UNA PAROLA AL GIORNO
RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA
PAROLA DI DIO
a cura di don Franco LOCCI
MARZO 1998
DOMENICA 1 MARZO 1998
"Gesù fu tentato dal diavolo".
(Lc. 4,3)Un giorno, un amico, scherzosamente, mi diceva: ‘‘Chissà che gusto a confessare ne sentirai di tutti i colori!" Gli ho risposto: "Guarda che non c’è nulla di più monotono e ripetitivo del peccato!" Il diavolo non ha molta fantasia. Il suo modo è sempre uguale, dalla prima pagina della Bibbia, alle tentazioni di Gesù, alle tentazioni nostre. Egli vuole dividerci dalla volontà di Dio, vuole insinuare in noi il pensiero che Dio non sia il buono, il santo, il misericordioso, vuole farci pensare che noi siamo in grado di cavarcela da soli, senza Dio; vuole darci, nell’effimero (potere, ricchezza, prestigio), il surrogato allettante dell’amore. E il peccato, pur assumendo forme diverse, in fondo è poi solo e sempre cedere a queste lusinghe e ritrovarsi amareggiati e delusi per aver barattato Dio e i suoi valori con poche carabattole che non soddisfano la nostra fame e sete di infinito. Come vincerla la tentazione? Gesù insegna: fidarsi di Dio e aiutarci contrapponendo alle lusinghe una parola che non inganna mai, la Parola di Dio.
LUNEDI’ 2 MARZO 1998
"Signore, quando ti abbiamo visto affamato, assetato, forestiero, nudo, ammalato o in carcere?".
(Mt. 25,44)Per chi è abituato a incontrare Dio nelle parole della teologia, nella solennità del tempio, nelle norme di codici morali stenta a capire questo "trasformismo" di Gesù che ha fame, sete, è ammalato o in carcere. Eppure l’essenza del Vangelo è proprio qui: il Dio del tempio, della morale, della teologia è il Dio incarnato in ogni uomo; l’ossequio, la lode, la preghiera hanno il loro valore sia nel tempio sia nel servizio, Il nostro Dio profuma di incenso ma anche odora di povertà, Il riconoscerlo non è neanche avere sempre la coscienza di vederlo, è lasciare che l’amore che Lui ci ha donato si manifesti nella concretezza dell’attenzione al prossimo. Un racconto del Novellino (sec. XIII0) parla di un fraticello che una notte sognò di morire. Si presentò sicuro alle porte del paradiso con tutte le sue preghiere e le opere buone compiute come lui le aveva volute e sbandierate a destra e a manca per dimostrare quanto era bravo. Bussò alla porta: "Chi è?" chiese la voce del Padre. "Sono io, mi conosci bene! Posso entrare?". Le porte del Paradiso rimasero chiuse. Fu tale il dispiacere del povero frate che si svegliò e cambiò vita. Visse giorno dopo giorno non più come voleva lui, ma imitando Gesù, il suo stile. Quando venne veramente la morte, egli bussò alla porta del Paradiso e la voce del Padre gli chiese: "Chi è?". Questa volta il frate rispose: "Sono Gesù... perché Lui è la mia vita!". Le porte si spalancarono.
MARTEDI’ 3 MARZO 1998
"La parola uscita dalla mia bocca non tornerà a me senza effetto".
(Is. 55,11)Dio è fedele. Quando dice una parola essa si realizza, pensate ad esempio al Creatore: e Dio disse "sia la luce". E la luce fu; pensate alle promesse fatte ad Abramo e ai Patriarchi, e Gesù ne è il compimento. Pensiamo anche alle parole di Gesù, la Parola incarnata: esse sono verità, esse si realizzano. Gesù ha detto: "Questo è il mio corpo" e "fate questo in memoria di me", e noi abbiamo l’Eucaristia. Quando allora Gesù ci dice parole come queste: "lo sono la risurrezione e la vita, chi crede in me non morirà in eterno", sono parole reali, sono verità; quando ci dice di essere il buon Pastore venuto in cerca delle pecore perdute, significa davvero che la sua misericordia ci cerca per donarci il perdono. Quando, dunque, leggiamo o ascoltiamo leggere la Bibbia ed in particolare il Vangelo, dobbiamo avere davvero la convinzione che quella è una Parola che si è realizzata e che ancora oggi si realizza, una parola talmente veritiera e potente che ci coinvolge, che ci salva.
MERCOLEDI’ 4 MARZO 1998
"Come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione".
(Lc. 11,30)Giona era stato mandato a predicare la conversione agli abitanti di Ninive; questi lo hanno preso sul serio, si sono convertiti e si sono salvati. Gesù dice di avere da Dio lo stesso scopo di Giona: è la Parola di Dio che offre la possibilità della conversione. Dio non vuole convertire gli uomini per mezzo di segni meravigliosi, spezzando in tal modo tutte le resistenze umane, Dio sceglie di mettersi, attraverso Gesù, a servizio degli uomini. Se si accoglie la sua persona, il suo messaggio si ottiene la salvezza. La fede non è questione di miracoli, è incontro con una Persona. "Se Dio facesse un gran miracolo, sotto gli occhi di tutti, chissà quanti crederebbero!". Non è forse un miracolo il dono quotidiano della vita, il levarsi del sole, il funzionamento del nostro corpo...? Eppure, nonostante tutte queste cose meravigliose, c’è chi crede e chi no! Credere è incontrare Gesù, accogliere la sua salvezza, fidarsi di Lui e diventare a nostra volta umile segno affinché altri possano, anche attraverso noi, incontrare Lui.
