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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

LUGLIO 1998

 

 

MERCOLEDI’ 1 LUGLIO 1998

Gridarono gli indemoniati: "Che cosa abbiamo in comune con te, Figlio di Dio?". Mt. 8,29

I contemporanei di Gesù stentano a vedere in Lui il Figlio di Dio, nonostante i segni e i miracoli; il diavolo, invece, lo riconosce subito e urla e grida perché ha paura. Questo ci aiuta a capire chi sia Satana e il suo modo di operare. Egli è l’oppositore di Dio, colui che tenta continuamente Dio, ma che sa di non poter nulla contro di Lui e allora tenta la creatura di Dio perché la sa debole. Il male è intelligente, è un puro spirito, quindi più forte di noi uomini, ma anche consapevole di non essere più forte di Dio. Sa di essere sconfitto in partenza per cui, davanti al Bene, si agita, grida ma alla fine, come nel caso del Vangelo di oggi, sconfitto si accontenta di finire in un branco di maiali. Il cristiano come deve comportarsi? Non si tratta di vedere Satani e Satanelli dappertutto, non si tratta né di sminuire né di esaltare la potenza del diavolo. Il Male è una realtà della nostra vita, la tentazione la incontriamo ogni giorno, ma se davvero hai con te Gesù, ti fidi di Lui, della sua misericordia, il diavolo si agiterà, griderà, ma non ti farà paura perché tu non ti fidi delle tue forze ma della forza di chi, con la sua morte e risurrezione, ha già vinto il male.

 

 

GIOVEDI’ 2 LUGLIO 1998

"Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i peccati". (Mt. 9,1)

Al di là del significato profondo della guarigione del paralitico che conferma Gesù Figlio di Dio, quindi capace di perdonare, mi piacciono estremamente queste parole che sento dette anche a me. Prima di tutto questa parola "Coraggio". Ho bisogno di qualcuno che mi dia fiducia specialmente quando comincio a perderla in me stesso, quando prometto e non mantengo, quando i miei limiti e i miei peccati sembrano insuperabili. Ed è bello anche quel "figliolo" perché mi fa apparire Dio non lontano da me, non giudice intoccabile dei miei peccati, ma Padre che, se mi mette davanti alle mie responsabilità, allo stesso tempo mi ama, mi dà la sua mano, mi mette a mio agio. E poi la parola della misericordia: "Ti sono rimessi i tuoi peccati". Quante migliaia di volte ho ripetuto a nome di Gesù questa frase nel sacramento della confessione e quante volte, proprio questa frase, ha fatto sgorgare lacrime ed ha ridato sorriso e speranza. grazie, Gesù, della tua misericordia che si fonda nel tuo sangue offerto per noi e che ci fa rinascere dentro.

 

 

VENERDI’ 3 LUGLIO 1998

"Beati quelli che pur non avendo visto crederanno". (Gv. 20,29)

Ci riguarda davvero questa beatitudine? Noi non abbiamo visto Gesù di persona, non abbiamo potuto constatare personalmente le ferite del Risorto, ma anche noi abbiamo tante testimonianze di Cristo: la fede dei nostri padri, i doni dei sacramenti, la parola di Dio... ecco su quali cose possiamo fondare la nostra fede. Che cosa significa "vedere" nel Vangelo? Significa lasciarci illuminare. Non è solo sforzo della nostra intelligenza per comprendere e spiegarci, è lasciarci illuminare in tutto il nostro essere, è riconoscere Qualcuno che ci supera, è affidarci con l’abbandono di Tommaso che dice: "Mio Signore e mio Dio!". Allora la beatitudine di Gesù riguarda noi e Tommaso: beati se lasciandoci illuminare da Gesù lo scopriamo vivente e in Lui riponiamo ogni speranza.

 

 

SABATO 4 LUGLIO 1998

"Si mette vino nuovo in otri nuovi". (Mt. 9,17)

In un mondo di agricoltori, pastori, pescatori, un mondo culturale molto semplice, come era quello in cui viveva Gesù, parlare di festa di nozze e di vino significava richiamare momenti di gioia, di celebrazione della vita. Gesù con la sua parola e la sua persona è segno dì questa gioia nuova, profonda, totale dell’uomo. Ma la gioia, per portare i suoi frutti deve essere accolta. E chi è abituato a pensare alla fede come a una formula di religiosità, a dei doveri da compiere, a un modo per tenersi buono Dio e per poter commerciare con Lui l’eternità, rischia di non accorgersi neppure della gioia e della novità. Gesù non è venuto a portare nuove norme, è venuto a portare Se stesso: un Dio con noi e per noi. Con Cristo non siamo più soli, i nostri problemi vengono da Lui condivisi e avviati ad una possibile soluzione, le ingiustizie e i soprusi possono essere combattuti, l’angoscia e la paura non hanno più senso di esistere. Ma, noi cristiani siamo davvero nella gioia e trasmettiamo questa gioia ai nostri fratelli?

