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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

FEBBRAIO 1998

 

 

 

DOMENICA 1 FEBBRAIO 1998

"Nessun profeta è bene accetto in patria". (Lc. 4,24)

Gesù, utilizzando questo proverbio della saggezza popolare, lo applica a se stesso ed anche a noi. A Nazareth, i suoi concittadini pretendono di conoscerlo perché conoscono la sua famiglia, perché sono cresciuti con Lui e quindi non vogliono accettare che "uno di loro" sia "diverso da loro"; quindi, proprio i più vicini, i più fortunati ad aver potuto condividere l’umanità di Gesù, sono coloro che non accolgono la sua divinità. Mi ha stupito leggere sui giornali che sia nata un’ associazione di preti di confessioni religiose diverse che si dichiarano: "preti atei". Superato il primo sbigottimento mi è venuta in mente proprio questa frase di Gesù. Chi più ha avuto la possibilità di conoscere, frequentare Gesù corre il rischio, se si fida solo di se stesso, di non saperlo più riconoscere e quindi di rinnegarlo. Non è forse vero che spesso, proprio noi cristiani, battezzati, magari anche frequentatori di Chiesa, poi viviamo come se Dio non esistesse, come se quello che Gesù ha detto vada bene solo in chiesa e non entri nella nostra vita? E poi ancora: andiamo spesso a cercare "profeti" e santoni lontano, quando avremmo la possibilità di incontrare Gesù e i suoi profeti veri proprio vicino a noi, magari anche nella nostra stessa famiglia o nella nostra comunità parrocchiale.

 

 

LUNEDI’ 2 FEBBRAIO 1998

"Portarono il Bambino al Tempio per offrirlo al Signore". (Lc. 2,22)

Un vecchio sacerdote, un’anziana donna di preghiera, una coppia di sposi e un Bambino piccolo, il tutto nella cornice del Tempio. In questo quadro c’è tutto il senso della vita. Gli anziani: la vita al tramonto, le ferite della vita, l’esperienza.., ma anche, in questi due, la speranza, la fiducia nella fedeltà di Dio alle sue promesse. Giuseppe e Maria: i portatori dell’amore, le persone che vivono nel mistero, all’ombra di Dio, coloro che sarebbero esenti dalla legge ma che alla legge si sottomettono, coloro che in umiltà sanno che Dio sta facendo cose grandi in loro. Quel Bambino: la vita nascente, la vita che si perpetua, la vita nuova dell’uomo, il segno della fedeltà di Dio, l’amore incarnato che salva. Il Tempio: luogo solenne, privilegiato dell’incontro con Dio, ma anche il tempio che, a parte questi umili, neppure si accorge del mistero che sta compiendosi. Il Dio - Bambino è già dalla parte degli umili, degli ultimi, degli anziani che non contano, è dalla parte delle famiglie oneste e modeste. La salvezza mette il suo seme proprio in questo terreno perché sa che è l’unico terreno che permetterà alla misericordia di Dio di portare i suoi frutti.

 

 

MARTEDI’ 3 FEBBRAIO 1998

"Vide trambusto e gente che piangeva e urlava ed Egli li cacciò fuori". (Mc. 5,38 - 40)

Nel Vangelo troviamo alcuni passi in cui "il dolce" Gesù caccia, direi con violenza, alcune persone. I venditori del tempio, in quanto strumentalizzano la religione ai propri interessi. Gli scribi e i farisei, in quanto pensano di essere i puri e sono ipocriti. I cantori della morte (vangelo di oggi) perché Dio è Dio della vita. Queste tre categorie di persone sono quelle cacciate dallo stesso Gesù che invece cerca i peccatori, che è sempre disposto al perdono. Perché? Perché sono tre atteggiamenti inguaribili: chi usa la religione per i propri fini, non cerca e non cercherà mai Dio, ma solo i soldi ("Non si può servire Dio e mammona); chi è ipocrita pensa di bastare a se stesso e non ha bisogno di Dio ("Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli"); chi canta, celebra la morte non crede al Dio della vita eterna ("Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me vivrà per sempre").