GIOVEDI’ 5 MARZO 1998
"Chiedete e vi sarà dato".
(Mt. 7,7)Sono molti e diversi i modi di chiedere. C’è chi non chiede ("lo basto a me stesso! Piuttosto che chiedere sto senza"); c’è chi chiede con prepotenza ed arroganza ("chiedo, ma mi è dovuto"); chi contratta ("lo ti do se Tu mi dai"); chi per ottenere "lecca" ("sei veramente buono, grande, quindi dammi11); chi chiede per non doversi impegnare ("certe cose le potrei ottenere con il lavoro, con lo sforzo, ma è più facile chiederle gratis"); ci sono i professionisti del chiedere (pensate a certa gente che vive bene di assistenza); c’è chi chiede perché ha bisogno, con dignità e umiltà. Gesù ci dice di chiedere per ottenere nella preghiera. Ma in quale categoria e con quale atteggiamento sono le mie richieste? Gesù ci assicura che il Padre è disponibile al nostro bene ma in un altro passo del Vangelo dice: "Voi chiedete e non ottenete, perché chiedete male e per i vostri interessi".
VENERDI’ 6 MARZO 1998
"Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei cieli". (Mt. 5,20)
Penso che siamo tutti d’accordo nel dire che nel nostro mondo non c’è giustizia vera. Anche le leggi più giuste spesso non sono applicate in modo equanime, non tengono conto di persone o situazioni. Qualche volta ci fa perfino difficoltà la giustizia di Dio "che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi". E allora, ognuno di noi vorrebbe la giustizia come la pensa lui. Gesù, oggi, ci invita a cercare e vivere una giustizia che superi quella degli scribi e dei farisei, cioè una giustizia che non sia ipocrita, cercata solo a misura di noi stessi, esteriore, solo legalistica. Solo Dio, che è perfetto, è giusto. Il credente, quindi, in primo luogo sa che solo a Lui che conosce i cuori spetta la vera giustizia. Chi sono io per giudicare il mio fratello se del mio fratello conosco unicamente ciò che appare? Chi sono io, piccola creatura, a dettare leggi al mio Creatore? Cerco la giustizia, ma non la mia, quella di Dio? Solo in Lui, alla luce del suo Spirito posso cercare di conoscere il bene. In fondo è proprio la prima pagina della Bibbia ad illuminarmi. Fin quando la conoscenza del bene e del male era riservata a Dio, l’uomo ha vissuto nel paradiso terrestre, quando la creatura ha voluto diventare "simile a Dio" nella conoscenza del bene e del male, è capitato lo sfacelo.
SABATO 7 MARZO 1998
"Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete?".
(Mt. 5,43)Anni fa ho conosciuto un gruppo di persone che mi avevano dato la loro disponibilità per aiutare i bisognosi. Chiesi sovente il loro intervento per famiglie che attraversavano momenti difficili e per barboni, etilisti, drogati che spesso bussavano alla porta della parrocchia. Un giorno, queste persone mi presero da parte e "mi misero in guardia": "Don Franco, ci sono poveri e poveri. Da qualcuno è bello andare, ti senti buono, utile , con altri non si combina niente, sono infidi, difficili, sporchi. E’ bello e facile amare una moglie o un marito che ci vuole bene, una persona che ci stima e la pensa come noi, un povero umile e pulito, è più difficile amare tua moglie o tuo marito quando si litiga continuamente, quando non si viene capiti... Se Gesù avesse amato solo quelli che lo hanno accolto, adorato, stimato.., non sarebbe finito sulla croce per versare il suo sangue "per voi e per tutti", e non avrebbe avuto la forza di pregare: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno".
DOMENICA 8 MARZO 1998
Pietro disse a Gesù: "Maestro, è bello per noi stare qui".
(Lc. 9,33)Pietro fa l’errore che facciamo anche noi tante volte. E’ talmente preso dalla luce della Trasfigurazione che vuole fermarsi ad essa senza accogliere il Cristo totale che è trasfigurato nella gloria sul monte ma che è trasfigurato dal dolore redentore sul calvario. Non per niente Trasfigurazione e morte di Cristo avvengono su un monte: Tabor e Calvario vanno insieme. Se vuoi salire a Dio con Gesù devi salire entrambe le montagne. Anche una equilibrata spiritualità deve tener conto di questi due aspetti inscindibili. Il cristianesimo non è solo croce ("soffri qui, per gioire nell’aldilà") e non è neanche solo gita amena al seguito di uno che dà soltanto soddisfazione a tutti i tuoi desideri, non è solo un Dio che perdona sempre dimenticando che è anche un Dio giusto ed esigente. Cristo non lo si può prendere o accettare solo per quello che "ci piace", Gesù è rivelazione e mistero, felicità e fatica, gloria e croce.
