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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

 

a cura di don Franco LOCCI

 

 

GENNAIO 1998

 

 

GIOVEDI’ 1 GENNAIO 1998

"Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore". (Lc. 2,19)

Svegliarsi, magari un po’ imbambolati se abbiamo fatto la veglia notturna, e ritrovarsi in un anno nuovo, sempre più vicini al 2000. Il pessimista, dice: un anno in più"; l’ottimista: "un anno nuovo"; i più "tirano avanti" ieri come oggi. La Chiesa, invece, oggi ci presenta Maria, la Madre di Dio che davanti alle meraviglie che si sono manifestate nella sua vita e nella storia degli uomini, "conserva" e "medita" nel suo cuore. Davanti al trascorrere del tempo, davanti alla storia della nostra salvezza, davanti al mistero della vita, mi sembra l’atteggiamento più giusto. In mezzo ai petardi un po’ di silenzio non guasta. In mezzo alle tante parole vane, un po’ di contemplazione ci dà il senso della vita. In mezzo a gente che cerca di esorcizzare la vita buttando via il suo tempo, è necessario "conservare" in noi i valori. Per poter vedere "brillare il suo volto su di noi" come ci dice la prima lettura di oggi, è necessario farci piccoli come Maria che però in quel Bambino, nato nella miseria, vede brillare il volto del suo Dio Salvatore.

 

 

VENERDI’ 2 GENNAIO 1998

"Chi è il menzognero se non Colui che nega che Gesù è il Cristo?". (1 Gv. 2,22)

S. Giovanni, nella sua lettera che meditiamo oggi, ci ricorda quale sia il centro della nostra fede. Noi siamo cristiani perché crediamo che Gesù è il Cristo, cioè il Figlio di Dio Salvatore. Se non c’è questa fede, non possiamo dirci cristiani. Oggi, la grande ignoranza religiosa e un falso senso di ecumenismo portano spesso a confusioni. Si pensa: io sono credente in Dio, quindi sono cristiano". Non è assolutamente vero. Anche coloro che adoravano gli idoli o adorano la materia sono credenti, ma non per questo cristiani. Anche certe sette religiose come ad esempio i testimoni di Geova si dicono cristiani, ma non lo sono perché non credono in Gesù come Figlio di Dio. Notate che S. Giovanni chiama "Menzognero" colui che nega che Gesù è il Cristo e il termine "menzognero" nella Bibbia è lo stesso con il quale si designa il Diavolo: colui che ci divide dalla verità. C’è anche un’altra "menzogna", confusione di verità, quella di usare la frase: "lo sono credente, ma non praticante", quasi che si possa distinguere la fede dalla vita. O credi e metti in pratica la gioia della fede o non mascherarti dietro una fede inesistente.

 

 

SABATO 3 GENNAIO 1998

"Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie il peccato del mondo". (Gv. 1,29)

Giovanni indicando Gesù come Agnello di Dio ci dà una teologia su chi sia Gesù. L’agnello scelto per il sacrificio a Dio è puro, scelto in mezzo al gregge. Gesù è l’unica risposta pura, pulita, totale che l’umanità può dare a Dio. L’agnello offerto significava tutta la realtà del popolo di Israele: il bello e il brutto, la fedeltà e le infedeltà. Gesù offre se stesso, la sua bontà, la sua fedeltà al Padre, ma anche la nostra infedeltà al suo amore, i nostri peccati. L’agnello era l’offerta "vicaria", cioè: io devo offrirmi, io devo lodarti, io devo morire al peccato, ti offro questo agnello che mi sostituisce in tutto. Gesù è Colui che si è caricato il nostro peccato e che va "come agnello innocente al macello" per noi. Quando andiamo a Messa, il sacerdote, come Giovanni ci indica il Pane eucaristico dicendoci proprio queste parole: "Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo". Gesù continua ad offrirsi per noi per liberarci dal male e continua a farsi pane, a "farsi consumare" da noi per darci la sua vita.

 

 

DOMENICA 4 GENNAIO 1998

"A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio". (Gv. 1,12)

Un figlio ha sempre qualcosa del padre, o nella fisionomia, o nel carattere, o nella sua storia. Noi, "fatti a immagine e somiglianza" del Creatore, abbiamo in noi i suoi tratti. Solamente che, volendo costruirci da soli (il peccato), abbiamo nascosto queste fattezze. Gesù, il Figlio di Dio è venuto proprio per aiutarci a recuperare in pieno questa nostra realtà. Proprio guardando a Gesù possiamo riscoprire il nostro vero volto. Lui ha dato dignità all’uomo. Lui ha liberato l’uomo dalla schiavitù delle cose e del potere. Lui ha amato tutti e ci ha indicato in ogni uomo un nostro fratello. Lui non guarda alle apparenze ma al cuore dell’uomo. Riscoprirci liberati, con la dignità di figli, ci rende responsabili di manifestare a noi e agli altri il nostro Padre. Il cristiano con la sua vita deve far vedere l’opera del Padre. Mi chiedo: chi mi vede agire in famiglia, sul lavoro, che idea può farsi, dal figlio, di Dio mio Padre?

