà e misericordia, il suo rimprovero vuoi convertirmi, sta parlando a tutta quella Chiesa che continua a parlare di povertà ma vive nel lusso, a chi maschera i propri averi con le necessità della pastorale, a chi fa lunghe disquisizioni sul peccato ma ci vive dentro, a chi detta norme morali ma non le applica nella sua vita, a chi formalmente è ineccepibile ma nel cuore non sa che cosa sia misericordia, a chi parla continuamente di Dio ma vive da ateo.Questi "guai" sono per me. Gesù vuoi mettermi in guardia e mettere in guardia la Chiesa dal pericolo sempre incombente di appropriarci di Dio al punto da imprestargli le nostre idee e poi farle passare per sue.
MERCOLEDI’ 26 AGOSTO 1998
"Guai a voi che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti".
(Mt. 23,27)Un altro colpo alle nostre ipocrisie. Non c e niente di più istruttivo che una visita ai nostri cimiteri. "Padre integerrimo", "Strappato prematuramente ai suoi cari", "Parroco amato dai suoi parrocchiani"... Qualche volta ti capita di sapere a chi sono appartenute le ossa che ci sono lì sotto. Era un padre integerrimo ma anche un ubriacone che quando tornava a casa "bevuto" era meglio togliersi di sotto. E quel figlio che ha fatto scrivere "strappato prematuramente.." quante volte, fra i denti, gli ha augurato: "Ti venisse un accidenti"; e quel parroco tanto amato dai parrocchiani era "uno attaccato ai soldi", "un tira tardi che non la finiva mai di parlare", "uno che meno male che è morto perché la parrocchia aveva perso ogni vitalità". E, purtroppo, è vero anche per certi profeti della Chiesa. Da vivi ci davano fastidio, ci smuovevano dal nostro immobilismo, ci sbattevano in faccia le nostre ipocrisie, non erano "della legge", da morti diventano profeti, grandi uomini. Gesù ci invita a guardare le persone vive o morte per quello che sono, non per quello che appaiono, non per il fastidio o meno che ci hanno dato. Non serve a nulla dire di uno, quando è morto, che era un profeta, se non ci siamo neppure lasciati scalfire dalla sua profezia.
GIOVEDI’ 27 AGOSTO 1998
"Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà".
(Mt. 24,44)Un ricco proprietario visitava un’esposizione di pitture. La sua attenzione fu attirata da una tela che fermava gli s9uardi di tutti; rappresentava una vedova attorniata dai suoi figli, sfrattata dal suo alloggio perché non poteva pagare l’affitto. La povera donna tendeva le mani supplicanti verso il proprietario perché avesse pazienza verso di lei, ma il viso spietato di quell’uomo dal cuore duro faceva capire che stava per cacciarla fuori. Questo dipinto lo inchiodò sul posto. Una scena del passato s’impose alla sua memoria. Eh, sì, mentre considerava quel quadro, riconobbe i suoi lineamenti nel viso dell’uomo e rivide le lacrime della donna che qualche tempo prima aveva fatto buttar fuori casa. Senza possibilità di dubbio si trattava proprio di questo: la tela era firmata dal figlio della vedova, diventato un pittore di talento! Così quell’uomo si trovava improvvisamente posto davanti ai propri atti. Come avrebbe voluto distruggere quel quadro di cui non poteva sopportare la vista! Ognuno di noi, un giorno, e non sappiamo quale, saremo messi alla presenza del quadro delle nostre azioni e, allora, non ci sarà più gomma capace di cancellare. "State pronti" ci ha detto Gesù e se ci sono errori, il suo sangue versato per noi e la sua misericordia accettata ora possono ancora modificare quel quadro.