LUNEDI’ 9 MARZO 1998
"Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro".
(Lc. 6,36)Se dobbiamo imitare la misericordia di Dio, dobbiamo conoscerla.
La misericordia di Dio non è mancanza di giustizia. Dio promette un Salvatore all’Adamo peccatore, ma non gli evita le conseguenze del peccato; Gesù perdona l’adultera ma non dice che l’adulterio non sia peccato.
La misericordia di Dio è una porta che non viene mai chiusa. Dio non si lascia spaventare dai nostri peccati, non dice mai: "adesso bastai"
La misericordia di Dio è un atto di fiducia nell’uomo: Dio crede in colui che ha creato ad immagine e somiglianza sua, crede al bene che c’è nel cuore di ogni uomo. Pensiamo a Gesù e il buon ladrone.
La misericordia di Dio si mette in viaggio per cercarci. Pensiamo al Buon Pastore che cerca la pecorella smarrita, a Gesù che dice di essere venuto per i peccatori.
La nostra misericordia per il prossimo ha queste caratteristiche?
MARTEDI’ 10 MARZO 1998
"Il più grande tra voi sia il vostro servo".
(Mt. 23,11)Gesù, facendo l’elogio di Giovanni Battista, dirà: "Non c’è tra i nati di donna uno più grande di lui", eppure Giovanni dice di essere solo "la voce di uno che grida nel deserto", afferma di "non essere degno neanche di sciogliere un legaccio del sandalo di Gesù". Giovanni marcirà nella prigione di Erode e alla fine per la sua testimonianza ci rimetterà la testa. Anche noi siamo grandi quando serviamo. Nella Chiesa non sono grandi quelli che hanno grandi titoli, sono grandi quelli che dotati o meno di titoli, hanno capito che Gesù è venuto a servire e, mettendosi al suo seguito, fanno la stessa cosa. Si può servire, servendo la Parola di Dio, servendo le necessità della propria famiglia, servendo i poveri. Se si sceglie la strada del servizio, le occasioni sono innumerevoli, ma è anche grande la gioia perché si sa che serviamo niente meno che Gesù.
MERCOLEDI’ 11 MARZO 1998
"Voi non sapete quello che chiedete".
(Mt. 20,22)Gesù risponde così a quella madre che chiedeva per i suoi figli un posto alla destra e alla sinistra di Gesù. Quella madre pensava alla gloria. Se avesse saputo che alla destra e alla sinistra di Gesù ci sarebbero stati due ladri crocifissi come Lui, non avrebbe fatto quella richiesta. La preghiera di domanda, che pure è importante, corre sempre questo rischio. Noi crediamo un bene per noi alcune cose, ma non sappiamo esattamente se saranno un bene o un male. Dio lo sa! Certi silenzi di Dio, certi non esaudimenti di nostre richieste non saranno forse grazie? Può darsi che sia anche debolezza di fede, ma quando chiedo qualcosa al Signore, gli dico sì la mia richiesta, la appoggio anche con tutte le mie motivazioni, ma, alla fine, aggiungo: "Tu sai che cosa è meglio per me, nella tua bontà di Padre donamelo e fammi anche capire che, qualunque cosa sarà è il miglior dono che poteva essermi fatto".
GIOVEDI’ 12 MARZO 1998
"Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta". (Lc. 16,20)
Gesù racconta la storia di Lazzaro e del ricco; davvero è una parabola che non ha confini di tempo. Proviamo a trasporla ad oggi. Ad esempio: i cristiani ben riscaldati e ben vestiti godevano dei sacramenti di Dio, pregando in chiesa e fuori, al freddo, marocchino e zingari tendevano la mano; le nazioni progredite studiavano come moltiplicare il loro denaro e interi popoli andavano allo sbando senza terra e senza cultura; la ricca signora si era recata dal chirurgo plastico per studiare come tirarsi le rughe dalla faccia e la mamma indiana non aveva un po’ di latte per suo figlio. "Ma non è mica colpa nostra!". "Certi poveri sono fasulli, a loro sta bene vivere così". "Se non volevano fare una vita così, se ne potevano stare a casa loro". "Se Dio vuol bene ai poveri, perché non ci pensa Lui?" "Ne aiuti uno, ma dietro a lui ce ne sono altri cento". "Quel poco di benessere è frutto di lavoro, di sacrifici, imparino un po’ anche loro"... Ognuna di queste obiezioni ha dietro una parte di verità.., ma...? Ciascuno di noi ci pensi alla luce di due parole: "Figli di Dio" e quindi "fratelli".
VENERDI’ 13 MARZO 1998
"Da ultimo mandò loro il proprio Figlio, dicendo: Avranno rispetto di mio Figlio".
