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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

MAGGIO 1998

 

 

 

 

VENERDI’ 1 MAGGIO 1998

"Non è Egli forse il Figlio del carpentiere?". (Mt. 13,55)

Quello che agli occhi dei suoi connazionali era un motivo di disprezzo ("Altro che Messia, è figlio di un artigiano, operaio pure lui"), per Gesù è motivo di grandezza: il Figlio di Dio è l’artigiano, l’operaio che, in tutto simile a noi, ci insegna attraverso il lavoro delle nostre mani ad essere collaboratori di Dio stesso. S. Giuseppe, con il suo lavoro, la sua onestà quotidiana, il suo silenzio, il suo abbandono fiducioso alla volontà di Dio si è fatto santo, ha accolto ed è vissuto con Maria, è stato padre sulla terra del Figlio di Dio. Il viaggio della santità non è una strada impossibile perché troppo ardua, non è riservata solo a qualcuno dotato di doni speciali, è la strada della vita quotidiana fatta di piccole cose, di vita di famiglia, di lavoro, di mistero, di gioie e sofferenze vissute nella semplicità e nella fiducia.

 

 

SABATO 2 MAGGIO 1998

"Forse anche voi volete andarvene?". (Gv. 6,67)

Quante volte ho visto persone entusiasmarsi davanti ad una pagina di Vangelo o partecipare entusiasti a qualche manifestazione religiosa (specialmente quelle che rispondono maggiormente ai propri gusti ed esigenze) e poi ho ritrovato queste stesse persone, tristi, rassegnate... Come mai? Il Vangelo è esigente! Certo è liberante, entusiasmante, ma poi... arriva il mistero, arriva la croce; la testimonianza cozza contro l’indifferenza, le paure prevalgono... Gesù ci chiedi troppo... Gesù non realizzi le nostre richieste, ci lasci soli... Molti discepoli si erano allontanati da Gesù per il suo "linguaggio duro" e Gesù chiede: "Volete andarvene anche voi?". "Sì, Signore: la tentazione c’è. Non riusciamo a capirti, ci è difficile seguirti, ci sono tante complicazioni anche nella tua Chiesa. Ma dove andremo? La solitudine è ancora peggiore lontano dalla tua speranza, le risposte che ci danno altre credenze o filosofie, ce ne rendiamo conto, sono chimere. Le uniche parole che salvano sono le tue. Donaci, Gesù, di aver fiducia in esse: Tu non puoi tradirci!".

 

 

DOMENICA 3 MAGGIO 1998

"Le mie pecore ascoltano la mia voce". (Gv. 10,27)

Io ho poca memoria, difficilmente riesco a ricordarmi i nomi delle persone, ma capita spesso che sentendo una voce per telefono riesco ad identificare chi sia. La voce è un po’ come le impronte digitali. Gesù ci dice che le sue pecore conoscono la sua voce. Ma io, questa sua voce riesco ad identificarla? Se siamo credenti, sappiamo che Gesù non ci lascia mai soli, che Dio non è un Dio muto ma continua a parlarci. I suoi modi di "farci sentire la sua voce" sono tanti. Dio ci parla attraverso la creazione, la coscienza, la Bibbia, i fatti della vita, i fratelli. La sua è una voce sommessa ma potente, può raggiungerci in un letto di ospedale o in mezzo alla folla, può parlarci attraverso una predica, la pagina di un libro, uno spettacolo televisivo, o attraverso gli occhi imploranti di un fratello. E la matrice di questa voce l’abbiamo già stampata nel cuore: siamo fatti da Lui, a sua immagine, siamo Tempio dello Spirito. Se stentiamo a riconoscerla è perché il cuore si è indurito, è perché non vogliamo riconoscerla.

 

 

LUNEDI’ 4 MAGGIO 1998

"Io sono la porta delle pecore". (Gv. 10,7)

Leggendo oggi la frase di Gesù "lo sono la porta", sorridendo mi è venuto in mente come sono le porte delle nostre case oggi: blindate, dotate di sofisticati sistemi antiladro, ma molto più spesso le nostre case sono blindate agli altri. Ci entrano sì gli amici, magari anche i conoscenti e i vicini per far vedere con quanto buon gusto abbiamo arredato la casa ma con strenuità difendiamo la nostra "privacy" da ogni ingerenza. Gesù, invece, è una porta attraverso cui si passa. Nessuno è estraneo a Lui che è venuto per tutti ma in particolare per i peccatori e i lontani. Esì una sicurezza, ci difende donando la sua vita, ma ci lascia anche liberi di stare con Lui o di andarcene. Il suo ovile non è una trappola, la sua Chiesa non è una costrizione, un qualcosa che impedisce di pensare, un qualcosa da difendere (ci pensa già Lui), è una casa dove c e posto per tutti. Quanto sono assurdi certi uomini di Chiesa che costruiscono "barriere" per difendere il gregge che hanno come unico risultato l’impedire ad altri di entrare: per Gesù l’unico lasciapassare è passare attraverso Lui, anzi, ancor meglio è passare là dove è passato Lui.