 

 

LUNEDI’ 5 GENNAIO 1998

"Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna". (1 Gv. 3,14)

L’odio è una delle più brutte malattie del cuore. Si insinua in esso, cresce dentro di noi, sclerotizza, ci carica di negatività, fa uscire da noi tutte le cose più nefande, ci amareggia, ci rovina la salute, e san Giovanni ci ricorda oggi che ci fa diventare "omicidi" e quindi insalvabili.

Provo a tratteggiare alcuni rimedi contro questa "malattia":

  1. Ricordarsi che è Dio il giudice e il Signore di ogni vita umana. Lui solo conosce ciò che c’è nel cuore e può giudicarlo.

  2. Ricordarci che Gesù ha dato la sua vita per noi non perché eravamo bravi, ma mentre eravamo peccatori.

  3. Volerci bene e ricordarsi che l’odio, prima di tutto avvelena noi.

  4. Dall’odio si guarisce solo sostituendolo con tanto amore.

  5. Se ti accorgi che non riesci dimenticare totalmente l’odio dal tuo cuore non perderti d’animo, continua a provarci, offri al Signore la tua fatica, cerca cose positive, accetta l’amore degli altri. Colui che ti presto trapianterà il tuo cuore.

 

MARTEDI’ 6 GENNAIO 1998

"Gli offrirono in dono oro, incenso e mirra". (Mt. 2,11)

Sappiamo ormai tutti che i doni che i Magi portano a Gesù sono simbolici: regalità, onore, consacrazione, anticipo della sua morte redentrice, ma proviamo proprio a pensare al gesto del donare. Che cosa si può donare ad un Dio che è Signore di tutte le cose? Che cosa si può dare a Colui che è il dono più grande? Gesù accetta i doni e, probabilmente, almeno il dono dell’oro sarà servito a Giuseppe e Maria nella fuga e nella esilio, in Egitto, ma certamente Gesù accetta maggiormente il dono della riconoscenza di coloro che hanno fatto un cosi lungo viaggio per incontrarlo. Non conta tanto quello che tu puoi dare a Dio o ai fratelli, conta, se hai capito il dono gratuito e continuo di Dio, l’offerta di te stesso. Non importa se hai solo cinque pani e pochi pesci per sfamare cinquemila persone, importa che tu li metta a disposizione di Dio con te stesso: al resto ci pensa Lui.

 

 

MERCOLEDI’ 7 GENNAIO 1998

"Questo è il suo comandamento: che ci amiamo gli uni gli altri". (1 Gv. 3,23)

Proviamo a meditare oggi con questa bella favola di Gianni Rodari.

L’UOMO PIU’ BRAVO DEL MONDO

Conosco la storia dell’uomo più bravo del mondo ma non so se vi piacerà. Si chiamava Primo, e fin da piccolo aveva deciso: "Primo di nome, primo di fatto. Sarò sempre il primo in tutto". E invece era sempre l’ultimo. Era l’ultimo ad aver paura, l’ultimo a scappare, l’ultimo a dir bugie, l’ultimo a far cattiverie, ma così ultimo che cattiverie non ne faceva per niente. I suoi amici erano tutti primi in qualche cosa. Uno era il primo ladro della città, l’altro il primo prepotente del quartiere, un terzo il primo sciocco del casamento. E lui, invece, era sempre l’ultimo a dire sciocchezze, e quando veniva il suo turno di dirne stava zitto. Era l’uomo più bravo del mondo, ma fu l’ultimo a saperlo. Così ultimo che non lo sapeva per niente.

 

 

GIOVEDI’ 8 GENNAIO 1998

‘E portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane". (Mc. 6,43)

Quelle ceste di pani e pesci avanzati mi hanno sempre colpito. Prima erano vuote, ed ora, dopo che con la moltiplicazione dei pani, le pance e i cuori si sono riempiti, esse sono ancora piene. Quando il cuore è vuoto, ma ha fame di Dio e dei suoi valori, è il momento migliore per Gesù di donarci se stesso, la sua parola. Ma è tale l’abbondanza del dono che ne avanza anche per altri. Chi si lascia amare dal Signore, non solo è saziato da Lui ma la sua gioia si riversa sugli altri. Noi ci lamentiamo spesso che il nostro cristianesimo si rattrappisce su se stesso, stenta a comunicarsi, non converte altri. Non sarà forse perché le nostre "ceste" sono piene di noi stessi, di tradizioni, di parole di Chiesa, ma vuote di Dio e di suo Figlio Gesù? Se ci accorgiamo di questo non spaventiamoci neppure troppo. Basta buttare via l’inutile, rendere vuote le ceste e poi lasciarle riempire da Lui. Quando ci saremo saziati di Lui, statene certi, certamente ci saranno ancora tanti pani per saziare la fame di altri.