 

 

DOMENICA 5 LUGLIO 1998 – 24^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

"Rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli". (Lc. 10,20)

Questi settantadue discepoli inviati in missione da Gesù, tornano entusiasti: tutto è filato bene, sono riusciti persino a fare miracoli e a cacciare demoni; un successo completo. Gesù, invece, li invita a rallegrarsi perché il loro nome è scritto nei cieli. In cielo non sono registrati i numeri dei convertiti, dei miracoli fatti, delle ore di lavoro missionario, sono registrati dei nomi. Non c’è la mappa delle opere, ma la documentazione di ciò che si è investito in termini di cuore, di passione, sacrificio. Ciò che è consolante non sono le cifre, ma le persone, la loro fatica, il loro lavoro oscuro, la dedizione assidua, la pazienza nel seminare. I miei parrocchiani mi hanno regalato la Biblioteca dei Santi, quattordici volumi in cui sono scritti i nomi di più di 30.000 tra santi e beati della Chiesa: un’enormità! ma i nomi scritti nei cieli sono ben di più. Quando, come speriamo, arriveremo là, scopriremo quanti nomi per noi oscuri brilleranno in quel cielo, nomi di persone che sulla terra non hanno fatto nulla di eclatante, di visibilmente eroico ma che nel segreto, nel nascondimento hanno amato, sofferto, servito per amore e nella fede in Gesù.

 

 

LUNEDI’ 6 LUGLIO 1998

Giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: "Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà".

(Mt. 9,18)

Ci sono momenti difficili nella vita in cui si è disposti a tutto. L’uomo del Vangelo di oggi vive uno di questi terribili momenti: gli è morta la figlia, ha sentito parlare di Gesù che compie miracoli, va da Lui con tutta la sua disperazione. Non sappiamo se avesse una fede pura in Gesù, se lo ritenesse un mago o un illuminato.., va da Gesù. L’importante, sempre, in ogni occasione, è andare da Gesù. Non aspettare di avere la fede pura, non preoccuparti troppo se non conosci il modo giusto di pregare o se non conosci la teologia a menadito. Comincia ad andare da Gesù, portagli te stesso, le tue gioie, le tue pene, i tuoi desideri, invitalo a casa tua e poi lascia che faccia Lui. In ogni caso Egli comincerà a mandar via i cantori della morte e poi, anche se non risolverà tutti i tuoi problemi materiali, ti darà la sua vita.

 

 

MARTEDI’ 7 LUGLIO 1998

"Scacciato il demonio, quel muto cominciò a parlare". (Mt. 9,33)

Uno dei segni che comprovano la messianicità di Gesù sono le guarigioni e tra esse quelle di muti che si mettono a parlare. Oltre al miracolo c’è tutta una serie di segni in queste guarigioni. L’umanità, dopo il peccato, era ammutolita, non riusciva più a parlare con il suo Dio; ora, tramite Gesù parola di Dio incarnata riesce a riaprire questo dialogo. Il male, le sofferenze, il demonio avevano chiuso l’uomo in se stesso nelle sue incapacità, nell’egoismo, l’Amore di Gesù permette all’uomo di ritrovare in se stesso i valori che gli sono propri e di ritrovare la speranza e, allora, gli si apre la bocca per riconoscere la grandezza di Dio e per testimoniare l’amore di Gesù. Mi chiedo però, se noi cristiani abbiamo davvero ricevuto il miracolo di parlare: oh, non che non parliamo, qualche volta ci parliamo addosso anche troppo, ma quante volte mi riscopro ancora cristiano muto davanti alle ingiustizie, cristiano chiuso davanti all’accoglienza, cristiano incapace, per paura e individualismo, a testimoniare, cristiano rassegnato davanti a chi non ha speranza... Eppure il Signore mi ha aperto la bocca perché riconoscendo Lui io sia capace di parlare a Lui e a parlare di Lui.