 

 

MARTEDI’ 5 MAGGIO 1998

"Ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani". (At. 11,26)

Tra le tante cose che un prete deve fare "per ministero" c’è anche quella di stendere il verbale (pensate che è chiamato "processicolo") che riguarda i futuri sposi. Ci sono anche domande come questa: "religione?" dove tutti rispondono "cattolica", "cristiano", quando poi seguono altre domande che specificano, qualcuno (pochi, più sinceri) specifica: "Ma io sono credente non praticante". In Italia sono ancora quasi tutti "cristiani", ci sono cristiani di destra, di sinistra, cristiani favorevoli all’aborto, all’eutanasia, cristiani talmente ferventi da essere intransigenti a chi non la pensa esattamente come loro e cristiani che entrano in chiesa per battesimi, matrimoni e sepolture, cristiani mafiosi e cristiani massoni, cristiani della new age e cristiani che viaggiano con in tasca i pentacoli dei maghi... Nel libro degli Atti che leggiamo oggi, ci viene detto che il nome Cristiano, viene dato dai pagani. Nessuno può arrogarsi da solo questo nome. Sono gli altri che vedendo il nostro comportamento dovrebbero dirci: quello è Cristiano perché si comporta come Cristo.

 

 

MERCOLEDI’ 6 MAGGIO 1998

"Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo". (Gv. 12,47)

Ci sono due modi di accogliere Gesù: la paura davanti al Dio giudice o l’accoglienza del Dio amore. Gesù dice chiaramente di non essere venuto a giudicare, a condannare, ma di essere venuto a portare la misericordia e la salvezza di Dio. Se di Dio ho paura non riesco a cogliere la sua misericordia, cerco di ingraziarmelo, di "comprarmelo" con le buone azioni. Se penso a Dio come ad un Padre che mi cerca per dirmi il suo amore, per darmi la misericordia di suo Figlio, per riempirmi dei doni del suo Spirito, allora sono disponibile davanti alla sua Parola. Essa diventa un dono prezioso, un motivo di cambiamento, un impegno gioioso. Il Dio della paura è quello che non ci lascia vivere, che ci rende meschini e calcolatori, ipocriti e titubanti. Il Dio dell’amore ci rende gioiosi e riconoscenti, amanti della vita e fiduciosi. Preferisco il Dio che mi distrugge, che è irraggiungibile, che se sbaglio mi manda all’inferno o il Dio di Gesù che per dirmi che mi vuol bene ha dato la sua vita per me?

 

 

GIOVEDI’ 7 MAGGIO 1998

"Chi accoglie Colui che io manderò, accoglie me". (Gv. 13,20)

Chi è "Colui che manderò"? Gesù ha promesso lo Spirito Santo. Quindi Colui che viene nel nome di Gesù è il suo Spirito. Ma c’è anche qualcun altro che Gesù manda: "Io avevo fame e tu mi hai dato da mangiare.. .". Allora, i poveri, i piccoli, i diseredati, i malati, gli extracomunitari, sono coloro che Gesù manda nel suo nome, insieme allo Spirito Santo che ci dà la grazia di riconoscerlo in essi. Accogliere Gesù è accogliere il prossimo. Non è un simbolismo. L’incarnazione di Gesù incominciata nel pensiero di Dio fin dall’eternità e realizzatasi nel grembo di Maria è destinata a perpetuarsi fino alla fine dei tempi. Ma questo ci porta anche ad un’altra riflessione: Anch’io sono l’incarnazione di Gesù! Gesù è in me e attraverso me si presenta al mio prossimo. San Paolo arrivava a dire: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me Chissà se con la mia vita riesco a far conoscere il vero volto di Cristo a chi mi incontra!?

 

 

VENERDI’ 8 MAGGIO 1998

"lo sono la via, la verità e la vita". (Gv. 14,6)

Noi, che siamo degli eterni pragmatisti, siamo sempre alla ricerca di ricette che ci diano una risposta completa ed esaustiva per giungere alla meta. Per arrivare alla vita eterna vorremmo una buona cartina aggiornata che ci indichi con precisione il percorso. Anche le varie religioni spesso cadono in questo errore con i loro libri di morale e vari codici di diritto, Il Vangelo, invece, ci dice che la via non è un insieme di osservanze ma una persona, Gesù, in quanto ha vissuto nella sua persona l’esperienza profonda dell’incontro tra Dio e l’uomo e comunica questa esperienza agli uomini suoi fratelli. Quindi, se vogliamo arrivare al Padre non pensiamo solo ad un comportamento morale o ad una via ascetica, è incontrare Gesù, lasciarci prendere per mano da Gesù, imitare Gesù, unirci a Gesù. In Lui troveremo anche la vita perché sin d’ora Egli ci fa partecipare alla comunione con il Dio vivente e troveremo la verità non solo come conoscenza intellettuale, ma come rapporto personale con Dio.