 

 

MERCOLEDI’ 4 FEBBRAIO 1998

"Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi". (Mc. 6,4)

Gesù cita un vecchio proverbio che però è sempre attuale, specialmente in campo religioso: quanti santi non compresi dai loro confratelli, quanti profeti, magari oggi esaltati, furono invece bistrattati, esiliati nella loro epoca, proprio dalle persone a cui loro si rivolgevano. E’ successo anche a Gesù: "Venne tra i suoi, ma non lo accolsero". E facciamo bene attenzione che questo non si ripeta anche oggi. Capita infatti di trovare ambienti lontani dalla fede dove Gesù è rispettato, accolto o dove il suo messaggio è vissuto anche se non esplicitato religiosamente, e capita di trovarsi in ambienti religiosi, in parrocchie, in gruppi di lettura della Bibbia dove c’è di tutto, eccetto Gesù, o dove il Vangelo è addirittura osteggiato, sminuito. Gesù, oggi, viene da me. Lo riconosco? Lo accetto?

 

 

GIOVEDI’ 5 FEBBRAIO 1998

"E ordinò loro che non prendessero nulla per il viaggio". (Mc. 6,8)

Quando ci prepariamo per un viaggio, una delle maggiori preoccupazioni è che cosa portarci dietro: "Questo è necessario, questo mi potrà servire; e se poi farà freddo? e quali saranno le scarpe migliori?" e spesso queste preoccupazioni ci creano fastidio e qualche volta ci fanno perdere i]. gusto per ciò che stiamo per intraprendere. Così come quando stiamo per fare una scelta importante: "Che cosa dirò? Che cosa mi sarà chiesto? quali le cose migliori da avere in quel momento?". Gesù, invece, per farci suoi missionari ci libera da tutte le pastoie: "Non portarti dietro nulla, porta solo Gesù. Non preoccuparti di nulla, di quello che devi dire, di ciò che dovrai fare:hai io Spirito Santo, ci pensa Lui". Se avessimo la gioia e il coraggio di prendere sul serio Gesù, quale liberazione e quale tranquillità avremmo!

 

 

VENERDI’ 6 FEBBRAIO 1998

Giovanni diceva ad Erode: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello". (Mc. 6,18)

Un giorno un signore, pensando di farmi piacere, mi ha detto: "io vengo volentieri alla sua Messa. Lei è così dolce! in altre chiese ti senti sempre accusato!". Mi sono fatto un bell’esame di coscienza. i profeti avevano ben chiaro ciò che è bene e ciò che è male, avevano il coraggio di dire in faccia la verità; non si nascondevano in salame— lecchi davanti ai potenti, erano pronti a rimetterci la faccia (o la testa, nel caso del Battista). E’ vero, nessuno di noi può ergersi a profeta e tanto meno a giudice degli altri. Ma dovremmo anche essere molto chiari e decisi nei confronti del male, molto meno pusillanimi nei confronti dei potenti (chi èil più potente: il ricco o Gesù?), più intransigenti (specialmente nei confronti di noi stessi). E se qualche volta, il Vangelo o qualche suo rappresentante ci tira le orecchie o ci provoca, invece di esserne indispettiti, non dovremmo invece chiederci se non sta dicendo qualcosa proprio per il nostro bene?

 

 

SABATO 7 FEBBRAIO 1998

"Vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore e si mise ad insegnare". (Mc. 6,34)

Quando vedo la lunga sfilata dei poveri, dei barboni, quando ci fermiamo a parlare con loro, quando vediamo gli stenti, gli errori, i problemi di questi fratelli e vediamo anche le enormi ricchezze di umanità che essi hanno e che non riescono ad esprimere, diventa palpabile la commozione per loro, perché davvero sono pecore senza pastore, perché alla fin fine sono davvero pecore deboli e indifese, sfruttate da tutti, tosate, maltrattate, abbandonate. Gesù, però, non si limita a dire "poveretti", si mette ad "insegnare. Che cosa avrà insegnato a questi disperati? Se leggo tutto il Vangelo è facile scoprirlo: insegna la loro dignità che deriva dall’essere figli di Dio. Insegna a non disperarsi perché Dio è dalla loro parte. Insegna a non lasciarsi guidare da falsi pastori. Insegna la strada della solidarietà tra poveri. Il nostro compito è lo stesso: compatire, farsi parte, dar da mangiare, offrire speranza, offrire (magari silenziosamente) Dio.