 

 

VENERDI’ 9 GENNAIO 1998

Essi vedendolo, pensarono: "E’ un fantasma". (Mc. 6,49)

Gli apostoli, di notte, impauriti sul mare in burrasca, stentano a riconoscere Gesù e la loro poca fede, le paure fanno sì che lo scambino per un fantasma. Purtroppo anche oggi Gesù è spesso scambiato per un fantasma: il fantasma di una religione che viene tirata fuori solo nei momenti di bisogno; un fantasma in quanto non conosciuto nella sua vera identità; un fantasma perché confuso in mezzo a paure o speranze che non lo hanno incontrato così come Egli è. Gesù non è un fantasma: è l’uomo vero, vissuto nella nostra storia, è il Figlio di Dio incarnato per amore; è il Risorto nelle cui piaghe puoi mettere il tuo dito; è Colui che cammina sulle acque del tuo mare in tempesta per venirti incontro, per tenderti la sua mano, per ricordarti l’amore del Padre. Non confonderlo con i fantasmi delle tue paure, con le fantasie di salvezze parziali, lascia che dica ancora con potenza al tuo cuore le parole che lo identificano: "Sono io" e quelle che ti rassicurano: "Non temete".

 

 

SABATO 10 GENNAIO 1998

"Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi". (Lc. 4,21)

Gesù, nella sinagoga di Nazareth, ci insegna il modo di leggere, pregare e attualizzare la Bibbia. Gesù entra nella sinagoga e legge la Parola. Prima di tutto bisogna leggere con attenzione la sua Parola. Prima di andare a cercare libri, commentari, spiritualità varie, vai alla fonte, leggi una o più volte la Parola, falla risuonare in te. Non aver fretta, cerca di capire il significato delle parole, del brano. Cerca di discernere quelle che sono le parole dello scrittore da ciò che Dio vuole dirti. Sì, perché Dio sta parlando a te, adesso. Quella che hai letto non è una parola lontana, è per te, detta adesso da Dio. Gesù, dopo aver deposto il libro che ha letto, dice: "Oggi, adesso, si è adempiuta la Parola". La parola si incarna. Ha da dirti qualcosa. Vuole trasformarti. Dopo aver letto un brano chiediti sempre: "Che cosa vuoi dirmi, Signore, nella situazione che vivo?". E’ estremamente consolante capire che il Signore, con lettere scritte due o quattro mila anni fa, sta scrivendo la sua lettera per me, adesso.

 

 

DOMENICA 11 GENNAIO 1998

"Il cielo si aprì e scese su di Lui lo Spirito Santo". (Lc. 3,21—22)

il Papa per aiutarci a ben preparare il Giubileo del 2000 ci invita a vivere questo 1998 all’ombra dello Spirito Santo e la festa di oggi ci ricorda proprio l’investitura di Gesù nello Spirito per la sua missione di salvezza. Quello Spirito che "aleggiava sulle acque" alla creazione, "apre i cieli" e scende su Gesù, il Figlio per fare una creazione nuova, quella dei redenti nel suo sangue. E’ lo stesso Spirito che, scendendo su di noi fin dal giorno del nostro Battesimo ci ha rivestiti di Gesù e ci autorizza ad essere testimoni del suo amore. Lo Spirito della pace che scende su Gesù segno di pace tra Dio e gli uomini è lo stesso che ci può rendere portatori di pace. E’ è ancora lo Spirito che ci fa riconoscere Gesù come Figlio di Dio e che con "gemiti inenarrabili" ci fa rivolgere a Dio col nome di Padre: "Vieni, dunque, Spirito Santo ed effondi su di noi il tuo amore".

 

 

LUNEDI’ 12 GENNAIO 1998

Gesù disse loro: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini". (Mc. 1,17)

Spesso i maestri di ieri e di oggi usano questo metodo: "Io sono il sapiente, tu l’allievo; se vuoi, io ti istruisco, ti darò il mio sapere". Gesù, usa un altro metodo: "Vieni, seguimi, guardami parlare e agire, fai esperienza di me e poi ti comporterai di conseguenza. Mi hanno sempre fatto un po’ di paura le cosiddette "scuole di cristianesimo", le riunioni religiose "ad alto livello" in cui si cavilla sulla parola di Dio. Certamente la cultura, una buona esegesi, il confronto con altri è utilissimo, ma deve portare all’incontro con Gesù, il Vivente, se no sono parole sterili. I primi cristiani ebbero la forza di accettare il martirio non perché erano teologi, ma perché avevano Gesù con loro, perché cercavano di imitarlo, perché lo sentivano talmente vivo e reale da contare più della loro stessa vita.