 

 

SABATO 9 MAGGIO 1998

"Chi crede in me compirà le opere che io compio". (Gv. 14,12)

Non avrà esagerato Gesù, dicendo queste parole? Noi, capaci di fare cose grandi, eroiche, miracolose come quelle che ha fatto Lui? Eppure, se guardo a quella piccola suora che era Madre Teresa di Calcutta, vedo che, per la sua fede, è riuscita a portare amore per gli ultimi in tutto il mondo; don Bosco, contadino, ha costruito basiliche e case di accoglienza; il Cottolengo, senza soldi, fidandosi solo nella Provvidenza, ha aiutato innumerevoli ammalati. Persone paurose, persino bambini hanno affrontato serenamente il martirio malati, nel nome di Gesù, hanno saputo sorridere per anni dai loro letti di sofferenze. Tutta gente straordinaria? Tutti matti? No, persone comuni che però si fidavano. Ieri dicevamo che Gesù continua ad incarnarsi in noi, allora se possiamo giustamente dubitare di noi stessi, possiamo forse dubitare di Lui che opera in noi?

 

 

DOMENICA 10 MAGGIO 1998

Quando Giuda uscì, Gesù disse: "Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato". (Gv. 13,31)

Gesù dice che è in atto la sua "glorificazione", e lo afferma nel momento in cui un amico è "uscito fuori" per tradirlo. La gloria, quindi, non passa attraverso il successo, il trionfo, il dominio, lo sterminio dei nemici. Gesù non dice: la vittoria è assicurata perché siamo una potenza, perché possiamo farci valere contro chiunque, a motivo del numero e dei mezzi e degli appoggi di cui disponiamo. Gesù presenta una gloria avvolta dalla debolezza, esposta alla derisione della gente che conta. Il Figlio dell’uomo ha puntato tutto su una cosa sola che spesso sembra essere perdente: l’amore. Ed è la stessa cosa che chiede a noi: giocare tutto su quella carta "perdente" che è l’amore.

 

 

LUNEDI’ 11 MAGGIO 1998

"Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto". (Gv. 14,26)

Siamo nel mese di Maggio. Guardiamo a Maria per comprendere questa promessa di Gesù. Maria è la "piena di grazia" cioè piena di Spirito Santo. E’ lo stesso Spirito che "stende la sua ombra su di Lei e le fa generare Gesù. Davanti al suo stupore è ancora lo Spirito che le ricorda che "nulla è impossibile a Dio". E’ la pienezza dello Spirito che la fa esultare nel suo cantico di lode. E’ lo Spirito che l’aiuta a "conservare e meditare" le vicende straordinarie della sua vita. Sarà lo Spirito che le darà la forza di sopportare e di vivere la Passione di suo Figlio e di accettare di diventare Madre di coloro che lo hanno messo in croce. La Pentecoste dello Spirito la troverà pronta a dar vigore alla Chiesa nascente. Ebbene, le stesse cose fa lo Spirito in noi se lo accogliamo. Ci fa generare Gesù nella nostra vita, ci aiuta a meditare e a comprendere il Vangelo, ci fa esultare nella preghiera e nella lode, ci rende forti nelle tribolazioni, non ci lascia orfani nella prova, ci fa Chiesa.

 

 

MARTEDI’ 12 MAGGIO 1998

"Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi". (Gv. 14,27)

Spesso non sappiamo più che cosa significhi la parola ‘pace’. Per qualcuno è sinonimo di "non ammazziamoci", di compromesso, di generico: "vogliamoci bene". Quando Gesù Risorto saluta i suoi amici con l’augurio di pace o quando, come nel Vangelo di oggi, ci promette la sua pace, intende qualcosa di molto più profondo che coinvolge l’uomo: è l’augurio della pienezza della vita, augurio di salute e serenità ma e soprattutto mettere Dio al posto giusto, al primo posto. Quando l’uomo avrà veramente pace? Quando si costruirà nel modo giusto, quando cioè non fonderà i suoi valori sull’effimero, sul passeggero, ma su chi lo ha pensato, creato, amato. Allora il. cuore dell’uomo, le sue attese non diventeranno più orgoglio che divide, che si appropria, che uccide, ma gioia, perdono, riconciliazione profonda con il fratello non più visto come un rivale da superare ma come un amico con cui camminare e costruire il Regno che il Signore stesso ha chiamato a realizzare.