 

 

DOMENICA 8 FEBBRAIO 1998

"La folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio". (Lc. 5,2)

Oggi, in termini televisivi diremmo che Gesù aveva un’ottima "audience". Ma mi chiedo se oggi vi sia altrettanto desiderio di ascoltare la Parola di Dio. Certo, il desiderio del bello e del buono, del giusto e del soprannaturale c’è nel cuore di ogni uomo, ma la fonte a cui dissetarsi spesso non è la Parola di Dio. Si ha desiderio di infinito e si vanno a scomodare i morti e gli spiriti. Anche la Chiesa interessa ma troppo spesso solo per i suoi aspetti esteriori. Vanno di moda i preti televisivi ma spesso ci si ferma alle storie più o meno vere che essi interpretano; magari interessa anche una "buona predica" e la si va a sentire come si andrebbe ad un teatro... Chiaro! non per tutti è così ma la maggioranza preferisce palliativi alla sostanza. E la sostanza è che il nostro Dio ha parlato con parole raccolte dagli uomini (la Bibbia) e con Se stesso (Gesù, la parola incarnata). E’ Lui la nostra fonte di acqua pulita per conoscere Dio e noi stessi. E’ vero che leggere la Bibbia è faticoso, è vero che spesso non la capiamo, però se non si parte di lì, da Lui, si costruisce sulla sabbia. Ogni giorno un po’ di Parola di Dio, magari anche solo una piccola frase, come stiamo facendo ora con la Parola al giorno, poi chiedere allo Spirito che ci illumini, poi lasciarla risuonare in noi durante la giornata e, poco per volta, a piccole dosi la Parola diventa il cibo del nostro cammino.

 

 

LUNEDI’ 9 FEBBRAIO 1998

"Cominciarono a portargli sui lettucci gli ammalati, ovunque udivano si trovasse". (Mc. 6,55)

Che cosa sono la malattia e il malato per Gesù? La malattia è una cosa non bella. Essa fa parte del Male e delle sue conseguenze che Gesù è venuto a combattere e curare. Il malato è per Gesù un "povero" che ha occasione di incontrare Dio proprio nella povertà della sua malattia ma anche una persona cara che Gesù è venuto a salvare. Gesù vede le malattie del corpo e su di esse si china. Ma vede anche e soprattutto le malattie dello spirito ed è soprattutto da queste che vuole guarire. Gesù non si limita a dire "poveretto" al malato. Si china su di essi, piange con quelli che soffrono; Lui stesso, con la croce, si caricherà di tutte le sofferenze del mondo. Ma combatte con tutto Se stesso contro le malattie e soprattutto contro la radice di esse che è il male. Gesù non è un distributore automatico di facili miracoli e guarigioni ma Colui che subisce, accetta e redime le conseguenze del male dell’uomo e invita ciascuno di noi a fare altrettanto: combattere le malattie con tutta quella che può essere la scienza dell’uomo, ma soprattutto combattere il Male che è attorno a noi e che si annida in noi stessi.

 

 

MARTEDI’ 10 FEBBRAIO 1998

"Siete veramente abili nell’eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione". (Mc. 7,9)

Questa espressione di Gesù tradisce due suoi atteggiamenti: ammirazione e indignazione. I farisei erano abili legalisti ma usavano la loro intelligenza non per amare Dio e la sua legge ma per eluderla e trovarsi giustificazioni. Gesù ammira l’abilità ma mette in evidenza la falsità.

Proviamo a pensare se questo rimprovero non può essere rivolto anche a noi quando, ad esempio, pensiamo di essere giustificati in base alle nostre preghiere o ad una presunta osservanza legalistica, quando ci disinteressiamo dei poveri dicendo che abbiamo già pagato le tasse e quindi deve pensarci lo Stato, quando pretendiamo che nostra moglie e nostro marito debbano capirci e quindi con loro ci permettiamo di scaricare tutti gli aspetti più negativi del nostro carattere e delle nostre tensioni, quando giudichiamo insindacabilmente il nostro prossimo e magari, a parole, ci facciamo paladini della giustizia che poi non mettiamo in pratica,quando vogliamo apparire buoni nella nostra comunità religiosa senza però impegnarci con umiltà e pazienza in essa.