(Mt. 21,37)Il padrone di questa parabola le ha proprio tentate tutte con quei vignaioli, ha persino sopportato i suoi servi bastonati. Si potrebbe dire che è un terribile ottimista sulla natura umana. E manda suo figlio. Dio le ha tentate tutte con l’uomo: gli ha dato intelligenza e libertà e l’uomo ha usato la libertà per rivoltarsi contro di Lui; gli ha dato la creazione e l’uomo la sta distruggendo; gli ha parlato attraverso patriarchi e profeti e l’uomo, sordo, ha fatto tacere queste voci fastidiose: "Manderò Gesù". E gli uomini: "Costui è l’erede, venite, uccidiamolo ed avremo noi l’eredità. E ancora oggi per molti è così: "Aboliamo Dio, facciamo finta che non ci sia e faremo i nostri comodi; tacitiamo la voce di Gesù e di chi ci parla di Lui e cerchiamo la felicità nelle cose". E Gesù continua ad essere preso e cacciato fuori della vigna e crocifisso. A coloro che "lo accolsero, però, diede il potere di diventare figli di Dio".
SABATO 14 MARZO 1998
Allora (il figliol prodigo) rientrò in se stesso e disse: "Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame".
(Lc. 15,17)
Mi ha sempre colpito che la conversione del "figliol prodigo" non avviene, almeno in un primo tempo, per un profondo convincimento interiore circa il male commesso nei confronti del Padre, del fratello, di se stesso e neppure per una approfondita riflessione teologica sulla bontà e misericordia del Padre, ma per due motivi: la fame e la nostalgia dei buoni pranzetti fatti a casa sua. Dio, per parlarci, si serve della nostra natura. Quanta gente ho visto ritrovare la casa di Dio, la pace interiore, il perdono, spinta, almeno in un primo tempo, da motivi "banali" come la paura, la nostalgia, il non sapere più come cavarsela, la sofferenza.E’ vero, non sono i motivi della fede ritrovata, del perdono ricercato per amore, del dolore "perfetto" dei propri peccati, ma sono le cause che possono portare a questo. Impariamo a leggerli questi richiami concreti che il Signore ogni giorno, in modi diversi, ci dà: non sono solo fatti della vita spiegabili con la materia o con la psicologia, è Dio che ci parla!
DOMENICA 15 MARZO 1998
"Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò".
(Lc. 13,6)Sono venuto da te — ci dice Dio — a cercare il frutto della preghiera, ma ho trovato solo parole; ti ho dato tanti doni materiali e sono venuto da te a cercare condivisione e carità, ma ho trovato uno che si lamenta sempre di avere solo il necessario per se stesso e, dietro a questo, trova le scuse per chiudere il cuore e la borsa; sono venuto a cercare una parola di conforto e ho trovato uno che sa solo parlare di se stesso. Speravo di trovare pazienza e misericordia, visto che te ne ho data tanta, ma sei stato intransigente, insopportabile, pieno di soluzioni (per gli altri) precostituite... Che cosa devo fare con te? Sradicarti? Mio Figlio Gesù mi dice di avere ancora pazienza e io lo ascolto, ma fa attenzione che la tua ingratitudine non ti faccia seccare ancora di più.
LUNEDI’ 16 MARZO 1998
"Tutti nella sinagoga si levarono e lo cacciarono fuori della città". (Lc. 4,29)
Un Dio cacciato fuori dalla sua Chiesa. Gesù viene esiliato dalla sinagoga, perché in quella sinagoga come in molte delle nostre chiese, Dio è prefigurato, racchiuso in codici, in tradizioni e quando si scopre che Egli è diverso da come io avevamo concepito noi, la cosa più facile e più semplice è allontanarlo. Dio è sempre diverso dai nostri schemi. E’ il totalmente altro. E’ novità di vita, non codice fumoso, o riti, o morale. Nessuna religione può imprigionare Dio. Anzi, la religione deve aiutare l’uomo a riconoscere Dio, a rispettano nella sua essenza. Facciamo attenzione (perché questo rischio è anche per noi) a non cacciare Gesù dalla nostra vita, a causa delle nostre tradizioni religiose; vediamo di non sminuire né Lui, né il suo messaggio, accogliendo solo quello che di Lui ci fa comodo e non accogliendo l’integrità del suo Vangelo, correremmo il rischio di perdere Gesù e di restare con un feticcio di religiosità.
MARTEDI’ 17 MARZO 1998
"Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello?".
(Mt. 18,21)Siamo davanti ad una delle domande più "naturali": fino a che punto devo spingermi con il perdono? E’ una cosa che costa talmente che sarebbe bene avere dei paletti di delimitazione, dei confini cui non andare oltre. Gesù invece è senza limiti: bisogna perdonare sempre, avere la disponibilità al perdono. Ma come facciamo? Ci riusciremo solo se guardiamo a Dio e chiediamo il suo aiuto. Dio è misericordioso, lento all’ira, pieno di grazia e perdono. Gesù, pur di regalarci il perdono è disposto a salire sulla croce e proprio da essa riesce ancora ad invocare la misericordia del Padre per noi e per i suoi persecutori. Se noi scopriamo di essere salvati, non per nostro merito, ma per misericordia, forse riusciamo a superare l’istinto della vendetta.