 

 

MERCOLEDI’ 13 MAGGIO 1998

"Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto". (Gv. 15,2)

Guardando le viti potate crudelmente mi sono sempre domandato: come mai il contadino sembra accanirsi contro le viti e gli alberi da frutto e invece lascia intatta la quercia e il frassino? Perché nella vita sembra che al malvagio vadano sempre tutte bene mentre al giusto no? La pianta fruttifera se non la si pota inselvatichisce, se la si monda diventa feconda. L’albero che non fruttifica, invece lo si tiene finché ci pare, ma presto o tardi finirà nel fuoco. Gesù non avrà voluto dirci proprio questo? Certe prove nella nostra vita non saranno per purificarci, irrobustirci, aiutarci a portare i frutti che Dio si aspetta da noi? C’è anche, nel Vangelo, un’altra parabola che riguarda un fico che per anni non ha portato frutto e che il padrone vuoi tagliare perché "sfrutta solo il terreno", Il contadino (Gesù), dice al padrone: "Porta pazienza ancora una volta: gli scalzerò le radici, lo concimerò, lo irrigherò: forse potrà ancora portare frutto!". Niente succede a caso nella vita. Se Dio permette certe prove, anche se per noi è difficile capirlo, è solo perché ci vuole bene.

 

 

GIOVEDI’ 14 MAGGIO 1998

"Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena". (Gv. 15,11)

In una lettera, una signora affranta da molti e gravi problemi di salute e di famiglia mi scriveva: "Don Franco, Lei parla spesso della gioia. Dice che la gioia è la caratteristica fondamentale del cristianesimo. Forse Lei vivrà in unisola beata, ma per chi è quotidianamente oppresso da una salute cagionevole e per chi non vede soluzioni ai propri e ai problemi della propria famiglia che gioia può esserci? E poi mi pare che anche guardando al mondo in cui viviamo ci siano pochi motivi per gioire... Nessuno di noi vive in un’isola felice, anche se facciamo di tutto per costruircela. I Cristiani non sono degli imbecilli o peggio degli ipocriti, che dicono di essere contenti quando le cose per loro e per i fratelli non vanno bene. Quanto sono assurdi e indisponenti coloro che sorridono sempre e non sanno neanche farsi partecipi delle altrui sofferenze! La gioia che Gesù vuoi darci non è certo il sorriso idiota. Gesù stesso sulla croce non aveva nulla da sorridere! Però anche sulla croce Gesù credeva che il Padre non lo abbandonava, sapeva di potersi mettere nelle sue mani. La vera gioia non sarà proprio questo?

 

 

VENERDI’ 15 MAGGIO 1998

"Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi". (Gv. 15,16)

In un mondo in cui, molto ipocritamente, pensiamo di essere noi a scegliere, a decidere, a me pare molto bello poter dire con Gesù: prima di essere stato io a scegliere, sono stato scelto da Lui, prima di essere io a dover amare, sono stato amato gratuitamente da Lui. Maria, prima di essere la donna del sì a Dio è stata la donna scelta, pensata fin dall’eternità per essere Madre di Gesù. E’ vero, noi possiamo purtroppo rifiutare questa elezione, ma anche prima del rifiuto c’è una scelta. La mia vita non è in balia del caso, non sono solo il frutto di un casuale incontro tra un ovulo e uno spermatozoo; non è un caso che io viva in questa epoca, in questa cultura, che io abbia questo ruolo, che incontri quelle persone. Sono stato pensato da Dio da sempre e per sempre. Quanta ansia in meno se pensassimo a questo. La nostra unica preoccupazione dovrebbe essere quella di rispondere generosamente, con gioia a questa "elezione".

 

 

SABATO 16 MAGGIO 1998

"Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, per questo il mondo vi odia". (Gv. 15,19)

E’ vera questa frase di Gesù? Se guardiamo alla storia della Chiesa ci rendiamo conto che lungo i secoli questo si è avverato nei confronti di quei cristiani che davvero hanno testimoniato la propria fede: pensiamo ai martiri di tutte le epoche. Ma, se scopriamo che oggi il mondo non ci odia, non vuoi forse dire che abbiamo talmente annacquato la nostra fede con tanti compromessi che questa non dà più fastidio a nessuno? Non è questione di augurarsi la persecuzione per poter dire la validità della testimonianza cristiana, ma è vero che il pensiero di Gesù sull’amore, sul sacrificio, sul perdono non può andar d’accordo col mondo che proclama il materialismo, l’egoismo, il godimento. Dunque, rendiamoci conto che se noi non scimmiottiamo il mondo, non scendiamo a compromessi troveremo l’opposizione, il sorrisetto. In quel momento ricordiamoci le parole di Gesù: "Se hanno fatto questo al legno verde che cosa non faranno a quello secco?".