 

 

MERCOLEDI’ 11 FEBBRAIO 1998

"... Tutto vien fuori dal di dentro". (Mc. 7,23)

Nel Vangelo odierno, Gesù ci riporta al centro di noi stessi. Una favoletta provocatoria può forse farci pensare a questo. Dio, stanco degli uomini che continuavano a scocciarlo e a chiedergli questa o quell’altra cosa, un bel giorno disse: "Vorrei andarmene per un po’, nascondermi da qualche parte". Radunò i suoi consiglieri e chiese loro: "Dove potrei nascondermi per un po’? Quale sarebbe, secondo voi, il luogo più adatto?". Alcuni dissero: "Nasconditi sulla cima della montagna più alta della terra". Altri dissero: "Oh, no! Nasconditi nel fondo dell’Oceano!". Un altro ancora disse: "Il posto più adatto è il lato oscuro della luna, nessuno potrebbe trovarti là!". Dio si rivolse allora al più fidato dei suoi angeli e gli chiese: "Secondo te, quale sarebbe il posto migliore?". "Nasconditi nel cuore degli uomini" rispose l’angelo. "E’ l’unico posto dove non verrà mai loro in mente di cercarti".

 

 

GIOVEDI’ 12 FEBBRAIO 1998

"Per questa tua parola va’, il demonio è uscito da tua figlia". (Mc. 7,29)

Rileggiamolo tutto il racconto del Vangelo riportato oggi. Una donna straniera va a chiedere la guarigione di sua figlia. Gesù non sembra essere tenero con lei, la provoca dicendole che non è bene dare il pane dei figli ai cani. La donna, con umiltà ma fermezza, rimbecca Gesù ricordando che i cani si accontentano delle briciole che cadono dalla mensa dei padroni. Gesù le dice che questa sua risposta, espressione del suo cuore, le ha guadagnato il miracolo. Mi sembra che tra le altre cose, questa donna ci insegni quale deve essere la vera preghiera. La preghiera non è recita di formule né mieloso cantilenare, non è chiedere per vedere "se la và", e avere nel cuore il bisogno di qualcosa, chiederlo con fermezza, non lasciarci smontare dal silenzio di Dio o dalle sue provocazioni, è insistere, quasi "litigare con Dio", fargli vedere fino a che punto ci teniamo davvero, e aver fiducia che Dio non è sordo davanti ad una fede ferma.

 

 

VENERDI’ 13 FEBBRAIO 1998

Gesù, rivoltosi al sordomuto, disse: "Effetà" cioè "Apriti!". (Mc. 7,34)

Gesù, ripetilo questo "Apriti!". Dillo alle nostre orecchie stordite dal rumore dei nostri giorni perché si aprano all’ascolto della tua parola di salvezza. Dillo alla nostra lingua, non perché parli di più (ne diciamo già tante di parole vane), ma perché sappia dire le parole del conforto, della speranza, della testimonianza. Dillo alle nostre mani che spesso sono rattrappite a forza di tenere, di possedere, di voler arraffare tutto perché si aprano alla solidarietà, alla condivisione. I Dillo alla nostra intelligenza che si chiude in luoghi comuni di pensiero, che spesso si vende all’ammasso delle idee correnti, perché faccia ancora e sempre la fatica della ricerca e possa I incontrarti e incontrare le vere necessità del mondo. Dillo al nostro cuore sclerotizzato, incapace di amare perché palpiti davanti ai tuoi misteri, senta le sofferenze dei fratelli, sia sensibile ai sentimenti veri e profondi, impari dal tuo cuore ad amare.

 

 

SABATO 14 FEBBRAIO 1998

"Quanti pani avete?" Gli dissero: "Sette". (Mc. 8,5)

Ci sono molti racconti, nella vita dei santi, che ci parlano della Provvidenza di Dio (pensate anche solo al Cottolengo). Ma pur essendo tutt’altro che santi è capitato tante volte anche nella nostra comunità di essere arrivati ai famosi "sette pani" davanti alla fila di una cinquantina di poveracci che chiedono. Cosa fare? Tenere i "sette pani" per domani? e poi scoprire che mentre stai dando via le ultime scatolette, arriva un signore con due borsate di ogni ben di Dio per loro. Non importa se i pani sono solo più sette o se il magazzino è ancora sufficiente per tutti. Importa imparare a donare quello che si ha. Importa imparare a donare anche la propria povertà. Ricordo di aver dato una sera le ultime due scatolette ad un barbone. Mentre stavamo salutandoci ne è arrivato un altro. Per lui non c’era più niente. Senza che io dicessi niente, il primo (un "ubriacone") prese una delle sue due scatolette e la diede all’altro.