 

 

MARTEDI’ 13 GENNAIO 1998

Un uomo, posseduto da uno spirito immondo si mise a gridare: "Che c’entri con noi Gesù di Nazareth? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei, il Santo di Dio". (Mc. 1,23)

Quando oggi si parla di indemoniati, molti sorridono, altri dicono che sono solo problemi psichici che la scienza può spiegare, altri vedono diavoli, indemoniati ed esorcisti ad ogni piè sospinto. Il sano equilibrio e la fede ci possono aiutare in questo. Il male c’è ed opera nel mondo. Spesso l’uomo si trova legato. Lo stesso S. Paolo, in una delle sue lettere, diceva: "Vedo il bene e mi trovo a fare il male". Quante volte ci rendiamo conto che certe tentazioni sono invincibili solo con la nostra forza. Il male e il diavolo, anche senza apparenze esteriori, operano. Ma se il male si accanisce tanto è perché sa di essere vinto. Tende ad allontanarci il più possibile da Dio perché ha paura di Lui. Se noi, senza spaventarci, riconosciamo la nostra debolezza e sappiamo rivolgerci a chi ha già vinto il male, veniamo liberati. Non è la nostra forza che vince il male, è il dito di Dio che scaccia il diavolo, che guarda alla nostra debolezza e in noi può operare meraviglie.

 

 

MERCOLEDI’ 14 GENNAIO 1998

"Si ritirò in un luogo deserto e là pregava". (Mc. 1,35)

Nel raccogliere in questi anni le frasi di diversi autori sulla preghiera, ne ho fatto un lungo elenco. Oltre duecento definizioni sulla preghiera, sui suoi atteggiamenti. Ma guardandole nel loro insieme scopro i balbettamenti, le contraddizioni. Capita, poi spesso, di sentire frasi come questa: "Che bisogno c’è di fermarsi a pregare, quando nella nostra giornata il pensiero corre già diverse volte al Signore?". Se non è sbagliato pretendere di fare di tutta la nostra vita una preghiera continua, è invece sbagliato pensare che trovare momenti specifici di preghiera possa diventare inutile. Chi più di Gesù ha vissuto sempre alla presenza del Padre? Eppure, nei Vangeli, vediamo che Gesù, quando può, non si lascia sfuggire l’occasione di ritirarsi nel deserto, nel silenzio e nella solitudine per pregare. E’ vero che due amici per essere tali non hanno bisogno di essere continuamente insieme, di dirsi continuamente: "Tu sei il mio amico". Se lo dimostrano, magari anche a distanza, con il pensiero, con mille attenzioni diverse, condividendo.., ma è anche vero che se ogni tanto non si incontrano, non si telefonano, non si scrivono una lettera, presto si correrà il rischio di dare per scontata un’amicizia che invece rischia di morire.

 

 

GIOVEDI’ 15 GENNAIO 1998

"Mosso a compassione davanti al lebbroso, Gesù stese la mano e Io toccò". (Mc. 1,41)

Quando vediamo una persona soffrire, è abbastanza facile "aver compassione E’ naturale dire "poveretto!". E’ anche facile, per un prete, alzare la mano e dare una benedizione, dire "diciamo una preghiera", ma è ben più impegnativo "dare concretamente una mano". Gesù prova compassione davanti al lebbroso, ma non si ferma lì: "stese la mano e lo toccò". Facendo questo, per la mentalità del suo popolo, si rende impuro, contaminato. Gesù, per salvarci, non si è limitato a dire delle parole, si è fatto peccato, è morto Lui al nostro posto per far morire in Lui il nostro peccato. Non ha avuto paura di sporcarsi le mani, ha preferito scegliere l’uomo alla legge. Anche oggi, il Signore si serve di mani che non solo sanno stare giunte in preghiera o che si alzano per solenni benedizioni, ma che si fanno solidarietà concreta.

 

 

VENERDI’ 16 GENNAIO 1998

"Si recarono da Lui con il paralitico portato da quattro persone". (Mc. 2,3)

Quando sentiamo il nome Chiesa, siamo subito portati a pensare alla gerarchia della Chiesa. Chiesa è molto di più e l’episodio del paralitico portato a Gesù da quattro persone ce ne indica un aspetto molto bello. Ci sono momenti in cui siamo paralitici, cioè non possiamo muoverci da soli: sarà a causa del peccato, della sofferenza, dei dubbi... da soli non ce la facciamo a muoverci per andare da Gesù. Essere Chiesa significa ricevere l’aiuto dei fratelli e, da fratelli, dare aiuto agli altri. Quante volte abbiamo sperimentato la non voglia di pregare, il dubbio e gli interrogativi che sembrano non permettere un atto di fiducioso abbandono in Dio, il peccato che ci fa sentire indegni della sua misericordia. In quel momento l’amicizia, l’esempio, la preghiera di altri, ci danno coraggio, ci portano a Gesù e la solidarietà aiuta ad inventare modi nuovi per superare le difficoltà, fosse anche, come nel Vangelo, scoperchiare un tetto.