 

 

DOMENICA 17 MAGGIO 1998

"Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio Io amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di Lui". (Gv. 14,23)

Il senso più profondo del nostro essere è quello di essere in comunione con Dio. La frase del Vangelo di oggi ci indica la strada per realizzarla. Prima cosa: amare Gesù. Non si tratta solo di credere in Lui, non si tratta di osservare le sue indicazioni morali per obbedire a Dio, per "andare in paradiso". Si tratta di lasciarci prendere dall’amore di Gesù, di incontrare Colui che ci ama, di volergli bene. Allora si osserverà la sua parola non tanto come parola di uno che comanda, non come obbligo, ma come parola di un amico che ci indica la strada della nostra felicità. Ed ecco allora la vera comunione con Gesù, con il Padre, nello Spirito. La stessa strada è quella della preghiera: essa non può che nascere dalla fiducia e dall’amore accolto e dato, non può che essere comunione con la Parola di Gesù che salva e non può quindi che portare ad accogliere Dio in noi.

 

 

 

LUNEDI’ 18 MAGGIO 1998

"Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, Egli mi renderà testimonianza". (Gv. 15,26)

Gesù dà un bellissimo nome allo Spirito Santo, lo chiama: "Il Consolatore". Colui che consola non ci lascia soli, ci incoraggia, ci tira su di morale. L’uomo, davanti a]. mistero del creato si sente piccolo, solo; davanti al mistero di Dio che lo sovrasta è piccolo, davanti alla sofferenza, alla morte si sente solo e perduto. Gesù è venuto proprio per incontrare la nostra solitudine e incapacità da soli di "guardare in alto": Lui si è fatto solidale con noi. Ma Gesù è salito al cielo, noi non lo vediamo più con i nostri occhi, pur promettendoci di rimanere con noi fino alla fine dei tempi. Il dono dello Spirito è allora Colui che ci consola, aiuta, rafforza nella presenza di Gesù. E’ lo Spirito che ci aiuta a riconoscere Gesù nei sacramenti, nei poveri, nella comunità. Lo Spirito che rende testimonianza a Gesù ci aiuta a trovare senso ai misteri della nostra vita, ci apre a Dio e ci ispira a vivere gli insegnamenti di Gesù. Per accogliere lo Spirito, ricordiamoci che Egli non fa rumore, non si impone a noi. Siamo noi a doverlo cercare nel profondo del cuore e degli avvenimenti e allora gli permetteremo di consolarci.

 

 

MARTEDI’ 19 MAGGIO 1998

"Signori, cosa devo fare per essere salvato?". (Atti 16,30)

Il carceriere di Paolo e Sila, stupito davanti alla liberazione miracolosa dei due, chiede loro che cosa debba fare per essere salvato. Anche noi vorremmo delle risposte chiare a questa domanda. Se ci dicessero che per essere salvati bisogna fare un pellegrinaggio, saremmo disposti a partire; se ci dicessero che bisogna fare determinate cose, magari contrattando, saremmo disposti a farle. Ma la conversione, prima di essere una serie di cose da fare è incontrare una persona viva, Gesù, e credere in Lui. La fede deve concretizzarsi in opere, ma prima deve essere fiducia in Colui che ci salva. Chi è Gesù per me? Forse nella nostra vita ce lo siamo già chiesto tante volte, ma è una domanda da ripetersi tante volte: quando si è amati e si ama, bisogna non correre il rischio di lasciare che l’abitudine accumuli polvere sul nostro rapporto; con Gesù è la stessa cosa. Se dai per scontato il tuo rapporto con Lui, corri il rischio di confonderlo con qualcosa di vago, se invece lo scopri nuovo ogni giorno, dai a Lui la possibilità di versare ogni giorno su di te i suoi doni e allora ti sarà più facile tradurre in azione ciò che Lui ti suggerisce per il tuo bene.