 

 

DOMENICA 15 FEBBRAIO 1998

"Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio... Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione". (Lc. 6,20 e 24)

Si racconta che un re aveva a suo servizio, come era usanza molti anni fa, un buffone, il quale aveva il compito di riempire le giornate del re e della sua corte con i suoi scherzi e le sue battute. Un giorno, il re compì un gesto insolito e curioso. Disse al buffone: "Ti affido il mio scettro. Tu tienilo finché non troverai uno più stupido di te. In tal caso lo darai a lui". Qualche anno dopo il re si ammalò gravemente. E poiché a quel buffone, in fondo, era anche molto affezionato, lo mandò a chiamare. Gli disse: "Ti saluto, perché sto per partire per un lungo viaggio". "Quando tornerai - disse il buffone - fra un mese o fra un anno?" "No - rispose il re non tornerà più indietro". "E quali preparativi hai fatto per questo viaggio così importante?" chiese il buffone. "Nessuno" — fu la risposta. "Tu parti per sempre — disse il buffone — e non ti sei preparato per niente? Toh, prendi lo scettro: ho trovato finalmente uno più stupido di me!".

 

 

LUNEDI’ 16 FEBBRAIO 1998

"Incominciarono a discutere con Lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova". (Mc. 8,11)

Continuamente Gesù si scontra con l’incredulità: e questa deriva dall’accecamento, da partiti presi, da superficialità. Ecco questa richiesta di miracolismi. Gesù, miracoli ne ha fatti tanti: non bastavano? Questo ci dimostra che non esiste persona più cieca di chi non vuoi vedere. Anche noi vorremmo dei segni, dei miracoli e non sappiamo vedere il continuo miracolo della vita come segno di Dio, poi miracoli ce ne sono stati (pensate anche solo a Lourdes) e ce ne sono ancora ma, ci crediamo? La fede non dipende dai miracoli, questi al massimo possono confermarla; la fede, come dice la parola stessa, è questione di fiducia, di "affidarsi" a una persona, di saperla accogliere, di lasciarsi guidare, di sapere che Lui è fedele, al di là di quello che vediamo, alle sue promesse.

 

 

MARTEDI’ 17 FEBBRAIO 1998

"Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!". (Mc. 8,15)

Gesù mette in guardia i discepoli e noi dal farci contaminare dal lievito dei farisei e da quello di Erode. Che cosa vuoi, dire? Semplicemente di girare alla larga da certe frequentazioni. li lievito fermenta tutta la pasta: se è buono ci sarà pasta buona, se è cattivo si butta via tutto. Il lievito dei farisei è la superbia mascherata da religiosità, quello di Erode è il potere mascherato da religiosità. Quindi il lievito da evitare è la religiosità falsa. La religiosità dovrebbe essere il giusto modo di manifestarsi della fede ma quando prende il sopravvento, la fede si perde e rimane sola la falsa maschera della religiosità. Gesù non ha paura per noi quando ci manda come pecore in mezzo ai lupi. Non ha ritegno di dirci di andare verso gli ultimi, anche verso i ladri e le prostitute, ci mette in guardia invece dalle false religiosità e da coloro che le rappresentano. Da certi sedicenti cristiani, gran parlatori di fede, che poi sono materialisti, arrivisti boriosi, pieni di sè, da coloro che ci dicono: "O fai come me o non sei cristiano", da chi usa il religioso per il proprio tornaconto non c’è che una strada: scappare lontano per non rischiare di essere contaminati.