 

 

MERCOLEDI’ 8 LUGLIO 1998

"Questi dodici Gesù li inviò". (Mt. 10,5)

Mi piacciono i vangeli perché sono libri onesti. Non presentano gli apostoli come persone senza macchia nè paura, integerrimi, "santi". Li presentano nella loro realtà fatta di contraddizioni con slanci di grande fede e con momenti di dubbio e ripiegamento su se stessi, con coraggio e con paura... insomma, in essi mi ritrovo pienamente: al Signore voglio bene ma sono egoista, vorrei fare cose grandi per Lui ma sono timoroso, capisco poco della sua volontà, ho voglia di seguirlo ma anche di scappare... Eppure è con questo materiale umano che Gesù ha fondato e fonda oggi la sua Chiesa. Non ho la scusa di dire: "Non sono degno, non sono capace" per tirarmi indietro. Lui si serve proprio della mia incapacità, dei miei difetti, Lui affida l’annuncio del suo regno di pace, di amore, di giustizia, di verità proprio a me e a te che siamo irosi, egoisti, a volte ingiusti e incapaci di comprenderlo.

 

 

GIOVEDI’ 9 LUGLIO 1998

"Non procuratevi oro, nè argento, nè moneta di rame nelle vostre cinture". (Mt. 10,9)

Vi confesso un mio limite: sono stato a Roma almeno una decina di volte. Sono andato più volte ad ammirare le bellezze artistiche racchiuse nei musei Vaticani ma mi sono sempre rifiutato di andare a visitare il cosiddetto "Tesoro di San Pietro". Non perché calici istoriati, tiare, pianete damascate e tempestate di diamanti non soddisfino il mio interesse artistico ma perché una certa vocina dentro di me mi suggeriva che Pietro non aveva in tasca neanche la moneta per pagare il tributo e che Gesù l’aveva mandato a cercarla nella bocca di un pesce e perché, lo stesso Pietro, davanti allo storpio della Porta Bella del Tempio può dirgli con sincerità: "Non possiedo nè oro, nè argento, possiedo una cosa sola: nel nome di Gesù, alzati e cammina. Oggi, per annunciare il Vangelo che cosa occorre? I mezzi possono servire ma non sono indispensabili. Occorre avere soprattutto il cuore pieno di Gesù e lasciarlo "traboccare" nella nostra vita di modo che naturalmente possa comunicarsi a coloro che incontriamo... il resto lo fa Lui.

 

 

VENERDI’ 10 LUGLIO 1998

"Non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi". Mt. 10,20

Quante volte ho sperimentato questo nella mia vita, eppure nella mia poca fede ci casco ancora. Quando devo affrontare la predicazione o qualche rapporto difficile mi lascio prendere dall’ansia, mi agito, studio le parole e vivendo nell’ansia di non farcela, magari riesco a farmi venire mal di stomaco. Eppure, ormai, dovrei saperlo che, una volta fatto tutto quello che potevo per prepararmi, dovrei essere tranquillo: il Signore fa Lui e fa sempre per il meglio. E anche quelli che umanamente vengono chiamati insuccessi, sono poi sempre veramente tali? Quante volte ho constatato che proprio in quelli che il mio orgoglio umano considera insuccessi sono stati invece cose che sono arrivate al cuore di qualcuno. Non credo che sapere che lo Spirito Santo agisce in noi debba renderci incoscienti o ci esima dal mettercela tutta (ad esempio non credo a quei predicatori che non si preparano mai perché intanto — dicono — ci pensa lo Spirito), ma sono anche convinto che il Signore con la sua forza vada ben al di là dei nostri limiti umani, se noi ci abbandoniamo a Lui.

 

 

SABATO 11 LUGLIO 1998

"Se accoglierai le mie parole e custodirai in te i miei precetti, allora comprenderai il timore del Signore e troverai la scienza di Dio". (Prov. 2,1.5)

S. Benedetto, fondatore del monachesimo e patrono d’Europa, aveva capito a fondo questa frase della Scrittura. La preghiera, il lavoro, la scienza, la cultura hanno un’unica anima unificante: Dio. Tutto parte da Lui, tutto in Lui trova significato, tutto ritorna a Lui. L’uomo non è una serie di compartimenti stagni: la vita, gli affetti, la scienza, il lavoro, la fede, l’uomo è una cosa sola, è la creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio in tutte le sue manifestazioni, è altrettanto importante quando ama e quando mangia, quando prega e quando lavora, quando gioisce e quando soffre, quando zappa il campo e quando si addentra nei misteri di Dio. Deve però sempre fare riferimento al suo centro unificante che è il suo rapporto con Dio e che si manifesta nell’accogliere e "rimanere" nella sua Parola che salva.