 

 

MERCOLEDI’ 20 MAGGIO 1998

"Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso". (Gv. 16,12)

Davanti a certe pagine della Bibbia, specialmente dell‘Antico Testamento, noi restiamo perplessi: e possibile che la Parola di Dio accetti certe ingiustizie per noi apparenti, rispetti certi contesti culturali violenti od oppressivi che certamente non si confanno al Dio della verità, della libertà, della misericordia? Per capire e rendere giustizia alla parola di Dio bisogna partire da un principio: la rivelazione è graduale. Dio parla all’uomo, ma perché l’uomo possa capire, Dio si adegua al linguaggio e alle capacità di comprensione dell’uomo, aiutandolo gradualmente a comprendere il suo amore. E’ per quello che Gesù, culmine della rivelazione, parola definitiva di Dio, dice che ci vorrà lo Spirito Santo per rivelarci le cose che Lui stesso non ha potuto dirci per la nostra incapacità di comprendere. Dunque, la Rivelazione è avvenuta, ma lo Spirito ci aiuta a comprenderla e a metterla in pratica. E’ per questo che ogni volta che noi leggiamo la parola di Dio o che i fatti ci interpellano nel nostro modo di testimoniare la fede, noi abbiamo lo Spirito che ci aiuta sia attraverso il magistero della Chiesa, sia attraverso i doni personali che Egli fa ad ognuno.

 

 

GIOVEDI’ 21 MAGGIO 1998

"Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia". (Gv. 16,20)

Ecco descritto in breve da parte di Gesù il percorso della nostra vita. Persone chiamate alla gioia e alla serenità che spesso si accorgono che nella vita c’è un prevalere immediato della fatica e della sofferenza ma persone che credendo alla Rivelazione sanno che lo sbocco definitivo sarà la gioia e la festa. La sofferenza, dunque, non va vissuta come un iniquità contro di noi o come noncuranza di Dio nei nostri confronti, ma quale intrinseco fardello da portare coraggiosamente. L’importante è sapere che ha un senso, che è una soglia da superare per entrare nella gioia piena e definitiva. Soprattutto e importante sapere che Cristo è sempre con noi: domani nella nostra gioia, anzi come causa della stessa, oggi come pellegrino e fratello che vive nella nostra stessa afflizione.

 

 

VENERDI’ 22 MAGGIO 1998

"Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere". (At. 18,9)

Il Signore invita Paolo a non perdersi d’animo davanti alle difficoltà dell’annuncio cristiano. Una delle più ricorrenti tentazioni del nostro essere cristiani è quella di constatare l’apparente insuccesso della nostra testimonianza e di conseguenza il dirsi "ma ne vale la pena?". Il Concilio ci ha fatto riscoprire la gioia della parola di Dio, i sacramenti, la comunità, ma mai come oggi c ‘è indifferenza davanti alla proposta di vita cristiana. Non sarà meglio stare zitti? Non è meglio ridurre la fede ad un tu per tu con Dio? e che ognuno se la veda in se stesso! "Continua a parlare, non tacere!".Un cristiano non può stare zitto, deve parlare con la lingua e con le opere. li messaggio che ti è stato affidato non à tuo, è più grande di ogni povertà umana, è qualcosa che ti cambia mentre lo annunci. Tacere è vigliaccheria, ma è anche venir meno ad un incarico, privare gli altri di qualcosa cui hanno diritto.

 

 

SABATO 23 MAGGIO 1998

"Il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete amato e avete creduto che io sono venuto da Dio". (Gv. 16,27)

Il nostro è un Dio unico: chi ama Gesù, ama il Padre. Il Padre ci ama dello stesso amore di Gesù. La fondamentale realtà dell’ebraismo e del cristianesimo è la fede in un unico Dio. Tutta la Bibbia vede il maggior peccato nell’idolatria. Noi, oggi, pensiamo che questo pericolo non ci sia più, ragioniamo addirittura all’opposto: "Oggi l’uomo non crede neppure più a Dio, figuriamoci se ne ha tanti". Eppure non è vero! Gli idoli sono solo cambiati, sono diventati più subdoli, più nascosti. Pensate a queste nuove forme di religiosità che mettono insieme Gesù Cristo e l’invocazione delle forme di energia presenti nel cosmo, pensate ai cristiani che vanno a Messa portando addosso il pentacolo del mago, pensate al dio denaro al quale si sacrificano continuamente persone, cose, valori; pensate alla pubblicità consumistica che ci presenta quotidianamente una serie di idoli, pensate anche ad un certo tipo di religiosità che mette sullo stesso piano Dio, 5. Antonio, Padre Pio, la Sindone. Dio è uno solo, facciamo un po’ di pulizia di idoli e idoletti per riscoprire Lui solo come Signore della nostra vita.

 

 

DOMENICA 24 MAGGIO 1998

"Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi". (At. 1,9)

Una piccola riflessione di A. Pronzato sul senso di questa festa: Gesù, prima di salire al cielo "istruisce’ gli Apostoli. Noi non conosciamo il contenuto di quelle "istruzioni". E’ lecito supporre, tuttavia, che non riguardassero unicamente la cerchia degli apostoli. Ciascuno di noi è interessato, chiamato in causa. E allora non dovrebbe essere difficile indovinare la sostanza: si tratta, fondamentalmente, di impegnarsi perché Lui non risulti assente. Gesù può "staccarsi" soltanto dopo che si è accertato che qualcuno ha capito il proprio mestiere. Che non consiste, beninteso nel sostituirlo, ma nel produrre segni evidenti e leggibili a tutti della sua presenza. Gli Apostoli (e noi) "istruiti", non sanno una lezione, ma sono consapevoli di dover manifestare, o almeno lasciar sospettare una presenza. Già. Il grosso rischio della Ascensione è quello che proprio noi risultiamo "assenti".