 

 

MERCOLEDI’ 18 FEBBRAIO 1998

Il cieco (cui Gesù aveva imposto le mani) disse: "Vedo gli uomini; infatti vedo come degli alberi che camminano". (Mc. 8,24)

Ci sono delle conversioni che sono immediate (poche) e ci sono dei cammini di conversione lenti e graduali. La guarigione di questo cieco, potremmo dire "a puntate", penso ci indichi proprio questo cammino graduale di conversione a cui, con l’imposizione delle mani da parte di Gesù, siamo chiamati. Nessuno di noi può dire di essere completamente convertito, nessuno di noi ha in tasca la verità completa, vediamo qualcosa, intuiamo qualcosa ma spesso confondiamo, facciamo paragoni (S. Paolo dirà che ora vediamo come nella nebbia). i nostri occhi non sono ancora abituati alla luce. La fede è un dono ma è anche una lenta conquista fatta di tanta fatica, che comprende anche errori e dubbi; occorre la perseveranza, occorre imparare, approfondire la parola, cercare le testimonianze, confrontarsi con gli altri, ma soprattutto occorre fidarsi di Colui che ci ha scelti, ci ha uniti a sè nel Battesimo. Occorre, forse ancora prima di guardare alla verità, mettere i nostri occhi sul volto di Colui che ci ha dato la vista.

 

 

GIOVEDI’ 19 FEBBRAIO 1998

"Pietro prese in disparte Gesù, e si mise a rimproverarlo". (Mc. 8,32)

Per me, questa frase è una di quelle che mi conferma la veridicità dei Vangeli. Se fossero tutta una montatura degli apostoli, Marco non avrebbe fatto fare questa meschina figura al "Principe degli Apostoli", I’ "infallibile" primo papa. Ma al di là di questo, il racconto mi fa riflettere su diverse cose:

  1. La familiarità degli Apostoli con Gesù. Non erano amici per finta. Non erano solo i discepoli che si inchinavano al Maestro. Mettevano tutto in comune con Lui, pregi, difetti... Con Gesù si può parlare di tutto, persino, in certi casi, diventare impertinenti.

  2. Il pericolo di "lasciarsi contaminare", come meditavamo ieri, c e anche (direi: soprattutto) per la Chiesa gerarchica. Notate anche i modi: Pietro usa una delicatezza "clericale", non rimprovera Gesù apertamente (non sarà forse anche per la paura di sentirsi poi a sua volta rimproverare apertamente?), ma con delicatezza lo porta in un luogo separato e poi gli dice quello che gli viene. Pietro, però, come noi tante volte, pensa solo più con la sua testa di uomo e vuole ridurre Gesù ai suoi metri, alla sua religiosità. L’errore di Pietro, come quello di certi cristiani è di voler ridurre Dio alla nostra misura, farlo corrispondere alle caratteristiche che noi vogliamo dargli, non saperlo accogliere così com’è.

  3. Se questo fatto è avvenuto in "separata sede" come mai Marco lo racconta?

Perché Pietro lo ha raccontato. Perché ha capito il suo errore e lo ha riconosciuto.

 

 

VENERDI’ 20 FEBBRAIO 1998

"La fede senza le opere è morta". (Gc. 2,26)

Una domanda che già i primi cristiani si facevano è questa: Basta aver fede per essere salvati? oppure: Se è Dio che salva, non basta forse aver fede in Lui? e allora a che cosa servono le opere? Certamente l’iniziativa della salvezza parte da Dio. Da solo non posso salvarmi. Ma non basta dire di avere questa fede. Se credo in Dio, in Gesù, nello Spirito Santo, questa fede deve abbracciare tutta la mia vita e trasformarla, quindi le opere buone, la carità, la giustizia non sono tanto: "opere buone che mi salvano" ma sono la conseguenza concreta dell’essere salvato. Un esempio: il cristiano ama il suo prossimo, perdona non perché con questo "si guadagna il paradiso", ma perché sapendo di essere amato e perdonato da Dio, in questo amore trova la capacità e la gioia di amare e perdonare a sua volta.

 

 

SABATO 21 FEBBRAIO 1998

"E’ dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione". (Gc. 3,10)

Un vecchio proverbio dice che ne uccide di più la lingua che la spada e nella nostra esperienza ci siamo resi conto di quanto sia vera questa affermazione. Una parola può essere di grande conforto oppure può portare scompiglio, tristezza, delusione, negatività. Tutto dipende dal cuore di chi parla. Saper controllare la lingua, le parole, i pensieri è il miglior modo per educare il cuore a non ergersi giudice, a non impancarsi a maestri senza esserlo, a mettere amore e comprensione al posto dei giudizi e dell’odio. L’imparare a tacere non deve essere una forma di ipocrisia ma un dare tempo al nostro pensiero, un lasciare che la carità mitighi, stemperi, quella che può essere una reazione troppo istintiva, non sempre giusta e spesso priva di ogni carità.