 

 

SABATO 17 GENNAIO 1998

Gli disse: "Seguimi". Egli, alzatosi, lo seguì. (Mc. 2,14)

Mi ha sempre colpito il fatto che nella vocazione di Levi - Matteo, così come è raccontata da Marco, ci sia una parola sola di Gesù: "Seguimi!" che fa decidere Levi a lasciare il suo tavolo di cambiavalute per seguirlo. Sarà avvenuto proprio così? Non credo che importi tanto sapere se ci sono stati discorsi, predisposizioni da parte di Matteo... Qui, Marco voleva soprattutto dire che è Gesù, la Parola, che costituisce i messaggeri, e che questa parola è talmente forte che non segue criteri umani: va a chiamare un pubblico peccatore, cambia la vita, porta gioia, crea decisioni. Mi sembra che oggi le stiamo cercando tutte pur di ammorbidire questa parola: non vogliamo negarla, ma neanche siamo disposti a lasciarci scomodare totalmente da essa; vogliamo la felicità, ma pretendiamo che giunga dalla strada che vogliamo noi e non là dove la parola ci salva. "Fa’ che ascoltiamo, oggi, la tua voce" sia che essa sia imperiosa o giunga a noi sommessa, e fa’, o Signore, che il nostro cuore sia disponibile ad alzarsi e seguirti ovunque tu vorrai portarci: la nostra salvezza è proprio lì.

 

 

DOMENICA 18 GENNAIO 1998

La Madre di Gesù gli disse: "Non hanno più vino". (Gv. 2,3)

Chissà quante volte Maria nel cielo si rivolge a suo Figlio, dicendogli: "Guarda quella persona che soffre: non ha più speranza... non ha più pazienza... non ha più forze... non ha più serenità.. Compito di Maria, la Mamma, è quello di accorgersi di ciò che ci manca e di provvedere. E come lo ha fatto a Cana per una piccola cosa, come il vino, continua a farlo per ciascuno di noi, sicura di riuscire a strappare il miracolo anche se non è ancora il tempo più opportuno. Bisogna aver fiducia in Maria: come a Cana, Lei si accorge delle nostre necessità anche quando noi non ne siamo consapevoli e chiede al Signore, prima ancora che noi ci accorgiamo che ci manchi qualcosa... Chissà quale sorpresa avremo, quando vedremo interamente il corso della nostra vita, nel constatare quante grazie e quanti aiuti abbiamo avuto e dei quali non ci siamo neppure accorti!

 

 

LUNEDI’ 19 GENNAIO 1998

"Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo Sposo è con loro?". (Mc. 2,19)

Il clima del Vangelo è di festa. Non si può essere tristi con Gesù, è la buona notizia di Dio. C’era una volta un cristiano che a tutti i costi voleva santificarsi. Esaminò i comandamenti e decise di seguirli alla lettera. Non ancora soddisfatto, pensando ad alcuni grandi santi, decise di scegliere la strada della mortificazione e della rinuncia. Passava intere notti in preghiera... Ma non si sentiva soddisfatto, gli pareva di non fare ancora abbastanza e per questo si rammaricava e intristiva. Ai pochi che venivano a trovarlo non dava più niente, talmente era preso dal suo impegno di santificarsi. Una sera bussò alla sua porta un pellegrino che gli chiese ospitalità. Un po’ a malincuore, perché disturbava la sua preghiera, ma per dovere lo accolse: "Entra, nella madia troverai un po’ di pane. Potrai dormire lì vicino alla stufa ma, mi raccomando, non disturbarmi nella preghiera ‘. Il forestiero lo guardò, e poi, in silenzio, si girò per andarsene. "Come? te ne vai? Ma non mi avevi chiesto ospitalità?". "E’ proprio questo che ti avevo chiesto. Tu mi hai offerto del pane, il calore della stufa ma io cercavo il calore del tuo cuore, la gioia di stare con te". Raccontano che da quel giorno quell’uomo cambiò totalmente e sorridendo diceva a tutti: "Il Signore è venuto a trovarmi ma ero troppo "santo" per accorgermene! ".