MERCOLEDI’ 18 MARZO 1998
"Non Sono venuto ad abolire la legge o i profeti ma per darvi compimento".
(Mt. 5,17)Dio, durante l’Esodo, aveva fatto dono ad Israele della Legge. Essa non era un giogo che il Padrone metteva sulla schiena del suo servo per poterlo comandare, era invece una grazia che permetteva al popolo di realizzarsi come popolo di Dio. I comandamenti, anche oggi, più che un’imposizione, sono una legge di libertà. Ma come sempre, quando ci sono delle leggi c’è il pericolo che anche una legge buona, nella sua interpretazione e applicazione diventi una legge pesante. Le leggi di Dio erano state appesantite dalle tradizioni degli uomini al punto tale che si era perso il genuino senso della Legge. Gesù viene non per modificare la Legge, vanificarla, dare leggi nuove, ma per purificarla, farla ritornare alla sua origine, motivarla: i comandamenti non hanno senso se non sono vissuti nella dimensione dell’amore, un amore che viene da Dio, che è risposta dell’uomo, che è rispetto di se stessi e dei propri valori. Faccio un esempio: c’è il comandamento di santificare le feste, se io lo vedo come imposizione pagherà "la tassa della domenica", se lo vedo come dono, gioisco di poter lodare quel Dio che mi dona tutto e il tempo, che mi dà Gesù e la sua Parola, che mi fa riconoscere, con i fratelli, popolo di Dio in cammino verso Lui.
GIOVEDI’ 19 MARZO 1998
"Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo".
(Lc. 2,48)L’episodio del ritrovamento di Gesù al tempio, pur non riportandoci alcuna parola di Giuseppe, ci dice molte cose su di lui. Maria, rivolgendosi a Gesù, chiama Giuseppe "tuo padre", quindi la paternità di Giuseppe non è solo formale o giuridica. In quella famiglia, Giuseppe è il "padre" per Gesù. Giuseppe ha insegnato a Gesù, Colui che ci insegnerà il Padre nostro, a conoscere e pregare Dio. Giuseppe ha visto crescere in casa sua il Figlio di Dio, ha insegnato il mestiere del falegname a Lui che ha creato tutte le cose. Giuseppe è dunque l’uomo che vive avvolto nel mistero (forse è proprio per questo che non parla mai in prima persona) e che è chiamato ad essere partecipe e attore nel mistero. Se ci pensiamo bene, anche noi viviamo avvolti nel mistero: la vita, la gioia, il dolore, gli affetti, il futuro, Dio, Gesù e i suoi sacramenti. Chissà se sappiamo anche noi, come Giuseppe, vivere in contemplazione umile, gioiosa, attiva di quanto il Signore sta operando in noi e attorno a noi?
VENERDI’ 20 MARZO 1998
Uno degli Scribi gli domandò: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?".
(Mc. 12,28)Ricordo con affetto i predicatori di trenta—quarant’anni fa. Forse anche perché non c’erano troppe altre chiacchiere, li si ascoltava volentieri. Con un certo sorriso ricordo che questi predicatori, a seconda del tema che dovevano trattare, questo diventava sempre il più importante di tutto. Anche nel Vangelo di oggi questo scriba vuol vedere quale sia la classifica dei comandamenti. Gesù, però, più che dire: "questo è più importante di quello" ci indica ciò che sta alla base della fede. Tutto parte dall’amore di Dio, l’amore che ci è donato e che, bussando al nostro cuore, richiede altrettanto amore verso di Lui concretizzato nell’amore del prossimo. Cadono quindi le classifiche tipo: prima la preghiera e seconda la carità verso il prossimo. Sia la preghiera che il servizio ai poveri sono altrettanto importanti se hanno alla base l’amore. Dio non è affatto geloso se noi dedichiamo il nostro tempo con amore ai poveri, magari pregando un po’ di meno. Davanti al Signore tutto è importante purché sia frutto di amore Sincero.
SABATO 21 MARZO 1998
"Due uomini salirono al Tempio a pregare".
(Lc. 18,10)Se noi ragioniamo con gli occhi della religiosità di allora come di oggi dovremmo dire: "Meno male, ci sono ancora dei buoni che vanno in chiesa, in mezzo a tanta gente che ha dimenticato Dio, c’è ancora qualcuno che prega". Gesù non ragiona così. Egli conosce gli animi. Non basta andare in chiesa (si può andare per tanti motivi: per fede, per tradizione, per apparire, perché si ha bisogno di qualcosa, perché si è amici del prete...), non basta neanche pregare(si può pregare Dio o parlare con se stessi), per essere davvero religiosi è la verità e l’atteggiamento interiore che conta. Il fariseo è sicuro di sé, della sua religiosità, parla in piedi davanti a Dio, sa belle formule di ringraziamento, ma la sua preghiera è solo occasione di vanagloria, parla con se stesso, esce dalla preghiera senza aver né chiesto, né ottenuto nulla. Il pubblicano, invece, riconosce la santità di Dio e la propria miseria. Sa di non poter nulla da solo: ma si abbandona alla misericordia di Dio, non ha formule speciali se non quella del povero che chiede perdono, esce dalla preghiera perdonato e cambiato. Mentre stai leggendo queste righe, stai pregando. Adesso fermati ed esaminati su quale sia il tuo atteggiamento interiore di preghiera, in questo momento.