 

 

LUNEDI’ 25 MAGGIO 1998

"Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo". (Gv. 16,33)

Ci sono modi diversi di mettersi in relazione con Gesù e il suo Vangelo. Un primo modo è quello di pensare che, una volta abbracciata la fede, tutto diventi sicurezza, tutto abbia risposta. Non è così: la fede non esime dalle difficoltà, dai dubbi, dalle prove. Un altro modo è quello di vedere la fede solo come una conquista umana: tutto dipende da me, dalla mia volontà, dalle mie opere e si rischia di dimenticare che "senza dì Lui non possiamo niente". Gesù, molto concretamente, ci mette davanti alla realtà: scegliere Lui, lasciarci illuminare dalla sua parola significa seguirlo. E la sua strada passa attraverso la croce, la prova, l’abbandono dei discepoli e l’apparente abbandono di Dio, ma porta anche alla risurrezione. Quindi, essere cristiani, significa essere odiati da quel mondo che non ha accettato il Cristo, significa incontrare il dubbio delle scelte, non è vivere fin d’ora nella visione beata, ma è camminare nella dura realtà quotidiana con l’unica certezza che è quella che Gesù ha già vinto il mondo e che in virtù di questa vittoria, noi, magari con mani e piedi spellati dal cammino della vita, lo vinceremo.

 

 

MARTEDI’ 26 MAGGIO 1998

"Questa è la vita eterna: che conoscano Te, l’unico vero Dio e Colui che Tu hai mandato, Gesù Cristo". (Gv. 17,3)

Sentivo giorni fa due amici poveri, di quelli che passano per la piccola offerta e le scatolette per rimediare la cena, che parlavano tra di loro. Uno raccontava di essere finito in ospedale e di aver rischiato di morire. L’altro gli rispondeva: "Chissà che paura hai avuto di lasciarci le penne!" "Nessuna paura, in fondo è entrare nella vita eterna". "Mah! Nessuno è mai venuto a dirmi come si sta nella vita eterna e se c’è" "Come? tu non credi di avere un anima? Non pensi che dopo tutte le prove che abbiamo quaggiù non ci sia finalmente la pace?". Quante supposizioni, speranze, paure, dubbi sull’eternità Gesù, nel Vangelo di oggi ce lo dice chiaramente: eternità è conoscere, finalmente in maniera piena e totale, Dio così com’è, per sempre. Ci vorrà tutta l’eternità o un momento eternamente presente per conoscere Dio nella sua infinitezza, nel suo amore senza limiti, nel suo affetto totale, nella sua giustizia misericordiosa. E allora mi rendo conto che l’eternità è già iniziata perché già in Cristo ho cominciato a conoscere Dio, ho la possibilità di avvicinarmi e comprendere la sua volontà, posso nella vita cominciare ad amarlo, so di stare già fin d’ora con Lui.

 

 

MERCOLEDI’ 27 MAGGIO 1998

"Padre Santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi". (Gv. 17,11)

Gesù ha pregato per l’unità dei cristiani. Gesù ci ha presentato il modello e il fondamento di questa unità: Gesù, il Padre, lo Spirito sono una cosa sola, un unico Dio. I credenti in Gesù, talmente amati da Lui, avendo in Lui scoperto l’amore vero, dovrebbero essere una cosa sola, un corpo unico. Come mai, allora, ci sono tante divisioni nella Chiesa? Come mai, credenti nello stesso Cristo, in suo nome si fanno la guerra? come mai nelle nostre comunità cristiane non riusciamo ad andare d’accordo e ci dividiamo in gruppi a volte opposti? La risposta è evidente: perché non abbiamo ancora fatto unità fino in fondo con Gesù. Se Gesù è morto per tutti e per ciascuno perché io penso che Gesù sia solo dalla mia parte? Se ho capito che il cristiano è uno che, come Gesù, è a servizio degli altri perché la Chiesa è spesso ancora dominata dal potere, dalle diplomazie, dagli onori? Certo le differenze ci sono sia nei caratteri, sia nei doni ricevuti ma queste differenze non dovrebbero, anziché dividerci, concorrere a costruire il corpo di Cristo in una varietà e ricchezza di elementi?