 

 

DOMENICA 12 LUGLIO 1998 – 25^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

"Questa parola è molto vicina a te". (Deut. 30,14)

Tutto è lì, a nostra portata. Basta vedere, chinarsi, ascoltare. Noi, però, non amiamo le cose troppo vicine. Ci interessiamo a quelle lontane. Andiamo lontano a cercare parole di salvezza, vogliamo collezionare esperienze esotiche per provare qualche brivido mistico, scomodiamo teorie orientaleggianti, andiamo alla ricerca dell’eclatante, del miracolistico, del sensazionale, sfogliamo libri astrusi, ci perdiamo in discussioni parolaie. E, lì vicino c e un libro che aspetta da troppo tempo di essere aperto. Ma ha il torto di non costituire una novità, di non apparire nella classifica dei best—seller. La Bibbia, i vangeli? Sono vecchi, più o meno li conosciamo.., non "fanno fine" nelle discussioni, sono un qualcosa di troppo pretesco... Eppure quella Parola è stata detta per me nella situazione che io vivo oggi. E’ una Parola che salva! Torniamo alle cose semplici, abbeveriamoci alla buona e vecchia fontana del villaggio dove già generazioni hanno bevuto e non solo non sono morti, ma hanno trovato il senso della vita.

 

 

LUNEDI’ 13 LUGLIO 1998

"Non crediate che io sia venuto la portare la pace sulla terra". (Mt. 10,34)

Una frase, quella di Gesù, difficile da digerire. Quando Gesù nasce gli angeli annunciano "pace in terra agli uomini". Quando il Risorto appare, saluta sempre i suoi amici augurando: "La pace sia con voi". Eppure questa pace non si è realizzata con la venuta di Gesù: le guerre sono continuate, lotte e violenze ci sono tuttora; Gesù stesso è stato vittima della violenza. I primi cristiani hanno sperimentato subito la persecuzione, ed essere veri cristiani oggi significa andare controcorrente e avere nemici e persecutori. Allora Gesù quale pace porta? Non quella dello star bene o dello star comodi, non la pace dei compromessi, ma la pace profonda del cuore. Un cuore è in pace, anche in mezzo a lotte, violenze, persecuzioni se sa di essere nel cuore di un Dio che lo ama, lo sostiene, dà corpo alle sue speranze. Se noi crediamo a Gesù, alla sua parola non possiamo non avere questa pace profonda che non ci evita le sofferenze, ma ce le fa superare, che non ci estrania dall’impegno e dalla fatica ma che concretizza le nostre speranze perché riposte in Colui che è Fedele.

 

 

MARTEDI’ 14 LUGLIO 1998

"Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite". (Mt. 11,20)

"Signore, se tu apparissi nella tua potenza! Se tu facessi dei miracoli, chissà quanta gente si convertirebbe.. Mi sembra di sentire la risposta di Gesù: "Che cosa vuoi ancora di più? Il Dio dell’eternità ha parlato la lingua degli uomini. Io mi sono incarnato per esserti vicino. Sono morto in croce per te. Sono risorto. Ti ho lasciato i sacramenti dove tu puoi entrare in comunione con Dio. Hai la mia parola nelle Scritture. Hai la testimonianza dei santi di ieri e di oggi. Tutta la vita è un miracolo continuo. Ti ho lasciato mia Madre che ti ha dato segni e miracoli nel mio nome... Che cosa vuoi di più? Che cosa aspetti ad accogliermi? Vai ancora alla cerca di altri segni, di altri miracoli per darmi fiducia? Sei alla ricerca di me o del sensazionale? Non sei ancora cresciuto abbastanza se pensi che la fede possa nascere a comando solo perché c’è stato qualche miracolo. Oltretutto, miracoli, apparizioni, fatti straordinari ce ne sono, ma quanti si sono convertiti davvero?".

 

 

MERCOLEDI’ 15 LUGLIO 1998

Gesù disse: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli". (Mt. 11,25)

Gesù ha dei momenti semplici e spontanei di preghiera in cui il suo amore per il Padre sembra quasi traboccare in parole di lode come quelle che leggiamo nel vangelo di oggi. Gesù ne ha fatto l’esperienza personalmente: quante volte ha parlato agli scribi, ai farisei, ai sommi sacerdoti e che cosa ne ha ottenuto? Non solo non lo hanno accolto ma si sono coalizzati per ucciderlo. Invece quando Gesù si è rivolto ai poveri, agli umili hanno gioito delle sue parole, a quel ladrone pentito ha addirittura potuto promettere il paradiso. Anche gli apostoli ne hanno fatto esperienza: perseguitati dai capi religiosi dell’ebraismo hanno trovato accoglienza tra i pagani. E oggi dov’è la forza della vera Chiesa? Nelle alte sfere si trova tanta apparenza e formalismo e a volte ti trovi davanti a certe perle di fede in gente umile e semplice. Ancora oggi anche noi possiamo pregare come ha pregato Gesù: Dio continua ad operare meraviglie nei suoi poveri!