DOMENICA 22 MARZO 1998
"Un uomo aveva due figli".
(Lc. 15,11)Proviamo oggi a rileggere i verbi principali della parabola del Figliol Prodigo.
"Padre dammi la mia parte di eredità: e il verbo dell’egoista. Non c’è amore per il padre. Si rivendicano solo diritti. E’ il verbo del peccato: "Tu, o Dio, devi essere a mia misura, hai degli obblighi nei miei confronti, devi darmi ciò che voglio, pena: non ti considero più Padre". "Sperperò le sue sostanze": è il verbo del presuntuoso incapace di gestirsi da solo. Sono le cose, i piaceri a comandare: "Il mondo è nelle mie mani, altro che stare a lavorare in casa di quel padre tiranno!". "Cominciò a trovarsi nel bisogno": è il verbo della fame, del bisogno. La conversione non comincia dall’amore per il padre ma dalla fame. "Entrò in se stesso": e il verbo del ripensamento graduale: "Non stavo poi così male... avevo almeno da mangiare... Mio padre non aveva poi tutti i torti... Mi perdonerà?... Ci provo... Almeno come servo, forse potrà accogliermi". "Si incamminò verso suo padre": è il verbo della decisione. Non basta crogiolarsi sui propri mali, non basta neanche la nostalgia, bisogna agire, fare la strada per tornare indietro. "Il padre, commosso, gli corse incontro": è il verbo della misericordia infinita e dell’amore. "Ti ho aspettato, ho pianto per te. Non parlare. Hai capito: sei mio figlio".
LUNEDI’ 23 MARZO 1998
"Quell’uomo credette alla parola di Gesù e si mise in cammino".
(Gv. 4,50)Questo funzionario del Re è andato da Gesù con nel cuore la pena terribile del proprio figlio che sta morendo. E’ anche andato con la speranza che Gesù possa guarirlo. Spera di portare Gesù a casa sua: e una garanzia! Gesù, invece, gli chiede di purificare ancor di più la sua fede: "Se credi davvero in me, devi fidarti: riparti, fai il viaggio di ritorno da solo, abbi fiducia, tuo figlio vive!". Dio non risponde sempre come vorremmo noi alle nostre aspettative. Noi abbiamo la supponenza non solo di chiedere ma anche di dire a Dio come deve fare. Gesù, il miracolo è disposto a farlo, soprattutto il miracolo di far nascere in noi la fede vera, ma bisogna passare per le sue strade. Il viaggio di ritorno di quest’uomo verso la casa di suo figlio (moribondo o guarito?) mi fa pensare al viaggio di Abramo che con suo figlio sta andando verso il monte Moria con nel cuore il terribile comando di Dio di immolarglielo in sacrificio. La fede, sia in un caso che nell’altro diventa scarna, la speranza nasce e muore mille volte, la preghiera si confonde con la bestemmia, sei solo con te stesso.., ma è anche il momento, se sai resistere, se chiedi di resistere, in cui lo Spirito può davvero operare in te il miracolo della fede.
MARTEDI’ 24 MARZO 1998
"Non peccare più perché non ti abbia a capitare qualcosa di peggio". (Gv. 5,14)
Gesù dice questa frase ad un uomo da Lui guarito dopo trentotto anni di malattia. Gesù parla a gente che pensava alla malattia come diretta conseguenza del peccato. Ma questa frase non è una minaccia di Gesù, è un avviso. Che cosa può capitare di peggio di una malattia? può capitare di perdere Dio, la fede, l’anima. Noi siamo tutti dei "miracolati". Miracolati dalla misericordia di Dio che ha perdonato i nostri peccati, miracolati perché resi Figli di Dio dal sangue di Gesù, miracolati perché tempio dello Spirito Santo. Ma aver ricevuto questi e altri doni non ci dà la garanzia della vita eterna... "se non persevererete fino alla fine non salverete le vostre anime". Ogni giorno della nostra vita c’è una possibilità e un rischio. La possibilità è di far crescere la fede, il rischio è di farla morire. Non basta dire "Io sono cristiano", "Io ho fede", bisogna ogni giorno indossarlo il vestito di Cristo e ogni giorno guadagnare faticosamente la fede affinché non capiti "qualcosa di peggio", cioè di perdere ciò che ci è stato donato.