 

 

DOMENICA 22 FEBBRAIO 1998

"Ma io vi dico: amate i vostri nemici". (Lc. 6,27)

Ci aiuta una riflessione di A. Pronzato:

"E poi lo chiamano "discorso della pianura". Ho l’impressione che Cristo ci solleciti a scalare una parete evidentemente al di là delle possibilità umane. Mi stupiscono, perciò, quei cristiani che, dopo aver ascoltato proposte così pazzesche, quando escono di chiesa si scambiano sorrisi compiaciuti, intrecciano discorsi di una piattezza mortificante... Come se niente fosse. Non si sono neppure accorti di quelle sollecitazioni folli per farli uscire dalla pianura della loro scialba esistenza. Hanno incassato paradossi da stordire un bufalo senza tradire la minima emozione. C’è qualcosa di peggio che rifiutarsi di scalare una montagna. Ed è l’illusione che Dio ti accompagni e ti protegga nella "gita premio" attraverso il paesaggio di pianura che ti è tanto familiare. E’ vero che anche il Vangelo parla di premio per coloro che si impegnano ad amare i nemici, a fare del bene e a prestare "senza sperarne nulla". Ma quale premio? Un monumento all’eroe del Vangelo? No, semplicemente il diritto di essere considerati "figli di Dio". Ossia figli che non si vergognano di avere un tale Padre, il quale chiede cose impossibili e che sperano che il Padre non si vergogni troppo di loro.

 

 

LUNEDI’ 23 FEBBRAIO 1998

Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: "Credo, aiutami nella mia incredulità". (Mc. 9,24)

La frase di questo padre che chiede la guarigione del figlio, che è andato da Gesù ma che ha ancora una fede titubante, è una delle mie preghiere preferite. lo credo in Gesù, lo prego, vado volentieri da Lui a portargli le mie miserie, a chiedergli aiuto, ma riscopro le mie continue titubanze, il fidarmi di Lui ma poi voler che le cose vadano secondo quanto progetto io, l’avere continui dubbi su quale sia la sua volontà, il dire di amarlo e lo scoprire di non esserne capace. Mi consola il fatto che Gesù, vedendo la difficoltà di questo padre, lo rimprovera, ma non solo non lo caccia, anzi gli guarisce il figlio, e forse, proprio grazie a questo dono rafforza la sua fede. Non pretendiamo di aver la fede pura per andare da Gesù. Vai da Lui così come sei, ascoltalo, digli tutti i tuoi dubbi e "lasciati fare da Lui".

 

 

MARTEDI’ 24 FEBBRAIO 1998

"Chiedete e non ottenete, perchè chiedete male per spendere per i vostri piaceri". (Gc. 4,3)

"Padre, mi aiuti, non so pregare!". "Ecco, sei partito dal punto giusto". Infatti, nessuno di noi sa pregare, nessuno ha in tasca formule giuste, anche perché la preghiera prima di essere formule, parole, è un atteggiamento. E’ riconoscere la nostra povertà, il bisogno di Dio. E’ riconoscere con fede che Dio può tutto, che è misericordia e amore nei nostri confronti. E’ affidarsi a Lui con fiducia e lasciare che sia Lui a portarci nel cammino della vita. Se hai questo atteggiamento, allora le parole, i modi, le forme contano di meno; si può pregare in silenzio, si può pregare ripetendo sempre la stessa formula, si può parlare con Dio liberamente, si può persino discutere con Lui. Se cerco di entrare nella sua volontà allora non correrò il rischio di chiedere malamente per spendere per i miei piaceri ma chiederò solo tutto il. bene che Lui vuole per me.