 

 

GIOVEDI’ 16 LUGLIO 1998

"Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò". (Mt. 11,28)

Quante persone ‘‘affaticate e oppresse" sia al tempo di Gesù che ai nostri giorni: angariati dai potenti, guardati con sufficienza da coloro che si sentono sapienti, malati, poveri che faticano a vivere, trascurati, persone sole... Gli amici di Gesù che possono contare su di Lui, poiché non possono contare su altri, sono tanti. Che cosa offre Gesù a queste persone e a tutti coloro che si rivolgono a Lui? Non la facile soluzione ai problemi materiali. Gesù dà se stesso, la sua vita, la pace di Dio e il suo perdono, la fratellanza in Lui, le promesse di eternità. Quel "vi ristorerò" significa sapere che in mezzo alle povertà degli uomini, uno sa di non essere abbandonato, sa di avere Dio che, vedendo tutto, consola il cuore. Se noi ci rendiamo conto di essere poveri e bisognosi, di non essere autosufficienti, se sentiamo il bisogno di essere salvati e perdonati: ecco il cuore di Gesù che ci accoglie.

 

 

VENERDI’ 17 LUGLIO 1998

"Ora vi dico: qui c’è qualcosa più grande del Tempio". (Mt. 12,6)

Due erano le grandi basi della fede di Israele: la Legge e il Tempio, e Gesù che dice di non essere venuto ad abrogare neanche una virgola della Legge, rispetta profondamente entrambe, però la sua persona supera ogni legge e diventa il vero Tempio di Dio. Nella vita della Chiesa, anche noi abbiamo delle solide basi nella Parola di Dio che ci esplicita la sua Legge e nella preghiera che ci mette in comunione con Dio. Però, anche per noi ce il rischio di diventare formali esecutori di norme morali e persone che riducono la preghiera e la liturgia ad un rituale, dimenticando la Persona su cui entrambe si fondano. Seguire Gesù è scegliere di amare Colui che ci ha amati e non assumere solo una serie di norme di comportamento: non "devo star buono perché Dio mi comanda così", ma perché è il mio modo di essere con Gesù, ed anche la preghiera personale o liturgica non è un dover dare a Dio una serie di preghiere e riti, ma incontrare Colui che mi dà la gioia di poter entrare in comunione con Dio stesso.

 

 

SABATO 18 LUGLIO 1998

"La canna infranta non spezzerà". (Mt. 12,20)

Capita spesso di trovare dei cristiani intransigenti (specialmente con gli altri). Tutti gli estremismi sono deleteri ma gli estremismi religiosi sono i più negativi di tutti. Gesù che è stato esigente con i suoi discepoli, è stato anche estremamente attento e disponibile verso coloro che pur non essendo "perfetti nella fede" avevano in loro un lumicino di apertura a Dio (pensate a Zaccheo, al ladrone...). Se ad una persona già piena di dubbi, magari lontana dalla Chiesa o prevenuta contro di essa, noi diciamo: "Hai sbagliato tutto. Devi fare così e cosa se no Dio ti manda all’inferno", il più delle volte otteniamo di allontanarla ancora di più; se noi preti per principio rifiutiamo i sacramenti a persone che non ci danno tutte le garanzie, quali occasioni diamo a queste persone di conoscere un po’ più da vicino la bellezza della fede? Se certi gruppi religiosi, con una supponenza a volte odiosa, si autodefiniscono gli unici ad avere la strada della verità, e dicono che per salvarsi bisogna fare come loro, pensano di poter distinguere tra buoni e cattivi, fanno un cattivo servizio a Gesù e a se stessi perché Gesù si è schierato con i peccatori.

 

 

DOMENICA 19 LUGLIO 1998 – 26^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

"Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno". (Lc. 10,42)

Marta è la Signora di quella casa ospitale di Betania ma rischia di essere una che costringe l’amico nei propri schemi, nei propri programmi, nei propri desideri. Decide lei ciò che deve necessariamente far piacere all’ospite e non si accorge che più che interessarsi al Maestro, si interessa delle proprie cose e queste finiscono per diventare un assoluto. E’ il rischio che corrono certe persone religiose quando Dio diventa troppo "conosciuto", familiare. Ci si illude di sapere tutto, di interpretare i suoi gusti e non ci si accorge di imporgli le nostre abitudini, ciò che fa comodo a noi. Dio non è programmabile. Soltanto l’ascolto, la sosta silenziosa, l’atteggiamento contemplativo di Maria, permette di fargli posto nello spazio interiore del nostro essere, di interpretarne le esigenze.