 

 

GIOVEDI’ 28 MAGGIO 1998

"Voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono lo". (Gv. 17,24)

Nella grande preghiera di Gesù prima della Passione ci siamo anche noi. Il cristiano è là dove è il suo Maestro. Ma Gesù oggi dov’è? Proviamo a rileggere alcune frasi di Gesù: "Qualunque cosa avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, voi l’avete fatto a me. ‘‘Quando due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".Gesù è in Paradiso dove contempla la gloria del Padre, ma è anche qui sulla terra, nei tabernacoli, nelle corsie d’ospedale, amato da molti, maltrattato e vilipeso da altri. Allora, quando Gesù prega che i cristiani siano dove è Lui ci chiede di prendere il suo posto, di rappresentarlo nel nostro mondo, ci chiede di salire con Lui sulla croce per poter poi essere con Lui per sempre nel gaudio. Il Paradiso, allora, non è qualcosa che ci allontana dalla realtà, ma un qualcosa che ci insegna ad essere già oggi in qualunque posto ove il Cristo "ha posto la sua tenda in mezzo a noi."

 

 

VENERDI’ 29 MAGGIO 1998

Gesù disse a Simon Pietro: "Mi ami tu?". (Gv. 21,15)

Per tre volte Pietro aveva rinnegato Gesù. Ora, dopo la risurrezione, per tre volte Gesù gli chiede se lo ama. Questo basta a Gesù per rinnovare la chiamata di Pietro e per affidargli il compito di pastore della Chiesa nascente. li peccato, il tradimento sono vinti dalla misericordia e dall’amore. Noi, spesso, confondiamo la santità col non aver mai commesso peccati. I Vangeli invece ci presentano gli apostoli, gli amici di Gesù come persone defettibili, incapaci di comprendere fino in fondo, con caratteri e caratteracci. La scuola di Gesù non è per i puri, i primi della classe, coloro che non sbagliano mai, è per coloro che cercano di lasciarsi amare e di imparare a loro volta ad amare. Prova a pensare: Gesù mi vuoi bene non perché sono buono. Mi vuoi bene così come sono. Mi ama, ha fiducia in me nonostante le mie imperfezioni, i miei peccati, crede che nonostante tutto io sia capace di accogliere il suo amore e di ricambiarlo. li peccato allora non diventa più motivo di distacco dalla santità, paura della perdizione, ma motivo per imparare con umiltà e fatica ad amare di più.

 

 

SABATO 30 MAGGIO 1998

"Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere". (Gv. 21,25)

Un antico detto riferito alla Madonna, diceva: di Maria "nunquam satis", cioe: attorno alla figura di Maria non si è mai detto tutto. E attorno a Gesù si può dire tutto? Giovanni, finendo di scrivere il suo Vangelo e forse rileggendone le pagine si trova deluso: ha detto così poco di Gesù. Io sono dodici anni che ogni giorno commento in queste paginette il Vangelo e mi accorgo di aver detto così poco di Lui, di conoscerlo appena... delusione? No! Gesù è il Figlio di Dio e noi qui sulla terra lo conosciamo "come attraverso un velo". Ma questo mistero più grande di noi, questo non conoscere perfettamente invece che deluderci ci apre ad un’altra prospettiva: Gesù, ogni giorno ha da rivelarci qualcosa di nuovo di Se stesso. Le pagine del Vangelo, anche quelle che conosciamo a memoria hanno sempre la possibilità di aprirci squarci nuovi, possibilità nuove. Ogni giorno, anch’io, attraverso la mia vita, le mie scelte ho la possibilità di aggiungere una pagina nuova al Vangelo. Coraggio, hai davanti la pagina nuova di questa giornata: che cosa scriverai di Gesù?

 

DOMENICA 31 MAGGIO 1998

"Avete ricevuto uno Spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!". (Rom. 8,15)

Lo Spirito santo non lo vediamo ma è il principale autore e attore della nostra storia della salvezza. Infatti se riesci a dire una preghiera sincera è perché lo Spirito te l’ha messa nel cuore, se scopri la forza di perdonare, è lo Spirito che te la fa sentire; se senti dentro di te l’impulso di impiegare un po’ del tuo tempo andando a trovare una persona sola, è lo Spirito che ti ha spinto; se leggi una pagina risaputa del Vangelo e vi scopri qualcosa di nuovo, di bello, di gioioso, vuol dire che sei stato afferrato dallo Spirito Santo; se senti vergogna dei tuoi peccati e la voglia di "rinascere" vuol dire che lo Spirito sta operando in te. Il tutto sta nell’accorgersene, nel non opporre resistenza, nel lasciare che questo vento leggero o questo fuoco bruciante operino in te. Lo Spirito è l’amore di Dio che non ci abbandona.

     
     
 

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