VENERDI’ 28 AGOSTO 1998
"Ecco lo
Sposo, andategli incontro!". (Mt. 25,6)Come le dieci ragazze della parabola di oggi, anche noi siamo invitati alla festa anzi, direi, lo Sposo, Gesù, viene proprio per noi. Ci ha anche dotati di lampade (il dono della fede). Se Lui tarda ci lascia anche assopire. L’unica cosa che dobbiamo fare è portare l’olio delle lampade, esso ci permette di accenderle, di riconoscere lo Sposo, di andargli incontro. Un cristiano è senz’olio quando è diventato insipido, quando la legge del Signore, per lui, è solo un peso, quando i sacramenti sono un dovere, quando non c’è gioia nel suo cuore, quando la Parola di Dio, la preghiera non sono più ricercati come motivo di conoscenza, di incontro, di approfondimento. Un cristiano è senz’olio quando non ha più occhi per vedere le necessità dei fratelli che incontra, quando delega sempre altri, quando non si lascia smuovere dal suo comodismo, quando si nasconde nelle tradizioni. E ricordiamoci che in certi momenti non basta neppure chiedere la fede in prestito ad altri. "Ecco lo Sposo, andategli incontro!" Ma a che serve una lampada spenta? C’è il rischio di passare accanto allo Sposo e non riconoscerlo.
SABATO 29 AGOSTO 1998
Giovanni diceva ad Erode: "Non ti è lecito".
(Mc. 6,18)Giovanni Battista è il Precursore e in tutto anticipa Gesù: lo annuncia, testimonia la verità, lo anticipa anche nel suo martirio. Giovanni è fedele alla volontà di Dio come Gesù e quando c’è da gridare a un re, non ha peli sulla lingua. Il profeta è la coscienza critica dell’umanità e per questo è sempre scomodo. Egli non tace davanti al male, non se ne fa complice, prende le difese del bene, della giustizia, dei piccoli e degli oppressi, smaschera l’ipocrisia, e questo suo impegno per la verità, per la causa di Dio, gli garantisce una brutta fine. La morte del testimone passato, presente e futuro diventa rinnovamento della passione di Gesù. Non dovremmo stupirei di dar fastidio a qualcuno con il coerente comportamento cristiano, anzi, se non diamo fastidio non sarà forse perché viviamo poco coerentemente la nostra fede?
DOMENICA 30 AGOSTO 1998
"Quando organizzi una cena, invita poveri, storpi, Zoppi e ciechi".
(Lc. 14,13)Gesù è stato invitato a pranzo da un notabile fariseo. Ma sembra trovarsi a disagio. Ha osservato la corsa ai primi posti da parte degli invitati e soprattutto sente la mancanza a quel pranzo dei suoi amici, i poveri, gli ultimi. In mezzo a quella gente che esibisce certificati di importanza, sembra che il Maestro si ritrovi estraneo, solo. Quasi ad indicarci: se vogliamo avere Gesù ospite in casa nostra, non siamo noi che dobbiamo redigere la lista degli invitati secondo i criteri delle convenienze mondane. Occorre farlo trovare in "buona compagnia", che, agli occhi del mondo, è una "cattiva compagnia". Spalancando la porta ai disprezzati, a coloro che non sono in grado di farci fare bella figura o di ottenere determinati vantaggi, siamo sicuri che Gesù siede alla nostra mensa. Altrimenti Lui è altrove, il suo posto rimane vuoto.
LUNEDI’ 31 AGOSTO 1998
"Nessuno fu risanato se non Naaman il Siro".
(Lc. 4,27)Ancora una volta Gesù attraverso il ricordo dell’episodio della guarigione dalla lebbra di un pagano, vuol ricordarci che Dio non è monopolio di nessuno. Nessuno può dire di possedere Dio in esclusiva, anzi bisogna essere riconoscenti al Padre nostro che si interessa di tutti i suoi figli e riversa i suoi doni su ogni uomo che si rende a Lui disponibile. Non c’è nulla di più assurdo delle guerre di religione. Tra tutti gli integralismi, quello religioso è il peggiore perché è addirittura contrario al pensiero di Dio e non rispetta l’uomo. Ma, come sempre, non puntiamo solo il dito contro le "guerre sante", ci sono tanti integralismi anche nelle nostre comunità e nei nostri movimenti. Quando in un gruppo di preghiera che si dice ispirato dallo Spirito Santo si vieta ai suoi partecipanti di andare a pregare con altri, non è forse integralismo tutt’altro che guidato dallo Spirito? Quando si pensa di avere il monopolio dell’interpretazione della Bibbia non si violenta lo Spirito Santo? Affermare la propria appartenenza di fede a un popolo o ad un gruppo è necessario per la verità ma non deve mai diventare imposizione umana e tanto meno motivo di giudizio o di discriminazione.