 

 

MARTEDI’ 20 GENNAIO 1998

I farisei gli dissero: "Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?". (Mc. 2,24)

L’osservanza delle norme (anche quelle religiose) se è fatta da persone stupide risulta quanto di più insulso e stupido ci sia. C’era una volta un cammelliere che stava attraversando il deserto con la sua mandria per andare alla città dove si teneva il mercato. Piantò la tenda per la notte, e uno dei suoi servi entrò per comunicargli che c’erano venti cammelli ma solo diciannove paletti da piantare nella sabbia per legarvi le bestie. Come dovevano fare? Il padrone gli rispose: "I cammelli sono bestie molto stupide, sai? Fai finta di martellare un piolo inesistente nella sabbia davanti all’ultimo cammello, e fai finta di legano a quel piolo inesistente. Vedrai che non si muoverà di là fino all’alba". Il servo fece come gli era stato detto e il cammello si comportò esattamente come aveva detto il padrone. Al mattino, però, il servo tornò a cercare il padrone e gli disse che erano pronti a partire, ma che il cammello del finto paletto si rifiutava di muoversi, Il padrone rise e disse: "Ma certo, avrai dimenticato di far finta di estrarre il paletto dalla sabbia, e lui sarà convinto che sia inutile tentare di muoversi, visto che è ancora legato! Va, e fa finta di slegarlo". Anche questa volta il servo obbedì, e lo stupido cammello si avviò con gli altri.

 

 

MERCOLEDI’ 21 GENNAIO 1998

"Nella sinagoga c’era un uomo che aveva la mano inaridita". (Mc. 3,1)

Quando leggo dal Vangelo la guarigione dell’uomo dalla mano rattrappita, mi vengono in mente mani rattrappite nello sforzo di tenere e cuori rattrappiti perché si sono chiusi all’amore. La scena della guarigione, poi, avviene nella sinagoga, la chiesa di allora. E’ facile dunque pensare che anche nelle nostre chiese, tra noi cristiani ci siano uomini avari e incapaci di amare. Quest’uomo, per guarire, ha avuto la fortuna di incontrare Gesù che gli ha dato la possibilità di usare nuovamente la sua mano, per allargarla, per prendere ma anche per dare. Se il tuo essere in chiesa, nonostante la tua grettezza, è sincero può succederti la stessa cosa. Se incontri Gesù che ha dato tutto, vita compresa, non puoi chiuderti agli altri. Forse le dita delle tue mani scricchioleranno prima di aprirsi le prime volte. Forse il tuo cuore ci metterà un po’ di tempo prima di sbloccarsi definitivamente, ma se Gesù è il modello, l’amico, Colui che perdona, poco per volta, guardando a Lui giungerà la tua guarigione.

 

 

GIOVEDI’ 22 GENNAIO 1998

"Pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca". (Mc. 3,9)

Gesù, il Figlio di Dio Onnipotente, chiede un favore ai suoi discepoli. Colui che è potente, che guarisce, che caccia i demoni ha bisogno che qualcuno lo salvi dalla pressione della folla e chiede in prestito una barca. Gesù è venuto per dare. Ma per dare ha bisogno di me. Non sono solo uno che deve ricevere tutto, sono anche uno che può dare qualcosa. La storia della mia salvezza non è ordita sul mio capo per cascarmi addosso, è qualcosa di molto bello che per compiersi ha bisogno di me. Il disegno di salvezza e di misericordia del Dio Onnipotente per gli uomini passa anche attraverso le mie mani. Gesù, oggi, mi chiede: "Mi dai una mano perché il mio perdono, attraverso il tuo perdono, possa giungere a quel tuo e mio fratello? Mi permetti di far giungere il mio amore attraverso la tua carità? Accompagni la mia parola attraverso la tua testimonianza?". E pensate alla cosa più bella: Gesù, l’Onnipotente, queste cose non me le impone ma me le chiede umilmente: "pregò i discepoli". lo prego Dio perché ho bisogno di tutto, Lui prega per me perché gli "presti" un po’ di spazio in casa mia.

 

 

VENERDI’ 23 GENNAIO 1998

"Ne costituì dodici che stessero con Lui, e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demoni". (Mc. 3,14 - 15)

Tre sono le cose che Gesù chiede e affida alla sua Chiesa. Per essere cristiani bisogna prima di tutto: "stare con Lui Non esiste Chiesa, missione se non in Cristo, con Cristo e per Cristo. Un grandissimo richiamo questo, per tutti noi. Noi non possiamo portare noi stessi quindi dobbiamo continuamente essere uniti a Lui, e preghiera, meditazione, lettura del Vangelo sono le strade per aderire a Cristo. Poi occorre "predicare", cioè parlare di Cristo e soprattutto testimoniare Cristo. Dire con la nostra vita che Gesù per noi è importante, far vedere che è Lui che ci dà gioia, che nonostante le debolezze ci perdona, che dà senso anche al nostro soffrire, che illumina la nostra carità. E poi Gesù ci dice che abbiamo il potere di scacciare i demoni. Cioè, il cristiano sa che troverà opposizione, ma sa anche di poterla vincere con la forza di Cristo. Sa di essere mandato per lottare contro tutte le forme di male, di egoismo, di cattiveria presenti in se stesso e nel mondo. Ieri dicevamo che Gesù ci prega di "dargli una mano", oggi Gesù ci dice che, se accettiamo di essere dei "suoi", possiamo collaborare con Lui e avere proprio da Lui la forza per essergli fedeli e adempiere la missione.