 

 

MERCOLEDI’ 25 FEBBRAIO 1998

"Tu, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto". (Mt. 6,17)

Iniziamo la Quaresima. E’ il tempo penitenziale in preparazione alla Pasqua. Ma oggi, nel nostro mondo, ha ancora senso parlare di penitenza? Dio ha bisogno delle nostre rinunce? La penitenza a cui siamo invitati non è rinuncia per la rinuncia. E’ scoprire giorno per giorno che ci sono cose così importanti, così grandi, così costitutive della vita, per ottenere le quali vale la pena rinunciare ad altre. E quali rinunce fare per ottenere la fede gioiosa di Pasqua? Se la cosa è vista così ci rendiamo subito conto che la penitenza non è rinunciare al pane e salame il venerdì. Non sarà, invece, purificare il. nostro cuore dagli atteggiamenti negativi, frenare la nostra lingua da giudizi non caritatevoli, chiedere ai nostri occhi di non perdere tempo solo su immagini inutili e passeggere? sarà ritagliarsi il tempo della preghiera, prendere sul serio la condivisione con i poveri, imparare a gioire del bene che capita agli altri... Per vivere il tempo penitenziale non c’è bisogno di inventarsi penitenze e rinunce, basta puntare con serietà e verità alla Pasqua.

 

 

GIOVEDI’ 26 FEBBRAIO 1998

"Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà". (Lc. 9,24)

Ma, ha senso questa affermazione di Gesù? La vita non è forse il dono più grande che Dio ci ha fatto, non è dunque giusto volerla salvare? Certo! Qui, Gesù, non predica la bruttezza della vita, il sacrificio, la rinuncia per spiritualità superiori. Gesù ha a cuore che noi "salviamo" la nostra vita. Ma ci dice anche che se pensiamo di salvarla soltanto con le nostre forze, con la materia, rischiano di perderla. Ad esempio, se io penso di salvare la mia vita solo con i soldi: non c’è niente di più precario che il denaro. Ecco perché impegnare la propria vita con e per il Vangelo è invece, guadagnarla: tu rinunci alle tue sicurezze e ti fidi di Dio. Tu rinunci a cose contingenti e guadagni ora la sua presenza, la sua forza ed anche l’eternità.

 

 

VENERDI’ 27 FEBBRAIO 1998

"Perchè mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?". (Mt. 9,14)

E’ sempre estremamente facile confondere tra fede e religione. Qui, i notabili della religione sono scandalizzati perchè i discepoli di Gesù non compiono "gesti di religione"; altre volte, noi giudichiamo religiosi coloro che vanno in chiesa o confondiamo il credere con le pratiche religiose. Gesù ama e pratica la religiosità del suo popolo: osserva la legge mosaica, va al tempio, alla preghiera del sabato ma va anche a pregare al mattino presto, per conto suo e se un malato ha bisogno di Lui, non guarda il giorno della settimana. E’ osservante, non bigotto. Ama Dio, non le formalità della religione. Ascolta i capi della religione con rispetto, non ne è succube. La verità, per Lui è più importante delle formule preconfezionate. Non si tratta allora di snobbare i segni della religione ma di renderli espressivi di una fede, fede che può benissimo, in certi casi, portarci a superarli.

 

 

SABATO 28 FEBBRAIO 1998

"Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi". (Lc. 5,32)

Un errore che comunemente facciamo mettendoci davanti a Gesù è quello di sottolineare troppo la distanza che c’è tra noi e Lui. Lui è Dio, noi uomini. Lui è santo, noi molto lontani dalla santità. Se questo è vero, è anche vero che Lui è venuto proprio per abolire queste distanze. Noi, poi, spesso pensiamo che solo i buoni possano avvicinarsi a Lui. Lui, invece, è venuto per la salvezza di tutti. Anche le parole di Gesù che noi ripetiamo nella consacrazione del calice, ce lo ricordano: "Questo è il mio sangue versato per voi e per tutti". Quindi, Gesù non è imprigionato nei monasteri, non e retaggio esclusivo dei cristiani DOC anzi, se qualcuno sta particolarmente a cuore di Lui sono proprio i "lontani", i peccatori. Gesù è il buon Pastore che va in cerca della pecora perduta. Se dunque ti senti peccatore, indegno di Gesù, pensa che Lui ti sta cercando, che per te ha offerto la sua vita, che non ti considera una "persona persa" ma che ti sta cercando perché ti ama. L’unica cosa che devi fare è lasciarti trovare, cambiare vita, ritrovare, magari sulle sue spalle, la strada della sua casa d’amore e accoglienza.

     
     
 

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