 

 

LUNEDI’ 20 LUGLIO 1998

"Il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra". (Mt. 12,40)

Chiedono a Gesù dei miracoli, e anche noi spesso vorremmo vedere dei segni per confermarci nella nostra fede. Gesù sa che neanche i più grandi portenti possono cambiarci se noi non lo vogliamo e allora ci dà se stesso sulla croce. Però, anche questo segno spesso e mistificato. Quasi tutti portiamo al collo croci d’oro, spesso ci facciamo il segno della croce senza neppure pensare a che cosa significhi "segnarci" con la croce. La croce è segno di sofferenza, di cattiveria, di morte. E’ una triste invenzione sadica degli uomini. In Gesù, la croce è segno di amore sofferente donato. Per gli uomini è segno di salvezza: "Guarderanno a Colui che hanno trafitto". Segnarci con la croce significa adorare Colui che ha dato la vita per noi, accettare di unire le nostre croci alla sua, riconoscere il nostro peccato che lo ha crocifisso e accettare con umile gioia il perdono che, dalla croce, Gesù ci ha donato.

 

 

MARTEDI’ 21 LUGLIO 1998

"Chiunque fa la volontà del Padre mio, questi è per me fratello, sorella e madre". Mt. 12,50

"Lei non sa chi sono io!". E’ una frase che la tracotanza di chi pensa di essere importante per il ruolo che ricopre, per i soldi che ha, o per la parentela con qualche pezzo grosso, fa dire a chi si sente pieno di sè o con le spalle al sicuro. Con Gesù, le parentele, i titoli o il denaro non contano. Non si "fa carriera" nella fede per qualche zio cardinale o per onorificenza ricevuta magari anche dalla Chiesa. Se poi guardiamo bene al vangelo, i veri amici, parenti di Gesù sono i poveri, i peccatori, i malati... Una ben strana parentela! E se vogliamo essere anche noi "parenti" di Gesù, la strada è molto semplice: "fare la volontà del Padre". E’ questo l’unico modo di essere figli di Dio, fratelli di Gesù, fratelli tra di noi. Maria è santa non per i suoi doni particolari, è santa perché ha detto e ripetuto il suo "sì" per tutta la vita.

 

 

MERCOLEDI’ 22 LUGLIO 1998

"Donna perché piangi? Chi cerchi?". (Gv. 20,15)

Gesù risorto rivolge questa, a prima vista, strana domanda a Maria Maddalena. I motivi di piangere c’erano tutti: il suo Signore, Colui che l’aveva salvata era morto, gli amici di Gesù erano dispersi e paurosi, la tomba per di più era vuota, qualcuno aveva forse fatto un ultimo oltraggio a Gesù. "Perché piangi?". Quanti motivi per piangere: la morte di una persona cara, un tradimento, una malattia... Anzi, non solo c’è da piangere, ma anche da chiedersi "perché?". "Chi cerchi?". Cerchiamo la pace, cerchiamo Dio! Ecco allora che quando te ne rendi conto basta sentire il tuo nome pronunciato da Colui che stai cercando per riscoprire che Lui è vivo, per ritrovare la speranza, per finire tra le braccia di Colui che tu cercavi e che è venuto a cercare te.

 

 

GIOVEDI’ 23 LUGLIO 1998

"A voi è dato di conoscere i misteri del Regno dei cieli, ma a loro non è dato". (Mt. 13,11)

Detta così questa frase di Gesù, può suonare persino male: sembra che qualcuno sia arbitrariamente escluso dal Regno. Non è così: il Regno è per tutti, ma per entrarvi bisogna accettarne le condizioni. Se io penso di avere già la verità, è chiaro che non sarò disponibile a cercarla. Quindi la prima condizione per poter accedere al Regno è l’umiltà di comprendere che è un dono gratuito che vien fatto a tutti ma che per poter "funzionare" ha bisogno di trovare persone assetate di esso, che da esso si lasciano coinvolgere e che richiede una continua disponibilità. Il rischio di noi cristiani è quello di sentirci talmente "proprietari" del Regno da volerlo gestire secondo i nostri criteri, Il Regno invece è per tutti coloro che "con cuore umile e sincero" lo cercano, si affidano ad esso, continuano a cercarlo per tutta la vita sicuri che Esso sta cercando loro e che esso troverà il suo compimento nell’eternità di Dio.