MERCOLEDI’ 25 MARZO 1998
"Lo Spirito Santo scenderà su di Te, su di Te stenderà la sua ombra l’Altissimo"
. (Lc. 1,35)Scopriamo facilmente i personaggi del Vangelo dell’Annunciazione: la Vergine Maria con la sua semplicità, acutezza e disponibilità e l’Angelo Gabriele, il portatore della buona notizia. Ma c’è anche un altro personaggio spesso non riconosciuto perché non visibile materialmente, che è però il protagonista principale: lo Spirito Santo. E’ lo Spirito di Dio che ha preparato il cuore e la verginità di Maria per accogliere Gesù; è lo Spirito Santo che ha mandato Gabriele, l’annunciatore della buona novella e soprattutto è lo Spirito Santo che scende con la sua ombra su Maria e opera l’incarnazione di Gesù. Il cristiano è colui che oggi deve incarnare Cristo. Abbiamo allora la gioia di questa notizia, in Maria abbiamo un modello, ma riusciremo nella nostra impresa solo se lo Spirito Santo opererà in noi. Lo Spirito, il Consolatore, vuole farlo, ma ci lascia liberi. Se come Maria noi diamo la nostra disponibilità, diciamo il nostro "Eccomi", lo Spirito Santo, anche in noi, potrà "fare cose grandi".
GIOVEDI’ 26 MARZO 1998
"Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene sono proprio esse che mi rendono testimonianza, ma voi non volete venire a me per avere la vita".
(Gv. 5,39-40)Specialmente dopo il Concilio Vaticano 110, penso che ognuno di noi sappia quanto sia importante fondare la propria fede sulla conoscenza, l’approfondimento, la meditazione della Bibbia. Però la Bibbia non basta leggerla, non basta neppure aprirla a caso "per vedere se mi risponde al problema che sto vivendo", non basta neppure citarla a proposito o a sproposito per confermare o meno una mia asserzione. La Bibbia, oltre che essere la storia di amore di Dio per noi e la storia del popolo di Dio, è un libro di vita, e c’è una chiave di lettura e di interpretazione che noi non possiamo non tenere presente ogni volta che l’apriamo. Se Gesù è "l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine", tutta la Bibbia è in funzione di Lui e ogni pagina dell’Antico e del Nuovo Testamento non può essere letta se con Lui, in Lui e per Lui. Che senso avrebbero i Profeti se non ci fosse Gesù?, che senso avrebbero le storie dei Patriarchi o la storia della Chiesa nascente se non ci fosse alla base Gesù? Quando dunque apri le Scritture, chiediti sempre: Gesù che cosa mi vuol dire? Lui è la Parola definitiva del Padre. Lui è la Parola di vita che può illuminare il mio cammino. Non fermarti solo alla storia passata, alla sua interpretazione esegetica, pensa che Gesù in questo momento vuoi dirti qualcosa, vuol far giungere a te la sua grazia che salva, oggi.
VENERDI’ 27 MARZO 1998
"Andati i suoi fratelli alla festa, vi andò anche Gesù, non apertamente però, ma di nascosto".
(Gv. 7,10)Nel caso del Vangelo di oggi, Gesù va di nascosto a Gerusalemme a celebrare la festa delle Capanne perchè sa che i Giudei stanno cercandolo per ucciderlo, ma spesso, anche oggi, Gesù si nasconde. Non per paura, non per giocare a rimpiattino con noi, ma per invitarci a cercarlo e a scoprirlo nella sua vera identità e non soltanto nelle maschere religiose che gli hanno appioppato. Gesù è presente alle nostre feste religiose, ma attraverso i suoi segni, i sacramenti che, solo con gli occhi della fede possiamo scoprire pienamente. Gesù è presente alle nostre gioie e alle nostre sofferenze, ma solo se noi, con fatica, vi facciamo riferimento e riusciamo a scoprire la sua presenza che può vivificare qualunque momento buono o cattivo della nostra vita. Gesù è presente nel fratello, nel compagno di lavoro, nel povero, nell’immigrato, ma sta a noi scoprirlo e accoglierlo con fede. Se noi siamo abituati solo alla materialità della vita stentiamo a riconoscerlo, se noi cominciamo a leggere la vita non solo come un succedersi di avvenimenti, ma come una trama di amore di Dio con noi, allora è una gioia scoprire tutte queste presenze di Gesù, perché ci dicono che Dio non ci abbandona mai e che Lui è presente ad ogni avvenimento e in ogni avvenimento.
SABATO 28 MARZO 1998
"E nacque dissenso tra la gente riguardo a Gesù".