 

 

SABATO 24 GENNAIO 1998

"I suoi uscirono per andare a prenderlo, poiché dicevano: E’ fuori di se". (Mc. 3,21)

Tutto quello che esce dallo stabilito, dalle abitudini, dal preconfezionato, dà fastidio. Dà fastidio questa folla che va dal Maestro: potrebbe disertare i luoghi deputati al culto. Dà fastidio il non poter mangiare in santa pace alle ore prestabilite. Dà fastidio che "uno dei nostri" si comporti in modo così tanto diverso. E il "dà fastidio" diventa: "non sarà matto?", "andiamo a fermarlo se no ci farà fare brutta figura". "Quel prete ama troppo i poveri, ce li porta sotto casa: cerchiamo di fermarlo! E poi porta via spazio a noi, i buoni"; "Quella suora si interessa troppo di prostitute e di ragazze madri, chiediamo alla sua superiora che la trasferisca"; "Quell’impiegato è troppo onesto e ci impedisce i nostri traffici: licenziamolo!". La storia si ripete. Ma non è forse vero che il "discepolo non è più del Maestro" e che "se hanno fatto così al legno verde quanto più faranno a voi, legno secco?".

 

 

DOMENICA 25 GENNAIO 1998

"Ho deciso di fare ricerche accurate e scriverne per te un resoconto ordinato". (Lc. 1,3)

Alla inizio del suo Vangelo, Luca spiega il perché di questo libro. Lui, non apostolo, ma discepolo ha cercato i fondamenti della sua fede in Gesù Salvatore, li ha ordinati, li ha scritti per dare "solidità agli insegnamenti ricevuti". Quante volte, nelle mie fantasticherie mi sono immaginato di dover scrivere io un vangelo. Chissà quali ricerche avrei fatto, chissà come avrei raccontato certi episodi, chissà quante volte mi sarei fermato prima di riferire certe parole difficili di Gesù... Ma questa è fantasia. C’è invece una realtà concreta: ogni giorno ognuno di noi scrive il Vangelo! Se sono di Cristo, come dico, ogni giorno dovrei scrivere la pagina della misericordia perdonando come ha perdonato Gesù, la pagina della carità, amando i poveri, i miracoli della vittoria sul male, la speranza del Regno vincendo lo scoraggiamento... Guardo alla vita passata e mi accorgo di avere ancora tante bozze da correggere perché il mio Vangelo sia fedele al Suo.

 

 

LUNEDI’ 26 GENNAIO 1998

"Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te". (2Tm. 1,6)

Paolo, scrivendo a Timoteo, gli fa una raccomandazione preziosa: "Ravviva la tua fede". Vale anche per noi! La fede non è un qualcosa che una volta ottenuto rimane per sempre. Il pericolo più grande per la fede come per gli altri valori è l’abitudine e la polvere. Ci si abitua alla preghiera e la si riduce a formule, si lascia accumulare la polvere del quotidiano sulla fede e poi ti accorgi di non trovarla più. Ravvivare la fede significa sapere che questo dono è prezioso, significa approfondirlo, significa esercitarlo nella vita, significa spenderlo e impegnarlo ogni giorno, significa vederne ogni giorno aspetti nuovi. Sappiamo tutti che molte macchine se non vengono usate con continuità, poi non funzionano. Una fede addormentata è molto simile ad una fede morta.

 

 

MARTEDI’ 27 GENNAIO 1998

"Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre". (Mc. 3,34)

Immaginatevi una Madre che ha fatto più di cento chilometri a piedi per vedere suo Figlio. Arrivano, la annunciano a Lui e Lui non solo non si muove ma dice anche: "Chi è mia madre? Sono tutti coloro che fanno la volontà di Dio". Impertinenza di Gesù? delusione di Maria? Né uno né l’altro. E perché? Perché entrambi ragionano non con le ripicche, i risentimenti, i piccoli egoismi familiari, ma con la mentalità di Dio che supera i rapporti familiari contingenti con un rapporto nuovo. Maria è "beata" non tanto perché ha generato Gesù (questo è un dono) ma perché è discepola di Gesù. "Beato te che hai un figlio sacerdote!". Ho sentito un giorno un papà che davanti a questa affermazione, rispondeva: "Sono beato ed è beato mio figlio prete se entrambi facciamo la volontà di Dio".