 

 

VENERDI’ 24 LUGLIO 1998

"Voi dunque intendete la parabola del seminatore". (Mt. 13,18)

La parabola del seminatore tra le tante e belle indicazioni che ci suggerisce ci dà anche alcuni preziosi suggerimenti per il nostro vivere la fede. Prima cosa: il seminatore non siamo noi, Il seminatore è Dio che nella sua immensa bontà e sapienza semina dove e quando vuole. E Lui sa quello che fa. Quindi è inutile il nostro preoccuparci troppo, quasi che l’evangelizzazione dipendesse unicamente da noi, dalle nostre prediche o dai nostri piani pastorali. Seconda cosa: il seme non siamo noi. E’ ancora Lui con la sua Parola e con la sua Grazia che ha in germe la pianta. L’unica cosa che noi possiamo e dobbiamo essere è "la terra buona". La terra in sé non ha molto da fare. Suo compito è accogliere, ricevere il seme e donare al seme le sue proprietà, affinché i]i seme possa trasformarsi in pianta. Non pensiamo di essere noi a salvarci o a salvare il mondo. Impariamo invece ad accogliere tutto ciò che Dio gratuitamente ci dona, lasciamoci lavorare da Dio, offriamo al seme le nostre proprietà e le nostre povertà, lasciamoci trasformare. In un primo tempo ci sembrerà, forse, di perdere qualcosa, ma guadagneremo il frutto.

 

 

SABATO 25 LUGLIO 1998

"Noi abbiamo un tesoro in vasi di creta". (2 Cor. 4,7)

Qualche volta questa frase mi viene in mente quando faccio la Comunione Eucaristica e quando amministro il sacramento della Confessione. Chi sono io, piccolo uomo, pieno di miserie e di peccato per poter ricevere il Corpo del mio Signore? E chi sono io da poter dire ad un fratello che Dio gli ha perdonato tutti i peccati? Mi conforta allora pensare a Maria nei suoi nove mesi di gravidanza: anche Lei, che pure aveva doni grandi e particolari non avrà pensato proprio a questo: Colui che i cieli dei cieli non possono contenere si sta facendo uomo proprio nel mio grembo di povera donna...? Ma la strada per accogliere Gesù è proprio questa, comprendere la nostra debolezza, povertà, peccabilità, fragilità visitata niente meno che da Dio che "guardando alla povertà del suo servo, ha fatto e fa cose grandi in "e nonostante me. Se penso a questo non può che nascere la gratitudine più profonda: "Tu, o Dio, ti fidi proprio di me".

 

 

DOMENICA 26 LUGLIO 1998 – 27^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C

"Quando pregate, dite: Padre..". (Lc. 11,2)

Così commenta Alessandro Pronzato:

Qualcuno ha definito il ‘Padre nostro’ come una preghiera "tranello". Essa non tollera gli spettatori neutrali. Ossia, preghiera e assunzione di responsabilità al tempo stesso. Domanda e offerta di collaborazione. Questa è la "trappola" approntata da Cristo: una preghiera breve, semplice, poche frasi incisive, ma che ti schiude davanti un programma di vita la cui vastità è tale da mettere addosso i brividi. Ti illudi di dare degli ordini a Dio ("venga il tuo Regno", "dacci", "rimetti", "libera - ci"...). Salvo ad accorgerti, subito, che Lui ha dei compiti precisi da assegnarti. Il Padre nostro ci apre gli occhi, perché ci fa scoprire ciò che dobbiamo fare: esattamente tutto quello che diciamo. Ci apre le orecchie, perché ci fa ascoltare ciò che Dio aspetta da noi: esattamente quello che domandiamo a Lui. Ci mette in piedi, perché ci libera dall’inerzia, dalla pigrizia, dalle "dimissioni". Per cui ci ritroviamo "inviati" a realizzare, o a collaborare per la realizzazione di quel programma da capogiro: far conoscere il nome del Padre, compiere la sua volontà, assicurare il pane sulla mensa degli uomini, distribuire il perdono, costruire la pace.

 

 

LUNEDI’ 27 LUGLIO 1998

"E non parlava loro se non in parabole". (Mt. 13,34)

La parabola è uno dei mezzi più semplici per comunicare, ma la parabola ha anche dei limiti: può essere riduttiva, può prestarsi a interpretazioni diverse, spesso non dà risposte esaustive, complete, richiede la fatica della comprensione, è creativa in quanto apre spazi nuovi al pensiero... Insomma, la parabola rivela e nasconde allo stesso tempo. Gesù usa questo metodo per diversi motivi. Anzitutto è un linguaggio figurato, di facile comprensione soprattutto per i semplici, i poveri, per coloro che non sono portati all’astrazione, al filosofeggiare fatto unicamente di idee: Gesù, per parlare a tutti sceglie di parlare ai ‘piccoli’. Poi, attraverso la parabola propone se stesso: la parabola, come Gesù non ti costringono mai ad una scelta, sono un invito e una proposta a cui solo la nostra libertà può rispondere. Ancora, Gesù non ama le ricette preconfezionate: Lui e la parabola lasciano il più ampio spazio alla nostra fantasia, alla ricerca, alla creatività. Lui non ci vuole massificati, ma persone individuali che, accogliendo i doni dello Spirito, li fanno fruttificare nella diversità ma nell’unità.