(Gv. 7,43)Già fin dalle prime pagine del Vangelo, quando Gesù viene presentato al Tempio, il vecchio Simeone dice di Lui: "Egli è qui, segno di contraddizione". Nella sua vita Gesù crea attorno alla sua persona entusiasmi e aspri contrasti, canti di "osanna" e urla di "a morte". E oggi, Gesù non è forse amato, rispettato, cercato da milioni di persone e odiato, osteggiato, villipeso da tanti altri? Gesù è davvero la discriminante della storia. Se lo si accetta può essere gioia, motivo di vita, di speranza, conforto; se lo si nega può essere considerato il più grande millantatore della storia, odiato nella sua persona e nella persona dei suoi rappresentanti. Gesù dice: "0 con me o contro di me"; o lo si ama e lo si segue o lo si odia e in mille modi si cerca di estirparlo. Non ci sono vie di mezzo, anche l’indifferenza è già un modo per contrastarlo. Avvicinandoci sempre più alla Pasqua, dove vedremo questo contrasto ancora più esasperato attorno alla sua croce, chiediamoci da che parte stiamo noi. Gesù è davvero parte della mia vita, delle mie scelte? Lo ritengo solo una grande figura morale del passato che mi lascia indifferente? Lo contrasto con il mio modo di vivere? La sincerità della risposta a queste domande ci dirà da che parte siamo.
DOMENICA 29 MARZO 1998
"Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?".
(Gv. 8,4—5)Ancora una volta il maledetto legalismo, il voler avere sempre una risposta precisa, il sentirsi buoni per aver osservato la Legge, fa porre a questi scribi la domanda a Gesù. La donna non esiste, esiste il problema legale! Provate a pensare se in moltissimi casi oggi non è la stessa cosa. Ad esempio: la legge può tener conto delle situazioni che hanno portato certe persone a certe scelte? Un bambino viene adottato e poi si scopre che gli adottandi hanno superato l’età consentita dalla legge e il bambino viene di nuovo portato in orfanotrofio, senza tener conto di quanto questo lo possa far soffrire... Mi piace vedere che nel Vangelo Gesù non si degna neanche di dare una risposta diretta a coloro che gli hanno proposto questo quesito legale e che non si interessano della donna perché ormai per loro è solo carne da macello. Questo silenzio di Gesù, ieri come oggi, dovrebbe farci riflettere più di tante parole, salotti, chiacchiere inutili. E quando Gesù parla, la sua attenzione è tutta per la donna. Gesù non dice che il peccato non è più peccato, ma dice che il peccatore è per Dio più importante di qualsiasi peccato, dice che Lui, il giusto, è venuto non per codificare le pene ai peccatori, ma per salvarli.
LUNEDI’ 30 MARZO 1998
"In quel giorno fu salvato sangue innocente".
(Dn. 13,62)La storia della "casta Susanna" che leggiamo oggi nella prima lettura, vuol essere un esempio edificante di come Dio non abbandoni i giusti ingiustamente calunniati. Ma umanamente non succede sempre così. L’esempio più importante è proprio Gesù: chi era più giusto di Lui? Quanto erano false le accuse portate contro di Lui! Eppure Gesù viene condannato e neanche Dio Padre interviene con un miracolo per liberarlo. Allora, questo brano dell’Antico Testamento che cosa vuoi dirci? Dio non è il solutore automatico delle ingiustizie che gli uomini perpetrano sulla terra. Dio non fa sì che tutti i giusti della terra possano avere l’immediatezza della giustizia. Spesso il male, l’ingiustizia hanno il sopravvento e Dio non interviene perché accetta e rispetta la libertà dell’uomo, ma Dio non fa mancare la sua provvidenza e la sua fede ai giusto che a Lui si affida. Gesù muore ingiustamente sulla Croce, ma Dio non lo abbandona nella morte. Il giusto che soffre sa che la sua sofferenza non andrà perduta, sa che Dio fa risorgere i morti, sa che la giustizia di Dio alla fine avrà il suo sopravvento. Cercare di essere giusti, cercare con tutte le forze la giustizia umana, ma poi affidarsi a quella divina che ha tempi e modi diversi, è proprio dell’uomo che si affida interamente al Signore, anche quando questo non sembra intervenire.
MARTEDI’ 31 MARZO 1998
"Chi guardava il serpente di rame (innalzato da Mosè) restava in vita".
(Num. 21,9)La grazia di essere sacerdoti ti fa incontrare a volte con persone e storie che poi ti lasciano un segno. Avevo conosciuto quasi per caso l’anziana signora . Una sua vicina, un po’ troppo "pia" aveva insistito che andassi "per salvarle l’anima". A tutta prima mi aveva accolto reticente, poi si era sfogata: ce l’aveva con Dio, con quel Dio che aveva permesso che suo figlio fosse morto e che aveva accettato la morte di Gesù sulla croce. Aveva nella sua stanza un crocifisso e guardava ad esso con un misto di compassione e di rabbia. Non avevo molto da dirle, non volevo barare con lei Propinandole le solite frasi di una religiosità fatta di sopportazione e di facili speranze future che certamente in quei momenti avrebbero sortito l’effetto contrario. Si stabilì un rapporto di vicendevole solidarietà e andai parecchie volte a trovarla. Vedevo pere che la sua rabbia man mano passava, si addolciva e quando sopravvenne una grave malattia la vidi mutata. Pochi giorni prima di morire fu lei a parlarmi: "Vede il mio crocifisso, davanti al mio letto, passo le mie ultime ore a guardarlo e non provo più rancore. Non so neanche se sia amore il mio, ma lo guardo e mi sento in pace. Non mi ha guarito ne]. corpo, mi ha guarito dentro