 

 

MERCOLEDI’ 28 GENNAIO 1998

"Ecco, uscì il seminatore a seminare". (Mc. 4,3)

Partiamo dal presupposto che Gesù è il seminatore. Lui ha seminato abbondantemente la sua Parola, ha seminato se stesso. Con quale risultato? All’inizio molto deludente. Il popolo eletto non l’ha accolto, i suoi apostoli lo hanno tradito. Eppure Gesù non si è scoraggiato. Noi, oggi, constatiamo che non c’è più una cultura cristiana, che i credenti sono sempre di meno, che la frequenza domenicale è ormai ben al di sotto del 10 per cento, che la Chiesa, pur con tutti i suoi sforzi di comunicazione, non arriva più ad "interessare i cuori, e spesso tutto questo porta allo scoraggiamento e alla chiusura. Per questo non dovremmo più predicare? Non serve più al nostro mondo la testimonianza? Non si è scoraggiato Gesù che moriva sulla croce attorniato da bestemmiatori e che aveva vicino solo sua Madre, un apostolo e poche donne e dobbiamo scoraggiarci noi? E poi, non è proprio sulla croce che Lui può portare al Padre il dono più bello: un ladro, crocifisso, ma convertito?

 

 

GIOVEDI’ 29 GENNAIO 1998

"Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto?". (Mc. 4,21)

"Sa, padre, io sono credente, ma in certi ambienti è meglio non farlo vedere se no non si può vivere Dopo questa frase, chiesi all’industriale che me l’aveva detta, che cosa avrebbe fatto "se in certi ambienti fosse stato possibile far vedere di essere cristiani". Mi rispose, abbastanza interdetto, che avrebbe parlato e discusso di religione. Credo che far risplendere la nostra fede non sia "parlare liberamente di religione" e non sia neanche riempirsi la bocca di teologie, e non sia, facendosi passare per migliori di quanto siamo, voler che gli altri facciano quanto sto facendo io, ma sia invece fare, perché profondamente convinti, quanto farebbe Gesù al mio posto, cioè essere onesti come è onesto Lui, non servire a Dio e al denaro contemporaneamente, ricercare la persona al di sopra delle cose, scegliere Dio prima dei propri interessi... Un giorno un certo vescovo mi rimproverava di codardia in quanto non viaggiavo con il collettino da prete. Può essere anche vero, ma conta di più un collettino da prete o il paludamento da vescovo che spesso ti inserisce in un ruolo preconfezionato o l’essere se stessi con i propri valori per le scelte concrete che uno fa?

 

 

VENERDI’ 30 GENNAIO 1998

"Senza parabole non parlava loro". (Mc. 4,34)

"Se Gesù, invece di raccontare tante parabole, alle quali si può far dire un po’ di tutto, fosse stato più chiaro: Dio è così e così, il Regno di Dio è fatto in questo modo, per essere cristiani bisogna fare: uno, due, tre... Insomma, se i Vangeli invece di essere fatti di racconti, di parabole, di miracoli, fossero una serie di domande con relative risposte chiare, dalle quali non si può scappare, uno saprebbe che cosa scegliere. "Insomma, spesso vorremmo, al posto del Vangelo un ricettario valido per tutte le situazioni, per tutti gli uomini. Gesù sceglie invece le parabole "che fanno vedere e che nascondono" proprio per rispettarci. La fede è un cammino di libertà, in cui non tutto è chiaro (non sarebbe più fede) ma anche una strada che ci coinvolge. Non ci esime dai dubbi, non si spaventa davanti alle cadute, non si esalta davanti ai successi, ma non può fare a meno di noi. Non è un vestito da indossare, è un dono e una ricerca, un qualcosa che devi avere dentro ma che puoi ricercare, una luce che, proprio perché tale, fa risaltare sia le cose belle che le ombre.

 

 

SABATO 31 GENNAIO 1998

Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non ti importa che moriamo?". (Mc. 4,38)

Se sfogliamo il libro dei Salmi ci capita spesso di trovare frasi come quella che gli apostoli, spaventati dalla tempesta, hanno rivolto a Gesù. "Signore, svegliati! Perché dormi? Non vedi la nostra afflizione? Non ti importa del popolo che ti sei scelto?". E anche oggi, in certi momenti della nostra vita, può esserci chiara questa sensazione: "Dio mi ha abbandonato, Dio non ascolta più le mie preghiere!". Se davvero hai caricato Gesù sulla tua barca, non preoccuparti se Lui sembra dormire nel momento della prova. Forse il suo dormire è solo per far scaturire da te la vera preghiera, quella sincera che ti fa sperimentare davvero la tua impotenza e il bisogno assoluto di Lui. Non preoccuparti di disturbarlo, di svegliarlo, di scuoterlo. E anche, se destandosi, ti dirà come ai discepoli: "Non hai ancora fede", poi ti aiuterà a passare in mezzo alla tempesta per giungere "velocemente" al porto.

     
     
 

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