 

 

MARTEDI’ 28 LUGLIO 1998

"li Figlio di Dio manderà i suoi angeli i quali raccoglieranno dal suo Regno tutti gli scandali e gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente". (Mt. 13,41)

Gesù ci ha presentato un Dio "misericordioso, lento all’ira, pieno di grazia", un Dio che va a cercare la pecorella smarrita, che è "benevolo verso gli ingrati", come conciliare questo con "la fornace ardente"? Dio è paziente in questa nostra vita, è tollerante, ci cerca, ma non può accogliere in sè il male, deve espellerlo e se qualcuno si è identificato con il male, peggio per lui: ha già fatto la sua scelta. Questo, però, è segno di speranza soprattutto per l’oppresso, per chi ha subito i "soffocamenti della zizzania", in quanto la giustizia di Dio tiene conto dei mali subiti e sopportati con amore. Detto in parole molto semplici: Dio è buono e misericordioso ed offre a tutti una possibilità di redenzione. Ma se tu non lo accetti e ti vendi al male, è lo stesso male che ti giudica e ti impedisce di gustare la sua misericordia.

 

 

MERCOLEDI’ 29 LUGLIO 1998

"Il Regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto in un campo". (Mt. 13,44)

Ci si può chiedere come mai, dopo duemila anni di cristianesimo, ci siano ancora tante persone, o che non lo conoscono o che lo rifiutano. Perché il Regno di Dio e i suoi doni non sono costringenti, ma vanno cercati. Dio non costringe nessuno alla fede. Dio non ti obbliga con delle evidenze tali davanti alle quali non puoi non dire che si. Dio si fa cercare, si fa trovare, ti chiede fiducia, ti coinvolge nel suo Regno, ti chiede di rinunciare ad altro. Si sono scritti migliaia di libri sull’elettricità, la sua natura, i suoi effetti, il suo impiego. Potreste costruire una biblioteca su questo argomento, ma questo non potrà accendere la più debole lampadina, azionare il minimo motore. Per fare questo, occorre applicare le nozioni che questi libri danno, allacciarsi alla rete di distribuzione, collegare gli apparecchi. Se non lo cerchi, se non lo consideri un tesoro, se non ti dai da fare per viverlo, il Regno continuerà ad essere un tesoro, ma nascosto nel campo.

 

 

GIOVEDI’ 30 LUGLIO 1998

"Ogni scriba divenuto discepolo del Regno dei cieli è simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche". (Mt. 13,52)

Ho vissuto, nella mia gioventù, gli anni in cui si pensava che per rinnovare società, politica, Chiesa, bisognasse prima di tutto far "pulizia generale", buttare via storia, tradizioni, usi. E’ un po’ come se un albero dicesse: "Le mie radici sono sottoterra, mi tengono vincolato al terreno, non fioriscono, non servono a niente: tagliamole!". L’albero senza radici non sta in piedi. Gesù è molto equilibrato. Lui è la vera novità della storia, ma nasce in un popolo concreto, parla la lingua del suo tempo, rinnova la storia ma non la rinnega, vive le tradizioni del suo popolo ma le vivifica con uno spirito nuovo, il cristiano, come Gesù, è un rivoluzionario ma non un distruttore o un detrattore del passato. Come per l’albero: è vero che le radici non fanno né foglie né frutti, è vero che esse sembrano vincolarci al terreno, ma è anche vero che senza di esse siamo destinati a insterilire e a morire.

 

 

VENERDI’ 31 LUGLIO 1998

"Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua". (Mt. 13,57)

Spesso confondiamo la fede e il Regno di Dio con manifestazioni esteriori, con qualcosa di clamoroso che si imponga e non riusciamo a riconoscere che il Regno è come quel piccolo seme che sembra insignificante ma che ha in sé tutta la potenza della pianta. Cerchiamo "profeti" che ci facciano provare emozioni forti e non sappiamo vedere che Dio è umile, presente in casa nostra. Andiamo a cercare i vari "santoni" e ci dimentichiamo della potenza dell’Eucaristia, non sappiamo neppure vedere tutto il positivo che già c’è nelle nostre famiglie, ci lamentiamo delle incomprensioni, delle difficoltà, con la fantasia corriamo lontano e non apprezziamo la presenza di un genitore, di un marito, di un figlio. Gesù, il Salvatore, non è stato riconosciuto dai suoi contemporanei, e oggi, Gesù è riconosciuto dai cristiani?

     
     
 

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